La Pinarello Dogma F rimane il punto di riferimento per i corridori del Team Ineos-Grenadiers, una bicicletta che si è sviluppa quasi completamente proprio sotto l’egida del team britannico.
Alla Vuelta San Juan in Argentina abbiamo curiosato e documentato quelle di Bernal e di Filippo Ganna. E spuntano anche i nuovi dischi freno Shimano Dura Ace e la nuova sella Fizik Antares Vento Open usata dal corridore colombiano, con una larghezza posteriore di 140 millimetri. Abbiamo chiesto anche al meccanico Matteo Cornacchione.
La Dogma F di Filippo GannaLa prospettiva della bici di Bernal, una taglia 53La livrea delle bici, simile e non uguale a quella del 2022La Dogma F di Filippo GannaLa prospettiva della bici di Bernal, una taglia 53La livrea delle bici, simile e non uguale a quella del 2022
Le Pinarello del team presentano delle differenze rispetto a quelle del 2022?
No, dopo aver iniziato ad usare le Dogma F Disc nel 2022, queste stesse versioni sono state confermate anche per la stagione che è appena iniziata. Cambia la livrea cromatica, che si è adeguata alla colorazione delle maglie. Qualche variazione invece è stata fatta sui componenti.
Ci puoi dare qualche dritta?
Shimano ci ha fornito i nuovi dischi dei freni, che abbiamo iniziato a provare in questo periodo e useremo con maggiore frequenza al ritorno in Europa. Abbiamo avuto un aggiornamento su diversi modelli delle selle Fizik e ad esempio quella che usa Bernal è da considerare un aggiornamento della Antares Open. Nel periodo invernale, proprio in collaborazione con Fizik abbiamo effettuato diverse prove con tutti i corridori. Trasmissioni Shimano a 12 velocità e tubeless Continental per tutti, montati su ruote Dura-Ace con profili compresi tra 60 e 50 millimetri.
Nuova Antares per BernalIl naso leggermente scaricato della nuova Antares con lo scarico prostaticoI nuovi dischi ShimanoRuote Dura Ace tubeless, tra 50 e 60 di profiloIl classico sistema di chiusura con la doppia brugolaNuova Antares per BernalIl naso leggermente scaricato della nuova Antares con lo scarico prostaticoI nuovi dischi ShimanoRuote Dura Ace tubeless, tra 50 e 60 di profiloIl classico sistema di chiusura con la doppia brugola
Tubeless per tutti, anche per gli scalatori?
Si, è una scelta condivisa con i corridori e una linea presa dal team. Stiamo provando una soluzione che prevede la sezione differenziata tra anteriore e posteriore, rispettivamente 25 e 28 millimetri del tubeless, con adeguamento delle pressioni. Stiamo ultimando alcune analisi di questa combinazione eseguite anche in galleria del vento. La configurazione per il tubolare è quasi sparita.
Tubeless Continental da 25 per l’anterioreTubeless Continental da 25 per l’anteriore
Non vedremo più i tubolari?
Difficile, magari per qualche arrivo in salita particolarmente duro e complicato. E’ anche una questione di feeling dei corridori stessi, che utilizzando sempre i tubeless, a casa e in gara, nei test e nella corse di preparazione, si adattano a quel sistema. E poi i dati a nostra disposizione parlano chiaro, i tubeless sono veloci ovunque.
Questo quello di Bernal, con 1,5 centimetri di spessoriClassico, l’integrato Most di Pinarello, in questo caso di Ganna, in battuta sullo sterzL’uncino che evita la caduta della catena, in dotazione sulla maggior parte delle bici del circus11-34 posteriore per BernalPedivelle da 170 per Egan BernalL’ultima versione dei pedali Dura AceQuesto quello di Bernal, con 1,5 centimetri di spessoriClassico, l’integrato Most di Pinarello, in questo caso di Ganna, in battuta sullo sterzoL’uncino che evita la caduta della catena, in dotazione sulla maggior parte delle bici del circus11-34 posteriore per BernalPedivelle da 170 per Egan BernalL’ultima versione dei pedali Dura Ace
Selle nuova e post incidente. Bernal ha cambiato la posizione in bici?
Non ha cambiato posizione, è rimasto, o meglio è tornato ad usare quella che aveva nel periodo pre-incidente. E’ stato fatto qualche cambiamento sugli equipaggiamenti, come ad esempio le scarpe e la posizione delle tacchette, ma si tratta di dettagli. Il suo è stato comunque un percorso progressivo e di ritorno alla forma e mobilità ottimale. Lo stesso discorso è valido anche per la bici da crono.
Che taglia di telaio usano Bernal e Ganna?
Ganna ha una Pinarello Dogma F 59,5.Bernal ha una 53 con reggisella dritto zero off-set.
I meccanici delle squadre non svolgono “solamente” il ruolo operativo insito nella loro qualifica. Sono degli appassionati di sport e sono anche gli amici dei corridori, una sorta di valvola di sfogo e un parafulmine. Sono anche un po’ psicologi, perché talvolta il corridore deve essere convinto e indirizzato nelle sue scelte tecniche.
Uno dei primi collegiali di stagione del Team Trek-Segafredo (foto Trek-Segafredo)Uno dei primi collegiali di stagione del Team Trek-Segafredo (foto Trek-Segafredo)
Cosa si fa quando arriva un nuovo corridore?
CORNACCHIONE: «Il primo approccio con un nuovo atleta avviene talvolta in maniera anomala, perché si cerca di avere un contatto diretto con lui prima che la stagione volga al termine. Per noi meccanici è fondamentale avere le sue vecchie biciclette, quella normale e quella da crono, dalle quali si estrapolano le misure. E’ un passaggio davvero importante, grazie al quale si determinano anche gli ordini dei materiali per la stagione futura».
BARON: «Di solito il team fa il contratto con un corridore durante la stagione e di pari passo noi riceviamo le schede tecniche. Quando c’è la possibilità, noi meccanici sondiamo direttamente anche l’atleta, per sensazioni ed eventuali necessità. Un professionista già navigato non si avventura in stravolgimenti di setting, magari qualche prova e test nella stagione lontano dalle corse. Un lavoro più articolato, approfondito è eseguito su atleti molto giovani».
ADOBATI: «Talvolta quando arriva un giovane non si conoscono in modo preciso le sue caratteristiche. Noi meccanici parliamo con i direttori sportivi, entriamo in contatto con l’atleta e si cerca di avere delle informazioni anche grazie al team di provenienza. Gli stessi corridori si dividono in due categorie. Quelli tecnici e preparati, oppure quelli che rimandano ai meccanici. A prescindere da tutto, si cerca di far avere il materiale ai nuovi arrivati anticipando il primo training camp, in modo che ci sia un adattamento graduale».
Cornacchione regola l’inclinazione delle leve del cambioCornacchione regola l’inclinazione delle leve del cambio
Mediamente quanto tempo viene dedicato all’atleta?
CORNACCHIONE: «Dipende dalla tipologia di corridore, ad esempio gli specialisti delle crono necessitano più tempo. Per dare un’idea precisa, considerando i cronoman, in un pomeriggio non si fanno più di due corridori. Sempre in merito agli atleti che puntano sulle prove contro il tempo, talvolta le sedute sono divise in più puntate. Si va in galleria del vento, oppure lo stesso corridore è coinvolto nello sviluppo dei nuovi materiali. I tempi si allungano perché i test sono numerosi. Lavorare sulle bici tradizionali invece è piuttosto veloce anche con i nuovi innesti. Viene data la possibilità di lavorare sui nuovi materiali e di arrivare ai primi ritiri con un buon setting».
BARON: «Quando trovi il nuovo innesto alle corse si cerca di entrare nel dettaglio e ci si confronta con lui. Non è un lavoro semplice, perché è obbligatorio rispettare anche i contratti, che di solito scadono alla fine di dicembre. E’ fondamentale per i meccanici ascoltare ed interpretare le parole del corridore, poi dipende anche dalla sua sensibilità. E’ necessario considerare anche la capacità di adattamento dell’atleta».
ADOBATI: «Le fasi sono diverse. La prima è quella riferita alla consegna della prima bicicletta ed in genere un’oretta è sufficiente, riportando le vecchie misure sulla bici nuova. Un secondo step è quello del primo collegiale, dove si eseguono gli aggiustamenti del caso e se sono necessari cambi importanti si dedicano anche due/tre ore. Per il fitting della bicicletta, il team Trek-Segafredo si avvale del Centro Mapei. Il lavoro di messa in sella e adattamento aumenta, anche per via dei tanti materiali da provare, quando ci sono le bici da cronometro».
Baron alle prese con gli aggiustamenti delle bici (foto Bahrain Victorious)Baron alle prese con gli aggiustamenti delle bici (foto Bahrain Victorious)
Vengono fatte delle sedute in stile accademy?
CORNACCHIONE: «Facciamo una sorta di training camp con sedute informative. Quest’anno si è svolto prima della fine di ottobre e ha permesso a tutto lo staff di entrare in contatto con i nuovi e di avere il polso delle loro esigenze. Per noi meccanici è stato importantissimo, ci ha permesso di anticipare il lavoro di messa in sella di ogni atleta. E’ stata una settimana intensa, ma produttiva. Il tema è stato dedicare il più tempo possibile ad ogni singolo corridore».
BARON:«Viene fatto un training camp, quello di dicembre, con dei veri e propri meeting, dove ogni azienda sponsor presenta i prodotti in dotazione al team. Questo avviene per i corridori già presenti in organico e per quelli nuovi. A questo si aggiunge anche il ruolo di noi meccanici che cerchiamo di insegnare a tutti i corridori i piccoli trucchetti per gestire al meglio la bicicletta da allenamento che è a casa».
ADOBATI: «Assolutamente si. Ogni parte della bicicletta, nel nostro caso Trek, prevede l’intervento di un ingegnere che espone le peculiarità e le caratteristiche del componente. Questo riguarda anche lo staff e i meccanici. A questi si aggiungono anche i diversi sponsor tecnici. Durante i ritiri si eseguono delle vere e proprie sessioni informative per tutti, maggiormente approfondite per i nuovi ingressi che non hanno utilizzato il nostro materiale».
Mauro Adobati alle prese con l’aggiustamento di un manubrio (foto Trek-Segafredo)Mauro Adobati alle prese con l’aggiustamento di un manubrio (foto Trek-Segafredo)
Generalmente quanto tempo è necessario per far si che il corridore si adatti ai nuovi materiali?
CORNACCHIONE: «Difficile da dire, molto dipende dai materiali e le differenze con i precedenti. Comunque, un corridore pro, una volta trovata la giusta posizione in sella, in due settimane trova il setting ottimale e difficilmente lo cambia nel corso della stagione».
BARON: «Circa un mese, talvolta un mese e mezzo, poi dipende dal soggetto. I corridori di vecchio stampo non cambiavano la posizione di un millimetro, nell’arco di tutta la loro carriera. Quelli giovani sono portati a sperimentare di più e questo fattore comporta un tempo maggiore per capire il mezzo. In inverno il corridore ci mette più tempo ad adattarsi perché le variabili in gioco sono diverse. Può essere che ha qualche chilogrammo in più addosso, oppure sta facendo palestra e la sua muscolatura è appesantita».
ADOBATI: «Un corridore giovane si adatta molto rapidamente, poi ovviamente entra in gioco la parte soggettiva. Per dare un riferimento, ci vogliono un paio di mesi, si tratta di essere perfetti al 100% e di accontentare a pieno le richieste dell’atleta. Qui c’è da considerare anche la doppia bicicletta. Ad ogni atleta vengono dati i due modelli, Emonda e Madone, i due mezzi di riferimento per il team e lui può scegliere».
Altezza e arretramento sella, tra le operazioni più richieste, non solo dai nuovi (@trek-segafredo)Altezza e arretramento sella, tra le operazioni più richieste, non solo dai nuovi (@trek-segafredo)
Un aneddoto che porti con te?
CORNACCHIONE: «Il ricordo di un Ganna giovane che era appena arrivato in squadra, quindi un atleta che doveva ancora vincere tanto e diventare l’atleta che conosciamo oggi. Filippo è un corridore al quale piace l’abbinamento dei colori è curioso di sapere quando c’è un componente diverso e particolare. Il manubrio da crono 3D non era ancora stato sviluppato e provato. Lui è stato il primo ad usarlo e portarlo in gara. Al momento della consegna, era felice come un bambino che riceve il regalo di Natale. Porterò sempre con me il sorriso e l’entusiasmo di quel ragazzo, oltre alla consapevolezza di quanto il team e Pinarello avevano investito. Lui è geloso di quel manubrio e per lui è un punto fermo. Le misure di quel componente non sono mai state cambiate. Sono convinto che se lo metterà in bacheca».
BARON: «Mi ha colpito la preparazione tecnica di Nibali, sempre sul pezzo, curioso, capace e interessato ad ogni dettaglio ed innovazione. Ma anche Petacchi, due corridori pignoli, maniacali e in grado di sostituire i meccanici in alcune operazioni. Oppure lo stesso Sonny Colbrelli, molto ordinato e curioso sotto il profilo tecnico. Tra i corridori che ti trasmettono qualcosa annovero anche Caruso, Landa e Mohoric, tutti capaci nell’ambito della meccanica della bicicletta. Quest’ultimo lo vedo crescere stagione dopo stagione, un vero intenditore sulle pressioni delle ruote, aerodinamica, senza dimenticare il reggisella telescopico con il quale ha vinto la Sanremo 2022. Non è un componente standard, o meglio, lo abbiamo sviluppato e adattato grazie alle sue indicazioni. Con corridori come questi si creano delle complicità che fanno progredire il nostro mestiere e lo sviluppo dei materiali».
ADOBATI: «Gli aneddoti da raccontare sono tanti, ma quello che mi ha colpito nelle ultime stagioni è la preparazione e la competenza di alcune ragazze del team, tra queste Elisa Longo Borghini. Sanno quello che vogliono e sono in grado di capire anche le minime differenze tra un materiale ed un’altro. Non mi capita spesso di aver a che fare con la compagine femminile, se non in occasione dei ritiri collegiali, dove i maschi e le donne sono insieme, ma questo aspetto mi ha colpito parecchio».
La Parigi-Roubaix chiude ufficialmente la campagna del pavé. E’ la classica delle pietre per eccellenza e insieme al Fiandre è una delle corse più amate. Per giocarsi la vittoria non contano solo le gambe, ma una serie di fattori che includono anche la preparazione tecnica della bicicletta.
Le ruote alte, uno dei leitmotiv tecnici moderni anche per il pavé (foto GreenEdge Cycling)Le ruote alte, uno dei leitmotiv tecnici moderni anche per il pavé (foto GreenEdge Cycling)
La Roubaix di Cornacchione (Ineos)
«Le analogie con il passato, in fatto di tecnica, sono davvero poche. E’ cambiato tutto. Di sicuro vedremo una Roubaix corsa con la combinazione ruote ad alto profilo e tubeless, scelta che ormai è fatta dal 90% dei corridori e non è solo una questione di sponsor. Molti atleti che hanno avuto il modo di lavorare con questi pneumatici si trovano bene. Ricordo circa 20 anni fa, era il 2004 per la precisione, c‘erano ancora le ruote basse e fatte a mano, con i cerchi in alluminio, una cosa che ora non esiste più. In quell’epoca, io ero meccanico alla Fassa Bortolo, Petito fu uno dei primi ad usare le Bora in carbonio con il profilo da 50. Erano gommate con i tubolari da 28, ma un alto profilo in quella corsa non si era mai visto.
«Oggi le ruote da 50/60 millimetri sono la normalità. Tornando al tubeless: a mio parere è una scelta tecnica che può fare la differenza, perché è vantaggioso contro le forature e anche per una migliore gestione della foratura stessa quando l’ammiraglia è lontana. A meno che non ci sia un danno importante allo pneumatico, un tubeless si sgonfia in un lasso di tempo dilatato, permette di proseguire la marcia e offre delle tolleranze eccellenti alle pressioni più basse. Ovviamente c’è tutto il pacchetto delle biciclette con i freni a disco in caso di maltempo e fango, l’edizione del 2021 ne è un esempio».
Matteo Cornacchione all’opera nel camion officinaMatteo Cornacchione all’opera nel camion officina
«Un altro particolare che mi piace considerare – prosegue Cornacchione – è il manubrio. Molti corridori preferiscono usare quello tutto in carbonio, rigido e leggero, lo stesso che utilizzano nel corso della stagione. Una volta si toglieva il carbonio oppure quello in alluminio superleggero e si usava il manubrio in lega più robusto. Rispetto al passato stanno scomparendo anche le modifiche ai nastri manubrio, perché buona parte di quelli che usiamo oggi prevedono un inserto in gel e comunque sono parecchio smorzanti. Ma come i guanti che indossano gli atleti, che sono tutt’altra cosa se messi a confronto con quelli di 20 anni fa.
«E poi il fattore più importante, ovvero la ricognizione del giovedì e in parte quella corta del sabato. Lì verranno definiti gli pneumatici, sezioni e pressioni di gonfiaggio e gli ultimi dettagli. In quell’occasione anche noi meccanici dovremo essere bravi a capire le esigenze del corridore. Gli atleti dovranno essere in grado di adottare il giusto compromesso, limitando il cambio delle biciclette a metà percorso. I materiali contano parecchio e possono fare la differenza».
Gli ultimi controlli prima delle ricognizioni (@Team UAE-EMIRATES)Gli ultimi controlli prima delle ricognizioni (@Team UAE-EMIRATES)
La Roubaix di Archetti (UAE)
«Una volta una corsa come la Roubaix la vedevi e la vivevi di più come meccanico. Il lavoro che comportava una corsa come questa era enorme. Il mondo della bicicletta e della tecnica legata al mezzo meccanico è cambiato completamente. Ora si lavora con una tecnologia che al pari della F1 e rispetto al passato, neppure troppo lontano, tutto è stato stravolto. La meccanica e il modo di operare di noi meccanici sono tutt’altra cosa. Ci sono i freni a disco, con tutte le variabili che comportano.
«Per le vecchie Roubaix, la doppia leva del freno, quella posizionata sulla parte orizzontale del manubrio, era una sorta di obbligo. Oggi non esiste più. C’erano le ruote basse e fatte a mano da noi meccanici. Erano quelle con 32 raggi, si arrivava fino a 36 e incroci in quarta, per conferire una grande capacità di smorzare le vibrazioni e di essere affidabili anche in caso di rottura di uno o due raggi. Ricordo perfettamente il secondo posto di Dario Pieri, proprio con delle ruote a 36 raggi.
«Fare le ruote, essere in grado di raggiare e di fare le tensioni dei raggi era una delle prime cose che ti veniva chiesta quando facevi il provino per fare il meccanico. Si usavano i tubolari da 25, 26, qualcuno provava i 28 e sembravano enormi. Oggi si usano le ruote ad alto profilo in carbonio con i tubeless anche da 32 millimetri di sezione.
«Sono del parere che oggi, proprio la tecnologia tubeless per le gomme da strada, ha raggiunto un livello ottimale. Vedremo una Roubaix corsa con i tubeless da oltre il 90% dei corridori e proprio questo equipaggiamento sarà in grado di fare la differenza. I ricorsi storici mi portano a menzionare anche le sospensioni montate sulle bici e qualche forma strana del telaio. In un certo senso quella via è stata abbandonata. Si è tornati su disegni tradizionali, lavorando sulla tipologia di carbonio e penso che il processo di evoluzione non sia terminato, anzi».
«Le biciclette per la Roubaix e la scelta dell’equipaggiamento tecnico in genere, possono fare una grande differenza. Poi è necessario considerare anche la fornitura che i vari team hanno disponibile. Qualcuno come noi ha la bici specifica per questi terreni, altri utilizzeranno la bicicletta standard opportunamente equipaggiata. Ecco che la preparazione, le scelte e l’insieme dei dettagli, giocano un ruolo fondamentale. Chi avrà la possibilità di sfruttare biciclette con delle geometrie più morbide, con degli angoli anteriori aperti e dei passaggi ruota maggiorati, lo farà e in caso di maltempo avrà qualche vantaggio. Ma anche se la corsa verrà condotta a velocità esasperata fin da subito.
«Le bici specifiche per il pavé si usavano anche in passato, quando si usavano ancora l’acciaio e l’alluminio. Carri posteriori allungati e passo totale maggiore, rispetto ad una bicicletta standard, forcella aperta in avanti. I concetti delle geometrie sono rimasti più o meno quelli, ma i materiali e buona parte della componentistica sono cambiati completamente.
«Guardandola in chiave moderna, di sicuro la scelta degli pneumatici tubeless potrà fare la differenza. Con tutta probabilità i nostri corridori useranno delle gomme con sezione da 30 millimetri e ruote con profilo da 37. Ad oggi hanno ancora la possibilità di scegliere tra tubeless e tubolare. La maggioranza degli atleti adotterà il medesimo setting che utilizza per le altre gare, con variazioni minime, spesso legate alla sicurezza e votate al mantenere l’equilibrio ottimale sul pavé. Da appassionato della tecnica della bicicletta, mi colpisce positivamente l’apertura alle innovazioni di oggi, in un mondo rimasto chiuso per troppo tempo».
Fausto Oppici a destra, Giuseppe Archetti a sinistra, con i colori della nazionaleFausto Oppici a destra, Giuseppe Archetti a sinistra, con i colori della nazionale
La Roubaix di Oppici (BikeExchange)
«Molto è cambiato, nelle biciclette e nella componentistica. Personalmente partirei dalle gomme, considerando che anche solo qualche anno fa, era impensabile arrivare alle dimensioni attuali di 30/32 millimetri per corse come la Roubaix, quando lo standard era 25 ed era già visto come abbondante. C’era la convinzione che gli pneumatici grandi fossero meno scorrevoli e controproducenti. Ora invece è tutto l’opposto.
«Ci sono i tubeless e la crescita di questa categoria di prodotti. I corridori oggi li chiedono, al di là della fornitura legata agli sponsor. I tubeless offrono dei vantaggi anche nella sfruttabilità delle ruote in carbonio e ad alto profilo. Le ruote fatte a mano e saldate non esistono più. Tra ruote e tubeless ci sono da considerare la soggettività dell’atleta, la sua predisposizione e anche il suo storico. I nostri potranno scegliere tra tubolari e tubeless con ruote hookless, scelta che viene fatta dopo le ricognizioni.
«E poi la bicicletta, che corrisponde allo stesso modello usato per le gare normali. Ci sono aziende che forniscono biciclette specifiche, fattore che una volta era un must e che oggi è meno ricercato. Ovviamente ci sono i freni a disco, che coinvolgono tutta la bicicletta e non solo l’impianto frenante, perché entra in gioco proprio la possibilità di sfruttare le gomme e le ruote in modo differente. Proprio le bici con i dischi hanno anche permesso di aumentare la luce tra telaio, forcella e pneumatici, con enormi vantaggi in caso di fango».
In un periodo in cui quasi tutti i passisti e gli sprinter cercano il 54 o il 55, specie in una corsa veloce come la Sanremo, Elia Viviani ha scelto il 52 proprio per la Classicissima. Una soluzione tecnica curiosa, che di certo il campione olimpico di Rio 2016 aveva ponderato, come immaginavamo. E così è stato.
Viviani è uno dei corridori più sensibili alla tecnica in gruppo. Sa bene cosa utilizza e perché. E questo vale sia per la pista che per la strada.
Il 52-36 anteriore scelto da Elia per la ClassicissimaIl 52-36 anteriore scelto da Elia per la Classicissima
Elia, come mai il 52 per la Sanremo?
Oggi, specie con il nuovo gruppo Shimano il 54 è diventato la normalità e il 53 sta quasi scomparendo. Io ho scelto il 52 perché in questo modo nel finale non devo mai togliere la corona grande. Anche sulla Cipressa e sul Poggio ho tenuto quella.
Il che ci sta (si evita il rischio che la catena possa cadere nelle fasi concitate)…
Che poi io sono uno che tende a cambiare spesso i rapporti in base al percorso. Uso anche io il 54 o il 55. Nel caso della Sanremo ho tenuto tutto il giorno il 52. Credo di aver usato la corona piccola solo sul Capo Berta.
Però in caso di volata, non rischiavi di essere “corto” o troppo agile?
Non è un problema il 52, soprattutto alla Sanremo. Lì lo sprint arriva dopo oltre 290 chilometri di corsa e con il rettilineo finale che tira anche un po’. Di certo con l’11 dietro non mi mancherebbe il rapporto. Sono tanti anni ormai che scelgo il 52 per la Sanremo.
E dietro invece che scaletta avevi?
Avevo l’11-30, chiaramente il 30 non l’ho mai usato, ma questo mi ha consentito di utilizzare i rapporti grandi anche con la corona maggiore. Il terzultimo dente, per dire, credo fosse un 26-25 (in realtà era un 24, ndr). E un 52×25-24 si gira bene su quelle salite a quei ritmi.
Il fatto che tu sia anche un pistard ti agevola nel cambiare i rapporti e di averli magari anche così “corti”?
Sì, per me è la normalità cambiare i rapporti, specie in pista. Se fai lo scratch, l’eliminazione… se è una prova di ritmo, di resistenza… Se c’è da fare una volata unica… E questo su strada fa sì che se per caso ti ritrovi con un dente in meno, cioè se la cadenza è un po’ più alta del dovuto, non diventa un problema. Anche in una volata da 54-55 ti potrebbe mancare qualcosa, ma la cadenza della pista aiuta. E per questo continuo ad andarci anche se non ho eventi in vista.
La scaletta 11-30 Shimano Dura-Ace 12v utilizzata da Viviani alla SanremoLa scaletta 11-30 Shimano Dura-Ace 12v utilizzata da Viviani alla Sanremo
E con il 52 che cadenze tenevi sulla Cipressa?
Ohi, bella domanda. Credo sulle 95 rpm. Verifico – intanto apre il computer – salivo attorno alle 90 rpm, 95 sui Capi.
E sulla volata, che cadenze hai raggiunto?
Sulle 114-116.
Invece in una volata opposta a quella di Sanremo, tipo quella di Verona allo scorso anno al Giro, dove il rettilineo scendeva anche un po’? Quella era da 55?
Lì avevo il 54. Lì si andava molto veloce. Diciamo che con un 54 di solito in volata si fanno 123 rpm che è molto vicino al mio limite di 127. Ma parliamo di una velocità che è di 74 all’ora. E torniamo al discorso del pistard. Sono cadenze che non mi pesano.
Perché in pista a quanto arrivate?
Anche 140, per questo rispetto allo stradista puro le sopporto meglio.
La volata di Verona al Giro 2021. Vinse Nizzolo, Viviani ebbe un intoppo in una rotatoria a pochi chilometri dalla fineLa volata di Verona al Giro 2021. Vinse Nizzolo, Viviani ebbe un intoppo in una rotatoria a pochi chilometri dalla fine
Qualche chiarimento
Prima di congedarci però abbiamo fatto uno squillo anche a Matteo Cornacchione, meccanico della Ineos Grenadiers per fare chiarezza sui rapporti del pacco pignoni di Viviani nella classicissima. La scaletta 11-30 originale Shimano, infatti dice che gli ultimi tre denti sono 24, 27, 30. Era effettivamente questa quella di Elia? O magari l’avevano modificata?
«Assolutamente – spiega Cornacchione – era quella originale. Elia aveva l’11-30 a 12 velocità. Durante la ricognizione con Cioni nei giorni precedenti aveva voluto provare questo setup e lo ha mantenuto. Lui al contrario di Pidcock che aveva ancora la vecchia guarnitura, ha utilizzato quella nuova che propone il 52-36 e con quella ha corso. Aveva anche provato il 40 che in teoria si può montare, tuttavia il salto era troppo breve (solo 12 denti, ndr) e la catena in qualche deregliata “galleggiava” tra le due corone. Quindi per non rischiare nulla è partito con tutto originale: 52-36 e 11-30.
«La bici di scorta, tanto più col vento a favore che c’era una volta in Riviera, aveva su il 54-40. Nel caso ne avesse sentito il bisogno, Elia avrebbe potuto cambiarla quando voleva».
La polvere della Strade Bianche, come quella del Belgio. Lo sporco delle strade e il fango di fine inverno. Le biciclette e le loro catene ne hanno già viste abbastanza e la sensazione è che altre ne vedranno nelle prossime settimane. Le performance dei mezzi meccanici sono il risultato di più fattori che devono collimare fra loro. La lubrificazione e la gestione dei comparti rotanti sono aspetti che si sono evoluti e per i meccanici dei team ricoprono un ruolo di primaria importanza.
Quali sono i prodotti che vengono utilizzati per oliare la catena? Come vengono usati e quando? Come cambia la gestione della lubrificazione in base alle condizioni meteo? Queste e altre curiosità, abbiamo chiesto a Gabriele Tosello del Team Astana Qazaqstan e Matteo Cornacchione del Team Ineos-Grenadiers.
La catena è uno dei componenti soggetto a controllo quotidianoLa catena è uno dei componenti soggetto a controllo quotidiano
Negli anni è cambiato il modo di lubrificare la catena e dei comparti rotanti?
TOSELLO: «Sono cambiati tutti materialie con loro anchei lubrificanti, c’è una scelta davvero ampia. Proprio i lubrificanti sono diventati sempre più specificie legati alle diverse situazioni che si vanno ad affrontare. Va da sé che è cambiato anche il modo di lubrificaree di fare meccanica. Oggi non esiste più il classico olio che va bene a 360 gradi. Basti pensare che in Astana abbiamo 6 diverse tipologie di olio e 3 di grasso».
CORNACCHIONE: «Il modo di lubrificare non ha subìto grossi stravolgimenti, sono cambiati i materiali. Abbiamo diversi prodotti specifici disponibili per le varie esigenze. In passato talvolta si usava anche il grasso per la catena, poco viscoso, ma comunque grasso. Oggi questapratica non esiste più. Al tempo stesso sono cambiati anche i corridori e non di rado trovi degli atleti consapevoli, preparati sotto il profilo meccanico e sono i primi loro a richiedere un lubrificante, piuttosto che un altro. Magari una goccia di olio in più. Un altro fattore da considerare è l’ingresso delle bici con i freni a disco, che ha ampliato ulteriormente il pool di prodotti dedicati alla pulizia, lubrificazione e gestione del mezzo in genere. In Ineosabbiamo circa 20 flaconi differenti della Muc Off, ognuno per delle applicazioni mirate».
Un esempio di alcuni prodotti a disposizione dei meccanici dell’AstanaUn esempio di alcuni prodotti a disposizione dei meccanici dell’Astana
In base alle condizioni meteo utilizzate dei prodotti specifici?
TOSELLO: «Sì, cerchiamo di adottare un comportamento tecnico il più preciso possibile e focalizzato ad ottenere il massimo dal prodotto che usiamo. C’è l’olio per il bagnato che è più grasso e viscoso. Ci sono i lubrificanti per le condizioni di secco, umido oppure per la polvere e per le situazioni intermedie. Ci sono degli oli per le distanze brevi e quelle più lunghe. Ogni prodotto ha la sua specificità. Le variabili esistono e sono legate alle previsioni meteorologiche, ma noi cerchiamo di prevenire determinate situazioni».
CORNACCHIONE: «Quando le condizioni meteorologiche sono incerte si cerca di adottare il giusto compromesso. Ovviamente ci sono delle differenze tra percorsi polverosi e quelli dove l’acqua ed il fango mettono in crisi i reparti meccanici della bicicletta. La Strade Bianche e le corse del Belgio sono un esempio. In questi casi vengono usati dei prodotti che permettono alla catena di mantenere un grado di lubrificazione più lungo che va di pari passo alla fluidità della trasmissione».
La pulizia e la lubrificazione, per molti meccanici siamo a livello dei cosmeticiLa pulizia e lubrificazione, per molti meccanici siamo a livello dei cosmetici
Ogni quanto viene cambiata la catena?
TOSELLO: «Ogni 1.000/1.200 chilometri, nel periodo delle gare: un chilometraggio che in una corsa a tappe si fa in una settimana o poco più. Non è tanto una questione di usura del componente, ma si cerca di prevenire e minimizzare l’insorgenza di problematiche. I pro’, quando sono in gara non vanno tanto per il sottile e proprio il modo di utilizzo incide sull’efficienza della catena, che deve essere sempre al massimo delle sue potenzialità».
CORNACCHIONE: «Si misura la lunghezza della catena con uno strumento e si valuta l’eventuale allungamento. Se questo è superiore alle tolleranze consentite, allora si cambia la catena. La qualità della lubrificazione influisce sulla sua longevità, ma è ovvio che le condizioni esternee ilmodo con cui viene trattatahanno un peso maggiore. E i corridori, quando sono in gara, l’ultima cosa alla quale pensano è la catena. Tempo addietro, quando i materiali erano differenti e durante le corse a tappe, la catena veniva cambiata durante il giorno di riposo. Ora il metodo è più scientifico, ma le variabili ci sono sempre e talvolta sono legate ai materiali, che sono sempre più leggeri».
Diversi lubrificanti con diverse viscosità, talvolta combinati tra loro
Si lubrifica la falsamaglia della catena dopo che il componente è stato sostituito
Diversi lubrificanti con diverse viscosità, talvolta combinati tra loro
Si lubrifica la falsamaglia della catena dopo che il componente è stato sostituito
E i cuscinetti del movimento centrale?
TOSELLO: «Ogni tre/quattro giorni il movimento è smontato e verificato, lubrificato ed eventualmente cambiato. Poi ci sono da tenere in considerazione delle variabili, legate all’usura dovuta al maltempo. Per dare un ulteriore riferimento, un movimento centrale standard viene sostituito, a prescindere, ogni mese/mese e mezzo».
CORNACCHIONE: «Con le Pinarello usiamo le calotte esterne su base filettataeper noi meccanici è una grossa fortuna, perché facilita la pulizia e le operazioni di controllo. Con questo sistema, praticamente non esiste manutenzione. Quando è necessario il movimento centrale viene sostituito. Ci sono corridori che sulle bici da allenamento vanno avanti un’intera stagione senza doverci mettere mano. A prescindere, la longevità dei cuscinettidel movimento centrale è soggetta a più variabili, ad esempio la pioggia, oppure la polvere, ma anche da come si lava la bicicletta».
Una specifica cromatica dei lubrificanti Muc Off, utilizzata dal Team Ineos
L’applicazione cambia anche in base ai modi di operare del meccanico
Una specifica cromatica dei lubrificanti Muc Off, utilizzata dal Team Ineos
L’applicazione cambia anche in base ai modi di operare del meccanico
Invece i cuscinetti delle pulegge del bilanciere posteriore?
TOSELLO: «In Astana abbiamo la gabbia CeramicSpeed,che necessita di un lubrificante dedicato per le sfere ceramiche. Questo olio specifico è applicato ogni giorno dopo la fine della gara e dopo aver pulito la bici. In generale, per le pulegge standard si utilizzano degli oli sintetici normali, senza caratteristiche particolari. La malizia è quella di non usare prodotti eccessivamente viscosi in questi punti, soggetti a sporcarsi in modo veloce».
CORNACCHIONE: «E’ una zona della bici tra quelle che si sporcano maggiorente. Si cerca di tenere pulite le pulegge del cambio usando un olio che mi piace definire fine, comunque con una bassa viscosità. L’obiettivo è quello di tenere lubrificato il componente, senza che questo attiri e blocchi lo sporco».
Le bici dei pro’, lavate con i getti per praticità, ma controllate ogni voltaLe bici dei pro’, lavate con i getti per praticità, ma controllate ogni volta
Per le gare del Nord gestite la lubrificazione in modo differente?
TOSELLO: «Anche in questo caso si cerca di valutare le condizioni ambientali. Lagestione cambia parecchio se dobbiamo affrontare delle strade polverose, rispetto al bagnato pesante. Al Nord la pioggia è sinonimo di terra e fango ed è necessario usare dei lubrificanti grassi, corposi e viscosi. In questi casi è impossibile evitare i problemi, ma si cerca di aumentare l’efficienza del comparto, cuscinetti e catena, portando la vita del lubrificante il più avanti possibile nella gara».
CORNACCHIONE: «Cerchiamo di adottare il compromesso migliore, sapendo che è impossibile che una catena e/o i cuscinetti restino lubrificatiin modo ottimaleper oltre 200 chilometri di polvere, acqua e fango».
Il controllo del movimento centrale obbliga alla rimozione della guarnituraIl controllo del movimento centrale obbliga alla rimozione della guarnitura
Quali operazioni sono necessarie dopo gare tipo Strade Bianche e Roubaix, Fiandre e le altre del Nord?
TOSELLO: «Dopo queste gare le bici sono tutte da smontare. Per essere sicuri di fare un bel lavoro e preservare alcune parti, noi meccanici dobbiamo lavare a fondo almeno 2/3 volte consecutivamente, ma spesso i cuscinetti, le sfere e le catene sono irrecuperabili e sono da cambiare».
CORNACCHIONE: «Le biciclette vengono lavate in modo accurato ed approfondito, anche quelle che sono rimaste inutilizzate e sulle ammiraglie. Talvolta una singola bici subisce diversi lavaggi consecutivi. Se c’è il tempo, il giorno successivo si smontano i cuscinetti dello sterzo e le calotte del movimento centrale. Si interviene dove è possibile, si sgrassa con uno spray apposito e si lubrifica profondamente. In particolare dopo le gare del Belgio, quelle bagnate e fangose,la catena si butta, per evitare problemi che si possono presentare nella gara successiva».
Le ruote Corima MCC sono completamente in carbonio e sono fatte a mano nella fabbrica transalpina di Loriol. Sono un prodotto d'eccellenza e da quest'anno fanno parte della dotazione del Team Cofidis. Siamo stati in visita nell'azienda francese e abbiamo chiesto a Guillaume Martin di raccontarci le prestazioni delle sue MCC
Un po’ per tifo, un po’ perché Pippo indossava la maglia iridata e un po’ perché oggettivamente si restava ammaliati da questo pacchetto “uomo + macchina”, gli occhi erano tutti sul corridore della Ineos-Grenadiers.
Misure riportate al millimetro. Matteo Cornacchione ci stava lavorando già dalla notte prima della crono. Bellissimo l’iride sulla forcellaMisure riportate al millimetro. Cornacchione ci stava lavorando già dalla notte prima della crono. Bellissimo l’iride sulla forcella
Nuovi colori
Una giornata breve in gara (13,9 chilometri), ma lunga nel complesso: dalla ricognizione del mattino, ai massaggi serali. Una giornata ancora più lunga per i meccanici. E quello che si è preso cura della Bolide di Ganna è stato Matteo Cornacchione, un vero “mastro” dell’officina.
«Abbiamo presentato una bici “nuova” – racconta Cornacchione – bellissima. L’azzurro delle precedenti bici è bello, tra titoli europei, mondiali… ma con la maglia iridata bisognava far qualcosa di più, un qualcosa di diverso. E così Pippo e Fausto (Pinarello, ndr) ci stavano lavorando già da un po’. Poi anche Elia (Viviani, ndr) ci ha messo lo zampino. Lui è quello dello stile!
«Niente oro, perché su strada non è campione olimpico, anche se gli sarebbe piaciuto inserirne un po’. Quella color oro la userà su pista. E’ stato scelto un fondo bianco perla che esaltasse la maglia iridata».
La Pinarello Bolide con il colore bianco perla a fare da base
Le scritte che ricordano i successi iridati di Top Ganna contro il tempo
La Pinarello Bolide con il colore bianco perla a fare da base
Le scritte che ricordano i successi iridati di Top Ganna contro il tempo
Set collaudato
La prestazione di Ganna è stata superba. E’ anche vero, come sostiene Cornacchione, che il percorso era parecchio adatto alle caratteristiche del piemontese. Ma lui è stato fenomenale nel mettere insieme tutti i tasselli e a farlo alla perfezione. Merito anche di un setup rodato.
«La Bolide – riprende Cornacchione – colori a parte, era identica nelle misure, del telaio e della posizione. Sapete quanto costano i manubri 3D (circa 14-15.000 euro l’uno, ndr) e così ne ho smontato uno da una “vecchia” bici e l’ho rimontato su quella di ieri. Tutto era come sempre.
«Pedivelle da 175 millimetri, pedali Shimano Dura Ace normalissimi e rapporto 58×11. Su un percorso del genere si sarebbe potuto anche osare il 60, ma Pippo ci si allena anche con il 58: ne conosce bene sensazioni e cadenze. E poi nella prima parte fino all’intermedio c’era vento in faccia. Forse il 60 gli sarebbe stato utile nel ritorno, ma magari non avrebbe reso tanto perché si sarebbe “impastato” le gambe. Vedendo le velocità, 58-59 all’ora, e i watt che faceva è stata la scelta giusta».
Ganna in azione. Dietro in ammiraglia s’intravede Cioni. Cornacchione è seduto dietro di lui, pronto ad intervenireGanna in azione. Dietro in ammiraglia s’intravede Cioni. Cornacchione è seduto dietro di lui, pronto ad intervenire
Princeton all’anteriore
In una crono del genere quel che conta molto era la ruota anteriore. Data per scontata la lenticolare al posteriore, con il vento che soffiava dal mare bisognava ponderare bene quale scegliere. Evenepoel per esempio aveva optato per una ruota molto alta (100 millimetri?), tra l’altro una ruota misteriosa a quanto pare visto che dal team nessuno ha voluto chiarire di che profilo si trattasse, e complice anche la fatica nel finale Remco “dondolava” un po’. Pippo invece no: era un fuso.
«Davanti – riprende Cornacchione – ha scelto una Princeton Wake con profilo differenziato 75-80 millimetri. Poco prima Viviani aveva usato la AeroCoach che è un po’ più alta: tutta 80 millimetri. Alla fine Pippo ha scelto questa.
«Le gomme? Tubeless da 25 millimetri gonfiati a 7 atmosfere».
La pressione sinceramente visto il percorso e il peso di Ganna ce l’aspettavamo un po’ più alta…
«Meglio non andare oltre. Primo, perché la tenuta poi non è ottimale. Secondo, perché la strada era un po’ sconnessa. In un paio di occasioni Pippo ha preso delle buche che si è sentito quel rumore sordo dalla macchina.
«In ammiraglia abbiamo sospirato. Sembrava si spaccasse tutto (come poi accadde proprio su questo tracciato a Moscon nella cronosquadre di apertura di una Tirreno di qualche anno fa, ndr). In quel caso col copertoncino rischi la foratura, vai a pizzicare la camera d’aria. Il tubeless invece ammortizza di più».
La Princeton Wake 75-80 mm. Curioso: sul catalogo c’è solo quella da 60-65 mm, che sia nuova?
Poco prima di Ganna, Viviani aveva provato un set ruote leggermente più alte
La Princeton Wake 75-80 mm. Curioso: sul catalogo c’è solo quella da 60-65 mm, che sia nuova?
Poco prima di Ganna, Viviani aveva provato un set ruote leggermente più alte
In attesa del disco
Adesso resta solo l’ultimo step per quanto riguarda la Bolide: l’arrivo di quella con il freno a disco. E’ vero questa bici è ancora super efficiente. E la prestazione di ieri ne è stata l’ennesima dimostrazione, ma di certo arriverà il “cambio generazionale” anche per questa belva dal palmares pregiato.
In Pinarello ci stanno lavorando. Ai ragazzi del team ancora non è arrivata, ma come spesso accade il modello nuovo potrebbe arrivare prima del Tour de France.
Sarà curioso vedere come ci si troverà Pippo, non tanto per la frenata, quanto per il perno passante. Una soluzione che dovrebbe agevolare non poco un atleta con tanta potenza e di un certo peso come il campione del mondo.
Nelle scorse settimane abbiamo affrontato il discorso dei manubri più stretti. Abbiamo sentito corridori e costruttori, stavolta sentiamo anche cosa ci dicono i meccanici. Perché c’è un’altra cosa che in teoria merita una considerazione, vale a dire la lunghezza degli attacchi manubrio.
C’è una relazione effettiva tra il restringersi delle pieghe e la lunghezza dell’attacco? In teoria sì, perché per mantenere gli stessi angoli d’inclinazione del busto, la stessa distanza fra le leve e la punta della sella, questi attacchi dovrebbero allungarsi un po’. In teoria… Perché la realtà è ben diversa. E il discorso dell’attacco semmai riguarda più la tipologia del manubrio che non la sua larghezza.
Il manubrio integrato Vision Team SL è uno dei componenti più ricercati in casa Bahrain VictoriousIl manubrio integrato Vision Team SL è uno dei componenti più ricercati in casa Bahrain Victorious
Demarin della Bahrain
E questa nostra osservazione è condivisa da Massimo Demarin, meccanico della Bahrain Victorious. «Vero – afferma – in teoria con le pieghe più strette, per mantenere le stesse misure bisognerebbe allungare l’attacco, ma che io ricordi non ci sono stati atleti nel nostro team che hanno cambiato la loro misura dell’attacco per questa motivazione.
«Semmai, i più giovani vanno alla ricerca del manubrio largo solo 40 centimetri centro-centro e vogliono anche queste leve ruotate verso l’interno. Che dire… si adattano».
Così come, spiega Demarin si adattano al manubrio integrato, che in casa Bahrain utilizzano tutti, all’infuori di Dylan Teuns.
In questo team, il brand di riferimento per attacchi e manubri è Vision, la cui piega ha un avanzamento. Non è posta a 90° rispetto all’attacco. Anche chi non lo usava negli anni precedenti, sembra non aver cambiato la misura del suo attacco.
«No, perché alla fine questo offset è di circa 4 millimetri e ridurre l’attacco di un centimetro sarebbe troppo. I ragazzi sono bravi a trovare un compromesso».
In casa Astana c’è il manubrio integrato Wilier Filante, come la biciIn casa Astana c’è il manubrio integrato Wilier Filante, come la bici
Tosello dell’Astana
Gabriele Tosello, dell’Astana Qazaqstan ci dice proprio che: «La misura dell’attacco manubrio, non è cambiata per la sua larghezza quanto per il fatto che è integrato.
«Questa tipologia di piega è quella che va per la maggiore. Oggi all’interno di questo “blocco” passa tutto il cablaggio, anche quando si utilizza ancora il vecchio due pezzi. Noi abbiamo tutto made in Wilier e nel caso non dovessimo arrivare del tutto a certe misure, Fsa-Vision ci può fornire dei prodotti compatibili la misura richiesta».
Tosello dice che con l’integrato, specie per chi arriva da altri marchi, può esserci qualche differenza sulla profondità. In tal caso si interviene anche sull’attacco.
«Sulla base di questo ragionamento, qualche attacco l’ho cambiato – dice Tosello – ma parliamo di 5 corridori su una rosa di 30. Lo stesso Nibali è passato da un 120 millimetri ad un 110.
«E’ invece vero che si ha la tendenza a cercare pieghe più strette, però le richieste da parte dei corridori ci sono arrivate un po’ tardi e cercheremo di accontentarli al più presto. Per ora circa il 30% ci ha fatto richiesta di un manubrio da 40 centimetri centro-centro».
Il manubrio integrato di Most della Ineos Grenadiers, ci sono due versioni: il Talon Aero 1k Di2 (in foto) e il Talon Ultra LightIl manubrio integrato di Most della Ineos Grenadiers, ci sono due versioni: il Talon Aero 1k Di2 (in foto) e il Talon Ultra Light
«Noi lavoriamo con la linea Most di Pinarello – dice – e per fortuna adesso abbiamo le misure “tonde”, 120, 130, 140… Un anno abbiamo avuto anche quelle intermedie, tipo le 125, 135… ma c’erano troppe pieghe. Ognuna con sei misure: era un bel caos. Ad un certo punto il team ha deciso di fare solo le misure “tonde”.
«In squadra solo Adam Yates,che è piccolo, usa l’attacco da 140, altrimenti sono tutti sul 120-130, segno che si trovano bene con le misure delle bici. Yates invece ha voluto il telaio super piccolo e ha questa misura. Il che è un po’ paradossale se pensiamo che un gigante come Ganna ha un attacco da 130.
«Ormai i nostri corridori hanno tutti l’integrato. E devo dire che esteticamente mi piace molto. Non ci sono fili esterni e vi passano tutti i cablaggi. Tutto è molto pulito. Anche la messa del nastro con quello “scalino” termina para alla piega. Su 30 atleti solo Luke Rowe ha preferito restare fedele al doppio pezzo».
«Sul fatto della misura più stretta – prosegue Cornacchione – devo dire che anche i nostri hanno iniziato a dare uno sguardo, però la guida non è la stessa. In una corsa come l’UAE Tour può anche andare bene, ma in una tappa dei Paesi Baschi? Per dirne una…
«I nostri corridori per ora non hanno cambiato le larghezze ideali per le loro spalle, tuttavia è stato fatto qualche test in pista per verificarne i vantaggi. Qualcuno ha provato, i più giovani soprattutto. Chi è pro’ da 3-4 anni è rimasto fedele alla sua misura».
Yates con la sua bici piccola, “cade” molto in avanti con le spalle con l’attacco da 140 millimetriYates con la sua bici piccola, “cade” molto in avanti con le spalle con l’attacco da 140 millimetri
Attacchi classici addio
Ciò che emerge alla fine sono due elementi in particolare. Il primo: più che un cambio delle misure degli attacchi manubri in base a quelle delle piega, si assiste ad un abbandono dell’attacco tradizionale a vantaggio dei manubri integrati. Il secondo: i corridori si adattano molto più di quel che sembra, specie se devono utilizzare prodotti che li possono favorire… Anche se questo vantaggio molto spesso è psicologico e per assurdo certe scelte potrebbero penalizzarli.
Un manubrio integrato concede meno regolazioni. Questo vuol dire che tocca al corridore adattarsi.
La domanda allora è quanto guadagnano in termini di psicologici e quanto poi “perdono” in termini di biomeccanica? Insomma un corridore con spalle larghe che monta una piega da 38 centimetri centro-centro (perché ci sono state anche queste richieste) sarà certamente più aerodinamico, ma sarà altrettanto efficiente nella respirazione? E quanto potrà guidare bene?
A crono, dove i numeri sono ben più tangibili questo aspetto è “più superato”, con la bici da strada siamo un passo indietro. Alessandro Mariano, biomeccanico di grido, ce lo aveva detto:«Non avete idea di quanto incida l’aspetto psicologico da parte degli atleti».
Grande lavoro in vista per Matteo Cornacchione e i meccanici della Ineos-Grenadiers. Molto probabilmente, perché l’ufficialità bisogna dirlo non c’è, lo squadrone di Sir Brailsford passerà al freno a disco. E la foto di apertura segna un bel “passaggio di consegne” fra il rim brake e appunto il rotore. Dalla Pinarello Dogma F12 alla Dogma F Disc, della quale abbiamo già potuto ammirare qualche apparizione in questo scorcio finale di stagione.
Matteo adesso si sta godendo i primi giorni di riposo perché a fine novembre, come accennato, è chiamato al blocco più importante di lavoro di tutto l’anno: montare le bici per la stagione a venire.
Ma un conto è partire con il materiale che si è già utilizzato e le sue evoluzioni e un conto è con del materiale nuovo. Per la Ineos infatti si prevede nuova bici e nuovo gruppo, lo Shimano Dura-Ace a 12 velocità.
Matteo Cornacchione in uno dei tre camion-officina della Ineos-GrenadiersMatteo Cornacchione in uno dei tre camion-officina della Ineos-Grenadiers
Una valanga di bici
«Se ci dicessero che dal 1° gennaio useremo solo bici con freno a disco sarebbe una bella mole di lavoro – dice Cornacchione – Questo inizierebbe sempre a fine novembre, per essere pronti già nel ritiro di dicembre, ma tutto sarebbe nuovo. L’ordine minimo di telai, crono esclusa, è di 150. Consideriamo 4 bici per corridore e sono 120: una che tengono a casa, poi la bici con la quale gareggiano, la bici che va sulla prima ammiraglia e quella sulla seconda. A questo vanno aggiunti i telai di scorta. Solitamente succede che nel primo ritiro, c’è un corridore che magari è incerto tra due misure: gli si è ordinato una 55, ma magari aveva bisogno di una 54 e se ti chiede quella, devi averla. Quindi ecco che servono altre trenta bici.
«Noi abbiamo tre camion per tre attività diverse che possiamo fare contemporaneamente e su ogni camion ci sono almeno 50 bici e tutte le misure (ipotizzando un cambio di programma dell’ultimo minuto, ndr): dalla 46,5 di Porte alla 59,5 di Ganna».
Nel magazzino Ineos alle porte di Gent, dove tra l’altro poco distante c’è quello della Deceuninck, arriva tutto il materiale: telai, gruppi, ruote, gomme, ma anche vestiario, ciò che serve ai massaggiatori, vi rientrano mezzi ed ammiraglie… La gestione di ogni cosa pertanto diventa fondamentale.
«Tolta la bici d’allenamento, noi etichettiamo la prima, la seconda e la terza bici. Affidiamo ad ognuna un codice telaio e potenziometro. La scelta di questa scaletta? Non c’è. I corridori provano la seconda o terza bici solo prima dei grandi Giri, ma non tanto per verificare le misure quanto per vedere che tutto funzioni al meglio: cambio, frenata… magari il freno arriva a fine corsa o al contrario attacca subito. Operazione che con il disco sarà ancora più importante visto che certe regolazioni in corsa sono più complesse. Poi magari si, verificano anche piccole differenze di millimetri, se una sella non è perfettamente in bolla. Ma sono dettagli».
La pinza del freno a disco Shimano Dura-Ace 9200La pinza del freno a disco Shimano Dura-Ace 9200
Gruppo nuovo
Rispetto agli altri anni quindi Cornacchione e colleghi sono chiamati ad un super lavoro. Un passaggio che altre squadre hanno fatto in modo più graduale in passato. E a metterci il carico è anche il nuovo gruppo. Ma in questo caso potrebbe andare meglio.
«Con il 12 velocità credo che la cassetta 11-32 ormai non la toglieremo più! Sarà più o meno sempre quella. Va detto però che certe scelte spettano al management e non so cosa stiano decidendo, tanto più se si considera che ci sarà anche il set da 54-40. In ogni caso quando si parla di gruppi siamo sui 300, il doppio rispetto alle bici. Noi abbiamo per ogni atleta l’intero set di corone che ci mette a disposizione Shimano: 55, 54, 53, 52, 50 per quella grande. E 46, 44, 42, 39, 36, 34 per quella piccola. Ogni set è numerato per le tre bici di quel corridore che abbiamo in consegna noi tra camion e magazzino. Ogni tanto si provano e magari un ingranaggio va sostituito perché dopo una caduta si è storto un dente».
Una volta in magazzino, quando inizia il montaggio Cornacchione e i nove colleghi meccanici montano una ventina di bici a testa in meno di una settimana.
«Alla fine il grosso si fa lì, ma per la Befana, cioè per il secondo ritiro tutto deve essere pronto. E sì perché da quel momento in poi ci sono le bici per il Belgio. Se il management o Pinarello preparano telai particolari o specifici, manubri nuovi…».
Adam Yates ha fortemente voluto i tubeless (da 28 millimetri) per questo finale di stagioneAdam Yates ha fortemente voluto i tubeless (da 28 millimetri) per questo finale di stagione
Gomme e ruote
Ma forse il lavoro maggiore non è tanto nell’allestire le bici nuove, ma nelle ruote. E sì perché se fino a quest’anno si poteva partire anche con dei set “vecchi”, visto che il gruppo era identico, stavolta è molto probabile che si riparta da zero: gruppo nuovo e anche ruote nuove da parte di Shimano ed ecco altre 300 coppie di ruote minimo, solo per iniziare. Il corridore deve avere a disposizione ogni set, alto, medio o basso profilo che sia. Il tutto senza contare che Ineos ha anche l’opzione Lightweight e Princeton.
«Io credo – conclude Cornacchione – monteremo molti meno tubolari e più tubeless, a prescindere se partiremo o no con i freni a disco. Ormai la tendenza è questa. Ad inizio anno quasi non li volevano, adesso al Lombardia se li litigavano! AdamYates ha corso con dei tubeless da 28 millimetri all’Emilia, alla Milano-Torino e al Lombardia. Però per noi meccanici va bene. Meglio un po’ di sporco del liquido che il tanto sporco del mastice dei tubolari che poi per toglierlo serve la trielina e a fine giornata sei anche “ubriaco”!».
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Torniamo alla crono di Milano e alla ruota bucata di Ganna. Il racconto del meccanico Matteo Cornacchione svela quanto lavoro ci sia dietro un cambio bici
Andrea Bardelli fa improvvisamente un passo indietro e lascia il Team Ballerini a Luca Scinto. Qualcosa si è inceppato, ma le bocche sono ancora cucite
Ancora sulla Roubaix, ancora sulla prova coraggiosa e potente di Gianni Moscon. Il trentino stava volando verso il traguardo quando una foratura prima e una caduta poi gli hanno tarpato definitivamente le ali. Avrebbe vinto? Ci siamo posti ieri questo quesito. Per come stava andando e visto anche che Van der Poel, il maggior motore degli inseguitori, non era riuscito a fare la selezione probabilmente sì. In fin dei conti Gianni teneva alla grande nei tratti di asfalto e a volte guadagnava su quelli in pavè. Guadagnava, almeno fino al cambio di bici. Perché da quel momento le cose non sono andate più come prima.
In Ineos hanno potuto provare per la prima volta il pavé della Roubaix con la F Disc solo pochi giorni prima (e con l’asciutto)In Ineos hanno potuto provare per la prima volta il pavé della Roubaix con la F Disc solo pochi giorni prima (e con l’asciutto)
Cambio bici fatale
Da quando ha inforcato la Pinarello Dogma F Disc “fresca di ammiraglia” Moscon non ha più guidato come aveva fatto fino al settore precedente. E si è visto appena è entrato sul pavè: un grande sobbalzo, tante scodate e in generale un atteggiamento più rigido. La nostra idea, cioè che molto fosse dipeso dalle gomme, trova riscontro nelle parole di Matteo Cornacchione, uno dei meccanici della Ineos-Grenadiers.
«Le due bici, quella che Gianni stava usando e quella sull’ammiraglia sono identiche – spiega Cornacchione – Nelle misure, nel montaggio e anche nelle gomme. Solo che quella di Gianni macinava chilometri e fango da un bel po’ e il feeling potrebbe essere stato diverso. In teoria la bici nuova sarebbe dovuta andare meglio in quanto era più pulita e la catena era ben lubrificata, ma qualcosa è cambiato nella pressione delle gomme».
Gianni prima del cambio bici…
E dopo… Le due bici sembrano identiche ma riguardo alle gomme non è così
Gianni prima del cambio bici…
E dopo… Le due bici sembrano identiche ma riguardo alle gomme non è così
Pressioni “apparentemente” uguali
Ed è proprio su questo aspetto che vogliamo insistere. Si sa che con tutti quei sobbalzi la pressione diminuisce col passare dei chilometri. Di conseguenza cambia la sensibilità del “pilota”. Anni fa nelle ricognizioni con Pozzato e il meccanico Enrico Pengo, vedevamo che individuavano una pressione e poi aggiungevano mezza atmosfera, proprio in previsione del calo.
«Non posso parlare di pressioni – dice apertamente Cornacchione – è una politica di squadra, ci tengono molto, tuttavia le gomme sporche in qualche modo si erano adattate al terreno».
E questa cosa è vera: per una questione di umidità, di consumo, di “posizione” dello sporco sul battistrada. E’ qualcosa che in Mtb avviene molto spesso.
«E anche Gianni – riprende il meccanico – si è adattato a quelle gomme e a quella guida. Lui magari è partito con 5 atmosfere e in quel momento, verso fine gara magari era sceso a 4,4. Una perdita, graduale, di 0,6-0,7 atmosfere. Una perdita normale a 20 chilometri o poco più dal termine. Mentre la pressione delle gomme sulla bici nuova era a 5 atmosfere come da programma, come in partenza. Quella non aveva subito le stesse sollecitazioni. Si dovrebbe farle scendere un po’, ma non è facile in corsa… Inoltre bisogna pensare che nel primo tratto (90 chilometri, ndr), la Roubaix è veloce, non prevede pavè e i corridori non vogliono scendere troppo con le pressioni, sprecherebbero troppe energie».
La tubeless Gran Prix 5000 S Tr è una delle ultime gomme entrate in gamma in ContinentalLa tubeless Gran Prix 5000 S Tr è una delle ultime gomme entrate in gamma in Continental
Prima Roubaix col tubeless
Ma che gomme e ruote aveva Moscon? Quanto le ha provate?
«Gianni ha utilizzato dei tubeless Continental da 30 millimetri e ruote Princeton Disk 50-55 (profilo ad onda che tra l’altro non risulta ancora nel sito del brand americano, ndr). I ragazzi avevano fatto dei test in precedenza, ma con dei tubolari, mentre il cambio radicale dei materiali, legato al passaggio al freno a disco, è avvenuto più tardi. L’anno scorso avevano i tubolari, quest’anno appunto con il passaggio al disco si è visto che il tubeless era meglio».
«Chi doveva fare la Roubaix o comunque certe gare in cui si sarebbe utilizzata la nuova bici con il disco, ha ricevuto la Dogma Disc già a casa. Alcuni di questi atleti hanno provato gli “assetti Roubaix” già all’Eurométropole Tour o al Gp Denain (gare che comunque Moscon non ha disputato, ndr). Certo, avere più esperienza con i materiali è meglio, ma viste le condizioni è stato difficile per tutti. I belgi sono avvantaggiati perché vivendo lì fanno i test ogni giorno praticamente. Sanno cosa va e cosa no».
Infine una domanda sul rake della forcella, che a volte si cambia proprio per la Roubaix preferendone una più “aperta”. «No – conclude Cornacchione – Gianni ha mantenuto quella con rake da 43 millimetri mentre Van Baarle aveva quella da 47. Tante volte è anche una questione di testa e se i corridori si trovano bene con un certo materiale preferiscono non cambiare».
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