In Spagna attenti a Riccitello, oriundo nostrano

15.08.2024
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Non si può certo dire che Matthew Riccitello sia una rivelazione. Il ventiduenne americano di Tucson già da giovanissimo si era messo in luce come uno dei talenti più promettenti, ma non ha avuto quella deflagrante esplosione che ci si attendeva e che hanno avuto altri della sua generazione, da Evenepoel in poi. Pian piano però l’oriundo italiano ha trovato il suo spazio, anzi in questa stagione ha mostrato di che pasta è fatto.

L’ultimo Giro della Svizzera lo ha visto protagonista, quasi un Don Chisciotte contro l’armata della Uae, ma Matthew non si è per nulla intimorito, dando battaglia quasi come un corridore smaliziato. Tanto che all’Israel Premier Tech si sono lustrati gli occhi, confidando di avere fra le mani un vero diamante grezzo. Alla vigilia della Vuelta dove conta di essere protagonista, Riccitello ha deciso di farsi conoscere un po’ di più anche nella terra delle sue origini.

Riccitello è al terzo anno all’Israel, con contratto firmato anche per il 2025
Riccitello è al terzo anno all’Israel, con contratto firmato anche per il 2025
Come hai iniziato a fare ciclismo?

Sono cresciuto in questo sport perché mio padre era un triatleta professionista, quindi il Tour de France era sempre in TV d’estate. Mi piaceva guardarlo, ma da ragazzino seguivo molto le gesta di mio padre, quindi correvo e nuotavo, avrei voluto fare come lui. Poi quando avevo 14 o 15 anni, per qualche motivo ho deciso che volevo iniziare ad andare solo in bici e fare ciclismo su strada, da allora non mi sono più fermato.

Tu vieni dall’Arizona, quanto è diffuso il ciclismo e l’uso della bici in quello stato?

Direi che è decisamente più popolare rispetto alla maggior parte degli altri Stati, perché il clima è così bello lì, tanto che è stato un posto dove per molti anni molti ciclisti professionisti si allenavano d’inverno, quindi direi che è uno sport piuttosto popolare, ma non è neanche lontanamente come lo è in Italia o in questi Paesi europei.

L’americano corre spesso in Italia. Al Giro d’Abruzzo è stato 3° fra i giovani
L’americano corre spesso in Italia. Al Giro d’Abruzzo è stato 3° fra i giovani
Il tuo cognome tradisce le origini italiane: da dove viene la tua famiglia e che legami hai con l’Italia?

La parte di mio padre è italiana: il mio bisnonno è venuto dall’Italia, neanche so più da dove, per prima cosa a New York e poi da lì con la famiglia si è spostato a Tucson. Quindi abbiamo un po’ di sangue italiano. Io amo l’Italia. Amo la cultura. Amo le corse di queste parti, è il mio Paese preferito in Europa, mi piace molto venirci a correre e, perché no, a mangiare…

Di te si parla molto sin da quando eri junior, ma quest’anno sembri aver fatto un vero miglioramento, a che cosa è dovuto?

Penso che nel tempo ho acquisito più esperienza. In realtà ogni gara che ho fatto sin dagli inizi, sono sempre migliorato un po’. La cosa più importante è semplicemente essere costante e allenarsi in modo coerente e cercare di imparare il più possibile. Quest’anno ho fatto un grande passo avanti e credo che molto sia dovuto al fatto che sono sicuramente migliorato fisicamente, ma quel che conta è acquisire sicurezza e sapere che posso esserci quando la corsa si decide. Una volta che ce l’hai in testa, che ne sei convinto, è molto più facile.

Al Giro 2023, alle spalle di Fortunato. Per Riccitello una grande esperienza
Al Giro 2023, alle spalle di Fortunato. Per Riccitello una grande esperienza
Stai emergendo molto nelle corse a tappe, è quella la tua dimensione preferita?

Sì, di sicuro. Le corse a tappe sono dove mi esprimo meglio, ma non solo in quelle brevi, io credo che col passare dei giorni posso andare sempre meglio e per questo attendo la Vuelta con curiosità. Sento di riprendermi bene ogni giorno ed è quello che mi piace. Vedremo dove mi porta.

Al Giro di Svizzera sei stato il vero avversario del team di Yates e Almeida: ti sentivi in minoranza?

Forse un pochino. Erano in ottima forma e avevano una squadra fortissima dalla loro. Stavano andando davvero bene, quindi è stato difficile tenere loro testa. In quegli arrivi in cima alla montagna, era come se potessi tenere il passo con loro, quindi si trattava solo di cercare di tenerli il più a lungo possibile. Forse io ero un po’ isolato ma non c’era molto altro che potessi fare. Loro erano semplicemente più forti, almeno in quell’occasione, ma ciò mi dà maggiore stimolo per cercare di colmare quel divario man mano che cresco e faccio più esperienze.

Il ventiduenne ha dato filo da torcere a Yates e al suo team al Giro della Svizzera
Il ventiduenne ha dato filo da torcere a Yates e al suo team al Giro della Svizzera
Sei già confermato all’Israel per il prossimo anno, come ti trovi e pesa per voi il non essere un team WorldTour?

Per me è il primo contratto da professionista e la squadra è stata subito super, super fantastica. Per me, il fatto che sia una squadra professionistica e non un World Team non cambia molto. Voglio dire, penso che lo sia, come valore e come calendario seguito. E credo che valga un po’ per tutti noi. La squadra è gestita in modo molto professionale, quindi per me non c’è differenza.

Ora parti per la Vuelta, quali saranno gli obiettivi tuoi e della squadra?

Per me, voglio partire bene sin dalle primissime tappe e cercare di fare una buona classifica generale. La squadra è molto competitiva, ci sono Bennett e Woods che possono anche loro puntare alle posizioni alte, poi Corbin Strong per le volate. La squadra è anche ben costruita, con Teuns, Frigo, Raisberg e Sheehan che potranno darci aiuto nelle prime fasi delle tappe, proteggerci un po’. Non abbiamo una strategia definita, penso che la prenderemo giorno per giorno e man mano che la gara si sviluppa, decideremmo il da farsi.

Il giovane americano si sta mettendo sempre più in luce. All’Israel puntano su di lui per la Vuelta
Il giovane americano si sta mettendo sempre più in luce. All’Israel puntano su di lui per la Vuelta
Tu sei americano e dalle tue parti ora si festeggia la vittoria nel medagliere olimpico. Se dovessi scegliere fra vincere un mondiale o un’Olimpiade che cosa preferiresti?

Domanda molto difficile per me – ride – Penso che come hai detto, essendo americano, le Olimpiadi siano così importanti. Succede solo una volta ogni quattro anni, hai tutti gli occhi puntati addosso. Mettiamola così: dovrei scegliere una medaglia d’oro olimpica piuttosto che un titolo mondiale, ma sceglierei sicuramente una maglia iridata piuttosto che una medaglia d’argento o di bronzo olimpica.