Arianna Fidanza, una mental coach per rinascere alla Laboral

02.11.2024
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E’ un periodo di novità importanti per Arianna Fidanza e si sa quanto possano fare bene per rilanciarsi. Testa e fisico devono andare di comune accordo per ottenere il massimo e lo sa bene la 29enne bergamasca che nell’arco di qualche giorno ha tagliato due nuovi traguardi. Prima il certificato di mental coach, poi la firma di un biennale alla Laboral Kutxa-Fondacion Euskadi.

Parlando con Arianna traspare tutta la sua soddisfazione. Le due stagioni con la Ceratizit-WNT hanno avuto un bilancio comunque positivo, ma lei sentiva il bisogno di ampliare la sua carriera di atleta con nuove motivazioni dopo un 2024 che le ha riservato più noie che gioie. Ora si sta godendo gli ultimi giorni di stacco, poi fra qualche settimana inizierà la nuova avventura con la formazione spagnola. Ci ha raccontato tutto.

Ad ottobre Arianna Fidanza ha conseguito il diploma di mental coach. In futuro vuole aiutare i giovani atleti con la sua esperienza
Ad ottobre Arianna Fidanza ha conseguito il diploma di mental coach. In futuro vuole aiutare i giovani atleti con la sua esperienza
Arianna sei diventata una mental coach qualificata. Da dove nasce questa volontà?

Alle superiori ho fatto il liceo socio-pedagogico e mi sono sempre piaciute le materie di scienze sociali. Mi sarebbe piaciuto studiare psicologia, ma per i tanti motivi legati alla mia attività non sono riuscita a fare l’università. Era da un po’ di tempo che volevo prendere questo diploma, poi ho deciso di farlo soprattutto dopo questa stagione in cui non ho passato bei momenti. Perché la testa aiuta. Lo sapevo e l’ho capito una volta di più.

Com’è stato il percorso per questo diploma?

Ho fatto un corso di 6 mesi sostenendo l’esame finale a Milano a fine ottobre. In questo periodo ho dovuto fare un tirocinio lavorando con tre persone. Era compito mio trovarle chiedendo la loro disponibilità di essere seguite da me. Con ognuna di esse abbiamo fatto cinque sessioni, facendo dei faccia a faccia e trattando tanti temi. Naturalmente mi è servito tutto per l’esame e conseguire la qualifica.

Arianna ha iniziato bene il 2024 con diverse top 10, poi ha pagato un calo di condizione dovuto a vecchi problemi fisici
Arianna ha iniziato bene il 2024 con diverse top 10, poi ha pagato un calo di condizione dovuto a vecchi problemi fisici
Ti sei creata un’opportunità in più per il futuro, giusto?

Esattamente. Mi piacerebbe un giorno poter aiutare gli altri, magari consigliando i giovani atleti portando la mia esperienza. Credo che sia importante per loro. A gennaio farò trent’anni e non penso di essere vecchia, ma da quando ero juniores io il ciclismo è cambiato tantissimo. In questi anni ho visto tante ragazze forti che hanno abbandonato perché non avevano quel necessario supporto mentale. Adesso la figura del mental coach è presente in ogni team professionistico e solo nelle squadre giovanili più attrezzate. Anche la Federciclismo è andata avanti molto con il suo ruolo.

Possiamo dire che è un bene che ci sia questa figura e dall’altra un male perché sono sempre più crescenti i problemi di stress creati dalla società in cui viviamo?

La vita di tutti i giorni purtroppo è sempre più frenetica. Siamo sempre sotto pressione per qualsiasi cosa, mentre nei ragazzi è sempre più frequente il deficit di attenzione. Sono tutti temi che per forza di cose dobbiamo affrontare. Dipende da persona a persona, ma credo che possa essere un bene il mental coach se una persona riesce a collaborare. Non è facile o scontato perché uno deve mettere a nudo le proprie debolezze. Ci vogliono pazienza e fiducia. Il discorso vale anche nel ciclismo tra atleta e mental coach. Possiamo dire che questo rapporto funziona se lo vediamo come risorsa anziché come impegno o forzatura.

In 8 lasciano la Ceratizit. Oltre ad Arianna, la sorella Martina va alla Visma | Lease a Bike, Marta Lach alla SD Worx-Protime
In 8 lasciano la Ceratizit. Oltre ad Arianna, la sorella Martina va alla Visma | Lease a Bike
Nel frattempo hai lasciato la Ceratizit e forse in tanti non se lo aspettavano. Come mai?

Ci sono dietro una serie di motivi, sia fisici che tecnici. Avevo iniziato il 2023 molto bene (vincendo subito ad Almeria, ndr), ma le tante cadute si sono fatte sentire col passare del tempo e quest’anno le ho pagate tutte, con valori molto bassi. Anche quest’anno ero partita bene, nel mentre in squadra erano cambiate tante cose e tanti equilibri. Per dire, andiamo via in otto ragazze, compresa mia sorella che ha accettato una bella offerta della Visma | Lease a Bike. Le difficoltà principali sono legate ai cambi di programmi e alla mia gestione. Col mio allenatore diventava difficile programmare un’altura o la preparare alcune gare. Ad esempio tra maggio e giugno ho fatto il blocco delle corse in Spagna che non sono adatte alle mie caratteristiche. Tuttavia ho sempre dato il meglio di me, impegnandomi al massimo. Ho scelto quindi di cambiare aria.

Ed è arrivata la Laboral. Com’è nato il contatto con loro?

Prima dell’estate mi sono sentita col diesse Ion Lazkano. Avevo più opzioni, ma loro mi sono piaciuti molto per l’approccio. Abbiamo fatto una videochiamata dove hanno manifestato l’interesse per me, confidando nel mio rilancio e nelle mie potenzialità. Prima di decidere ho sentito Ane Santesteban con cui ho corso nella Jayco e naturalmente tutte le italiane che corrono lì, anche la stessa Quagliotto che va alla Cofidis. Tutte mi hanno dato un riscontro positivo. Ad inizio ottobre ho avuto una nuova chiamata e abbiamo trovato l’accordo. Hanno un bel progetto, molto stimolante. Anzi vi anticipo già una risposta.

Quale?

In tanti mi hanno detto che scendo di categoria e so che magari in tanti non condividono questa mia scelta. Non penso assolutamente di fare un passo indietro perché la Laboral è una formazione ambiziosa. Quest’anno hanno corso anche il Tour Femmes da protagonista con Tonetti in maglia a pois. Vogliono diventare WorldTour, per il quale avevano fatto richiesta per quest’anno, ma intanto nel 2025 prenderanno la licenza Professional se passerà veramente la riforma dell’UCI. Come dicevo prima, ho scelto il loro progetto. E fra poco partiremo per un training camp di cinque giorni nei Paesi Baschi senza bici per conoscerci meglio.

Nel 2024 Arianna ha disputato 39 giorni di gara con tanti programmi cambiati. Dopo il Giro Women solo altre 3 corse
Nel 2024 Arianna ha disputato 39 giorni di gara con tanti programmi cambiati. Dopo il Giro Women solo altre 3 corse
Che obiettivi si è data Arianna Fidanza per il 2025?

Ho già cerchiato in rosso qualche gara del calendario, quelle con i percorsi mossi e inclini a me. Vorrei riprendere la costanza di prestazioni e risultati come qualche anno fa, ma soprattutto vorrei ritrovare la gioia di andare alle gare. Perché la testa e le motivazioni possono fare la differenza

Imparare a vincere è un allenamento: e si parte dalla mente

26.10.2024
5 min
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In un ciclismo che va veloce, sempre di più anno dopo anno, è importante vincere e confermarsi ad alti livelli stagione dopo stagione. Eppure il successo non passa solo dalle gambe, ma dalla forza della mente. La testa gioca una parte fondamentale quando si tratta di giocarsi una vittoria, avere la giusta convinzione e motivazione ci permette di tirare fuori quel qualcosa in più. Il famoso 101 per cento. Dove quell’uno fa una differenza abissale tra vincere e perdere.

Paola Pagani è una mental coach e da anni lavora nel mondo del ciclismo, affiancando atleti e aiutandoli a trovare la giusta motivazione e forza mentale per raggiungere i propri obiettivi. Non si tratta sempre e solo di vincere, ma di esprimere il massimo del proprio potenziale. Qualunque sia il ruolo svolto.

Per Pellizzari il focus non era vincere, ma dimostrare di essere il più forte in salita
Per Pellizzari il focus non era vincere, ma dimostrare di essere il più forte in salita

Il “caso” Pellizzari

L’idea di questo articolo è nata parlando, ormai più di un mese fa, con Giulio Pellizzari. Il corridore prossimo a vestire i colori della Red Bull-Bora Hansgrohe aveva detto di aver bisogno di fare uno step mentale per imparare a sfruttare il suo talento al massimo e iniziare a raccogliere qualche vittoria.

«Per me la cosa più importante è dimostrare di essere il più forte – ci aveva detto Pellizzari – poi magari non vinco. Da piccolo ero scarso, per me l’obiettivo era far vedere di essere forte. Per me la gara finisce in cima alla salita. Vado a tutta e quando mi giro e vedo di aver tolto tutti i più forti da ruota sono a posto. Un esempio arriva dal Giro del Friuli: volevo staccare in salita Torres che due settimane prima aveva vinto l’Avenir con grandi numeri».

«Partendo da questo esempio – inizia a spiegare Paola Pagani – bisogna far capire al corridore, se vuole anche vincere oltre che togliersi i più forti dalla ruota in salita, che la gara non finisce in cima alla salita ma sotto lo striscione di arrivo».

Paola Pagani è mental coach formata alla scuola di Anthony Robbins
Paola Pagani è mental coach formata alla scuola di Anthony Robbins
Come si “sblocca” la mente?

Qui entra in gioco il processo di coaching. L’essere umano crea le proprie convinzioni facendo esperienza nella vita. Queste possono essere potenzianti o limitanti. Il ciclista in questione si è convinto che per dimostrare di essere il più forte deve vedere di essersi tolto i più forti da ruota in salita, dopo di che è a posto. Questa è una convinzione potenziante se l’obiettivo è la performance su quella salita o se l’arrivo è in cima alla salita, diventa meno potenziante se non addirittura limitante se l’obiettivo è la vittoria e la gara non termina sulla salita.

Continui…

Se un corridore pensa di essere un perdente perché si concentra su tutti i secondi posti ottenuti in carriera e non sulle vittorie o sulle performance di successo, allora sarà più difficile per lui essere un vincente. Esistono degli esercizi di consapevolezza che ci aiutano a ristrutturare le convinzioni che ci limitano.

La cosa importante è che il corridore arrivi a fine gara senza rimpianti, soddisfatto della sua performance
La cosa importante è che il corridore arrivi a fine gara senza rimpianti, soddisfatto della sua performance
Si tratta di capire dove mettere il focus?

Sì, non serve dire: «Sono un campione». La cosa importante è tirare fuori sempre il meglio da se stessi e ricordare quanto lavoro si è fatto per arrivare a quell’appuntamento. Il focus deve essere positivo: ad esempio si può chiedere all’atleta di fare una lista delle sue prestazioni migliori, così da farlo focalizzare sulla performance e i suoi punti di forza.

C’è una chiave?

L’autostima. Ricordiamoci sempre che i corridori sono per lo più ragazzi giovani (ora sempre di più, ndr). Una cosa che ho notato nel tempo è che nel 90 per cento dei casi l’autostima può vacillare. Sbloccare la mente vuol dire aiutare il cervello a identificare i pensieri negativi, ristrutturarli, e buttar via il resto, come se fosse spazzatura.

Paola Pagani ha lavorato con Colbrelli dal 2019 in poi aiutandolo nella sua crescita professionale
Paola Pagani ha lavorato con Colbrelli dal 2019 in poi aiutandolo nella sua crescita professionale
Il lavoro in cosa consiste?

E’ tutto molto “sottile” ovvero si tratta di andare a capire ciò che limita la persona e far crescere la consapevolezza nelle proprie qualità. Evidenziare i punti di forza in modo da aumentare le risorse. Vi faccio un altro esempio: a gennaio ho iniziato a lavorare con un ragazzo giovane. La squadra voleva lasciarlo a casa, abbiamo iniziato un lavoro di consapevolezza in cui si è impegnato al 100% per migliorare la considerazione di sé. Abbiamo lavorato insieme solamente tre mesi, ma in quei tre mesi è stato capace di migliorare talmente la stima di sé che nella seconda parte della stagione ha fatto cose strepitose.

La base qual è?

Riconoscere il proprio potenziale e il lavoro svolto. Nel ciclismo ci si allena tanto e i ragazzi tendono a vederla come una cosa normale. E’ giusto, ma bisogna sempre riconoscere gli sforzi fatti. La mente è un grande motore, serve sapere come sfruttarlo.

Scegliere le giuste parole da utilizzare con noi stessi e gli altri ci aiuta a far nascere le giuste emozioni
Scegliere le giuste parole da utilizzare con noi stessi e gli altri ci aiuta a far nascere le giuste emozioni
E come si fa?

Sicuramente sviluppare l’intelligenza linguistica oltre a quella emotiva è un’ottima idea. Le parole che rivolgiamo a noi stessi e agli altri danno significato alle esperienze della nostra vita e influenzano direttamente la nostra neurologia. Dal nostro dialogo interiore ed esteriore nascono le emozioni, dalle emozioni scaturiscono le azioni e dalle azioni derivano i nostri risultati. Pertanto, imparare a utilizzare parole e schemi linguistici che ci supportano positivamente rappresenta una scelta strategica, particolarmente importante quando si opera a livelli elevati.

Rileggiamo con coach Pagani il blackout di Colbrelli

15.01.2023
7 min
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Adesso che piano piano Colbrelli inizia a farsene una ragione, proprio adesso si comprende quanto sia stato psicologicamente enorme quello che gli è capitato. Nel giorno di quella famosa conferenza stampa di metà novembre, Sonny rese merito pubblicamente alla sua mental coach.

«Mi ha fatto capire quanto valgo – disse il bresciano, in apertura nella foto Bahrain Victorious – e che sono più forte di quanto pensassi. Ho capito che posso fare cose importanti anche non essendo più un corridore. Ora la vedo così, magari domani mi chiudo nei miei silenzi. Non è facile».

Il tramite di Pozzato

Paola Pagani è di Como, ma vive a Bergamo. Conobbe Colbrelli nel 2019 per l’intuizione di Pozzato, che con lei aveva collaborato attorno al 2013, in uno dei momenti più faticosi della sua carriera. Fu Pippo a intuire che Sonny fosse pronto per il salto di qualità e avesse solo bisogno di sgombrarsi la testa. E così andò. Le vittorie del tricolore, del campionato europeo e della Roubaix del 2021 facevano pensare che il lavoro stesse dando ottimi frutti e che la carriera sarebbe stata un continuo crescendo, invece di colpo all’inizio del 2022, tutto si fermò. Il cuore e la sua strada.

«E’ durissima – spiega la mental coach – per un ciclista come Sonny, come per chiunque arrivi veramente ai vertici della propria carriera, precipitare bruscamente a terra, per qualcosa che non dipende assolutamente da lui. Sonny ha dovuto ovviamente mettere la testa su tutto quello che può ancora fare, grazie al fatto che è riuscito a farcela. Ma sopravvivere all’inizio è stato veramente difficile. Stavamo programmando il 2022 e doveva essere una stagione coi fiocchi. Voleva riconfermarsi per dimostrare che effettivamente il 2021 non era stato un caso».

Il 2022 era iniziato per Colbrelli nel migliore dei modi, con il secondo posto alla Omloop Het Nieuwsblad
Il 2022 era iniziato per Colbrelli nel migliore dei modi, con il secondo posto alla Omloop Het Nieuwsblad
Stamattina abbiamo intervistato un corridore di 32 anni (Villella, ndr), rimasto senza squadra, ed è lì che spacca in quattro il capello per capire chi abbia sbagliato e perché.

Qui però è un po’ diverso. Il ragazzo che a 32 anni smette di andare in bici perché non ha una squadra, può fare una sorta di analisi su se stesso, per capire quello che è stato fatto e quello che non ha funzionato. Oppure può indagare sulla mentalità che ha avuto e che gli ha impedito di arrivare ai risultati. Per Sonny è diverso, perché lui stava facendo tutto bene e una squadra ce l’aveva. Si è trattato di affrontare qualcosa su cui non aveva nessun tipo di controllo. Il ragazzo che smette a 32 anni forse qualche responsabilità la può avere. Magari poteva fare qualche gara impegnandosi di più. Oppure, se si è impegnato, poteva iniziare a lavorare sulla sua mentalità, per essere un campione che sfruttasse i suoi talenti molto più di quanto li ha sfruttati lui.

Invece Sonny?

Sonny non ha avuto nessun problema per le sue abilità e questo rende tutto meno gestibile. Nel senso che non hai nulla su cui ragionare. E’ passato dal correre normalmente al rischio di morire. Mi ricordo benissimo la gara in Spagna. Facevo il tifo alla televisione. L’ho incitato, dopodiché mi sono allontanata e dopo mezz’ora mi son trovata con messaggi che arrivavano dappertutto su cosa gli fosse successo…

Come si fronteggia l’imprevisto?

Non c’è nessun tipo di controllo su certe cose che spesso ci possono succedere. Perciò dobbiamo essere abbastanza forti da riuscire a rialzarci e a reinventarci una strada diversa dalla precedente. Per continuare ad essere le persone spettacolari che comunque restiamo, perché Sonny era spettacolare come ciclista e può essere spettacolare giù dalla bicicletta. E’ difficile. Quando sei abituato a essere un campione e la tua vita ruota intorno alla bici, è difficile mollare tutto.

Tanto che per un po’ ha pensato di tornare…

Sonny ha smesso di pensare di poter tornare a correre quando ormai era chiaro che non gli avrebbero dato il nullaosta. Per correre hai bisogno dell’idoneità. Eriksen gioca a calcio, fa goal e vince partite, però si muove su un campo molto più ristretto rispetto ai ciclisti. Quindi è anche comprensibile che l’UCI non acconsenta.

Come si passa dal preparare le grandi classiche ad allenarsi per sopravvere?

Si tratta di gestire la mente di un atleta che si prepara per vincere e dall’altra parte di un uomo che si deve rialzare. Per me è sempre una gara, ma più difficile: diversa. E’ una competizione sconosciuta, nel senso che una persona abituata a fare gare, sa com’è la gara. Sa quali sono le emozioni collegate alla gara, sa cosa significa vincere e sa cosa significa perdere. Quando invece ti trovi ad affrontare qualcosa totalmente sconosciuto, diventa tutto più difficile. Però essendo una competizione, dicevo sempre a Sonny che questa era la più importante della vita. Si trattava di rialzarsi e tornare in sella su un altro tipo di bicicletta.

Si lavora molto sulle motivazioni?

C’è l’aspetto motivazionale, ma soprattutto un aspetto molto personale per capire che la persona ha un valore e un talento legati non soltanto alla bravura come corridore, ma alla persona. E quei talenti si possono usare in un altro modo, in altri campi.

E’ stato Pozzato, qui a sinistra, a consigliare a Colbrelli di farsi seguire da Paola Pagani
E’ stato Pozzato, qui a sinistra, a consigliare a Colbrelli di farsi seguire da Paola Pagani
Sono dinamiche di vita che accadono spesso?

E’ una casistica molto diffusa. Dico a tutte le persone con cui lavoro che “la vita succede per noi”. E quindi in ogni caso, che vada bene o che vada male, comunque succede per noi. Se va bene, celebriamo e stappiamo lo champagne. Se invece non va come vogliamo, dobbiamo trovare cosa c’è di buono in quello che è successo.

E come si fa?

La domanda che faccio sempre è se quello che di negativo ti è successo non sia in realtà la cosa migliore che ti potesse capitare, quello di cui avevi proprio bisogno. E’ ovvio che quando lo dici a qualcuno che era in vetta e improvvisamente si trova ai piedi della montagna, senza neanche capire come abbia fatto a scivolare giù, non sono domande facili da accettare. Però quando ti fermi un attimo e inizi a pensare e a riprenderti, inizi a vedere le cose in una prospettiva diversa. E allora puoi anche rialzarti e reinventarti in modi anche migliori rispetto a quanto immaginavi. Perché noi non sappiamo effettivamente cosa ci può riservare la vita, però l’importante è usare quello che la vita ci dà per creare la vita che vogliamo. 

A un certo punto Sonny ha cominciato a dire che sarebbe potuta andargli molto peggio…

Certo, assolutamente. L’ho fatto sempre riflettere sul fatto che comunque lui è stato preso per i capelli, perché ci sono state tante circostanze che hanno giocato a suo favore. A quest’ora poteva anche non esserci più. E’ stato salvato, ha una famiglia splendida e comunque quello che gli è successo è capitato all’apice della sua carriera. C’è tanta gente che ancora lo cerca, tanta gente ancora che lo apprezza. Quindi è anche uno dei momenti migliori per potersi reinventare. Non è come quando cadi e sei già nell’oblio, allora certo è più difficile. Ma il suo cammino è ancora lungo e ha le gambe per farlo.

Ecco la prima immagine, tratta da Instagram, pubblicata da Sonny il 5 aprile dopo il malore spagnolo
Ecco la prima immagine, tratta da Instagram, pubblicata da Sonny il 5 aprile dopo il malore spagnolo
E’ stato faticoso riprendersi?

E’ stato molto faticoso. Caspita, mettiamoci nei suoi panni. Dal pomeriggio alla sera ti si cambia completamente la vita. Hai 32 anni. Sei giovanissimo. Pensi di aver davanti ancora 3-4-5 anni per poter fare ai massimi livelli la professione che ami e che adori. E improvvisamente tutto ti cambia per qualcosa che non capisci. Però è stato bravissimo, assolutamente.

Evenepoel, Ayuso e l’ansia: parole rilette con la psicologa

31.08.2022
5 min
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Chiedete a Ilario Biondi, amico fotografo, lo sguardo che ci scambiammo in una trattoria vicino Cesenatico quando Marco Pantani, 22 anni all’epoca, dichiarò che l’anno dopo ci avrebbe pensato lui a staccare l’imbattibile Indurain. In effetti lo fece. Dovette aspettare il 1994 perché la tendinite lo costrinse a ritirarsi dal primo Giro, ma l’anno dopo mantenne il proposito. Venendo da questa premessa, potrete immaginare lo stupore davanti alle parole di Remco Evenepoel e Juan Ayuso di due giorni fa durante il giorno di riposo della Vuelta.

«Cerco di non guardare gli altri come rivali – ha detto il belga – per evitare che diventino una trappola per la mente. Vado avanti giorno per giorno. Se avrò buone gambe, potrò provare a incidere, ma sono abbastanza sicuro che ci saranno dei momenti duri».

«Non voglio assolutamente pormi degli obiettivi troppo alti – ha detto lo spagnolo – preferisco viverla giorno per giorno. Non voglio crearmi uno scenario troppo elevato. Perché se poi non si realizza, me ne andrei dalla Vuelta con un cattivo sapore in bocca. L’obiettivo di questa corsa è farla bene e capire cosa potrò fare in futuro. Non voglio volare troppo alto, per non avere una delusione».

Abbiamo esplorato le parole di Evenepoel e Ayuso con Manuella Crini, psicologa piemontese
Abbiamo esplorato le parole di Evenepoel e Ayuso con Manuella Crini, psicologa piemontese

Che cosa è cambiato? E perché dichiarazioni simili in bocca a due ragazzini che hanno sempre fatto della sfrontatezza la loro arma vincente? Sono diventati improvvisamente saggi, oppure qualcuno gli ha suggerito di ragionare e parlare così?

Lo abbiamo chiesto a Manuella Crini, psicologa cui abbiamo spesso fatto ricorso per indagare i processi mentali in cui ci siamo imbattuti dalla nascita di bici.PRO, a partire dai disordini alimentari.

Pensa che questo atteggiamento sia casuale o risponda a precise strategie?

E’ molto probabile che sia intervenuto un mental coach, con strategie individuali, ritagliate su misura per impedire a entrambi di volare troppo alto. Qualcosa su cui potrebbero aver lavorato. Non credo ci sia stato un ricambio generazionale così netto da pensare a una saggezza precoce. Se invece sono sistemi da autodidatti, cautele che i due ragazzi adottano spontaneamente, non è detto che funzioneranno.

Nonostante sia giovanissimo, su Ayuso è forte la pressione della stampa
Nonostante sia giovanissimo, su Ayuso è forte la pressione della stampa
Più probabile una stategia?

Penso di sì. Quello che dice Evenepoel sul non voler guardare gli altri come avversari, ad esempio. Parla così perché li vede troppo grandi e ha paura di non reggere il confronto? La società e anche lo sport ormai spingono sempre più in alto, si è chiamati a dare sempre il meglio e l’eventualità di essere sconfitti è dietro l’angolo. Chi effettivamente lavora sul fallimento? Saper perdere fa parte della storia, non si deve averne paura.

Invece Ayuso?

Si alzano sempre le aspettative, anche se è giovanissimo. E se il gap è alto, le aspettative diventano un muro contro cui andiamo a scontrarci, facendoci male. Se invece abbasso le aspettative, dicendo di non volermi porre obiettivi troppo alti, allora non cado. O se cado, non mi faccio male. La fragilità non risulta compromessa e si è trovato un meccanismo di difesa e scaramanzia. Dentro di me spero di vincere, ma non lo dico. Come quando ci convinciamo che indossando sempre lo stesso abito, si passerà anche il prossimo esame. La scaramanzia diventa un oggetto magico.

Mas è il suo rivale più vicino, ma Evenepoel lo tratta da buon amico
Mas è il suo rivale più vicino, ma Evenepoel lo tratta da buon amico
Non è strano che tanta saggezza venga da due ragazzini?

Forse tanta prudenza deriva proprio da questo. Dal fatto che hanno imparato da piccoli a volare più basso. Hanno la consapevolezza di non poter stare per sempre sulla cresta dell’onda, perché l’onda presto o tardi scende. Però la visione di Evenepoel mi fa pensare anche ad altro.

A cosa?

L’idea del volermi concentrare solo su me stesso, di infilarmi in una bolla in cui ci sono solo io, tenendo lontani gli altri e l’ansia che ne deriva. La responsabilità è uno zaino pesante, del resto, e se gli altri pesano sulla mia bolla, rischiano di farla esplodere. Meglio tenerli lontano. Allo stesso modo, il discorso di Ayuso può essere legato all’ansia da prestazione. E in questo caso le eventuali strategie mentali gli sono state ritagliate addosso a livello sartoriale.

Ayuso Getxo
Ayuso non ha paura di esporsi e parlare da vincitore: alla Vuelta però ha cambiato improvvisamente registro
Ayuso Getxo
Ayuso non ha paura di esporsi e parlare da vincitore: alla Vuelta però ha cambiato improvvisamente registro
Anche perché la loro indole è battagliera e sfrontata…

L’età anagrafica nel caso di sportivi spesso non è fedele. Sono ragazzini, ma ogni corsa è scuola, quindi hanno un vissuto superiore a quello dei coetanei. Se sono stati talenti promettenti sin da subito, è possibile che abbiano arredato l’adolescenza per costruire i loro obiettivi. In quel caso vuol dire che hanno dietro un percorso di analisi e di gestione delle emozioni che li rende più adulti.

Quindi potrebbero essere due modi distinti di tenere a bada l’ansia?

Magari sono le soluzioni più pratiche possibili, piuttosto che dedicare un sacco di tempo a elaborare la possibilità di essere sconfitti. E’ un discorso che viene tenuto lontano e su cui invece, soprattutto a livello degli sportivi, si dovrebbe lavorare. Pensate a come sono cambiati i cartoni animati rispetto a un tempo. Non ci sono più il buono e il cattivo, vanno tutti d’accordo.

Evenepoel è un predestinato, seguito da un fan club accesissimo
Evenepoel è un predestinato, seguito da un fan club accesissimo
Ayuso dice anche che si impara più dai momenti duri che dalle vittorie.

Imparare a perdere tocca l’autostima, ma se lavori bene, ti aiuta a gestire l’ansia. Se invece il fallimento mi blocca, abbasso le aspettative. Mi preparo al peggio, così se viene qualcosa di buono, mi sembrerà una vittoria. Ma non sono parole per caso, credo che ci sia dietro un lavoro da mental coach.

L’influenza del mental coach per le tappe nel mirino

23.05.2022
5 min
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«Mi consulterò anche con il mio mental coach per capire le tappe che saranno più adatte a me». Parole che ci aveva detto Andrea Vendrame (nella foto di apertura) alla vigilia del Giro d’Italia in quel di Budapest. E di certo non potevano passare inosservate. Parole che abbiamo girato ad Elisabetta Borgia, psicologa dello sport della Federciclismo e della Trek-Segafredo.

A lei abbiamo chiesto un parere su questa affermazione. Per capire davvero come possa, eventualmente, incidere la sua figura professionale. Non è terreno dei diesse fare certe scelte? Un corridore non fa valutazioni in base principalmente alle sue caratteristiche e a quelle del percorso?

Nel caso di Vendrame, Andrea ha ottenuto tre top ten: una nella prima tappa, su un veloce arrivo in salita, e due in volate di gruppo. Eppure lui è un atleta che tiene molto bene anche su percorsi molto duri, come testimonia tra l’altro la sua vittoria a Bagno di Romagna lo scorso anno.

Elisabetta Borgia, mental coach della Fci e della Trek-Segafredo
Elisabetta Borgia, mental coach della Fci e della Trek-Segafredo

Obiettivi chiari

«Lo psicologo fa lo psicologo – spiega la Borgia – e a livello tecnico non dà valutazioni. Quello che può fare è aiutare a capire le caratteristiche preponderanti dell’atleta e agevolarlo in vista delle tappe a lui più favorevoli, ad affrontarle con una padronanza di se stesso diversa dalle altre.

«Sostanzialmente il mental coach gli dice di riuscire ad essere consapevole, perché poi gli aspetti da valutare sono tanti. La squadra ha interesse ad andare in fuga? Il corridore deve lavorare o può avere spazio per se stesso? Una volta individuati questi “parametri” ci si muove di conseguenza».

«Questo tipo di preparazione mentale, tra l’altro, non la fai dall’oggi al domani. Non improvvisi nulla. E’ un percorso che si porta avanti nel tempo e varia anche in base al soggetto con cui lavori. In un Giro d’Italia tu guardi magari ad una tappa. Ne studi l’altimetria e la planimetria. Studi dove puoi attaccare, dove puoi fare la differenza… devi lavorare sul tuo “dialogo interno”, per capire dove sei in quel momento e dove puoi arrivare».

Vendrame ha colto già tre top 10 in questo Giro. Il veneto saprà dare l’acuto anche quest’anno?
Vendrame ha colto già tre top 10 in questo Giro. Il veneto saprà dare l’acuto anche quest’anno?

Memoria sì, memoria no

Ad Elisabetta Borgia chiediamo quanto incide in percentuale una buona preparazione mentale. Ammesso che sia corretto parlarne in questi termini. Spesso, infatti, quando si è ben mentalizzati si riesce a fare più di quel che si può. Un esempio, se vogliamo, la dottoressa ce lo aveva in casa con Juan Pedro Lopez. Lo spagnolo, forse anche per merito della maglia rosa, ha ottenuto risultati che probabilmente non sarebbe riuscito a cogliere.

«Personalmente – continua la Borgia – non amo le percentuali quando si parla di aspetti mentali. Quelle vanno bene per i test fisici, ma non per quelli mentali che non sono quantificabili. E poi okay la testa, ma prima contano le gambe: non dimentichiamolo.

«Certamente serve un mood positivo da parte dell’atleta. Si dice che se si parte bene si può fare la differenza. E questo vale ancora di più in un grande Giro in cui serve un’attivazione mentale lunga e continua. I corridori in una corsa a tappe devono essere bravi a staccare al termine delle frazioni e a riattivarsi al via di quelle successive. E per questo è importante l’approccio individuale, ma serve anche quello della squadra». 

In questo caso le vittorie ad inizio Giro, la conquista di una maglia… aiutano a scaricare la pressione. E di conseguenza a creare un clima più disteso nel team.

«Quando le cose vanno bene, poi vanno sempre meglio. Si ha un senso di padronanza. Ieri sono andato bene; il giorno dopo riparto con una buona “memoria” rispetto al giorno precedente. Ieri sono andato male; il giorno dopo devo essere bravo a partire “senza memoria”, altrimenti ci si influenza negativamente. Devo vivere il presente perché solo lì posso modificare qualcosa. Il passato tanto ormai è andato e non ci puoi fare nulla. 

«Il modo di ragionare è: cosa posso fare per essere efficace?».

Chi rischiava di restare intrappolato nel “senso della tagliola” era Giulio Ciccone, che ieri a Cogne si è riscattato alla grande
Chi rischiava di restare intrappolato nel “senso della tagliola” era Giulio Ciccone, che ieri a Cogne si è riscattato alla grande

Senso della tagliola

Come Vendrame tutti i corridori cercano di raggiungere un obiettivo: che sia la classifica generale, una maglia o una tappa… ma la realtà è che il tempo stringe. Ormai resta una sola settimana e per chi non è riuscito a vincere la pressione aumenta. Si ha insomma il senso di “una tagliola” che sta per scattare.

«Io credo – dice la Borgia – che all’interno di un grande Giro, ma in generale quando si va alla ricerca di una prestazione, il momento più difficile anche dal punto di vista della pressione sia nel mezzo.

«Nel caso di un grande Giro nelle prime tappe hai aspettative sì, ma anche paura che si possa prendere un buco, che s’incappi in una caduta, che insomma si finisca fuori gioco subito. In quelle prime tappe vai a rompere il ghiaccio con la corsa e comunque hai ancora tanta energia dalla tua.

«Nelle ultime tappe “raschi il barile” e a quel punto pensi a dare il 100% di quel che ti è rimasto».

«Il difficile, appunto, sta nel mezzo, quando la stanchezza si fa sentire, manca un bel po’ e hai fatto tanta fatica. Lì devi essere bravo a capire quanta benzina hai in corpo e a focalizzarla su quella o quelle tappe in cui sai che puoi fare bene. Ti serve una strategia di attivazione specifica per quella tappa, devi concentrarti su quella».

«Si entra in modalità “recovery” (recupero, ndr) in cui “lasci” le altre tappe e punti tutto su una. Un corridore di classifica, chiaramente, non può fare così, ma gli altri sì. Devi avere al massimo possibile il tuo senso di autoefficacia».

Iserbyt psicologo 2022

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25.02.2022
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Che cosa succede nella mente di un atleta alle prese con un grande evento? La confessione di Eli Iserbyt, che ha ammesso di soffrire particolarmente le gare titolate, è una messa a nudo non comune fra i grandi sportivi, eppure abbiamo davanti agli occhi mille e mille casi di grandi atleti che, al momento decisivo, non riescono a cogliere quei risultati che si sono prefissi. Basta tornare alle scorse Olimpiadi, dove anche in casa italiana campioni che sembravano destinati al grande traguardo sono diventati la brutta copia di se stessi.

E’ un problema comune, tra i principali da affrontare nel mondo dello sport, non solo del ciclismo, e di non facile soluzione. Ne abbiamo voluto parlare con una psicologa specializzata in psicologia dello sviluppo e dell’educazione, Manuella Crini, partendo dal caso di Iserbyt come “exemplum” per sviluppare una casistica molto vasta: «Dal suo racconto si evince come lo stato d’ansia in quei casi travolga tutto il resto. E’ come l’interrogazione al liceo che assume contorni talmente ampi emotivamente da farti dimenticare tutto quello che hai studiato. L’ansia mette in moto neurotrasmettitori che possono essere positivi ma anche negativi: quando ci troviamo di fronte a un ostacolo, il nostro corpo produce maggiore cortisolo che serve ad essere maggiormente reattivi, una maggiore quantità di sangue raggiunge la corteccia della promemoria per andare oltre i propri limiti, ma non sempre questo è un bene».

Crini 2022
La psicologa piemontese Manuella Crini ci aiuta nell’analisi del confronto con “il” grande evento
Crini 2022
La psicologa piemontese Manuella Crini ci aiuta nell’analisi del confronto con “il” grande evento
Perché?

L’ansia può trasformarsi in paura e la paura può avere come effetto quello di paralizzare le nostre funzioni. E’ un meccanismo animale, nel quale ci sentiamo prede. Questa paura influisce sulla prestazione fisica, ci impedisce di ottenere il massimo dal nostro corpo. Come si vince? Non è facile, ma bisogna riuscire a capire cos’è il meccanismo scatenante, spesso un trauma pregresso se parliamo di uno schema ripetitivo nel tempo. C’è poi un altro fattore inconscio che può influire.

Quale?

Se quel grande traguardo diventa il fine principale della nostra attività, posso anche lasciarlo all’orizzonte, prolungare il “viaggio” prima di arrivare alla meta e quindi perdere piuttosto che vincere per non chiudere quel capitolo, intimorito da quel che verrà dopo. Invece rimango in questa sorta di limbo, continuo a lavorare per arrivarci pensando alla prossima volta.

Iserbyt World Cup 2022
Eli Iserbyt ci ha confessato le sue difficoltà nelle gare con un titolo in palio
Iserbyt World Cup 2022
Eli Iserbyt ci ha confessato le sue difficoltà nelle gare con un titolo in palio
E’ anche vero che, come Iserbyt ci ha testimoniato, nella grande occasione si inizi a pensare troppo all’importanza dell’evento, alla responsabilità…

E’ assolutamente possibile. Noi siamo perfettamente in grado di agire sul nostro cervello e le sue dinamiche, possiamo produrre più o meno serotonina che serve a concentrarsi, così nel caso negativo finiamo per vanificare meno quel che dobbiamo fare per arrivare a quel famoso traguardo. Ci perdiamo. Sentiamo che quell’evento è senza appelli. Ci sentiamo addosso lo sguardo di tutti, pronti a giudicarci se raggiungeremo o meno il determinato risultato.

Quanto influisce l’esperienza, l’età dell’atleta?

Molto, perché per un ragazzo il peso è minore in quanto c’è meno vissuto dietro le spalle. Non c’è per così dire un excursus storico di fallimenti. Con l’andare avanti si ha sempre più il timore che quella sia l’ultima occasione e ancor più questo succede quando il traguardo non è molto ripetuto nel tempo, basti pensare all’Olimpiade che arriva ogni quattro anni. Ciò amplifica quella sensazione di situazione senza appello.

Mondiali strada 2021
Il mondiale per molti è un peso, ma c’è ogni anno, figurarsi l’Olimpiade, vero test senza appelli
Mondiali strada 2021
Il mondiale per molti è un peso, ma c’è ogni anno, figurarsi l’Olimpiade, vero test senza appelli
Quanto può servire in questi casi la presenza del mental coach?

Tantissimo, ma è un lavoro molto delicato. Bisogna mettersi in gioco, intraprendere un cammino che non sai dove ti potrà portare. Il mental coach ti aiuta ad affrontare la tua attività, a guardare a quell’evento in maniera positiva, ci si lavora sopra ma si possono anche aprire porte delicate. Il soggetto può ad esempio rimettere in discussione tutto il cammino svolto per arrivare a quel momento, perdere la motivazione, scoprire che lo sta facendo non per se stesso ma per gli altri, non per rispondere ai propri reali bisogni. Serve un percorso motivazionale che non si sa dove porterà. Oltretutto, si può arrivare a un punto nel quale la figura del mental coach deve cedere il passo a uno psicologo specializzato: se l’atleta si trova di fronte a questa crisi motivazionale che va al di là dell’evento e mette in discussione la propria attività, avrà bisogno di un supporto personalizzato diverso.

Il mental coach nelle squadre deve lavorare con più persone, questo non rischia in alcuni casi di essere limitante, di non poter dare all’atleta quel supporto di chi avrebbe bisogno?

Rientriamo nel discorso appena fatto. Il mental coach, più che sull’individuo, lavora sul personaggio, non è un terapeuta, ma nel corso delle sedute possono venir fuori aspetti che richiedono la figura di quest’ultimo. Il mental coach può anche trovarsi di fronte a un conflitto d’interessi: è chiamato a esaltare le prestazioni sportive dell’atleta che invece può tendere verso tutt’altra direzione e a quel punto l’etica impone di passare la mano.

Mental coach 2022
La figura del mental coach è ormai diffusa in tutti i team, ma quanto incide sulla prestazione?
Mental coach 2022
La figura del mental coach è ormai diffusa in tutti i team, ma quanto incide sulla prestazione?
Il grande evento può diventare un ostacolo anche in corso d’opera? Prendendo sempre Iserbyt come esempio, in fin dei conti pur essendo ancora molto giovane le sue gare titolate e le sue medaglie le ha vinte, soprattutto nelle categorie giovanili…

Sicuramente, può avvenire all’improvviso, nel corso del tempo può anche cambiare la percezione della propria prestazione. Quel che da giovane, nelle categorie avveniva quasi con facilità può diventare difficilissimo fra gli “adulti” e questo accresce l’insicurezza, ci si sente piccoli di fronte a qualcosa di troppo grande. Essere al top è molto stressante, la capacità di gestire questa condizione può fare una grande differenza.

Scaroni ritrova Scaroni e adesso punta a vincere

18.12.2021
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Probabilmente non al livello di Baroncini, che è arrivato al professionismo dopo aver vinto il mondiale U23, ma anche Christian Scaroni si era presentato nel mondo dei grandi con le credenziali per lasciare il segno. La sua scelta, insolita per il periodo, era stata di andare a correre alla Groupama Continental: una decisione che il bresciano non rinnega, anche se la squadra francese, giunta al dunque, non gli diede la possibilità di salire nel WorldTour. E Scaroni dal 2020 è passato alla Gazprom.

«Negli ultimi 2-3 mesi – dice finalmente con un bel sorriso – ho dimostrato che le aspettative di partenza erano giuste. Il primo anno è stato faticoso, tra il Covid e la difficoltà di ambientarmi. Non me la sono passata benissimo. Non riuscivo a trovare più la personalità che avevo. Quasi non riuscivo a finire le corse e non sapevo come spiegarmelo. Poi finalmente ne sono venuto fuori e negli ultimi tempi mi sono ritrovato davanti nelle corse…».

L’ultima corsa di stagione è stata la Veneto Classic, chiusa al 10° posto
L’ultima corsa di stagione è stata la Veneto Classic, chiusa al 10° posto

L’hotel di Calpe ha la hall in penombra, con corridori misti a turisti del Nord che sorseggiano birre in continuazione. Fuori la temperatura si è abbassata, ma durante il giorno, si pedala a 18 gradi ed è proprio un bell’andare.

Come mai tanta fatica?

Serve pazienza. Non tutti si inseriscono bene, può servire un anno o anche due. C’è chi matura prima, chi dopo. Ma tornerei in Francia, perché mi hanno cresciuto come uomo. Mi hanno insegnato a essere un professionista e questo è stato decisivo per la mia maturazione. Ho imparato l’inglese e il francese. E’ stato un anno guadagnato.

Come hai fatto a sbloccarti?

E’ stato uno scatto mentale. Le persone intorno continuavano a ripetermi che ero sempre lo stesso, dovevo lavorare sull’aspetto mentale.

Ti sei rivolto a un mental coach?

Me l’hanno consigliato amici e compagni di squadra. Mi ha sorpreso, perché sono bastati due mesi di sedute. Adesso ho capito che la testa è la parte più importante del discorso, per cui spero di confermarmi e dimostrare che questo teorema è valido. Sono molto motivato.

Fatica alla Milano-Torino, chiusa dopo la 30ª posizione
Fatica alla Milano-Torino, chiusa dopo la 30ª posizione
Nel frattempo la squadra ha cambiato faccia…

Sedun ha portato la sua grandissima esperienza e sa quello che fa. Sembra che tutto stia migliorando e secondo me quando le cose iniziano a girare bene per tutti, arrivano anche i risultati.

Che impressione hai del nuovo capo?

Non lo conoscevo. Vuole coinvolgere i corridori e dare una bella spinta morale. Se prima rischiavo di sentirmi solo, ora capisco di fare parte di un progetto.

Che inverno è stato?

Ho staccato molto tardi, dopo la Veneto Classic, sono stato fermo circa tre settimane, con qualche giorno a Livigno con la ragazza. Un periodo di relax, poi ho ripreso piano piano con bici e relax. E qui in Spagna abbiamo cominciato a fare ore. Siamo arrivati il 4 dicembre, ce ne andiamo il 21.

Al Giro di Sicilia ha conquistato la maglia dei Gran Premi della Montagna
Al Giro di Sicilia ha conquistato la maglia dei Gran Premi della Montagna
Pensi di partire subito forte?

L’idea è quella, i primi tre mesi saranno importanti per confermare le sensazioni di fine stagione e puntare alla vittoria. Correre bene e ritrovarsi nelle prime posizioni. E’ tutto un fattore mentale. Rivedi la testa della corsa e ti viene anche più voglia di andare in bici. Comincerò alla Valenciana e poi a Murcia e tutto il blocco spagnolo. Poi penso che saremo a Laigueglia…

Non sono tanti 18 giorni di ritiro?

Probabilmente sì, ma si sta meglio qui che a casa. Con i compagni ti passa di più, conosci lo staff, si crea un ambiente bello. Anche se sei lontano da casa e anche se all’inizio non hai mai voglia di partire, una volta che ci sei, finisce che ti diverti…

Rosti all’Astana: «La prestazione è fisica, tecnica e mentale»

17.12.2021
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Nell’Astana che è ripartita da Vinokourov, è arrivato anche una vecchia conoscenza del nostro ciclismo: quel Marino Rosti che aveva fatto parte dell’entourage di Nibali fino al passaggio nella Trek-Segafredo. Rimasto al Team Bahrain, nel 2021 Rosti è uscito dal giro, ma visto che l’aspetto mentale sta diventando preponderante e che lui ha una formazione legata alle Scienze Motorie e alla Psicologia dello Sport, la squadra kazaka gli ha riaperto le porte. In questi giorni di ritiro spagnolo, abbiamo voluto sentire anche lui (in apertura fotografato sul Teide durante il riveglio muscolare del mattino), per capire in cosa consista il suo lavoro.

«Il mio rapporto con Astana – conferma il sanmarinese – c’era stato anche in passato, per tre anni. Perciò, chiuso il rapporto con il Bahrain, ho chiesto se avessero necessità. Anche perché essendo ormai in pensione, posso garantire una disponibilità superiore, non avendo più la problematica lavorativa che mi condizionava con i permessi, i distacchi e tutti quegli aspetti formali. Il mio ruolo rimane lo stesso. La definizione di psicologo dello sport potrebbe creare qualche resistenza nelle persone, quindi si parla di mental coach. E comunque è vero, perché fai una sorta di percorso con i ragazzi che cerchi di aiutare anche dal punto di vista psicologico. E’ un aiuto ulteriore…».

Il ritorno di Lopez rende nuovamente l’Astana uno squadrone da grandi Giri (foto Astana)
Il ritorno di Lopez rende nuovamente l’Astana uno squadrone da grandi Giri (foto Astana)
Non solo gambe, anche testa…

La prestazione è fisica, tecnica e mentale. Per la performance ci si concentra sempre sull’aspetto fisico, sulla forza, la resistenza, la velocità, i carichi di lavoro. Si lavora sulla posizione in bici e poi magari il terzo aspetto raccoglie i precedenti. Perché come diceva il buon Franco Ballerini, puoi avere anche una macchina da 1.000 cavalli, ma se la centralina non va, la macchina non rende

E tu lavori sia sul fisico sia sulla testa, giusto?

Come iter formativo, ho fatto sia il percorso di Scienze Motorie che quello psicologico, per cui abbino i due aspetti in un progetto che si chiama Benessere Psicofisico. Quando tu stai bene fisicamente, hai una corretta postura, un corretto equilibrio fisico, lavori sulla mobilità articolare e sul benessere fisico, la testa lo sente e ti permette di rendere di più

Le attività di risveglio muscolare e stretching di Rosti pescano molto dallo yoga
Le attività di risveglio muscolare e stretching di Rosti pescano molto dallo yoga
Esiste anche un rapporto individuale con gli atleti?

A volte si entra nel ragionamento e nel rapporto personale per costruire un percorso che si chiama mental training. Si lavora sulla definizione degli obiettivi, l’ansia da prestazione. Si lavora su quelli che possono essere i momenti di difficoltà a volte causati da piccoli aspetti, come magari la mancanza del risultato dopo aver lavorato tanto o problemi personali. A volte bisogna entrare in una sorta di dialogo con i ragazzi per trovare quel bandolo della matassa, che ti fa ripensare a tante cose. Quindi costruisci anche un approccio mentale, senza intestardirsi solo sull’aspetto fisico.  

A memoria, si può dire che inizi al mattino con il risveglio muscolare.

Seguiamo ogni giorno un programma ormai collaudato, che dà un certo riscontro. Grazie all’attivazione del mattino, i ragazzi si sentono meglio sulla bici. Si sentono più centrati. Mentre di pomeriggio curiamo l’aspetto del recupero, quindi facciamo allungamenti, una progressione yoga, uno stretching per ciclisti costruito sulle mie esperienze.

Un test a volte può essere più impegnativo di una salita, vero Boaro? (foto Astana)
Un test a volte può essere più impegnativo di una salita, vero Boaro? (foto Astana)
Stretching per ciclisti?

Con loro bisogna lavorare su certi aspetti sulla mobilità della schiena e il recupero delle gambe. Abbiamo inserito la respirazione diaframmatica che permette di ossigenare meglio il fisico e migliorare anche da quel punto di vista. E poi facciamo rilassamento, mental imagery nel rivedere situazioni passate su cui costruire il futuro.  E così rientri nel percorso psicologico per riacquistare più fiducia in te stesso, avere più stimolo, più determinazione, più concentrazione. E’ un cerchio che si chiude. 

Nasce tutto dalla loro libera scelta?

Ovviamente! Si fa in privato e quando uno lo richiede, perché non bisogna mai imporre questa cosa come se fosse dovuta. Adesso magari sta diventando anche un po’ di moda e comunque con il dialogo più riservato si comincia a ragionare su certe cose. Ma prima il ragazzo cerchi anche di conoscerlo, capire se è disponibile o se voglia farsi seguire a livello psicologico, come è capitato che abbiano già chiesto.

Rosti ha lavorato prima con la Liquigas, poi con Cannondale, Astana, Bahrain e ora è di nuovo… kazako
Rosti ha lavorato prima con la Liquigas, poi con Cannondale, Astana, Bahrain e ora è di nuovo… kazako
E se ti chiede supporto?

Allora di fa una sorta di coaching, si parla cercando di capire le cose. La risposta si trova assieme, ma il più delle volte gli dico che la risposta ce l’hanno nella pancia. Parte tutto da lì, dalle emozioni, dalle sensazioni che uno sente dentro di sé. 

I ragazzi accolgono queste pratiche?

C’è più consapevolezza, i giovani sono sensibili a questi aspetti, mentre la vecchia generazione certe cose non le non le possedeva, perché non era nel loro stile e nella loro consuetudine. Adesso arrivano con percorsi già avviati, che noi cerchiamo di spingere ancora più avanti.

Poco fa hai parlato di yoga.

Con lo yoga hai una sensazione piacevole che col tempo diventa anche una sorta di controllo del corpo, che risponde. Si crea un dialogo. Avevo cominciato a usarlo nel 2007 con la Marchiol, poi sono passato alla Liquigas assieme a Sagan e l’abbiamo portato avanti. Ero sempre collegato con Paolo Slongo, perché lui era il preparatore quindi si lavorava in sintonia. E anche oggi c’è un confronto quotidiano col preparatore, con l’osteopata e con il medico. Si lavora in equipe con report giornalieri. Magari l’osteopata mi dice che il tale corridore ha bisogno di un particolare stretching. Più questi report sono giornalieri, meglio segui l’atleta.

Nel ritiro spagnolo dell’Astana, fra test e uscite su strada (foto Astana)
Nel ritiro spagnolo dell’Astana, fra test e uscite su strada (foto Astana)
Sarai una presenza costante al seguito della squadra?

Ai ritiri sicuramente. Però magari con qualche atleta è venuto fuori che nella terza settimana del grande Giro, quando le tensioni cominciano a essere forti, poter fare una sorta di recupero oltre fisico e anche mentale può fare la differenza. Si sta buttando giù il programma. Intanto so già che a alla fine di gennaio tornerò sul Teide. Insomma, sono tornato in mischia…