Esordio migliore non ci poteva essere per Mattia Negrente, che alla sua prima esperienza agonistica in assoluto nel devo team dell’Astana Qazaqstan ha portato subito a casa podi importanti. Soprattutto per il suo morale, dimostrando da subito che la nuova dimensione, all’esordio fra gli U23, si adatta perfettamente a lui, come un vestito fatto su misura.
Negrente si è presentato al via della Visit South Aegean Islands, una gara a tappe greca (anche se chiamarla “gara a tappe” è un po’ un azzardo avendo caratterizzato solo il weekend) portando a casa una piazza d’onore nella prima tappa e il 10° nella seconda che gli sono valsi il podio assoluto finale e soprattutto la vittoria nella classifica dei giovani. Nella successiva chiacchierata però, Negrente parte da spunti diversi rispetto alla classifica nuda e cruda.
«Sono tornato dalla Grecia con ottime sensazioni, davvero soddisfatto ed esaltato perché ho ottenuto molto più di quel che immaginavo in termini di prestazioni. Ero partito senza obiettivi specifici, anche perché non ero al massimo, recentemente ho anche avuto problemi al tendine di un ginocchio. Quando siamo partiti avevo paura di spingere, invece poco a poco ho visto che rispondevo sempre meglio e alla fine sono venute fuori prestazioni davvero importanti».
Per te era una prima assoluta: nuovo team, nuova categoria, nuovo modo di correre…
E’ cambiato davvero tutto e ho avuto un assaggio di quel che sarà, visto che il nostro team farà tutte prove internazionali. Il livello è davvero alto e penso che si alzerà sempre di più, soprattutto se, come spero, avrò occasione di confrontarmi con i pro’ e di correre con la squadra maggiore. Dopo due sole gare è difficile sbilanciarsi, ma posso dire che l’organizzazione del team è davvero al top, non manca nulla.
Cambia davvero il sistema di corsa rispetto a quello a cui eri abituato?
Per quel che ho visto sì. Qui ti trovi all’inizio che parte la fuga, guadagna minuti e nessuno se ne preoccupa. Bisogna cambiare il proprio schema mentale, non farsi prendere dal nervosismo. Nella prima tappa hanno raggiunto anche i 7’30” di vantaggio, ma a 30 chilometri dall’arrivo eravamo già tutti insieme. Questo perché i team sono molto più compatti e organizzati.
Com’erano dal punto di vista tecnico e climatico le due corse greche?
Non durissime, al di là del chilometraggio. Percorsi sicuramente abbordabili, giusti per essere a inizio stagione, anche se in fin dei conti il dislivello non era male, 1.700 metri. Alla vigilia della partenza pensavo che, essendo in una piccola isola, le gare sarebbero state caratterizzate dal vento, invece non è stato così, abbiamo anche trovato il sole e temperature di 20°, anche se il secondo giorno alla partenza ci siamo presi una bella grandinata…
Che cosa dici dei chilometraggi così lunghi? Non ci eri abituato…
No, infatti cambia molto e pensavo fosse lo scoglio principale da superare, perché non sapevo come avrebbe reagito il mio fisico a sforzi così prolungati. Con i compagni dicevo che mi sarebbe bastato finire le due tappe per essere a inizio stagione, invece non ho avuto problemi e ho chiuso sempre con molte energie ancora in corpo.
Hai cambiato preparazione in vista del cambio di categoria?
Non in maniera particolare. Ho iniziato prima, questo sì, sia con la bici che con la palestra. La differenza l’hanno fatta i due ritiri fatti con la squadra in Spagna, dove abbiamo macinato un gran numero di chilometri e infatti rispetto a prima ne ho molti di più nelle gambe.
Come ti trovi con i compagni?
Molto bene. In squadra ci sono altri 3 italiani (Romele, Toneatti e Zanini, ndr) con i quali abbiamo formato un bel gruppo, per il resto uno spagnolo, un francese, un tedesco e tutti kazaki. Ci siamo integrati bene anche nella comunicazione, poi in Grecia si è aggiunto a noi il britannico Max Walker, appena arrivato. L’hanno messo in camera con me e abbiamo subito legato. Anche il gruppo fuori dalle gare credo che contribuisca ai risultati.
A tal proposito, questa era la tua prima trasferta all’estero in un team che non fosse la nazionale. Quanto cambia?
Quando viaggiavo con la squadra azzurra avevo compagni con i quali ci conoscevamo, si lavorava insieme ma per un breve periodo di tempo, poi a casa tutti uno contro l’altro com’è normale che sia. In un club è diverso, si è più propensi a lavorare l’uno per l’altro, sei più spinto a dare una mano al compagno. E’ come se davvero la squadra fosse una cosa sola perché si cementifica settimana dopo settimana. In nazionale segui le direttive del cittì, ma è un po’ diverso.
Ora torni a viaggiare?
Sì, dal 17 al 24 marzo sarò in Slovenia per quattro corse d’un giorno, poi tornerò a casa e con il team affronteremo le prime classiche internazionali: Belvedere, Recioto, Piva. A quel punto si farà un primo quadro della situazione per decidere come andare avanti. Spero per allora che il mio bilancio sia ancor di più in attivo…