Matteo Cornacchione, meccanici, Ineos Grenadiers

L’off season dei meccanici? Sentiamo Cornacchione

04.11.2025
6 min
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E’ il periodo dell’off-season ma non solo per i corridori. Se i team manager lavorano al ciclomercato e alla ricerca di nuovi sponsor, per i meccanici possiamo dire che sia un po’ come la quiete prima della tempesta. Ma attenzione: non stanno certo con le mani in mano.

Ne abbiamo parlato con Matteo Cornacchione, storico meccanico della Ineos Grenadiers, squadra WorldTour con atleti da tutto il mondo e che ha già l’Australia nel mirino per l’avvio di stagione. In questi giorni Cornacchione è a casa, ripartirà fra tre settimane, e quando può esce anche in bici. La passione, del resto, non va mai in off-season.

In questa fase della stagione i meccanici pensano soprattutto alla logistica dei mezzi e alla dislocazione di bici, materiali, attrezzi (foto Linkedin)
In questa fase della stagione i meccanici pensano soprattutto alla logistica dei mezzi e alla dislocazione di bici, materiali, attrezzi (foto Linkedin)
Quanto è davvero off-season per un meccanico?

Un po’ di giorni di ferie ce li facciamo, però le mie ferie sono più legate al divertimento, che può essere anche un giro in bici. Uso la mia off-season per godermi la bici, come magari non fanno i corridori: per loro è lavoro. Comunque dopo il Lombardia, non sono tornato subito a casa ma ho sistemato un po’ di materiale in magazzino.

Dove avete il magazzino?

In Belgio a Deinze, una località a un’ora a Nord di Bruxelles: posizione strategica perché ci sono tante gare e siamo vicini ai due aeroporti di Bruxelles. Non a caso da queste parti ci sono anche Lidl-Trek, Soudal-Quick Step, oltre ad altre squadre. Sono rimasto lì tre giorni.

E cosa hai fatto in quei giorni?

In questo off-season abbiamo sistemato il materiale e fatto qualche conference con i colleghi.

Cosa vi dite in queste conference? Magari le ordinazioni dei materiali?

Per il materiale abbiamo già un ragazzo che si occupa degli ordini: sa quanto abbiamo e cosa manca per partire. Noi meccanici pensiamo più alla logistica: camion, sistemazioni, materiali da portare in più o in meno nelle trasferte. Facciamo il punto su cosa ha funzionato un po’ meno bene, pensando anche all’organizzazione degli spostamenti aerei.

Shimano è senza dubbio il partner più importante sul fronte dei corsi di aggiornamento per i meccanici (foto Ineos Grenadiers)
Shimano è senza dubbio il partner più importante ai fini dei corsi di aggiornamento per i meccanici (foto Ineos Grenadiers)
Anche perché i tempi stringono…

Vero: sembra presto, ma il tempo passa veloce pensando alla prima trasferta, che sarà in Australia per il Tour Down Under. Il nostro primo appuntamento sarà il 23 novembre al bike build, nel magazzino in Belgio. Faremo dieci giorni tutti insieme per sistemare il materiale e i camion: come devono essere disposti gli attrezzi, le bici…

Insomma, sei a casa ma non stacchi del tutto?

Esatto. Nei pomeriggi liberi capita di pensare a come migliorare le trasferte. Capire dove abbiamo sbagliato e proporre soluzioni alla squadra. Quando ci sono tre attività, quattro contando il ritiro, bisogna pensare a tutto: materiale e personale. Non a caso abbiamo un responsabile dedicato.

E con i corridori come vi organizzate?

Lasciamo tutto il materiale vecchio per l’intero periodo di off-season, così ogni corridore ha a casa una bici da crono e una da strada. E molti hanno anche la gravel: tanti ragazzi la usano per divertimento o gare.

Un sogno di Cornacchione: far vedere anche agli altri meccanici la sede Pinarello, per capire da dove vengono questi oggetti tanto preziosi e belli
Un sogno di Cornacchione: far vedere anche agli altri meccanici la sede Pinarello, per capire da dove vengono questi oggetti tanto preziosi e belli
E come restituiscono il materiale?

Quando vengono al ritiro di solito diamo la bici nuova e loro ci portano la vecchia. Hanno una sacca per il trasporto in aereo. Se arrivano in macchina, come fanno spesso gli spagnoli nei ritiri in zona, le portano direttamente loro. Spedire una bici in Europa costa oltre 200 euro. E’ importante dare le bici nuove presto, specialmente a chi comincia presto.

Perché?

Perché arrivare alla prima gara con sella o leve da sistemare al millimetro non è ideale. Serve un rodaggio: di almeno due-tre giorni sulla bici numero uno, cioè quella prescelta per la gara.

Parliamo dei nuovi arrivati? Hanno già una Pinarello? E come gliela fornite già settata?

Con i nuovi facciamo un bike fitting. Hanno già le loro misure, ma per adattarsi meglio alla nuova sella o ai manubri Most di Pinarello lo facciamo comunque. Se riusciamo, organizziamo questo bike fitting prima del Lombardia, in base agli impegni dei ragazzi con la vecchia squadra.

Per il bike fitting la Ineos si appoggia a gebioMized, azienda specializzata. Quando l’atleta esegue questo test ci sono pronti i meccanici per eventuali modifiche (foto X)
Per il bike fitting la Ineos si appoggia a gebioMized, azienda specializzata (foto X)
E dove avviene il bike fit?

Sempre nel nostro magazzino in Belgio, dove abbiamo spazio e tutto il necessario. Ci segue una ditta esterna e ci sono due coach: normalmente sono quelli che poi lavoreranno con i corridori. Chiaramente ne approfittano per conoscerli.

Ci sono anche i meccanici?

Sì, perché cerchiamo di consegnare subito la bici nuova con la sacca Elite per auto o aereo. La parte più lunga è quando serve un telaio diverso: cambiano attacchi, spessori… Per usare la bici nuova servono permessi della vecchia squadra, ma di solito dicono di sì.

E quando sono i corridori che lasciano la squadra?

Non c’è tutta questa fretta, sono ragazzi che conosciamo da tempo. Per esempio Salvatore Puccio, che ha smesso, ci ha restituito tutto subito dopo Il Lombardia. Però avere presto il materiale è meglio, soprattutto le bici da crono: può servire per preparare la stagione o per i giovani juniores o under 23 che ruotano attorno al nostro team.

Puccio al Lombardia ha colto la palla al balzo per restituire tutto il materiale prima dell’addio. Altrimenti avrebbe dovuto spedire il tutto
Puccio al Lombardia ha colto la palla al balzo per restituire tutto il materiale prima dell’addio. Altrimenti avrebbe dovuto spedire il tutto
Quando arrivano nuovi materiali come vi organizzate?

Le presentazioni si fanno sempre nel magazzino in Belgio, ci sono spazi appositi per i meeting. In particolare con Shimano, che insieme a Pinarello è il nostro partner principale, parliamo di cosa ha funzionato e cosa no. E ci spiegano gli upgrade… considerando che c’è sempre più elettronica. E lavoriamo parecchio anche con la ditta che ci fornisce la “cassetta attrezzi”

In che senso?

Se arriva un attrezzo nuovo, questo brand tedesco che ci supporta, ci spiega come usarlo. Non sono cose banali: oggi serve precisione assoluta. L’attrezzatura è fondamentale e ci chiedono anche le nostre esigenze, se magari abbiamo bisogno di altro. O se loro possono costruire un articolo apposito.

Matteo, tu sei anche un appassionato: se arriva qualcosa di nuovo ti informi subito?

Sì. Ricordo che quando siamo passati dai rim brake ai disc brake, e noi in Ineos siamo stati tra gli ultimi, ho studiato parecchio. Mi informai molto in quei mesi invernali su come montare e smontare le nuove bici col disco. Ma in generale, anche oggi di solito do sempre una sbirciata.

Crono perfetta e visiera nuova. Ganna indossa il sesto tricolore

26.06.2025
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Tutto facile? Tutto secondo programma? Apparentemente sì, se di mezzo c’è Filippo Ganna, che oggi a San Vito al Tagliamento ha conquistato il suo sesto titolo nazionale a cronometro. Il corridore della Ineos Grenadiers era sinceramente felice, ci ha raccontato il suo tecnico Dario David Cioni.

E lo era perché comunque il secondo posto nella crono del Baloise Belgium Tour non lo aveva lasciato del tutto soddisfatto. Sappiamo che Pippo è un perfezionista e, come ci aveva detto lui stesso qualche giorno fa, adesso potrà presentarsi al Tour de France con la maglia tricolore da sfoggiare.

Ganna, accaldatissimo dopo l’arrivo: per il piemontese si è trattato del sesto titolo… come Pinotti
Ganna, accaldatissimo dopo l’arrivo: per il piemontese si è trattato del sesto titolo… come Pinotti

Il potere di Ganna

Ma vediamo com’è andata. A San Vito al Tagliamento sono 18 i cronomen in lotta per la maglia di campione nazionale. Il caldo è tremendo: la temperatura balla sul filo dei 35 gradi. Parte la gara e si capisce presto che Filippo Baroncini mette a segno un’altra grande prestazione (anche lui ci aveva detto di un buon lavoro a cronometro) e che Mattia Cattaneo sta andando forte. Ma poi ecco che arriva Ganna.

«Gli intertempi – spiega Cioni – erano un po’ in là in effetti, però partendo per ultimi avevamo i nostri riferimenti e sapevamo di essere in vantaggio. Quelli da guardare erano soprattutto Baroncini, Cattaneo, e Sobrero. Cosa dire? Una bella crono, gli organizzatori sono stati bravissimi a creare un percorso veloce e anche molto sicuro. A mio avviso perfetto per una cronometro che assegna il titolo nazionale. Non era né corta, né eccessivamente lunga (era di 28 chilometri e 133 metri di dislivello, ndr)».

Ieri Ganna, così come tutti gli altri, aveva fatto la prova del percorso e le sensazioni dei giorni precedenti arrivate da Veloviewer si erano confermate.

«Abbiamo visto subito – riprende Cioni – che era una crono veloce. Tutto sommato anche facile da gestire, essendo così piatta e senza vento: bisognava solo spingere forte. L’unica incognita poteva essere il caldo, soprattutto per via dell’umidità e partire forte poteva essere rischioso. Pippo ha fatto dunque una crono molto lineare, con una progressione nel finale».

Il podio tricolore a crono 2025: 1° Filippo Ganna, 2° Filippo Baroncini a 46″ e 3° Mattia Cattaneo a 57″
Il podio tricolore a crono 2025: 1° Filippo Ganna, 2° Filippo Baroncini a 46″ e 3° Mattia Cattaneo a 57″

Quella visiera…

Con il caldo Ganna ha leggermente modificato la fase di riscaldamento. Al mattino ha fatto i rulli in camera sulla bici da strada, giusto per fare una “sudatina”, e poi si è recato al via. Stavolta il riscaldamento classico, visto che si sudava moltissimo, è stato un po’ più breve del solito. E quindi si è gettato al via di questa mezz’ora intensa di sforzo.

«Pippo è partito con la borraccia – racconta Cioni – peccato che l’abbia persa presto. Ma alla fine è andata bene e questo non ha comportato problemi. All’arrivo l’ho trovato davvero accaldato, ma anche molto contento».

«Novità tecniche? Guardate le foto!», dice e non dice Cioni.

E in effetti confrontando le foto con le ultime crono è balzata alla nostra vista la nuova visiera della Kask. Un dettaglio non da poco in vista del Tour per Pippo, dove magari anche un solo watt potrà fare la differenza… a cominciare dal duello con Remco Evenepoel.

Assetto perfetto, tutto invariato, tranne la nuova visiera Kask che dovrebbe garantire un vantaggio aero
Assetto perfetto, tutto invariato, tranne la nuova visiera Kask che dovrebbe garantire un vantaggio aero

Su filo dei 60 all’ora

Era importante dare un segnale di forza in vista del Tour. Non che uno come Ganna ne avesse bisogno, però per i tifosi vederlo con il tricolore in Francia sarà un motivo di orgoglio ulteriore. L’unico rischio era incappare in una giornata no e magari vedersi Baroncini e company lì a pochissimi secondi, ma tutto questo non è successo.

«In macchina, soprattutto dopo la seconda metà – racconta con orgoglio Matteo Cornacchione, meccanico ma anche primo tifoso di Ganna – vedevamo le velocità e Pippo andava sempre a 58, 59, 60 all’ora. Insomma, non poco: per batterlo bisognava andare almeno a 61! Si vedeva che mulinava bene il 64. In realtà, visto il percorso, poteva starci anche una corona da 68 denti, ma Pippo mi ha detto: “No, meglio il 64, mi conosco”. E infatti andava con la sua solita cadenza (sulle 100 rpm, ndr) e spingeva un 64×13-14 quasi sempre. Lo vedevo quando usciva dalle curve che c’erano ogni 4’-5’: tirava il fiato e ributtava subito giù il rapportone».

E gli altri?

Tra i 18 al via, c’erano anche Giulio Pellizzari e Gianmarco Garofoli, due (giovani) scalatori. Vedere due corridori, non certo specialisti delle cronometro, su un percorso del genere ci ha fatto piacere. Ci ha ricordato il giovane Pogacar che si presentava al via dei mondiali contro il tempo su piattoni infiniti sfidando Van Aert, Ganna e gente da 75 chili in su. E lo faceva con un preciso scopo: abituarsi alle crono, e a certi tipi di sforzo. Tutto questo lo abbiamo fatto notare a Cioni stesso.

«Condivido la scelta di Pellizzari di aver fatto questa cronometro – spiega Cioni – alla fine in stagione non ci sono 20 crono da affrontare ed è giusto che uno come lui, che punta alle classifiche generali, venga a fare certe esperienze. Mentre è stato ancora molto bravo Baroncini: si è confermato in grande forma dopo il Belgio».

«Vero, è stata una mia scelta partecipare a questa crono – dice Garofoli – un po’ perché dopo il Giro era ora di riattivarsi, di riprendere certi ritmi, e un po’ perché in chiave futura credo sia importante. Se un giorno magari mi giocherò una classifica di una corsa a tappe… Una prova così fa esperienza. E poi mi sono anche divertito!».

«La crono ho chiesto io di farla già a marzo – spiega Pellizzari – devo allenarmi a crono e più ne faccio e meglio è. Sarà un punto a mio favore in futuro. Poi oggi è andata un po’ così: erano tre settimane che non facevo molto, ma sapendo come è andata al Giro… sono fiducioso!»

Il capitano e la bici del gregario: dietro c’è un mondo

11.07.2024
5 min
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L’altro giorno, verso Troyes, Jonas Vingegaard ha preso la bici di un compagno e con quella ha tirato dritto fino alla fine. Quella è stata la tappa degli sterrati, corsa a tutta velocità… ma la cosa ci ha fatto riflettere. Se oggi tutto è calcolato alla perfezione cosa comporta pedalare per 100 e passa chilometri su un altro mezzo?

E ancora. Si è letto e sentito che le misure di Vingegaard e Jan Tratnik (in apertura la foto di Jonas con quella bici) fossero le stesse e che addirittura un gregario nei grandi team pedali con le misure del leader. Tratnik al contrario ha detto che il suo capitano, pensando proprio ad una situazione simile, in ritiro si era allenato con una bici che riproponeva le sue misure. Tutta questa carne al fuoco ci ha fatto riflettere.

Cornacchione, meccanico della Ineos Grenadiers, ha detto che il leader sa sempre prima di una tappa chi deve cedergli la bici in caso di guasto
Cornacchione, meccanico della Ineos Grenadiers, ha detto che il leader sa sempre prima di una tappa chi deve cedergli la bici in caso di guasto

Parola al meccanico

Per capire meglio come funzioni il cambio di bici, in generale e non riferito al caso Vingegaard-Tratnik, ci siamo rivolti a Matteo Cornacchione, meccanico della Ineos Grenadiers.

Matteo, ma quindi è vera questa cosa che al gregario vengono modificate le proprie misure in favore del capitano?

No, ogni corridore ha la sua bici. O almeno da noi non è così. I direttori sportivi danno però delle indicazioni.

Cioè?

Solitamente si indica al capitano il corridore che ha la misura e l’altezza di sella più vicine sia in basso che in alto. Faccio un esempio, l’altro giorno verso Troyes a Carlos Rodriguez che è il nostro capitano è stato detto che in caso foratura il primo corridore cui fare riferimento era Bernal. Egan infatti ha la sella più bassa di soli 2 centimetri. L’alternativa in alto è De Plus. Quindi comunichiamo sempre l’uomo di riferimento per il cambio bici in corsa.

Nel limite delle possibilità c’è un uomo “più adatto” a seconda delle tappe?

Sì, infatti l’altro giorno un’altra buona alternativa, sempre riprendendo l’esempio di Rodriguez, era Kwiatkowski. Comunque prima di un grande Giro i capitani vengono avvertiti su chi ha misure simili.

Carlos Rodriguez ha avuto il più possibile vicino Bernal durante la tappa dello sterrato. Il colombiano era pronto a cedergli la bici in caso di necessità
Rodriguez ha avuto il più possibile vicino Bernal durante la tappa dello sterrato. Il colombiano era pronto a cedergli la bici
Ovviamente Matteo parliamo di casi limite, quando non è possibile cambiare la bici normalmente…

Certo, anche dopo il passaggio di bici da un gregario ad un leader, l’idea è di cambiare la bici appena possibile. Ma l’altro giorno, con il gruppo esploso in quel modo l’ammiraglia era 3′-4′ dietro. Meglio adottare questa soluzione che attenderne l’arrivo.

Hai parlato di corridori ben consapevoli delle misure: per caso fornite anche la chiavetta per certe corse?

Noi la diamo sempre, i nostri hanno in tasca la brugola. Anche per la sostituzione della ruota. Tra l’altro i ragazzi sono informati sempre di un eventuale extra supporto a bordo strada. Guadano Veloviewer e gli dicono: «Fra un chilometro c’è il cambio ruote». Nella tappa di Troyes avevamo ulteriori 14 extra feed venuti dal Belgio. Ognuno aveva un set di ruote montate con gomme da 32 millimetri e anche una borraccia.

La tecar uno dei trattamenti usati in caso di forte stress post tappa (foto Instagram)
La tecar uno dei trattamenti usati in caso di forte stress post tappa. In foto Cosentino

Parola al massaggiatore

Ma se questo è il punto di vista del meccanico, dal punto di vista fisico e muscolare cosa succede quando un atleta che all’improvviso cambia bici e quindi misure? Un corridore pedala per circa 30.000 chilometri in un anno: va da sé che c’è uno shock. Di questo aspetto parliamo con Emanuele Cosentino, fisioterapista e massaggiatore della VF Group-Bardiani.

Quindi, Emanuele, è un bello shock per le catene cinetiche? Per i muscoli?

Ne risente la postura in primis. Un corridore parte con una bici che ha determinate misure, le sue misure, quindi con degli angoli ben precisi che lo mettono in condizioni di efficienza, muscolare, aerodinamica e biomeccanica massima. Il muscolo lavora bene. Appena cambia bici, le cose si complicano.

E cosa succede?

Se ci si pedala per 10 chilometri, poco o niente. Se invece la durata è superiore, la prima parte che ne risente è la schiena, poi il collo e la pedalata non è più “rotonda”. Inevitabilmente si creano degli scompensi.

Ti è mai capitato di manipolare un corridore dopo aver cambiato una bici in corsa?

Proprio in corsa no, ma è successo che un atleta pedalasse con una bici più bassa di ben 3 centimetri. E le problematiche maggiori non emergono subito, ma il giorno dopo. 

Insomma, Vingegaard è stato fortunato che il giorno dopo ci fosse il riposo?

Direi di sì. Poi c’è anche chi subisce di meno e chi di più questo stress. Ma di fronte a dei dolori simili oltre al massaggio si lavora con la tecar e i trust.

Il ginocchio è tra i punto del corpo che risente maggiormente di un cambio improvviso di bici, specie in caso di sella più bassa
Il ginocchio è tra i punto del corpo che risente maggiormente di un cambio improvviso di bici, specie in caso di sella più bassa
Senza scendere troppo nel dettaglio, cosa succede se il corridore pedala con la sella più bassa?

Ne risentono soprattutto le ginocchia e la zona lombare. Il quadricipite va a sollecitare il ginocchio in modo diverso, più stressante in quanto gli angoli sono più chiusi. Riguardo al collo in invece, molto dipende dalla lunghezza. Ma se la bici è troppo corta ci potrebbe essere un intorpidimento delle mani. E anche dei piedi.

E se la sella è più alta?

Sempre problemi lombari, ma stando più in punta di sella lavorano di più altri muscoli, come per esempio i polpacci e tutta la zona del bacino, che tra l’altro bascula di più. Inoltre la zona del collo, l’elevatore della scapola, le spalle… sono più sollecitati. E molto dipende anche da quanto è più lunga la bici. Davvero è un discorso vastissimo. E per questo rispettare la propria biomecanica al giorno d’oggi è fondamentale.

Di certo, visto come è andato ieri Vingegaard deve aver recuperato bene!

La posizione di Pidcock? Meno avanzata di quel che sembra

25.04.2024
5 min
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A prima vista la posizione di Tom Pidcock sembra avanzata. Quasi al pari dei fratelli Yates. Una posizione molto da biker, ancor più che da ciclocrossista. Ma poi se si va ad analizzare bene e lo si fa con le persone giuste, si scopre non è proprio così. Anzi…

Ci siamo chiesti quanto ci fosse del biker e del crossista Pidcock nel suo setup da strada. In realtà del setup vero e proprio non c’è tanto, mentre c’è molto della guida e della “filosofia” del Pidcock fuoristradista. Di questi aspetti abbiamo parlato con Matteo Cornacchione, storico meccanico della Ineos Grenadiers.

Matteo, vedendolo da fuori sembra che Tom abbia una posizione molto avanzata. Molto da biker, con il baricentro tutto sulla pedaliera, anche se poi questa tendenza è ormai sdoganata anche su strada. E’ così?

In realtà Tom non è molto avanzato. Anzi, è il meno avanzato dei nostri. Ha 9 centimetri di arretramento sella. Non credo che abbia ereditato qualcosa di specifico dalla mtb, per questo aspetto fa molto riferimento a Kurt Bogaerts, il suo coach e factotum che lo segue in tutto e per tutto. Per dire, lui usa il reggisella normale e quando dico normale intendo quello arretrato e non quello dritto. Semmai del crossista e del biker ha ereditato l’attenzione per le pressioni delle gomme.

Ci puoi dire di più?

Ci lavora moltissimo e ha una sensibilità pazzesca. Fa davvero tante prove con le gomme. Per esempio prima della Strade Bianche ci fa fare parecchi cambiamenti e parliamo di aggiustamenti nell’ordine di aumentare o diminuire 0,1-0,2 bar. A volte gli chiediamo: «Tom, ma cosa vuoi che cambi intervenendo così poco?». Ma lui lo sente eccome. Capita che durante la ricognizione in una discesa di un minuto e mezzo, rifili 20” ai compagni. Sembra quasi che sappia cosa ci sia dietro la curva. Noi abbiamo il compressore digitale ad alta precisone e lui controlla sempre in prima persona.

La sella dell’inglese ha un arretramento di 9 centimetro rispetto al movimento centrale. Ormai una rarità
La sella dell’inglese ha un arretramento di 9 centimetro rispetto al movimento centrale. Ormai una rarità
Altri accorgimenti border line?

Direi le pedivelle. Sta facendo delle prove con quelle più corte (e questa sì che è una reminiscenza da biker, ndr). Sia su strada, che nei test su pista per strada appunto e crono, ha provato le 165 millimetri. A crono addirittura ha usato le 160. Alla Tirreno per esempio aveva un setup particolare con la corona da 68 denti e le pedivelle da 160. Era quasi più grande la corona che la pedivella! Però è bello, perché Pidcock è molto tecnico e vuol provare tutto.

Con la bici da crono ha trovato subito il setup ideale?

Posso dire che ci sta lavorando molto. Ci esce tantissimo, perché vuol fare bene al Tour de France.

Torniamo all’arretramento, Matteo. A noi sembra così avanzato perché ha un telaio più piccolo rispetto alla sua misura?

Esatto. Tom utilizza una Pinarello Dogma taglia 46,5, quindi un po’ piccola per la sua altezza (170 centimetri, ndr). E ha un attacco manubrio direi normale: 110 millimetri. La piega è da 38 centimetri centro-centro. E la forcella ha il rake da 47 millimetri. Io dico che secondo me guida bene anche per questo motivo.

Alla Tirreno, Pidcock ha utilizzato una corona da 68 denti e pedivelle da 160 mm (foto Instagram)
Alla Tirreno, Pidcock ha utilizzato una corona da 68 denti e pedivelle da 160 mm (foto Instagram)
Cioè?

A mio avviso queste numerose e disastrose cadute dipendono anche dal fatto che ormai i corridori per spingere meglio sono tutti avanzati (si sta davanti per sfruttare il grande gluteo il muscolo più grosso e potente del corpo, ndr), ma questo va a discapito della guida.

Interessante, vai avanti per favore…

Stando col baricentro più avanti, non hai margini di errore. Sei subito sulla ruota anteriore, quasi ci “cadi” sopra. Tom invece oltre che essere abile di suo, ha una posizione “vecchio” stile col suo arretramento e la forcella “più ampia” col rake da 47 millimetri. Pertanto è più equilibrato. Tanti altri corridori si spostano più avanti per racimolare qualche watt in più, ma magari per farlo durante una corsa a tappe di una settimana cadono tre volte. E allora quanto ti è stata utile davvero questa posizione estrema?

Un’altra cosa che abbiamo notato di Tom è che sulla sella si muove parecchio. Spesso lo pizzichiamo in punta, altre volte sul calcio…

E’ una sua caratteristica da fuoristradista. Proprio sulla sella quest’anno ci ha messo un po’ per trovarla. Ma era normale cambiando fornitore. Siamo passati a Prologo, che ha una gamma vastissima. In un pomeriggio Tom ha provato anche tre selle. Poi però una volta individuata quella giusta ci ha lavorato e non ha più cambiato. Anche in mtb ci ha messo un bel po’, però è anche vero che tra il cross e le classiche non ha avuto poi tutto questo tempo. Pensate che dopo la Tirreno ha fatto un sopralluogo delle tappe italiane del Tour, poi è andato a Nizza dove abbiamo i nostri magazzini, e lì ha provato la sella per la mtb e poi è venuto alla Sanremo.

Secondo Cornacchione il feeling e la sicurezza di guida in discesa di Pidcock dipendono anche dal suo setup “vecchio stile”
Secondo Cornacchione il feeling e la sicurezza di guida in discesa di Pidcock dipendono anche dal suo setup “vecchio stile”
E invece per quel che riguarda le gomme cosa ci puoi dire? Abbiamo notato che alla Strade Bianche per esempio era l’unico dei vostri con le 28 millimetri…

Di base, davanti usiamo il 25 millimetri e dietro il 28 millimetri. Tom preferisce i tubeless. Il nostro fornitore è Continental e in base al tipo di percorso a volte opta per il TR a volte per il TT. Questo secondo pneumatico è un po’ più leggero e veloce rispetto al primo, ma al tempo stesso dà qualche piccola garanzia in meno in termini di forature. Sono piccoli rischi si prendono, ma la scelta poi dipende dal percorso e dal corridore.

Infine i rapporti. Pidcock ha qualche preferenza?

Usa sempre il 54-40 anche nelle tappe dove qualcuno dei nostri sceglie invece il 56-44. Ed è fisso anche per quel che riguarda il pacco pignoni: sempre l’11-30, mentre tutti gli altri optano per il l’11-34. Preferisce quindi avere una scala più graduale.

Il meccanico al Giro d’Italia. Con Cornacchione alla Ineos

10.05.2023
6 min
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CHIETI – Il meccanico al Giro d’Italia. O comunque in un grande Giro. Il lavoro non è solo in quelle tre settimane. Parte da più lontano ed è parecchio vasto. Matteo Cornacchione è uno dei meccanici storici della Ineos-Grenadiers, fidatissimo di Filippo Ganna. 

Questo lavoro è fatto prima ancora che di cacciaviti, brugole dinamometriche e catene… di ordini, di magazzino, di logistica. Perché se prima non si è lavorato in quella direzione, poi sono dolori. Il materiale per il Giro d’Italia è davvero tanto.

Per ogni corridore della Ineos ci sono pronte almeno due set di ruote per profilo (36, 50 e 60 millimetri)
Per ogni corridore della Ineos ci sono pronte almeno due set di ruote per profilo (36, 50 e 60 millimetri)

Matteo, quanto tempo prima inizi a preparare il materiale che pensi ti servirà al Giro?

Almeno 15-20 giorni dalla partenza. Diciamo che ad una ventina di giorni dal via si fa il punto della situazione, ma in realtà il materiale che serve è stato già ordinato.

E quando? In inverno?

Un paio di mesi prima. Ormai non partiamo da zero e più o meno sappiamo cosa ci serve. La cosa basilare è che non puoi permetterti di arrivare alla partenza di un grande Giro che ti manca qualcosa. E mi riferisco soprattutto al materiale di scorta. Quindi due mesi prima parte l’ordine e ad una ventina di giorni si “fa la conta”. In questo caso, noi meccanici del Giro ci siamo ritrovati una decina di giorni prima della partenza nel nostro magazzino.

Che sta?

A Deinze, a nord di Bruxelles. Eravamo tutti i meccanici del Giro. Ognuno prende in mano due corridori, quindi eravamo in quattro. E ognuno di noi segue in tutto e per tutto le bici dei suoi atleti: quella da crono, da strada, di scorta. Insomma lo segue dalla A alla Z.

Cornacchione (a sinistra) con gli altri meccanici del team inglese, nei pressi del loro (mega) motorhome
Cornacchione (a sinistra) con gli altri meccanici del team inglese, nei pressi del loro (mega) motorhome
In questo Giro chi segui?

Seguo Filippo Ganna e Salvatore Puccio. Gli italiani insomma… Pippo perché è così da tempo e Salvatore perché alla fine è più facile con la lingua, c’è un certo feeling. Così come l’altro meccanico inglese, segue due Geoghegan Hart e Swift. Ogni aspetto delle loro bici passa per lo stesso meccanico. A sera ognuno lava le due bici, le ricontrolla…

Il direttore sportivo fa il “giro delle camere” per sapere come stanno le cose. Voi meccanici fate una sorta di giro del motorhome?

No, perché i ragazzi sono talmente impegnati che fanno fatica a passare da noi. Magari passano per  ringraziarci. Dopo una vittoria passano sempre. I feedback tecnici nella maggior parte dei casi li prendono direttamente i diesse la sera dopo la gara. E se c’è un  problema sono gli stessi direttori che riferiscono a noi meccanici. E questo vale se per il giorno dopo c’è da cambiare una ruota, un rapporto…

Facciamo un passo indietro. Torniamo a quei materiali ordinati a due mesi dal Giro. Di che quantità parliamo? Facciamo una stima di bici, ruote, catene…

Riguardo alle ruote di scorta siamo sulla cinquantina di coppie che diventano 60 se ci mettiamo anche quelle da crono. Calcolate che ogni ragazzo ha cinque bici. In corsa ce ne sono otto, quindi abbiamo 40 bici al seguito. Ma non è tutto: chi punta alla classifica o un leader ha di solito la sesta bici. Tao e Geraint per esempio hanno due bici da crono e quattro da strada. Pippo ha tre bici da strada e tre bici da crono.

Ai team arrivano ogni anno centinaia di catene. E’ il meccanico che fa la conta prima del Giro
Ai team arrivano ogni anno centinaia di catene. E’ il meccanico che fa la conta prima del Giro
E quindi siamo a 43 bici…

In più abbiamo tutti già dei telai di scorta, due per taglia dei corridori che ci sono in corsa. E visto che alcuni hanno la stessa taglia sono “solo” dieci telai. Purtroppo bisogna pensare anche alle cadute, che speriamo non ci siano!

E poi c’è il resto…

Ci sono parecchi manubri, i Most di Pinarello, e le selle FizikAnche questi sono pezzi che bisogna sempre  avere dietro. E di solito ne abbiamo due per misura per ogni atleta. In teoria questo materiale essendo in Italia potremmo anche non averlo dietro, in quanto è facile da reperire: in caso di necessità arriverebbe abbastanza presto. Però meglio averlo con noi. Può capitare che il posto in cui serva non sia facile da raggiungere, che ci siano problemi durante il trasporto e allora lo portiamo con noi visto che la possibilità c’è.

I pezzi che più si usurano: catene e copertoni. Ogni quanto li sostituite?

Per la catena (Shimano 12 velocità, ndr) siamo arrivati a un punto che puoi farci tutto il Giro. Non le cambiamo, almeno che non mostrino grossi problemi chiaramente. Per esempio dopo giornate veramente brutte o dopo strade particolarmente sporche e fangose possiamo anche cambiarle. Ma se questo non succede e non ci sono problemi, nei giorni di riposo facciamo una valutazione dell’usura e valutiamo se cambiarle o meno.

E per quanto riguarda le le gomme?

Le coperture le sostituiamo un po’ di più. Magari c’è chi lima un po’ di più. Chi in partenza quando c’è nervosismo frena e “sgomma”, chi corre più al lato della strada e consuma il battistrada in modo non corretto… Quando vediamo che qualcosa non è più perfetto sulla gomma la sostituiamo senza badare a spese.

Ogni corridore ha a disposizione almeno cinque bici. Che diventano sei per i capitani. Il meccanico ha un bel da fare
Ogni corridore ha a disposizione almeno cinque bici. Che diventano sei per i capitani. Il meccanico ha un bel da fare
E la sostituzione è la stessa per anteriore e posteriore?

Anteriore un po’ meno. Ma bisogna pensare che abbiamo molti set di ruote: 36, 50, 60 millimetri. Ogni corridore ha disposizione tre coppie di ruote. E calcolando che in questo Giro ci sono tre crono, restano 18 tappe. Alcune sono di salita… Quindi le sostituzioni delle gomme e l’usura, alternandosi questi set di ruote, non sono poi così frequenti. Quando prepariamo le ruote, le prepariamo anche con gomme e rapporti. Sono pronte all’uso insomma.

Matteo, invece rispetto a 15-20 anni fa, tu meccanico come ti prepari al Giro? Cosa è cambiato?

Più o meno allo stesso modo. Forse adesso che sono più esperto vivo tutto con maggior tranquillità, mentre prima ero più nervoso, sentivo di più la corsa perché ero più giovane. E poi almeno per me, che ero in squadre italiane, il Giro era di più l’evento dell’anno. Adesso invece tutte le gare sono eventi. Catalunya, Parigi-Nizza o Giro sono quasi la stessa cosa. L’unica differenza è la quantità di materiale che ci si porta dietro. Logicamente sappiamo benissimo che è un appuntamento a cui noi teniamo particolarmente, quindi ci mettiamo ancora più energie, ma non è che in una Tirreno uno si nasconde per lavorar meno. È sempre uguale: dal Laigueglia al Giro d’Italia, per noi il protocollo è lo stesso.

E in questi anni cosa è cambiato nel tuo mestiere? 

Forse un po’ più di maniacalità, di precisione in generale. Ma per noi italiani il Giro è sempre il Giro.

Le Pinarello Dogma F Disc 2023 di Ganna e Bernal

27.01.2023
5 min
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La Pinarello Dogma F rimane il punto di riferimento per i corridori del Team Ineos-Grenadiers, una bicicletta che si è sviluppa quasi completamente proprio sotto l’egida del team britannico.

Alla Vuelta San Juan in Argentina abbiamo curiosato e documentato quelle di Bernal e di Filippo Ganna. E spuntano anche i nuovi dischi freno Shimano Dura Ace e la nuova sella Fizik Antares Vento Open usata dal corridore colombiano, con una larghezza posteriore di 140 millimetri. Abbiamo chiesto anche al meccanico Matteo Cornacchione.

Le Pinarello del team presentano delle differenze rispetto a quelle del 2022?

No, dopo aver iniziato ad usare le Dogma F Disc nel 2022, queste stesse versioni sono state confermate anche per la stagione che è appena iniziata. Cambia la livrea cromatica, che si è adeguata alla colorazione delle maglie. Qualche variazione invece è stata fatta sui componenti.

Ci puoi dare qualche dritta?

Shimano ci ha fornito i nuovi dischi dei freni, che abbiamo iniziato a provare in questo periodo e useremo con maggiore frequenza al ritorno in Europa. Abbiamo avuto un aggiornamento su diversi modelli delle selle Fizik e ad esempio quella che usa Bernal è da considerare un aggiornamento della Antares Open. Nel periodo invernale, proprio in collaborazione con Fizik abbiamo effettuato diverse prove con tutti i corridori. Trasmissioni Shimano a 12 velocità e tubeless Continental per tutti, montati su ruote Dura-Ace con profili compresi tra 60 e 50 millimetri.

Tubeless per tutti, anche per gli scalatori?

Si, è una scelta condivisa con i corridori e una linea presa dal team. Stiamo provando una soluzione che prevede la sezione differenziata tra anteriore e posteriore, rispettivamente 25 e 28 millimetri del tubeless, con adeguamento delle pressioni. Stiamo ultimando alcune analisi di questa combinazione eseguite anche in galleria del vento. La configurazione per il tubolare è quasi sparita.

Tubeless Continental da 25 per l’anteriore
Tubeless Continental da 25 per l’anteriore
Non vedremo più i tubolari?

Difficile, magari per qualche arrivo in salita particolarmente duro e complicato. E’ anche una questione di feeling dei corridori stessi, che utilizzando sempre i tubeless, a casa e in gara, nei test e nella corse di preparazione, si adattano a quel sistema. E poi i dati a nostra disposizione parlano chiaro, i tubeless sono veloci ovunque.

Selle nuova e post incidente. Bernal ha cambiato la posizione in bici?

Non ha cambiato posizione, è rimasto, o meglio è tornato ad usare quella che aveva nel periodo pre-incidente. E’ stato fatto qualche cambiamento sugli equipaggiamenti, come ad esempio le scarpe e la posizione delle tacchette, ma si tratta di dettagli. Il suo è stato comunque un percorso progressivo e di ritorno alla forma e mobilità ottimale. Lo stesso discorso è valido anche per la bici da crono.

Che taglia di telaio usano Bernal e Ganna?

Ganna ha una Pinarello Dogma F 59,5. Bernal ha una 53 con reggisella dritto zero off-set.

I meccanici, appassionati, amici e un po’ psicologi

17.11.2022
7 min
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I meccanici delle squadre non svolgono “solamente” il ruolo operativo insito nella loro qualifica. Sono degli appassionati di sport e sono anche gli amici dei corridori, una sorta di valvola di sfogo e un parafulmine. Sono anche un po’ psicologi, perché talvolta il corridore deve essere convinto e indirizzato nelle sue scelte tecniche.

Ci siamo fatti raccontare chicche e aneddoti da Matteo Cornacchione (Team Ineos-Grenadiers), Ronny Baron (Team Bahrain-Victorious) e Mauro Adobati (Team Trek-Segafredo). Che cosa accade quando gli organici si completano con i nuovi ingressi?

Uno dei primi collegiali di stagione del Team Trek-Segafredo (foto Trek-Segafredo)
Uno dei primi collegiali di stagione del Team Trek-Segafredo (foto Trek-Segafredo)
Cosa si fa quando arriva un nuovo corridore?

CORNACCHIONE: «Il primo approccio con un nuovo atleta avviene talvolta in maniera anomala, perché si cerca di avere un contatto diretto con lui prima che la stagione volga al termine. Per noi meccanici è fondamentale avere le sue vecchie biciclette, quella normale e quella da crono, dalle quali si estrapolano le misure. E’ un passaggio davvero importante, grazie al quale si determinano anche gli ordini dei materiali per la stagione futura».

BARON: «Di solito il team fa il contratto con un corridore durante la stagione e di pari passo noi riceviamo le schede tecniche. Quando c’è la possibilità, noi meccanici sondiamo direttamente anche l’atleta, per sensazioni ed eventuali necessità. Un professionista già navigato non si avventura in stravolgimenti di setting, magari qualche prova e test nella stagione lontano dalle corse. Un lavoro più articolato, approfondito è eseguito su atleti molto giovani».

ADOBATI: «Talvolta quando arriva un giovane non si conoscono in modo preciso le sue caratteristiche. Noi meccanici parliamo con i direttori sportivi, entriamo in contatto con l’atleta e si cerca di avere delle informazioni anche grazie al team di provenienza. Gli stessi corridori si dividono in due categorie. Quelli tecnici e preparati, oppure quelli che rimandano ai meccanici. A prescindere da tutto, si cerca di far avere il materiale ai nuovi arrivati anticipando il primo training camp, in modo che ci sia un adattamento graduale».

Cornacchione regola l’inclinazione delle leve del cambio
Cornacchione regola l’inclinazione delle leve del cambio
Mediamente quanto tempo viene dedicato all’atleta?

CORNACCHIONE: «Dipende dalla tipologia di corridore, ad esempio gli specialisti delle crono necessitano più tempo. Per dare un’idea precisa, considerando i cronoman, in un pomeriggio non si fanno più di due corridori. Sempre in merito agli atleti che puntano sulle prove contro il tempo, talvolta le sedute sono divise in più puntate. Si va in galleria del vento, oppure lo stesso corridore è coinvolto nello sviluppo dei nuovi materiali. I tempi si allungano perché i test sono numerosi. Lavorare sulle bici tradizionali invece è piuttosto veloce anche con i nuovi innesti. Viene data la possibilità di lavorare sui nuovi materiali e di arrivare ai primi ritiri con un buon setting».

BARON: «Quando trovi il nuovo innesto alle corse si cerca di entrare nel dettaglio e ci si confronta con lui. Non è un lavoro semplice, perché è obbligatorio rispettare anche i contratti, che di solito scadono alla fine di dicembre. E’ fondamentale per i meccanici ascoltare ed interpretare le parole del corridore, poi dipende anche dalla sua sensibilità. E’ necessario considerare anche la capacità di adattamento dell’atleta».

ADOBATI: «Le fasi sono diverse. La prima è quella riferita alla consegna della prima bicicletta ed in genere un’oretta è sufficiente, riportando le vecchie misure sulla bici nuova. Un secondo step è quello del primo collegiale, dove si eseguono gli aggiustamenti del caso e se sono necessari cambi importanti si dedicano anche due/tre ore. Per il fitting della bicicletta, il team Trek-Segafredo si avvale del Centro Mapei. Il lavoro di messa in sella e adattamento aumenta, anche per via dei tanti materiali da provare, quando ci sono le bici da cronometro».

Baron alle prese con gli aggiustamenti delle bici (foto Bahrain Victorious)
Baron alle prese con gli aggiustamenti delle bici (foto Bahrain Victorious)
Vengono fatte delle sedute in stile accademy?

CORNACCHIONE: «Facciamo una sorta di training camp con sedute informative. Quest’anno si è svolto prima della fine di ottobre e ha permesso a tutto lo staff di entrare in contatto con i nuovi e di avere il polso delle loro esigenze. Per noi meccanici è stato importantissimo, ci ha permesso di anticipare il lavoro di messa in sella di ogni atleta. E’ stata una settimana intensa, ma produttiva. Il tema è stato dedicare il più tempo possibile ad ogni singolo corridore».

BARON:«Viene fatto un training camp, quello di dicembre, con dei veri e propri meeting, dove ogni azienda sponsor presenta i prodotti in dotazione al team. Questo avviene per i corridori già presenti in organico e per quelli nuovi. A questo si aggiunge anche il ruolo di noi meccanici che cerchiamo di insegnare a tutti i corridori i piccoli trucchetti per gestire al meglio la bicicletta da allenamento che è a casa».

ADOBATI: «Assolutamente si. Ogni parte della bicicletta, nel nostro caso Trek, prevede l’intervento di un ingegnere che espone le peculiarità e le caratteristiche del componente. Questo riguarda anche lo staff e i meccanici. A questi si aggiungono anche i diversi sponsor tecnici. Durante i ritiri si eseguono delle vere e proprie sessioni informative per tutti, maggiormente approfondite per i nuovi ingressi che non hanno utilizzato il nostro materiale».

Mauro Adobati alle prese con l’aggiustamento di un manubrio (foto Trek-Segafredo)
Mauro Adobati alle prese con l’aggiustamento di un manubrio (foto Trek-Segafredo)
Generalmente quanto tempo è necessario per far si che il corridore si adatti ai nuovi materiali?

CORNACCHIONE: «Difficile da dire, molto dipende dai materiali e le differenze con i precedenti. Comunque, un corridore pro, una volta trovata la giusta posizione in sella, in due settimane trova il setting ottimale e difficilmente lo cambia nel corso della stagione».

BARON: «Circa un mese, talvolta un mese e mezzo, poi dipende dal soggetto. I corridori di vecchio stampo non cambiavano la posizione di un millimetro, nell’arco di tutta la loro carriera. Quelli giovani sono portati a sperimentare di più e questo fattore comporta un tempo maggiore per capire il mezzo. In inverno il corridore ci mette più tempo ad adattarsi perché le variabili in gioco sono diverse. Può essere che ha qualche chilogrammo in più addosso, oppure sta facendo palestra e la sua muscolatura è appesantita».

ADOBATI: «Un corridore giovane si adatta molto rapidamente, poi ovviamente entra in gioco la parte soggettiva. Per dare un riferimento, ci vogliono un paio di mesi, si tratta di essere perfetti al 100% e di accontentare a pieno le richieste dell’atleta. Qui c’è da considerare anche la doppia bicicletta. Ad ogni atleta vengono dati i due modelli, Emonda e Madone, i due mezzi di riferimento per il team e lui può scegliere».

Altezza e arretramento sella, tra le operazioni più richieste, non solo dai nuovi (@trek-segafredo)
Altezza e arretramento sella, tra le operazioni più richieste, non solo dai nuovi (@trek-segafredo)
Un aneddoto che porti con te?

CORNACCHIONE: «Il ricordo di un Ganna giovane che era appena arrivato in squadra, quindi un atleta che doveva ancora vincere tanto e diventare l’atleta che conosciamo oggi. Filippo è un corridore al quale piace l’abbinamento dei colori è curioso di sapere quando c’è un componente diverso e particolare. Il manubrio da crono 3D non era ancora stato sviluppato e provato. Lui è stato il primo ad usarlo e portarlo in gara. Al momento della consegna, era felice come un bambino che riceve il regalo di Natale. Porterò sempre con me il sorriso e l’entusiasmo di quel ragazzo, oltre alla consapevolezza di quanto il team e Pinarello avevano investito. Lui è geloso di quel manubrio e per lui è un punto fermo. Le misure di quel componente non sono mai state cambiate. Sono convinto che se lo metterà in bacheca».

BARON: «Mi ha colpito la preparazione tecnica di Nibali, sempre sul pezzo, curioso, capace e interessato ad ogni dettaglio ed innovazione. Ma anche Petacchi, due corridori pignoli, maniacali e in grado di sostituire i meccanici in alcune operazioni. Oppure lo stesso Sonny Colbrelli, molto ordinato e curioso sotto il profilo tecnico. Tra i corridori che ti trasmettono qualcosa annovero anche Caruso, Landa e Mohoric, tutti capaci nell’ambito della meccanica della bicicletta. Quest’ultimo lo vedo crescere stagione dopo stagione, un vero intenditore sulle pressioni delle ruote, aerodinamica, senza dimenticare il reggisella telescopico con il quale ha vinto la Sanremo 2022. Non è un componente standard, o meglio, lo abbiamo sviluppato e adattato grazie alle sue indicazioni. Con corridori come questi si creano delle complicità che fanno progredire il nostro mestiere e lo sviluppo dei materiali».

ADOBATI: «Gli aneddoti da raccontare sono tanti, ma quello che mi ha colpito nelle ultime stagioni è la preparazione e la competenza di alcune ragazze del team, tra queste Elisa Longo Borghini. Sanno quello che vogliono e sono in grado di capire anche le minime differenze tra un materiale ed un’altro. Non mi capita spesso di aver a che fare con la compagine femminile, se non in occasione dei ritiri collegiali, dove i maschi e le donne sono insieme, ma questo aspetto mi ha colpito parecchio».

La Parigi-Roubaix vissuta dai meccanici dei team

15.04.2022
7 min
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La Parigi-Roubaix chiude ufficialmente la campagna del pavé. E’ la classica delle pietre per eccellenza e insieme al Fiandre è una delle corse più amate. Per giocarsi la vittoria non contano solo le gambe, ma una serie di fattori che includono anche la preparazione tecnica della bicicletta.

Abbiamo chiesto a quattro meccanici storici del World Tour di descriverci le soluzioni in grado di fare la differenza, con qualche richiamo al passato. La parola a Matteo Cornacchione del Team Ineos-Grenadiers, Giuseppe Archetti del Team UAE EMIRATES, Mauro Adobati del Team Trek-Segafredo e Fausto Oppici in forza al Team Bikexchange-Jayco.

Le ruote alte, uno dei leitmotiv tecnici moderni anche per il pavé (foto GreenEdge Cycling)
Le ruote alte, uno dei leitmotiv tecnici moderni anche per il pavé (foto GreenEdge Cycling)

La Roubaix di Cornacchione (Ineos)

«Le analogie con il passato, in fatto di tecnica, sono davvero poche. E’ cambiato tutto. Di sicuro vedremo una Roubaix corsa con la combinazione ruote ad alto profilo e tubeless, scelta che ormai è fatta dal 90% dei corridori e non è solo una questione di sponsor. Molti atleti che hanno avuto il modo di lavorare con questi pneumatici si trovano bene. Ricordo circa 20 anni fa, era il 2004 per la precisione, c‘erano ancora le ruote basse e fatte a mano, con i cerchi in alluminio, una cosa che ora non esiste più. In quell’epoca, io ero meccanico alla Fassa Bortolo, Petito fu uno dei primi ad usare le Bora in carbonio con il profilo da 50. Erano gommate con i tubolari da 28, ma un alto profilo in quella corsa non si era mai visto.

«Oggi le ruote da 50/60 millimetri sono la normalità. Tornando al tubeless: a mio parere è una scelta tecnica che può fare la differenza, perché è vantaggioso contro le forature e anche per una migliore gestione della foratura stessa quando l’ammiraglia è lontana. A meno che non ci sia un danno importante allo pneumatico, un tubeless si sgonfia in un lasso di tempo dilatato, permette di proseguire la marcia e offre delle tolleranze eccellenti alle pressioni più basse. Ovviamente c’è tutto il pacchetto delle biciclette con i freni a disco in caso di maltempo e fango, l’edizione del 2021 ne è un esempio».

Matteo Cornacchione all’opera nel camion officina
Matteo Cornacchione all’opera nel camion officina

«Un altro particolare che mi piace considerare – prosegue Cornacchione – è il manubrio. Molti corridori preferiscono usare quello tutto in carbonio, rigido e leggero, lo stesso che utilizzano nel corso della stagione. Una volta si toglieva il carbonio oppure quello in alluminio superleggero e si usava il manubrio in lega più robusto. Rispetto al passato stanno scomparendo anche le modifiche ai nastri manubrio, perché buona parte di quelli che usiamo oggi prevedono un inserto in gel e comunque sono parecchio smorzanti. Ma come i guanti che indossano gli atleti, che sono tutt’altra cosa se messi a confronto con quelli di 20 anni fa.

«E poi il fattore più importante, ovvero la ricognizione del giovedì e in parte quella corta del sabato. Lì verranno definiti gli pneumatici, sezioni e pressioni di gonfiaggio e gli ultimi dettagli. In quell’occasione anche noi meccanici dovremo essere bravi a capire le esigenze del corridore. Gli atleti dovranno essere in grado di adottare il giusto compromesso, limitando il cambio delle biciclette a metà percorso. I materiali contano parecchio e possono fare la differenza».

Gli ultimi controlli prima delle ricognizioni (@Team UAE-EMIRATES)
Gli ultimi controlli prima delle ricognizioni (@Team UAE-EMIRATES)

La Roubaix di Archetti (UAE)

«Una volta una corsa come la Roubaix la vedevi e la vivevi di più come meccanico. Il lavoro che comportava una corsa come questa era enorme. Il mondo della bicicletta e della tecnica legata al mezzo meccanico è cambiato completamente. Ora si lavora con una tecnologia che al pari della F1 e rispetto al passato, neppure troppo lontano, tutto è stato stravolto. La meccanica e il modo di operare di noi meccanici sono tutt’altra cosa. Ci sono i freni a disco, con tutte le variabili che comportano.

«Per le vecchie Roubaix, la doppia leva del freno, quella posizionata sulla parte orizzontale del manubrio, era una sorta di obbligo. Oggi non esiste più. C’erano le ruote basse e fatte a mano da noi meccanici. Erano quelle con 32 raggi, si arrivava fino a 36 e incroci in quarta, per conferire una grande capacità di smorzare le vibrazioni e di essere affidabili anche in caso di rottura di uno o due raggi. Ricordo perfettamente il secondo posto di Dario Pieri, proprio con delle ruote a 36 raggi.

«Fare le ruote, essere in grado di raggiare e di fare le tensioni dei raggi era una delle prime cose che ti veniva chiesta quando facevi il provino per fare il meccanico. Si usavano i tubolari da 25, 26, qualcuno provava i 28 e sembravano enormi. Oggi si usano le ruote ad alto profilo in carbonio con i tubeless anche da 32 millimetri di sezione.

«Sono del parere che oggi, proprio la tecnologia tubeless per le gomme da strada, ha raggiunto un livello ottimale. Vedremo una Roubaix corsa con i tubeless da oltre il 90% dei corridori e proprio questo equipaggiamento sarà in grado di fare la differenza. I ricorsi storici mi portano a menzionare anche le sospensioni montate sulle bici e qualche forma strana del telaio. In un certo senso quella via è stata abbandonata. Si è tornati su disegni tradizionali, lavorando sulla tipologia di carbonio e penso che il processo di evoluzione non sia terminato, anzi».

Mauro Adobati all’opera (foto Trek-Segafredo)
Mauro Adobati all’opera (foto Trek-Segafredo)

La Roubaix di Adobati (Trek)

«Le biciclette per la Roubaix e la scelta dell’equipaggiamento tecnico in genere, possono fare una grande differenza. Poi è necessario considerare anche la fornitura che i vari team hanno disponibile. Qualcuno come noi ha la bici specifica per questi terreni, altri utilizzeranno la bicicletta standard opportunamente equipaggiata. Ecco che la preparazione, le scelte e l’insieme dei dettagli, giocano un ruolo fondamentale. Chi avrà la possibilità di sfruttare biciclette con delle geometrie più morbide, con degli angoli anteriori aperti e dei passaggi ruota maggiorati, lo farà e in caso di maltempo avrà qualche vantaggio. Ma anche se la corsa verrà condotta a velocità esasperata fin da subito.

«Le bici specifiche per il pavé si usavano anche in passato, quando si usavano ancora l’acciaio e l’alluminio. Carri posteriori allungati e passo totale maggiore, rispetto ad una bicicletta standard, forcella aperta in avanti. I concetti delle geometrie sono rimasti più o meno quelli, ma i materiali e buona parte della componentistica sono cambiati completamente.

«Guardandola in chiave moderna, di sicuro la scelta degli pneumatici tubeless potrà fare la differenza. Con tutta probabilità i nostri corridori useranno delle gomme con sezione da 30 millimetri e ruote con profilo da 37. Ad oggi hanno ancora la possibilità di scegliere tra tubeless e tubolare. La maggioranza degli atleti adotterà il medesimo setting che utilizza per le altre gare, con variazioni minime, spesso legate alla sicurezza e votate al mantenere l’equilibrio ottimale sul pavé. Da appassionato della tecnica della bicicletta, mi colpisce positivamente l’apertura alle innovazioni di oggi, in un mondo rimasto chiuso per troppo tempo».

Fausto Oppici a destra, Giuseppe Archetti a sinistra, con i colori della nazionale
Fausto Oppici a destra, Giuseppe Archetti a sinistra, con i colori della nazionale

La Roubaix di Oppici (BikeExchange)

«Molto è cambiato, nelle biciclette e nella componentistica. Personalmente partirei dalle gomme, considerando che anche solo qualche anno fa, era impensabile arrivare alle dimensioni attuali di 30/32 millimetri per corse come la Roubaix, quando lo standard era 25 ed era già visto come abbondante. C’era la convinzione che gli pneumatici grandi fossero meno scorrevoli e controproducenti. Ora invece è tutto l’opposto.

«Ci sono i tubeless e la crescita di questa categoria di prodotti. I corridori oggi li chiedono, al di là della fornitura legata agli sponsor. I tubeless offrono dei vantaggi anche nella sfruttabilità delle ruote in carbonio e ad alto profilo. Le ruote fatte a mano e saldate non esistono più. Tra ruote e tubeless ci sono da considerare la soggettività dell’atleta, la sua predisposizione e anche il suo storico. I nostri potranno scegliere tra tubolari e tubeless con ruote hookless, scelta che viene fatta dopo le ricognizioni.

«E poi la bicicletta, che corrisponde allo stesso modello usato per le gare normali. Ci sono aziende che forniscono biciclette specifiche, fattore che una volta era un must e che oggi è meno ricercato. Ovviamente ci sono i freni a disco, che coinvolgono tutta la bicicletta e non solo l’impianto frenante, perché entra in gioco proprio la possibilità di sfruttare le gomme e le ruote in modo differente. Proprio le bici con i dischi hanno anche permesso di aumentare la luce tra telaio, forcella e pneumatici, con enormi vantaggi in caso di fango».