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Un anno buttato e la vita da birraio: Gazzoli racconta

07.10.2022
6 min
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Era l’11 agosto quando due mail, una dell’UCI e una dell’Astana, annunciavano rispettivamente la positività di Michele Gazzoli al tuamminoeptano e il suo licenziamento. Il prodotto, una sostanza stimolante, era contenuto in uno spray nasale acquistato con troppa leggerezza. Gazzoli uscì dalla vicenda con un anno di squalifica per doping non intenzionale. Una sanzione che parve subito eccessiva, ma che di certo ribadì il concetto: occhi aperti quando si comprano e si assumono autonomamente farmaci. Anche perché all’Astana, il bresciano avrebbe potuto trovare la soluzione per i suoi problemi di salute.

Che fine ha fatto Gazzoli? Come ha trascorso gli ultimi due mesi? E come passa le sue giornate? Di lui parlavamo un paio di giorni fa con Rossella Di Leo, che lo ha avuto per due anni alla Colpack. E proprio da quei discorsi abbiamo scoperto del lavoro in birrificio. E qui lo abbiamo raggiunto, alla vigilia del Lombardia, in quest’autunno caldo come d’estate.

«L’errore è stato fatto – dice dopo i saluti – e alla fine c’è la legge che non ammette ignoranza, su questo sono tutti d’accordo. Io l’ho comprato a dicembre perché avevo un’influenza, del raffreddore. L’ho comprato basandomi su un altro spray. Solo che il solito non c’era e mi hanno dato l’altro vendendolo come generico. Io un po’ ingenuamente ho detto di sì, sono andato e l’ho preso. Ingenuamente perché si dice sempre state attenti, state attenti, state attenti».

Con il socio Paolo Denti, Gazzoli ha impiantato un birrificio. Il nome della birra? “La 115″
Con il socio Paolo Denti, Gazzoli ha impiantato un birrificio. Il nome della birra? “La 115″
Hanno punito la leggerezza.

Era un periodo un po’ così anche per me, erano successe cose non proprio belle nella mia vita, quindi avevo la testa tra le nuvole e l’ho preso molto ingenuamente. Cosa è successo? A febbraio avevo il Tour de la Provence e Algarve, due gare attaccate. Di solito mi facevo sempre un beauty con dentro tutto, perché avevo la mentalità da under 23 e mi portavo dietro quello che serviva. Poi nelle prime gare ho visto che c’era sempre il medico, per cui quel beauty non l’ho più portato.

Cosa conteneva?

Dell’aspirina e quello spray, che quasi neanche ricordavo di averlo. Solo che all’Algarve ho preso un po’ di raffreddore, perché ho fatto tre ore di macchina dopo la tappa. Avevo già fatto tre ore di aereo per andare in Portogallo con l’aria condizionata e quando sono arrivato lì avevo un po’ di raffreddore e non riuscivo più a dormire. Era notte, ho visto lo spray, ho preso anche un’aspirina e mi son fatto delle spruzzate. Ho scoperto dopo che quello spray è vietato durante la competizione, ma puoi usarlo fuori gara, solo che sulla scatoletta non c’era scritto niente. Ero andato nella farmacia in cui vado sempre, mi conoscono, sanno che sono un atleta. Io chiedo sempre, ma non c’era l’immagine del doping per cui mi sono fidato.

La sua prima corsa da pro’ è stato il prologo del Tour de la Provence
La sua prima corsa da pro’ è stato il prologo del Tour de la Provence
Hai detto che non c’era lo spray che usavi di solito.

Sono stato anche fregato dal fatto che dopo ogni allenamento al freddo prendo sempre il Fluimucil 600, che praticamente sono delle pastiglie per combattere un po’ il freddo e prevenire qualche malanno. Ho visto la scatola uguale e poi io so che sul prodotto per l’aerosol della stessa marca c’è il simbolo del doping, invece su quello non c’era. E’ stata tutta una fatalità, tutto un unirsi di cose per cui mi sono fidato e l’ho preso. Invece non dovevo fidarmi, è stata un’ingenuità che ho pagato a caro prezzo.

Quando l’hai saputo? 

L’ho saputo il giorno prima della Sanremo, praticamente. Mi sono fatto tutta la primavera e l’estate con questa notizia sul collo. I miei avvocati parlavano con l’UCI, si continuava a tirarla lunga, ma intanto a ogni fine gara io arrivavo e guardavo se c’era qualche mail. Sicuramente non ho mai corso con leggerezza e non ho mai avuto la testa. Non è stato facile e poi sfortuna ha voluto che in quel periodo mi sia preso anche il Covid. Mi sono anche rimesso a posto, però sapevo che prima o poi arrivava.

Volta ao Algarve, la corsa portoghese in cui arriva la positività
Volta ao Algarve, la corsa portoghese in cui arriva la positività
Ti aspettavi una reazione così netta della squadra? 

La squadra lo sapeva, tutti erano al corrente. Il fatto che poi sia scattato il licenziamento rientrava in un accordo, si sapeva ed è giusto che sia stato così.

Quindi adesso tu hai la tua data di scadenza da aspettare?

Il 10 agosto, ma un po’ prima mi guarderò attorno per cercare una squadra. Anche se spero che non ci siano problemi.

Come è stato andare in giro con questa notizia sul collo?

Sono stato molto sorpreso dalla reazione delle altre persone. Pensavo fosse vista come una cosa molto più brutta, invece ho avuto molta vicinanza da tantissimi corridori. Gran parte dei miei colleghi mi hanno scritto e mi sono stati molto vicini. Si è capito che è stata veramente una leggerezza, mentre io ho ammortizzato il colpo in questi 6-7 mesi. 

Il Polonia è stato la sua ultima corsa. Cinque giorni dopo la fine, l’arrivo della mail e la squalifica
Il Polonia è stato la sua ultima corsa. Cinque giorni dopo la fine, l’arrivo della mail e la squalifica
Come sei rimasto quando è arrivata la notizia?

Sapevo in quale giorno sarebbe uscita, il giorno e l’ora. La mia paura era la reazione delle persone, come la prendevano. Invece hanno capito l’ingenuità e forse, tra virgolette, anche l’esagerazione da parte dell’UCI. Perché comunque, come si è visto nel corso degli anni, il massimo che era stato dato per positività del genere erano stati sei mesi e addirittura un under 23 ne aveva presi quattro. Sicuramente un anno è tanto e visti i precedenti mi sarei aspettato un pochino meno, però l’UCI ha deciso così e così sarà.

Come mai hai deciso di aprire un birrificio?

Perché durante il lockdown sono stato insieme a questo mio socio, Paolo Denti, e ci è venuto il pallino della birra. Abbiamo iniziato a produrla un po’ prima del lockdown tra di noi e la davamo di qua e di là. Poi durante il lockdown abbiamo concretizzato questo piccolo sogno, questo progetto e ci siamo detti di continuare a farla.

Subito le cose sul serio?

Abbiamo provato a produrla su grande scala. Da maggio 2021 ci siamo messi sul mercato, abbiamo aperto il nostro birrificio e produciamo la nostra birra, che è nata così.

Michele Gazzoli festeggia per la vittoria del Mondiale di Leuven da parte del compagno Baroncini
Michele Gazzoli festeggia per la vittoria del Mondiale di Leuven da parte del compagno Baroncini
Come si chiama la birra?

Si chiama La 115. E’ il numero civico del posto in cui è nata. Ora però produciamo a Manerbio, mentre il magazzino ce l’abbiamo verso Travagliato, nella zona di casa.

Quanto tempo è passato prima che risalissi in bicicletta?

Alla fine la voglia non mi è mai passata, sono sempre andato con i miei amici. Non che uscissi tutti i giorni in modo assiduo, però comunque l’ho sempre mantenuta. Anzi questo è l’unico periodo che non sono andato, perché la settimana scorsa ho preso la bronchite e sono stato anche a letto. Ma questa volta non ho preso proprio niente, non prendo più medicine. Sparate pure (dice ridendo, ndr), tanto ormai è tutta una battuta… 

Gazzoli e una prima campagna del Nord così, così…

08.04.2022
4 min
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Tra i pochi italiani presenti in questa prima parte della campagna del Nord c’era anche Michele Gazzoli. Il bresciano era al debutto, almeno tra i professionisti. L’attesa e l’entusiasmo però non sono stati al pari di sfortuna e delusione.

Il corridore dell’Astana Qazaqstan infatti non aveva grandissime sensazioni e in seguito a delle analisi fatte proprio in Belgio ha scoperto di aver contratto un batterio, il mycoplasma. “Ovvero – come ha scritto lui stesso sulla sua pagina Instagram – il batterio della polmonite”. Al che Michele, fatto il Giro delle Fiandre, ha rimpacchettato le valigie e se ne è tornato a casa.

Lo abbiamo pizzicato insieme ai suoi compagni Leonardo Basso e Davide Martinelli, proprio nel dopo Fiandre.

Gazzoli al centro tra Davide Martinelli (a sinistra) e Leonardo Basso (a destra)
Gazzoli al centro tra Davide Martinelli (a sinistra) e Leonardo Basso (a destra)
Michele, prima esperienza al Nord: cosa ti porti dietro?

Sicuramente un bagaglio importante, anche perché qui sei all’università del ciclismo. Ho fatto tutte le corse ed ero qua per fare esperienza. Peccato per il batterio che ho preso. Però è solo il primo anno e siamo solo ad aprile. Ci sono tantissime gare davanti a me.

E in queste gare che hai fatto cosa hai capito? Ci può stare Michele Gazzoli coi grandi?

Sicuramente è un qualcosa di fattibile. Posso dire di sì, anche se comunque al 100% non sono mai stato e mi manca questo confronto stando nel pieno della forma. È molto diverso da come si disputa una corsa normale. Qui in Belgio ci vuole il coltello tra i denti, sempre…

Come è stato prendere il ritmo da “campagna del nord”? Corsa, due-tre giorni di riposo, corsa…

Bene dai… Forse così è meglio, che rispetto ad una corsa a tappe. Anche perché comunque sei qui tranquillo corri, riposi, corri, sei lontano da casa è vero, però neanche hai distrazioni. E’ un’esperienza impagabile.

E cosa ti è piaciuto di questa esperienza?

Le corse hanno un fascino particolare. Poi il gruppo che si è creato in Astana è a dir poco fantastico, siamo super coesi, siamo amici. Abbiamo creato veramente una grossa base anche per l’anno prossimo. E da questo punto di vista ne siamo usciti positivamente.

I primi assaggi di Nord Gazzoli li ebbe da juniores in azzurro. Eccolo nella Roubaix del 2016 (foto Instagram)
I primi assaggi di Nord Gazzoli li ebbe da juniores in azzurro. Eccolo nella Roubaix del 2016 (foto Instagram)
Con chi hai condiviso la stanza?

Ero da solo.

E come mai?

Mi piace stare da solo. A volte, se c’è la possibilità, mi preferisco così: mi rilassa. Poi quando si scende dalle stanze si sta tutti insieme.

Da dilettante eri mai venuto quassù, magari anche con gli azzurri di Amadori?

Da dilettante no, ho fatto solo il mondiale l’anno scorso, però da juniores avevo corso il Fiandre e la Roubaix.

Ed è stato molto diverso da quel che ti aspettavi poi tra i pro’?

Qui vanno tutti e 200 forti come moto! Quindi sì: è diverso. Come detto, devi sempre lottare, c’è molto stress.

Zanini spinge Gazzoli dopo una foratura… (foto Instagram)
Zanini spinge Gazzoli dopo una foratura… (foto Instagram)
C’è un momento particolare che ricordi di queste prime gare?

Beh, qualche giorno fa ad Harelbeke ho fatto la mia “top performance” quassù, anche se, ripeto, non ero al meglio. Le gambe comunque non c’erano per fare chissà cosa, però fino ai 35 chilometri dall’arrivo ero col primo gruppo. Quando mi sono reso conto di essere con tutti i big è stata una gran bella sensazione. Un’emozione.

Guardiamo avanti: se fossimo già nella campagna del Nord 2023 cosa non faresti?

Cercherei di non ammalarmi! Per il resto penso di aver fatto tutto abbastanza bene.

E sul piano pratico? Magari porteresti qualcosa di diverso nella valigia?

Ah ah… no, no. Nella mia valigia c’è già di tutto. Mi porto dietro casa, come si dice, e non c’entra più niente.

Come cambia l’alimentazione tra dilettanti e professionisti

26.02.2022
5 min
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Quando da under 23 si passa tra i professionisti le cose cambiano e non poco. Nella nostra intervista, Michele Gazzoli ci ha detto che oltre ad essere aumentata la distanza delle gare è cambiata anche la sua alimentazione per affrontarle. Queste le sue parole: «Per la seconda volta facevo una distanza del genere (200 chilometri, ndr). C’è una tipologia di alimentazione più sostanziosa, soprattutto per chilometraggi di questo genere».

Abbiamo così chiesto a Erica Lombardi, dietista che segue l’Astana Qazaqstan, proprio dove milita Gazzoli, come cambia l’alimentazione quando si entra nel mondo dei pro’.

Erica Lombardi è la dietista toscana dell’Astana, ma segue anche under 23 ed alcuni team juniores
Erica Lombardi è la dietista toscana dell’Astana, ma segue anche under 23 ed alcuni team juniores

Organizzazione differente

«La differenza di organizzazione logistica e nutrizionale tra i team under 23 ed i professionisti è abissale – inizia la Lombardi – le squadre WorldTour sono organizzate con un team di cuochi, nutrizionisti, camion cucina… Tuttavia bisogna ammettere che tra i dilettanti ci sono dei grandi miglioramenti e l’impegno, nei limiti del possibile, è davvero ampio».

«Dal mandare un menù via mail all’avere un cuoco c’è una bella differenza. Sono dettagli che aiutano ad avere il controllo, altra parola chiave nella nutrizione sportiva. E si deve sempre controllare tutto: qualità, quantità, condimenti… Attenzione però, la bilancia non deve diventare un’ossessione ma uno strumento che aiuta a migliorare».

I team WorldTour hanno a disposizione un cuoco il che rende più facile il controllo di qualità e quantità del cibo rispetto ai team U23
I team WorldTour hanno a disposizione un cuoco il che rende più facile il controllo di qualità e quantità del cibo rispetto ai team U23

Alimentazione ed esperienza

«Il mio lavoro in un team WorldTour è più organizzato e se vogliamo più “semplice” perché ho, appunto, più controllo. Anche se la parola d’ordine, in tutte le categorie, è educazione. Non devo imporre un metodo, ma devo educare i corridori a far capire loro come si lavora. Il ciclismo è uno sport situazionale, non è tutto programmabile. Può succedere che cambino le cose in corsa ed il corridore deve sapere cosa fare».

E in tal senso proprio Gazzoli ci aveva riportato l’esempio dei ventagli in corsa. Un imprevisto che ha scombussolato le carte in tavola sia sul piano tattico che su quello del dispendio energetico.

«Questo è un esempio – afferma la Lombardi – Prima della gara puoi programmare delle grammature di carboidrati o un regime di alimentazione pensato appositamente per quella tappa. Ma se poi ci sono delle situazioni (ambientali, di intensità…) che variano il corridore deve sapere come cambiare la sua alimentazione per ottenere il medesimo risultato». E farlo da under 23 in cui si è meno esperti e meno seguiti è più complicato.

I gel sono un’ottima alternativa alle barrette per quanto riguarda l’apporto rapido di energia (foto Drone Hopper)
I gel sono un’ottima alternativa alle barrette per quanto riguarda l’apporto rapido di energia (foto Drone Hopper)

Questione di grammi

L’alimentazione in corsa per un pro’ rispetto ad un under 23 è più sostanziosa quindi. Più chilometri e anche sforzi maggiori. Erica spiega le differenze

«La grande differenza è nelle tipologie di corse che si affrontano. Un under 23 difficilmente fa delle gare a tappe. Quindi la sua alimentazione è improntata sulla massima prestazione nelle ore di corsa. Un professionista, invece, fa molti più giorni di corsa consecutivi quindi ogni singolo alimento ingerito ha l’obiettivo di reintegrare gli sforzi anche in vista delle tappe successive».

«A livello pratico, pertanto, la grande differenza si fa nelle quantità di carboidrati assunti nelle ore di gara. Un under 23, in proporzione allo sforzo ed alla tipologia di gara, ha una grammatura di carboidrati che varia tra i 60 e di 90 grammi per ora. Per un professionista questo valore cambia moltissimo, si va ben oltre i 100 grammi. Molto oltre».

«Ed è un valore elevato da soddisfare. Le barrette pesano 40 grammi, al loro interno hanno 25 grammi di carboidrati. Un under 23 ricopre bene tutte le esigenze nutrizionali, più che altro perché le sue gare non sono così lunghe.

«Per un professionista, invece, è difficile raggiungere l’apporto richiesto, per questo oltre al cibo solido si usano anche i liquidi, una borraccia può apportare fino a 100 grammi di carboidrati, chiaramente ben miscelati. Tutto è più estremizzato». Senza contare che tutto è molto più personalizzato.

Tra i pro’ le rice cake sono molto più utilizzate (foto Facebook)
Tra i pro’ le rice cake sono molto più utilizzate. Qui il massaggiatore Umberto Inselvini mentre le prepara (foto Facebook)

Recupero, differenza maggiore

Subentra poi una questione che forse è ancora più centrale: quella del recupero. Probabilmente la differenza più grossa non è tanto nell’alimentazione durante lo sforzo, che comunque come abbiamo visto è maggiore e più curata, ma nelle esigenze del recupero.

Correndo di più, per chilometri e numero di giorni, il pro’ deve essere più attento a questo aspetto. Un dilettante può anche essere meno capillare, pesare meno il cibo o sceglierne uno magari “meno indicato”. Per esempio, un piatto di pasta al posto del riso.

Il fabbisogno energetico in gara cambia molto tra le due categorie, per questo tra i pro’ l’integrazione liquida è più curata
Il fabbisogno energetico in gara cambia molto tra le due categorie, per questo tra i pro’ l’integrazione liquida è più curata

La vicinanza col nutrizionista

Riprendendo infine il discorso sul controllo e l’educazione, che incide non poco in questa differenza tra U23 e pro’, c’è anche il rapporto con il nutrizionista, dietista nel caso di Erica Lombardi.

«Ogni quanto mi confronti con gli under 23 e quanto con i pro’? Nelle squadre WorldTour cerco di mantenere il contatto ogni giorno, anche con messaggi o brevi chiamate. Una dieta diventa efficace se diventa cronica e quindi ripetuta nel tempo. C’è anche da dire che ora la strumentazione è talmente avanzata che da PC o App si può monitorare tutto».

«Il dialogo con i dilettanti invece è più discontinuo, gli staff non sono numerosi e quindi una figura come la mia viene esternalizzata. Io faccio delle riunioni e fornisco dei metodi di lavoro cercando di educare i ragazzi, ma poi ognuno di loro si appoggia al suo nutrizionista. Questo rende più difficile trovare una linea guida comune di lavoro all’interno della squadra».

Gazzoli, come si sta tra i grandi?

18.02.2022
4 min
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Abbiamo intercettato Michele Gazzoli prima della seconda tappa della Volta ao Algarve, la sua seconda gara tra i pro’. Il giorno prima ha ottenuto un bel quinto posto (diventato quarto con il declassamento di Meeus per una manovra scorretta nei confronti di Coquard). Si è saputo difendere in una volata non semplice condotta magistralmente dalla Quick Step Alpha Vinyl e poi vinta dal solito Fabio Jakobsen

Abbiamo approfittato per chiedere al giovane corridore dell’Astana Qazaqstan Team come sono state queste prime gare. Il suo debutto ufficiale è avvenuto al Tour de la Provence, dove nelle quattro tappe corse dice di aver già imparato molto sul mondo dei grandi.

Michele Gazzoli quinto sul traguardo di Lagos (foto Facebook Volta ao Algarve)
Michele Gazzoli quinto sul traguardo di Lagos (foto Facebook Volta ao Algarve)
Intanto complimenti per il piazzamento.

Grazie mille! E’ stata una tappa difficile, con gli ultimi 50 chilometri fatti pancia a terra in mezzo ai ventagli. Mi stanno perseguitando, i ventagli intendo, anche in Provenza li abbiamo fatti, ma questa volta li ho saputi gestire.

Hai già iniziato con una delle lezioni più dure!

Assolutamente, ma fa tutto parte del gioco. In Provenza era la prima volta che vivevo dei momenti del genere, ho capito un po’ come funziona e questa volta mi sono buttato. Peccato…

Al Tour de la Provence il suo debutto con i pro’ (foto Instagram)
Al Tour de la Provence il suo debutto con i pro’ (foto Instagram)
Per il quarto posto? 

Sì, eravamo messi molto bene negli ultimi due chilometri, poi uno della Trek ha affrontato una rotonda come un kamikaze ed ha spezzato il gruppo. Avremmo potuto fare uno sprint migliore (dice con un velo di rammarico tipico di chi non si accontenta mai, ndr).

Torniamo per un attimo in Provenza, com’è andata la prima gara?

Molto bella, emozionante. Ci si allena tutto l’inverno con la maglia del team ma quando ci attacchi il numero è qualcosa di diverso. 

E la preparazione? Il pullman, la riunione pre gara…

Quello devo ammettere che non l’ho vissuta tanto diversamente. E’ ovvio che alla prima gara rimani un po’ affascinato da tutta la strumentazione che c’è. VeloViewer è quello che mi ha sorpreso di più, vedi il vento, la pendenza, la larghezza della carreggiata…

E poi ci sono le radioline…

Con quelle ho già avuto modo di correre ma usate in questo modo mai. Si nota come i diesse siano abituati a comunicare ed usarle per “teleguidare” i corridori. Prima della zona dei venti ci hanno detto di portarci avanti, ci ricordano di mangiare.

Ecco, il cibo, cambiando la tipologia di gare cambia anche l’alimentazione?

Devi sempre ricordarti di mangiare, ma non è facile. Ieri, per esempio, la prima ora l’abbiamo corsa “a tutta”, diventa difficile anche solo mettere in bocca il panino, ma bisogna farlo altrimenti nel finale salti. E’ una tipologia di alimentazione più sostanziosa, soprattutto per distanze così.

Durante l’inverno la preparazione e l’alimentazione sono state curate in maniera metodica (foto Instagram)
Durante l’inverno la preparazione e l’alimentazione sono state curate in maniera metodica (foto Instagram)
Lavori a stretto contatto con Erika Lombardi, come ti trovi con lei?

Bene, appena ci siamo visti ho subito riposto piena fiducia in lei. Abbiamo preso le misure nei mesi di preparazione trovando un equilibrio ottimo. Ieri era la seconda volta che affrontavo una distanza del genere (200 chilometri, ndr) e devo ringraziare anche lei per il quarto posto.

Con i compagni, invece, come ti trovi?

Molto bene, mi sono legato subito con Davide (Martinelli, ndr) e “Leo” Basso. Il primo abita molto vicino a me, a Brescia, e già ci allenavamo insieme, il secondo è molto simpatico e socievole ed è stato semplice entrare in sintonia.

Michele Gazzoli debutterà al Nord alla Omloop Het Nieuwsblad, tornerà per la prima volta in Belgio dopo il mondiale 2021
Michele Gazzoli debutterà al Nord alla Omloop Het Nieuwsblad, tornerà per la prima volta in Belgio dopo il mondiale 2021
Ed i prossimi impegni quali saranno?

Dopo l’Algarve farò il mio debutto al Nord, alla Omloop Het Nieuwsblad. Sono parecchio emozionato, è capitato di parlarne con Davide e Leo a cena la sera prima del debutto qui in Portogallo. Mi hanno detto cosa aspettarmi: l’inferno, nel vero senso del termine. Non puoi mai distrarti e devi correre sempre davanti, poi il pavè… Non vedo l’ora di andarci!

Tornare in Belgio dopo quello che abbiamo fatto a settembre sarà speciale…

Gazzoli azzera tutto, va in vacanza e si prepara per l’Astana

28.10.2021
5 min
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Spesso scorrendo indietro nell’archivio di Bettini, si ripescano spicchi di memoria che per un motivo o per l’altro erano finiti nell’ombra. Così navigando nelle pagine di Michele Gazzoli, è capitato di soffermarsi a guardare le immagini di quando era junior e nel 2017 trasformava in oro tutto ciò che toccava. L’europeo su strada a Herning. L’europeo in pista ad Anadia. E poi il bronzo ai mondiali strada di Bergen, con una clavicola rotta. Così oggi che il ragazzo bresciano si affaccia nel WorldTour e a Montecatini ha già preso contatto con i nuovi compagni dell’Astana, andare a scoprire cosa sia rimasto di quella magia è venuto quasi spontaneo. A capo di una stagione iniziata tardi, che poteva rivelarsi un buco nell’acqua e invece lo ha portato nella dimensione che tutti sognano e solo pochi raggiungono.

Ventidue anni, le statistiche parlano di un metro e 80 per 76 chili. I capelli sempre da marine, come quando lo vedemmo la prima volta. Passista veloce, che un tempo si pensò fosse addirittura un velocista, nel tempo si è portato a casa anche vittorie pesanti. Come il Del Rosso e Ponsacco nel 2020. Il Liberazione che ha dato la svolta e il Città di Empoli nel 2021, impreziosito con il quarto posto ai mondiali di Leuven, vinti dall’amico (e compagno in Colpack-Ballan) Filippo Baroncini.

A Leuven con Baroncini, a capo di una stagione fenomenale tra gli under 23
A Leuven con Baroncini, a capo di una stagione fenomenale tra gli under 23
Cosa c’è ancora di quel Gazzoli che quattro anni fa trasformava in oro quasi tutto ciò che toccava?

Sono simile, migliorato in alcuni aspetti. Sapevo anche allora che non c’è niente di facile, perché nella vita è così. Non mi sono perso d’animo neppure quest’anno, quando ho vissuto un inverno veramente duro e mi sono reso conto che sarebbe stata una stagione difficile. Ho cominciato ad allenarmi con continuità a marzo, con 12 giorni di preparazione per la prima corsa. Quando non hai la base, trovi una condizione che regge al massimo per due settimane e poi devi ricominciare. Nonostante questo, mi sono tolto le mie belle soddisfazioni.

L’accordo con Astana è saltato fuori alla fine o viene da prima?

Abbiamo preso gli accordi a giugno, direttamente con Vinokourov. Questo mi ha permesso di correre tutto l’anno tranquillo e mi dà la garanzia che continuerò a lavorare con Maurizio Mazzoleni, con cui ho un ottimo rapporto. Essendo l’uomo del no-stress, parleremo di programmi per l’inverno a novembre dopo le ferie. Parto domenica per le Canarie con il mio amico Matteo Furlan, che quest’anno ha corso con la Iseo-Rime.

Hai fatto due anni nella Kometa di Basso e ora due in Colpack, pensi che ti servirà un adattamento più breve rispetto ad altri?

Non mi sento avanti in nulla. L’unica cosa che posso dire è che in questo ultimo anno alla Colpack ho fatto tanta esperienza correndo tanto e bene. L’obiettivo di arrivare nel WorldTour credo sia il sogno di tutti, ma per arrivare al grande ciclismo dei meritartelo. E’ un mondo in cui vige la meritocrazia. Era il mio sogno anche nel 2017, ma io sono uno che vive giorno per giorno. Anzi, mezza giornata per mezza giornata. Sono sempre con i piedi per terra, non ero nessuno ieri, non sono nessuno oggi.

Fino a giugno hai corso con Ayuso, poi lui è passato diretto nel WorldTour. Cosa ne pensi?

Ognuno fa le sue scelte, io per conto mio posso dire che mi sono divertito tanto e sono contento del percorso che ho scelto. Sono contento di aver trovato Baroncini, con cui si è creato un ottimo rapporto che proseguirà anche ora che saremo rivali. Magari penso che se fossi stato junior oggi con i miei risultati di allora, mi avrebbero proposto di passare direttamente, ma io credo che tre anni da under 23 vadano comunque fatti. Di quei primi anni con Basso, mi tengo stretto il rapporto con Ivan che è un mio amico e il bel legame che si era stabilito con i compagni.

Come è stato il primo assaggio di Astana a Montecatini?

Non mi aspettavo un ambiente così bello e così affiatato. Il fatto che si parli italiano mi piace molto, così come l’attenzione per i dettagli. E’ proprio un bel salto ed è giusto così.

Che cosa vuoi dire?

Che è normale e ci sta che al passaggio da una continental alla WorldTour si percepisca una differenza di dimensione, sarebbe grave se così non fosse. La Colpack-Ballan è una super continental, che forse dà anche più di quel che serve, ma è giusto che si rimanga a bocca aperta salendo al massimo livello.

Il Gran Premio della Liberazione del 25 aprile ha segnato la svolta dopo l’inizio di stagione frenato dal Covid
Il Gran Premio della Liberazione del 25 aprile ha segnato la svolta dopo l’inizio di stagione frenato dal Covid
In squadra è tornato un signore che in carriera, oltre a tutto il resto, ha vinto due Giri e un Tour…

Io Nibali lo guardavo in televisione e adesso me lo trovavo accanto a tavola oppure a parlare del più e del meno prendendo il caffè. E’ davvero una persona a modo, sono molto contento che ci sia, penso sia un privilegio correre con lui.

Siete anche usciti in bici?

No, niente bici. Abbiamo giusto valutato del nuovo materiale, fatto il bike fitting per le misure dei telai e preso quelle del vestiario. Poi abbiamo fatto le riunioni con i direttori sportivi, corridore per corridore. E poi ho conosciuto anche la nutrizionista. All’alimentazione ci sto attento, ma quando tornerò dalle vacanze andrò a parlarle. Questo viaggio è il regalo che mi faccio per il 2021. Poi sarà tempo di ricominciare.

Gazzoli: a Leuven per riscattare un anno complicato

28.09.2021
4 min
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Michele Gazzoli lo abbiamo visto festeggiare con le braccia alzate sul traguardo di Leuven (foto di apertura) la conquista della maglia iridata di Filippo Baroncini. Un successo di squadra, coronato anche dalla vittoria della Coppa delle nazioni da parte degli azzurri. In questi anni ha corso sulle strade di tutta Europa con la maglia del Team Colpack Ballan. Con la squadra bergamasca ha conquistato anche il prestigiosissimo Gran Premio Liberazione, il 25 aprile a Roma.

Una stagione di alti e bassi ma con un finale in crescendo, tanto da convincere il cittì Amadori a convocarlo per Leuven. Ora un Giro di Sicilia per assaporare quel ciclismo dei grandi e per aprirsi una finestra sul futuro, anche recente. Conosciamo insieme il corridore bresciano classe 1999.

Michele Gazzoli in azione al Memorial Pantani, rifinitura prima del mondiale
Michele Gazzoli in azione al Memorial Pantani, rifinitura prima del mondiale
Un mondiale ricco di emozioni, cosa si prova?

Le emozioni non riesco ancora a descriverle a parole, c’è semplicemente una gioia immensa per la vittoria di “Baro” (Filippo Baroncini, ndr). Sono un po’ meno contento per come ho gestito la volata del gruppo, avremmo potuto fare primo e secondo. Invece sono partito ai 400 metri con uno sprint impossibile da portare a termine.

Una dolce delusione.

Sì certamente, l’obiettivo principale era quello di portare a casa la maglia iridata con Filippo. Tutto quello che sarebbe arrivato dopo sarebbe stato un di più. Un po’ mi spiace perché me lo sarei meritato, anche per le sfortune avute all’inizio di quest’anno.

Cosa ti è successo?

Tante cose. Il 2 gennaio ho preso il Covid ed ho saltato le prime due settimane di preparazione perdendo un primo blocco di lavoro importante. Appena ripresa la bici ho avuto un’infiammazione al ginocchio che mi ha tenuto ai box dal 21 gennaio all’8 febbraio.

Michele Gazzoli e Filippo Baroncini si abbracciano felici dopo l’arrivo di venerdì
Michele Gazzoli e Filippo Baroncini si abbracciano felici dopo l’arrivo di venerdì
Il Covid ti ha destabilizzato molto?

Dovendo stare chiuso in casa ho perso giorni di allenamento preziosi, a gennaio mi sono allenato solo 3 giorni.

Ed invece l’infiammazione a cosa era dovuta?

Probabilmente ho spinto troppo appena risalito in sella per la smania di recuperare la forma il prima possibile. Un errore dovuto alla troppa voglia di correre e fare bene, ma non è finita qui.

C’è dell’altro?

Purtroppo, sì. Il 3 il 7 e l’11 marzo ho corso in Croazia. Proprio all’Istrian Spring Trophy sono caduto. Nulla di grave ma ho perso altri giorni di allenamento, alla fine la mia stagione è iniziata il 21 marzo, il primo giorno di primavera.

Un mese dopo hai vinto il GP Liberazione, hai lavorato bene per prepararlo?

Liberazione di nome e di fatto. Avendo fatto un inverno “strano” avevo una condizione che mi permetteva di fare bene una gara ma non avevo continuità. Diciamo che avevo una condizione ad intermittenza quindi mettevo il focus su un obiettivo sapendo che negli appuntamenti successivi non sarei stato competitivo.

Sei comunque riuscito a far parte della spedizione mondiale, il cittì Amadori crede molto in te?

Abbiamo iniziato a preparare l’appuntamento di quest’anno la scorsa stagione appena abbiamo capito che non avremmo corso ad Imola. Marino (Amadori, ndr) crede molto in me ma soprattutto nel gruppo: sarei stato il primo a tirarmi indietro se non mi fossi sentito pronto. Invece nei due mesi prima del mondiale la mia condizione è cresciuta, negli appuntamenti di preparazione stavo sempre meglio (ha corso la Coppa Sabatini ed il Memorial Pantani, ndr).

Il percorso di preparazione al mondiale di Leuven è iniziato già la scorsa stagione dopo la cancellazione del mondiale U23
Il percorso di preparazione al mondiale di Leuven è iniziato già la scorsa stagione dopo la cancellazione del mondiale U23
Cosa ti porti a casa da questa esperienza?

La bellezza di correre con la maglia azzurra ma anche l’aver visto da vicino grandi campioni, uno su tutti Sonny Colbrelli. Mi ispiro molto a lui, anche come modo di correre credo siamo abbastanza simili, lo conosco molto bene.

Come mai lo conosci bene?

Il nostro punto di contatto è stato il procuratore in comune, ci alleniamo spesso insieme quando vado sul lago di Garda. Imparo tanto da campioni come lui, anche solo ascoltarlo quando descrive i percorsi o parla di ciclismo.

Gli hai chiesto qualche consiglio in questa settimana particolare?

Ho visto come gestisce la tensione e come cura l’avvicinamento alle gare. Da lui ho imparato molto anche sull’alimentazione, è un po’ il mio mentore. Capita che ci alleniamo spesso insieme.

A proposito di campioni, l’anno prossimo cosa farai?

A giugno ho già siglato un contratto con una squadra WorldTour, ma non posso dire il nome perché lascio a loro la prima parola e l’annuncio.

Ti senti pronto per il grande salto? Anche dopo quest’anno così travagliato?

Sì, dopo aver concluso il quarto anno tra gli under 23 penso di aver chiuso un cerchio. Sarà difficile, ma penso di poter dire la mia, spero di ritagliarmi il mio spazio anche se sarà difficile. Poi comunque quando ti arriva la chiamata “dall’altra parte” è difficile dire no, solo il tempo potrà darmi ragione.

Azzurri magistrali. L’oro degli under 23 è arrivato così…

25.09.2021
6 min
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Semplicemente magistrali. Perfetti. Gli azzurri di Marino Amadori hanno corso il mondiale U23 senza errori. Non solo per la vittoria di Baroncini. Sono stati sempre attenti. Sempre nelle prime posizioni. Davanti nei momenti cruciali. Hanno corso… bene. Hanno rispettato le consegne del cittì e i fondamentali di questo sport. Compattezza, umiltà, cattiveria agonistica, lucidità, forza, acume tattico.

Ci sono due fotogrammi simbolo, a nostro avviso.

Il primo. A 20 chilometri spaccati dal termine, quando davanti c’era ancora Luca Colnaghi, gli azzurri si spostano su un lato della strada e confabulano qualcosa. In quel momento la corsa non è nel vivo: di più! C’è tensione, adrenalina, tanto più che si pedala nel circuito cittadino.

Il secondo. All’imbocco dello strappo in cui è scattato “Baro”, ben quattro azzurri piombano davanti per prenderlo in testa. Il gruppo era allungato. Era il momento X. E loro c’erano. A quel punto la sensazione che stesse per accadere qualcosa di grande era forte. Ci sono venute in mente le parole di Filippo della vigilia («Lo strappo ai -6 può essere decisivo») e il finale della Coppa Sabatini in cui ha mostrato una super condizione. Sarebbe partito: sicuro.

Marino Amadori con Filippo Zana. Dopo alcune fasi in cui è rimasto composto, finalmente anche il cittì si è lasciato andare ai sorrisi
Marino Amadori con Filippo Zana. Dopo alcune fasi in cui è rimasto composto, finalmente anche lui si è lasciato andare

Capitan Zana

A richiamare tutti sull’attenti è stato Filippo Zana, che dal cittì ha ricevuto le chiavi della squadra. Negli ultimi tre chilometri ha chiuso persino sulle mosche.

«Diciamo di sì dai – ammette col sorriso il corridore della Bardiani Csf Faizanè – la cosa più importante è aver portato a casa la vittoria. A volte mi sono un po’ arrabbiato. Però penso sia servito a spronare i ragazzi e a riportare l’attenzione giusta. Perché? Perché certe volte eravamo un po’ in ritardo su alcune azioni. Si poteva fare meno fatica.

«Se poi si hanno le gambe e tutti hanno le gambe è più facile. Abbiamo corso da squadra e sono davvero contento: per la maglia, per noi, per Amadori, per “Baro” che è davvero un bravo ragazzo».

Parola Colnaghi e Coati

Una grossa fetta di questo successo spetta poi a Luca Colnaghi. Luca è entrato in un attacco che per lunghi tratti poteva anche essere buono. 

«A me piace aspettare le volate – dice Luca Colnaghi – ma mi sono ritrovato in questo gruppetto. Quando sto bene seguo l’istinto e l’istinto mi ha detto di provarci. E’ stato il punto chiave della corsa credo, perché così ho potuto dare il mio contributo e la squadra si è potuta risparmiare un po’». 

Qualche istante dopo ecco che in zona mista sfila dietro di lui l’altro Luca, Coati. Lui è il più pacato e forse tra i più freschi in volto degli azzurri.

«Siamo partiti con un solo obiettivo – dice il corridore della Qhubeka Continental – vincere. E ce l’abbiamo fatta. All’inizio pensavo venisse fuori una corsa un po’ più dura nel giro grande. Ma non è stato così, poi Colnaghi è entrato nella fuga e ci ha permesso di stare sulle ruote. Il resto… lo ha fatto Filippo!».

Michele Gazzoli, soddisfatto, parla con i preparatori del Centro Mapei, Matteo Azzolini (a sinistra) e Andrea Morelli (al centro)
Michele Gazzoli, soddisfatto, parla con i preparatori del Centro Mapei, Matteo Azzolini e Andrea Morelli

Gazzoli l’altra cartuccia

Dopo essere scesi dal palco, in quanto anche vincitori della Coppa delle Nazioni, man mano gli azzurri arrivano ai nostri microfoni. Ormai la folla si è dileguata e il cielo inizia ad farsi scuro su Leuven. Non per noi italiani, non per gli azzurri. 

«Oggi abbiamo dimostrato chi è la nazionale italiana U23 – dice Michele GazzoliE’ tutto l’anno che corriamo da padroni e infatti abbiamo vinto la Coppa della Nazioni e questo è frutto di un grande lavoro di squadra. Abbiamo dato un grande spettacolo. Cosa ci ha detto Marino prima del via? Di essere una squadra. Sapevamo cosa dovevamo fare: vincere! C’era solo una soluzione. Sapevamo quali erano i punti importanti. Sapevamo come muoverci e con chi muoverci. E sapevamo che Baro sarebbe partito lì. Io mi dovevo tenere pronto eventualmente per la volata finale.

«Ho mancato il podio per 50 metri. Sono partito un po’ troppo presto, ma va bene così. L’importante è aver preso la maglia». 

Marco Frigo in azione. Lui divideva la stanza con Baroncini e da un mese in pratica “vivevano” insieme
Marco Frigo in azione. Lui divideva la stanza con Baroncini e da un mese in pratica “vivevano” insieme

Frigo: amico prezioso

Infine, lo abbiamo tenuto per ultimo, anche se è stato tra i primi con cui abbiamo parlato, c’è Marco Frigo. Marco è stato colui che ha fatto le veci del cittì quest’inverno quando è venuto a provare il percorso su richiesta di Amadori. E’ stato compagno di stanza di Baroncini e vero uomo squadra in corsa: attento, generoso… Spesso Marco resta nell’ombra, ma ieri soprattutto è stato un grandissimo.

«Su un percorso così l’esperienza alla Seg (squadra olandese in cui milita, ndr) si è fatta sentire – racconta Marco – e l’ho messa a disposizione dei miei compagni. Perché su un tracciato del genere è importante non solo risparmiare energie fisiche, ma anche mentali. Già nel trasferimento e nella prima parte di gara ci sono state tante cadute. Per questo stare davanti è stato fondamentale. E si è visto. Baroncini nel finale è stato palesemente il più fresco ed è riuscito a concretizzare. E un ulteriore riprova è il risultato in volata degli altri (senza sprinter, ndr): segno che abbiamo corso bene».

«Vero io sono in camera con lui – riprende Frigo – Ma non solo qui. E’ dall’Avenir praticamente che siamo insieme. Che dire: è un ragazzo davvero bravo. Se la merita. In camera era un paio di giorni che parlava di questa azione. Mi diceva sempre: quello è il punto giusto. Poi stamattina (ieri per chi legge, ndr) abbiamo guardato la gara degli juniores insieme e lì è dove ha attaccato il norvegese. Quindi è come se avesse avuto la prova che quel che diceva fosse giusto. Era la mossa da fare. In questi giorni abbiamo anche riguardato le corse che passavano da queste parti per vedere come prendevano i muri.

«Come l’ho tenuto tranquillo? Filippo è tranquillo di suo! Una cosa che mi piace di lui è che crede tanto in sé stesso. Era convinto che se avesse attaccato lì sarebbe andato all’arrivo. E ha avuto ragione».

Gazzoli vince il Liberazione e lo dedica a Silvia Piccini

25.04.2021
6 min
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«Sono entrato secondo in curva – racconta Gazzoli che ha appena vinto il Gran Premio della Liberazione – era una volata lunga. Mi sono messo a ruota di un corridore molto forte: Puppio. Per me è stata proprio l’entrata perfetta e sicuramente anche la pista mi ha dato una mano, perché mi ha dato la freddezza di far partire un altro corridore prima di me, in modo da accorciarmi la volata. L’ho preso come punto d’appoggio ed è stata la volata che sogni dalla sera prima. Sinceramente nei giri precedenti non ci ho pensato, per non fasciarmi troppo la testa. Non ho mai guardato neppure l’entrata in curva, anzi… l’ho sempre sbagliata! Il piano poteva essere che i compagni mi tirassero la volata, ma li devo ringraziare per tutta la fatica che hanno dovuto fare prima. Non è semplice fare un lavoro del genere negli under 23. Abbiamo un morale che è sopra alle stelle». 

Il Team Colpack, tirato da Gidas Umbri, ha controllato tutto il giorno
Il Team Colpack ha controllato tutto il giorno

Due presidenti

Alla fine del rettilineo di arrivo, Gazzoli parla accanto a Giuseppe Di Leo, direttore sportivo del Team Colpack-Ballan. Poi di colpo Michele si sposta e va verso il centro della strada, dove sono appena arrivati Persico e Boscaro.

«Questa è per voi, ragazzi – dice – la devo a voi ed è per voi. Grazie!».

Si abbracciano e si scambiano pacche che parlano di un viaggio finito bene e di un’intesa forte. Alla festa manca Gidas Umbri, che ha tirato come un martello per più di due giri, quando davanti c’era la fuga e bisognava tenerla a tiro.

Per Persico e Boscaro appena arrivati, l’abbraccio di Gazzoli
Per Persico e Boscaro appena arrivati, l’abbraccio di Gazzoli

Roma ha accolto la corsa con una giornata finalmente primaverile. Nella zona del traguardo, mentre i corridori si rincorrevano, si sono visti il neo presidente Dagnoni e poco distante anche l’ex Di Rocco. C’era De Candido, cittì degli juniores, venuto a seguire i più giovani. E c’era Fausto Scotti, tecnico del cross, che con la sua società sportiva ha organizzato il Liberazione degli allievi, ultima prova di giornata.

Tutti per uno

Il Liberazione è tornato dopo due anni di buco: il primo per l’impossibilità degli organizzatori di metterla in strada, il secondo per il Covid. La concomitanza sfortunata ha voluto che un bel numero di corridori fosse al Giro della Romagna di ExtraGiro: questo fornisca uno spunto a chi compone i calendari.

Per la Iseo Rime Carnovali il 12° posto con D’Amato
Per la Iseo Rime Carnovali il 12° posto con D’Amato

Fughe ci sono state, su tutte quella del giovane Vinokourov con la maglia del Principato di Monaco, ma prima la Israel Cycling Academy e poi il Team Colpack hanno messo i fuggitivi nel mirino e non c’è più stato spazio per nessuno. Volata doveva essere, volata è stata.

«E’ andata come volevamo – dice Di Leo, tecnico della Colpack – siamo partiti per Gazzoli, perché è quello che stava meglio. Si è assunto le sue responsabilità. Abbiamo dovuto lavorare tanto, chiudendo ovunque, però se la sono meritata ed è bello raccogliere quello che semini. La vittoria di Gazzoli è la ciliegina sopra alla torta. Lo abbiamo coperto, lo abbiamo protetto, ci abbiamo creduto. Toccava a lui, ma sono stati bravi tutti i ragazzi. Persico sapeva di dover lavorare per lui. Non è scritto nulla, nelle fughe dai la possibilità a tutti, però negli ultimi sei giri ci siamo messi davanti, andando regolari e tirando per Michele. Questo risultato lo sblocca. Non viene da un momento facile. Non è stato bene, ma ci ha sempre creduto. E’ un ragazzo che lavora tantissimo, sa di essere forte e di poter ottenere buoni risultati».

A Nicolas Vinokourov, figlio di Alexandre, un premio per i chilometri in fuga
A Nicolas Vinokourov, figlio di Alexandre, un premio per i chilometri in fuga

Un anno storto

Adesso Michele è in attesa di essere premiato e i minuti trascorsi gli permettono di mettere in ordine le idee.

«La squadra mi ha dato tutta la fiducia possibile – racconta – tutti i miei compagni. Devo ringraziarli tantissimo, perché hanno fatto un lavoro superbo. La fuga era segnata perché c’eravamo noi. Eravamo qua per fare gli ultimi 400 metri a tutta e siamo contenti, perché finora è stato un anno d’oro per la Colpack. E’ la 13ª vittoria in due mesi e quando si corre così si fa molta meno fatica e viene tutto semplice.

Per Gazzoli, incontro con Di Rocco e Gianni Bugno, vincitore del Liberazione 1985
Per Gazzoli, incontro con Di Rocco e Gianni Bugno, vincitore del Liberazione 1985

«Quanto a me… la vittoria mi sblocca tanto! Quest’anno è stato difficile. Il 4 gennaio ho preso il Covid. Me ne sono sbarazzato il 25, quindi sono stato fermo quasi un mese. Ho ricominciato per due giorni, ho avuto un problema a un ginocchio e sono stato fermo altri 20 giorni. Ho ripreso oltre metà di febbraio, sono andato in Croazia e il 13 marzo sono caduto e sono stato fermo per 8 giorni. Adesso è un mese che sono in bici. Provo sensazioni molto migliori dell’anno scorso, anche perché ho una fiducia in me stesso che sono riuscito a ritrovare l’anno scorso e questo mi dà molta gioia. Ho ritrovato il Michele di prima. Ho fatto due anni un po’ cupi, perché non riuscivo a trovare me stesso. Grazie alla mia ragazza Camilla che mi è stata vicino, sono riuscito a riprendermi e a ricredere a me stesso e così ora me la godo. E oggi però mi godo Roma, perché saremo qui fino a domani»

Sul podio il brindisi per Gazzoli, Pencedano e Quartucci
Sul podio il brindisi per Gazzoli, Pencedano e Quartucci

Dedicato a Silvia

Il passaggio finale però dà i brividi. Anche Michele cambia tono e per qualche istante la gioia della vittoria sparisce dai suoi occhi.

«Quando siamo in bici – dice – noi abbiamo sempre paura. Questa settimana abbiamo perso Silvia Piccini, un’altra ragazza giovanissima. Dedico a lei questa vittoria. E’ la conferma di quanto sia pericoloso per noi andare sulle strade, quindi questo vuole essere un appello a tutti a prestare più attenzione sulle strade. Non abbiamo la corazza, abbiamo il nostro corpo e per quanto possiamo sembrare grandi, restiamo fragili. Mando un grande abbraccio ai suoi genitori. Volevo sensibilizzare sull’argomento della sicurezza stradale. A casa abbiamo tutti una famiglia che ci attende, quindi deve esserci rispetto reciproco».

Dopo la vittoria, serata e lunedì a Roma per Gazzoli e Camilla
Dopo la vittoria, serata e lunedì a Roma per Gazzoli e Camilla

Il minuto di raccoglimento prima del via ha riportato l’argomento al centro della strada, guai abbassare la guardia. Questo è il momento per sorridere, mantenere la concentrazione sul tema sicurezza è dovere di tutti noi.

Michele Gazzoli

Gazzoli? Non chiamatelo velocista!

04.12.2020
4 min
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Guai a chiamare velocista Michele Gazzoli, il giovane bresciano potrebbe arrabbiarsi! Nonostante sia una ruota molto veloce e abbia vinto volate di gruppo, lui si sente un corridore diverso. Gli piace andare in fuga (in apertura il suo assolo a Montecatini) e adora la pista.

Ventuno anni, ma già un “lungo” passato. Due campionati europei da juniores, uno su strada e uno su pista, un bronzo iridato, due anni in Spagna alla Kometa, un tumultuoso passaggio a vuoto in quella che doveva essere (e poi non è stata) la giovanile della Deceuninck-Quick Step e finalmente la Colpack-Ballan, dove sembra aver trovato lidi più tranquilli.

Insomma Michele, gli ultimi due anni non sono stati proprio facili…

No. Ho avuto un bel po’ di sfortune che mi hanno portato sempre a rincorrere la condizione. L’anno scorso ero partito bene, cogliendo un piazzamento alla Valenciana, sesto (tra l’altro all’ultima tappa, ndr), e in altre corse. Poi mi sono fratturato una clavicola e al rientro ho corso poco. La squadra aveva terminato già a luglio la sua stagione. Mi ha aiutato moltissimo la nazionale. Ho corso in azzurro. Poi nel 2020 ho iniziato subito con un secondo posto, ma mi era caduta la catena a 150 metri dall’arrivo. C’è stato poi il lockdown e quando abbiamo ripreso piano piano sono andato sempre più forte. Per entrare in forma a me serve correre, correre, correre… E infatti dopo il Giro U23 volavo letteralmente. Ho colto diversi piazzamenti e due vittorie. In una sono andato via da solo su uno strappo. Mi dicono che sono un velocista perché ho vinto l’europeo junior che era piatto, ma a me piacciono questi colpi. Nelle categorie giovanili qualche corsa “duretta” l’ho vinta.

Nel 2019 ha concluso la stagione correndo molto con la nazionale
Nel 2019 ha concluso la stagione correndo molto con la nazionale
Che rapporto hai con la salita?

Non mi dispiace. Certo non sono da Mortirolo però le salite di 2-3 chilometri fino al 6-7 per cento mi piacciono, insomma quelle da fare di “padella”!

Poi sul finire del 2019 c’è stata la possibilità del Team Monti legato alla Deceuninck, ipotesi mai concretizzata. Te la sei vista brutta visto il periodo dell’anno in cui sei rimasto “a piedi”…

Sì, però per fortuna la Colpack mi ha sempre voluto. Sono andato in quel team solo perché dietro ci doveva essere la Deceuninck, altrimenti avrei scelto proprio la Colpack. E’ davvero un top club. Lo si diceva e ora che ci sto ne ho le prove. Una mentalità molto europea. Ha fatto passare molti corridori. E che professionisti: un conto è far passare i ragazzi e un conto è formare i corridori.

E cosa significa per te formare il corridore?

Penso che il corridore lo fai dalla mattina alla sera. Qui alla Colpack t’insegnano cos’è il sacrificio e se non sei disposto a farli non vai lontano. Sai che dovrai accantonare feste, amici… e devi essere consapevole di quel che fai. Perché può essere il tuo futuro. E’ hai un tempo breve per dimostrarlo e guadagnarti una carriera che se va bene dura 15 anni.

Hai corso in Spagna e hai parlato di mentalità: che differenza c’è tra quella italiana e quella spagnola?

Alla fine in Spagna non ho corso tantissimo. Lì abbiamo fatto tante gare con i professionisti e poche con gli U23, quindi conosco più il calendario europeo. In campo internazionale noti attitudini diverse. All’estero ci si arrangia di più, in Italia siamo più coccolati. E anche da noi ci sono squadre solide. Cambia il modo di mangiare, il pensare il ciclismo. Se piove in Italia si fanno i rulli, all’estero si esce.

Cosa intendi quando dici “arrangiare”?

Nel senso che quando le cose vanno male te la devi cavare da solo. Mi verrebbe da dire che sono più “grezzi”, ma credo che in quella fase della carriera sia giusto. Serve a far crescere il corridore. Il pro’ lo devi fare quando sei pro’, nel senso che prima di pensare alla ruota super figa, o all’ultimo dettaglio devi dimostrare di avere le gambe e il motore. Da professionista poi affini tutto.

Nel tempo libero, Play Station e fidanzata. Eccolo scherzare con la sua Camilla.
Nel tempo libero, Play Station e fidanzata. Eccolo con la sua Camilla.
Sei anche un pistard…

Ah la pista: il mio punto debole. Il mio cuore è lì. Amo proprio quella metodologia di lavoro, la preparazione, la mentalità… è bellissimo. E poi aiuta parecchio anche per la strada. Mi piacerebbe continuare a farla ad alti livelli in questo periodo. L’Europeo e l’azzurro sono sempre stati nei miei pensieri.

Ma cosa è successo?

Che con il team abbiamo programmato di finire la stagione su strada, proprio perché ci metto un po’ ad entrare in forma e così abbiamo fatto. E bene. Era giusto raccogliere i frutti del lavoro fatto. Però non smetterò mai di ringraziare Marco Villa che mi ha portato in nazionale e mi ha fatto sentire parte degli azzurri a 360 gradi.

E adesso?

Ho staccato tre settimane dopo il podio conquistato nella cronosquadre tricolore. Ho fatto qualche camminata e da qualche giorno sto facendo base, tanti chilometri e palestra tre volte a settimana.

Insomma, Valoti, Bevilacqua e patron Colleoni saranno contenti. Gazzoli sembra essere l’ennesimo cavallo di razza della loro scuderia. «Mi ricorda un Consonni – dice Valoti – anche se forse ha perso un qualcosa sullo spunto, Michele è migliorato molto in salita». E visto come sono i velocisti (e i percorsi) oggi, forse è un bene per Gazzoli.