Quando il pro’ è incerto sulla misura del telaio…

27.01.2021
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Cosa succede quando un professionista si trova a “cavallo” di due misure per la scelta della sua bici? Se è indeciso, per esempio, tra una misura M e una L?

Ormai da un decennio, ma forse anche di più, esiste questo problema. Il “su misura” infatti è praticamente sparito con l’avvento dei telai in carbonio monoscocca. Ma proprio perché ci sono le taglie standard, il professionista deve adattarsi. E per farlo deve lavorare sui componenti. In questo modo riesce a riportare le proprie quote.

Wilier Triestina Filante SLR, 2020, manubrio aerodinamico integrato
L’attacco integrato di Wilier per l’Astana arriva a 135 millimetri
Wilier Triestina Filante SLR, 2020, manubrio aerodinamico integrato
Per l’Astana attacchi personalizzati da 135 millimetri

Meglio la piccola

E quando accade di essere indecisi se prendere una taglia anziché un’altra il professionista cosa fa?

«Generalmente sceglie la più piccola – dice Gabriele Tosello, meccanico dell’Astana Premier Tech – il corridore vuole il telaio più piccolo perché lo sente più rigido e reattivo. Poi gioca con fuorisella e attacco manubrio. Quest’anno abbiamo avuto due ragazzi con questo problema: uno ha optato per il telaio più piccolo e l’altro per quello più grande, perché nel piccolo proprio non ci stava. Con il manubrio integrato di Wilier abbiamo lunghezze fino a 135 millimetri per quel che riguarda l’attacco. Il 135 è una misura particolare che Wilier fa solo per noi del team. In commercio arrivano fino a 130, ma così riusciamo a sistemare tutti per bene».

Le solite fissazioni

Si parla di rigidità e reattività, ma siamo sicuri che un telaio più piccolo lo sia sempre? Rigido magari sì, ma reattivo non è detto. Una taglia più grande, nella maggioranza dei casi prevede un angolo di sterzo maggiore (più verticale) e quindi a parità di lunghezza del carro la bici dovrebbe accelerare meglio.

Non solo, ma con un telaio più piccolo si hanno cannotto e attacco più lunghi: perché non si pensa mai a quanto flettono questi componenti? Un conto è fare uno scatto sui pedali imprimendo la forza sul manubrio con un attacco da 110 millimetri e un conto è farlo con un attacco da 140: l’effetto leva aumenta nel secondo caso e, per quanto rigido, il materiale un po’ si deforma, flette. Specie se si pensa ai corridori più grandi e pesanti che sprigionano tanti watt.

Meno flessioni

Immaginiamo quanto un atleta come Van der Poel possa “torcere” il manubrio. O quanto possa flettere un cannotto tanto lungo mentre pedala seduto in salita. E allora perché non si opta per la taglia maggiore che ridurrebbe le lunghezze di questi componenti?

«Vera questa cosa – riprende Tosello – ma vaglielo a spiegare… Noi spesso lo facciamo notare, ma nella loro testa la bici piccola si guida meglio, pesa meno (come se 3 centimetri di attacco in più non pesassero, ndr) e ci ritroviamo a lottare con questa idea. Che poi, un attacco da 120 esteticamente è anche più bello di uno da 140. Mediamente tra una taglia e l’altra ci sono 1,5 centimetri di differenza, quanto può flettere di più il telaio? Uno di quei due corridori veniva dalla M di Specialized che è una 54, mentre la M di Wilier è una 53. Per convincerlo a prendere la L, gli abbiamo montato due bici e solo dopo averle provate ha optato per quella maggiore».

Andrey Kashechkin in azione. S’intuisce la lunghezza del suo attacco
Andrey Kashechkin e il suo attacco super lungo

Artista Kashechkin

«Se il corridore ha il “tarlo” meglio assecondarlo, altrimenti non rende – spiega Tosello – poi dico anche che questo succede ad inizio stagione. Infatti quando la gamba inizia a girare, tanti problemi con la bici e le misure spariscono!».

Tosello racconta che in tanti anni di attività qualche caso di indeciso estremo c’è stato. Per esempio Grivko: un anno cambiò misura quattro volte, passando dalla M alla S, poi ancora M e finì di nuovo con la S.

«Ma un vero “artista” era Andrey Kashechkin che arrivò terzo alla Vuelta del 2006 – conclude “Toso” – lui alzava e abbassava la sella di un centimetro alla volta… non un millimetro! Ma soprattutto voleva stare sempre più disteso e pur di non cambiare la sua bici ha usato attacchi da 160, 170 e alla fine anche 190 millimetri. Fu grazie a Claudio Marra di Fsa che riuscimmo a farglieli avere. Cambiava così, Andrey: due centimetri nel bel mezzo di una gara!».