Francesco Chicchi: parola d’ordine direttore sportivo

02.11.2022
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Francesco Chicchi torna in ammiraglia e al tempo stesso si affaccia anche dalle fettucce del ciclocross. Il caldo autunno 2023 ha portato grosse novità per l’ex velocista toscano. La parola d’ordine per Francesco infatti è direttore sportivo. Diesse della #inEmiliaRomagna e dei giovani ragazzi della Michele Bartoli Academy nel ciclocross.

E proprio in questo contesto abbiamo incontrato Francesco. A Follonica, in occasione della quarta tappa del Giro d’Italia Ciclocross, il toscano faceva la spola fra il loro stand e le fettucce del campo di gara.

La chiamata di Bartoli

Un velocista nel ciclocross è una cosa strana. «Mi ha chiamato Michele – racconta Chicchi – e non potevo dire di no. Ho un rapporto particolare con la famiglia Bartoli, anche con Mauro e con lo stesso con Roberto Cecchi. C’era la voglia di tornare a lavorare con i ragazzi.

«Non siamo qui per vincere a tutti i costi, ma per dare una linea di comportamento. Nella riunione di poco fa (erano tutti a raccolti e i toni erano seri, ndr) li stavamo riprendendo. Riprendendo sull’impegno e la serietà.

«Per esempio, la volta scorsa c’era chi aveva dimenticato il casco sul furgone, chi si era presentato con la maglia lunga… Non va bene. E’ giusto che imparino a gestire queste cose. Se ci sono degli sponsor che forniscono materiali nuovi, questi vanno rispettati».

La #inEmiliaRomagna è nata nel 2018, dalla prossima stagione sarà una continental (foto di Massimo Fulgenzi)
La #inEmiliaRomagna è nata nel 2018, dalla prossima stagione sarà una continental (foto di Massimo Fulgenzi)

E la chiamata di Coppolillo

E questo modus operandi Chicchi è pronto ad esportarlo anche con i più maturi ragazzi della #inEmiliaRomagna. Si tratta di un avventura grossa, importante, tantopiù che la squadra ha un progetto a lungo termine. E’ diventata continental e il processo di crescita potrebbe nel tempo non fermasi lì. In ballo ci sono sponsor tecnici importanti e una spinta che ha nome e cognome: Davide Cassani

«La prima chiamata me la fece Michele Coppolillo, per sondare il terreno – racconta Chicchi – poi è arrivata la telefonata di Davide. E quando chiama lui… Davide mi ha spiegato che avevano l’esigenza di un altro direttore sportivo. Che volevano crescere facendo un passo per volta, ma nel modo giusto».

Ma da quel che abbiamo captato, avevano bisogno soprattutto di un direttore sportivo più giovane, di un ragazzo che non avesse smesso di correre da troppo tempo. Un direttore sportivo che in qualche modo avesse saggiato gli ultimi scampoli del gruppo moderno e del ciclismo attuale. Che sapesse destreggiarsi bene anche all’estero. Modi di correre, allenamenti, utilizzo dei nuovi strumenti.

«In effetti i ragazzi della #InEmiliaRomagna – dice Chicchi – mi vedono ancora come un ex corridore. Uscire con loro in bici è importante. E’ un altro parlare. Si aprono, quando fanno fatica ti raccontano tutto. Vorrei riuscire a trasmettere loro certe dinamiche di corsa, la serietà, la cattiveria agonistica».

Passato pro’ nella Fassa Bortolo nel 2003, Chicchi ha corso fino al 2016 con l’Androni. Vanta oltre 40 vittorie
Passato pro’ nella Fassa Bortolo nel 2003, Chicchi ha corso fino al 2016 con l’Androni. Vanta oltre 40 vittorie

Esperienze personali

E su questo ultimo punto Chicchi racconta un aneddoto che la dice lunga di come si possa imparare dai propri errori. E trasmetterlo agli altri.

«Io andavo forte – racconta Chicchi – ma spesso anche quando facevo secondo o terzo in volata ero contento lo stesso, non ero arrabbiato o famelico. Cipollini me lo diceva sempre: “Devi essere più cattivo in certe situazioni”».

Ed è da questi patrimoni tecnici ed etici che Chicchi potrà trovare il grimaldello per entrare nella testa dei ragazzi.

Francesco non vede l’ora d’iniziare. Intanto si gode i “bimbi” del cross. Anche questo serve. Ed è già entrato nella parte. Saranno le influenze di Mauro Bartoli che segue correndo i suoi giovani atleti e gli infonde una grinta senza pari, che anche Chicchi è attaccato alle fettucce.

Con la #inEmiliaRomagna non sarà alle fettucce ma in ammiraglia. Ammiraglia che condividerà con Coppolillo. Anche se l’attività principale sarà unica.

«Avremmo una dozzina di ragazzi – dice Chicchi – e sì, l’idea è di fare un’attività sola, ma fatta bene. In questo modo i ragazzi potranno programmare la loro stagione e i loro impegni e non correre tutte le domeniche. Chiaro che quando andremo a fare la Coppi e Bartali della situazione, magari nel weekend i più giovani faranno altre corse più piccole.  Ma posso garantire che faremo un ottimo calendario, anche internazionale. Abbiamo uno sponsor spagnolo e saremo spesso presenti in Spagna.

«E poi vedo che si lavora con serietà. C’è un bravo preparatore come Alessandro Malaguti. Lui insiste anche sul discorso della crono. Montefiori per esempio ha fatto dei test sulla posizione».

Il toscano (classe 1980) è già stato diesse dalla Dimension Data, poi è passato a Rcs
Il toscano (classe 1980) è già stato diesse dalla Dimension Data, poi è passato a Rcs

Entusiasmo e serietà

«Con i più piccoli del cross – racconta con entusiasmo – ci si trova una volta a settimana per l’allenamento tecnico. Io non ho grande esperienza in questa disciplina, ma sto imparando e un direttore sportivo esterno era quel che serviva per dare un po’ di ordine. La tecnica è importante e non è facile curarla perché vengono da diverse parti d’Italia, ma tutti hanno la loro tabellina di allenamento».

Chicchi però sa bene che con i grandi della #inEmiliaRomagna sarà tutt’altra storia… E per questo non vede l’ora di cominciare anche di là.

«Per ora ci siamo già visti una volta – conclude l’iridato U23 del 2002 – e inizieremo a lavorare bene in inverno. Intanto sono qui finché ci sarà il cross. In ogni caso tornare in ammiraglia su strada è un impegno serio e per questo credo proprio che non continuerò con Rcs. Forse seguirò il primo evento all’UAE Tour, ma vedremo. I ragazzi prima di tutto. E’ un bel progetto, ci crediamo molto».

In trasferta con la Michele Bartoli Academy. Il diario di viaggio

28.11.2021
7 min
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Un team o una famiglia? Una domanda che magari al termine di questo articolo si può porre anche il lettore. La Michele Bartoli Academy ci apre le porte, a partire da quelle del suo furgone, per una trasferta con loro. Dal sabato alla domenica, con il team toscano siamo andati alla tappa del Giro d’Italia Ciclocross in Puglia.

Un bel viaggio da Pisa a Mattinata (Foggia). Un viaggio in cui la parola annoiarsi non è esistita. E allora come in un diario proviamo a raccontarvi questa due giorni.

Tra smartphone e libri

Sette ragazzi in tutto. Cinque allievi, un under 23 e una ragazza junior, questa l’armata toscana. Il viaggio d’andata scorre tra ricordi, aneddoti, ma anche libri.

Filippo Cecchi, infatti, l’U23, è iscritto ad ingegneria e come il cross non può prenderla sottogamba. Uno degli aneddoti più divertenti riguarda il suo inizio.

Prime girate con la bici da cross a ruota di Mauro Bartoli. Mauro gli insegna i trucchi del mestiere. Gli dice quando e come frenare, anche per staccare gli avversari. Filippo esegue alla lettera e quando Mauro lo fa passare per vedere cosa appreso, ecco che gli rende pan per focaccia. Una frenata improvvisa e l’allievo butta in terra il maestro! 

E poi c’è l’immancabile smartphone. Ormai protuberanza del nostro braccio. E così si cerca di capire com’è il percorso di Mattinata e quel che succede a Vittorio Veneto, altra gara del weekend.

Ora di cena: a tavola cellulari sul tavolo, gran bella decisione
Ora di cena: a tavola cellulari sul tavolo, gran bella decisione

Telefoni sul tavolo

Arrivati a Mattinata si prende “possesso del territorio”. Un paio di giri per trovare la giusta confidenza col circuito e dopo aver montato lo stand si fila in hotel.

A cena ecco una bella regola messa in atto: tutti i telefoni a centro tavola dalla parte in cui sono seduti gli accompagnatori. Si parla, come una volta…

A tenerli sotto controllo c’è Roberto Cecchi, colonna di questo team, assieme a Walter Baesso e Manuela Landi, che conoscono i ragazzi da sempre. Erano i loro diesse in altri team quando erano davvero dei bimbi.

Proprio Roberto, papà di Filippo, aveva rimproverato i suoi per l’acquisto di una bevanda zuccherata all’autogrill, però a cena non lesina piatti di pasta e patate. Soprattutto a Giulio Pavi Deglinnocenti, ragazzi famelico!

«La scorsa settimana si è mangiato persino l’osso della mia bistecca», racconta Cecchi. E intanto Giulio spazzola i piatti dei suoi compagni.

Due ritardatari 

La mattina del via si lascia l’hotel a scaglioni, a seconda delle partenze. La prima è Letizia Barra. Un po’ di tensione, qualche minuto sui rulli e l’elbana fa la sua gara.

Poi è la volta di Filippo. Cecchi è sfortunatissimo. Prima fora e poi rompe una scarpa. Ma non molla. Fa parte del gioco. E alla fine sorride lo stesso.

Due del gruppo allievi fanno tardi. Sono rimasti a giocare con il telefono in stanza. Mauro e Roberto non la prendono bene e li rimproverano. Essere coach dei ragazzi significa anche questo. Si è dei maestri. E certe trasferte, certe esperienze, servono anche a questo: a crescere. E’ una scuola. Segno che essere corridore, qualora un giorno lo diventassero, non è solo salire in bici. E certe carenze logistiche a volte le notiamo anche in corridori ben più grandi ed affermati.

I due “colpevoli” (di cui non facciamo il nome!) almeno sembrano avere la coda tra le gambe… Forse questa lezione l’hanno imparata.

Mauro show

La Michele Bartoli Academy è una squadra di giovani come detto. Una scuola, un’accademia come dice la parola stessa. I ragazzi sono presi in prestito da altri team proprio per la stagione del cross, che è la disciplina più amata da molti di loro. E da Mauro forse ancora di più.

Quando scattano i suoi “bimbi” scatta anche lui. Si sentono le sue urla dalla parte opposta del tracciato. Urla d’incitamento. Di chi la vive con passione. Un qualcosa ci dice che faceva così anche papà Graziano.

I ragazzi lo ascoltano. E’ grinta. Sono consigli. Mauro salta da una fettuccia all’altra come un siepista kenyano! E alla fine c’è una pacca sulla spalla per tutti.

«E delle cose che non sono andate bene – dice Roberto Cecchi – se ne parla al momento giusto. Non subito. Uno dei nostri è tornato al box in lacrime. Gli ho detto di cambiarsi, di stare tranquillo e che ne avremmo parlato… poi».

Giustamente certi discorsi vanno fatti nel momento giusto. Far vedere gli errori, riavvolgere il nastro, analizzare senza creare confusione.

Per esempio, i ragazzi dovevano cambiare bici, troppo infangata, ma non lo hanno fatto.

«A quell’età – dice Filippo, quasi un coach aggiunto – anche io non la cambiavo. Fermarsi significava solo perdere posizioni. Ma serve tempo per capire certe cose ed è giusto che facciano certi sbagli».

Si torna a casa

E’ domenica pomeriggio. Le gare sono ormai “andate” e bisogna “rimpacchettare” tutto. Il viaggio che attende la Michele Bartoli Academy è lungo. 

Ma come un esercito ben organizzato che sa togliere le tende, in poco più di mezz’ora tutto è sui furgoni.

Il viaggio di ritorno porta con sé i bilanci e i resoconti della gara. «Avrei potuto fare di più se…». «Quel passaggio era così». «Hai visto quello come andava».

Ma c’è anche il tempo di guardare la Coppa del mondo di ciclocross e magari di pensare già alla prossima gara… Si controllano le classifiche di questa e quella corsa. Si pensa alle tabelle da fare in settimana. Insomma: si è già in “modalità lunedì”.

Mathieu Van der Poel, Wout Van Aert 2020

Il cross, un mazzo di foto e l’occhio di Bartoli

05.01.2021
6 min
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Metti una sera sul divano, in tivù non c’è niente di interessante e allora sfogli bici.PRO nel cellulare, riguardando le foto di Van Aert e Van der Poel nelle gara di cross già pubblicate. Fai avanti e indietro e mentalmente cominci ad annotare le differenze. E siccome ti hanno insegnato a farlo, scatta l’idea di tirarne fuori un pezzo. Già, ma sono le dieci, è decisamente tardi: chi vuoi che ti dia retta a quest’ora? Però un messaggio si può mandare e probabilmente Michele Bartoli è il più adatto, visto che del posizionamento ha fatto un’arte e nel cross si è ributtato con un entusiasmo speciale. Non è facile sopportare certi giornalisti, viene da sorridere mentre le foto sono in viaggio, ma per fortuna con Michele ci si vuol bene, avendo cominciato praticamente insieme. Infatti lui risponde dopo circa un’ora. Appuntamento fissato: ne parliamo domattina. A volte gli articoli nascono così…

Wout Van Aert, posizione in pianura 2020
Wout Van Aert, in fase di spinta posizione raccolta, come su strada
Wout Van Aert, posizione in pianura 2020
Wout Van Aert, posizione raccolta, come su strada
Mathieu Van der Poel, posizione in pianura 2020
Mathieu Van der Poel, leggermente più lungo rispetto al rivale
Mathieu Van der Poel, posizione in pianura 2020
Per Van der Poel, una posizione più allungata

Il ginocchio in curva

Il mattino ha per lui l’incombenza di tenere acceso il termocamino, che scalda l’accogliente villa a Montecarlo di Lucca, dove prima del Covid ci si trovava spesso, prima per commentare le sue vittorie e poi con gli anni per analizzare quelle degli altri. Il discorso prende subito il largo.

«Sembra che Van der Poel – dice Bartoli – abbia qualcosa di più in termini di sicurezza. Vedete in discesa come porta il corpo indietro? Questo gli permette di fare le curve più veloci, impedendo che la ruota posteriore scivoli. E proprio in curva ha il ginocchio fuori dalla bici, si vede che è lui a gestire la traiettoria (foto in apertura). Van Aert invece sembra che cerchi di non scivolare e un po’ subisce la situazione».

Wout Van Aert, 2020, ostacolo a piedi
Wout Van Aert scende di bici e supera l’ostacolo a piedi
Wout Van Aert, 2020, ostacolo a piedi
Van Aert preferisce saltare l’ostacolo a piedi
Mathieu Van der Poel, 2020, ostacolo in bici
Sullo stesso ostacolo, Mathieu Van der Poel resta in bici
Mathieu Van der Poel, 2020, ostacolo in bici
Van der Poel preferisce saltarlo stando in sella

Come su strada

La foto che li ritrae laterali in pianura fa prima annotare che entrambi usano la doppia corona anteriore, mentre Michele osserva che i ragazzini della sua Academy usano quasi tutti il monocorona.

«Ma questi due qua – dice Bartoli, riferendosi ai due giganti della Jumbo-Visma e della Alpecin-Fenixspingono forte, fanno delle velocità importanti. Il monocorona in questo ti limita.  Comunque Van der Poel sulla bici è più lungo, che però è un discorso soggettivo. Si potrebbe pensare che più sei corto e più sei reattivo, ma lui evidentemente si trova bene così. Ho fatto un confronto fra la loro posizione su strada e questa del cross, e devo dire che per entrambi cambia poco. Questo spiega anche perché possano passare da una bici all’altra senza clamorose fasi di adattamento, grazie anche a gare che sono molto meno spezzettate da ostacoli rispetto a una volta. Oggi il cross di alto livello è molto più pedalato, per cui anche loro, una volta che hanno fatto qualche richiamo di tecnica, possono allenarsi benissimo su strada».

Wout Van Aert, posizione in discesa 2020
Wout Van Aert in discesa sembra piuttosto rigido, di certo moto concentrato
Wout Van Aert, posizione in discesa 2020
Van Aert in discesa sembra un po’ rigido
Mathieu Van der Poel, posizione in discesa 2020
Per Van der Poel, peso più indietro e maggior controllo
Mathieu Van der Poel, posizione in discesa 2020
Van der Poe, con il peso indietro si guida meglio

Percorsi pedalabili

Qui il discorso un po’ si allarga e pesca nella sua esperienza personale di ieri e in quella dei suoi ragazzi al presente.

«A livello tecnico e di ambiente – dice Bartoli – il circuito del ciclocross è un po’ come quello della MotoGp, il solito gruppo di atleti che si sposta sui percorsi in giro per l’Europa. E così ad alto livello i criteri con cui vengono disegnate le gare sono abbastanza omogenei. Prima si puntava su scalinate, ostacoli, un’infinità di tratti a piedi. Oggi soprattutto a livello internazionale ci si è spostati verso uno sport più vicino alla strada. Del resto, se si vogliono avvicinare i ragazzi alla multidisciplina, pur non cambiando faccia al cross, ci sta che lo rendi più pedalabile. In Italia invece si traccia un po’ all’antica, con i rettilinei non oltre i 50 metri e tante curve secche. Lo stesso discorso potrebbe valere per la mountain bike. Perché continuano a fare percorsi artificiali con sassi riportati? Se anche in quel settore si riuscisse a ridurre le cause di pericolo, Van der Poel non sarebbe più il solo a essere così trasversale. Uno come Sagan e tanti corridori che vanno in cerca di nuovi stimoli, penserebbero davvero di farci un salto».

Wout Van Aert, corsa a piedi 2020
Nei tratti a piedi, Van Aert abbraccia il manubrio e la bici non si muove
Wout Van Aert, corsa a piedi 2020
Nei tratti a piedi, Van Aert abbraccia il manubrio
Mathieu Van der Poel, corsa a piedi 2020
Van der Poel, la bici in spalla e la mano sul manubrio
Mathieu Van der Poel, corsa a piedi 2020
Van der Poel, una mano sul manubrio

Diversi sull’ostacolo

A proposito di ostacoli, desta curiosità che nello stesso punto e nello stesso giro, Van der Poel salti mentre Van Aert è sceso di bici e scavalca la tavola correndo a piedi.

«Dipende se l’ostacolo viene dopo una curva – dice Bartoli – per cui devi rilanciare l’andatura da fermo, oppure se ci arrivi lanciato. Se lo salti in bici, sicuramente il consumo energetico è minore. Mentre se viene subito dopo una curva, fai meno fatica a scendere e farlo a piedi. Come un’altra differenza, che però è molto soggettiva, è il modo in cui portano la bici in spalla. Van Aert la abbraccia, Van der Poel si limita a sostenerla. Entrambi tengono ferma la ruota anteriore. Sembra una banalità, ma dovreste vedere cosa succede nelle gare dei bambini, che non ci pensano e corrono con la ruota davanti che gli sbatte sulle gambe e spesso li fa cadere…».

Dal cross al Fiandre

Il tempo di annotare che fra i ragazzini dei campi di gara questi due campioni sono il vero riferimento e ogni cosa o scelta tecnica che li riguarda diventa fonte di emulazione, poi il toscano ci lascia con l’ultima suggestione.

«Speriamo che questo Covid davvero finisca – conclude Bartoli – perché la prossima cosa che vogliamo fare è costruire un percorso permanente di cross, a Montecarlo o Montecatini, dove una volta a settimana alleneremo i ragazzi. Questa attività mi ha preso molto, sto seguendo le trasferte più vicine. Quello che mi permetteva di primeggiare al Nord l’ho preso dal cross. Lo scatto in piedi sul Grammont viene dal cross. Non sono cose che alleni da adulto, ma se le impari da bambino, non le perdi più. La multidisciplina non è soltanto uno slogan politico».

Michele Bartoli, Liegi Bastogne Liegi 1997

Bartoli crea la sua Academy di cross

27.09.2020
2 min
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Fausto Scotti l’ha detta giusta: Michele Bartoli, quello delle due Liegi e del Fiandre, sta per debuttare nel ciclocross con una sua scuola di ciclismo. Si chiamerà Michele Bartoli Academy.

Il pisano avrà accanto suo fratello Mauro e non è per caso che l’idea sia nata pochi mesi dopo la morte di papà Graziano. Fu lui a metterli entrambi in bici e fu lui ad accompagnarli sui campi di gara del cross. Michele centrò un secondo e un terzo ai campionati italiani, Mauro conquistò il tricolore allievi.

Bambino, ciclocross, figlio Mauro Bartoli
La Michele Bartoli Academy partirà da 12 bambini che correranno nel ciclocross
Bambino, ciclocross, figlio Mauro Bartoli
La Michele Bartoli Academy partirà da 12 bambini che correranno nel ciclocross
Non è per caso che accada quest’anno.

Non è affatto per caso. Il babbo è quello che ha dato il via a tutto questo. Pensate che mio fratello tiene da parte la giacca a vento e il cappellino che mio padre indossava quando lui vinse il tricolore allievi. E dice che lo tirerà fuori quando toccherà a suo figlio.

Di cosa si tratta, dunque?

Un progetto che mi piacerebbe portare avanti con tutti i criteri giusti. Ho coinvolto Giovanni Stefania, un laureato in Scienze Motorie, molto bravo, che lavora nel nostro Centro a Lunata. Metteremo insieme un po’ di ragazzini che tengono al cross, ora che i crossisti sono di moda. Poi vorremmo creare una filiera di talenti che corrano anche su strada.

Lo farai da solo?

Come appoggio economico? No, ci sono dei marchi storici del ciclismo giovanile in Toscana. C’è System Data che ci è stata accanto sin dalle prime edizioni della Gran Fondo. E c’è Donati Porte, che sponsorizzava il ciclismo quando io correvo nelle giovanili.

Di questa cosa ci ha parlato Fausto Scotti, il cittì della nazionale…

Ha fatto bene e quando la stagione inizierà, andremo a fargli un sacco di domande. La sua esperienza ci servirà molto.

A cosa ti è servito aver fatto ciclocross?

A vincere il Fiandre, ad esempio. Ho spesso detto che quello scatto sul Grammont, con le mani sotto e il peso centrato, lo devo al cross. Certe cose sul pavé le impari da piccolo. Lo stradista ne ha solo vantaggi, purché non esageri…

Chi esagera?

Van der Poel deve scegliere. Tre specialità sono troppe. La mountain bike è di troppo. Invece Van Aert lo fa nel modo giusto e si vede dai risultati. Il corpo umano non è inesauribile, le forze sono contate.

Di quanti ragazzini parliamo?

Sono 12, ma abbiamo ricevuto richieste per molti di più. I ragazzi bisogna seguirli bene, poi magari l’anno prossimo se ne fanno di più.

Con quali bici correranno?

Saranno marcate Michele Bartoli Academy. Le fa una azienda dalle mie parti che si chiama Atacama.