Cataldo, una firma e riparte tutto dall’Astana

16.11.2024
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Quando leggiamo il comunicato per cui Dario Cataldo sarà uno dei prossimi direttori sportivi della Astana, l’abruzzese è ancora in vacanza nelle Filippine. E’ rimasto in Oriente dopo il Criterium di Singapore e tornerà in Italia il 21 novembre, ma intanto qualcosa ci racconta con la promessa di non rubargli più di cinque minuti, che alla fine diventeranno dieci. E poi ancora buone vacanze…

La voce parla di una nuova emozione. Un video che ci ha mandato mostra il traffico polveroso e vivace del posto. Scherziamo sul bisogno di vacanze e sui modi alternativi di staccare un po’ la spina, compreso il cogliere le olive.

Cataldo rimarrà in vacanza fino al 21 novembre. Qui a Singapore dopo il Criterium
Cataldo rimarrà in vacanza fino al 21 novembre. Qui a Singapore dopo il Criterium
Quanto tempo fa è venuta fuori questa proposta della Astana?

Come sapete, con loro ho sempre avuto ottimi rapporti, sono rimasto in contatto. Mi sentivo spesso con Mazzoleni e lui sapeva che avrei smesso. Quindi appena stava per finire la stagione, abbiamo iniziato a parlare in modo un po’ più concreto. Nel frattempo valutavo anche altre opzioni, ma questa era già quasi sul tavolo a prescindere, nel senso che dipendeva dalle situazioni. Non era scontato che loro ne avessero bisogno, però sapevano che io ero libero e a disposizione. Quindi nel momento in cui ho deciso di fare il corso UCI da direttore sportivo, ne abbiamo parlato e poi le cose sono andate avanti.

Con chi altri stavi parlando?

Con Guercilena per capire quali potevano essere le prospettive alla Lidl-Trek. E’ una decisione molto fresca. Al Lombardia avevo parlato ancora con Luca e in quei giorni avevo sentito anche qualche altra squadra, il giorno che ho smesso di correre non sapevo ancora che cosa avrei fatto. Invece dopo qualche settimana la possibilità ha iniziato a concretizzarsi e si è presa la decisione questa settimana.

Inizialmente avevi parlato di fare il procuratore: quando ha virato verso l’ammiraglia?

L’idea del procuratore mi ha sempre attirato, mi piace, solo che bisogna partire con calma e poi farsi strada. Non avendo corridoi con cui partire, avrei dovuto fare comunque qualcosa di alternativo mentre mi costruivo un nome e l’esperienza che servono. Però fare le cose a metà non mi attira tanto, quindi a quel punto ho preferito farne una sola e fatta bene. Sul fatto di diventare direttore sportivo, quando avevo 18 anni ho iniziato a fare Scienze motorie proprio per questo. Ho iniziato il terzo anno da U23 che avevo già il terzo livello. E poi mio padre è un direttore sportivo, diciamo che è una cosa di famiglia.

Cataldo ha continuato a sentirsi con Mazzoleni (a sinistra), ma rispetto ai suoi anni, non troverà più Martinelli
Cataldo ha continuato a sentirsi con Mazzoleni (a sinistra), ma rispetto ai suoi anni, non troverà più Martinelli
Si dice che il corridore che ha appena smesso può essere un grande direttore sportivo: pensi che aver corso fino a un mese fa sarà un valore aggiunto?

Sicuramente, perché il ciclismo è cambiato talmente tanto, che è molto difficile da interpretare se uno non ha vissuto questi cambiamenti da molto da vicino. E’ difficile anche comunicare con i corridori. Quando devi spiegare qualcosa, fai molta fatica e vedo che chi non è dentro da un po’ non riesce a comprendere. Quindi riuscire a comunicare con i corridori sapendo com’è la situazione in gruppo in questo momento è un vantaggio.

Sei stato in Astana, hai vissuto le vittorie di Fabio Aru e quelle di Nibali. Sarà una squadra diversa perché Martinelli non c’è più e arrivano nuovi direttori sportivi. Che squadra trovi secondo te?

Una squadra che ha delle radici come quelle che ho lasciato, ma che sta affrontando una grossa evoluzione. Ha avuto tanti corridori da corse a tappe e adesso ha completamente rivoluzionato il suo modo di correre. Sono passati ai velocisti e alle classiche e hanno inserito tanti corridori e tanti membri dello staff molto in gamba per questo genere di corse. Finalmente Zazà (Stefano Zanini, ndr) si trova con un bel gruppo per il suo terreno del Nord. Quindi è una squadra strutturata in un modo molto diverso, che quest’anno si è rinforzata tantissimo. Non solo Bettiol, che per le classiche forma un bel gruppo assieme a Ballerini e Teunissen, ma è arrivato anche Ulissi. Ci sono corridori che possono dire la loro anche nelle classiche più dure.

Cataldo è passato nel gruppo Trek sin dal 2022: dopo la Astana, un passaggio alla Movistar
Cataldo è passato nel gruppo Trek sin dal 2022: dopo la Astana, un passaggio alla Movistar
Il fatto che sia così pieno di italiani ti ha aiutato a scegliere o non c’entra niente?

No, non ha influito. E’ una squadra molto internazionale e lo è diventata ancora di più, quindi sicuramente mi trovo a mio agio. E’ un ambiente che conosco, se ci penso mi sembra di esserne uscito ieri e di essere io ad accogliere i nuovi direttori, quando in realtà dovrò fare una vera gavetta. Certo non sarà come entrare in una squadra di cui non conosci nulla, ma in ogni caso mi dovrò porre in un modo molto diverso con i corridori. Il rapporto rimane comunque molto stretto, ma ora mi trovo dall’altra parte e non dovrò gestire solo le situazioni di gara, ma anche tutto il resto. Il mio rapporto con gli altri direttori sportivi da cui avrò certamente tanto da imparare. Per cui andrò al primo ritiro con qualche sicurezza, ma anche la consapevolezza di dover imparare tutto.

Quanto pesa il ritiro in altura? Risponde coach Mazzoleni

17.06.2024
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Quanto pesa un ritiro, specie se in quota, in termini di fatica e di rendimento nell’insieme di una preparazione? Domanda da un milione di dollari che inevitabilmente non può avere una risposta netta, ma di certo apre un punto di dibattito importante.

Diversi atleti, l’ultimo dei quali Lorenzo Fortunato, hanno parlato di questo aspetto, di quanto oggi si arrivi prontissimi alle corse. «Adesso si fa più lavoro al training camp in altura che al Giro. E quindi quando vai in corsa, vai a raccogliere i frutti di quel lavoro», le testuali parole di Fortunato.

Ebbene noi abbiamo analizzato il tutto con Maurizio Mazzoleni, coach dell’Astana-Qazaqstan.

Mazzoleni (secondo da destra) durante un ritiro, utile anche per fare gruppo: aspetto da non trascurare
Mazzoleni (secondo da destra) durante un ritiro, utile anche per fare gruppo: aspetto da non trascurare
Maurizio, dunque, quanto pesa il training camp nella preparazione e quindi nella prestazione?

Molto, perché specie se il camp è in altura, si mette in atto un metodo di lavoro a 360°. Tu preparatore hai gli atleti direttamente sul campo. Ci sei a contatto. Due sport: il ciclismo e gli atleti della lunghe distanze dell’atletica leggera non hanno un luogo fisso di allenamento, ma ogni volta un campo di lavoro diverso e non è facile seguire gli atleti. 

Certo, nuotatori in piscina, tennisti, calciatori, pallavolisti… al campo.

Esatto. Il preparatore non può essere presente. I lavori che inviamo a casa li vedi giornalmente, ma non abbiamo gli stessi feedback, non vediamo l’atleta dal vivo. Ed eventuali aggiustamenti si fanno il giorno dopo. In altura, in ritiro, certe correzioni le fai sul momento. Poi secondo me quello della preparazione da professionisti è un salto importante.

Cioè?

Finché sono juniores o under 23 bene o male hanno quasi sempre dietro il tecnico che li segue, tra i pro’ non è così. Non può essere così. I ragazzi hanno abitazioni differenti, vengono da più Nazioni. E la presenza del tecnico, del referente va a diminuire drasticamente. 

Cosa significa che in ritiro si lavora a 360°? Oltre agli adattamenti fisiologici come i punti ematici che può dare l’altura c’è dell’altro?

Che oltre alla bici ci sono tutte quelle attività extra: il risveglio muscolare, lo yoga, lo stretching, il massaggio, eventuali trattamenti per recuperare prima da un infortunio… Tutta la giornata è finalizzata alla bici, ed è un tipo di lavoro che a casa ovviamente non si può fare. Quindi oltre agli adattamenti fisiologici l’altura ha un prezzo, ma anche un vantaggio in questo senso.

Oggi in quota si insiste anche sull’intensità elevata. E spesso si lavora anche a crono (foto Instagram)
Oggi in quota si insiste anche sull’intensità elevata. E spesso si lavora anche a crono (foto Instagram)
Spesso vediamo che scendono e vanno forte: il ritiro è centrale dunque?

Oggi siamo abituati a preparare gli atleti affinché arrivino subito pronti alle gare anche dopo l’altura. Calibriamo ogni aspetto tra allenamenti e gare. Se prima in altura si lavorava soprattutto a bassa intensità, oggi si fa anche l’alta intensità. E se prima servivano dieci giorni per avere gli effetti dell’altura, oggi possono bastarne 3-4. Basta mollare un po’ prima quando si è in quota. Sono nuove metodologie che portano appunto l’atleta ad essere subito pronto.

Facciamo un esempio, Maurizio: avvicinamento classico al Giro d’Italia. Il corridore lo sa da dicembre: quanto incide in percentuale il ritiro in quota?

Non è tanto una questione di percentuale, ma di un insieme. Esclusi i velocisti, di solito quasi tutti fanno almeno due cicli di altura, ma in questi cicli e anche nell’allenamento a casa deve andare tutto bene. Deve filare tutto liscio.

Giriamo la domanda: quanto pesa il ritiro in quota in termini di fatica?

Posto che dipende da atleta ad atleta, la fatica è difficilmente misurabile. Questa, in un ritiro, è data dallo stress dell’allenamento, che seppur positivo è sempre uno stress, e dal conseguente adattamento. Questo è l’aspetto fisiologico, poi c’è l’aspetto mentale della fatica. Questo va incluso nel costo e non va sottovalutato.

Dopo il Giro, Lorenzo Fortunato è andato direttamente al Delfinato
Dopo il Giro, Lorenzo Fortunato è andato direttamente al Delfinato
Chiaro…

Anche per questo motivo ci sono tuti quegli extra di cui dicevamo. Il rilassamento con lo yoga al pomeriggio… sono tutti modi per agevolare il periodo in altura. E’ comunque stressante stare lontano da casa, dalla famiglia, magari arrivarci prima o dopo una corsa. Poi è anche vero che l’atleta sa sin dall’inizio della stagione che dovrà fare dei ritiri, che avrà i periodi delle corse, dell’altura, del recupero. Per fortuna solitamente questi camp si svolgono in luoghi molto belli. Penso al Teide che è un immenso Parco Nazionale riconosciuto dall’Unesco, alle Dolomiti, all’Etna… E quando chiedi ai ragazzi dei ricordi di questi ritiri sono tutti belli. Magari sul momento gli pesa di più, ma alla lunga hanno ricordi positivi. E questo è importante.

Se il clima è buono, pesano meno insomma…

E poi non va dimenticato un altro aspetto. I ritiri servono a formare il gruppo di lavoro, non solo per gli atleti ma anche per i tecnici. Ormai le squadre sono formate da 30 corridori e tanto personale e non capita poi spesso che si ritrovano tutti insieme. Avere i 6-8 corridori che dovranno andare al Giro insieme per due, tre settimane aiuta molto. Cementa il gruppo. In corsa poi si aiuteranno di più. Tra i tecnici c’è più confronto.

Il tuo Lorenzo Fortunato parlava giusto dell’incidenza del ritiro, della sua importanza, ma viene da chiedersi se poi questi ragazzi oggi a casa si allenano forte, se fanno intensità o ”solo” mantenimento.

No, no… a casa si allenano ancora molto. Alla fine in un anno i cicli in quota sono 2, massimo 3, e durano due, tre settimane… quindi a casa svolgono il resto del lavoro anche ad alta intensità, fanno il dietro motore. Pertanto ha un peso anche il lavoro a casa.

Fortunato punta Giro e Vuelta: la rincorsa è lanciata

25.03.2024
4 min
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A 27 anni, Lorenzo Fortunato sta vivendo la sua prima stagione nel WorldTour con l’Astana Qazaqstan e ieri ha concluso la Volta Catalunya al decimo posto. Nell’intervista post Tirreno-Adriatico ci ha raccontato le emozioni e sensazioni della sua prima gara importante nel nuovo team. Parlando è emerso come la sua stagione sia divisa in due blocchi. Il primo che include il Giro d’Italia, mentre il secondo verterà sulla Vuelta. Il 2024 sarà quindi il primo anno in cui Fortunato correrà due Grandi Giri, un cambiamento importante, che va preparato.

La stagione di Fortunato sarà focalizzata su due picchi di condizione, per il Giro e la Vuelta
La stagione di Fortunato sarà focalizzata su due picchi di condizione, per il Giro e la Vuelta

Stesso percorso

Con il team Eolo-Kometa (ora Polti-Kometa) il corridore nato a Bologna ha sempre incentrato le sue grandi aspettative sulla corsa rosa. La seconda parte di stagione, invece, era concentrata sul calendario delle classiche italiane

«La stagione – 2024 ci racconta Maurizio Mazzoleni, preparatore dell’Astana e di Fortunato – sarà incentrata su Giro e Vuelta. A livello di impegno non vedo molte differenze rispetto a quello che ha fatto in passato. Non ha mai corso un Grande Giro nella seconda parte di stagione, ma le gare di agosto e settembre. Non ci saranno grandi stravolgimenti rispetto ai suoi periodi di allenamento precedenti. Soprattutto per quanto riguarda la parte di stagione fino al campionato italiano».

La preparazione invernale è stata calibrata per arrivare al Giro al massimo della condizione (foto Instagram)
La preparazione invernale è stata calibrata per arrivare al Giro al massimo della condizione (foto Instagram)
Su quali aspetti vi siete concentrati durante l’inverno?

Tutti, non si può lasciare nulla al caso nel ciclismo moderno. Si è curata tanto anche la forza a secco, con esercizi in palestra mirati a migliorare le prestazioni. In bici ha fatto un bel carico di lavoro aerobico, senza cercare picchi prestativi, eppure alla Tirreno e al Catalunya ha fatto vedere buone cose. Alla Tirreno Vingegaard ha fatto registrare valori da Tour de France, quindi Fortunato ha dovuto spingere e ha dimostrato di farlo bene.

Avete cambiato qualcosa?

Non ci piace paragonare il nostro lavoro a quello degli altri. Posso dire che il nostro obiettivo con Fortunato è quello di farlo arrivare nella miglior condizione al Giro. In questo senso abbiamo deciso di far slittare in là il calendario. Prima della partenza di Torino farà un periodo di altura, sul Teide, dal primo al 17 aprile. Successivamente correrà la Liegi e poi il Giro, terremo alto il ritmo con il dietro moto.

Alla Tirreno, Fortunato ha fatto registrare ottimi valori in salita
Alla Tirreno, Fortunato ha fatto registrare ottimi valori in salita
Parlando con Fortunato è emerso come quest’anno abbia iniziato a correre più tardi…

Abbiamo fatto un’analisi delle stagioni precedenti. Negli ultimi due anni ha sempre lavorato bene, ma le vittorie sono arrivate sempre in gare che anticipavano il Giro. Nel 2023 ha vinto la Vuelta Asturias, mentre nel 2022 è arrivato secondo. Ci siamo accorti come poi, durante la corsa rosa, facesse fatica nella terza settimana

Come gestirete gli impegni dopo il Giro?

Il campionato nazionale sarà la terza settimana di giugno, ci potrebbe essere spazio per correre il Delfinato, qualora la condizione di Fortunato glielo conceda. 

La seconda corsa a tappe del 2024 è stata la Volta a Catalunya, ora altura in vista del Giro
La seconda corsa a tappe del 2024 è stata la Volta a Catalunya, ora altura in vista del Giro
Da lì in poi come gestirete i tempi?

La ripresa dopo la pausa estiva sarà più graduale, così da arrivare a fare la Vuelta in crescendo. L’obiettivo sarà essere prestante durante la corsa a tappe ispanica, il calendario che anticipa la Vuelta è strano, vista la presenza delle Olimpiadi di Parigi. 

In che senso?

Le corse che hanno sempre fatto da trampolino alla Vuelta, come Burgos e Giro di Polonia sono in dubbio. Anzi, il Giro di Polonia è da escludere, visto che si correrà durante la prima settimana della corsa spagnola. L’unica opzione percorribile, per correre prima della Vuelta, è andare a Burgos, dal 5 al 9 agosto, considerando che il giorno dopo si corre a San Sebastian. 

Nella corsa spagnola, Fortunato è entrato ancora nella top 15 in classifica generale
Nella corsa spagnola, Fortunato è entrato ancora nella top 15 in classifica generale
Si dovranno ricalibrare gli impegni?

“Giocheremo” con il calendario. Si andrà in altura a inizio luglio, poi probabilmente si faranno Burgos e San Sebastian. 

Anche la Vuelta con il mirino su qualche tappa?

L’obiettivo sarà essere performanti su tutte e tre le settimane di gara, non si tratta di crescere, ma di non calare. Solo i migliori tengono le prestazioni alte per tutta la durata della corsa, Fortunato è quel tipo di corridore. Siamo consapevoli che l’altura di luglio sarà il momento chiave per il secondo picco stagionale.

Una mattina a ruota di Romele sulle sponde del Lago d’Iseo

20.03.2024
6 min
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LOVERE – La vita di Alessandro Romele è un gran viaggiare, come quella di tutti i ciclisti. Da inizio anno ha corso in Rwanda, Arabia Saudita, Grecia (Rodi) e Spagna. Quindi vederlo a casa, sulla sponda bergamasca del lago di Iseo, non è che sia strano ma quasi. Il classe 2003 da quest’anno corre con il devo team dell’Astana Qazaqstan, un salto che gli ha permesso di mettere un piede nel professionismo. Ne ha assaggiato le velocità, i ritmi alti e il mal di gambe. Con l’ultima gara in Grecia, invece, una categoria 2.2, ha trovato le prime due vittorie dell’anno

«Quasi inaspettate – ci racconta nel suo giardino, sotto il caldo sole di marzo – perché dopo il Tour du Rwanda non ero stato benissimo. Il vaccino fatto per la febbre gialla mi ha destabilizzato parecchio e in corsa ho fatto davvero tanta fatica. La condizione era sì in crescendo, ma non mi aspettavo di capitalizzarla così presto. Sono stato in giro parecchio, ora resto un po’ più tranquillo fino a fine mese. Poi correrò il Giro del Belvedere e la Gand-Wevelgem, le prime gare U23 dell’anno e poi una corsa a tappe tra Giro d’Abruzzo e Region Pays Loire Tour (in Francia, ndr) e fine mese in Bretagna».

Stai correndo davvero molto…

E’ un modo di correre più organizzato, a blocchi definiti. Collegato anche a come mi sento a livello fisico. Ad esempio, dopo il Rwanda eravamo lì a chiederci se fermarmi o meno e riposare. Le sensazioni in allenamento fanno tanto, ho capito di stare meglio e abbiamo continuato con il programma stabilito. 

Hai un calendario intenso ma schematico?

Direi proprio di sì. Al primo anno in Colpack correvo con più disordine, l’anno scorso molto meno, perché avevamo già un metodo definito. Quest’anno vedo che si seguono molto più gli obiettivi, il Tour of Rhodes non era uno di quelli, ma abbiamo sfruttato il momento. 

Questo continuo correre in contesti internazionali come va? Ti sta facendo crescere?

Il Rwanda è stato difficile per l’altimetria e il dislivello fatto. Quello più difficile per il ritmo, è stato l’AlUla Tour con tanti ventagli. Pensavo fosse più semplice, che bastasse stare davanti, invece su cinque volte ne sono rimasto fuori cinque (ride, ndr). 

E’ cambiato qualcosa nella preparazione?

Sono seguito da Maurizio Mazzoleni da diversi anni, direttamente o indirettamente. Quando ero junior, alla Ciclistica Trevigliese lui collaborava con la squadra. Anche in Colpack ho seguito le sue tabelle, sotto la supervisione sempre di Dario Giovine. Quest’anno ho la fortuna di avere associati Mazzoleni e Anastopoulos. Il greco è capo performance del team WorldTour, però ha accesso ai dati di tutti. Penso che i cambiamenti si siano sentiti. 

Nello specifico che cosa avete fatto?

Abbiamo lavorato sulla forza, che viene fatta al meglio in palestra. Ne ho fatta tanta, non tutti i giorni ma tre volte a settimana, anche con carichi importanti. Tanto ha fatto anche il lavoro impostato con il nutrizionista, Luca Simoni. 

Come lavorate?

Ho una tabella che si auto adatta, composta da tre colonne con i macronutrienti: carboidrati, proteine e grassi. In un’altra tabella separata inserisco l’intensità del lavoro fatto. Ad esempio oggi (ieri per chi legge, ndr) è un giorno a bassa intensità e la tabella mi dice le grammature da consumare. La tabella mi fornisce solo il macronutriente, cosa mangiare lo decido ancora io. Abbiamo deciso così perché sono ancora giovane e c’è margine poi per migliorare o cambiare. 

Integrazione in bici?

Fino a un’ora e mezza/due a bassa intensità, tendo a non portare nulla. Poi se alzo l’intensità mi porto qualcosa. Ora uso molto un panino al miele che mi dà un apporto di 30 grammi di carboidrati. A casa cerco di non usare le cose chimiche, quindi evito gel e barrette. Quelli li uso prettamente in corsa. Ora ho anche una nuova ricetta delle rice cake. 

Come mai?

Il dottore della squadra mi ha fatto notare che quando cucino il riso, poi lo metto in freezer negli stampi. Quando poi lo scongelo, intanto che vado c’è una proliferazione batterica. Invece ora uso il riso soffiato, il composto rimane secco e non passa dal freezer. Questo abbassa la proliferazione batterica e, nel caso mi avanzasse, posso consumarlo anche il giorno dopo. 

Torniamo agli allenamenti, hai cambiato il metodo di lavoro a casa?

Prima di andare a Rodi ho fatto la tripletta con tre ore e mezza, quattro e cinque. Secondo me qualcosa in più anche a livello di lavoro specifico, tanti richiami di VO2 con i 30/30 o 40/20. Nella tripletta classica ho i primi due giorni con meno ore, ma tanta intensità. Per finire, l’ultimo giorno, mi inseriscono la classica uscita di endurance. In questo caso non ho lavori specifici ma tengo la Z2 per tutto il giorno

Prima di partire una fermata dal meccanico di fiducia per montare le ruote con profilo da 60 millimetri
Prima di partire una fermata dal meccanico di fiducia per montare le ruote con profilo da 60 millimetri
Nel recupero, invece?

Oggi (ieri, ndr) ad esempio, che è giorno di recupero, ho fatto due ore davvero blande. Ho un range di potenza da non superare, ma per come sono fatto io pedalo senza nemmeno guardare gli strumenti. 

Come vivi gli allenamenti?

Quelli di endurance sono i più divertenti, poi sul lago non ci si annoia mai. Mentalmente soffro di più l’ora e mezza o due a bassa intensità. Nel giorno di recupero ho il mio bar classico, con 45 minuti ad andare e altri a tornare. 

Dopo tanto viaggiare ti piace allenarti da solo o preferisci avere compagnia?

E’ un bell’equilibrio da trovare, perché a livello di attività siamo sempre in giro per gare. Quando torno a casa mi piace anche uscire da solo. Poi dipende dai giorni, quando c’è tanto sole e fa caldo, pedalare in solitudine è semplice. In inverno, invece, quando hai appena ripreso, forse è meglio avere un compagno o più di uscita. 

Romele ha uno spiccato occhio tecnico, le ruote da 60 mm le sta provando in vista del Belvedere
Romele ha uno spiccato occhio tecnico, le ruote da 60 mm le sta provando in vista del Belvedere
Poi da queste parti ne hai tanti di corridori a cui scrivere per organizzare l’allenamento…

Esco spesso con Nicolas Milesi, che ora è all’Arkea Devo. Fino a settembre eravamo compagni di squadra alla Colpack. Abbiamo davvero un bel rapporto, ci scriviamo ogni giorno, se non succede mi preoccupo (ride, ndr). Ci sono anche tanti altri corridori e amici qui, come Persico, Lino Colosio, Walter Calzoni… Di compagni di squadra ho vicini Scaroni e Gazzoli, che sono di Brescia. 

Il tempo a disposizione finisce, sono le 10,30 ed è ora di uscire in bici, seguiamo Romele fino al fiume Oglio, che divide la provincia di Bergamo da quella di Brescia. Qualche foto, dei video e si torna a casa con la sensazione di aver parlato con un ragazzo sicuro e consapevole del cammino intrapreso.

Come si prepara una stagione senza grandi Giri?

11.01.2024
4 min
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Samuele Battistella (foto Instagram in apertura) è pronto a mordere l’asfalto torrido dell’Australia, per il quale serve un adattamento specifico. Il corridore dell’Astana vuole riprendere il feeling con la vittoria e tanto passerà dai suoi obiettivi della stagione. Battistella stesso in una nostra precedente intervista ha usato parole molto chiare. 

«Non credo di fare grandi Giri – ha detto – ma mi concentrerò solo ed esclusivamente su gare di un giorno e brevi corse a tappe. Ho visto che con i mostri sacri che ci sono, anche andare in fuga e fare risultato è sempre meno possibile. In questo modo, senza partire con la classica preparazione per il Giro d’Italia, eviterò di sacrificare delle corse di primavera che si fanno nel periodo dell’altura». 

Battistella avrà come primo obiettivo di stagione la campagna delle Ardenne
Battistella avrà come primo obiettivo di stagione la campagna delle Ardenne

Tre macrocicli

Come si prepara, nello specifico, una stagione senza grandi corse a tappe? Cosa varia nella preparazione? Nella gestione della condizione e nella cura dei dettagli? Di tutto questo parliamo con il suo preparatore: Maurizio Mazzoleni, che si trova in Spagna per il secondo training campo dell’Astana Qazaqstan Team

«A livello generale – ci dice il preparatore – si modificano i macrocicli. Quando si corrono uno o due grandi Giri si fanno due macrocicli di lavoro. Con una fase di recupero tra l’uno e l’altro. Per quelli che sono gli obiettivi di Battistella nel 2024, quindi senza grandi Giri all’orizzonte, cambiano delle cose. I macrocicli saranno tre: uno che parte dall’Australia e termina con le Ardenne. Il secondo con il focus del Giro di Svizzera e del campionato italiano ed il terzo previsto per settembre».

Battistella passerà comunque dal Giro di Svizzera, tappa fondamentale del suo cammino
Battistella passerà comunque dal Giro di Svizzera, tappa fondamentale del suo cammino
Tante corse a tappe di una settimana o corse di un giorno…

Servono per far crescere la condizione. Battistella dopo il Tour Down Under andrà all’Algarve e poi alla Parigi-Nizza. Da lì si fermerà per andare in altura e preparare le Ardenne. Successivamente faremo una fase di recupero, a maggio saremo ancora in altura per preparare Svizzera e campionato italiano. Samuele è segnato come riserva al Tour de France, quindi fare il Giro di Svizzera è utile qualora dovesse essere chiamato in causa. 

Poi come prosegue la stagione?

Finito il campionato italiano, ci sarà la fase più lunga di recupero, per poi iniziare il terzo ed ultimo macrociclo di lavoro. In quel caso prepareremo al meglio il finale di stagione: tra settembre e ottobre. 

Nello specifico in che modo si lavora senza l’obiettivo di un grande Giro?

La differenza vera e propria sta nei microcicli dove si tende a privilegiare l’intensità prestativa e la freschezza, così da poter fare tanti lavori specifici. Si faranno meno triplette (tre giorni di carico, ndr) ma si faranno due giorni di allenamento intensi intervallati da un recupero. 

I periodi di altura saranno più intensi e dedicati a lavori di qualità (foto Instagram)
I periodi di altura saranno più intensi e dedicati a lavori di qualità (foto Instagram)
Che differenza ci sarà per Battistella?

Quando ha fatto i grandi Giri, andava a caccia di tappe oppure era a supporto del leader. In questi casi si lavora nelle settimane prima della corsa cercando la condizione. Si fanno gare minori come Tour of the Alps o Svizzera per definire la condizione, lasciando comunque un margine di crescita. Per obiettivi secchi come le Ardenne si fanno blocchi di lavoro più intensi e si passa da gare di avvicinamento come Giro di Sicilia o Paesi Baschi. Il prima non cambia, l’obiettivo sì.

Serve maggior freschezza per essere competitivi…

Le quattro o cinque settimane alla fine dell’altura non avranno uno sforzo unico, ma più gare singole. Le tipologie di allenamento fatte in precedenza, quindi, variano. Faremo lavori più intensi e intervallati e tanto dietro motore. 

La stagione si concluderà a ottobre dopo il terzo e ultimo macrociclo di preparazione
La stagione si concluderà a ottobre dopo il terzo e ultimo macrociclo di preparazione
Il recupero come viene gestito?

La fase di recupero è più corta, abbiamo bisogno di meno tempo. Una settimana di scarico e poi si comincia a costruire la condizione. 

E l’altura?

Faremo due o tre periodi. La prima in preparazione alle Ardenne, la seconda pre Svizzera. Se Battistella, come previsto, non dovesse fare il Tour de France, faremo una terza altura a luglio. Ma la gestiremo diversamente: sarà un’altura di recupero, senza lavori specifici. 

La forza per uno scalatore: importante curarla a tutto tondo

06.12.2023
5 min
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L’approdo di Santiago Umba all’Astana Qazaqstan Team e le parole di Peschi, suo diesse fino a quest’anno, ci hanno incuriosito. Il tecnico toscano ha detto che il giovane colombiano dovrebbe allenare la forza in salita. Abbiamo così preso questo spunto per parlare di come si allena questo aspetto, e lo facciamo con Maurizio Mazzoleni coach del team kazako, in cui la preparazione di Umba sarà affidata a Yeyo Corral, uno degli allenatori interni.

«Il ciclismo – dice Mazzoleni – è uno sport di endurance che si basa su picchi di forza costanti. Il lavoro del preparatore cura i diversi aspetti della forza: massima, dinamica, esplosiva e rapida. Si lavora con tecniche e metodologie diverse. Nel caso dello scalatore non parlerei di allenare la forza in salita, ma in generale. Ci sono vari mezzi per farlo: macchinari isotonici, ovvero palestra, attraverso il carico naturale, quindi sfruttando il peso del proprio corpo, e con il mezzo specifico, cioè la bici».

Tanti giorni di corsa consecutivi fanno ridurre i picchi di forza, servono periodi di allenamento per ristabilirli (foto Instagram Astana)
Tanti giorni di corsa consecutivi fanno ridurre i picchi di forza, servono periodi di allenamento per ristabilirli (foto Instagram Astana)

Costanza

Sentendo parlare il preparatore bergamasco, passa il concetto di forza a livello generale: ogni corridore deve curare tutti gli aspetti e allenarla in maniera completa. La parte difficile è riuscire a tenere, durante tutto l’arco della stagione, una costanza di rendimento.

«Si fa un’analisi a inizio stagione – spiega – per ogni corridore. Per uno scalatore la forza è importante al fine delle prestazioni. Il ciclismo uno sport di endurance, si deve tenere monitorato l’atleta durante tutto l’anno. Questo perché si rischia di avere una deflessione dei picchi di forza. Gli scalatori, più di chiunque altro ciclista, sono soggetti a questo “pericolo”, fondamentalmente per due fattori. Il primo è legato alla diminuzione del peso e la conseguente perdita di massa magra a livello tonico-muscolare. Il secondo motivo è che la forza diminuisce dopo tante gare. Ciò è dovuto al fatto che in corsa non si fanno dei lavori specifici, per cui è opportuno fare dei richiami durante l’anno per recuperare la forza stessa.

«Per quanto riguarda il peso corporeo e la possibile perdita di massa magra – continua Mazzoleni – c’è da anni un lavoro di affiancamento tra preparatori e nutrizionisti, per trovare il giusto equilibrio e non avere oscillazioni di peso eccessive nell’atleta».

Il lavoro in palestra va calibrato a seconda delle esigenze dell’atleta
Il lavoro in palestra va calibrato a seconda delle esigenze dell’atleta

Palestra 

Per allenare la forza è necessario passare attraverso l’utilizzo di strumenti, con i classici esercizi che si fanno in palestra.

«In palestra attraverso i vari macchinari – analizza il preparatore – si possono fare, ad esempio, esercizi di squat e leg press. Con la giusta distribuzione dei carichi, abbiamo visto che possiamo arrivare a lavorare in questo senso fino a una o due settimane dal via di un grande Giro. Ci sono due fattori importanti nel lavoro in palestra: il giusto calcolo dei carichi massimali, che si fa in base al peso dell’atleta e al momento della stagione. In secondo luogo sono importanti gli angoli di esecuzione dell’esercizio, che devono essere mirati a simulare il gesto tecnico della pedalata. Per anni si sono fatti i lavori in palestra con angoli sbagliati e questo ha portato a pensare che fossero dannosi, ma non è così.

«A mio modo di vedere – continua – è importante allenare la forza in palestra, simulando la gara. Il ciclista si trova ad esprimere alti picchi di potenza in situazioni di affaticamento muscolare. Per questo nei circuiti in palestra prevedo poche pause, dobbiamo avvicinarci il più possibile alla richiesta prestazionale della corsa».

Non possono mancare i lavori a corpo libero, il peso dell’atleta diventa il “mezzo” di allenamento
Non possono mancare i lavori a corpo libero, il peso dell’atleta diventa il “mezzo” di allenamento

Carichi naturali

Non sono tuttavia da sottovalutare i lavori a corpo libero, dove il peso dell’atleta diventa lo strumento di allenamento. 

«Per quanto riguarda gli esercizi a corpo libero – analizza Mazzoleni – ci sono decine di esempi. In inverno (per agganciarci anche al periodo dell’anno, ndr) vengono fatti degli esercizi di pliometria per sviluppare la forza esplosiva e dinamica. Questi generalmente preferisco farli in ritiro così da mostrare bene agli atleti come eseguirli. Ci avvaliamo del lavoro di un personal trainer, Marino Rosti, per la corretta spiegazione. Se gli allenamenti vengono mostrati bene in ritiro a casa l’atleta avrà minori possibilità di sbagliare l’esecuzione e quindi di danneggiare il proprio fisico».

Ogni esigenza ha il suo allenamento: per la forza dinamica si fanno le volate lanciate (foto Instagram Astana)
Ogni esigenza ha il suo allenamento: per la forza dinamica si fanno le volate lanciate (foto Instagram Astana)

Si sale in bici

La forza si allena anche in bici: com’è giusto che sia, l’allenamento passa anche attraverso il gesto tecnico, vediamo come: 

«Gli esercizi sono tantissimi – conclude Mazzoleni – lo scalatore allena tutte le tipologie della forza, perché sono tutte importanti e utili ai fini della corsa. Nonostante il fisico esile, anche uno scalatore può ritrovarsi a fare una volata ristretta. E avere un picco di 850 watt al posto di 800, può fare la differenza tra vincere e perdere. La cosa importante, chiaramente, è il dosaggio dei volumi di lavoro e della potenza allenata, questo per tutelare il corridore. Una volta in bici si usavano quasi ed esclusivamente le SFR, mentre ora ci sono anche altri metodi. Si decide la tipologia di allenamento in base alle caratteristiche da allenare: per la forza massimale si usano le partenze da fermo, mentre per la forza dinamica le volate lanciate. Oltre alla tipologia di esercizi è importante la giusta cadenza, la pendenza e anche il rapporto da spingere. Tutto passa dalla cura dei dettagli».

Cavendish all’Astana, come lavora verso Giro e Tour?

17.03.2023
5 min
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Mark Cavendish è sempre Mark Cavendish. L’ex campione del mondo da quest’anno è approdato all’Astana Qazaqstan e ci è arrivato molto tardi. Mancavano pochi giorni a gennaio e forse anche per questo ancora non lo abbiamo visto super in palla.

Stefano Zanini, uno dei diesse della squadra kazaka, ci aveva detto di aver trovato un corridore volenteroso, ben disposto verso i compagni e soprattutto un vero leader. Ma dal punto di vista atletico e della preparazione come sta Cav? Come ci si dovrà lavorare? Ne abbiamo parlato con Maurizio Mazzoleni, che del team turchese, è invece il preparatore.

Maurizio Mazzoleni coach dell’Astana Qazaqstan, ci ha spiegato come sta lavorando con Cav
Maurizio Mazzoleni coach dell’Astana Qazaqstan, ci ha spiegato come sta lavorando con Cav
Maurizio, come hai trovato Cavendish? Quali sono state le prime impressioni?

Prima di tutto ho trovato un grande uomo, l’atleta già lo si conosceva. E se Mark in carriera ha raggiunto certi risultati è perché ha costruito tanto sotto ogni punto di vista e tutto ciò si percepisce in squadra. Lo emana sul bus quando, per esempio, parla di come ci si avvicina ad una volata. Anche a San Benedetto del Tronto ha dato dei consigli importantissimi al nostro velocista più giovane, Syritsa. Quando parla traspare una cosa, una cosa che dico sempre ai giovani.

Di che si tratta?

Della passione per questo sport. Il ciclismo è uno sport di fatica e senza il filo conduttore della passione nell’arco di tutta una carriera difficilmente si può raggiungere il tipo di risultati che ha raccolto Mark. Quello della passione pertanto è il primo aspetto che mi ha colpito di lui. Poi chiaramente vogliamo ottenere dei risultati sportivi.

E tu preparatore come ti stai organizzando per coglierli?

C’è un percorso che stiamo intraprendendo. Diciamo che siamo partiti con “i lavori in corso”, visto che Mark è entrato nel team a fine dicembre, ma abbiamo ben in mente come fare il nostro avvicinamento al periodo clou, che potrà essere anche il Giro d’Italia e non solo il Tour de France. Tornare a vincere e nelle grandi corse a tappe è il primo obiettivo e poi c’è chiaramente quello particolare del record di tappe al Tour de France.

Cavendish (classe 1985) è arrivato in Astana quest’anno. Punta al record assoluto di vittorie al Tour
Cavendish (classe 1985) è arrivato in Astana quest’anno. Punta al record assoluto di vittorie al Tour
Cavendish è pro’ da oltre 15 anni, ha un bagaglio enorme di esperienza, ma un preparatore che come te si ritrova in questa situazione come fa? Va a riprendere tutta la sua “cartella clinica” del passato, tutto ciò che faceva? Perché immaginiamo che con un atleta di quasi 38 anni non si possa partire ex novo…

Siamo molto attenti nel cercare di capire come questo atleta, già di alto livello, lavorava in passato. L’allenatore deve fare un passo indietro. E’ lui che deve capire come l’atleta ha lavorato e come ha ottenuto quei successi. In tal senso c’è stata molta condivisone di queste informazioni. Abbiamo parlato parecchio. Ma soprattutto abbiamo cercato di condividere il programma d’allenamento con l’atleta stesso. Si valuta tutto e si prosegue su una strada condivisa, andando ad apportare quello che secondo noi può dargli dei benefici a questo punto della sua carriera.

Anche l’allenatore dunque “impara” qualcosa?

Sicuro! L’allenatore dovrebbe sempre avere questa tipologia di approccio con un atleta. C’è sempre da imparare. Bisognerebbe applicare le nuove metodologie con i metodi di lavoro che sono stati affinati nel corso degli ultimi anni.

Andiamo più sul tecnico: state lavorando anche sull’intensità?

In questo momento no, anche perché Mark è in una fase particolare. Siamo nel bel mezzo di molte corse: Oman, UAE, Tirreno Adriatico, Milano-Torino e poi Sanremo, le classiche del Belgio. In tutto ciò le dinamiche di lavoro devono combaciare con le corse e con le fasi di recupero… che tanti sottovalutano, ma sono un pilastro dell’allenamento. 

Cavendish a tutta sui muri di Osimo, uno sforzo che sapeva molto di “fuorigiri programmato”
Cavendish a tutta sui muri di Osimo, uno sforzo che sapeva molto di “fuorigiri programmato”
Nella tappa dei muri, sul penultimo passaggio abbiamo visto Cavendish veramente a tutta: a bocca aperta e in punta di sella. Aveva tenuto molto più di altri velocisti che invece si erano già staccati. Chiaramente era anche un “allenamento”, tanto più che il giorno dopo a San Benedetto c’era un arrivo adatto a lui…

Abbiamo cercato di gestire al meglio la parte di salita. Sono dinamiche che i velocisti più esperti come lui sanno interpretare: a volte per finire la tappa nel tempo massimo, altre per calibrare lo sforzo in vista di obiettivi futuri.

Siamo in piena fase di gare, ma da quando è con te ed è casa, ha cambiato per esempio il numero degli sprint da fare? Magari prima ne faceva 10 a settimana, ora ne fa di più? Di meno?

Non si tratta di numero di volate, ma di intensità di lavori che possono essere variati continuamente in base alla situazione che si vuole andare a ricercare. Non c’è un numero fisso di sprint. Tante volte si pensa a tabelle pre-impostate o pre-organizzate, ma il futuro – e il presente direi – delle tabelle di allenamento del ciclismo moderno sono la modulazione in base alla quotidianità. 

Un ultima domanda sul peso: in apparenza non sembra tiratissimo. E’ così o è una sensazione?

E’ una sensazione. In base ai parametri che abbiamo, Mark è in linea con il suo peso. E poi il peso del velocista non va considerato in base alla percentuale di massa grassa come per lo scalatore, che se non raggiunge quelle determinate percentuali è meno prestativo. Semmai si valuta la sua forza. Ma ripeto, conoscendo lo storico della dell’atleta, non ci sono particolari problemi dal punto di vista del peso.

La Tirreno vale ancora come preparazione per la Sanremo?

14.03.2023
4 min
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Una volta la Tirreno-Adriatico era la corsa di preparazione alla Milano-Sanremo. Si veniva con l’idea di rifinire la gamba e raggiungere l’apice della condizione proprio per la Classicissima. Oggi è ancora così? Dopo l’arrivo di Osimo, Davide Ballerini ha detto di sperare che le fatiche della Tirreno siano funzionali alla condizione per le gare successive. Vale ancora per tutti questa “regola”?

La Corsa dei Due Mari (in apertura Alaphilippe, Van Aert e Pidcock alla Tirreno 2023) finiva il martedì e c’era sempre una tappa piuttosto lunga che i pretendenti alla Sanremo sfruttavano per fare la distanza allungando quei 30-40 chilometri a fine frazione. Oggi non si vedono più certe cose e a spiegarci meglio il nuovo approccio al binomio Tirreno-Sanremo è Maurizio Mazzoleni, preparatore dell’Astana Qazaqstan.

Maurizio Mazzoleni, preparatore dell’Astana Qazaqstan
Maurizio Mazzoleni, preparatore dell’Astana Qazaqstan
Maurizio, è ancora valida la regola del preparare una Sanremo passando dalla Tirreno?

Resta un passaggio fondamentale. C’è stato un cambio nel calendario: la Tirreno finisce prima (la domenica che precede, al Sanremo, ndr), ma si è aggiunta la Milano-Torino al mercoledì. Altro passaggio “obbligato” quasi per tutti. Un viatico ideale sia per chi esce dalla Tirreno stessa ma anche dalla Parigi-Nizza. 

Che adesso finiscono nello stesso giorno…

E infatti adesso sono due gare equivalenti. Prima invece c’era qualche giorno a favore della Tirreno che, finendo al martedì, era più vicina alla Milano-Sanremo.

Si va ancora alla ricerca della super distanza allungando dopo la tappa più lunga?

Direi di no. E poi basta vedere il percorso di quest’anno. Era praticamente improponibile, visto che ci sono state quasi tutte tappe da 200 e passa chilometri. E poi oggi c’è un altro aspetto da valutare.

Pozzato era solito approfittare della tappa più lunga della Tirreno per allungare 30-40 chilometri in vista della Sanremo
Pozzato era solito approfittare della tappa più lunga della Tirreno per allungare 30-40 chilometri in vista della Sanremo
Quale?

Che nessun corridore ormai prende il via ad una gara per preparare un altro appuntamento, perché ogni corsa diventa un obiettivo. E’ importante in quanto dà punti e visibilità e mette sul piatto una vittoria. I corridori, ogni volta che mettono il numero sulla schiena, devono avere l’obiettivo di vincere. Pertanto è difficile oggi trovare un professionista che partecipa a una corsa per prepararne un’altra.

Quindi Van der Poel che fatica sui muri e Ganna che prova a tenere nei primi due passaggi e poi molla secondo te rientrano nell’ottica della Sanremo?

Come obiettivo secondario sì: potrebbe essere quello. Ma l’obiettivo primario è comunque far bene, ottenere il meglio in quella corsa. Primo, cerco di vincere in prima persona o lavoro perché vinca la squadra. Secondo, metto volume e intensità nelle gambe per l’obiettivo che viene successivamente.

La Milano-Torino, che si corre il mercoledì, quindi nel mezzo della settimana, può essere considerata un po’ il sostituto della tappa lunga e dell’appendice successiva che si faceva una volta?

No, ma avendo comunque questi sei giorni fra Tirreno e Sanremo, la Milano-Torino diventa fondamentale. Difficilmente si riesce a organizzare una tipologia di allenamento così intenso come quello di una gara, anche a livello di concentrazione, di attenzione ai particolari, di stimoli…

Quindi è un po’ una prova generale della Classicissima…

Arriva appena qualche giorno prima della Sanremo, è ideale per affinare anche certe tipologie di gare veloci, del feeling coi compagni… Secondo me è veramente importante come gara pre Sanremo. 

La Milano-Torino è la prova generale della Classicissima. Di certo è una super rifinitura che segue lo scarico post Tirreno
La Milano-Torino è la prova generale della Classicissima. Di certo è una super rifinitura che segue lo scarico post Tirreno
Sempre pensando ai 300 chilometri della Classicissima: allungare prima della Milano-Torino ha senso? Si fa? Così da arrivare allo sprint finale con tanti chilometri nelle gambe… Oppure si è troppo sotto al grande evento?

No, non bisogna vederla in questo modo, ma bisogna considerare questa corsa nell’arco del macrociclo precedente all’appuntamento clou. Quindi quel che si è fatto prima della Tirreno-Adriatico o della Parigi-Nizza, le stesse due corse e quello che si farà fino alla Sanremo. E’ tutto l’insieme che va valutato.

Quindi niente super distanza sfruttando la gara per arrivare con tanti chilometri allo sprint…

No, ultimamente sono cose che non si fanno o se si fanno vengono effettuate in gare di livello inferiore, con chilometraggi inferiori: allora allungare ha un senso. Senza pensare che non sempre fare certe cose coincide con le tempistiche di gara. E poi bisogna considerare che i valori espressi nelle ultime Sanremo, soprattutto sulla Cipressa, sono veramente importanti e quindi il ventaglio dei favoriti si è ampliato maggiormente rispetto al decennio precedente. Prima si parlava quasi esclusivamente di velocisti, adesso anche di altre tipologie di corridori. La rosa è molto più varia in base al ritmo che verrà fatto sulla Cipressa. Un ritmo che negli ultimi anni è stato veramente alto e può escludere tanti velocisti, ma automaticamente aumentare altri pretendenti.

L’analisi di Mazzoleni sull’ultima cronoscalata del Giro

27.01.2023
5 min
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Dopo le considerazioni di Baldato sulla tappa numero venti del prossimo Giro d’Italia (la cronoscalata di Monte Lussari) cerchiamo di entrare maggiormente nello specifico. Una frazione del genere ha tante possibili sfaccettature ed altrettanti finali pronti per essere scritti. In compagnia virtuale di Maurizio Mazzoleni, il preparatore dell’Astana Qazaqstan che al momento si trova sul Teide, cerchiamo di entrare in queste mille sfaccettature. 

«La prima valutazione – spiega Mazzoleni – vedendo la tappa, è che si presuppone un cambio bici. Però non è assolutamente detto, ogni squadra dovrà valutare i materiali a disposizione e capire, tramite le proiezioni dei dati, se converrà optare per questa soluzione».

Maurizio Mazzoleni segue tutti i corridori dell’Astana Qazaqstan
Maurizio Mazzoleni segue tutti i corridori dell’Astana Qazaqstan
Credi che l’eventuale cambio di bici possa essere una fase fondamentale della tappa?

Sì, nel senso che sarà un passaggio delicato, ma più per quanto riguarda i tempi e le difficoltà tecniche del cambio da un mezzo all’altro. 

Dal punto di vista atletico?

Quello no, il corridore passa da una situazione biomeccanica e posturale estrema ad una più comoda. Ogni situazione dovrà essere curata al meglio ma alla fine si tratta più di gestire lo sforzo.

Undici chilometri di pianura prima della salita non sono molti ma possono incidere.

Andrà valutata bene l’intensità con la quale affrontare quel tratto, non si può richiedere all’atleta uno sforzo massimale perché rischia di arrivare ai piedi della salita finito. La grande differenza la farà la condizione con la quale arriverà a fine Giro. Ci si giocherà la classifica finale, quindi la pressione psicologica sarà alle stelle. 

Con la vittoria della cronoscalata del Grappa, Quintana consolidò il Giro 2014
Con la vittoria della cronoscalata del Grappa, Quintana consolidò il Giro 2014
Come si prepara una tappa del genere?

Si svolgono lavori specifici all’interno di macrocicli e microcicli di allenamento, per la parte in salita si prepara uno sforzo intenso ma molto simile a quello di un normale arrivo in salita. Avremo i classici trenta minuti con sforzo massimale, ai quali si aggiunge il lavoro specifico con la bici da crono. Una cosa è certa…

Quale?

Una tappa così la prepara solamente il leader o uno scalatore che punta alla vittoria. Gli altri componenti della squadra non ne hanno il minimo interesse. Ogni leader o comunque ogni corridore è diverso e i modi di preparare questa tappa sono tanti. 

C’è una caratteristica di questa frazione che ti ha colpito?

Direi la salita. I primi cinque chilometri sono davvero tosti con pendenze anche al 15 per cento. Poi spiana per più o meno mille metri e lì i corridori potranno rifiatare prima di lanciarsi nuovamente nel tratto finale. 

Nella cronometro del Tour nel 2016 Aru ha utilizzato una ruota con una raggiatura speciale al posteriore
Nella cronometro del Tour nel 2016 Aru ha utilizzato una ruota con una raggiatura speciale al posteriore
Con tutte le strumentazioni si riesce ad essere precisi nelle indicazioni?

Ormai gli atleti nelle cronometro, soprattutto in quelle di questo genere, hanno delle predisposizioni di wattaggio che devono rispettare. Sta al preparatore essere bravo e trovare i momenti giusti nei quali l’atleta, seppur spingendo, potrà comunque rifiatare. Un altro aspetto fondamentale da curare sarà la respirazione, per una corretta ossigenazione dei muscoli. 

Nel passato hai seguito tanti corridori, ti ricordi di altre cronoscalate?

Me ne ricordo una al Giro d’Italia del 2014, quella del Monte Grappa, con Aru (foto di apertura, ndr). Vinse Quintana e secondo arrivò Fabio. Anche in quel caso ci fu il cambio di bici perché il tratto che da Bassano portava all’attacco della salita era molto veloce. Ne ricordo anche un’altra.

Quale?

La tappa numero 18 del Tour de France del 2016: da Sallanches a Megeve. Sempre con Fabio Aru che aveva fatto veramente bene. In quel caso non optammo per il cambio bici perché si potevano ancora adoperare le estensioni per il manubrio da strada. Ricordo che studiammo i materiali per avere la massima performance e Aru utilizzò una ruota posteriore con una raggiatura particolare. Fabio nei tratti in salita si alzava spesso sui pedali e quella ruota aveva una grande reattività che permetteva di spingere a terra tutta la potenza impressa dal sardo. 

La tappa di Megeve del 2018 la vinse Froome con la bici da cronometro, i mezzi sono migliorati molto da allora
La tappa di Megeve del 2018 la vinse Froome con la bici da cronometro, i mezzi sono migliorati molto da allora
E’ impensabile fare una cronoscalata come quella di quest’anno con la bici da crono?

Non del tutto, la tecnologia è andata avanti molto ed ora i modelli da cronometro sono estremamente leggeri. Alcuni telai che vengono utilizzati su quei mezzi sono “aero” e cambia solamente il manubrio. La posizione in sella fa tanto, una bici da strada risulta più comoda, il cambio bici lo si potrebbe fare anche per questo motivo. 

Baldato, guardando in “casa sua” ha fatto il nome di Almeida. Un corridore costante e forte mentalmente, conterà tanto questa caratteristica?

Una tappa del genere è in mano al cento per cento all’atleta. La concentrazione è una capacità intrinseca al corridore, si può allenare ma poi ognuno è fatto a suo modo. Una figura importante in una corsa del genere è il mental coach perché può aiutare il ciclista a trovare la sua dimensione ideale e rendere al massimo. 

Di solito ci si attiene a quello che può considerarsi un “rito” per isolarsi e trovare la concentrazione.

Certo, per ogni cronometro noi abbiamo dei protocolli che vanno seguiti. Si parte dalla ricognizione, poi il pranzo e l’avvicinamento, il warm up. Sono tempi canonici che aiutano a scandire il tempo ed allontanare le pressioni. Diventa quasi più un fatto mentale che fisico.