Quando vinci il Giro di Primavera a San Vendemiano, hai già dimostrato di valere. Non serve neanche andare tanto indietro nel tempo e nell’albo d’oro, lo scorso anno a vincere fu un certo Emil Herzog, che qualche mese dopo si sarebbe laureato campione del mondo juniores. Forse le aspirazioni di Mattia Negrente non andranno così lontano, ma se vinci come ha vinto lui, significa che la stoffa c’è, tanto è vero che non sono pochi i team che ci hanno messo gli occhi sopra.
Negrente a questa gara ci teneva tantissimo, era il suo obiettivo sin dallo scorso anno: «Ero arrivato 14°, ma secondo fra quelli del primo anno e considerando la partecipazione straniera sapevo che era un risultato importante. Domenica è stata la vittoria più importante e bella, perché ci avevo puntato tanto, sapevo che il suo percorso così nervoso mi si addiceva e non ho sbagliato nulla».


Come l’hai interpretata?
Ho lasciato che nei primi giri lavorassero le altre squadre, sono rimasto nel gruppo pensando a risparmiare più energie possibili, poi quando la corsa si è accesa, ho aperto il gas e mi sono fatto trovare pronto al penultimo giro, quando è nata la fuga decisiva. Eravamo in tre e ci siamo dati cambi regolari, questo ci ha favorito, poi in volata ho fatto valere le mie doti da pistard.
Nell’ambiente dicono che, oltre che per le tue doti prettamente fisiche, ti stai mettendo in evidenza per come sai dirigere la squadra, per l’acume tattico che dimostri…
Penso sia una dote importante se si ambisce ad avere un futuro in questo sport. Nel team (la Assali Stefen Makro, ndr) siamo soprattutto Thomas Capra ed io gli uomini deputati a puntare al risultato, i compagni si sono sempre dimostrati disponibili perché le vittorie sono prima di tutto effetto del lavoro di tutti. Domenica ha funzionato davvero tutto alla perfezione.
Come sei arrivato a questo punto?
Seguendo le orme di mio fratello, come tanti. Ha 8 anni più di me, per seguirlo i miei genitori mi portavano da piccolo così ho iniziato a correre già da G2. Ho provato anche altri sport, il tennis, il calcio, ma se devo dirla tutta con il ciclismo è stato amore a prima vista e mai tradito…


Dal punto di vista tecnico ti sei fatto un’idea di che corridore puoi essere?
Bella domanda, il fatto è che non lo so ancora… Sicuramente vado bene sulle salite, quando non sono troppo lunghe e altrettanto sicuramente sono veloce, anche per arrivi di gruppo, ma un conto è esserlo a questi livelli e alla mia età, un altro è capire quale potrà essere il futuro.
Hai accennato alle tue doti di pistard…
La pista mi piace tantissimo e l’ho sempre ritenuta una parte importante dell’attività, tanto quanto la strada. L’ho fatta già da giovanissimo, come allievo ho fatto collezione di titoli regionali in più discipline, lo scorso anno ho vinto il titolo italiano nel quartetto. Quest’anno ho già frequentato l’ambiente della nazionale e non vedo l’ora che arrivino i campionati italiani.
Quali sono le discipline dove ti trovi più a tuo agio?
Innanzitutto il quartetto dell’inseguimento, grazie alle mie doti di recupero. Quando faccio una tirata, mi basta poco stando dietro ai compagni per recuperare ed essere pronto per un’altra tornata a tutta. Poi amo l’omnium, perché ha tante discipline tutte diverse fra loro, dove devi essere anche scaltro nella gestione delle energie.


Quanto è difficile abbinare il ciclismo con i suoi tempi alla scuola?
Tantissimo, è questo il vero sacrificio. Per fortuna ho le agevolazioni come studente-atleta per cui posso uscire un’ora prima due volte a settimana. Inoltre ho le interrogazioni programmate e questo mi aiuta molto per la gestione dei tempi. Spesso, considerando gli allenamenti pomeridiani, mi preparo la sera il riso e in questo modo pranzo a scuola per essere poi pronto per andarmi ad allenare appena tornato a casa e cambiato.
Che cosa dicono i tuoi compagni di scuola, vedono questi come privilegi?
No, ormai sono al quarto anno e sanno quel che faccio, anzi mi sono di sostegno, mi aiutano con le interrogazioni e nella gestione del tempo. Non ho mai riscontrato invidie particolari.
E il team?
Mai avuto problemi neanche con la squadra. Sanno che, se serve, meglio saltare un allenamento e pensare a studiare. La scuola viene prima, lo dicono sempre e anch’io la penso così.


Sei al secondo anno junior e la vittoria di San Vendemiano non è passata inosservata. Si è fatto avanti qualche team per il passaggio di categoria?
Sì, ma anche prima c’erano contatti, in questi giorni però mi hanno chiamato molti dirigenti. Io comunque voglio stare tranquillo, non voglio scegliere per ora. Magari nelle prossime settimane arriva qualche altra chiamata, la stagione non è certo finita a San Vendemiano…
Anche team esteri? Il fatto di avere pochi riferimenti qui in Italia non è uno svantaggio?
Secondo me no, non solo dal punto di vista professionale, ma anche di crescita personale. Andare all’estero significa crescere, confrontarsi con altre culture, essere costretti a parlare inglese e quindi entrare in un mondo più globalizzato. E’ un’esperienza che dà molti stimoli, se ci sarà la possibilità non dirò certo di no. Inoltre ci si confronta con metodologie differenti che si vede bene che portano risultati.
Dopo aver centrato il tuo primo obiettivo, ora a che cosa pensi?
Vorrei vestire la maglia azzurra, sarebbe un onore enorme, lo sogno da tanto tempo e voglio provare quelle sensazioni. Spero di meritarmela, per mondiali o europei, su pista o su strada. Va bene qualsiasi cosa…