La curiosa storia di Contessa, da diesse a massaggiatore

01.02.2025
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Ilario Contessa continua a rinnovarsi. Corridore, massaggiatore, direttore sportivo e di nuovo massaggiatore. Solo che stavolta il “pesce” è grosso. Il veneto infatti è approdato nella fila della Bahrain-Victorious, uno dei maggiori team del WorldTour.

Dopo una carriera passata tra ammiraglie e corse giovanili, Contessa ha deciso di cambiare prospettiva, tornando ad una mansione che di certo non gli era mai stata del tutto estranea. E così, dopo aver chiuso il capitolo da direttore sportivo alla Work Service, si è ritrovato ad avere tra le mani le gambe dei campioni della Bahrain-Victorious. Una storia di ciclismo, di amicizie e di legami che resistono nel tempo.

Adesso Contessa si trova a Lievin per i Mondiali di ciclocross, chiamato dal commissario tecnico Daniele Pontoni a prendersi cura degli azzurri. Un attestato di stima che dimostra quanto il suo ruolo, sia riconosciuto e apprezzato nell’ambiente. Ma come è nato questo nuovo capitolo della sua carriera?

Contessa (classe 1984) fra i suoi ragazzi alla Work Service lo scorso anno in veste di direttore sportivo
Contessa (classe 1984) fra i suoi ragazzi alla Work Service lo scorso anno in veste di direttore sportivo
Ilario, inizia una bella avventura…

Sì, sono molto contento. Ho cambiato mansione, ma sempre nel ciclismo, che è il mio mondo. Sono felice di essere rientrato da un’altra porta, grazie a tanti amici. Durante gli anni ti fai delle conoscenze e a volte si concretizzano in opportunità importanti.

Quali conoscenze?

Grazie a Pontoni, che mi ha fatto entrare nel giro già lo scorso anno al Mondiale gravel. E a Renzo Boscolo, che ha creduto in me e mi ha aiutato a firmare il contratto con Bahrain, tanto più ora che il Cycling Team Friuli e la development della Bahrain sono divenute una cosa sola.

Qual è il tuo ruolo adesso nella Bahrain-Victorious? Sei nella Devo o anche nel WorldTour?

Sono massaggiatore della Bahrain Victorious. Siamo tre ragazzi che seguono la devo, ma facciamo anche dei giorni con la WorldTour. Ho già un calendario stabilito con entrambe le squadre: principalmente seguo la devo, ma avrò anche una bella fetta di giorni con la WorldTour. In Spagna abbiamo fatto il primo ritiro tutti assieme, massaggiatori della prima squadra e della giovanile, con lo stesso metodo di lavoro. Adesso la stagione è iniziata e ci alterniamo tra le due formazioni.

E sempre Contessa in veste da corridore. Ilario ha corso fino al 2006, nella categoria U23
E sempre Contessa in veste da corridore. Ilario ha corso fino al 2006, nella categoria U23
Certo questo cambio di ruolo è curioso…

Ho fatto il direttore sportivo per 22 anni, ma ho sempre praticato anche la parte di massaggiatore. Già nei primi anni con il Cycling Team Friuli, 15 anni fa, andavo con Renzo Boscolo. Non ho imparato quest’inverno, ecco! E’ una competenza che ho sviluppato nel tempo. Come direttore sportivo non ho trovato una soluzione che mi convincesse e sono rientrato nel ruolo di massaggiatore.

Ilario, ti aiuta aver ricoperto gli altri due ruoli? Pensiamo al “giro delle stanze” che faceva il diesse, a come ti interfacciavi con lui quando eri un atleta e quando al contrario il giro delle stanze lo facevi tu. E ancora, a come t’interfacciavi con il tuo massaggiatore…

Ve lo confermo. Da corridore hai sempre un po’ di timore nel parlare con il direttore sportivo, mentre col massaggiatore ti confidi di più. Durante un’ora di massaggio racconti tutta la giornata. Il direttore lo vedi a cena o in ammiraglia, ma è difficile avere lo stesso tipo di rapporto. Il massaggiatore ha un ruolo più manuale, non decisionale, quindi i corridori si aprono di più. Però i ruoli vanno distinti: ora sono massaggiatore e basta. Conosco tanti ragazzi che seguo nel team di sviluppo e anche qualcuno nella WorldTour, come Edoardo Zambanini, che avevo alla Zalf. Queste connessioni aiutano.

Il WorldTour che hai trovato è come te lo aspettavi?

No, è ancora più grande di quanto pensassi. Io ho fatto tutte le categorie, dai giovanissimi alla continental all’alto livello, quando in Work Service avevamo Rebellin e Lucca, ma qui siamo due o tre spanne sopra. L’organizzazione, i mezzi, gli atleti, tutto è curato nei minimi dettagli. Abbiamo fatto un ritiro in cui devo e WorldTour erano insieme in tutto: allenamenti, massaggi, pasti, rifornimenti. Una sinergia incredibile.

Come una grande famiglia: WorldTour, devo, management e tutto lo staff insieme ad Altea, in Spagna. Contessa è parso entusiasta
Hai già incrociato Zambanini in ritiro allora?

Purtroppo no, quando sono andato in Spagna lui era già al Teide per un ritiro. Gli avevano cambiato i programmi. Ci siamo sentiti per telefono, così come con Pasqualon, che è della mia zona, ma non ho ancora avuto modo di rivederlo. Spero di incontrarli presto. Erano contenti che fossi lì.

Chi hai massaggiato tra i tuoi vecchi amici?

In Spagna ho seguito la devo e ho ritrovato ragazzi con cui ho già lavorato lo scorso anno al Giro d’Italia e al Tour Alsazia, come Capra, Olivo e Borgo. Proprio Borgo era alla Work Service, non con me, ma comunque l’ho incrociato nel percorso.

Da corridore a massaggiatore, la nuova avventura di Alessio Nieri

26.12.2024
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Il ciclismo, si sa, è una passione che non si abbandona facilmente. Alessio Nieri, ex corridore classe 2001, è stato costretto a chiudere la sua carriera agonistica a soli 23 anni, ma non era disposto a chiudere con lo sport che ama. Dalla scorsa primavera, Nieri ha intrapreso un percorso completamente diverso ma altrettanto coinvolgente e oggi è diventato uno dei massaggiatore della VF Group-Bardiani, la sua ex squadra da professionista.

«Ho scoperto che cercavano un massaggiatore e mi sono lanciato», ha detto con la sua consueta naturalezza e semplicità il giovane toscano. E così, dopo aver completato dei corsi ah hoc, Alessio ha fatto il suo ingresso nello staff tecnico dei Reverberi. Un’esperienza che, come scopriremo, gli permette di mettere a frutto le competenze acquisite in anni di ciclismo, da una prospettiva del tutto nuova.

Alessio Nieri aveva caratteristiche da scalatore puro. Ad inizio anno aveva provato ancora a correre nella fila della Work Service
Alessio Nieri aveva caratteristiche da scalatore puro. Ad inizio anno aveva provato ancora a correre nella fila della Work Service
Alessio, prima di tutto, come stai fisicamente dopo aver smesso di correre?

Bene dai, si può dire che sono quasi a posto. Qualche dolorino alla schiena c’è ancora, devo imparare a conviverci. Ma posso condurre una vita normale.

Come è nata l’idea di diventare massaggiatore?

La passione e l’interesse verso questa figura storica del ciclismo c’è sempre stata. Per l’arrivo in VF Group invece è andata che nei giorni del GP Larciano, quindi a settembre, sono andato a trovare i miei ex compagni. Ho scoperto che cercavano un massaggiatore, perché uno dei loro era passato alla Jayco-AlUla. Io nel frattempo avevo già studiato e completato il percorso questa estate.

Ce lo avevi in mente insomma…

Sì, sì… Anche a forza di fare esercizi mi ero appassionato. Quello del massaggiatore era un mio progetto. E anche durante il periodo Work Service, immediatamente dopo aver smesso qualche massaggio già avevo iniziato a farlo. Poi sempre di più nel corso dell’estate.

Hai un contratto insomma…

Più o meno sì, sono tornato a firmare come quando passai da corridore. Un giorno d’autunno sono andato nella sede del team e sono salito nell’ufficio di Bruno Reverberi, mi aveva accompagnato Luca Amoriello. Sono 150 giorni di lavoro, praticamente è come se fossi fisso. Ho la partita IVA e quando non sarò impegnato con la squadra, magari potrò fare qualche altro massaggio.

Come ti sei trovato in questa nuova veste con i tuoi ex compagni?

Alcuni corridori sono più giovani, ci sono anche ragazzi di 18 anni, mentre con gli altri ho un rapporto più di amicizia. I primi giorni è stato un po’ strano: ritrovarsi dall’altra parte fa capire cose che da corridore non notavi. Ma mi piace tanto questo lavoro e molti dello staff già li conoscevo.

Dopo un anno Nieri ritorna alla VF Group-Bardiani… nella veste di massaggiatore
Alessio Nieri aveva caratteristiche da scalatore puro. Ad inizio anno aveva provato ancora a correre nella fila della Work Service
Cosa c’è di strano nel passaggio da corridore a staff?

Da corridore vai in bici, mangi, ricevi i massaggi, riposi, ceni e vai a letto. Da staff il tempo passa più lentamente, hai molte più cose da fare. Quando sei corridore è tutto pronto per te, sei coccolato, e spesso non ti rendi conto di cosa c’è dietro le quinte.

Com’è stato fare i massaggi ai tuoi ex compagni?

Non ero nervoso, anzi è stata una bella esperienza. Il passaggio di ruolo è stato veloce, istantaneo direi, ma sono stato accolto bene. E ormai ho iniziato a fare parecchi massaggi.

Essere un freschissimo ex corridore ti aiuta in questo lavoro?

Sì e molto. Capisco subito le problematiche del corridore. In tre secondi riesco a individuare il problema e risolverlo. A volte neanche c’è bisogno di chiedere spiegazioni.

Hai già lavorato con tutti i corridori della squadra?

Sì, nel ritiro in Spagna ci siamo conosciuti e a turno abbiamo girato: tutti con tutti. Giusto così in vista della stagione.

Alessio è sempre stato affascinato da esercizi e massaggi: l’incidente dell’ottobre 2023 ha giocoforza aumentato questo suo interesse
Alessio è sempre stato affascinato da esercizi e massaggi: l’incidente dell’ottobre 2023 ha giocoforza aumentato questo suo interesse
C’è qualcuno più esigente?

No, più o meno sono tutti esperti in qualche modo e non hanno chissà quali richieste. Forse Fiorelli, il veterano, è un po’ diverso. Lui è esigente in tutto, anche con se stesso. Massaggiarlo è stato emozionante per me.

Ti hanno detto qualcosa di speciale?

Un po’ tutti mi hanno detto: «Chi lo avrebbe mai detto di ritrovarti qui a farci i massaggi?». Questa è stata la cosa più particolare. Ma davvero sono stato accolto bene. Loro conoscevano la mia storia…

Hai parlato di parecchio tempo libero in Spagna: sei riuscito a fare anche una pedalata?

No. Però è capitato che assieme agli altri dello staff abbiamo fatto una corsetta o una passeggiata tra Altea e Calpe. Sono bei posti e poi con i 20 gradi e il sole era un vero paradiso. Ma visto quanto c’era da fare direi che è andata bene così. Decisamente, nel complesso, è stata una bella esperienza.

Come sarà il tuo lavoro nel 2024? Sappiamo che ognuno ha dei corridori assegnati più o meno: tu conosci già i tuoi?

No, non ancora iniziato, da gennaio sapremo qualcosa di più e quindi i miei “corridori fissi”. Penso che farò più il calendario Under 23, quindi quello con il gruppo giovani di Rossato, anche perché Michel Piccot, il massaggiatore andato alla Jayco, era già con questo gruppo e sarei un po’ il suo sostituto naturale.

Il capitano e la bici del gregario: dietro c’è un mondo

11.07.2024
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L’altro giorno, verso Troyes, Jonas Vingegaard ha preso la bici di un compagno e con quella ha tirato dritto fino alla fine. Quella è stata la tappa degli sterrati, corsa a tutta velocità… ma la cosa ci ha fatto riflettere. Se oggi tutto è calcolato alla perfezione cosa comporta pedalare per 100 e passa chilometri su un altro mezzo?

E ancora. Si è letto e sentito che le misure di Vingegaard e Jan Tratnik (in apertura la foto di Jonas con quella bici) fossero le stesse e che addirittura un gregario nei grandi team pedali con le misure del leader. Tratnik al contrario ha detto che il suo capitano, pensando proprio ad una situazione simile, in ritiro si era allenato con una bici che riproponeva le sue misure. Tutta questa carne al fuoco ci ha fatto riflettere.

Cornacchione, meccanico della Ineos Grenadiers, ha detto che il leader sa sempre prima di una tappa chi deve cedergli la bici in caso di guasto
Cornacchione, meccanico della Ineos Grenadiers, ha detto che il leader sa sempre prima di una tappa chi deve cedergli la bici in caso di guasto

Parola al meccanico

Per capire meglio come funzioni il cambio di bici, in generale e non riferito al caso Vingegaard-Tratnik, ci siamo rivolti a Matteo Cornacchione, meccanico della Ineos Grenadiers.

Matteo, ma quindi è vera questa cosa che al gregario vengono modificate le proprie misure in favore del capitano?

No, ogni corridore ha la sua bici. O almeno da noi non è così. I direttori sportivi danno però delle indicazioni.

Cioè?

Solitamente si indica al capitano il corridore che ha la misura e l’altezza di sella più vicine sia in basso che in alto. Faccio un esempio, l’altro giorno verso Troyes a Carlos Rodriguez che è il nostro capitano è stato detto che in caso foratura il primo corridore cui fare riferimento era Bernal. Egan infatti ha la sella più bassa di soli 2 centimetri. L’alternativa in alto è De Plus. Quindi comunichiamo sempre l’uomo di riferimento per il cambio bici in corsa.

Nel limite delle possibilità c’è un uomo “più adatto” a seconda delle tappe?

Sì, infatti l’altro giorno un’altra buona alternativa, sempre riprendendo l’esempio di Rodriguez, era Kwiatkowski. Comunque prima di un grande Giro i capitani vengono avvertiti su chi ha misure simili.

Carlos Rodriguez ha avuto il più possibile vicino Bernal durante la tappa dello sterrato. Il colombiano era pronto a cedergli la bici in caso di necessità
Rodriguez ha avuto il più possibile vicino Bernal durante la tappa dello sterrato. Il colombiano era pronto a cedergli la bici
Ovviamente Matteo parliamo di casi limite, quando non è possibile cambiare la bici normalmente…

Certo, anche dopo il passaggio di bici da un gregario ad un leader, l’idea è di cambiare la bici appena possibile. Ma l’altro giorno, con il gruppo esploso in quel modo l’ammiraglia era 3′-4′ dietro. Meglio adottare questa soluzione che attenderne l’arrivo.

Hai parlato di corridori ben consapevoli delle misure: per caso fornite anche la chiavetta per certe corse?

Noi la diamo sempre, i nostri hanno in tasca la brugola. Anche per la sostituzione della ruota. Tra l’altro i ragazzi sono informati sempre di un eventuale extra supporto a bordo strada. Guadano Veloviewer e gli dicono: «Fra un chilometro c’è il cambio ruote». Nella tappa di Troyes avevamo ulteriori 14 extra feed venuti dal Belgio. Ognuno aveva un set di ruote montate con gomme da 32 millimetri e anche una borraccia.

La tecar uno dei trattamenti usati in caso di forte stress post tappa (foto Instagram)
La tecar uno dei trattamenti usati in caso di forte stress post tappa. In foto Cosentino

Parola al massaggiatore

Ma se questo è il punto di vista del meccanico, dal punto di vista fisico e muscolare cosa succede quando un atleta che all’improvviso cambia bici e quindi misure? Un corridore pedala per circa 30.000 chilometri in un anno: va da sé che c’è uno shock. Di questo aspetto parliamo con Emanuele Cosentino, fisioterapista e massaggiatore della VF Group-Bardiani.

Quindi, Emanuele, è un bello shock per le catene cinetiche? Per i muscoli?

Ne risente la postura in primis. Un corridore parte con una bici che ha determinate misure, le sue misure, quindi con degli angoli ben precisi che lo mettono in condizioni di efficienza, muscolare, aerodinamica e biomeccanica massima. Il muscolo lavora bene. Appena cambia bici, le cose si complicano.

E cosa succede?

Se ci si pedala per 10 chilometri, poco o niente. Se invece la durata è superiore, la prima parte che ne risente è la schiena, poi il collo e la pedalata non è più “rotonda”. Inevitabilmente si creano degli scompensi.

Ti è mai capitato di manipolare un corridore dopo aver cambiato una bici in corsa?

Proprio in corsa no, ma è successo che un atleta pedalasse con una bici più bassa di ben 3 centimetri. E le problematiche maggiori non emergono subito, ma il giorno dopo. 

Insomma, Vingegaard è stato fortunato che il giorno dopo ci fosse il riposo?

Direi di sì. Poi c’è anche chi subisce di meno e chi di più questo stress. Ma di fronte a dei dolori simili oltre al massaggio si lavora con la tecar e i trust.

Il ginocchio è tra i punto del corpo che risente maggiormente di un cambio improvviso di bici, specie in caso di sella più bassa
Il ginocchio è tra i punto del corpo che risente maggiormente di un cambio improvviso di bici, specie in caso di sella più bassa
Senza scendere troppo nel dettaglio, cosa succede se il corridore pedala con la sella più bassa?

Ne risentono soprattutto le ginocchia e la zona lombare. Il quadricipite va a sollecitare il ginocchio in modo diverso, più stressante in quanto gli angoli sono più chiusi. Riguardo al collo in invece, molto dipende dalla lunghezza. Ma se la bici è troppo corta ci potrebbe essere un intorpidimento delle mani. E anche dei piedi.

E se la sella è più alta?

Sempre problemi lombari, ma stando più in punta di sella lavorano di più altri muscoli, come per esempio i polpacci e tutta la zona del bacino, che tra l’altro bascula di più. Inoltre la zona del collo, l’elevatore della scapola, le spalle… sono più sollecitati. E molto dipende anche da quanto è più lunga la bici. Davvero è un discorso vastissimo. E per questo rispettare la propria biomecanica al giorno d’oggi è fondamentale.

Di certo, visto come è andato ieri Vingegaard deve aver recuperato bene!

Nuove posizioni, spuntano i dolori articolari

26.06.2023
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Qualche giorno fa, Federico Morini, per tutti Fred, massaggiatore ed osteopata della nazionale italiana, ci aveva parlato del mal di gambe. I dolori dei corridori però sempre più spesso non sono solo muscolari, ma anche articolari. E spesso questi sono correlati.

Le motivazioni alla base di questi “nuovi dolori” sono legati soprattutto alle posizioni moderne, se è corretto dire così.

Morini ha anche un suo studio (Physio Sport Clinic a Città di Castello, in Umbria). Eccolo con Simone Consonni
Morini ha anche un suo studio provato (Physio Sport Clinic a Città di Castello, in Umbria). Qui, eccolo con Simone Consonni
Fred, a quanto pare i dolori articolari sono in aumento. E’ così?

Il ciclismo ha sempre vissuto una costante evoluzione. Lo vediamo nei sistemi di preparazione, nell’abbigliamento, nelle posizioni e tutto questo alla fine ricade sul corpo umano. Corpo che viene bersagliato dagli stress, siano essi prestativi che legati alla posizione, almeno per quel che riguarda questo argomento.

Entriamo dunque subito nel merito e inevitabilmente partiamo dalle posizioni appunto.

Negli ultimi 10-15 anni si è cominciato a parlare sempre più di biomeccanica. Si è cominciato a portare le bici, prima quella cronometro poi quella da strada, in galleria del vento e questo perché? Per estremizzare il gesto, per cercare di guadagnare più velocità possibile, quindi per sprigionare sempre più forza. E questo però comporta uno stress non da poco sul corpo, che alla lunga muta in patologia. 

Patologia?

Il corridore soffre di una patologia che può essere un’infiammazione, magari di un’articolazione e di conseguenza si finisce sui tendini. L’atleta avverte un dolore in una parte del corpo dovuta ad una specifica posizione che è costretto a tenere. Per esempio, a cronometro si estremizza il tutto e non solo in termini di velocità, ma soprattutto in termini di posizione appunto. E questo fa sì che a volte ti trovi a gestire l’atleta non più solo con il tradizionale massaggio.

Cos’altro serve?

Il massaggiatore attuale deve avere più competenze perché le problematiche moderne sono diverse. E’ anche osteopata, sa usare dei macchinari, deve saper gestire problematiche lombari o del ginocchio perché magari ha un’infiammazione ai tendini rotulei. Quando prima, lo stesso massaggiatore si occupava dei muscoli e basta.

Oggi il massaggiatore è anche fisioterapista e a volte osteopata. E deve saper utilizzare i macchinari
Oggi il massaggiatore è anche fisioterapista e a volte osteopata. E deve saper utilizzare i macchinari
Le nuove posizioni quindi incidono parecchio?

Oggi devi intervenire a 360 gradi. Per esempio devi saper intervenire sull’articolazione temporomandibolare, cercare di detendere quella zona perché le nuove posizioni costringono l’atleta ad atteggiamenti forzati per più ore. Idem per la cervicale per esempio. L’evoluzione della “specie ciclista” ha sì portato più prestazionima alla fine c’è un biglietto da pagare.

Per la foto di apertura abbiamo scelto Adam Yates, che pedala molto in avanti. Una volta si diceva: quando il pedale in avanti è parallelo al terreno, la perpendicolare per la rotula deve cadere sull’asse del pedale stesso. Adesso stanno parecchio più avanti.

Esatto, io sto portando avanti una ricerca con alcuni corridori, anche della nazionale, con gli under 23, con i quali ho fatto dei test più sofisticati utilizzando degli elettromiografi di superficie, per verificare le buone o cattive attivazioni muscolari. Per capire perché si è  è generata quel tipo di infiammazione sul ginocchio o quel tipo di dolore alla schiena. Molto spesso ci accorgiamo che i muscoli hanno subito un “over use”, perciò uno stress eccessivo che con un tradizionale massaggio non si riesce più a risolvere.

Perché?

Perché ti trovi di fronte ad una vera patologia. Per questo è necessario che tu, massaggiatore moderno, debba ampliare le tue competenze. Cerchi di comprendere meglio il “network” del corpo… Anche chi lavora attorno al ciclista, massaggiatori, osteopati, fisioterapisti, devono cercare di studiare meglio “chi è” il corridore. La scarpetta rigida: benissimo, ma così come la macchina di Formula 1 che è super rigida richiede poi tanto lavoro sul corpo del pilota, lo stesso sta accadendo sul ciclista. E non a caso le squadre ormai hanno più figure professionali, c’è un lavoro più sistemico, più complesso.

Fred, prima hai parlato quasi più di patologia che di stress muscolare del momento. Allora viene da chiedersi: ma come può un corridore che ha una patologia vincere un Tour o una Sanremo?

I corridori a volte sono costretti, così come gli altri professionisti dello sport, a convivere con una situazione patologica. Per i motivi che abbiamo detto: posizioni “forzate” o gesti ripetuti in condizioni estreme o non ottimali. Nel caso di un ciclista, questo magari ha un’infiammazione, ma mancano tre tappe alla fine di un Giro e devi gestire quel problema.

E come?

Prima di tutto cercando di tranquillizzare l’atleta il più possibile. Secondo, togliendogli il dolore, perciò devi lavorare su una vera patologia. Oltre al massaggio devi cercare di risolvere il problema che porta a quello stato infiammatorio… che per noi del settore viene definito patologia. Poi possono esserci anche altre forme di patologie.

Tipo?

Contratture o lesioni più gravi. Ma si spera sempre di non arrivare a quel punto, di lanciare prima l’allarme. In questo caso, l’essere un ex corridore, mi fa comprendere il vantaggio di avere attorno delle figure preparate per gestire queste situazioni e parlare con gli atleti.

Per prevenire insomma… Fred ci hai dato un quadro completo: materiali e posizioni più estreme portano a dolori articolari. Quali sono i punti più stressati per te?

La zona cervicale, quella del basso lombare e le ginocchia. Stando così schiacciati e compressi queste sono quelle che più ne risentono.

Il doloroso massaggio post Roubaix. Le dritte di Morini

11.04.2023
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Anche l’ultima Parigi-Roubaix ha messo in evidenza una fatica bestiale. All’arrivo tutti si buttavano sul prato del velodromo. I ragazzi erano sfiniti. E questo nonostante dei mezzi sempre più “confortevoli” ed efficienti sul pavè. Di contro si va più forte. E alla fine forse il discorso dei sobbalzi si compensa.

Al via di Compiegne abbiamo incontrato Federico “Fred” Morini, massaggiatore della nazionale. Fred era venuto da spettatore appassionato con un occhio dedicato soprattutto ai suoi due azzurri: Filippo Ganna e Jonathan Milan. Non a caso lo abbiamo intercettato al bus della Ineos Grenadiers di Pippo.

Federico Morini al via dell’ultima Roubaix. Fred è uno dei massaggiatori della nazionale
Federico Morini al via dell’ultima Roubaix. Fred è uno dei massaggiatori della nazionale
Fred, Colbrelli ci ha detto che dopo tre giorni le sue gambe post Roubaix erano ancora “distrutte”. Ci spieghi dunque com’è il massaggio post Inferno…

La maggior parte degli atleti, dopo la Roubaix, anche a distanza di qualche giorno, sentono dei dolori muscolari. Dolori che vanno dalle braccia, al corpo, alle gambe chiaramente. Questo perché subiscono scosse continue, vibrazioni incredibili e per qualche giorno, magari non i migliori perché sono forse i più adatti a questo percorso, sono messi male. 

Dunque ciò che diceva Colbrelli è vero: gambe messe male anche a distanza di giorni… E cosa sente il massaggiatore nei polpastrelli? Cosa c’è di diverso in quei muscoli?

Si sente una bella differenza. Si sentono tante contratture lungo il decorso muscolare. Ed è anche  l’atleta che te lo conferma mentre lo tocchi. Ti dice l’entità del dolore. E infatti è un massaggio che in alcuni casi può anche far male, come nella maggior parte dei casi.

Questo massaggio conviene farlo subito oppure meglio aspettare?

L’ideale è sempre meglio aspettare un po’, perché si riduce il trauma del tessuto. Poi magari il discorso non vale per tutti, ma per buona parte del gruppo sì. Meglio farlo a distanza di due o tre giorni. In più va considerato che oggi, a differenza del passato, abbiamo a disposizione dei macchinari elettromedicali che possono favorire la vascolarizzazione e quindi il rilassamento del tessuto e di conseguenza il passaggio delle mani sul muscolo.

Il massaggio post Roubaix prevede anche il trattamento della schiena
Il massaggio post Roubaix prevede anche il trattamento della schiena
Prima abbiamo accennato alla tecnologia: le nuove gomme, le pressioni più basse… Questo contribuisce a ridurre i traumi? Oppure le velocità maggiori pareggiano le cose?

Io credo che tutto sia utile. Ma credo anche che ci sia un fondamento ulteriore che va valutato ed è l’aspetto  mentale. Il fatto di poter contare sugli ausili, durante e dopo, aiuta mentalmente l’atleta stesso a subire meno la situazione.

Invece a livello di idratazione, di alimentazione c’è qualche accorgimento per favorire questo recupero?

Come per tutte le corse, devi prestare molta attenzione. Nel caso della Roubaix ancora di più perché la tensione muscolare, e non solo quella, è tanta. Il fatto di dover essere sempre molto vigili in gruppo, è fondamentale, e richiede energie. Senza contare che hai un percorso che è massacrante in tutti i sensi.

Noi pensiamo sempre alle gambe, ma finita la Roubaix quali altre sono le parti massacrate?

Molte! Tecnicamente lo chiamo sistema viscerale. Fondamentalmente è quello degli organi, perché una delle sensazioni peggiori dell’atleta quando pedala sul pavé è appunto la sensazione di avvertire che sta “perdendo” lo stomaco, l’intestino, tutto… Sono le vibrazioni, ma sono forti, tremende e prolungate.

Dei cibi acidi di cui parla Morini fa parte anche il caffè
Dei cibi acidi di cui parla Morini fa parte anche il caffè
Quindi tu massaggiatore cosa fai?

Si tratta tutto: dal collo al decorso della colonna vertebrale. Va trattato il decorso d’innervazione degli organi: va rilassato, va inibito… Bisogna cercare di riportarlo a una situazione di normalità più velocemente possibile. Anche perché la stagione non finisce dopo la Roubaix.

E quanto tempo ci vuole per riportare il tutto alla normalità?

Un po’ di ricerca è stata fatta anche su questo. E tra quello che è stato raccolto dai vari colleghi, sembra che una settimana sia il tempo ideale per recuperare completamente lo sforzo della Roubaix.

Ma in quella settimana però l’atleta pedala, si allena…

Assolutamente. Ripeto, la stagione non si conclude dopo la Roubaix. Oggi più che mai i ragazzi hanno un calendario molto fitto. Per molti di loro queste classiche sono il clou della stagione (e possono mollare un po’ di più, ndr), ma per altri c’è un periodo molto importante da affrontare. Di conseguenza già dopo due o tre giorni in cui si è fatto meno, si torna con il programma di allenamento normale. E’ un riadattamento vero e proprio. E a distanza di 4-5 giorni si torna a pedalare come se non si fosse corso. Ecco perché questo recupero deve essere veloce e concentrato. E non riguarda solo il riposo, ma anche l’alimentazione e tutto il resto.

E’ probabile che si cada in una corsa così… e anche questo aspetto va preso in considerazione nell’insieme del massaggio
E’ probabile che si cada in una corsa così… e anche questo aspetto va preso in considerazione nell’insieme del massaggio
Hai parlato di esercizio fisico e alimentazione. Che cosa bisogna fare?

Bisogna cercare di ridurre i cibi acidi (carni grasse, crostacei, salumi, affettati, formaggi, ndr) che ovviamente potrebbero continuare a portare una componente negativa riguardo al recupero. E poi bisogna dormire tanto e bene. Ed è importante nei primissimi giorni tornare in sella con un programma ben ponderato ai fini dello smaltimento dello sforzo accumulato.

E gli esercizi tipo stretching?

Allungamento posturale, correzione di tutti quelli che sono i vari scompensi che si sono creati perché, ahimé, in alcuni casi c’è anche da gestire qualche botta che si è presa a terra. Durante la Roubaix è facile cadere, anche più di una volta.

Mugnaini 2018

La storia del Re Leone attraverso le mani di Mugnaini

05.02.2022
5 min
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Ci sono due vite ciclistiche ben distinte, unite nella figura di Gabriele Mugnaini. La prima è quella di ciclista professionista, durata solo 6 stagioni dal 1973 al ’78, i primi 3 alla Filotex, gli altri alla Vibor, correndo al servizio di campioni come Bitossi, Zilioli, Moser e Visentini. Mugnaini era il classico gregario, sempre pronto a sacrificarsi per i suoi capitani, ma capace anche di qualche exploit come il secondo posto nel GP Industria e Artigianato nel 1977.

La seconda è quella da fisioterapista, con mani divenute nel tempo preziose, forti e delicate al tempo stesso, capaci quasi di parlare ai muscoli dei campioni massaggiati. Uno per tutti, Mario Cipollini, con il quale ha condiviso tante stagioni e soprattutto stati d’animo susseguenti a vittorie e sconfitte. Oggi Mugnaini, che l’11 febbraio compirà 72 anni, è in pensione ma spesso viene richiamato per la sua esperienza, ad esempio all’Eroica dove tutti vogliono attraverso un massaggio da esperto sentire anche i suoi racconti del bel tempo che fu.

Mugnaini Filotex 1975
Mugnaini ha militato per 6 anni fra i pro’, i primi 3 alla Filotex. E’ nato l’11 febbraio 1950
Mugnaini Filotex 1975
Mugnaini ha militato per 6 anni fra i pro’, i primi 3 alla Filotex. E’ nato l’11 febbraio 1950

Il lungo massaggio a De Vlaeminck

La sua storia di massaggiatore iniziò grazie all’interessamento di un corridore che sapeva di questa sua passione e gli suggerì di farne un lavoro: Bruno Vicino, il campione del mondo degli stayer. «A quei tempi i soldi per chi correva erano pochi – ricorda l’aretino di Montemignaio – per me era una svolta per la mia vita e sarei anche rimasto in quell’ambiente. Sapete chi fu il primo a capitare sotto le mie mani? Un certo Roger De Vlaeminck, alla Gis. Ero così emozionato, quello che lo massaggiava abitualmente non poteva. Ricordo che ci misi 18 minuti per una gamba e 13 per l’altra, un’eternità… Lui alla fine sorridendo mi disse: «La prossima volta ti compro una sveglia…”».

La sua storia di massaggiatore è legata a doppio filo a quella del Re Leone: «Con Cipollini abbiamo cominciato alla Del Tongo. Era ancora molto giovane, in quella squadra incentrata su Saronni, anche lui curato da me, ma saltuariamente. Ricordo una volta in Puglia, aveva dovuto tirare la volata a Lecchi, mentre lo massaggiavo mi disse serio: “Tra un anno li mangio tutti…”. Sapeva bene quel che voleva…».

La sicurezza di Cipollini

Tutti nell’ambiente dicono che Cipollini avesse un carattere difficile, davanti ai suoi occhi Mugnaini ne ha viste di tutti i colori: «Dicevano che era un montato, invece era semplicemente uno concentrato sul suo lavoro a livelli estremi. Poi sì, il carattere era fumantino, è chiaro. Quando le cose andavano bene si scherzava anche durante il massaggio, al contrario era inavvicinabile, scontroso e si doveva fare silenzio. Bisognava starci insieme 10 mesi l’anno per conoscerlo, ma avevamo il nostro equilibrio, sapevo quando e come prenderlo».

Al di là degli episodi, Mugnaini ha un’idea precisa su Cipollini: «Era un precursore rispetto al ciclismo di oggi. A dicembre si partiva per il Sud Africa, erano in programma 10 giorni ma se le cose andavano bene si restava molto di più. Avevamo un ristorante di riferimento, italiano, dove lo conoscevano bene e in quei giorni era davvero una compagnia piacevole. Ma quando si cominciava ad avvicinare l’obiettivo, era il massimo della concentrazione. E questo suo spirito è stato d’insegnamento a tanti: alla Saeco tutti erano mentalmente indirizzati verso l’obiettivo, non si sgarrava».

Mugnaini rifornimento
Negli anni Mugnaini è sempre rimasto nell’ambiente, prodigandosi al di là del lavoro di fisioterapista
Mugnaini rifornimento
Negli anni Mugnaini è sempre rimasto nell’ambiente, prodigandosi al di là del lavoro di fisioterapista

Mugnaini, psicologo al bisogno…

Il massaggio del dopo gara, al di là del puro aspetto fattuale, era una sorta di “camera caritatis”: «Il massaggio durava anche più di un’ora, nella quale Mario si sfogava su tutto quel che era avvenuto. Io lo lasciavo parlare, era quello di cui aveva bisogno. Poi come detto c’erano le volte che non aveva voglia di dire nulla e altre che scherzava».

Qual è stata allora la volta che si è più arrabbiato? «Eh, non dimenticherò mai il giorno della Gand-Wevelgem del ’94. Va via una fuga importante con dentro anche Franco Ballerini, ma grazie al lavoro della squadra i corridori vengono ripresi a 3 chilometri dal traguardo. Invece di preparare la volata a Mario, Franco riparte con Wilfried Peeters, arrivano in due e perde. Cipo voleva la terza vittoria consecutiva, era furioso: arrivati al camper ci dice a tutti di scendere e si chiudono dentro loro due, le urla si sentivano per tutta la città…».

Cipollini Sanremo 2002
Dopo tante delusioni, finalmente Cipollini centra la Sanremo nel 2002 (foto Ansa)
Cipollini Sanremo 2002
Dopo tante delusioni, finalmente Cipollini centra la Sanremo nel 2002 (foto Ansa)

Il giorno più bello

Ci sono però stati anche momenti speciali: «La Sanremo del 2002, mai visto così contento. Quella era diventata una vera ossessione, partiva tante volte come favorito ma non riusciva mai a centrare l’obiettivo. Era al settimo cielo. E poi il mondiale: io c’ero, sin dal ritiro premondiale di Salsomaggiore. In squadra erano tutti concentrati, ma sotto sotto si temeva che Petacchi avrebbe fatto il doppio gioco, invece fu fantastico».

I rapporti con il tempo si sono diradati, ma non manca anno che non ci si veda: «Carube il meccanico suo e mio amico organizza una corsa a Lucca, non manchiamo mai ed è sempre bello ritrovarsi » . Come sarebbe allora Cipollini in carovana oggi? « Sarebbe ancora un innovatore, la preparazione era un chiodo fisso. Magari si scontrerebbe con chi fa cose che a suo modo di vedere non sono giuste, ma sarebbe un preparatore ideale, con tanto da trasmettere. Purtroppo con il suo carattere non si è fatto tanti amici…».

Il lettino di Moro, massaggi, ricordi, campioni e nostalgia

26.01.2022
7 min
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E’ stato Cassani a riportarlo in nazionale, in quello staff trasversale che segue gli azzurri in ogni angolo del mondo. Prima Luigino Moro, nella vita precedente iniziata dieci anni dopo aver smesso di correre e fino alla chiusura della Liquigas, è stato uno dei massaggiatori di riferimento del gruppo. E’ passato attraverso anni particolari del ciclismo. E’ stato uomo di fiducia di alcuni fra i più grandi italiani degli ultimi 30 anni. Da Bartoli al Pantani del 1998, per capirci, avendo cominciato con l’Italbonifica, poi la Carrera, la Mg Technogym, la Mercatone Uno, la Mapei, la Fassa Bortolo e appunto la Liquigas. Sorridendo ammette che lentamente sta tirando i remi in barca: è del 1956, è nato in Veneto ma vive a Forlì, è sposato con Silvia dal 1982, fra un paio d’anni potrebbe andare in pensione.

«Sono stato professionista con la Inoxpran dal 1979 al 1982 – racconta – poi ho iniziato la scuola di massofisioterapista e insieme per un po’ ho fatto il gruista del soccorso stradale, così ho preso tutte le patenti che mi sono tornate poi utili nelle varie squadre. Ho sempre avuto la passione per la fisioterapia, ma l’idea iniziale era di lavorare in ospedale. Solo che in quel periodo prendevano solo terapisti della riabilitazione e così mi sono rivolto nuovamente al ciclismo».

Luigino Moro è bellunese, ma vive a Forlì. Classe 1956, è stato professionista dal 1979 al 1982
Luigino Moro è bellunese, ma vive a Forlì. Classe 1956, è stato professionista dal 1979 al 1982
Si diceva e a volte si prova a ripetere che il massaggiatore sia il confessore del corridore…

Si diceva, all’inizio era così. Ultimamente sempre meno, ora il corridore che arriva sul lettino è sempre molto distratto dal cellulare. E’ raro che lo spenga, per cui il contatto personale si riduce. Bisogna adeguarsi ai tempi. In proporzione, ho lavorato meglio con le ragazze in ritiro…

Cioè?

Sono stato a Calpe al ritiro con la nazionale femminile per sostituire il loro massaggiatore fisso. E’ stata una bella esperienza, mi sono trovato benissimo. Anche loro venivano col cellulare, però nessuna lo ha mai usato. Mi hanno dato l’impressione di essere attente e partecipi al lavoro e in questo modo anche il massaggio è più efficace.

Bisogna adeguarsi ai tempi?

Il modo di comunicare è cambiato. I direttori sportivi mandano mail e whatsapp, si parla sempre meno. Per questo ho avuto i rapporti migliori con i vecchi corridori. Ancora adesso con Bartoli ci sentiamo spesso, ma forse i corridori giovani hanno un miglior rapporto con i massaggiatori della loro età. Io per alcuni di loro potrei essere tranquillamente il padre (ride, ndr).

Nel 1998, Luigino Moro è stato il massaggiatore di Pantani, vivendo con lui i mesi più belli
Nel 1998, Luigino Moro è stato il massaggiatore di Pantani, vivendo con lui i mesi più belli
Come mai Bartoli?

Siamo molto amici, anche con la famiglia, con mia moglie siamo stati padrini al battesimo di suo figlio Gianni. Per lavoro ci siamo incrociati spesso. Alla Mg Technogym, poi alla Fassa Bortolo e alla Mapei sino alla fine della sua carriera.

E poi Pantani…

Già quando nel 1991 correva alla Giacobazzi, a volte d’inverno veniva a casa mia per fare i massaggi. Poi lo trovai alla Carrera. Infine arrivai alla Mercatone Uno quando fu rifondata nel 1997, però Marco era con Pregnolato. Quando nel 1998 ci fu un assestamento e Roberto andò via, iniziai a seguirlo io. L’ho massaggiato per tutto il 1998, quando vinse Giro e Tour e fu un’esperienza incredibile, molto bella. Ho vissuto i momenti migliori di Marco, mi ritengo fortunato.

Com’era Marco ai massaggi?

Lui entrava e ascoltava il massaggio, come Bartoli. Corridori così sensibili ce ne sono stati pochi, mi viene in mente Rolf Sorensen con cui ho fatto tre mondiali. In quel periodo i cellulari stavano arrivando e comunque servivano solo per telefonare. I momenti che ho vissuto con Marco non saprei come definirli. C’era gioia e insieme l’emozione, sapendo tutto quello che aveva fatto per tornare grande. Si era fra il pianto e la gioia. In quel periodo Pantani parlava il giusto, per avere conferme alle sue sensazioni (in apertura, il massaggio di fine Tour 1998, ndr). Aveva attimi scanzonati, ma quell’anno era sempre molto concentrato. Poi tornò Pregnolato e io non ho più lavorato con lui.

Bartoli era più estroverso, a volte bisognava spegnere i microfoni…

Michele esternava tutto quello che gli passava per la testa. Si creò un bel rapporto perché ti coinvolgeva nelle sue preoccupazioni e nei ragionamenti. La visione di corsa con lui era molto più intensa, ti faceva entrare nella sua rabbia. Ricordo Plouay…

Si sentì tradito dalla Mapei, scagliò la bici nel box dopo l’arrivo, era nero…

Prima di quel mondiale, massaggiavo sia lui sia Bettini. Michele quel giorno era furibondo, si sentì tradito, ma solo loro due sanno come sia andata. Forse Paolo pensava di partire più avanti per tirargli la volata, difficile giudicare da fuori.

Il fatto di aver corso ti ha aiutato nel tuo lavoro?

Credo che quegli anni in bici siano serviti per dare agli atleti quello che era mancato a me quando correvo. Il massaggio era di 20 minuti quando andava bene, solo ai capitani andava meglio. Una volta si lavorava solo con le mani, senza tanti apparecchi. Giusto qualcuno usava delle lampade a infrarosso, ma il solo risultato era di riscaldare il muscolo.

Moro ha lavorato a lungo con Ferretti, qui nel 2003 con Petacchi: per lui ha grande stima
Moro ha lavorato a lungo con Ferretti, qui nel 2003 con Petacchi: per lui ha grande stima
Hai lavorato con grandi direttori sportivi…

Per Ferretti ho grande stima, lo ritengo uno dei migliori. Riis è stato un grande innovatore per la comunicazione e ha cambiato il modo di pensare del tecnico. Parsani aveva un bel rapporto con gli atleti e avendo corso insieme, ci intendevamo bene. Zanatta e Chiesa li ho sempre visti come due bravi ragazzi capaci di parlare con i corridori. Giannelli è stato il migliore sul piano della logistica.

In Belgio si parla ancora della tua pizza…

Quando andavamo nell’hotel di Piva (ride, ndr), visto che da ragazzino avevo lavorato come panettiere, capitava che mi chiedessero di fare la pizza. Poi con la venuta dei cuochi, hanno iniziato a mangiarne di migliori.

C’è stato anche un periodo in cui i massaggiatori venivano visti come i… pasticcioni del doping.

Purtroppo (dice dopo una piccola pausa, ndr) abbiamo avuto dei momenti non belli. Ma una volta stabilite le regole, si riusciva a restare anche tranquillo. Alcuni però non si sono attenuti e hanno combinato qualche pasticcio. Qualche bandito c’è stato, io per fortuna ho lavorato in squadre in cui i medici facevano bene il loro lavoro e noi ci siamo tolti un bel peso. In altre squadre invece tutto è continuato come prima. Io ho sempre ritenuto importante che ognuno rimanga nel proprio lavoro.

Ecco Moro, a destra, alla festa del 10 anni del mondiale di Cipollini
Ecco Moro, a destra, alla festa del 10 anni del mondiale di Cipollini
Luigino e la nazionale?

Non ho mai avuto il piacere di lavorare con Alfredo Martini, ma anche quando veniva alle corse sentivi la sua presenza. Su di lui hanno detto di tutto, ma è ancora poco per il carisma che aveva. Ballerini ascoltava tutti quanti, poi prendeva le sue decisioni. Con Bettini sono andato una sola volta in Australia, ma il bel rapporto che c’era da corridore è rimasto. Con Cassani, cosa dire? Ci allenavamo insieme. Io smettevo e lui cominciava. Vedremo con Bennati, che ho massaggiato alla Liquigas.

Pensi davvero alla pensione?

Per venire alle corse bisogna avere grande passione e io ce l’ho, anche perché lavorando a casa si guadagnerebbe certamente di più. Mi piace ancora essere in giro e con la nazionale faccio un numero di giornate giusto, un bel compromesso rispetto alle lunghe assenze dei team. Però mi sto facendo la bici nuova per riprendere quando avrò più tempo. Ho 65 anni, potrei andarci a 67,5. Si vede ormai l’arrivo, ma ci penseremo al tempo giusto.

Macchinari e massaggi, come integrarli? Chiediamo a Inselvini…

04.01.2022
4 min
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L’utilizzo dei macchinari durante i massaggi è diventato una consuetudine. Durante i grandi Giri e nei ritiri il fisico viene messo a dura prova. Il recupero da sempre è uno degli aspetti fondamentali per la performance del giorno dopo. Così come è importante la prevenzione da infortuni e la preparazione della muscolatura allo sforzo successivo. Come vengono integrati i macchinari e com’è cambiato il massaggio nel corso degli anni? Lo abbiamo chiesto a chi questo lavoro lo fa dai tempi memorabili della Carrera di Pantani e Chiappucci, e ora è in forza all’Astana Qazaqstan Team: Umberto Inselvini

Fabio Aru, Giuseppe Martinelli, Umberto Inselvini, Vuelta 2015
Fabio Aru, Giuseppe Martinelli, Umberto Inselvini alla Vuelta del 2015
Fabio Aru, Giuseppe Martinelli, Umberto Inselvini, Vuelta 2015
Aru, Martinelli, Inselvini: è la Vuelta del 2015
Come si decide se e quando utilizzare un macchinario?

Il mio è un lavoro di prevenzione più che altro, quello che facciamo noi massaggiatori è togliere delle contratture. In caso vengano usati dei macchinari, lo si fa sempre sotto consiglio del medico di squadra

E’ quindi il medico a deciderne l’utilizzo?

Si, è lui il responsabile della struttura sanitaria della squadra, noi massaggiatori dipendiamo sempre e comunque dal medico. Poi comunque contano anche la nostra esperienza e sensibilità, per capire in caso ci fosse da usare qualche macchinario di supporto.

Quali macchinari usi?

Io personalmente non utilizzo grandi macchinari a parte l’Indiba, che uso dal 2006. La uso per agevolare il recupero. Questo strumento quando venne commercializzato si chiamava Tecar, il simbolo era una mano. Significava che era l’operatore che interagiva con la macchina

Umberto Inselvini, Michele Pallini, Tour de France 2014
Umberto Inselvini assieme a Michele Pallini al Tour de France 2014
Umberto Inselvini, Michele Pallini, Tour de France 2014
Inselvini assieme a Michele Pallini, al Tour de France 2014
Sono trattamenti di routine al giorno d’oggi?

Si parla sempre di un complemento, non ci si affida totalmente. La nostra sensibilità è fondamentale perché oltre al fisico conosciamo anche l’atleta nella sua reazione allo sforzo fisico. La decisione dell’utilizzo non è obbligatoria ma passa da noi. 

Quali altre tecnologie utilizzi?

La Graston Technique®. E’ una tecnica di mobilizzazione dei tessuti molli, assistita da strumenti di acciaio. É come se fosse un massaggio miofasciale. Quando percepisci delle contratture, con questo strumento, si interviene più nello specifico. Si adattano a tutte le parti del corpo

Ci sono macchinari che non richiedono l’intervento del massaggiatore?

La pressoterapia è uno dei più comuni, viene usata sul bus quando finisce la gara. Sono due gambali che tramite un compressore si gonfiano e sgonfiano, facilitando lo scorrimento dei liquidi e tossine verso le periferie. E’ un trattamento che migliora il sistema linfatico e circolatorio per ridurre la ritenzione idrica. Viene usata ogni tanto nelle tratte di trasferimento sul bus. 

Qui Inselvini ai campionati del mondo 1990 con Giovannetti (a sinistra), Bugno e Volpi
Qui Inselvini ai mondiali 1990 con Giovannetti (a sinistra) e Bugno
Ce ne sono alcuni che vengono sconsigliati per l’utilizzo autonomo?

L’allenatore, il preparatore e il medico consigliano sempre, cosa e quando utilizzarli. Se adoperati nel modo giusto gli strumenti possono aiutare. Per fare un esempio i martelli vibranti che si trovano in commercio ora in certe zone del corpo vanno bene, in altre no.  

L’evoluzione tecnologica avanza velocemente anche in questo ambito?

Si oltre alla crescita della tecnologia, ci sono più figure. Per esempio l’osteopata, è molto importante. Oppure per fare un esempio Marino Rosti che aiuta con stretching e yoga, sono ruoli che fanno la differenza all’interno di un team. 

Rispetto agli anni 80 quando hai iniziato, i progressi sono stati tanti?

Adesso gli atleti sono in condizione di dare il cento per cento sempre. Le strutture delle squadre sono ottimizzate. Noi stessi massaggiatori abbiamo più tempo per seguirli. Nei miei primi giri e tour in Carrera eravamo tre massaggiatori mentre ora in Astana siamo sei-sette. Si hanno circa due ragazzi a testa e si ha il tempo di fare tutto e gestire tutto il corpo con calma.

La “prima” di Boonen, il boato di Siena: Yankee racconta

26.12.2021
5 min
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Spesso i grandi racconti del ciclismo si consumano sui lettini dei massaggiatori. E tante volte restano segreti. Tra massaggiatore e corridore si crea un rapporto speciale, di vera fiducia. Il massaggiatore è anche il confidente dell’atleta. Non a caso i capitani, i grandi campioni, hanno il proprio “masseur”. Quello di sempre. Il caso emblematico è quello di Vincenzo Nibali e Michele Pallini. Storie simili però ce le può raccontare anche Yankee Germano che, seppur giovane, ne ha già visti passare di campioni sotto le sue mani: da Zabel ad Alaphilippe.

Peter Sagan, il primo super campione che Germano ha seguito con costanza
Peter Sagan, il primo super campione che Germano ha seguito con costanza

Sagan: “il” fenomeno

Udinese, classe 1978, Yankee è stato un corridore, ha corso fino ai dilettanti. Apparteneva alla scuderia di Roberto Bressan, oggi il Cycling Team Friuli.

«Ho avuto la fortuna di iniziare a lavorare subito dopo aver smesso di correre – racconta Germano – era il 2001 ed entrai a far parte della De Nardi – Pasta Montegrappa che nel tempo diventò la Milram. In quel gruppo ho visto passare gente come Frank Schleck e Kim Kirchen, anche se appartenevano agli under 23».

«Nel 2009 poi sono passato alla Liquigas e lì ho avuto tra le mani il mio primo super campione, Peter Sagan».

«Peter è stato, ed è, il fenomeno assoluto. Avere tra le mani questo sconosciuto che batteva i campioni fu un qualcosa di unico. Mi era capitato di massaggiare Zabel e Petacchi, cose che non capitano tutti i giorni, ma Peter era un qualcosa di diverso, di speciale… Un ragazzo molto semplice e alla mano. Forse neanche lui si rendeva conto di ciò che stesse facendo».

Gli anni con Boonen

Passano gli anni, Germano è sempre più apprezzato e nel 2016 approda alla corte di Patrick Lefevere alla Quick Step, lo squadrone belga ammirato e temuto da tutti. All’epoca dire Quick Step era come dire Tom Boonen.

«Per me Tom era un mito, anche se aveva due anni meno di me e lo vedevo solo alla TV. Fu un’emozione ritrovarmelo sul lettino. Con lui si strinse subito un buon rapporto. Lo massaggiavo molto spesso, a parte nelle classiche del Nord, in quanto lassù c’erano i massaggiatori belgi».

«Tom non parlava l’italiano, ma ci provava. Una volta in ritiro in Spagna si stava allenando davvero forte. La sera era stanco e quando toccava a me massaggiarlo il giorno dopo, rientrando dall’allenamento, mi diceva con un italiano abbozzato: “Yankee, gambe buone, oggi full gas”. E soddisfatto, mi dava una pacca sulla spalla. Era importante consentire ad un campione di quel calibro allenarsi bene.

«Un altro ricordo che mi lega a Boonen, ha un aspetto più tecnico. Un aspetto che mi ha colpito perché sono appassionato di bici e cioè la prima vittoria di una bici con freno a disco. Era il 2017 ed eravamo in Argentina. Tom fece una super volata, tra l’altro davanti a Viviani. Anche quella volta massaggiai io Boonen».

Viviani “vicino di casa”

Nella Deceuninck-Quick Step si sa sono passati moltissimi campioni, ma non solo stranieri. Uno di loro è stato Elia Viviani.

«Con Elia – dice Germano – c’è un’amicizia vera. E’ stato l’atleta con cui forse ho parlato di più. Con il fatto che viene spesso in Friuli a casa della sua compagna Elena Cecchini, ogni tanto usciamo anche insieme in bici. 

«Fu una vera forza quando vinse il campionato italiano su un percorso che non era adatto a lui. Quella volta era al top del top».

«Ed era in super condizione anche al Giro d’Italia del 2018, quando vinse la maglia ciclamino. Eppure voi giornalisti siete stati in grado di criticarlo lo stesso! Nella tappa di Imola che vinse Sam Bennett, Elia non fece la volata. Non era una frazione poi così facile, per di più pioveva e nel finale andò in crisi. Si staccò sullo strappo finale e arrivò con il secondo gruppo.

«Eravamo sul lettino per il massaggio e leggendo e ascoltando le critiche divenne nero. Il mattino dopo mi venne vicino e prima del via mi disse: “Oggi vinco”. E a Nervesa della Battaglia, nel suo Veneto, stravinse. Ci abbracciammo».

Stagione 2019. Arriva Alaphilippe e Piazza del Campo esplode. In 14 giorni vinse Strade Bianche, due tappe alla Tirreno e la Sanremo
Stagione 2019. Arriva Alaphilippe e Piazza del Campo esplode. In 14 giorni vinse Strade Bianche, due tappe alla Tirreno e la Sanremo

Alaphilippe a Siena

E adesso la stella è Julian Alaphilippe, il campione del mondo, anzi il doppio campione del mondo. Anche con “Loulou”, Yankee ha un buon rapporto e gli capita spesso di massaggiarlo.

«Con lui le emozioni vissute sono state tantissime – riprende Germano – ma la Sanremo e la Strade Bianche ancora di più, sono state da pelle d’oca. Quel giorno a Siena c’era un’atmosfera unica».

«Capisci quando sta bene perché Julian scherza molto. E quei giorni scherzavamo parecchio. Mi chiedeva dell’Italia, mi diceva che vedeva dei posti bellissimi, di come si mangiasse bene, mi chiedeva degli hotel dove saremmo andati. E si ricordava se la struttura aveva un buon ristorante o meno. E quando sta bene lo sento anche dalle mani. Sento che il suo muscolo è pronto, risponde bene. Una sensazione non facile da spiegare, ma il massaggiatore la sente».

«Julian invece non si sentiva al top, ma io sapevo che era a non meno del 99%. Quell’uno per cento me lo tengo sempre perché non si sa mai! Però non gli dissi niente, cosa che non faccio mai, per non influenzarlo. Non vorrei mettere qualche tarlo nella testa dell’atleta. Il giorno dopo Julian sulle strade diede spettacolo e vinse. Il boato della folla quando entrò in Piazza del Campo non lo scorderò mai. Sembrava di essere allo stadio. Come quando segna l’Italia ai mondiali».