Il capitano e la bici del gregario: dietro c’è un mondo

11.07.2024
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L’altro giorno, verso Troyes, Jonas Vingegaard ha preso la bici di un compagno e con quella ha tirato dritto fino alla fine. Quella è stata la tappa degli sterrati, corsa a tutta velocità… ma la cosa ci ha fatto riflettere. Se oggi tutto è calcolato alla perfezione cosa comporta pedalare per 100 e passa chilometri su un altro mezzo?

E ancora. Si è letto e sentito che le misure di Vingegaard e Jan Tratnik (in apertura la foto di Jonas con quella bici) fossero le stesse e che addirittura un gregario nei grandi team pedali con le misure del leader. Tratnik al contrario ha detto che il suo capitano, pensando proprio ad una situazione simile, in ritiro si era allenato con una bici che riproponeva le sue misure. Tutta questa carne al fuoco ci ha fatto riflettere.

Cornacchione, meccanico della Ineos Grenadiers, ha detto che il leader sa sempre prima di una tappa chi deve cedergli la bici in caso di guasto
Cornacchione, meccanico della Ineos Grenadiers, ha detto che il leader sa sempre prima di una tappa chi deve cedergli la bici in caso di guasto

Parola al meccanico

Per capire meglio come funzioni il cambio di bici, in generale e non riferito al caso Vingegaard-Tratnik, ci siamo rivolti a Matteo Cornacchione, meccanico della Ineos Grenadiers.

Matteo, ma quindi è vera questa cosa che al gregario vengono modificate le proprie misure in favore del capitano?

No, ogni corridore ha la sua bici. O almeno da noi non è così. I direttori sportivi danno però delle indicazioni.

Cioè?

Solitamente si indica al capitano il corridore che ha la misura e l’altezza di sella più vicine sia in basso che in alto. Faccio un esempio, l’altro giorno verso Troyes a Carlos Rodriguez che è il nostro capitano è stato detto che in caso foratura il primo corridore cui fare riferimento era Bernal. Egan infatti ha la sella più bassa di soli 2 centimetri. L’alternativa in alto è De Plus. Quindi comunichiamo sempre l’uomo di riferimento per il cambio bici in corsa.

Nel limite delle possibilità c’è un uomo “più adatto” a seconda delle tappe?

Sì, infatti l’altro giorno un’altra buona alternativa, sempre riprendendo l’esempio di Rodriguez, era Kwiatkowski. Comunque prima di un grande Giro i capitani vengono avvertiti su chi ha misure simili.

Carlos Rodriguez ha avuto il più possibile vicino Bernal durante la tappa dello sterrato. Il colombiano era pronto a cedergli la bici in caso di necessità
Rodriguez ha avuto il più possibile vicino Bernal durante la tappa dello sterrato. Il colombiano era pronto a cedergli la bici
Ovviamente Matteo parliamo di casi limite, quando non è possibile cambiare la bici normalmente…

Certo, anche dopo il passaggio di bici da un gregario ad un leader, l’idea è di cambiare la bici appena possibile. Ma l’altro giorno, con il gruppo esploso in quel modo l’ammiraglia era 3′-4′ dietro. Meglio adottare questa soluzione che attenderne l’arrivo.

Hai parlato di corridori ben consapevoli delle misure: per caso fornite anche la chiavetta per certe corse?

Noi la diamo sempre, i nostri hanno in tasca la brugola. Anche per la sostituzione della ruota. Tra l’altro i ragazzi sono informati sempre di un eventuale extra supporto a bordo strada. Guadano Veloviewer e gli dicono: «Fra un chilometro c’è il cambio ruote». Nella tappa di Troyes avevamo ulteriori 14 extra feed venuti dal Belgio. Ognuno aveva un set di ruote montate con gomme da 32 millimetri e anche una borraccia.

La tecar uno dei trattamenti usati in caso di forte stress post tappa (foto Instagram)
La tecar uno dei trattamenti usati in caso di forte stress post tappa. In foto Cosentino

Parola al massaggiatore

Ma se questo è il punto di vista del meccanico, dal punto di vista fisico e muscolare cosa succede quando un atleta che all’improvviso cambia bici e quindi misure? Un corridore pedala per circa 30.000 chilometri in un anno: va da sé che c’è uno shock. Di questo aspetto parliamo con Emanuele Cosentino, fisioterapista e massaggiatore della VF Group-Bardiani.

Quindi, Emanuele, è un bello shock per le catene cinetiche? Per i muscoli?

Ne risente la postura in primis. Un corridore parte con una bici che ha determinate misure, le sue misure, quindi con degli angoli ben precisi che lo mettono in condizioni di efficienza, muscolare, aerodinamica e biomeccanica massima. Il muscolo lavora bene. Appena cambia bici, le cose si complicano.

E cosa succede?

Se ci si pedala per 10 chilometri, poco o niente. Se invece la durata è superiore, la prima parte che ne risente è la schiena, poi il collo e la pedalata non è più “rotonda”. Inevitabilmente si creano degli scompensi.

Ti è mai capitato di manipolare un corridore dopo aver cambiato una bici in corsa?

Proprio in corsa no, ma è successo che un atleta pedalasse con una bici più bassa di ben 3 centimetri. E le problematiche maggiori non emergono subito, ma il giorno dopo. 

Insomma, Vingegaard è stato fortunato che il giorno dopo ci fosse il riposo?

Direi di sì. Poi c’è anche chi subisce di meno e chi di più questo stress. Ma di fronte a dei dolori simili oltre al massaggio si lavora con la tecar e i trust.

Il ginocchio è tra i punto del corpo che risente maggiormente di un cambio improvviso di bici, specie in caso di sella più bassa
Il ginocchio è tra i punto del corpo che risente maggiormente di un cambio improvviso di bici, specie in caso di sella più bassa
Senza scendere troppo nel dettaglio, cosa succede se il corridore pedala con la sella più bassa?

Ne risentono soprattutto le ginocchia e la zona lombare. Il quadricipite va a sollecitare il ginocchio in modo diverso, più stressante in quanto gli angoli sono più chiusi. Riguardo al collo in invece, molto dipende dalla lunghezza. Ma se la bici è troppo corta ci potrebbe essere un intorpidimento delle mani. E anche dei piedi.

E se la sella è più alta?

Sempre problemi lombari, ma stando più in punta di sella lavorano di più altri muscoli, come per esempio i polpacci e tutta la zona del bacino, che tra l’altro bascula di più. Inoltre la zona del collo, l’elevatore della scapola, le spalle… sono più sollecitati. E molto dipende anche da quanto è più lunga la bici. Davvero è un discorso vastissimo. E per questo rispettare la propria biomecanica al giorno d’oggi è fondamentale.

Di certo, visto come è andato ieri Vingegaard deve aver recuperato bene!

Consumi e interventi durante il Giro. Andiamo in casa UAE

28.05.2024
6 min
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Se lo scorso anno con Matteo Cornacchione, meccanico della  Ineos Grenadiers, avevamo parlato dei materiali che si portano al Giro d’Italia, stavolta con il collega della UAE Emirates, Alberto Chiesa, vediamo quanti se ne consumano.

Andando in casa UAE Emirates abbiamo fatto anche un focus sulla maglia rosa, Tadej Pogacar. Vi diciamo subito, tanto per rendere l’idea della meticolosità che ormai vige a certi livelli, che lo sloveno aveva sette bici prima del via (cinque da strada e due da crono), che sono poi arrivate a 9 con le due total pink sfoggiate nelle ultime frazioni. Gli altri ne avevano cinque (tre da strada e due da crono). Nel motorhome dei meccanici c’erano inoltre 50 coppie di ruote.

Alberto Chiesa con Tadej Pogacar
Alberto Chiesa con Tadej Pogacar
Alberto, partiamo dalle gomme, probabilmente il componente che più avete cambiato: quante ne avete sostituite?

Tutti i corridori più o meno in tutte le tappe hanno usato dei tubeless Continental versione Crono TT da 28 millimetri e in tutto il Giro d’Italia ne abbiamo cambiate 15-16. Non molte, a dire il vero. Abbiamo solo una foratura, tra l’altro quella di Tadej verso Oropa. Sono stati fortunati e il prodotto è valido. Pertanto quelle che abbiamo cambiato sono state per usura.

E riguardo al liquido sigillante facevate dei reintegri?

Ogni tanto sì. In UAE usiamo un sistema, un tag su ogni ruota, in cui registriamo le manutenzioni che vengono effettuate su quella ruota: cambio gomma, vari interventi, immissione del liquido… Questo tag lo leggiamo con la funzione NFC del telefono. Questo ci permette di avere sotto controllo sempre il livello del liquido sigillante che c’è all’interno delle gomme.

Catene: quante sostituzioni?

I corridori sono partiti con catene nuove sostituite prima del Giro e poi hanno cambiato una catena a testa durante le tre settimane. Quindi otto catene, che abbiamo sostituito nel secondo giorno di riposo. Anche se poi in generale quel che comanda è l’usura della catena stessa. Generalmente le sostituiamo il secondo giorno di riposo, perché di solito ci sono meno salite nella prima parte. Ma chiaramente se vediamo che c’è da fare un intervento lo facciamo, senza problemi.

I vostri ragazzi avevano il ragno del freno a disco in carbonio: come mai?

Tutti avevano questo ragno in composito di Carbon-Ti, ma alcuni avevano quello aero, cioè pieno. Oltre ad essere più aero è anche un po’ più rigido. Nella crono lo usano tutti, su strada è più una cosa che vogliono i velocisti.

La Colnago V4Rs tutta rosa che Pogacar ha utilizzato a Bassano e a Roma (foto Fizza)
La Colnago V4Rs tutta rosa che Pogacar ha utilizzato a Bassano e a Roma (foto Fizza)
Veniamo alle pastiglie…

Forse questo componente ha rappresentato la sostituzione più frequente. L’usura delle pastiglie è molto soggettiva: dipende dalla frenata e dal peso del corridore. Ho fatto un reintegro prima dell’ultima settimana, ne ho fatte arrivare altre 6-7 coppie. Diciamo che fino a che non sono arrivate le grandi salite ne avevamo cambiate molto poche. Poi non solo si sono affrontate le salite, e quindi le discese, ma è anche iniziato a piovere e l’acqua ne ha aumentato il consumo. Però devo dire che con Shimano l’usura è abbastanza limitata, per cui rispetto al passato ne abbiamo sostituite di meno.

Chi era quello un po’ più aggressivo, mettiamola così, che ha consumato più pastiglie?

Sicuramente i corridori pesanti tipo Langen, Bjerg o Molano.

E poi c’è l’altra componentistica: nastri manubrio, selle, cuffie delle leve…

Di base le selle non si cambiano. Poi è chiaro che se uno la rompe, la sostituiamo. Con i nastri manubrio, se non si cade, ci si fa tutto il Giro, tanto più che i nostri nastri sono neri. Mentre il nastro rosa che aveva Pogacar si sporcava di più e lo abbiamo cambiato almeno 3-4 volte. Magari anche gli altri nastri sono stati sostituiti, ma perché poteva accadere che nel movimentare le bici, nell’appoggiarle ai muri si graffiavano un po’ e quindi li cambiavamo.

Lo spider del freno a disco aero di Carbon-Ti utilizzato in casa UAE Emirates
Lo spider del freno a disco aero di Carbon-Ti utilizzato in casa UAE Emirates
Alberto, parliamo un po’ più di Pogacar e della sua bici. Che interventi avete fatto durante il Giro?

Il suo setup non è mai stato cambiato. Tadej ha fatto tutto il Giro d’Italia con gli stessi rapporti e le stesse misure. Tra l’altro con Carbon-Ti abbiamo messo a punto un sistema della guarnitura estremamente precisa e credo che su questo punto siamo avanti anni luce. Semmai Tadej ha cambiato bici nelle ultime due tappe, utilizzando la Colnago rosa che tutti avete visto. Aveva cambiato la sella già dopo aver preso la maglia di leader, montando appunto lo stesso identico modello ma rosa. La Colnago che aveva sul Grappa l’avevamo montata due giorni prima in magazzino ed è arrivata il venerdì sera in hotel. 

E invece Pogacar com’è: pignolo, lascia fare a voi…?

Molto più tranquillo di tanti altri. Una volta trovata la posizione e individuato i materiali che funzionano non chiede nulla. Mentre è parecchio sul pezzo per quel che riguarda la bici da crono: su quella s’informa molto. 

Ci avete lavorato su questa bici, vero?

Sì, e ci stiamo ancora lavorando fianco a fianco con Colnago. La bici è stata alleggerita e altre novità ci saranno in vista del Tour de France.

Per il leader della UAE quattro catene differenti (su due bici)
Per il leader della UAE quattro catene differenti (su due bici)
Pogacar sviluppa molti watt, consuma di più la catena?

Non è che lui la consumi di più, ma è ovvio che per Tadej c’è un occhio di riguardo rispetto agli altri corridori della UAE. Bisogna metterlo in condizione di avere sempre la bicicletta pronta al top, per cui lui ha fatto due cambi di catena: una nuova prima del Giro, una dopo il primo giorno di riposo e un’altra dopo il secondo giorno di riposo. E poi ancora per le ultime due tappe con la bici rosa. Ma per il resto il suo consumo è come quello degli altri, anzi…

Anzi?

Mediamente con una catena Shimano (12 V, ndr) ci facciamo 2.000 chilometri, ma lui tende ad andare agile e a lavorare con la catena piuttosto dritta. Quindi ad essere pignoli il suo consumo è anche un po’ minore, perché minore è l’attrito su pignoni ed ingranaggi della catena.

Sulla sua bici da crono gli unici cambi di rapporto di tutto il Giro, le corone: 60 nella prima, 62 nella seconda
Sulla sua bici da crono gli unici cambi di rapporto di tutto il Giro, le corone: 60 nella prima, 62 nella seconda
Altri interventi relativi al capitano della UAE?

Come detto, per la strada ha usato sempre gli stessi rapporti, così come le pedivelle: 165 millimetri sia su strada che a crono. Mentre sono cambiate le corone tra prima e seconda crono: nella prima aveva il 60-46, nella seconda la monocorona da 62 denti.

E le tacchette degli scarpini?

Quelli sono stati cambiati da tutti. I ragazzi ci tengono molto affinché siano sempre nuove e ben aderenti al pedale. E noi ormai abbiamo un macchinario che garantisce il perfetto posizionamento delle stesse. Anche Tadej le ha cambiate quando gli hanno dato le scarpe rosa.

In generale quindi non avete sostituito molti pezzi, è così?

E’ vero, rispetto al passato molti meno. D’altra parte i materiali migliorano, le usure migliorano… e questo va a vantaggio sia della sicurezza, ma anche della qualità del nostro lavoro. Pensate cosa significhi per un meccanico guadagnare almeno mezz’ora di riposo al giorno per tre settimane.

La nuova scelta di Leone, meccanico a tempo pieno

01.03.2024
5 min
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Quando un corridore decide di smettere, l’amarezza e il rimpianto sono i classici sentimenti che emergono dalle sue parole. Non è questo il caso di Samuele Leone, che ad appena 22 anni ha deciso di porre fine alla sua carriera agonistica spesa fra ciclocross e mtb per seguire un’altra direzione e dedicarsi in toto alla sua professione di meccanico.

L’ultimo successo del lombardo, al Torun Cyclocross nello scorso novembre (foto Billiani)
L’ultimo successo del lombardo, al Torun Cyclocross nello scorso novembre (foto Billiani)

Lo aveva anticipato qualche giorno fa parlando della sua ultima (è davvero il caso di dirlo) stagione alla Fas Airport Services-Guerciotti-Premac, ma un caso così fuori dagli schemi meritava di essere approfondito e Leone lo ha fatto di buon grado, orgoglioso della sua coraggiosa scelta. «Non mi è pesato, l’ho fatto con convinzione pensando al mio futuro e seguendo la mia passione. E’ una scelta completamente mia, se volevo potevo trovare ancora spazio sia per l’attività estiva su strada, sia ancor di più cercarmi un team per il ciclocross, ma ho deciso di non porre tempo in mezzo e dedicarmi a quel che amo di più. So di essere una mosca bianca, ma non mi pento della mia scelta».

Dopo l’ultima buona stagione, la Guerciotti ti avrebbe confermato?

Molto probabilmente. Sono stato benissimo con loro come prima alla Merida, devo dire che la mia carriera è trascorsa fra grandi team. Avrei anche potuto continuare a fare come quest’anno, dividermi fra il lavoro e l’attività agonistica, ma a me non piace fare le cose a metà né espormi a brutte esperienze. Era tempo che mi dedicassi interamente a quella che può essere la strada della mia vita. Mi piace andare in bici e continuerò a farlo, ma per mio diletto, non più per competere.

La vittoria da junior ai campionati italiani di ciclocross, nel 2019 (foto Ghilardi)
La vittoria da junior ai campionati italiani di ciclocross, nel 2019 (foto Ghilardi)
Com’è nata questa tua passione?

Nel periodo del Covid, avendo più tempo libero a disposizione, mi sono avvicinato a questo bellissimo mondo e ho trovato un negozio, la Cicli Carreri di Mariano Comense, dove guardare e imparare, poi cominciare a dare una mano e infine ad essere assunto part time. Sono cresciuto piano piano, imparando in bottega alla vecchia maniera, con la gavetta, senza corsi particolari. Ma è e resta il modo migliore. Ora sono passato full time, 40 ore settimanali dal lunedì al venerdì.

E nel weekend?

Posso dedicarmi a quel che mi piace di più, i miei hobby. Che comprendono la bici ma non solo, perché a me piacciono tutti gli sport e piace molto sperimentare. In questo modo posso fare altro alla domenica, libero la testa e mi dedico alla famiglia.

Samuele all’opera in negozio. Ha iniziato dividendosi con gli allenamenti, ora lavora 8 ore al giorno
Samuele all’opera in negozio. Ha iniziato dividendosi con gli allenamenti, ora lavora 8 ore al giorno
E proprio in famiglia che cosa hanno detto di questa tua coraggiosa decisione?

Mi hanno sempre supportato in tutto quel che facevo. Hanno capito che questa è la mia strada, anche per costruirmi un futuro e mi hanno dato pieno appoggio. Come detto avrei anche potuto mantenere una porta aperta per l’agonismo, ma non mi piace fare le cose a metà, senza crederci e investire tutto me stesso. Non fa parte del mio essere.

In che cosa consiste il tuo lavoro?

Ora mi occupo di qualsiasi tipo di bici, dalla superleggera alle mountain bike, ma anche a pedalata assistita, le city bike e bici da bambini. Vi posso assicurare che per la maggior parte sono bici da movimento e trasporto, perché la bicicletta è e resta innanzitutto un mezzo di spostamento per il lavoro e la vita quotidiana. Lavoro ce n’è sempre, ora con l’arrivo delle belle giornate ancora di più. Insomma, con le mani in mano non si sta mai…

Con Persico, Bramati e Toneatti sul podio iridato a Fayetteville nel 2022
Con Persico, Bramati e Toneatti sul podio iridato a Fayetteville nel 2022
Quali sono i ricordi più belli che ti porti dietro?

E’ difficile fare una cernita, perché dovrei dire tutta la mia carriera. Anche le giornate buie, quelle dove le cose non sono andate per il verso giusto sono alla fine bei ricordi perché mi hanno comunque insegnato qualcosa. Quel che si raccoglie non è sempre il risultato fine a se stesso. Poi, scavando, potrei dire la mia trasferta con la nazionale ai mondiali americani, la vittoria con la staffetta. E’ stata una grande emozione sentire l’inno nazionale sul podio… Ma non posso dimenticare la conquista del titolo italiano juniores all’Idroscalo.

E all’infuori del ciclocross?

Le trasferte con gli amici in camper, per le gare di mtb. Quelle sono esperienze che mi porterò sempre dietro. Non era facile affrontare trasferte da soli, forti solo della nostra gioventù, resistendo alla tentazione di lasciarsi andare. Essere invece seri, cercare di portare risultati, come il secondo posto ai campionati italiani dello scorso anno.

In nazionale Leone è stato 11° ai mondiali da junior nel 2019 e 13° da U23 nel 2022
In nazionale Leone è stato 11° ai mondiali da junior nel 2019 e 13° da U23 nel 2022
Tu lavori in un negozio. Ti è mai solleticata l’idea di lavorare in un team, o meglio ti sono arrivate offerte considerando la tua scelta?

Tantissime. Ne ho avute molte di più come meccanico che come corridore… Addirittura da un team di primo piano, che sta ora correndo l’Andalucia Bike Race di mtb, mi avevano chiesto di andare con loro in Spagna. Di offerte ne ho avute tante, ma per ora preferisco avere una vita più semplice, godermi la casa e la famiglia nel fine settimana, visto che per anni sono stato sempre via, d’inverno e d’estate. Non nascondo però che mi piacerebbe lavorare per un team di ciclocross, magari il prossimo inverno mi vedrete ancora in giro…

Che rapporto c’è fra i corridori e la loro bicicletta?

20.11.2023
5 min
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La bicicletta è l’oggetto del desiderio. Costosa e tecnologica, avveniristica e legata in modo indissolubile al motore umano, la bicicletta è una passione e anche uno strumento di lavoro che necessita di cura e manutenzione. Che rapporto hanno gli atleti con il proprio strumento di lavoro?

Abbiamo chiesto ad Andrea Guardini che, tolti i panni del corridore, è diventato il meccanico della Nazionale Italiana della pista (con qualche sbirciatina nel mondo della strada). Ci ha incuriosito un suo commento sul nostro canale YouTube, sotto al video che raccontava l’esperienza di Francesca Selva e Miriam Vece alla UCI Champions League: «Dal 2024 – ha scritto Guardini con tanto di emoticon sorridenti – corso base a tutti gli atleti su cambio rapporti e impacchettamento/spacchettemto pre e post gara!».

Andrea Guardini dopo un anno con il nuovo ruolo
Andrea Guardini dopo un anno con il nuovo ruolo
Cosa porti con te dopo la prima stagione da meccanico della Nazionale?

Un anno bellissimo, intenso e particolarmente impegnativo. Lo è stato perché devo costruire il mio futuro lavorativo, lo è stato perché avevo necessità di fare più giornate per accumulare un’esperienza diversificata, spendendo anche delle ore per imparare dai più esperti in materia. Ecco perché ho iniziato dalla pista e ho fatto il servizio tecnico anche in alcune gare su strada.

Nelle tue parole si percepisce emozione, è così?

Onestamente non avrei mai pensato di vivere delle emozioni così intense, ora che non sono più corridore. Le soddisfazioni che ho avuto agli europei su pista e che porterò sempre con me. Abbiamo fatto incetta di medaglie. Anche aver fatto l’assistenza tecnica agli atleti paralimpici, perché oltre a vedere quanto vanno forte, mi hanno trasmesso una visione di vita differente. Emozioni difficilmente quantificabili.

Guardini in Argentina con la nazionale pista al fianco del CT Villa
Guardini in Argentina con la nazionale pista al fianco del CT Villa
Stai toccando con mano l’enorme lavoro che viene fatto dietro le quinte?

E’ così. Quando ero corridore mi rendevo conto di quanto lavoro veniva fatto per mettere in condizione i corridori di avere il meglio, ma si capisce appieno la mole di cose da fare solo quando si indossa il grembiule e si prendono in mano gli attrezzi. Da una parte è bellissimo, dall’altro lato è veramente tosto e pensavo fosse più semplice. E’ pur vero che la strada e la pista sono due mondi paralleli, ma differenti soprattutto per quanto concerne la gestione tecnica della bicicletta.

Quale è in generale il rapporto che i corridori hanno con la bicicletta?

Posso dire che è un modo di vedere soggettivo. Ci sono corridori e ci sono sempre stati che vedono la bicicletta come una prolunga del proprio corpo e altri che non toccano nulla e lasciano fare tutto ai meccanici quando c’è l’occasione. Prendiamo ad esempio la bicicletta da allenamento, quella più sfruttata e lontana dagli occhi del meccanico. Ci sono atleti che la trattano come fosse la fidanzata (io ero uno di quelli), altri che non la toccano per mesi. E quelle infatti sono le bici che non si possono né vedere né sentire per quanto sono sporche e per i rumori che fanno.

Da sintetizzare con la frase “ho il cambio che salta”?

Si esatto e di solito io rispondo, meno male che fa solo quello!

Per meccanica e tecnica, le bici da pista e quelle da strada sono diverse anche nella gestione
Per meccanica e tecnica, le bici da pista e quelle da strada sono diverse anche nella gestione
Ci puoi raccontare un aneddoto?

Quando ero corridore non sopportavo la bici sporca e che faceva rumori fastidiosi. Non ero un meccanico professionista, ma nella manutenzione fatta a casa mi gestivo bene. Ad esempio prima di fare una distanza lavavo la bici. Quest’anno, prima di partire per l’Argentina ho preso in mano una bici da allenamento che gridava pietà. Povera bicicletta, mi sembrava sofferente per quanto era sporca!

Succede anche con le bici da pista?

Con le bici da pista è diverso. Ovviamente non subiscono le incurie dell’ambiente esterno, ma sono comunque soggette a manutenzione. La polvere che si genera con il legno e altre variabili influiscono sulla loro efficienza.

La conoscenza del mezzo potrebbe aiutare anche nelle situazioni più spinose
La conoscenza del mezzo potrebbe aiutare anche nelle situazioni più spinose
Eppure si potrebbe pensare che le nozioni di meccanica facciano parte del mestiere del corridore!

Dovrebbe essere così. A mio parere manca un minimo di formazione meccanica, piccole cose e semplici segreti che potrebbero facilitare la vita degli stessi corridori in qualche situazione, anche nell’ottica di biciclette più complicate, vedi le trasmissioni elettroniche, i freni a disco e altre variabili. Una volta, una delle prime cose che il pistard si teneva una chiave inglese da 15, fondamentale per cambiare i rapporti e altre cose. Per le bici da strada si teneva un forcellino, quello del cambio, di scorta. Un’abitudine che non esiste più, ma è pur vero che gli staff che ci sono oggi una volta non esistevano.

La multidisciplina è una scuola anche in questo?

Aiuta a svegliarsi e ad essere più… sgamati. Di sicuro aiuta nella visione di corsa, ma anche per quanto riguarda la capacità di leggere i comportamenti della bicicletta. Ne sono convinto da sempre.

Gabriele Tosello che all’Astana ha lavorato con Nibali e con Guardini, aiutandoli nelle scelte
Gabriele Tosello che all’Astana ha lavorato con Nibali e con Guardini, aiutandoli nelle scelte
C’è anche una categoria di atleti che invece mastica la tecnica del mezzo?

Sì, certo! Prendi ad esempio Nibali, ma anche Viviani che è un preciso e molto attento ai materiali. Vincenzo era capace di smontare e rimontare la bicicletta. Provava sempre cose diverse, ai ritiri passava due/tre ore con i meccanici. Anche a me piaceva capire cosa stavo utilizzando, non come lui, ma ritenevo questa pratica una parte del mio lavoro di corridore. Mi rendo conto che più si va avanti e più questa tipologia di corridori viene a mancare, ma non è tutta colpa dell’atleta, perché il mestiere è cambiato molto.

Cosa significa?

Significa che oggi è tutto molto più complesso. Il corridore deve stare attento ai dati dall’allenamento, sentire cosa gli dice l’allenatore, controllare sulla app del telefonino se ci sono aggiornamenti nel profilo personale, andare dal motivatore, controllare il peso e la dieta, fare stretching. Tante cose che sottraggono tempo e concentrazione. Capisco quei ragazzi che durante il giorno sfruttano il poco tempo che rimane per disconnettere il cervello.

Il meccanico al Giro d’Italia. Con Cornacchione alla Ineos

10.05.2023
6 min
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CHIETI – Il meccanico al Giro d’Italia. O comunque in un grande Giro. Il lavoro non è solo in quelle tre settimane. Parte da più lontano ed è parecchio vasto. Matteo Cornacchione è uno dei meccanici storici della Ineos-Grenadiers, fidatissimo di Filippo Ganna. 

Questo lavoro è fatto prima ancora che di cacciaviti, brugole dinamometriche e catene… di ordini, di magazzino, di logistica. Perché se prima non si è lavorato in quella direzione, poi sono dolori. Il materiale per il Giro d’Italia è davvero tanto.

Per ogni corridore della Ineos ci sono pronte almeno due set di ruote per profilo (36, 50 e 60 millimetri)
Per ogni corridore della Ineos ci sono pronte almeno due set di ruote per profilo (36, 50 e 60 millimetri)

Matteo, quanto tempo prima inizi a preparare il materiale che pensi ti servirà al Giro?

Almeno 15-20 giorni dalla partenza. Diciamo che ad una ventina di giorni dal via si fa il punto della situazione, ma in realtà il materiale che serve è stato già ordinato.

E quando? In inverno?

Un paio di mesi prima. Ormai non partiamo da zero e più o meno sappiamo cosa ci serve. La cosa basilare è che non puoi permetterti di arrivare alla partenza di un grande Giro che ti manca qualcosa. E mi riferisco soprattutto al materiale di scorta. Quindi due mesi prima parte l’ordine e ad una ventina di giorni si “fa la conta”. In questo caso, noi meccanici del Giro ci siamo ritrovati una decina di giorni prima della partenza nel nostro magazzino.

Che sta?

A Deinze, a nord di Bruxelles. Eravamo tutti i meccanici del Giro. Ognuno prende in mano due corridori, quindi eravamo in quattro. E ognuno di noi segue in tutto e per tutto le bici dei suoi atleti: quella da crono, da strada, di scorta. Insomma lo segue dalla A alla Z.

Cornacchione (a sinistra) con gli altri meccanici del team inglese, nei pressi del loro (mega) motorhome
Cornacchione (a sinistra) con gli altri meccanici del team inglese, nei pressi del loro (mega) motorhome
In questo Giro chi segui?

Seguo Filippo Ganna e Salvatore Puccio. Gli italiani insomma… Pippo perché è così da tempo e Salvatore perché alla fine è più facile con la lingua, c’è un certo feeling. Così come l’altro meccanico inglese, segue due Geoghegan Hart e Swift. Ogni aspetto delle loro bici passa per lo stesso meccanico. A sera ognuno lava le due bici, le ricontrolla…

Il direttore sportivo fa il “giro delle camere” per sapere come stanno le cose. Voi meccanici fate una sorta di giro del motorhome?

No, perché i ragazzi sono talmente impegnati che fanno fatica a passare da noi. Magari passano per  ringraziarci. Dopo una vittoria passano sempre. I feedback tecnici nella maggior parte dei casi li prendono direttamente i diesse la sera dopo la gara. E se c’è un  problema sono gli stessi direttori che riferiscono a noi meccanici. E questo vale se per il giorno dopo c’è da cambiare una ruota, un rapporto…

Facciamo un passo indietro. Torniamo a quei materiali ordinati a due mesi dal Giro. Di che quantità parliamo? Facciamo una stima di bici, ruote, catene…

Riguardo alle ruote di scorta siamo sulla cinquantina di coppie che diventano 60 se ci mettiamo anche quelle da crono. Calcolate che ogni ragazzo ha cinque bici. In corsa ce ne sono otto, quindi abbiamo 40 bici al seguito. Ma non è tutto: chi punta alla classifica o un leader ha di solito la sesta bici. Tao e Geraint per esempio hanno due bici da crono e quattro da strada. Pippo ha tre bici da strada e tre bici da crono.

Ai team arrivano ogni anno centinaia di catene. E’ il meccanico che fa la conta prima del Giro
Ai team arrivano ogni anno centinaia di catene. E’ il meccanico che fa la conta prima del Giro
E quindi siamo a 43 bici…

In più abbiamo tutti già dei telai di scorta, due per taglia dei corridori che ci sono in corsa. E visto che alcuni hanno la stessa taglia sono “solo” dieci telai. Purtroppo bisogna pensare anche alle cadute, che speriamo non ci siano!

E poi c’è il resto…

Ci sono parecchi manubri, i Most di Pinarello, e le selle FizikAnche questi sono pezzi che bisogna sempre  avere dietro. E di solito ne abbiamo due per misura per ogni atleta. In teoria questo materiale essendo in Italia potremmo anche non averlo dietro, in quanto è facile da reperire: in caso di necessità arriverebbe abbastanza presto. Però meglio averlo con noi. Può capitare che il posto in cui serva non sia facile da raggiungere, che ci siano problemi durante il trasporto e allora lo portiamo con noi visto che la possibilità c’è.

I pezzi che più si usurano: catene e copertoni. Ogni quanto li sostituite?

Per la catena (Shimano 12 velocità, ndr) siamo arrivati a un punto che puoi farci tutto il Giro. Non le cambiamo, almeno che non mostrino grossi problemi chiaramente. Per esempio dopo giornate veramente brutte o dopo strade particolarmente sporche e fangose possiamo anche cambiarle. Ma se questo non succede e non ci sono problemi, nei giorni di riposo facciamo una valutazione dell’usura e valutiamo se cambiarle o meno.

E per quanto riguarda le le gomme?

Le coperture le sostituiamo un po’ di più. Magari c’è chi lima un po’ di più. Chi in partenza quando c’è nervosismo frena e “sgomma”, chi corre più al lato della strada e consuma il battistrada in modo non corretto… Quando vediamo che qualcosa non è più perfetto sulla gomma la sostituiamo senza badare a spese.

Ogni corridore ha a disposizione almeno cinque bici. Che diventano sei per i capitani. Il meccanico ha un bel da fare
Ogni corridore ha a disposizione almeno cinque bici. Che diventano sei per i capitani. Il meccanico ha un bel da fare
E la sostituzione è la stessa per anteriore e posteriore?

Anteriore un po’ meno. Ma bisogna pensare che abbiamo molti set di ruote: 36, 50, 60 millimetri. Ogni corridore ha disposizione tre coppie di ruote. E calcolando che in questo Giro ci sono tre crono, restano 18 tappe. Alcune sono di salita… Quindi le sostituzioni delle gomme e l’usura, alternandosi questi set di ruote, non sono poi così frequenti. Quando prepariamo le ruote, le prepariamo anche con gomme e rapporti. Sono pronte all’uso insomma.

Matteo, invece rispetto a 15-20 anni fa, tu meccanico come ti prepari al Giro? Cosa è cambiato?

Più o meno allo stesso modo. Forse adesso che sono più esperto vivo tutto con maggior tranquillità, mentre prima ero più nervoso, sentivo di più la corsa perché ero più giovane. E poi almeno per me, che ero in squadre italiane, il Giro era di più l’evento dell’anno. Adesso invece tutte le gare sono eventi. Catalunya, Parigi-Nizza o Giro sono quasi la stessa cosa. L’unica differenza è la quantità di materiale che ci si porta dietro. Logicamente sappiamo benissimo che è un appuntamento a cui noi teniamo particolarmente, quindi ci mettiamo ancora più energie, ma non è che in una Tirreno uno si nasconde per lavorar meno. È sempre uguale: dal Laigueglia al Giro d’Italia, per noi il protocollo è lo stesso.

E in questi anni cosa è cambiato nel tuo mestiere? 

Forse un po’ più di maniacalità, di precisione in generale. Ma per noi italiani il Giro è sempre il Giro.

Dieci anni dopo, Oppici torna da Bramati e Lefevere

12.11.2022
5 min
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Fausto Oppici, che fu un buon dilettante e negli ultimi 10 anni è stato il capo dei meccanici al Team Bike Exchange-Jayco, lavorerà dal prossimo alla Quick Step, da cui era uscito nel 2012 per aiutare a creare il team australiano.

Il mercato degli uomini dello staff è meno frizzante di quello dei corridori e probabilmente fa meno notizia, però i direttori sportivi e i team manager sanno che gli uomini giusti nelle posizioni chiave permettono alla squadra di girare meglio. Perciò se con la chiusura della Drone Hopper-Androni la Bardiani si è presa tutto il suo staff della performance, il ritorno di Oppici sull’ammiraglia italiana di Bramati darà al tecnico bergamasco una sicurezza in più. Soprattutto alla vigilia di un anno in cui in Italia potrebbe arrivare in modo più massiccio baby Evenepoel.

E’ il 2004, Bettini non ha ancora vinto le Olimpiadi: qui siamo alla Tirreno
E’ il 2004, Bettini non ha ancora vinto le Olimpiadi: qui siamo alla Tirreno

Costruire un team

Fausto Oppici, classe 1970, vincitore di una Coppa Caduti Nervianesi e secondo alla Coppa San Geo del 1992, è stato una delle colonne portanti della Quick Step di Boonen. Per cui pensare al team belga ha sempre portato ottimi ricordi.

«Era un po’ che Bramati e Lefevere mi chiedevano di tornare – sorride –  e alla fine ho detto: ci provo. Volevo trovare altri stimoli dopo 10 anni qui alla Bike Exchange. Torno in un posto che conosco già. La struttura è rimasta quella, una parte del personale è la stessa. Ero venuto via per seguire il progetto di Alvaro Crespi e Shayne Bannan. Mi avevano offerto il posto di responsabile di tutta la parte legata alla meccanica e ho accettato, per provare anche la nuova sfida. Però adesso, dopo 10 anni, sono cambiate tante cose. Ci sono tante più incombenze e mi sono detto che forse è tornato il momento di fare nuovamente il meccanico. Quando torno da una corsa, ho bisogno di stare a casa…».

Mondiali 2010, lo staff dei meccanici azzurri: c’è anche il mitico Franco Vita
Mondiali 2010, lo staff dei meccanici azzurri: c’è anche il mitico Franco Vita
Invece negli ultimi anni?

Rientravo da una corsa e andavo in magazzino a lavorare. Non ci sono solo le biciclette. C’è da fare il programma, ci sono le macchine, i camion, ci sono tante cose da vedere e da fare. Magari vai per pensare solo alle biciclette, poi arrivi e trovi il tuo collega che lavora quasi solo in magazzino. Magari è lì che guarda i mezzi, quindi lo aiuti. Lo accompagni, perché sai che deve portarli in officina. Ogni volta che ci sono dei cambiamenti di programma, se per esempio arriva una nuova corsa da fare, devi organizzare gli spostamenti di tutti gli altri. Non sei da solo, ma ti metti lì col direttore sportivo. Erano le cose che di solito facevo con Vittorio Algeri o con Gene Bates. Ci mettevamo lì a vedere se c’era la possibilità di incastrare tutto.

E’ stata un’esperienza positiva?

Mi sono sempre trovato bene, mi è piaciuto, mi sono divertito. Mi sono tolto delle belle soddisfazioni. Non ho niente da recriminare. Ho voluto provare la nuova esperienza di una squadra nuova che nasceva completamente da zero. Ma erano già diversi anni che “Brama” mi chiamava e con Lefevere sono sempre rimasto in contatto. Non ho mai avuto problemi con lui. Quando mi vedeva, ci siamo sempre salutati, abbiamo sempre parlato. Anche solo per gli auguri di Natale o cose del genere. E così quest’anno ho detto di sì ed è stato come tornare a casa.

Cosa ricordi di quella Quick Step?

L’ultimo anno con loro fu il 2011. C’era Boonen e c’era Chavanel. Quell’anno arrivò Trentin, che venne a fare il Tour of Beijing da stagista. Poi l’anno dopo passò professionista con loro, ma io ero già andato. Però me lo sono ritrovato nel 2018 alla Mitchelton. Avevamo bici Specialized. Negli anni abbiamo cambiato un po’. All’inizio avevamo Time. Poi siamo passati a Merckx e dopo a Specialized.

Bramati è una delle colonne della Deceuninck. Qui con Tegner, responsabile marketing e comunicazione
Bramati è una delle colonne della Deceuninck. Qui con Tegner, responsabile marketing e comunicazione
Com’è fare il meccanico in una squadra così?

Fare il meccanico alla Quick Step, per quello che il ciclismo rappresenta in Belgio, è come essere alla Juventus. Nel mio piccolo, essere ancora ricercato da una squadra così importante vuol dire che, a parte l’amicizia, qualcosa posso dargli. Sennò certamente non avrebbero avuto bisogno di me. Con tutte le virgolette, forse qualcosa valgo anch’io.

Tanto onore e tanta responsabilità?

Non piccola. Più si alzano gli obiettivi, più si alza il valore dei corridori e più ce l’hai sulle spalle. Perché se poi qualcosa non funziona, tocca sempre a te. Durante la corsa hai sempre il timore che possa succedere qualcosa alla bicicletta che hai preparato. E poi quando magari qualcosa succede davvero, anche la più piccola, cominci a pensare a cosa possa essere successo. Ti fai venire mille paturnie.

Sai già che programma farai?

Bene o male, so il numero dei giorni. Se ne discute, nel senso che c’è il responsabile che farà il calendario. Però al momento di farlo, ti chiede se Ie corse che ha pensato vanno bene. Se hai qualche problema in un giorno particolare, in cui hai bisogno di stare a casa o cose del genere. Io ovviamente sarò orientato sulle corse in Italia. L’orientamento delle squadre è non far viaggiare troppo lo staff, se non è necessario. Sarebbe stupido che io andassi a fare le corse in Belgio, se lassù ci sono i meccanici belgi.

Oppici è stato per 19 anni meccanico della nazionale. Ha fatto anche 4 Olimpiadi: 2 con l’Italia e 2 con l’Australia
Oppici è stato per 19 anni meccanico della nazionale. Ha fatto anche 4 Olimpiadi: 2 con l’Italia e 2 con l’Australia
Solo Italia, dunque, per Oppici?

Magari capiterà di andare al Nord o altrove. Ad esempio Bramati in Belgio ci va di sicuro, ma è altrettanto sicuro che le corse italiane toccano a lui. Si cerca di dividere i compiti, anche se di italiani nella squadra non ce ne sono tanti. Siamo in quattro. Bramati, Tegner che però è un dirigente, un massaggiatore (Yankee Germano, ndr) ed io.

Sei già andato in magazzino?

Non sono ancora stato su, anche perché fino al 31 dicembre sono stipendiato dalla Bike Exchange. In realtà ho parlato con Copeland e loro mi hanno dato la disponibilità, qualora ne avessi bisogno, di dare una mano di là. Allo stesso modo in cui gli ho detto che posso ancora aiutarli. Però al momento non sono ancora andato. Se posso dire la mia opinione, aspettare il 31 dicembre è una gran stupidata. A dicembre le squadre vanno già in ritiro e i corridori iniziano a usare i nuovi materiali. I contratti dovrebbero finire il 31 ottobre. 

Enrico Pengo alla Bahrain

Il meccanico, lavoro a tempo pieno: parola di Enrico Pengo

28.12.2021
6 min
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La bicicletta si è evoluta molto nel corso degli anni, i progressi sono stati continui e hanno riguardato tutte le componentistiche. Una delle prime novità ha riguardato le ruote che sono passate dallo sgancio rapido al perno passante. La tecnologia, però, non si è pian piano insinuata solamente negli allenamenti e nella programmazione della stagione, ma anche nelle bici. Il meccanico è uno di quei lavori che si è dovuto adattare ed aggiornare in maniera continua. Enrico Pengo è uno di quei meccanici che hanno attraversato generazioni di corridori e di bici. Non lavora più nel professionismo ma la sua passione non è diminuita, e anche nella sua officina ne vede delle belle.

Sulle bici da cronometro il lavoro di cablaggio si complica ulteriormente a causa del taglio sempre più sottile dei tubi
Il taglio obliquo dei tubi complica il lavoro di cablaggio nelle bici da cronometro
Com’è cambiato il lavoro del meccanico negli anni?

E’ un ruolo che nel corso del tempo si è complicato molto. Io ho iniziato nel 1993 con la prima esperienza nel professionismo ed all’epoca eravamo solamente due meccanici per team. I corridori avevano solamente due bici: una per la gara ed una per l’allenamento. Che si tenevano nel furgone della squadra perché ancora non esistevano i magazzini.

In che cosa consisteva la maggior parte del lavoro?

Prima del Giro d’Italia, o comunque delle grandi corse a tappe, il meccanico faceva il cambio bici facendo passare quella da gara per l’allenamento e viceversa. Si riportavano le misure e si controllavano i materiali ma era un lavoro circoscritto ad un dato periodo.

Nel corso degli anni sono cambiate tante cose…

Sì, le squadre hanno anche più di un magazzino ed ogni corridore ha a disposizione 4-5 bici: una da gara, una da allenamento e due o tre di scorta. Anche i materiali sono cambiati. Nel primo Giro d’Italia che ho fatto, nel 1993, avevamo i telai in acciaio ed era difficile che si rompessero. Ora ci sono i telai in carbonio e ad ogni caduta il lavoro da fare è tantissimo.

E’ diventato più complicato per i meccanici assecondare le richieste degli atleti vista la quantità di lavoro che passa dietro ad ogni modifica
E’ diventato più complicato per i meccanici assecondare le richieste degli atleti
Ad esempio?

Per prima cosa devi vedere se la bici ha subìto danni strutturali; controlli il manubrio ed il telaio per prima cosa. Dovete anche considerare che si rientra in hotel alle 20 e quindi puoi controllare solo la mattina dopo, la giornata ha sempre 24 ore ed il meccanico ne passa un bel po’ sveglio.

Anche le aziende si mettono in mezzo…

E’ entrato nell’ideologia delle squadre, ma soprattutto delle aziende, il senso dell’immagine, quindi anche se una bici non subisce danni visibili si preferisce cambiarla piuttosto che rischiare.

Il freno a disco è una delle novità tecniche che ha messo maggiormente in difficoltà i meccanici a causa del grande lavoro di manutenzione
Il freno a disco è uno dei componenti che richiede più lavoro per essere collaudato
Qual è stato il cambiamento più grande che voi meccanici avete dovuto affrontare?

I freni a disco, senza alcun dubbio. Il lavoro per montare un manubrio integrato per una bici con freni a disco è diventato anche di 3 ore. Il meccanico è diventato quasi un chirurgo, con una siringa devi inserire l’olio nell’impianto idraulico e devi stare attento a non far entrare aria altrimenti la bici non frena più.

Ed il passaggio dei cavi?

Quello richiede due meccanici se si vuole fare in tempo ragionevole, soprattutto se si è alle corse. Uno con il magnete fa scorrere i cavi ed il secondo lo segue con la guaina.

Immaginiamo che anche alle corse i meccanici siano tanti…

In una squadra WorldTour si prevede un team di dieci meccanici che si dividono per le varie attività. Alle corse a tappe sono almeno quattro. La mattina il capo meccanico sta sul camion officina e sistema le bici: controlla le batterie e le pressioni delle gomme, gli altri tre preparano le ammiraglie.

Siamo nel periodo dei primi ritiri, dove i corridori prendono le misure con i nuovi mezzi, anche qui il lavoro è cambiato…

Ai primi ritiri della stagione il lavoro è infernale. Se un corridore vuole eseguire anche la più piccola modifica per fare una prova in allenamento il lavoro è da rifare da capo. Considerate che per cambiare attacco manubrio o semplicemente la larghezza dello stesso si deve smontare la bici.

Il cablaggio di un manubrio integrato richiede molte ore di lavoro vista la grande quantità di cavi che passano al suo interno
Il cablaggio di un manubrio integrato richiede molte ore di lavoro
Perché è tutto collegato.

Sì, devi smontare il pezzo e di conseguenza i cavi. Con le componentistiche che si usano oggi, dove è tutto al millimetro, devi tagliare ed inserire nuovamente i cavi e le batterie. Per una modifica che poi magari non va nemmeno bene e si deve poi riportare tutto a com’era prima.

Poi i corridori sono estremamente esigenti.

E’ anche giusto sia così visto che è il loro lavoro. Devono avere tutto quel che chiedono e testare prodotti diversi per ottenere il massimo della prestazione. Alla fine dei primi giorni di ritiro i corridori ritornano dall’allenamento con il “menu” di quel che c’è da cambiare e a noi meccanici viene da piangere conoscendo le ore di lavoro che ci attendono (conclude ridendo, ndr).

La batteria del cambio elettronico viene caricata prima di ogni gara
Il cambio elettronico prevede un lavoro di installazione e manutenzione più meticoloso
Anche in officina il lavoro è aumentato?

Assolutamente, in una squadra WorldTour lavori con gli stessi componenti e marchi, mentre ora devo essere pronto e preparato su tutto. Ho notato che anche gli amatori ora faticano di più a mettere mano sulle bici perché gli accorgimenti sono molti ed è facile commettere un errore e che si rompa qualcosa.

A proposito di corridori, organizzi anche un’asta di beneficenza con i “cimeli” degli atleti.

Nel corso della mia carriera ho conosciuto molti atleti e con loro ho sempre avuto un ottimo rapporto. Dieci anni fa è partita un po’ per gioco, l’idea di fare un’asta di beneficenza con i materiali donati dagli atleti: body, caschi, magliette e chi più ne ha più ne metta. Nel tempo anche le aziende hanno iniziato a mandarci oggetti.

Come si chiama quest’asta?

Regala un sogno e partirà il 30 dicembre e si concluderà in tre date: 7, 9 ed 11 febbraio, così chi non riesce ad aggiudicarsi qualcosa può riprovarci i giorni successivi. Si svolge on-line ed ogni anno abbiamo un testimone digitale, quest’anno tocca a Sonny Colbrelli. Sul sito di riferimento trovate tutto. L’intero importo viene devoluto all’associazione Casa del sogno di Camisano Vicentino, il mio paese.

Nibali? Sempre sul pezzo anche con le bici, parola di “Toso”

11.12.2021
4 min
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Dopo cinque stagioni Gabriele Tosello ritrova Vincenzo Nibali. Con il meccanico dell’Astana avevamo parlato di cambiamenti tecnici riguardanti lo Squalo durante questo arco temporale, adesso invece vogliamo sapere quanto (e se) il siciliano è cambiato dal punto di vista “umano”, cioè per quel che concerne fissazioni varie o richieste particolari.

Lo Squalo sembra apprezzare molto il nuovo Shimano
Lo Squalo sembra apprezzare molto il nuovo Shimano

Vecchi “vizi” (o virtù?)

«No, no… Vincenzo è sempre lo stesso – esordisce Tosello – E questa cosa mi ha stupito! Credevo che dopo tanti anni, tante vittorie, avesse perso un po’ il suo piglio. Non dico che mi aspettassi di trovare un ragazzo a cui non gliene fregasse più niente, ma magari che fosse meno concentrato. Invece è il solito pignolo!».

Chi lo conosce, sa che Nibali è un vero appassionato della tecnica a tal punto da essere un buon meccanico. Una volta eravamo al Passo San Pellegrino, lui era in ritiro lassù proprio con l’Astana. Finite le interviste (quella volta toccò a Kangert) ne approfittammo per pedalare tra le Dolomiti anche noi e prima di saltare in sella lui stesso ci regolò il cambio. Fu Agnoli a suggerirci di chiedere a Nibali.

«Vincenzo è il curioso di sempre – riprende Tosello – Osserva ovunque, prende in mano le chiavi, scruta ogni tipo di ruota, esprime la sua su questo o quel cambio».

Gabriele Tosello vede un Nibali sereno, merito anche di un ambiente familiare che evoca grandi imprese
Gabriele Tosello vede un Nibali sereno, merito anche di un ambiente familiare che evoca grandi imprese

Salottino dai meccanici

«Si vede – continua il “Toso” – che è contento di ritrovare quell’ambiente che aveva lasciato e nel quale si era trovato bene. Io lo vedo molto sereno, molto rilassato. Anche qui in Spagna, una volta presi i materiali e avergli sistemato le bici è saltato in sella e non ha avuto nulla da dire. Solo il primo giorno ha abbassato la sella di un paio di millimetri.

«Poi da marzo, con l’avvicinarsi delle sue gare e tutte le altre cose più importanti magari sarà più serio, ma per ora che siamo in ritiro è davvero tranquillo. C’è un buon feeling. Pensate, magari fa quattro ore, rientra e si mette a parlare con noi meccanici. Pochi altri corridori lo fanno».

Tosello parla di un Nibali che chiede. Che dice la sua…

«Abbiamo parlato del nuovo gruppo di Shimano. Mi ha detto che quello nuovo gli piace molto, che lo ha trovato più veloce rispetto a quello dell’anno scorso. Abbiamo discusso delle rotelline di questo cambio».

Filante o 0 SLR?

In questi giorni di ritiro in Spagna Nibali sta provando le diverse bici che Wilier mette a disposizione dell’Astana.

«I ragazzi – continua Tosello – hanno tutti a disposizione una sola bici. Alcuni hanno la Filante, altri hanno la 0 SLR, ma i leader, Moscon, Lutsenko e appunto Nibali, le hanno a disposizione entrambe. Non solo, ma a gennaio, materiali permettendo, loro tre dovrebbero avere anche la versione gravel, la Rave SLR.

«Vincenzo in questi giorni sta cambiando bici a circa metà uscita. Dopo un paio d’ore si ferma e prende la Filante, se è partito con la 0 SLR e viceversa.

«Quale gli piace di più? Credo la 0 SLR, per guida e leggerezza. La sento bene, mi ha detto. Ma ha detto anche che la Filante è meglio per le gare un po’ più veloci. Le misure sono identiche su entrambe.

«Tranquilli, Nibali è sempre sul pezzo!».

Trent’anni di storie, apriamo l’album di “Checco” Villa

08.12.2021
6 min
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Fra una cosa e l’altra, con Francesco Villa abbiamo cominciato insieme: anno 1992. Chi vi scrive, col taccuino in mano. Lui, con le chiavi da meccanico alla Gatorade di Bugno. E adesso che l’inverno sta scendendo e che la sua avventura nel ciclismo delle squadre sta per concludersi, una chiacchierata fra… veterani è quello che ci vuole per passare quest’8 dicembre decisamente freddino.

Per chi non lo conoscesse, smessi i panni del meccanico a fine 2002, Francesco è stato autista dei pullman, dal Team Bianchi con Ullrich, alla Quick Step con Bettini, al Team Cervelo di Sastre e Hushovd, alla BMC delle meraviglie, alla Tinkoff di Sagan e Contador e da ultimo alla Dimension Data, poi NTT e ora Qhubeka che, almeno in apparenza, sta lottando per non sparire. Dite che qualcosa da raccontare la troveremo?

Con Paolo Fornaciari nel fango della Roubaix, la corsa “università” per i meccanici
Con Paolo Fornaciari nel fango della Roubaix, la corsa “università” per i meccanici
Prima squadra?

Gatorade-Chateau d’Ax nel 1992, con Bugno, Corti e Stanga. Carminati guidava il bus. Ci sono rimasto fino al 1994, poi seguii Gianni alla Mg-Technogym e di lì passai alla Mapei. Sempre come meccanico. Poi ho lavorato alla Quick Step e, a parte un anno con la Vittoria, sono stato sempre con le squadre…

Parlaci di Bugno.

Per noi era un riferimento. Nel 1992 avevo 22 anni, ero suo tifosissimo: lavorare per lui era un sogno. Il capo era Giovanni Tonoli, suo meccanico di fiducia. Fu lui a volermi accanto, perché la tradizione era che i vecchi insegnassero il mestiere ai “bocetti”, ai ragazzini. Non lavoravano bene con altri d’esperienza, perché non avevano tempo né voglia di discutere, ma Tonoli era bravissimo a insegnare. Purtropppo morì nel 1993 per un brutto male, a soli 46 anni, e a quel punto Gianni volle portarmi con sé. Un campione cui eravamo affezionati. C’ero nel 1992 quando fece terzo al Tour e anche quando nel 1994 vinse il Fiandre.

Nell’anno di passaggio fra Team Bmc e Tinkoff, Villa ha lavorato per l’assistenza ufficiale Vittoria
Nell’anno fra BMC e Tinkoff, Villa ha lavorato per l’assistenza ufficiale Vittoria
Meccanico e autista del pullman, quali differenze?

Da meccanico entri nel cuore della corsa, sei sull’ammiraglia. Il bus ti dà il contatto più frequente con il corridore. Ci sono momenti in cui stare zitti e quelli in cui dargli coraggio e qualche consiglio, soprattutto ai più giovani. Ma ad esempio le Liegi di Bettini dall’ammiraglia sono indimenticabili.

Storia parallela a quella di Carminati, che abbiamo già raccontato. Cosa ricordi della Mapei?

Era una famiglia. Il dottor Squinzi era presente con il suo appoggio morale, non dava soldi e basta. Quella squadra ha rivoluzionato il ciclismo, anche per l’investimento tecnologico che facemmo con Colnago.

Negli ultimi anni, Villa ha guidato il pullman della Dimension Data, poi diventata Ntt e Qhubeka
Negli ultimi anni, Villa ha guidato il pullman della Dimension Data, poi Ntt e Qhubeka
Eri ancora meccanico, con chi legasti di più?

Molto con Bartoli, ero nell’ammiraglia dietro di lui quando vinse la Freccia Vallone del 1999 sotto la nevicata. Poi Bettini, si vide subito che aveva una gran classe. Paolo, come prima Gianni, devo ringraziarlo perché creò il suo gruppo e pensava prima a noi e poi a se stesso. Parlo di Bramati, Tonti, Zanini, i massaggiatori Cerea e Bignotti, Fausto Oppici come altro meccanico. Ci chiedeva se fossimo a posto e poi andava a firmare il suo contratto.

Iniziasti da autista alla Bianchi, chi ti aveva insegnato a guidare il pullman?

Giacomo Carminati. Mi ha insegnato a guidarlo e ad amarlo, prendermene cura. Mi ha insegnato un mestiere, per questo lo considero come un fratello maggiore.

Cosa ricordi di Ullrich?

Uno dei più grandi corridori che abbia mai incontrato, gradevole come persona. Anche lui, come Bugno, un po’ troppo sfruttato dall’entourage e purtroppo neanche lui aveva grande personalità, come purtroppo si è visto negli anni successivi. Nel 2003 andava fortissimo e gli fecero perdere il Tour dall’ammiraglia. Lui voleva attaccare, soprattutto essendosi accorto che Armstrong non era brillantissimo. Invece continuarono a dirgli di aspettare, così Armstrong tornò forte e vinse anche quella volta.

Alla Tinkoff nel 2016 ha lavorato con Peter Sagan e Alberto Contador
Alla Tinkoff nel 2016 ha lavorato con Peter Sagan e Alberto Contador
La Tinkoff di Contador e Sagan?

Una squadra che senza Riis (il danese fu allontanato da Oleg Tinkoff a marzo del 2015, ndr) si capiva non sarebbe durata. C’era il gruppo di Contador, quello di Sagan, gli italiani… Con Alberto legai parecchio. Nel 2016 fu sfortunato, era già in fase discendente, ma sempre una grande persona. Non si fidava di lasciare le scarpe sul pullman, al massimo lo faceva se le chiudevo a chiave in un armadietto. Aveva paura del sabotaggio, molto diffidente. Lasciava avvicinare inizialmente solo il suo meccanico Faustino, io me ne stavo sulle mie. Non sono un adulatore, se hanno bisogno chiedono loro e alla fine diventammo amici.

Riis però l’hai trovato alla Ntt l’anno scorso…

Una persona molto preparata, che non è stata capita. Io ero abituato a Ferretti e Stanga, non mi faceva paura e lavoravo bene, gli altri hanno fatto fatica e infatti non è durata. Al Tour del 2020 venne al bus e mi disse che dal giorno dopo non avrebbe più voluto vedere lattine di Coca e Fanta, perché i corridori erano grassi. Per me era un’osservazione giusta, gli altri non lo capirono.

Che rapporto hai con il pullman?

E’ la mia casa. Devo pulirla, tenerla in ordine. Ne sono molto geloso, discuto con i corridori che non mostrano rispetto. Per fortuna i campioni aiutano, loro sono sempre i più educati. Sastre era un modello, Cavendish se vedeva disordine, sgridava i compagni: «Siamo in una stalla?». Il pullman per un autista è come il camion officina per il meccanico: serve passione per il lavoro, sennò lo trascuri.

Che rapporto hai avuto con Cavendish?

Grandioso, come con Bettini. Alla Dimension Data si stava spegnendo, ha fatto bene ad andare via ed ero certo che sarebbe tornato. Con Lefevere e Bramati alla Deceuninck-Quick Step la sola ricetta è pedalare, conosco quell’ambiente. Sono contento che abbia firmato per un altro anno, anche con la clausola che non farà il Tour. E poi secondo me certe cose le dicono anche per dargli grinta

Hai scelto di mollare, ti dispiace?

Sicuramente mi mancherà tantissimo. Ma abbiamo due bimbe di 11 e 7 anni e a un certo punto sei costretto a fare delle scelte. Non potevo più fare 180 giorni via, in casa c’è bisogno del papà. Mia moglie non mi ha mai ostacolato, ma vedevo che la fatica per gestirle aumentava. Ho fatto per 30 anni la vita che qualunque tifoso di ciclismo sognerebbe, è giusto che adesso lasci spazio ad altri.