Test e verifiche: Carbon-Ti con la UAE nel giorno di riposo

22.07.2023
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«E’ uno dei modi con cui otteniamo i famosi marginal gain – spiega Formolo, in procinto di rientrare al Tour de Pologne – in questo caso con corone e freni di Carbon-Ti. Parlo per esperienza, ma ogni volta che capito in un negozio di bici, mi chiedono proprio dei freni. Gli è bastato vedere le foto. Vanno bene, vanno veramente bene. E sono anche belli…».

La superficie del disco è tale da favorire il raffreddamento della pista frenante
La superficie del disco è tale da favorire il raffreddamento della pista frenante

Vero debutto al Giro

Abbiamo passato parecchio tempo a osservare i freni a disco X-Rotor SteelCarbon 3 di Carbon-Ti montati sulle Colnago del UAE Team Emirates, prima al Giro d’Italia e negli ultimi giorni al Tour ed è vero quel che dice Formolo: il colpo d’occhio seduce. Si parla del disco, composto dal corpo centrale in carbonio e la pista frenante in acciaio. Sono belli, ma funzionano? E quali vantaggi danno?

«Il fattore peso è importante per i grandi Giri – spiega Marco Monticone, product manager dell’azienda bresciana – tanto che l’utilizzo diffuso fra gli atleti di punta, Almeida per primo, è iniziato al Giro d’Italia. Lì ci siamo trovati in condizioni estreme, con temporali, piogge, discese molto lunghe fatte in condizioni estremamente critiche.

«Il vantaggio di peso è di circa 27 grammi, che per loro è un numero importante. Ci arriviamo grazie alla parte centrale in fibra di carbonio che nessun altro fa e ci consente di risparmiare peso, mantenendo le stesse caratteristiche di rigidezza necessarie per competizioni WorldTour».

Almeida al Giro ha usato i freni in carbonio e acciaio di Carbon-Ti
Almeida al Giro ha usato i freni in carbonio e acciaio di Carbon-Ti

Segreto industriale

Dei materiali utilizzati e dei numeri relativi si riesce a sapere ben poco: il segreto industriale viene opposto alla domanda e c’è da capirlo. I test che hanno portato al prodotto finito sono andati avanti per anni: fra diversi tipi di carbonio con lo stesso spessore possono esserci delle grandi differenze, quindi la messa a punto del miglior composito si è rivelata un passaggio chiave. Si parla infatti di terza generazione di un prodotto nato quasi 15 anni fa.

L’osservazione di Formolo va avanti. Il veronese ha utilizzato i freni X-Rotor Steel Carbon 3 al Giro d’Italia, facendo parte della… guardia scelta di Almeida.

«Della leggerezza – dice – magari ti accorgi indirettamente. Quello che si nota è che frenano allo stesso modo anche dopo le discese più lunghe. Bagnato o asciutto. Anzi, a volte mi è capitato di arrivare in fondo e di chiedermi se con i freni tradizionali, me la sarei cavata altrettanto bene».

Pista frenante in acciaio

La confutazione da parte di Marco Monticone arriva puntuale ed entra nel dettaglio della costruzione stessa dei dischi.

«Risparmiando così tanto peso nel corpo centrale grazie al carbonio – dice – abbiamo potuto dedicare più materiale alla parte più importante per le performance del disco, quindi la pista frenante. Quella non l’abbiamo alleggerita. Ci sono dei dischi più leggeri dei nostri, ma il nostro prodotto ha una pista frenante studiata per avere delle performance elevate e un raffreddamento migliore su discese estremamente lunghe».

Covi ha riscontrato che la frenata è migliore quando si arriva al riscaldamento
Covi ha riscontrato che la frenata è migliore quando si arriva al riscaldamento

Frenata a freddo

A questo punto gli facciamo notare un’osservazione fatta da Alessandro Covi, il piemontese che proprio in questi giorni si è spostato in Spagna per correre a Villafrance de Ordiza e poi San Sebastian e che i nuovi freni li ha usati anche lui al Giro.

«Frenano sempre bene – dice – magari c’è da pompare di più all’inizio della discesa, ma poi l’efficienza è sempre identica e di alto livello».

Il disegno della pista frenante, con spigoli arrotondati, è stato realizzato per consentire potenza e modularità
Il disegno della pista frenante, con spigoli arrotondati, è stato realizzato per consentire potenza e modularità

Sensazioni e abitudini

Monticone annota, fa una breve pausa e riferisce quanto ricevuto anche da parte di altri corridori della squadra emiratina.

«Quella è stata la segnalazione di qualche atleta – dice – secondo cui più i freni vengono sollecitati e più funzionano bene, che per loro è estremamente importante. Sull’efficienza inferiore a freddo, ho sempre avuto qualche dubbio. Però prendiamo sul serio tutte le loro indicazioni, ma non c’è alcun motivo per cui questo debba succedere, perché il disco si scalda in meno di un secondo. Forse è un fatto di sensazioni. Mi rendo conto che quando dai del materiale nuovo a un atleta che fa 30-40.000 chilometri all’anno, sicuramente troverà qualcosa di differente da quello che era abituato a utilizzare».

Al Tour il freno anteriore Carbon-Ti è stato usato anche all’anteriore della bici da crono
Al Tour il freno anteriore Carbon-Ti è stato usato anche all’anteriore della bici da crono

Disco semi-flottante

Rispetto a qualche disco che ha la costruzione a strati, quella che viene definita a wafer, i freni Carbon-Ti hanno la pista frenante ricavata da un pezzo unico, vincolato al corpo in carbonio da speciali rivetti in titanio. E questo crea un vantaggio.

«Questa costruzione – dice Monticone – fa sì che possiamo definire i freni semi-flottanti. Non si discostano di un millimetro come succede per quelli flottanti delle moto. In questo caso, la pista frenante è solidale col carbonio e non si avvertono movimenti. Però nel momento in cui subisce un surriscaldamento in frenata, il disco è libero di dilatarsi, con i rivetti che sono in grado di assorbire la dilatazione. Ecco perché è decisivo raggiungere il perfetto abbinamento fra rivetti, carbonio e acciaio».

Il team di Carbon-Ti ha raggiunto il Tour nel secondo riposo di Megeve per avere riscontri (foto Facebook)
Il team di Carbon-Ti ha raggiunto il Tour nel secondo riposo di Megeve per avere riscontri (foto Facebook)

La verifica al Tour

Il Tour de France è stato un momento di verifica. Lo staff di Carbon-Ti ha raggiunto il UAE Team Emirates nel secondo giorno di riposo a Megeve, dedicandosi all’approfondimento tecnico richiesto dalla squadra e per loro necessario e scoprendo che per la prima volta i propri dischi sono stati utilizzati anche all’anteriore sulla bici da cronometro.

«Lunedì scorso – racconta Monticone – siamo stati tutto il giorno con la squadra e abbiamo raccolto informazioni dagli atleti, dai meccanici e dal performance manager. Abbiamo indicato futuri nuovi prodotti che potrebbero interessare e concordato alcune cose. Abbiamo ricevuto i prodotti utilizzati al Giro, ad esempio i dischi di Almeida, in modo da fare le nostre verifiche».

A margine dell’attività del team di Pogacar, c’è un servizio che Carbon-Ti riserva ai clienti europei: la sostituzione della pista frenante usurata. Si parla di un vero e proprio “rebuild” del disco, che torna nuovo alla metà di quanto costerebbe comprarlo nuovo. Nulla di particolarmente interessante per corridori che sono abituati alle sostituzioni di parti usurate, un bel valore aggiunto per chi la bici è costretto a pagarla.

Lenticolari, le nuove Deda “Hero” della Intermarché

18.07.2023
4 min
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MEGEVE – Vigilia della crono, hotel della Intermarché-Circus. I meccanici sono al lavoro sulle bici, fra ruote lenticolari e appendici manubrio. Intorno un bel verde, la piscina sullo sfondo e un campo da calcio in erba morbida. E’ lì che portiamo la Cube di Biniam Girmay per fotografare la vera novità: la nuova ruota lenticolare prodotta da Deda Elementi, una fra le ruote tubeless più leggere e dal prezzo più accessibile sulla scena mondiale.

La ruota Deda Hero sulla bici da crono di Girmay
La ruota Deda Hero sulla bici da crono di Girmay

I segreti della struttura

Poi però, visto che le foto non rivelano quello che c’è dentro, ci mettiamo in contatto con Fausto Parodi, l’ingegnere che ha realizzato il progetto. Lui al Tour non c’è, ma ascoltandolo sembra quasi di averlo accanto, tanta è la puntualità con cui racconta la sua creazione.

«Quello che vedete – dice – è ben poca cosa. Il bello è la struttura interna, che è molto particolare. Ci sono sei razze, mentre i dischi esterni in carbonio sono soltanto una copertura. Avere le razze la rende leggera e rigida lateralmente, ma sulle razze c’è qualcosa da dire…».

Di cosa si tratta?

Non sono completamente in carbonio. All’interno hanno un foam, una schiuma che poi viene ricoperta dalla struttura in carbonio. Carbonio che è soprattutto alle estremità e nella parte centrale, mentre la stessa schiuma è strutturale. Questo ci ha permesso di tenere il peso più basso. E gli stessi dischi esterni hanno una struttura a sandwich, con carbonio all’esterno e all’interno uno strato della stessa schiuma.

Quanto è più leggera della ruota precedente?

Questa pesa 1.070 grammi, la precedente arrivava a 1.200: quindi il risparmio è di 130 grammi, in cambio della stessa rigidità. Qualche differenza c’è rispetto alla versione da pista.

In cosa sono diverse?

La abbiamo fatta usare a Silvia Zanardi nelle trasferte di Nations Cup. La struttura di base è la stessa per entrambe le ruote, ma quella da strada ha un lato piatto dalla parte della cassetta, mentre il lato opposto è bombato. La ruota da pista invece è bombata su entrambi i lati.

Le Deda Hero hanno debuttato al Giro d’Italia 2022: qui con Bystrom
Le Deda Hero hanno debuttato al Giro d’Italia 2022: qui con Bystrom
Abbiamo notato che il vano che contiene la valvola è chiuso con un coperchietto avvitato.

Altra differenza fra strada e pista, giusto. La ruota da pista deve essere più leggera per rendere al meglio nei rilanci, per cui il vano della valvola è chiuso da un adesivo. Nella ruota per le crono su strada invece la leggerezza è importante, ma di certo si fanno meno rilanci, per cui abbiamo oprato per un coperchietto avvitato.

La ruota nasce per un tipo specifico di coperture?

Per tubeless e copertoncino con la camera d’aria. Con il tubeless è più leggera, anche se il pneumatico pesa qualcosa di più. Il cerchio ha il canale da 19, quindi la cosa migliore è partire da pneumatici da 25 fino ai 28. Però volendo si può arrivare fino a 32.

Fra i prossimi step non ancora annunciati c’è la rivisitazione del mozzo, puntando su un sistema differente dall’attuale, ma per parlarne ci sarà tempo. La ruota è in vendita a 2.300 euro, una quotazione non troppo elevata che la rende accessibile a un pubblico piuttosto ampio. Intanto però seguiamo i ragazzi del team belga nella crono che sta per iniziare.

Impressioni al debutto. Bagioli e il suo primo Tour

14.07.2022
5 min
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D’Italia sin qui ne abbiamo vista poca al Tour, è vero. Ma quella che c’è è tutta di ottima qualità e in qualche caso anche di grande, grandissima speranza. Come quella che i tifosi possono riporre in Andrea Bagioli, gioiellino della Quick Step-Alpha Vinyl, alla sua prima Grande Boucle.

Ieri ha provato ad andare in fuga. Ha messo la testa fuori e tutto sommato non ne siamo rimasti così sorpresi. Avevamo parlato con lui la sera di Megeve e finalmente dopo qualche giorno così, così lo avevamo visto fiducioso e sorridente.

Nella crono di Copenhagen Andrea (classe 1999) ha chiuso al 56° a 52″ dal compagno Lampaert
Nella crono di Copenhagen Andrea (classe 1999) ha chiuso al 56° a 52″ dal compagno Lampaert

Inizio tosto

«In Danimarca stavo anche bene – racconta Bagioli – poi dopo il primo giorno di riposo ho iniziato a stare un po’ male. I tamponi però erano negativi e poi sono emersi problemi di stomaco. Non mangiavo quasi niente, neanche in gara.

«Ma da domenica sera sto migliorando. Lo sento».

Un inizio non facile per Andrea, ma con la tenacia ha superato questo momento di difficoltà. Per fortuna che lunedì scorso c’è stato un altro giorno di riposo: una manna in questi casi.

«Ho riposato totalmente. Non sono uscito in bici. Ne avevo bisogno sia sul piano fisico, che mentale. Sono rimasto in hotel, ho preso un po’ di sole e ho cercato di non appesantirmi troppo con il cibo. Mi è servito. E la differenza l’ho sentita subito alla ripresa delle tappe.

«Anzi, l’ho sentita alle prime pedalate, ma anche prima. Anche da come mi sono alzato dal letto. Avevo un altra gamba. E anche un altro umore».

«E infatti verso Megeve sono stato con i migliori fino agli ultimi 7 chilometri, poi mi sono staccato per stare tranquillo».

Andrea Bagioli verso il Col du Granon. Era stato anche in fuga ad inizio tappa
Andrea Bagioli verso il Col du Granon. Era stato anche in fuga ad inizio tappa

Dal Bernina al Tour

Inizialmente però i programmi di Andrea prevedevano altro. C’era il Giro e non il Tour, ma poi i malanni della primavera, un grande affaticamento, hanno scombussolato tutto.

«Non dovevo fare il Tour – riprende Bagioli – poi però in primavera la squadra mi ha detto che ero nella lista dei 12 da selezionare per la Francia e allora mi sono preparato bene. Mi sono messo giù deciso. Al Delfinato sono andato forte e mi hanno portato».

La notizia del Tour è arrivata dopo la corsa francese che fa da antipasto alla Grande Boucle. Bagioli era in ritiro in altura, sul Bernina. Era appena partito in allenamento, quando il telefono ha squillato e: «”Brama” mi ha detto che mi avrebbero portato. E’ stata una gran bella emozione. L’ho detto subito alla mia fidanzata e poi alla mia famiglia. Tra l’altro dovevo fare un giretto facile quel giorno e quindi me la sono proprio goduta.

«Il Tour è la gara che ho sempre sognato di fare. La corsa più importante al mondo, con i migliori ciclisti al mondo».

Sul pavè Bagioli non aveva grande esperienza, in più non stava bene e aveva anche forato (foto Instagram – @gettysport)
Sul pavè Bagioli non aveva grande esperienza, in più non stava bene e aveva anche forato (foto Instagram – @gettysport)

Impressioni del debutto

«E’ quello che mi aspettavo – spiega Bagioli – velocità alte, tanto stress in gruppo, tutti i giorni si va forte… La prima settimana ci sono state velocità folli, col gruppo sempre in fila indiana».

Tuttavia proprio quest’anno in qualche occasione la fuga è andata via al primo scatto. C’è stato un pizzico in più di tranquillità.

«In Danimarca sì. E infatti sono rimasto un po’ sorpreso e mi sono detto: ah, è anche facile il Tour! Ma quando siamo arrivati in Francia è cambiata la musica. Poi si sapeva che lassù sarebbe arrivata la volata e quindi era un po’ inutile tentare la fuga».

Grande sintonia tra Bagioli e Cattaneo (a sinistra): i due condividono anche la camera
Grande sintonia tra Bagioli e Cattaneo (a sinistra): i due condividono anche la camera

Sognando la fuga

Nella tappa del pavè quindi le cose non sono andate benissimo. Bagioli era nel pieno dei suoi malanni e in più ci si è masse anche la sfortuna.

«Ho forato – dice il lombardo – nel terzo settore. E ora che cambi la ruota, aspetti l’ammiraglia, gli altri sono già sul settore successivo. Quindi ho finito nel gruppetto. 

«Di solito si prende bene il gruppetto qui. Siamo sempre in 10-15. Il brutto è quando resti proprio nell’ultimo drappello in quattro, cinque. Allora lì è dura. Però c’è Cattaneo, con cui sono in camera, che mi dà tanti consigli. Con Mattia parlo molto. E anche nei giorni in cui le cose non andavano bene, di testa mi ha tenuto su».

Ma il Tour non è finito anzi. Ieri intanto Bagioli ha dato un bel segnale, poi si vedrà.

«Il sogno è vincere una tappa, magari trovare la fuga giusta e giocarmi le mie carte. Per il resto prevedo… un Tour duro!

«Anche per chi è davanti. Pogacar lo davo per favorito, ma come ho sempre detto avrebbe contato molto anche la squadra, tanto più che la UAE Emirates già ha perso due uomini».

E’ il Tour, nessun regalo. Bettiol e Kamna guardano avanti

12.07.2022
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Cosa ti pare del numero rosso? «Non mi garba, ragazzi, posso dirlo? Io oggi volevo vincere». Poi Bettiol allarga le braccia e si infila nel pullman rosa della Ef Education-Easy Post, in attesa che arrivi Magnus Cort, che ha vinto all’aeroporto in quota di Megeve. Il toscano ha ricevuto sul podio il numero rosso di atleta più combattivo, ma per la sua indole vincente, quel trofeo gli è parso più un contentino. Scuote il capo, le anche sporgono, la gamba pulsa per la fatica che lentamente defluisce.

Cos’era oggi, un piano o un sogno? «Non ho mai pensato alla maglia gialla prima del traguardo. Avevo in testa piuttosto di vincere la tappa – dice Kamna – e mi sono davvero impegnato a lungo per farlo. Ma ho avuto davvero la sensazione che l’intero gruppo stesse correndo contro di me. E così facendo hanno rinunciato alle loro chance». Poi il tedesco riprende a girare le gambe sui rulli, con la classifica che lo vede a 11 secondi dal primato di Pogacar. Sylwester Szmyd dà di gomito e dice che forse lo sloveno stavolta ha esagerato. E’ andato a riprenderlo alla Planche des Belles Filles e oggi lo ha rifatto. Poi allarga le braccia e va verso Vlasov, anche lui arrivato da poco.

Megeve ha accolto il Tour sei anni dopo l’ultima volta, quando si ragionava delle Olimpiadi di Rio imminenti e Nibali era qua per costruire la condizione. Fra i ricordi di quel giorno, ci fu un’intervista che Vincenzo rilasciò a Gianni Mura, parlando quasi esclusivamente dei suoi vini preferiti. Gianni manca, poco altro da dire.

Bettiol, fuga per caso

Bettiol nella fuga c’è entrato quasi per caso e ha tirato dritto. E mentre era lì che stringeva i denti, si è trovato con un fumogeno rosso in mezzo alla strada.

«Li ho visti anche da lontano – racconta – e ho capito subito che il gruppo non poteva passare, perché erano tanti e belli decisi. Sono cose he succedono, però stiamo tutti lavorando e potrebbero protestare diversamente. Fortunatamente mi hanno ridato il vantaggio. Avevo paura anche più di quello, perché in passato sotto il minuto facevano ripartire tutti insieme. Invece la giuria è stata brava».

La lunga sosta di Bettiol (e del gruppo) per la manifestazione sul pecorso
La lunga sosta di Bettiol (e del gruppo) per la manifestazione sul pecorso

«E’ stata una cosa strana – prosegue – perché non è mai bello ripartire da zero a 60 all’ora. Le gambe si sono un po’ bloccate, ma insomma… Cosa ho fatto mentre aspettavo? Innanzitutto la pipì perché mi scappava forte. Poi ho cercato di girare le gambe, ho cambiato le borracce e ho bevuto. Mi sono sgranchito un po’ le gambe e poi ho pensato di partire più forte possibile».

Kamna, nessun favore

Kamna al Tour c’è venuto dopo aver corso (e bene) il Giro. Anche da noi avrebbe potuto prendere la maglia rosa, se sull’Etna oltre a vincere, fosse riuscito a staccare Lopez. E mentre gira le gambe, gli riferiamo l’osservazione di Szmyd sul fatto che per due volte, per un motivo o l’altro, Pogacar gli abbia impedito di raggiungere il suo obiettivo.

«Penso che oggi – risponde – mi abbiano lasciato molto tempo. Alla fine è sport. Non ci facciamo regali a vicenda, perché stiamo tutti combattendo. Per un buon piazzamento, per la classifica, per qualunque cosa. E non mi aspetto che qualcuno mi regali qualcosa, soprattutto la maglia gialla. Mi è piaciuto molto il Giro, è stato fantastico, abbiamo fatto la corsa perfetta. E’ stato molto divertente, ma mi piace anche il Tour. E’ un’altra grande gara. Anche l’atmosfera è eccezionale, probabilmente un po’ più stressante». 

Bettiol, quattro volte di più

Bettiol è infastidito, quasi che parlando si renda conto che avrebbe potuto vincere. Ma parla per la squadra e spiega che i risultati di oggi saranno utili per gli uomini di classifica. Poco prima del traguardo, in uno scambio di messaggi con Leonardo Piepoli che lo allena, il pugliese ha scritto che normalmente per vincere serve essere due volte superiori, oggi forse tre.

«Oggi – sorride Bettiol – serviva essere quattro volte più forti, tanto si andava forte. Quando ho capito che stavano venendo a prendermi, ho preferito aspettarli e magari girare con loro. Riposarmi un attimo. Vedevo c’era poco accordo e ho riprovato, ma il corridore della Intermarché era più stanco di me. Comunque tutto questo lavoro alla fine è servito a Magnus per vincere la tappa, quindi sono contento per lui. Sono contento per la squadra, questa vittoria ci dà motivazione».

Kamna, domani sarà dura

Kamna è secondo in classifica, come fu secondo dopo l’Etna, ma se gli chiedi cosa farà domani, esclude nettamente la possibilità di tornare in fuga.

«Sono al secondo posto – dice – domattina cercherò di capire a che punto sono e certo non mi arrendo. In una fuga come questa perdi un sacco di energia, quindi domani dovrò stringere i denti. Cercherò di resistere il più a lungo possibile. Nessuna fuga, domani sarei contento di non saltare…».

Dopo il bagno di folla in danimarca, quando vestiva la maglia a pois, per Magnus Cort è arrivata la vittoria
Dopo il bagno di folla in danimarca, quando vestiva la maglia a pois, per Magnus Cort è arrivata la vittoria

Ha la faccia da ragazzo felice, i capelli dritti e le guance rosse. Racconta Szmyd che qui a Megeve nel 2020 aveva vinto la prima corsa da professionista. Così quando si è reso conto che ci sarebbe arrivato ancora, si è rimboccato le maniche e ha annunciato che sarebbe andato in fuga.

Bettiol, voglia di vincere

Bettiol ha voglia di tornare sul pullman e allungare le gambe. La discesa dal traguardo l’hanno fatta in bici col fischietto al collo e a quest’ora hanno bisogno di riposare e recuperare in vista delle prossime due tappe durissime.

«Ho rischiato – dice Bettiol – non volevo farlo cosi presto. Mi sono ritrovato là davanti casualmente e ho tirato dritto. Comunque sono contento, non stavo neanche troppo bene oggi perché avevo i battiti un po’ alti, forse dovuti al giorno di riposo di ieri. Spero che vi siate divertiti e spero nei prossimi giorni di divertirmi anch’io. Non mi garba quel numero ragazzi, non mi garba davvero. Spero che possiate capirlo».