Mentre a Milton si svolgeva la seconda tappa di Nations Cup, Ivan Quaranta ha portato i suoi ragazzi del settore velocità a Francoforte, alla Brandenburger Sprint Cup. La notizia è nel fatto che la truppa azzurra ha portato a casa una serie clamorosa di risultati di spicco, dalla doppietta di successi di Mattia Predomo fra gli juniores (con gli ori in velocità e keirin, con Marco Morgante al 3° posto), al record italiano assoluto della velocità a squadre, dove Matteo Bianchi, Mattia Tugnolo e Daniele Napolitano hanno fatto fermare i cronometri sul tempo di 44”785 togliendo oltre un secondo al vecchio record.
E’ chiaro che sono risultati da prendere col bilancino, ma che hanno un loro valore per un settore appena nato. A Quaranta, che fa parte dello staff di Marco Villa come responsabile del settore velocità, è stato chiesto un compito davvero arduo: colmare oltre 25 anni di (quasi) totale assenza. Riagganciare la storia del settore ai fasti di un ciclismo lontano nel quale l’Italia dominava il mondo.
Un record vecchio di 10 anni
Quaranta ha preso l’incarico molto sul serio e non si nasconde le difficoltà, ma l’entusiasmo è palpabile dalle sue parole. La discussione parte proprio dal tempo dei tre ragazzi.
«Il precedente record aveva oltre 10 anni – dice – era tempo di scendere sotto, ma va considerato che in Italia la velocità a squadre era stata dimenticata perché non avevamo tre atleti in grado di farla. Ora invece vogliamo coprire tutte le gare e in maniera seria. Il tempo dei ragazzi sarebbe valso il 6° posto a Glasgow e l’8° a Milton e parliamo di tre under 23».


Ci sono margini di miglioramento immediato?
Sicuramente, considerando ad esempio che la partenza non era stata all’altezza. Io penso che possiamo limare almeno mezzo secondo e ricordo che lo scorso anno con 44″ netti si vinsero gli europei di categoria. Io voglio far bene, portare questi ragazzi a competere ad alto livello per le gare titolate di categoria, ma il mio pensiero va anche oltre, a farli partecipare a europei e mondiali assoluti. Poi è chiaro, nella velocità a squadre magari andremo ai mondiali e arriveremo ultimi, ma almeno ci saremo. In cima alle scalate non ci arrivi se non parti proprio dalla base…
Che livello aveva la gara tedesca?
Era buono, altre Nazioni hanno fatto la nostra stessa scelta, portando juniores e under 23 mentre le prime squadre erano presenti a Milton. Noi non possiamo fare diversamente, stiamo iniziando un percorso lavorando con i giovani, proprio perché abbiamo un enorme buco generazionale. Vorrei però sottolineare il fatto che abbiamo ragazzi che valgono davvero tanto. Predomo ad esempio, lo scorso anno con 10”8 sui 200 metri è andato sul podio juniores, oggi è al secondo anno ma già fa 10”2. Io dico che può giocarsi qualcosa di molto importanti nelle gare titolate.


Mattia Tugnolo viene dalla Bmx. E’ il primo prototipo di quella commistione con il settore sul quale si fa tanto affidamento?
Il discorso è lungo e complesso. Con Tommaso Lupi, responsabile tecnico della Bmx, stiamo confrontandoci molto e sto trovando grande collaborazione. Noi dobbiamo guardare a quei ragazzi che nella Bmx, dopo aver fatto la loro esperienza e appreso le basi tecniche, hanno dimostrato di non poter emergere, magari per paura dei salti, ma possono anche coltivare sogni olimpici nella velocità. Tugnolo ne è l’esempio, è un prospetto validissimo che può trovare una sua strada nella pista.
Come ti stai trovando nel settore?
Quando me lo hanno proposto, ho chiesto tempo. Volevo studiare, guardare come si lavora all’estero e sono andato in Francia, Svizzera, mi sono anche sentito con miei ex colleghi. Avevo bisogno di capire e per farlo ho guardato i numeri. Numeri che ad esempio mi dicono che a livello allievi, i nostri sono al pari delle grandi scuole straniere se non addirittura meglio. Il miglior allievo italiano fa 11”1, il francese 11”3.


Dov’è allora la differenza?
La differenza è che quel ragazzo italiano non ha interesse precipuo per la pista, il suo sogno è approdare alla strada, correre il Giro d’Italia o il Tour de France. Il francese viene subito preso dai tecnici di settore e si dedicherà alla pista. Se guardiamo l’albo d’oro allievi degli ultimi 10 anni, troviamo tutti nomi che volevano correre su strada e hanno smesso. Noi dobbiamo interrompere questa catena nefasta, spingere sui genitori perché i figli facciano attività su pista o nei bike park in cui si garantisce la loro sicurezza. Ma soprattutto far capire che il ciclismo su strada non è per tutti e ci sono altre vie per emergere.
In Germania si è distinto anche Matteo Bianchi, vicino al podio nella velocità e nel keirin. Si era parlato per lui della possibiltà di approdare al centro Uci di Aigle. Ora si allena con voi?
Sì, lo seguiamo noi. La cosa nasceva dal fatto che non ci fosse un settore e Villa non poteva seguire tutto. Ora invece c’è la possibilità di lavorare in Italia con tutte le strutture a disposizione. La Federazione non mi sta facendo mancare nulla, sapendo che il lavoro per tornare ai vertici sarà lungo. Intanto però guardiamo all’immediato. Fra 10 giorni seconda trasferta tedesca a Cottbus, speriamo di fare altri passi. Io guardo soprattutto a europei e mondiali di categoria per chiudere un cerchio. Sapete chi è stato l’ultimo campione del mondo italiano nella velocità? Io, fra gli junior nel 1992. A trent’anni di distanza è ora che qualcuno mi tolga questo primato…