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Gullegem, una maxi festa per il ciclismo e per Van Aert

07.01.2023
7 min
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Van Aert da queste parti è una fede. Dopo due ore tra la gente e dopo averlo visto benedire i bambini, ti chiedi se in realtà non sia capace anche di trasformare in birra la pioggia che sta cadendo incessantemente. La terra si è subito squagliata in una melma infernale, ma tanto hanno tutti ai piedi gli stivali di gomma e si spostano da un punto all’altro del percorso, con una birra nella mano.

Il posto si chiama Gullegem, paesone alle porte di Kortrijk, nel cuore delle Fiandre. Si è corsa la settima prova del Super Prestige che anticipa la Coppa del mondo di domani a Zonhoven, ma qui più che la corsa a restarti negli occhi è l’ambiente.

«Quando sei da solo al comando – dice Van Aert dopo il podio – riesci a malapena a riconoscere gli amici più stretti. Gli altri sono macchie di colore, quello che percepisci è l’atmosfera. E nel ciclocross è sempre come una grande festa e questo mi piace molto. Può darsi che da fuori si possa pensare che in queste gare io abbia pressione, come accade ogni volta che ho un numero sulla schiena. Ma non è vero. Per me tutto questo è molto rilassante, perché nel cross ho raggiunto tutti i risultati possibili e corro per divertimento».

Fango e gomme

Dopo la vittoria di Ceylin Del Carmen Alvarado, la gara degli uomini è iniziata sotto i primi scrosci di pioggia. E la pioggia ha cambiato le carte in tavola. Lo diciamo a Van Aert che si fa una risata: dopo la ricognizione dell’ora di pranzo, aveva detto che il percorso gli era parso tecnico, ma con meno fango di quanto avesse immaginato.

«Con la pioggia – ride – il fango è venuto rapidamente. Non era un percorso super duro da correre, ma molto scivoloso. E questo ha creato situazioni complicate. 

«Siamo partiti tutti con le gomme larghe, perché la pioggia era abbastanza forte prima della partenza e si poteva pensare che il terreno avrebbe mollato. Successivamente sono passato a una pressione degli pneumatici più bassa. Ma su un fondo così scivoloso e privo di aderenza, non ci sono gomme che tengano…».

Come sapone marrone

Così a un certo punto, dopo aver dato l’impressione di volersi accontentare, il santo di Herentals ha preso il volo. Ha cambiato faccia e passo e alle sue spalle per Iserbyt e Vanthourenhout, il campione europeo e vincitore di Vermiglio che pure era partito alla grande, si è spenta la luce.

«Quando Wout ha accelerato – racconta Iserbyt – non ho avuto la forza. Spingeva in modo impressionante nel fango e oggi si scivolava davvero. Era come andare in uno schifoso sapone marrone. Ma alla fine è stato anche bello, davanti a un grande pubblico. Mi sono divertito».

«Non so cosa sia successo esattamente – gli fa eco il campione europeo cercando di capire perché il suo telaio si sia rotto – all’inizio è andata piuttosto bene. Poi ho iniziato a fare sempre più errori, ho anche forato. Però sono contento di essere ancora sul podio, al netto della sfortuna, sono soddisfatto».

Attacco non pianificato

Wout adesso si è seduto e dopo aver risposto alle tante domande in fiammingo, ci concede qualche battuta in inglese (imparare il fiammingo potrebbe essere la prossima sfida!).

«Perché ho deciso di andare da solo? Per le sensazioni. All’inizio – spiega – ho visto che stare in gruppo era rischioso, non era facile stare sulle ruote su questo percorso scivoloso. Così ho pensato che avrebbe avuto più senso andare al comando e trovare le mie traiettorie. E appena ho potuto accelerare, ho trovato il mio ritmo evitando rischi.

«Sono molto contento di questa vittoria. Le ultime due settimane sono state davvero buone, ho ottenuto delle belle vittorie, soprattutto nel Super Prestige. Ho vinto a Diegem, che era sempre stata difficile. E ora ho anche vinto Gullegem per la prima volta».

Ultimi cross di stagione

Dopo la Coppa del mondo, Wout volerà in Spagna con la Jumbo Visma per allenarsi su strada. Correrà la Coppa del mondo di Benidorm e proseguirà fino ai mondiali, dove si chiuderà la sua stagione del cross.

«Mi piace mischiare le cose – sorride – rende il ciclismo interessante. Sono abituato a farlo e per me è la miglior combinazione. Prima che inizi la stagione del cross mi alleno il più possibile nei boschi per prendere nuovamente confidenza con la bici, ma adesso fra le corse esco solo su strada».

I bambini stravedono per Van Aert: il pubblico è tutto per lui, almeno quello belga
I bambini stravedono per Van Aert: il pubblico è tutto per lui, almeno quello belga

A casa come Binda?

Nei giorni scorsi qualcuno si è lamentato perché a causa del suo strapotere e quello di Van der Poel (fermo per un ritorno di mal di schiena) gli altri vincono poco e il movimento si starebbe indebolendo. Dovranno pagarlo perché non corra più, come fu per Binda. Ma prima andatelo a dire a tutta quella gente e ai bambini che ogni volta lo aspettano come fosse davvero un messia. Ditegli che siccome è troppo forte, non l’hanno portato e loro devono andare ad applaudire davanti ai camper sempre vuoti di tutti gli altri.

Sembra di sentire i cori di quelli che si lamentavano perché Pantani vinceva sempre. Quando l’hanno fermato, forse il ciclismo degli altri è diventato più forte? Date retta, fratelli belgi. Non sarà un santo e magari non fa miracoli, ma tenetevelo stretto. Uno così e quelli che cercano di batterlo danno un senso alla passione per il ciclismo.

Val di Sole, la Ridley X-Night del vincitore

18.12.2022
5 min
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Una Ridley X-Night domina e vince in Val di Sole. A Vermiglio Vanthourenhout conferma ancora una volta la sua abilità tecnica nella guida del mezzo in condizioni al limite.

Il belga, campione europeo in carica taglia il traguardo con la bici numero 3, una Ridley X-Night con i tubolari per i fondi veloci e compatti. L’abbiamo analizzata.

Tre cambi di bici

«Negli ultimi giri ho preferito utilizzare la bicicletta con le gomme veloci, ma con pressioni leggermente inferiori alla norma e di poco superiori a 1 bar. Penso che le scelte tecniche soggettive non abbiano fatto una grossa differenza, mentre il vantaggio è arrivato nel cambiare la bici al momento giusto e sbagliando il meno possibile, sacrificando anche un po’ di velocità in alcune fasi di gara».

Sella S-Works Mimic

E’ la sella corta che viene utilizzata anche da Iserbyt. Originariamente questo prodotto di Specialized è stato sviluppato per le donne, ma viene utilizzato anche tra gli uomini che preferiscono utilizzare una sella corta, comoda e morbida, capace di adattarsi grazie al foam interno e che al tempo stesso dissipa buona parte delle vibrazioni. La sella ha un arretramento non trascurabile, abbondante se consideriamo una categoria di corridori che tendono a portare la sella in avanti.

Il cockpit Deda con piega SuperZero
Il cockpit Deda con piega SuperZero

Componenti Deda

Attacco in alluminio Zero100 e piega Deda SuperZero in carbonio e con il profilo alare. Inoltre il forte corridore belga, alto e longilineo, utilizza due spessori da 1 centimetro ciascuno tra l’attacco manubrio e il cap della serie sterzo. I comandi non sono eccessivamente tirati verso l’interno del manubrio. Anche il seat-post da 27,2 è Deda della serie SuperZero.

Power meter Shimano

Il plateau è doppio, con la combinazione 46-49, 11-30 invece per i pignoni posteriori. C’é il power meter Shimano di ultima generazione, con il magnete di contrasto posizionato sulla tubazione obliqua. Questo perché la scatola del movimento centrale della Ridley X-Night è larga 68 millimetri e c’è tanto spazio tra il fodero e la pedivella.

Inoltre le calotte dei cuscinetti Cema sono esterne al telaio (non sono press-fit). Sempre attuale ed efficiente il dente che evita la caduta della catena, rivettato sotto l’obliquo. Questa è una soluzione adottata su tutte le Ridley da cx. Le pedivelle sono lunghe 172,5 millimetri.

Ruote DT Swiss CRC

Le ruote sono le DT Swiss CRC 1100Spline, specifiche per il ciclocross e in versione tubolare. Come confermato dal campione Europeo, la bicicletta che ha tagliato il traguardo da vincitrice ha le Dugast Typhoon (gomme veloci) da 33.

Re Vanthourenhout. VdP e la Val di Sole: gelo reciproco

17.12.2022
6 min
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Tutti aspettavano Van der Poel, ma lui “non c’è”. Mathieu gela così la Val di Sole. E forse anche la Val di Sole ha gelato lui. A Vermiglio vince, anzi domina, Michael Vanthourenhout. Bello, potente, con la gamba sempre in spinta.

Nonostante non ci fossero la categorie giovanili, che tanto “riempiono” le piste di cross, la cornice di pubblico è stata calorosa e folta. Il tifo si è fatto sentire. E se la maggior parte del pubblico era qui per Mathieu, e per la sua annunciata vittoria, è stato bello vederlo girare. 

Costanza Vanthourenhout 

VdP partiva in seconda fila e ci poteva stare che non fosse subito in testa, ma dopo due giri le campane d’allarme hanno iniziato a suonare. Davanti Vanthourenhout inanellava giri veloci: 7’30”, 7’15”… fino a 7’03”. 

Il corridore della Pauwels Sauzen – Bingoal tutto sommato aveva un conto aperto. Lo scorso anno era stato secondo. E solo quel fenomeno di Van Aert lo aveva battuto. Non ha ceduto per nulla al mondo.

«Rispetto all’anno scorso – ha detto a fine gara il campione europeo – il percorso era più tecnico e anche più duro. E questa durezza era dovuta al fondo più ghiacciato. C’era meno neve, ma la vera differenza è stata nel non commettere errori nelle fasi di guida più concitate»

E infatti Michael ha fatto la differenza con la sua costanza. Prestazione tanta, okay, ma mentre gli altri sbagliavano lui filava via come fosse sull’asfalto. E poi la costanza è da sempre un suo cavallo di battaglia.

Applausi e silenzio

Rispetto a quanto detto alla vigilia, Van der Poel una cosa l’ha azzeccata e una l’ha sbagliata. Aveva avuto l’occhio lungo ad individuare in Vanthourenhout l’uomo più pericoloso, ma aveva molto probabilmente sbagliato quando ci aveva detto che il freddo non avrebbe influito.

Dopo l’arrivo tira dritto. L’organizzazione vorrebbe deviarlo in zona mista per le interviste, ma in quei metri dopo il traguardo, in cui si lascia scorrere la bici, il suo team manager gli indica di tirare dritto. Mathieu si fa spazio tra la folla, che comunque lo applaude, ma cade in un silenzio assordante.

E neanche i tentativi successivi con l’addetto stampa cambiano le cose. Van der Poel voleva vincere, non ci è riuscito e si è arrabbiato. Ci sta.

Il freddo batte VdP

E per un VdP che si chiude nel silenzio, c’è l’occhio più fino presente in Val di Sole a chiarire le cose: Martino Fruet, oggi commentatore tecnico dell’evento e ieri in pista a girare. E una tornata l’aveva fatta proprio con il fuoriclasse della Alpecin-Deceuninck.

Ci si chiede se forse oggi il percorso più veloce non abbia limitato la sua potenza. Ieri le rampe le faceva solo lui in bici. Oggi le facevano tutti.

«In effetti – dice Fruet – la potenza contava più ieri e lo stesso la tecnica. Ieri era una guida simile alla sabbia: velocità e pedalate più basse. In pratica era come SFR continua. Lui anche oggi spingeva duro, ma sembrava imbastito.

«Per me semmai ciò che ha pagato oggi è stato il freddo. Veniva dalla Spagna e lo sbalzo climatico si è fatto sentire. Ieri alla fine si era, seppur di poco, sopra lo zero. Era umido, ma non si gelava (ha anche girato senza guanti, che oggi invece aveva, ndr). E comunque non doveva spingere a tutta». 

«Di una cosa sono certo: se la gara fosse stata ieri sarebbe stato tutto diverso. Ieri quando Mathieu accelerava non aveva bisogno di arrivare 100 pedalate al minuto come oggi. Doveva spingere e poi pensare di stare in piedi, perché la bici andava a destra e sinistra. Sono stato alla sua ruota e non si teneva, quando apriva il gas. Oggi non aveva queste condizioni».

Nei primi giri, Van der Poel ha provato a rientrare. Si vedeva dall’impegno, dallo sforzo sul viso. Però perdeva sempre una decina di secondi. Poi quando ha capito che non poteva più vincere, “ha mollato”. A lui fare “esimo” non serve… O vince, o ciao!

Nicolas Samparisi e Filippo Fontana sono stati i migliori degli azzurri, rispettivamente 14° e 15°
Nicolas Samparisi e Filippo Fontana sono stati i migliori degli azzurri, rispettivamente 14° e 15°

Quei watt mancanti

E sempre secondo Fruet non tiene la scusa che VdP non avesse il ritmo gara.

«Non sono convinto – ribatte Fruet – Bisognerebbe vedere cosa ha fatto in queste due settimane. Se pensiamo a come ha vinto ad Anversa, prima del ritiro in Spagna, non gli mancava nulla. Accelerava forte, guidava bene… ed era di un altro pianeta. Con quelle due sgasate ha fatto il vuoto… e c’era Van Aert! 

«Ohi, poi tutte queste sono ipotesi. Magari domattina ha 40 febbre e siamo qui a parlare al vento. Ma ieri, ripeto, avrebbe vinto con tre minuti, non che li avrebbe presi come oggi. Non aveva la sua gamba, non faceva i suoi 1.000 watt. Per me gliene mancavano 300».

Un urlo strozzato dunque in Val di Sole? Forse, ma lo spettacolo non è mancato. E anche mentre scriviamo e i gatti stanno ripulendo il tracciato che da domani tornerà ad essere una pista da fondo, la festa va avanti. Si canta, si balla e si aspetta l’edizione 2023.

A Overijse di scena il nuovo Pidcock, battuto ma felice

22.11.2022
4 min
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C’è stato un momento, nella prova di Coppa del Mondo di Overijse, nel quale si è ben capito perché i “tre tenori” fanno uno sport a parte rispetto agli altri. E’ stato nel primo giro, quando il campione del mondo Tom Pidcock (l’unico in gara, Van Der Poel e Van Aert esordiranno più avanti) è transitato dopo la partenza solitario in fondo al gruppo dei 43 partenti e pure con un certo distacco.

Il podio finale di Overijse, con Vanthourenhout davanti a Pidcock e a Van Der Haar
Il podio finale di Overijse, con Vanthourenhout davanti a Pidcock e a Van Der Haar

Un sorpasso dietro l’altro

Si saprà dopo l’arrivo che in un sol colpo il britannico ha avuto un problema alla catena e a una scarpa. Plausibile considerando che la gara belga si è svolta in un clima da “vero ciclocross”, con pioggia e freddo che avevano trasformato il percorso in una colata di fango. Ebbene, è stato allora che Pidcock ha fatto vedere di che pasta è fatto: una serie inesauribile di sorpassi, uno dopo l’altro con gli avversari che sembravano andare al rallentatore. Alla fine del primo giro era 9°, al secondo era già in testa con i due rivali belgi Vanthourenhout e Iserbyt.

A molti quella cavalcata trionfale ha riportato alla memoria ricordi lontani, quelli di un certo Pirata che sulla salita di Oropa sfilava al fianco del gruppo alla spicciolata, superando un corridore dopo l’altro fino ad andare a vincere. Pidcock ormai sta diventando un habitué delle grandi imprese anche se quella di Overijse è rimasta a metà, perché a vincere è stato il campione europeo Vanthourenhout. Alla fine della gara però le attenzioni maggiori erano rivolte al campione del mondo e lo stesso Michael ha candidamente ammesso che la vittoria è stata un passaggio: «Il prossimo fine settimana le cose temo che andranno diversamente e sarà già un altro Pidcock».

Tra il belga e il britannico c’era stata già la sfida a Merksplas, ma a vincere era stato Sweeck
Tra il belga e il britannico c’era stata già la sfida a Merksplas, ma a vincere era stato Sweeck

Tre ore in bici e basta…

«Mi darei un bell’8 – ha affermato il campione della Ineos Grenadiers al suo arrivo – è stata una gara divertente che mi ha riportato alla mente i percorsi dei miei inizi in Gran Bretagna. D’altronde non potevo neanche pretendere molto di più considerando che nelle gambe avevo un allenamento di due ore in settimana e un’ora di gara al sabato nel Superprestige (concluso al 7° posto a Merksplas, ndr). La sconfitta è dovuta alla caduta nel penultimo giro, tra l’altro su uno dei pochi tratti in asfalto. Ho preso una botta che al lunedì si è fatta sentire…».

La notizia delle pochissime ore in bici ha lasciato gli interlocutori a bocca aperta. Questo è un altro fattore che fa ben capire come nel suo caso (ma da quel che si sa a proposito di Van Der Poel non ci sono così tante differenze…) si parli davvero di qualcosa di diverso rispetto agli altri e forse siano proprio queste cose che innescano una sorta di “inferiority complex” negli altri, come le dichiarazioni post-gara di Vanthourenhout fanno capire. Il suo allenatore Kurt Bogaerts era andato anche oltre parlando di una sola ora di lavoro specifico. In sala stampa Pidcock lo ha corretto, ma non è che poi le cose cambino di molto…

Per il campione europeo Vanthourenhout una vittoria di peso, ma da domenica la musica cambia…
Per il campione europeo Vanthourenhout una vittoria di peso, ma da domenica la musica cambia…

Galleggiare sul fango

Guardando la gara di Overijse con occhio attento, ad esempio non è sfuggita agli occhi esperti la sua straordinaria capacità di guida nei tratti più scivolosi, dove evitava accuratamente di toccare i freni lavorando molto con il manubrio e con gli spostamenti di equilibrio, usando quelle tecniche che lo hanno reso famoso e quasi imbattibile anche nella mountain bike.

Per questo quella caduta sull’asfalto lo ha fatto molto arrabbiare, deconcentrandolo anche mentalmente: «Nell’ultimo giro la gara era ancora recuperabile, ma non avevo la necessaria lucidità e la mia guida non è stata più così pulita, bravo alla fine Vanthourenhout a mantenere quei 3” di vantaggio».

Pidcock sta valutando di non difendere la maglia ai mondiali, anticipando il passaggio alla strada
Pidcock sta valutando di non difendere la maglia ai mondiali, anticipando il passaggio alla strada

E i mondiali? Vedremo…

Al di là del risultato, a fine gara è apparso comunque un Pidcock disteso, neanche troppo interessato al risultato finale e qualcuno glielo ha fatto notare: «Il mio grande obiettivo era vestire questa maglia da campione del mondo, ora quello che viene è un di più. Gareggio senza eccessive pressioni, per divertirmi, tanto che non è neanche detto che sarò al via del prossimo mondiale per difenderla, devo fare i conti con i programmi della squadra per la stagione su strada».

Intanto domenica arriva il primo scontro al vertice, con Van Der Poel: «Andrà sicuramente forte già alla sua prima gara, come ogni anno d’altro canto…».

Vanthourenhout re di Namur. Stanotte nella Cittadella si balla

06.11.2022
4 min
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Dovendo fare i conti con le assenze dei 3 moschettieri Wout Van Aert (Belgio), Mathieu Van der Poel (Olanda) e Thomas Pidcock (Inghilterra), tutti si aspettavano il solito mano a mano tra Iserbyt (brutta la sua gara chiusa ritirandosi) e Van Der Haar. Invece un po’ sorpresa, ma per la verità non così tanto, Michael Vanthourenhout è diventato il nuovo campione europeo di ciclocross nella categoria elite uomini.

17.300 spettatori paganti

Bisogna credere che Namur porti proprio bene al ventottenne belga della Pauwels Sauzen-Bingoal. Tra la cittadella e Vanthourenhout è quasi una storia d’amore. Già nel dicembre del 2021 il neo campione d’Europa aveva vinto la 12ª manche di Coppa del mondo. 

Raggiunto il record di affluenza con 17.300 spettatori paganti, la Cittadella è diventata una vera e propria bolgia e questo ha dato le ali a Vanthourenhout, come confermerà nel post gara.

Di per sé incredibilmente tecnico e difficile, il percorso dell’europeo è diventato epico per la pioggia caduta per tutta la corsa.

La gara degli elite si è corsa sotto la pioggia, davanti a 17.300 spettatori paganti
La gara degli elite si è corsa sotto la pioggia, davanti a 17.300 spettatori paganti

Una corsa durissima

Equilibrata in testa nei primi cinque giri, le cadute hanno in parte definito la dinamica della gara. Infatti fino al quinto dei nove giri è stata lotta ai ferri corti con l’olandese Lars Van der Haar (secondo a 40 secondi), campione uscente e vincitore una settimana fa sul Koppenberg. Terzo sul traguardo, a 2’17” Laurens Sweeck, per il belga quello di oggi  è il terzo bronzo europeo in carriera.

«E’ stata una corsa dura – ha detto il vincitore – credetemi davvero dura. Con Lars abbiamo combattuto sul filo di lana per oltre metà gara. Con la pioggia tutto è diventato più difficile, ma anche più aperto. Caduto lui, caduto io, ma alla fine sono riuscito prima a riprenderlo e poi a staccarlo. Forse sono stato un pizzico migliore nei tratti tecnici. Abbiamo gareggiato in un clima pazzesco, un tifo del genere ti gasa, ti esalta».

Van der Haar era il più in forma dopo il Koppenbergcross, ma alla fine ha dovuto arrendersi
Van der Haar era il più in forma dopo il Koppenbergcross, ma alla fine ha dovuto arrendersi

Poi alla domanda su che effetto gli faccia aver conquistato quella maglia, il corridore fiammingo ha risposto: «Questa maglia rappresenta tantissimo per me, perché è la prima maglia distintiva che indosso da quando corro nella categoria elite».

La rimonta di Bertolini

Buona e coraggiosa la prova dell’unico azzurro Gioele Bertolini, dodicesimo a 3’33”.

«La pioggia – spiega l’azzurro – ha reso il percorso scivoloso. C’erano due o tre tratti dove stare molto attenti per rimanere in sella. Speravo di recuperare qualche posizione in più in partenza, ma si sono creati dei buchi, e non sono riuscito a guadagnare posizioni. Così ho deciso di impostare un ritmo regolare, ho cercato di saltare gruppettino per gruppettino».

In effetti ad un certo punto il corridore lombardo era riuscito a tornare sul gruppo che lottava per l’ottava posizione.

«Poi però si è creato qualche buco – spiega – e per poca roba non sono riuscito a centrare la top ten. Peccato, ci tenevo davvero, ma sono comunque contento della mia corsa perché conscio di avere dato il massimo».

Bertolini ha fatto una bella rimonta e alla fine si è piazzato 12° a 3’33”
Bertolini ha fatto una bella rimonta e alla fine si è piazzato 12° a 3’33”
Toglici una curiosità, ma viste tutte le cadute davanti tu sei riuscito a rimanere in piedi?

Sì dai, a parte una bella sbandata ad inizio gara e qualche rischio qua e là è andata bene. Diciamo che alla fine (ridendo, ndr) sono riuscito a portare a casa la pelle.

Prossimi obiettivi?

La settimana prossima correrò in Svizzera e poi arrivano le prossime tre gare di Coppa del mondo.

Così anche per Gioele bisognerà anzitutto recuperare e dosare bene le forze. Mentre lassù nella Cittadella, finita la corsa è iniziata la musica. E si balla malgrado la pioggia.

Masciarelli ci racconta il Vanthourenhout dietro le quinte

27.12.2021
5 min
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Quando hai diciotto anni e vivi in Belgio per respirare ed imparare il ciclocross, devi avere buoni esempi da seguire. Lorenzo Masciarelli è un talento nato in una famiglia di ciclisti e per lui uno di quegli esempi è Michael Vanthourenhout, suo compagno alla Pauwels Sauzen-Bingoal. 

Il belga classe ’93 è una garanzia di risultato anche se forse, dopo il titolo europeo U23 nel 2013 e mondiale U23 nel 2015, tra gli elite ha raccolto meno di quello che avrebbe dovuto o potuto. La concorrenza poi di due Dioscuri come Van Aert e Van der Poel non l’ha aiutato molto.

Lo scorso 19 dicembre, però, Vanthourenhout ha saputo ritrovare il sorriso conquistando la prova di Coppa del mondo a Namur, la seconda dopo quella di Tabor a novembre 2020, e centrando così l’undicesima vittoria in carriera.

Contattiamo il giovane Masciarelli – ormai fisso ad Oudenaarde nel cuore delle Fiandre, che nella foto di apertura è il primo da sinistra, con Vanthourenhout e il grande capo Mario De Clercq – per parlarci di questo alto e magro crossista. Siamo al termine del collegiale, nel giorno deputato alla cosiddetta distanza per chi fa questa disciplina. Due ore scarse su strada, una e mezza di ciclocross e, se le temperature non sono troppo basse, un’altra mezzora su strada per rientrare a casa.

Lorenzo com’è allenarsi con Vanthourenhout?

Molto bello, si impara sempre qualcosa. E io lo studio bene da vicino. Ho la fortuna di essere in una squadra molto forte. Anche Iserbyt, seppur più solitario nelle uscite, e Sweeck sono dei riferimenti per noi giovani.

Lo conoscevi già da prima?

No, mi piaceva curiosare su Instagram. E ho iniziato a farlo quando da allievo, venendo qui in Belgio, mi sono reso conto di quanto fosse seguito dal pubblico. E poi, naturalmente, va fortissimo.

Che tipo di crossista è?

Tecnicamente è pazzesco, è un esempio di completezza. Ma è sulla sabbia, sul fango alto o nella neve, quindi dove si scende tanto con la ruota, che dà veramente il meglio di sé. E’ uno dei migliori in quelle condizioni. Poi è forte e velocissimo nel saltare gli ostacoli con la bici, anche più di Van Aert e Van der Poel. Su alcuni percorsi può guadagnare tanti secondi rispetto agli avversari con queste manovre. Gli manca forse un po’ di potenza. Rispetto a Iserbyt o al solito Van Aert, riesce a spingere un po’ meno.

A Vermiglio, nella Coppa del mondo corsa sulla neve, è arivato secondo
A Vermiglio, nella Coppa del mondo corsa sulla neve, è arivato secondo
Fra voi ci sono dieci anni di differenza. Che rapporto hai con lui?

Splendido. Siamo diventati buoni amici e per me, che lo vedevo come un idolo, è davvero una grande emozione. Alla fine di ogni allenamento mi fermo a parlare con lui, ci scambiamo impressioni. Mi dà sempre consigli sulla pressione delle gomme, sul vestiario o su altro. Pensate che lo scorso ottobre a Fayetteville, nella prova di Coppa del mondo, lui era tutto concentrato nel riscaldamento pre-gara. E quando mi ha visto passare accanto, mi ha fermato per darmi gli ultimi suggerimenti sulle gomme. Non me lo sarei mai aspettato, aveva altro a cui pensare.

Ci sembra di capire che caratterialmente sia una persona alla mano…

Sì, molto. Con lui ho molto dialogo. E’ un ragazzo cui piace stare in compagna e scherzare, anche in allenamento. Si vede poi che ama andare in bici. Si diverte quando pedala, come se stesse giocando.

Secondo te su strada potrebbe fare bene?

Va molto forte anche lì, ha caratteristiche da scalatore. Di gare su strada ne fa, ma non gli interessano tanto. La realtà del ciclocross qui in Belgio è clamorosa, è lo sport nazionale. Credo guadagni di più che andando su strada. Qua gli ingaggi alle corse per i crossisti forti come lui sono alti, secondo me anche migliori di qualche stradista.

A proposito di Fayetteville, dove Vanthourenhout ha fatto terzo a ottobre, il 30 gennaio ci saranno i mondiali. Che risultato può fare?

Bisogna vedere se cambieranno o meno il percorso, so che gli organizzatori ci stavano pensando. Forse non è un tracciato molto tecnico, come potrebbe piacere a lui. Secondo me può lottare per la top five e Iserbyt lo vedo un po’ più avvantaggiato di lui. Attenzione però, se ci sarà il fango, allora è Michael ad essere favorito. Ha già fatto un secondo posto ad un mondiale col fango (dietro a Van Aert a Valkenburg nel febbraio 2018, ndr). Poi la vittoria di Namur gli ha dato tanto morale e quando lui sta bene è sempre là davanti per la vittoria.

Lorenzo chiudiamo con te. Come sta procedendo la tua crescita?

Bene, sono contento. Sto facendo tanta esperienza e sto migliorando. La squadra mi dà tranquillità, non ho pressioni da nessuno.

Pidcock Boom 2021

Aspettando i mondiali, Pidcock ha già scritto la storia

21.12.2021
4 min
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Certe volte le vittorie arrivano quando meno te le aspetti. Tom Pidcock a Rucphen era alla sua terza uscita stagionale: settimo nel Superprestige a Boom (foto di apertura), terzo sulla neve della Val di Sole, in terra olandese il britannico ha scritto una pagina storica, non solo perché è stata la sua prima vittoria in Coppa del mondo, ma soprattutto perché ha infranto quel duopolio Belgio-Olanda che durava ormai dal dicembre 2013.

Allora Tom era ancora un ragazzino, quando il francese Mourey coglieva una vittoria della quale solo in seguito si sarebbe compresa la portata. Il britannico dell’Ineos Grenadiers non ha mai nascosto che il ciclocross, in paragone a strada e Mtb, è la disciplina che meno gli si confà, troppe le variabili che fatica a digerire (ultima la neve, in Val di Sole quel podio non è stato compreso fino in fondo come valore in base alle sue caratteristiche) ma a compensare la bilancia c’è una determinazione senza pari.

Pidcock Rucphen 2021
Pidcock vittorioso a Rucphen, con 3″ su Iserbyt e 8″ su Vanthourenhout
Pidcock Rucphen 2021
Pidcock vittorioso a Rucphen, con 3″ su Iserbyt e 8″ su Vanthourenhout

Un guanto di sfida per “quei due”…

«Può sembrare strano, ma io preferisco le gare dove ci sono Van der Poel e Van Aert – affermava alla vigilia del suo impegno olandese, considerando il fatto che Mathieu Van der Poel aveva scelto di rinunciare al suo esordio in casa rinviandolo direttamente alla supersfida del 26 a Dendermonde fra i “tre tenori” – So benissimo che sono stati migliori di me, ma questo è il passato, io guardo avanti. Van Aert è più avanti nella preparazione, ma questo era prevedibile, io devo essere al massimo a fine gennaio, per i mondiali, questo solo conta».

E’ vero, ma a differenza dei suoi due celeberrimi avversari, Tom ha ancora qualche difficoltà in più, legata ai terreni di gara. Abbiamo detto della neve, ma anche la sabbia gli è indigesta. Domenica a Namur, nella prova immediatamente successiva a quella vittoriosa in Olanda, ha sofferto in particolare le contropendenze e quei tratti di fango dove bisognava saper saltare le radici, incanalarsi quando serviva, magari anche “surfare” su alcuni passaggi. La sfida con Vanthourenhout l’ha persa proprio sul piano della guida, confermando che manca ancora qualcosa per raggiungere il vertice.

Pidcock Namur 2021
Iserbyt a terra davanti a Pidcock: «In certi tratti va meglio lui, in altri io» ha sentenziato il belga
Pidcock Namur 2021
Iserbyt a terra davanti a Pidcock: «In certi tratti va meglio lui, in altri io» ha sentenziato il belga

In Olanda una rimonta clamorosa

Ciò però non deve far passare in secondo piano quanto Pidcock ha fatto in Olanda. In quel caso era partito addirittura col numero 44, molto dietro i primi. Il britannico ha impiegato un giro per entrare nella Top 10, poi si è messo tranquillo, è risalito più piano, lasciando sempre l’iniziativa agli altri, fino a beffarli solo nel finale, con una condotta di gara che ha sorpreso il suo stesso preparatore Kurt Bogaert: «Tom deve essere al top a fine gennaio, in queste gare sapevamo che doveva far fatica, essere già al vertice significa essere molto avanti rispetto ai nostri piani».

Una vittoria, quella olandese, frutto del suo carattere coriaceo: «Nel finale ho pensato: diavolo, posso farcela, Iserbyt e Vanthourenhout erano lì. Mi sono detto che dovevo dare tutto e non sbagliare, essere concentrato al massimo. Se non commettevo errori potevo vincere e così è stato».

Pidcock Coppa 2021
A Namur il britannico ha sofferto alcuni tratti, non trovando le giuste scelte di guida
Pidcock Coppa 2021
A Namur il britannico ha sofferto alcuni tratti, non trovando le giuste scelte di guida

Ancora quel maledetto ginocchio…

A Namur non è stato lo stesso e Pidcock lo ha ammesso: «Non ho ancora il livello necessario per impegni così ravvicinati – ha dichiarato a DirectVélo – a un certo punto mi sono trovato in debito di energie. Il primo giro è stato il migliore, poi ho iniziato a commettere errori e avere chiuso comunque secondo ha molto valore. Nei due giri finali ero vicino a Vanthourenhout, ma per raggiungerlo ho spinto oltre i miei limiti. Mi sono sentito svuotato e ho commesso errori gravi, scivolando due volte.

«Certe volte però perdere ha un valore perché mi fa rimanere con i piedi per terra – ha continuato Pidcock – Di più non potevo fare, ma significa anche che c’è del margine e questo è un fattore per me importante».

Non bisogna poi dimenticare che Pidcock viene da una situazione fisica non ideale, con problemi al ginocchio che hanno ostacolato la sua preparazione e continuano a mettergli i bastoni fra le ruote: «Devo ancora sottopormi a esercizi di riabilitazione perché i fastidi non sono passati e questo non ti aiuta quando vorresti invece concentrarti solamente sull’allenamento». Per sua fortuna c’è ancora un mese abbondante prima del volo verso gli States e i mondiali. A Fayetteville non ci saranno né sabbia né neve: i rivali sono avvisati…

Michael Vanthourenhout coppa del mondo Tabor 2020

Bramati: «Nel ciclocross non si inventa niente»

29.11.2020
3 min
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A Tabor tutti gli occhi, anche quelli di Luca Bramati, erano puntati sugli Elite. Soprattutto sul ritorno di Pidcock e Van Aert, due dei tre grandi che dai prati si sono proiettati verso la strada con risultati eccezionali. Il ritorno all’antico amore non è però semplice e anche il vincitore della Milano-Sanremo lo ha capito.

Coppa del mondo Tabor
Otto giri sul circuito di Tabor, freddo cade e tratti molli di fango insidioso
Coppa del mondo Tabor
Otto giri su un circuito duro e a tratti fangoso

L’occhio di Bramati

A bordo pista Luca Bramati, uno che di Coppa del mondo se ne intende (ha vinto l’edizione del 1996), ha tratto molte riflessioni interessanti, iniziando proprio dal campione belga.

«Van Aert – ci ha detto – si è visto subito che non aveva ritmo, ma ha fatto leva sul suo grande talento. Contro la coppia della Pauwels, Vanthourenhout-Iserbyt, non aveva abbastanza energie per controbattere gli attacchi. Iserbyt lo ha lasciato per ricongiungersi a Vanthourenhout e la vittoria se la sono giocata loro (con successo per quest’ultimo, foto in apertura, ndr). Il terzo posto vale, però Van Aert è così, ha bisogno di correre per raggiungere la giusta condizione, Van Der Poel è diverso…».

Eli Iserbyt Coppa del mondo Tabor, 2020
Eli Iserbyt ha onorato la maglia di campione europeo, ma è arrivato secondo
Eli Iserbyt Coppa del mondo Tabor, 2020
Eli Iserbyt un secondo posto che sa di conferma
In che senso?

Van Der Poel quando corre lo fa sempre per vincere. Si prepara a fondo, sono sicuro che lo sta già facendo, ma rientra solo se sente di potercela fare. Anche se magari poi anche lui avrà bisogno di qualche gara per raggiungere la forma migliore. Il ciclocross non s’inventa, neanche da parte di fuoriclasse assoluti.

Pidcock lo ha capito oggi…

E’ un bagno di umiltà che gli farà bene. Ha sofferto tanto, non è mai stato brillante. Ha viaggiato sempre lontano dalla lotta per le posizioni che contano. Si è fermato dopo la stagione su strada, ma non puoi pretendere d’inventarti niente. Non è questo il vero Pidcock, bisognerà attendere un po’…

Wout Van Aert, Coppa del mondo Tabor 2020
Wout Van Aert, bel debutto in Coppa: 3° ma condizione insufficiente per vincere
Wout Van Aert, Coppa del mondo Tabor 2020
Van Aert, buon debutto in Coppa: 3° posto
Dorigoni e gli altri azzurri?

Dorigoni sta crescendo, si vede, ma resta sempre lontano dai belgi. A me è piaciuto. Il 15° posto vale anche perché davanti sono praticamente tutti di quelle due Nazioni. Ma è piaciuto anche Gioele Bertolini, che è partito molto indietro e ha chiuso 23°. E’ ancora agli inizi, deve prendere il ritmo. Io sono convinto che il suo valore sia molto superiore e possa finire anche più avanti rispetto a Jakob, ma anche nel suo caso serve avere pazienza.

Quando potremo vedere azzurri in lotta con i grandi?

E’ un discorso lungo, la diarchia Belgio-Olanda non finirà tanto presto, ci sono almeno 6-7 corridori che fanno gara a sé. Si sta lavorando bene attualmente, ma la differenza fra il nostro mondo e il ciclocross che si fa lì è enorme, per questo voglio che Lucia gareggi soprattutto lì. Quella è l’università del ciclocross.