Solitamente quando si annuncia un nuovo contratto, sia pure per una continental che è pur sempre la porta di accesso al ciclismo più grande, l’elemento distintivo nel racconto è il sorriso. Ma non è il caso di Tommaso Nencini. Certamente non per colpa della Zalf, anzi, l’approdo del toscano è un passo importante per la sua carriera. Tuttavia avrebbe voluto arrivarci in maniera molto diversa.
Per sua stessa ammissione, il 2023 non è stato un anno fortunato. Quella che doveva essere la stagione della consacrazione è diventata l’anno delle occasioni sfumate, con piazzamenti che hanno lasciato l’amaro in bocca, ma soprattutto lo zero nella casella delle vittorie. E questo lo ha molto amareggiato.
«Non è stato un anno positivo – racconta il nipote d’arte, suo nonno Gastone ha fatto la storia negli anni Sessanta – questo è certo. Dopo due annate buone, sia io che il mio team ci attendevamo il salto di qualità che non si è visto. Sono partito forte, nei primi due mesi sono arrivati molti buoni risultati come alla Firenze-Empoli e al GP Possenta, poi si è inceppato qualcosa».
Ti sei fatto un’idea di che cosa è capitato?
Un insieme di cose. Fisicamente sono calato, ho cercato disperatamente di recuperare non mollando e questo è stato un errore. Vedevo che la vittoria non arrivava e più il tempo passava, più mi prendeva la frustrazione. Questo ha inficiato un po’ anche i rapporti con la squadra, così la situazione è andata peggiorando. Alla fine qualche segnale di ripresa c’è stato, l’ultimo podio è arrivato a fine settembre. Ma non può certo bastarmi…
Eppure è arrivato il contatto con la Zalf…
Provini conosce bene Faresin, hanno lavorato insieme. Si è reso conto che i rapporti con il team erano andati deteriorandosi per qualche incomprensione e che non c’era più spazio per un futuro insieme. Così è stato molto corretto con me e ha cercato di capire se potevo trovare spazio alla Zalf. Alla fine la cosa è maturata e ne sono stato molto contento.
Anche questo ha favorito la tua ripresa nel finale di stagione? In base alle tue parole s’intuisce come il problema sia stato soprattutto mentale…
Sì, vedere che mi cercava una squadra prestigiosa, con tanti corridori vincenti, mi ha ridato entusiasmo, la forza di mostrare qualcosa in più rispetto a prima anche se non ero al meglio. Non lo posso negare, quando ho visto che non andavo, la mancanza di successi dopo due anni di vittorie, mi sono buttato giù. Ne ho fatto un’ossessione. La testa incide molto, questa è una cosa che ho imparato.
Analizzando quel che è successo, dove pensi di aver sbagliato?
Nell’inseguire la vittoria a tutti i costi. Quando ho visto che la condizione iniziava a scendere, dovevo fermarmi, pensare a ritrovare la forma, invece ho tirato diritto con testardaggine. Per questo dico che il problema era diventato soprattutto mentale. Se avessi usato la testa e mi fossi fermato, sarebbe stato meglio, invece non facevo altro che pensare alle fughe riprese nel finale o ai piazzamenti che non erano vittorie.
Questa stagione ti ha comunque detto di più sul tuo conto?
Sicuramente sono un corridore abituato a partire forte, i primissimi mesi mi vedono spesso protagonista. Quindi è su quelle gare che devo puntare e poi capire quando arriva il momento di staccare la spina, prendere un periodo di riposo e ripartire verso la seconda parte di stagione. Devo imparare a gestirmi meglio.
Secondo te c’è stato un problema di preparazione e da questo punto di vista come ti regolerai con la Zalf?
Problemi da quel punto di vista non ce ne sono stati, io sono abituato a seguire quello che mi viene detto. Ora mi affiderò in toto ai preparatori del team, mi fido di loro. Se non arriveranno risultati vedremo di modificare quanto necessario per arrivare all’obiettivo. Io intanto già ho ripreso a lavorare da un mese abbondante e non nascondo che l’ho fatto con un entusiasmo nuovo per sfruttare appieno questa seconda possibilità.
Perché seconda?
Non posso negare che io speravo tanto in un contratto da professionista, ma con la stagione che ho avuto, ho visto quel sogno infrangersi. Anche quello mi ha buttato giù, poi è arrivato il contatto con la Zalf, una porta che si è riaperta. E’ chiaro che la speranza è sempre quella del contratto che ti cambia la vita da corridore, ma bisogna guadagnarselo e io farò di tutto per riuscirci.
Prendendo te, un team che cosa deve aspettarsi?
Non un campione, lo so, ma sicuramente uno che si prodiga per la squadra, che può lavorare per gli altri, ma che poi, al momento che serve, può anche tirar fuori la zampata. Non sono certo un fenomeno, ma ho qualche freccia al mio arco e comunque possono essere molto utile. Ora intanto lo capiranno alla Zalf e sapranno come utilizzarmi.