OneCycling costituita ufficialmente. Vegni attende comunicazioni

03.03.2025
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Il progetto OneCycling va avanti e nei propositi di Richard Plugge, il suo CEO dovrebbe vedere la luce già il prossimo anno. Ormai non si parla più di una semplice idea, ci sono dati reali. Lo scorso 10 dicembre è stata registrata, presso la Companies House di Cardiff, la società costituente, OneCycling Limited, dietro la quale c’è un fondo economico saudita, SURJ Sports Investment che è una branca del Public Investment Fund, uno dei più grandi a livello globale. I sauditi hanno garantito un importo di 300 milioni per un contratto di 3 anni.

Il circuito dovrebbe avere una finale in terra araba, con formula da stabilire (foto Corvos)
Il circuito dovrebbe avere una finale in terra araba, con formula da stabilire (foto Corvos)

Grandi entrate per i team firmatari

Alla moderna Superlega ciclistica hanno già aderito team come Visma, Ineos, Red Bull, EF, Soudal, Lidl oltre agli organizzatori di Flanders Classics e la commistione fra team e organizzatori è un aspetto importante del nuovo progetto. Le squadre facenti parte dell’organizzazione riceveranno, per i suddetti tre anni, un milione di euro a stagione, da considerare al di fuori delle entrate provenienti dagli sponsor che per ora costituiscono generalmente il 90 per cento delle entrate.

Quali gare ne faranno parte? Questo è un primo problema. OneCycling sta procedendo attraverso due direzioni. La prima riguarda una serie di circuiti da organizzare in grandi città, secondo una formula che, se in America ha trovato buoni riscontri, in Europa non è ben vista, venendo relegata a fine stagione seppur con una frequentazione ampia e qualificata. Gare stile Formula 1, che permettono la presenza di folto pubblico, ma che da sole non reggono una spesa così ingente.

Al progetto hanno aderito finora alcuni dei team leader del WT, ma sono ancora molto pochi
Al progetto hanno aderito finora alcuni dei team leader del WT, ma sono ancora molto pochi

A braccetto con l’Uci

L’altra direttrice doveva essere la creazione di un circuito di gare al di fuori del calendario internazionale, ma non c’erano né gli spazi né le garanzie. Si è capito che il progetto non può andare avanti in contrasto con l’Uci, ecco quindi che si pensa di allestire un programma di gare fisso e mutuato dal calendario internazionale, al quale i team saranno chiamati a partecipare con i loro uomini migliori, che dovrebbe comprendere le principali prove del calendario.

Un simile progetto non può però andare avanti senza la partecipazione delle grandi organizzazioni. Aso per ora è fuori e vuole rimanerci, continuando a gestire in autonomia le proprie gare, ma le trattative sono in corso tanto è vero che l’eventuale circuito non prescinderebbe dal Tour de France, mentre la Vuelta non ne fa parte.

Yann Le Monnier, patron di Aso, insieme a Richard Plugge (foto Raymond Kerckhoffs)
Yann Le Monnier, patron di Aso, insieme a Richard Plugge (foto Raymond Kerckhoffs)

Giro nel progetto: a loro insaputa?

E il Giro? L’organizzazione di Plugge ha già detto che anche la corsa rosa è nel programma. Mauro Vegni però non ne sa nulla: «Quel che posso dire è che se l’ingresso del Giro nell’eventuale circuito significa che vengono messe insieme alcune gare che danno punti, un po’ come avveniva nel secolo scorso con il Superprestige Pernod, non abbiamo nulla in contrario, ma se il coinvolgimento è più profondo io non ne sono a conoscenza. I contatti vengono presi a livello imprenditoriale, credo che siano direttamente Cairo o Bellino a occuparsi di questo ma siamo ancora nel campo delle voci, non c’è nulla di definito».

Il progetto però non riguarda solamente i grandi giri, anzi è a livello più basso che le novità potrebbero prendere una forma più ardita. In questo ideale circuito dovrebbero infatti entrare altre corse a tappe, come Parigi-Nizza, Tirreno-Adriatico, Giro di Svizzera, ma non dovrebbero superare i 5-6 giorni di gara e questo potrebbe rappresentare un problema.

La Tirreno-Adriatico è inserita nel progetto, ma dovrebbe ridurre a 5-6 i suoi giorni di gara
La Tirreno-Adriatico è inserita nel progetto, ma dovrebbe ridurre a 5-6 i suoi giorni di gara

La riduzione dei giorni di gara

«Questa non è però una novità – tiene a sottolineare Vegni – perché se ne era parlato già una ventina di anni fa, prospettando anche l’eventualità di ridurre le grandi corse a tappe nella loro durata. Sarebbe possibile? Io dico che tutto si può fare, a condizione che però ci sia chiarezza d’intenti e soprattutto non ci siano disparità. Se si deve ridurre, devono farlo tutti. Ma siamo ancora nel campo delle voci, io faccio parte della commissione Uci e non ci è stato presentato nulla al riguardo».

Il lavoro con l’Uci è fondamentale e l’input è arrivato direttamente dagli investitori che vogliono evitare un’altra diaspora com’è avvenuta nel golf, dove la Saudi LIV Golf League ha di fatto spaccato il movimento professionistico. Una volta che la federazione darà il suo imprimatur, si passerà attraverso fasi successive, con la creazione del circuito vendendo però i suoi diritti televisivi in blocco (e già Dazn, particolarmente legata agli eventi di matrice araba, è pronta a investire). Se il suddetto circuito dovesse essere composto da gare preesistenti, la sua chiusura dovrebbe però essere allestita attraverso una sorta di Grand Final, come avviene per il tennis, da allestire proprio in Arabia Saudita, con grande gala di premiazione alla fine.

Il circuito dovrebbe avere una finale in terra araba, con formula da stabilire (foto Corvos)
Il circuito dovrebbe avere una finale in terra araba, con formula da stabilire (foto Corvos)

Un meccanismo virtuoso

L’idea di base è che, con il circuito avviato, s’innesti un meccanismo virtuoso capace di produrre denaro anche al di fuori dell’investimento di base, per questo avrebbero tutti da guadagnarci alla fine. Per questo molto passerà attraverso i contatti con gli organizzatori, mettersi di traverso non conviene a nessuno.

Le strade della maglia rosa 2025: si decide in Val d’Aosta

13.01.2025
9 min
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ROMA – L’Auditorium Parco della Musica ha accolto la presentazione del Giro d’Italia 2025. Lo scenario è da grande evento e se non fosse per la data decisamente avanzata, da italiani potremmo dire che per questa volta non abbiamo nulla da invidiare ai cugini francesi. Proprio sul ritardo nella presentazione e nella firma del contratto, un sorriso viene strappato dal premier albanese Edi Rama, che ha ironizzato sulla trattativa con Urbano Cairo.

«Consiglio alla Groenlandia – ha sorriso – di ingaggiarlo per la trattativa con Trump».

«Sono 15 anni che partiamo dall’estero – ha replicato Cairo – e indovinate un po’ chi è quello che ha pagato meno!».

«Questo è vero – ha chiuso Rama – ma alla fine chi ci ha guadagnato?».

La serata è ricca di storie e personaggi. Elisa Longo Borghini, la vincitrice uscente, ha tenuto a battesimo il Giro d’Italia Women, accanto alla direttrice Giusy Virelli e a Marta Bastianelli, che si muove col piglio dell’ex campionessa e del tecnico federale in pectore. Poi quando si comincia a parlare del Giro d’Italia degli uomini, salgono sul palco Mauro Vegni assieme a Vincenzo Nibali e Alberto Contador. E’ il giorno del 55° compleanno di Marco Pantani: su quel palco ci sarebbe stato benissimo anche lui. Nell’annunciarlo, Barbara Pedrotti strappa l’applauso più bello: «Speriamo che questi auguri e questo applauso giungano dove devono arrivare».

La planimetria generale del Giro d’Italia 2025. Dall’Albania in Puglia e poi si inizia la risalita
La planimetria generale del Giro d’Italia 2025. Dall’Albania in Puglia e poi si inizia la risalita

Dopo l’Albania, in Puglia

Il Giro d’Italia 2025 parte dall’Albania, con tre tappe impegnative, compresa una cronometro lungo le strade di Tirana. La prima è impegnativa con arrivo nella Capitale e finale con due salite ravvicinate anche con pendenze in doppia cifra. La prova contro il tempo sarà seguita dalla frazione di Valona con le salite di Qafa e Llogarase, primo punto sopra quota 1.000 metri.

Dopo il primo giorno di riposo, si riparte con tre tappe veloci, ma non necessariamente destinate all’arrivo di gruppo compatto. Dopo la Puglia e la Campania, con l’arrivo di Napoli che sta diventando uno stupendo appuntamento fisso, si risale la penisola l’Italia con il primo arrivo in salita a Tagliacozzo. In realtà il traguardo è posto 3,5 chilometri più in alto, a Marsia: località turistica dismessa, ma salita di tutto rispetto. Poi l’arrivo a Castelraimondo, quindi la Gubbio-Siena, tappa Bartali del Giro 2025, con cinque settori di strade bianche (per circa 30 chilometri) prima dell’arrivo in Piazza del Campo.

Foto di partenza con le autorità: spicca per statura e spirito il premier albanese Edi Rama
Foto di partenza con le autorità: spicca per statura e spirito il premier albanese Edi Rama

Le 21 tappe del Giro 2025

Il Giro d’Italia 2025 parte dall’Albania e si conclude a Roma. Come sempre quando si parte dall’estero, i giorni di riposo sono tre. Due prove a cronometro individuale per un totale di 42,3 km. Sei tappe per velocisti, otto di media montagna e cinque di alta montagna. Saranno circa 38 i km di sterrato: 30 di strade bianche nel finale della tappa di Siena e 8 sul Colle delle Finestre (Cima Coppi del Giro con i suoi 2.178 metri). La Montagna Pantani sarà il Passo del Mortirolo, mentre la Tappa Bartali sarà la Gubbio-Siena, con arrivo in Piazza del Campo.

datatappapartenza-arrivokmdislivello
9/51ª tappaDurazzo-Tirana1641.800
10/52ª tappaTirana-Tirana (crono individuale Tudor)13,7150
11/53ª tappaValona-Valona1602.800
12/51° riposo
13/54ª tappaAlberobello (Pietramadre)-Lecce187800
14/55ª tappaCeglie Messapica-Matera1441.550
15/56ª tappaPotenza-Napoli2262.600
16/57ª tappaCastel di Sangro-Tagliacozzo1683.500
17/58ª tappaGiulianova-Castelraimondo1973.800
18/59ª tappaGubbio-Siena1812.500
19/52° riposo
20/510ª tappaLucca-Pisa (crono individuale Tudor)28,6150
21/511ª tappaViareggio-Castelnovo ne’ Monti1853.850
22/512ª tappaModena-Viadana (Oglio-Po)1721.850
23/513ª tappaRovigo-Vicenza1801.600
24/514ª tappaTreviso-Nova Gorica/Gorizia1861.100
25/515ª tappaFiume Veneto-Asiago2143.900
26/53ª riposo
27/516ª tappaPiazzola sul Brenta-San Valentino (Brentonico)1994.900
28/517ª tappaSan Michele all’Adige-Bormio1543.800
29/518ª tappaMorbegno-Cesano Maderno1441.800
30/519ª tappaBiella-Champoluc1664.950
31/520ª tappaVerres-Sestriere (Vialattea)2034.400
1/621ª tappaRoma-Roma141600
tot. 3.413,3tot. 52.500

Finale da brividi

Dopo il secondo riposo, il Giro 2025 riparte dalla Toscana con la cronometro da Lucca a Pisa. Il giorno successivo è estremamente interessante, con il ritorno al Giro dopo 25 anni di San Pellegrino in Alpe: salita che ha scritto pagine importanti nelle edizioni degli anni 90. Seguono Viadana con arrivo in volata, Vicenza sullo strappo di Monte Berico e Nova Gorica/Gorizia con il circuito transfrontaliero. La settimana si conclude ad Asiago con una tappa molto impegnativa da 3.900 metri di dislivello.

Il tappone trentino, l’indomani del terzo riposo, ha cinque salite dure una dietro l’altra con arrivo a San Valentino sul Monte Baldo che domina il Lago di Garda. Gli arrivi di Bormio – con il Passo del Mortirolo (Montagna Pantani) – e Cesano Maderno precedono le due tappe più terrificanti del Giro. La prima da Biella a Champoluc: breve ma dislivello di 4.950 metri. La seconda da Verrès a Sestrière, è lunga e ripropone l’accoppiata finale Colle delle Finestre e Sestriere, che nel 2005 lanciò la stella effimera ma splendente di Rujano.

Totale di 3.413 i km per 52.500 metri di dislivello: tutte le salite del Giro 2025
Totale di 3.413 i km per 52.500 metri di dislivello: tutte le salite del Giro 2025

L’occhio di Contador

Alberto Contador segue tutto con grande attenzione e parla in quel misto di italiano e spagnolo che ha messo a punto in tanti anni di sfide sulle nostre strade. «Il Giro d’Italia per me è un ricordo speciale – dice – a partire da quando nel 2008 arrivai per la prima volta e all’ultimo momento. Mi sentii benvoluto come se fossi a casa mia. Per questo fra i Grandi Giri, mi sento di dire che il vostro è quello più speciale».

Poi Alberto sofferma la sua attenzione sulla cronometro di Pisa, che individua come la svolta da cui capire come impostare la corsa che resta. «E’ il momento in cui i corridori di classifica – dice – capiscono quello che hanno da recuperare o il vantaggio che hanno. E poi restano le montagne, in cui si può riprendere tanto terreno. Guardo le altimetrie e ricordo il Colle delle Finestre, quando Aru e Landa mi attaccarono nel 2015 e io mi staccai. Ma avevo ancora 4 minuti di vantaggio e gestii lo sforzo. Quella è una salita da stare attenti. Ricordo bene quando Froome riaprì il Giro e lo tolse dalle mani di Dumoulin».

Lo spirito di Bettini

La presentazione va avanti fino alle 20,30. Sfilano personaggi. Paolo Pacchioni, giornalista di Rtl 102,5 radio ufficiale del Giro, fa le sue interviste dalla platea e coinvolge prima il presidente federale Dagnoni e poi Antonio Tiberi, quindi Paolo Bettini. E il “Betto” mette subito l’etichetta giusta a questo Giro così spettacolare e spigoloso, dall’inizio alla fine, quando le ultime due tappe di montagna saranno il terreno per la resa dei conti.

«Visto che in montagna non ero bravo come Vincenzo e Alberto – dice sorridendo – io avrei cominciato a fare un gran casino sin dalle prime tappe. La gente vuole lo spettacolo, ma anche i corridori quando attaccano il numero, vogliono divertirsi. Qui per fortuna non ci sono i velocisti, loro magari non sarebbero d’accordo».

Nibali gli fa notare che in sala c’è Bennati, commissario tecnico per ora non confermato e domani chissà. Ma Bettini è arguto: «Il Benna non era soltanto un velocista – dice – secondo me anche a lui sarebbe piaciuto combinare qualcosa».

Sono le ultime parole, poco prima di quelle in cui Paolo Bellino svela il sogno di Urbano Cairo di fare del Giro un prodotto superiore al Tour de France. Si respira l’entusiasmo che a volte fa perdere di vista le reali proporzioni, ma non è sera per fare confronti. Abbiamo assistito alla presentazione di un sontuoso Giro d’Italia. Domani ve ne offriremo qualche approfondimento. Ora non resta che scoprire quali campioni, a parte quelli già annunciati, verranno in Italia a prendersi lo scettro di Pogacar.

Sicuri che sarà un Lombardia tanto facile? Ne parliamo con Vegni

19.09.2024
4 min
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Centodiciotto edizioni, 252 chilometri e 4.823 metri di dislivello: sono i numeri del prossimo Giro di Lombardia. La “classica delle foglie morte” andrà in scena il prossimo 12 ottobre e sarà l’ultimo monumento dell’anno, come di consueto. Si partirà da Bergamo e si arriverà a Como.

Ma se le località di partenza e arrivo sono nel segno della tradizione è ben diverso quel che c’è nel mezzo. Di fatto è un Giro di Lombardia “nuovo”, specie nel finale. Un finale meno duro, se vogliamo, che lascia più spazio a possibili iniziative e scenari. 

Mauro Vegni (classe 1959) è il direttore del ciclismo di RCS Sport
Mauro Vegni (classe 1959) è il direttore del ciclismo di RCS Sport

Parla Vegni 

E di questa creatura ne abbiamo parlato con il patron Mauro Vegni. «Senza dubbio è un Lombardia particolare – dice Vegni – anche se forse dentro di me preferivo quello dell’anno scorso. Ma con i problemi di viabilità che ci sono non siamo potuti andare sul Civiglio e pertanto siamo stati costretti a cambiare un po’ di cose. Vedremo quando poter tornare sul Civiglio, non sarà una cosa breve da quel che ho capito. Poi se piaccia o no, ognuno ha il proprio punto di vista».

Vegni si riferisce a qualche polemica relativa proprio al finale meno duro. Non c’è la classica doppietta Civiglio, San Fermo della Battaglia, ma solo il San Fermo. Va da sé che gli scenari e gli andamenti tecnici e tattici potranno essere differenti. Prima il finale durissimo bloccava parecchio la corsa.

A nostro parere non è una brutta cosa. Spesso il Lombardia si riduce a quelle poche persone, 4-5 atleti, ancora in forze e lo fa senza appelli. Magari stavolta potrebbe esserci spazio per colpi di scena e un lotto di pretendenti leggermente maggiore.

«Più di qualcuno – riprende Vegni – ha subito detto che è un Lombardia troppo facile, addirittura per velocisti. Io dico che il dislivello, oltre 4.800 metri, è superiore a quello dell’anno scorso (erano 4.600 metri, ndr). Probabilmente avremo un finale un po’ più incerto, ma ricordiamoci che la corsa la fanno i corridori e in ogni caso non sarà una gara semplice».

«Sono sempre più di 250 chilometri, il dislivello come detto è tanto e siamo a fine stagione. Poi se ci dovesse essere il Pogacar che abbiamo visto al Giro e al Tour resta difficile pensare che altri corridori abbiano poi così tanto spazio. Dipende sempre da chi trovi e chi ci sarà. Se penso agli uomini da corse di un giorno (e non solo, ndr) anche un Evenepoel potrebbe essere davvero pericoloso. In ogni caso il Lombardia è e resta una corsa per gente forte. Mi auguro solo che a vincere non sarà un corridore di mezza levatura».

L’altimetria del prossimo Giro di Lombardia: da Bergamo a Como 252 km
L’altimetria del prossimo Giro di Lombardia: da Bergamo a Como 252 km

Da Como a Bergamo 

Si va sulle più iconiche salite bergamasche e lariane, si leggeva nel comunicato della presentazione. Ed è vero. Vegni stesso ci ha raccontato come è nato questo percorso.

«Dovendo sostituire il Civiglio, quello che non si fa nel finale si doveva fare prima. Sono anni che giriamo in quelle zone, che affrontiamo certe salite. E anche quelle che non avevamo mai fatto, magari le avevamo visionate per altre gare. Pertanto abbiamo una buona conoscenza di queste terre. Una conoscenza che ci ha portato ad inserire più salite nella prima parte proprio in funzione del finale e questo alla fine renderà il Lombardia duro come sempre».

Si parte dunque dal centro di Bergamo, si va verso la Val Cavallina e da qui la prima sequenza di salite: Forcellino di Bianzano, Ganda, Berbenno e Valpiana. Una cinquantina di chilometri per riordinare le idee, valutare determinate fughe in atto e poi ecco il duetto mitico: Madonna del Ghisallo e Colma di Sormano. Di nuovo una fase di “recupero” prima del gran finale sul San Fermo della Battaglia e l’arrivo sul lungolago di Como, appena 5,2 chilometri dall’ultima vetta.

Lo sprint del 2023 a Como tra Pogacar e Mas. Lo sloveno trionfò per un soffio
Lo sprint del 2023 a Como tra Pogacar e Mas. Lo sloveno trionfò per un soffio

Quali tattiche?

Nei vari giochi tattici la fuga del mattino potrebbe essere più importante del solito. Magari potrebbe contribuire a sgretolare maggiormente le squadre e di conseguenza la corsa sarebbe meno controllabile. Quasi sicuramente sarà una fuga “da gamba”.

«Personalmente – conclude Vegni – resto del parere che la fuga iniziale sia più per farsi vedere, mentre è un discorso diverso se qualcuno dovesse partire a 30-40 chilometri dall’arrivo».

Vedremo insomma quel che succederà senza il Civiglio prima del San Fermo. Magari un corridore relativamente veloce, senza il doppio strappo, potrebbe tenere le ruote di chi è più scalatore in vista del finale.

Senza andare troppo indietro negli anni, non scordiamoci del Lombardia del 2022, che arrivava proprio a Como e faceva Civiglio e San Fermo. Quel giorno Enric Mas rese la vita difficile a Pogacar. Lo sloveno ebbe la meglio solo allo sprint. Magari con qualche tossina in meno nelle gambe dovuta alla doppia salita finale e agli sforzi per tenere le ruote di Tadej, lo sprint di Mas sarebbe stato diverso.

Insomma si prospetta un Lombardia davvero interessante tutto da scrivere, da correre… da gustare.

Sicilia, Giro Next Gen, Strade Bianche… a tu per tu con Vegni

24.02.2024
5 min
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Dal UAE Tour Women (nella foto di apertura) alla Milano-Sanremo, ripartono le corse di RCS Sport. Per Mauro Vegni e il suo staff c’è dunque subito un bel tour de force. Tra le due gare infatti ci sono anche il UAE Tour, che si sta correndo proprio in questi giorni, Strade Bianche, per uomini e donne, la Tirreno-Adriatico e la Milano-Torino.

Vegni non è negli Emirati Arabi Uniti, ma si trova a Milano. Il direttore del ciclismo di RCS Sport ha il suo bel da fare. Anche perché poi la lista degli eventi non si esaurisce con la Classicissima. Nonostante sia saltato il Giro di Sicilia, all’orizzonte c’è già il Giro d’Italia, seguito dal Giro Next Gen e il Giro Donne. E ci fermiamo qui, senza andare oltre.

Mauro Vegni (classe 1959) è il direttore del ciclismo di RCS Sport
Mauro Vegni (classe 1959) è il direttore del ciclismo di RCS Sport
Signor Vegni dunque, s’inizia con un gran filotto…

Ormai è da qualche anno che abbiamo questo tour de force ad inizio stagione. Ci stiamo abituando ad un numero sempre maggiore di gare, ma ci stiamo anche dotando per poterle fare al meglio. 

Appunto, dotando: come è distribuita la squadra di RCS Sport tra le corse in Asia e quelle in Italia?

Bisogna considerare che negli Emirati c’è una società che porta avanti il lavoro per nostro conto e provvede all’organizzazione. Poi ci siamo noi, circa 60-70 persone tra motociclisti, autisti, parte mediatica…. che arriviamo e facciamo il resto.

Le persone di RCS che ora sono negli Emirati, sono le stesse che poi vedremo a Siena per la Strade Bianche?

Sì, tornano domenica e avranno cinque giorni di riposo per recarsi venerdì a Siena. RCS ha vari modi di lavorare. Ci sono settori che vengono chiamati all’uopo (come nel caso del UAE Tour, ndr) per le singole manifestazioni, chi viene chiamato all’occorrenza da RCS e chi invece è con noi tutto l’anno. C’è chi cura la parte sportiva e commerciale, chi quella mediatica e dei social. Poi c’è la squadra del Giro-E e quella della carovana, direi che fisse alla fine ci sono circa 50 persone, più qualcuno a chiamata durante gli eventi.

Prima abbiamo snocciolato molte corse, e all’appello ne mancherà una: il Giro di Sicilia. Come mai è saltato? Come sono andate le cose?

Noi avevamo un accordo con loro per tre anni, poi è cambiato l’assetto regionale e cambiando i personaggi è cambiato anche l’interesse verso il Giro di Sicilia. E’ saltato il nome Giro di Sicilia, ma stiamo provvedendo a mettere in piedi un’altra corsa in un’altra regione.

Il Giro di Sicilia 2021 attraversa i templi di Agrigento. Questa gara non si disputerà più
Il Giro di Sicilia 2021 attraversa i templi di Agrigento. Questa gara non si disputerà più
Ci può dire di quale regione si tratti?

Eh no! Anche perché poi alcuni aspetti devono ancora essere definiti.

Ci dica almeno se è sempre una regione del Sud?

Diciamo del Centro-Sud. Si tratta di una corsa a tappe, sempre di tre o quattro frazioni. Quelle date in calendario comunque sono e restano nostre. Non le possono prendere altri. Quindi le vogliamo riempire.

A scanso di equivoci, signor Vegni, quando dice che è cambiato l’assetto regionale si riferisce alla politica chiaramente…

Certo, se c’è la volontà politica si fa, altrimenti no. E io non discuto. Magari chi c’era prima era appassionato di ciclismo o vedeva delle potenzialità nell’evento, era più favorevole verso il ciclismo. Chi è arrivato adesso ha altre idee per la promozione turistica. E le rispettiamo.

Giro Next Gen: quando sarà presentato? Cosa ci può dire?

Sarà presentato a metà aprile. E’ quasi completato. Aspettiamo un paio di decisioni finali per altrettante tappe, ma siamo a buon punto. Ci lavoriamo da tempo.

Giro Next e Giro Donne: quanto è stato importante organizzarli l’anno scorso? Quanto vi può aiutare l’esperienza di averli presi per mano direttamente?

Per il Giro Next Gen sicuramente è stato utile, soprattutto per capire i valori tecnici in campo: c’è chi è più avanti di parecchio e chi è più indietro. Che poi, in parte, è quel che succede con le donne. Ci sono alcune atlete come per esempio Van Vleuten o Kopecky che hanno performance diverse dal 90 per cento del gruppo. E lo scorso anno al Giro dei ragazzi si è vista la stessa cosa: chi ha vinto (Staune Mittet, ndr) aveva già in mano un contratto con la Visma-Lease a Bike WorldTour. Un bel gap rispetto a molti altri ragazzi.

Staune-Mittet in azione sullo Stelvio la scorsa estate al Giro Next Gen (foto LaPresse)
Staune-Mittet in azione sullo Stelvio la scorsa estate al Giro Next Gen (foto LaPresse)
La domanda si lega al discorso che facemmo tempo fa sulla distribuzione dei dislivelli: alla luce di quanto visto l’anno passato rivedremo un salitone tipo lo Stelvio?

Bisogna trovare il modo di fare tappe mosse e poi inserire anche una tappa con arrivo in salita che determini in qualche modo la classifica generale. Il format che vedrete dunque sarà molto simile a quello dell’anno passato.

Il baricentro del percorso è sempre al Nord o si cambia?

Diciamo che da Nord va un po’ verso Sud, ma essendo solo otto tappe non scenderemo di molto.

Cambiamo argomento. Si avvicina la Strade Bianche, classica amatissima in tutto il mondo, diventerà mai un monumento? A volte c’è stata qualche voce in merito…

Ci penso… Io credo che monumento sia soprattutto un appellativo. La Strade Bianche ha una risonanza tale che già ora la si potrebbe definire un monumento. Però prendiamo la Sanremo: ha 116 anni di età, quasi cento in più della Strade Bianche. E cosa significa? Che okay essere una bella corsa, ma la storia è la storia. Io posso dire che ci stiamo lavorando. Non è un discorso che riguarda solo l’Italia ma il ciclismo internazionale. Ogni Nazione vorrebbe avere almeno un monumento e non è facile. Le qualità per esserlo la Strade Bianche ce le ha, ma credo che per il momento ci sia da aspettare un po’.

Ultimo argomento: l’annoso ed eterno tema delle squadre italiane al Giro d’Italia. Quest’anno sembra, e ribadiamo il sembra, che ci sia stata meno polemica che in passato…

Io questa cosa non la capisco, così dicendo sembra che le altre corse di RCS che non sono il Giro d’Italia siano corse di scarso valore. Chi non fa il Giro fa tutte le altre nostre gare e parlo di Strade Bianche, UAE Tour, Tirreno… non gare piccole. Se è così, allora non faccio più fare le gare WorldTour alle italiane. Ogni anno lascio a casa tra le 8 e le 10 professional dalla Tirreno-Adriatico per dare spazio anche alle squadre italiane. Che iniziassero piuttosto ad avere corridori di livello. Lo scorso anno, gli amici della Corratec sono stati invitati e non avevano un grande valore tecnico. Ho visto che quest’anno hanno più corridori di spessore: bene, che continuino così. Quello che voglio dire è che essere italiani non è sufficiente per fare certe corse. Bisogna essere italiani… e con gli attributi giusti. 

Con il Giro d’Italia Donne, RCS fa all-in. Sentiamo Vegni

09.01.2024
4 min
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Manca ancora la presentazione della seconda edizione del Giro Next Gen, ma la cosa certa è che da quest’anno RCS Sport ha in mano il Giro d’Italia delle tre maggiori categorie: uomini, donne e U23. L’ultimo a fare il suo ingresso nel mondo di Cairo è stato il Giro D’Italia Women, mentre nel 2023 era entrato quello dei giovani. Un investimento importante, dettato dal fatto che il ciclismo non è più parallelo, ma trasversale. Queste tre categorie si toccano e si mischiano, soprattutto nei team WorldTour che hanno (quasi) tutti formazione maschile, femminile e development. 

Lo scorso 12 dicembre c’è stata la presentazione del Giro d’Italia Women
Lo scorso 12 dicembre c’è stata la presentazione del Giro d’Italia Women

Fil Rouge

Mauro Vegni, direttore del ciclismo di RCS Sport, ci guida in questo labirinto che sembra complicato, ma così non è. La parola d’ordine è organizzazione e programmazione, come vedremo.

«E’ normale – racconta Vegni – che crediamo di poter dare un significato maggiore a queste gare (in riferimento a Giro d’Italia Donne e Giro Next Gen, ndr). Il Giro U23 per anni si è fatto, poi è passato in mano alla Federazione e ad altri soggetti. Per alcune edizioni è saltato e successivamente se ne è incaricata ExtraGiro.

«Ora che abbiamo in mano tutti e tre gli eventi, dagli U23 ai professionisti, riusciremo a creare un fil rouge. L’idea è quella di portare il ciclismo ad un piano più alto, infatti questo per noi è un valore aggiunto che può alzare il livello del ciclismo italiano».

Molti ragazzi del Giro Next Gen del 2023 avevano già contratti con le squadre WorldTour…

Vero. Semplicemente questi ragazzi correvano per team di sviluppo di squadre professionistiche. Ci sono corridori che da U23 hanno già risultati o comunque gare con i pro’. Per i corridori italiani (ai quali manca il team WorldTour, ndr) è comunque una vetrina per mettersi in mostra e cercare di entrare nel mondo dei grandi. 

Team WorldTour che sono entrati anche nel mondo del ciclismo femminile.

Il mondo del ciclismo femminile ha avuto una crescita incredibile. In questo RCS ha creduto ed investito. La richiesta di prendere in mano l’organizzazione è arrivata anche da qualche atleta. Voglio ricordare che comunque noi, già negli anni ‘90, avevamo organizzato la Primavera Rosa, che era la versione femminile della Milano-Sanremo. E’ la prima volta che prendiamo in mano un grande Giro ma abbiamo alle spalle l’esperienza di altri eventi.

RCS ha organizzato dal 1999 al 2005 la Primavera Rosa, l’equivalente femminile della Milano-Sanremo
RCS ha organizzato dal 1999 al 2005 la Primavera Rosa, l’equivalente femminile della Milano-Sanremo
Avere in mano tutta l’organizzazione permette di presentarsi al meglio all’UCI?

Certamente. Bisogna che si faccia un calendario ben strutturato. Non si possono più costringere le atlete a fare trasferimenti lunghi in brevi periodi. Questa è la cosa che ci preme maggiormente, perché uomini e U23 hanno un calendario già solido. Si deve pensare, anche per le donne, un mese o poco meno, di attività in zone ravvicinate. 

Che mondo è quello del ciclismo femminile?

Ha una sensibilità particolare, perché il movimento cresce ed è ambizioso e la volontà di arrivare sempre più vicini agli uomini si vede. Anche il semplice fatto che spingessero perché noi di RCS prendessimo in mano l’organizzazione fa capire le loro ambizioni.

Più recentemente è stata inserita nel calendario la Strade Bianche femminile, il movimento è in crescita
Più recentemente è stata inserita nel calendario la Strade Bianche femminile, il movimento è in crescita
La vostra esperienza dal Giro d’Italia uomini come la trasferite a quelli nuovi?

Sappiamo già quello che si deve fare, le necessità si conoscono e questo è importante. I personaggi chiave dell’organizzazione sono gli stessi. Non si può delegare nessun aspetto, ci deve essere la giusta sensibilità nel personale che lavora. Sicuramente aumentano le cose da fare ma se si vuole si può fare tutto. 

Come?

Lo staff è lo stesso, ma si deve programmare bene il lavoro, soprattutto in inverno. Da ottobre a gennaio ci sono tante cose da fare, a partire dai sopralluoghi e dal contattare le sedi di tappa. Inserire questi due nuovi eventi, prima il Giro Next Gen e poi Giro d’Italia Donne, in mezzo ai tanti che già abbiamo ci spaventava. Ma siamo riusciti a far quadrare tutto. Poi la verità uscirà solamente quando le gare saranno in corso. Ma per il momento siamo molto soddisfatti.

Dislivello e corse a tappe: caro Vegni, come si fa?

27.06.2023
5 min
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Archiviato il Giro d’Italia e a seguire il Giro Next Gen, anche il direttore Mauro Vegni può tirare il fiato. E’ questo il momento buono per guardarsi un attimo indietro e rivalutare insieme alcuni aspetti delle due corse. In particolare al direttore del Giro abbiamo chiesto della distribuzione del dislivello nell’arco delle corse a tappe.

Come si fa a mantenere vivo un grande Giro, senza mettere però le grandi salite tutte alla fine nella terza settimana? E’ possibile equilibrare il dislivello? E come? Domande dalle risposte non facili e che portano al gancio altre problematiche, spesso invisibili.

Mauro Vegni è il direttore del ciclismo di Rcs Sport
Mauro Vegni è il direttore del ciclismo di Rcs Sport
Signor Vegni, parliamo di dislivello, ma prima ci consenta una curiosità rimasta in sospeso. Tempo fa ci aveva detto: «Il Giro più bello è quello che devo ancora disegnare e che forse mai farò…»

Esatto, è il Giro che esula da ogni logica economica. A quel punto potrei fare il Giro con il percorso dei miei sogni inserendo tappe, salite, passaggi e città che piacciono a me. Mettere ciò che voglio e non “limitarmi” a ciò che mi chiedono i vari Enti, sponsor…

Passiamo al tema del dislivello. Come mantenere viva sfida e non mettere le salite tutte nella terza settimana?

Se andiamo a vedere quest’anno, l’ultima settimana è stata meno importante, altimetricamente parlando, rispetto a quella del Giro scorso. La sua distribuzione era più equilibrata. Poi ci sono certe  logiche di corsa che non mi piacciono, ma sulle quali io posso fare poco. E mi riferisco, per esempio, a Campo Imperatore. Quando ho inserito non solo quella salita, ma quella tappa nella prima settimana, era per poter vedere già qualcosa d’importante. Se poi i corridori hanno paura di perdere, se decidono di “non correre”, allora tutto diventa inutile. Era già successo già sull’Etna in passato. A questo punto se si aspetta la fine della seconda settimana a prescindere, c’è poco da mettere dentro questa o quella salita.

E si assiste alla corsa nella corsa…

Con delle fughe che poi fughe non sono, ma è il gruppo che decide di non farsi male e di lasciare andare alcuni corridori. Non è bello. O almeno a me non piace… Ma io conto poco.

Giro Next sullo Stelvio alla quarta tappa, per molti il grande valico ha “ucciso” l’intera corsa (foto LaPresse)
Giro Next sullo Stelvio alla quarta tappa, per molti il grande valico ha “ucciso” l’intera corsa (foto LaPresse)
Quanto incide la tecnologia in tutto ciò? Dalle radioline alle preparazioni fino alla conoscenza minimale del percorso?

Ormai è tutto troppo tecnologico. C’è programmazione di ogni cosa. Si conoscono già le medie, i watt, le calorie che si andranno a bruciare, quello che si spenderà in funzione delle tappe successive… Poi parliamo di ciclismo dei tempi eroici, ma non è più così. La maglia di lana non c’è più da 50 anni e neanche si può tornare indietro. Pertanto viviamo un ciclismo più veloce, in cui è più difficile fare la differenza.

Sempre in tema di dislivello, si è parlato parecchio dello Stelvio posizionato nella prima parte del Giro Next Gen, in questo modo avrebbe ammazzato la corsa. Lo rimetterebbe in quella “posizione”?

Per me non ha ammazzato la corsa. Su un Giro di otto tappe, lo Stelvio arrivava alla quarta e oltre a quella frazione ce n’era un’altra successivamente molto difficile con oltre 3.800 metri di dislivello. Lo Stelvio era la sola di quella tappa e per di più, tolti i primi chilometri, non è una salita impossibile. Se poi ci facciamo queste domande perché 31 ragazzi hanno fatto i furbi, dico: demerito a loro e merito agli altri che l’hanno fatta con le loro gambe.

Non volevamo andare a parare lì, ma fare un discorso tecnico nella costruzione di un Giro.

Ripeto, a me una tappa con il solo Stelvio non sembra una frazione impossibile, una roba “da impresa”, tra l’altro si faceva una sola volta. La corsa la fanno i corridori. Torno alla tappa di Campo Imperatore. Come ho detto, poteva smuovere la classifica, ma non lo ha fatto e in parte la stessa cosa è successa a Lago Laceno. Oggi purtroppo il modo di correre è questo: si aspetta la terza ed ultima settimana, tanto che quasi sarebbe vano fare le prime due. Ormai si corre al risparmio nelle prime due e si punta sulla terza.

Se a Roma c’è stato grande spettacolo è stato anche per gli sprinter rimasti in gara
Se a Roma c’è stato grande spettacolo è stato anche per gli sprinter rimasti in gara
Verrebbe da pensare di tornare ai vecchi percorsi, coi piattoni nella prima metà e le salite nella seconda…

E poi succede che dopo 12-13 tappe i velocisti vanno tutti a casa. Tutti direbbero che è una vergogna. Ma resterebbero in corsa per fare cosa? E come ce li tengo? Oggi quando si disegna un Giro si deve tenere conto di tutti, per questo metto: 2-3 tappe a crono, 5-6 per i velocisti, 2-3 per i finisseur e  4-5 tappe per gli scalatori o uomini di classifica.

Una cosa che abbiamo notato è che ci sono meno tapponi con arrivo in discesa… Ve lo chiedono le squadre? E’ una questione di sicurezza?

Ormai i tapponi lunghi non li vogliono più altrimenti succede come a Morbegno due anni fa. Per quanto riguarda la sicurezza, ormai mi sembra diventato quasi uno slogan. La sicurezza, tema importantissimo, è costituita da molti fattori. La prima cosa è: dove corriamo? Su strada e oggi per risparmiare energia elettrica e avere un traffico automobilistico più fluido sono stati inseriti spartitraffico e rotatorie in quantità. Questo è un primo grande elemento che va ad intaccare la sicurezza. Altro problema: il corridore oggi, soprattutto nelle prime tappe di un grande Giro, non tira i freni. E non lo fa perché una vittoria di tappa potrebbe cambiare il suo destino lavorativo. 

Questo è un problema che c’è da sempre…

Vado avanti. La tecnologia: le velocità sono più alte e molti corridori non sono in grado di gestirle… Come vediamo sono tanti i fattori che riguardano la sicurezza e ognuno fa, e deve fare, la sua parte. I corridori spesso se la prendono con gli organizzatori, ma a volte dovrebbero puntare il dito anche contro se stessi. Mi piacerebbe molto che un corridore ancora in attività venisse a seguire un Giro da dietro le quinte, che lavoro c’è dietro, anche in merito alla sicurezza. Perché poi alla fine, okay l’UCI, okay le associazioni dei corridori… Ma se poi succede qualcosa, chiamano me.

EDITORIALE / Crans Montana e il Regolamento

22.05.2023
6 min
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BERGAMO – Al Tour non sarebbe successo: qualcuno ne è certo, qualcuno se lo chiede. Anche la corsa francese nel 2019 fu fermata sull’Iseran. Nella discesa che portava a Tignes, una grandinata provocò una slavina un’ora prima che passasse il gruppo. Bernal vinse sulla cima e prese la maglia gialla. Lo stesso fece il Giro nel 1996, quando in fretta e furia piazzò il traguardo ai piedi del Colle dell’Agnello, a causa delle slavine cadute sul valico. La corsa non arrivò a Briançon ma a Chianale, con vittoria di Pascal Richard. Le emergenze le gestiamo bene anche noi e altrettanto bene le creiamo.

Corridori spaccati

A Crans Montana i corridori hanno rivendicato la possibilità di decidere quando correre e quando no, minacciando lo sciopero nel caso le loro richieste non fossero state accolte. La sera prima, fra gli hotel è circolato un sondaggio e la decisione di scioperare non era condivisa da tutti.

«Si era già cominciato ieri sera a parlare del maltempo e di possibili cambiamenti – ha detto Moscon, intervistato dalla RAI – di fare una tappa diversa da quello che era previsto. E’ vero che c’è il maltempo, è vero che siamo stanchi, ma non credo ci fossero le condizioni per accorciare la tappa. Per me si poteva correre, poi se qualcuno voleva fermarsi poteva farlo. Non ce l’ha ordinato il dottore di fare i ciclisti professionisti».

Moscon, qui con Sanchez, si è espresso contro la necessità di modificare la tappa
Moscon, qui con Sanchez, si è espresso contro la necessità di modificare la tappa

Lo sciopero minacciato

Eppure lo sciopero è stato minacciato: si voleva l’eliminazione della Croix de Coeur, data la presunta presenza di ghiaccio nella discesa. E il Giro cosa ha fatto? Per evitare grane ha tolto di mezzo il Gran San Bernardo e ha lasciato la Croix de Coeur: per coerenza, i corridori avrebbero dovuto rifiutare, invece hanno accettato. E allora il pericolo della discesa, che effettivamente era piuttosto malconcia? 

Nessuno invoca il martirio, ma la differenza fra il ciclismo e i giochi che si svolgono su campi delimitati da righe è che le corse hanno come terreno la strada e come sfondo la natura. Anche se può sembrare cinico, scegliendo di essere corridori, gli uomini del gruppo hanno accettato di misurarsi con gli elementi. E quando vengono convocati per una corsa, accettano di seguirne il regolamento. Accade quando i team mandano indietro il bollettino. E il regolamento, a loro tutela, prevede anche la modifica o la cancellazione di una tappa. Purché ce ne siano le condizioni.

Il regolamento del Giro è riportato su un libretto complementare al Garibaldi
Il regolamento del Giro è riportato su un libretto complementare al Garibaldi

Il regolamento del Giro

Il regolamento del Giro ormai non te lo danno più. Una volta se ne stampava una copia per ciascun giornalista, salvo che pochi lo sfogliavano e finiva nei cestini. Così adesso (giustamente) devi chiederlo. Leggere la riscrittura della tappa di Crans Montana alla luce del regolamento è un utile esercizio.

«Nel caso si verificassero situazioni particolari tali da pregiudicare le condizioni di sicurezza o da falsare il regolare svolgimento e il conseguente risultato tecnico della corsa – recita l’Articolo 3 – il Direttore del Giro, d’intesa con il Presidente dei Commissari, sentiti i pareri del Delegato Tecnico UCI, del Rappresentante CPA e della Commissione Tecnica della LCP, può in qualsiasi momento, decidere di modificare il percorso di una tappa.

«Inoltre il Direttore del Giro, in applicazione dell’art. UCI 2.2.029 bis potrebbe convocare le parti interessate referenti del “protocollo in caso di condizioni meteorologiche estreme e di sicurezza dei corridori”. In tale situazione le decisioni possono essere prese e/o confermate il mattino della tappa».

Il meteo al via di Borgofranco d’Ivrea era certamente pessimo e probabilmente ha fatto saltare i nervi ai corridori
Il meteo al via di Borgofranco d’Ivrea era certamente pessimo e probabilmente ha fatto saltare i nervi ai corridori

Il meteo estremo

Da regolamento Uci (allegato B all’articolo UCI 2.2.029) il protocollo per condizioni climatiche estreme va messo in atto in caso di pioggia gelata, accumulo di neve sulla carreggiata, forte vento, temperature estreme, scarsa visibilità, inquinamento atmosferico. All’elenco mancano dei riferimenti più precisi di temperatura, velocità del vento e visibilità e ciò rende arbitraria l’applicazione della norma. In ogni caso quel giorno non c’erano i margini per farlo.

Se da un lato le app di previsioni meteo utilizzate dalle squadre annunciavano fulmini e saette, dalla cima dei monti il report degli uomini di RCS Sport mostrava una realtà completamente diversa: allora perché il Giro si è piegato?

Il diritto di sciopero

Lo sciopero è un diritto. Questa volta è stato usato come strumento di pressione, conseguenza di giorni di corse sotto la pioggia e con temperature basse. E ancora una volta, dopo la magra figura, si sono lette le scuse da parte di chi lo ha guidato, trincerandosi dietro l’obbligo di assecondare le richieste dei corridori.

«Col senno di poi – ha dichiarato Cristian Salvato, presidente dell’Accpi e delegato del CPA – possiamo dire che il brutto tempo non c’è stato. Le affidabilissime app dei gruppi sportivi hanno sbagliato, perché tutte prevedevano cattivo tempo. Dobbiamo chiedere scusa ai tifosi prima di tutto, ma anche all’organizzazione. In alta montagna il tempo cambia molto facilmente. Per fortuna questa volta è cambiato in meglio, ma ci sono state anche occasioni in cui l’organizzazione non aveva fatto nulla poi è cambiato in peggio, come anche al Gran Camino quest’anno».

Salvato è il presidente dell’Accpi e delegato CPA al Giro d’Italia
Salvato è il presidente dell’Accpi e delegato CPA al Giro d’Italia

Le scuse bastano?

L’articolo 5 del regolamento del Giro dice che «tutti i corridori partecipanti hanno il diritto, nel rispetto dei regolamenti vigenti, di concorrere a tutte le classifiche di tappa, generale e speciali, previste dal programma della gara.

«Pertanto sono tenuti a una condotta di gara responsabile e ad astenersi dal promuovere o aderire a manifestazioni collettive che abbiano tanto il carattere di accordi fraudolenti a danno di altri concorrenti quanto il significato di protesta nei confronti dell’Ente Organizzatore, dei Commissari o comunque di altre persone ufficiali al seguito».

Quando il Giro fu fermato nella famigerata Morbegno-Asti del 2020, lo stesso direttore del Giro usò parole dure. «E’ stata una decisione che abbiamo subito – disse Vegni – inaccettabile. Adesso pensiamo ad arrivare fino a Milano. Poi, quando saremo a bocce ferme, di certo qualcuno pagherà anche questo».

Chi pagò e come? Nel giorno di Crans Montana, il regolamento del Giro d’Italia è stato violato nuovamente. Mauro Vegni e i suoi uomini hanno accettato nuovamente le scuse, il Tour non lo avrebbe fatto. Qualcuno ne è certo, qualcuno se lo chiede…

Spunta Rubio. Ma che confusione a Crans Montana

19.05.2023
6 min
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Magicamente i chilometri da Borgofranco d’Ivrea a Crans Montana sono diventati meno di 75. Magicamente si fa per dire, perché si levano le polemiche, si abbassa lo spettacolo e alla fine chi ci rimette è il Giro d’Italia. Una frazione che potenzialmente poteva essere la più dura della corsa rosa si è ridotta in una lunga volata.

Una volata che ha visto primeggiare Einer Rubio, colombiano della Movistar, ma ciclisticamente italiano. Rubio è “fratello” di Jai Hindley, nel senso che anche lui viene dalla scuola di Umberto “Umbertone” Di Giuseppe e Donato Polvere.

E nella sua vittoria è racchiuso il famoso proverbio: tra i due litiganti il terzo gode. Pinot faceva le scaramucce con Cepeda e Rubio, zitto zitto, faceva la formichina mettendo nel taschino energie preziose buone per la volata.

Certo dispiace non raccontare a fondo la storia di questo ragazzo, tanto più che i big non si sono attaccati, ma oggi la notizia è tutta sulla riduzione della tappa e soprattutto sul suo perché. Sulla sua genesi.

La giornata

Proviamo a ricostruire questa giornata, che parte dalla serata di ieri. Tra i corridori si diffonde la notizia dell’invocazione del protocollo sulle condizioni meteo estreme. Si è fatto un sondaggio. Un sondaggio, in forma anonima, che voleva l’annullamento della Croix de Coeur in quanto le previsioni davano il peggioramento meteo su quel colle proprio al momento del passaggio del Giro.

Questa mattina i gruppi sportivi hanno chiesto una riunione con il direttore del Giro, Mauro Vegni. Una riunione avallata anche dal CPA il cui presidente è Adam Hansen, con Cristian Salvato come rappresentante in corsa. In questo incontro i gruppi sportivi e i corridori hanno chiesto l’accorciamento della frazione. 

E qui ecco un primo punto. Corridori e squadre non volevano fare la Croix de Coeur, ma poi hanno trovato una mediazione con Vegni. Per cui hanno accettato di salire su questo colle e di tirare dritti fino all’arrivo, ma partendo da Le Chable ai piedi della stessa salita. 

Alla fine è andata così: alle 11, a Borgofranco d’Ivrea, il gruppo si è messo in marcia. Pioveva e c’erano 13 gradi. I corridori hanno percorso qualche decina di metri per sponsor e tifosi e poi… tutti sui bus per raggiungere La Chable tra i pollici in giù dei tifosi a bordo strada che li aspettavano sul Gran San Bernardo. 

Gran San Bernardo, a sua volta mutilato qualche giorno prima. Poi alle 15 il via da Le Chable, sotto un timido sole e 15 gradi. Il resto è cronaca.

Che confusione

Ma urge porsi delle domande. Perché l’organizzazione ha accettato di affrontare il punto a loro avviso più rischioso, sia per il meteo che per la conseguente discesa?

Ci si è appellati al protocollo per le condizioni meteo estreme, ma queste condizioni non c’erano: né per le temperature, né per il vento, né per le precipitazioni. Allora cosa è successo? Su che base è stata accorciata la tappa? Qual è il nesso tra protocollo meteo e discesa pericolosa? Come se poi lo avessero scoperto adesso che i primi chilometri di quella planata erano pericolosi. Le domande sono molte, i dubbi ancora di più.

«Dobbiamo chiedere scusa ai tifosi e agli organizzatori – ha detto Cristian Salvato, presidente dell’Accpi (associazione corridori ciclisti professionisti italiani) al Processo alla Tappa – le squadre si sono basate sulle loro App meteo, che di solito sono molto precise, ma questa volta hanno sbagliato. A volte il tempo in montagna cambia repentinamente. Questa volta è cambiato in meglio, ma se fosse stato tempo brutto?». Un po’ poco…

Mauro Vegni, direttore del Giro d’Italia
Mauro Vegni, direttore del Giro d’Italia

Vegni, spalle al muro

C’è poi la campana ufficiale, quella di Rcs Sport, società organizzatrice della corsa rosa. Questa mattina Mauro Vegni ha parlato anche con noi, dando una botta al cerchio e una alla botte.

«Le condizioni climatiche non sono le più favorevoli – ci aveva detto Vegni – non tanto per la pioggia ma per il freddo in discesa. Dobbiamo preservare gli atleti per arrivare a Roma. E così sono andato incontro alle loro richieste. Ma siamo riusciti a mantenere una tappa con caratteristiche sportive concrete.

«Come la tappa sprint del Tour? No, è diverso. Lì si partiva con l’idea di una tappa particolare appunto, qui con l’idea di salvare una corsa. Lì con il sole, qui con la pioggia».

E ancora: «C’è stata una trattativa e qualcosa bisognava cedere», aveva detto poco prima lo stesso Vegni ai microfoni della Rai.

Quest’ultima frase è importante. «Bisogna cedere». Alla fine si è trovato un accordo, ma più che un accordo legato alle condizioni specifiche della tappa, è sembrato un accordo d’insieme. Un accordo su quanto accaduto sin qui al Giro fra i tanti ritiri e la tanta pioggia presa.

Come a dire: “Caro Vegni visto che abbiamo preso tanta acqua o tu ci accorci la tappa o noi scioperiamo”. Un ricatto in pratica. A questo punto è stato sin troppo bravo il direttore del Giro a salvare la situazione e a collegare almeno le ultime due salite.

La discesa della Croix de Coeur, era tecnica nella prima parte. Ma il ghiaccio non c’era. In cima temperatura ben al di sopra dello zero
La discesa della Croix de Coeur, era tecnica nella prima parte. Ma il ghiaccio non c’era. In cima temperatura ben al di sopra dello zero

Guardando avanti

Però questa giornata e la sua gestione parlano di un Giro che ha scarso peso politico. Scarsa forza. Si è verificato qualcosa di molto simile a quanto accaduto a Morbegno nel Giro 2020.

Il Giro d’Italia non merita tutto ciò. I tifosi non meritano tutto ciò. Il ciclismo non merita tutto ciò. Siamo sicuri che gli stessi corridori con i 40 e passa gradi della “chaleur” francese, e quindi con gli estremi per attuare il protocollo, chiederebbero a Prudhomme di annullare la tappa?

C’è molto da lavorare. Sia da parte del Giro, che deve assolutamente rilanciarsi. Sia da parte dell’UCI che del CPA. Bisogna trovare regole univoche. Regole basate su numeri certi, su ispettori di percorso capaci di valutare la situazione in tempo reale e non su valutazioni soggettive.

E poi bisogna iniziare a prendere coscienza concretamente dei cambiamenti climatici. I dati di molti siti meteo dicono come negli ultimi anni nel bacino centrale del Mediterraneo aprile e soprattutto maggio siano gli unici mesi in controtendenza per quanto riguarda le temperature. In pratica fa sempre più caldo, tranne che in questi due mesi. Magari bisognerà valutare di spostare la corsa rosa, cosa che Vegni ha già detto in passato, e di scegliere percorsi differenti con le salite più alte magari solo nel finale.

Tante parole. Speriamo che non cadano nel vuoto. O forse sì. Se domani i corridori regaleranno tanto spettacolo saranno già un lontano ricordo.

Giro Next Gen: otto tappe, una crono e lo Stelvio

03.05.2023
7 min
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Si chiamerà Giro Next Gen, con il gusto di mettere l’inglese anche alle radici del ciclismo giovanile italiano. E’ il Giro d’Italia degli U23, assegnato dalla Federazione a RCS Sport in seguito al bando di fine marzo, grazie al quale il prossimo anno lo stesso gruppo organizzerà anche il Giro d’Italia Donne, sempre che questo mantenga il nome attuale. Un bando andato deserto, tranne appunto per la partecipazione di RCS, con relativo disappunto da parte di Infront.

Si correrà dall’11 al 18 giugno ed è stato presentato stamattina a Roma, alla presenza di Mauro Vegni e Paolo Bellino per RCS Sport, Cordiano Dagnoni per la FCI e il ministro dello sport Andrea Abodi.

Questa è l’altimetria generale del prossimo Giro d’Italia U23, ribatezzato Giro Next Gen
Questa è l’altimetria generale del prossimo Giro d’Italia U23, ribatezzato Giro Next Gen

Otto tappe al Nord

Il percorso è in linea con quanto fatto negli ultimi anni da Extra Giro, con 8 tappe, tutte concentrate in poche regioni: questa volta dal Piemonte al Friuli. Al disegno del percorso si è dedicato il gruppo di lavoro del Giro d’Italia nel tempo libero fra la Sanremo, il Giro di Sicilia e la partenza da Pescara, riuscendo anche ad ottenere lo slittamento di un giorno, in modo da occupare due domeniche anziché una soltanto. Alcuni contatti con Marco Selleri erano stati avviati perché si occupasse di una parte dell’organizzazione, poi tutto si è fermato.

«Quest’anno il Giro Next Gen si svolgerà interamente al Nord – ha detto Mauro Vegni – perché con solo otto tappe è impossibile toccare tutto lo Stivale. Nei prossimi anni pensiamo di sviluppare la corsa al Centro e al Sud in modo da portare all’interno di tutti i territori italiani, come già facciamo nelle corse professionistiche, questo evento di altissimo livello per la categoria. Il percorso offre chance a tutti, cronoman, velocisti, finisseurs e scalatori con la ciliegina sulla torta rappresentata dall’arrivo sul Passo dello Stelvio»

La tappa sullo Stelvio era stata già svelata, sia pure sotto traccia, il 19 aprile, nel corso di una conferenza stampa a Sondrio, in cui si raccontavano le iniziative turistiche per l’estate in Valtellina.

Alla presentazione, da sinistra, Mauro Vegni, il ministro Andrea Abodi, Cordiano Dagnoni e Paolo Bellino
Alla presentazione, da sinistra Vegni, il ministro Abodi, Dagnoni e Bellino

Prima il Piemonte

Si comincia con una cronometro ad Aglié, sulla distanza di 9,4 chilometri. Prova veloce e adatta agli specialisti, con lunghi tratti rettilinei raccordati da poche curve. L’unica piccola difficoltà è la rampa finale (4% di pendenza media) che conduce al Castello di Agliè.

La seconda tappa va da San Francesco al Campo a Cherasco, sulla distanza di 151 chilometri. Percorso pianeggiante nella prima parte e poi mosso fino all’arrivo. Si costeggia Torino, toccando Settimo Torinese e Chieri. Si prosegue poi verso sud fino alle colline dell’Albese e qui si scalano La Morra e Novello, prima di giungere al circuito finale di 18 chilometri (un solo giro) che tocca Narzole e il fondovalle del Tanaro. Nel 2010 sullo stesso arrivo Philippe Gilbert conquistò il Gran Piemonte.

Con la terza tappa si va in Lombardia, da Priocca a Magenta, per 146 chilometri. Toccherà ai velocisti mostrare i muscoli, dato il percorso quasi totalmente pianeggiante attraverso le provincie di Alessandria e Pavia. 

Sua maestà lo Stelvio

Della quarta tappa abbiamo fatto cenno: Morbegno-Passo dello Stelvio, 118 chilometri. Si rischia che il Giro finisca lassù: i 22 chilometri finali al 7 per cento di media, con i famosi 30 tornanti che hanno fatto la storia del ciclismo, potrebbero essere per gli U23 uno scalino davvero molto alto.

La tappa successiva, numero cinque da Cesano Maderno a Manerba del Garda misura 154 chilometri. E’ mossa e nervosa, specie nel finale sul Lago di Garda. I primi chilometri attraverseranno comuni milanesi con tutte le insidie del caso in termini di traffico, rotatorie e spartitraffico. Alle porte di Brescia, il gruppo scalerà Passo Tre Termini, la salita di Lumezzane e il Passo Sant’Eusebio, prima di scendere sul lago. Lungo la costa, potrebbe esserci spazio per qualche attacco.

Sesta tappa che parte dal trentino: da Pergine Valsugana a Povegliano, in provincia di Treviso, per 166 chilometri. In partenza subito il Valico della Fricca farà sudare gli uomini veloci, che avranno poi altri 150 chilometri fra discesa e pianura per riprendere fiato e farsi trovare pronti nei due giri del velocissimo circuito finale.

Tappone veneto

La settima e penultima tappa è definita il tappone, anche se le gambe e la classifica avranno ancora memoria dello Stelvio. Si parte dal Tempio del Canova a Possagno e si arriva a Pian di Cansiglio in 175 chilometri. Già dal via si inaugura un percorso di saliscendi che attraversano le zone del Prosecco da Valdobbiadene, Combai e Refrontolo. Dopo Vittorio Veneto, iniziano le salite di San Lorenzo, Passo San Boldo, Valmorel, Nevegal, il duro Malga Cate in Alpago e poi l’accesso a Pian del Cansiglio da Farra con i primi 4 chilometri al 12-13 per cento.

Si chiude in Friuli, con i 131 chilometri che uniscono la Tavagnacco di Enzo Cainero a Trieste. Si passa da Pagnacco, Buja, Tarcento, poi la zona dei vini di Nimis, Attimis, Faedis fino alla piana di Cividale. Da qui in avanti il percorso porta i segni della Grande Guerra, con il Monte San Michele e il sacrario di Redipuglia. La volata finale, se di gruppo o gruppetto, si giocherà davanti a Piazza Unità d’Italia e al Molo Audace.

L’opinione di Amadori

Qual che c’è da attendere ora è l’elenco delle squadre invitate. I gruppi sportivi hanno atteso finora l’annuncio del percorso, avendo comunque previsto di fermare gli atleti più adatti e di mandarli in altura per ricaricarsi e trovare la condizione. Sarà ancora una volta la sfida fra continental straniere e le italiane.

«Mi sembra un Giro bellino – commenta il cittì Amadori – che più dello scorso anno ha la crono, anche se corta. Per il resto, ci sono percorsi per tutti. Sarà nuovamente un’esperienza utile alla crescita dei ragazzi. Ieri peraltro hanno presentato anche il Tour de l’Avenir ed è durissimo, non si sono fatti mancare niente, con l’arrivo al Col de la Loze e anche una cronoscalata. Piuttosto notavo che durante il Giro ci sarà una prova di Nations Cup in Repubblica Ceca, chissà se dall’estero arriveranno tutti i più forti o qualcuno andrà là. Sia quella prova, che la precedente in Polonia servono per qualificare un uomo in più per il mondiale. Noi andremo in Polonia e, se dovesse servire, durante il Giro potrei portare alla Corsa della Pace i giovani che non fanno il Giro o qualche professionista».

Insomma, ora che le carte sono sul tavolo, si può cominciare a lavorare. Sul fronte della logistica non dovrebbero esserci dubbi che RCS saprà mettere in campo le strutture e il personale che da sabato gireranno l’Italia per tre settimane.