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Nuove posizioni, spuntano i dolori articolari

26.06.2023
5 min
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Qualche giorno fa, Federico Morini, per tutti Fred, massaggiatore ed osteopata della nazionale italiana, ci aveva parlato del mal di gambe. I dolori dei corridori però sempre più spesso non sono solo muscolari, ma anche articolari. E spesso questi sono correlati.

Le motivazioni alla base di questi “nuovi dolori” sono legati soprattutto alle posizioni moderne, se è corretto dire così.

Morini ha anche un suo studio (Physio Sport Clinic a Città di Castello, in Umbria). Eccolo con Simone Consonni
Morini ha anche un suo studio provato (Physio Sport Clinic a Città di Castello, in Umbria). Qui, eccolo con Simone Consonni
Fred, a quanto pare i dolori articolari sono in aumento. E’ così?

Il ciclismo ha sempre vissuto una costante evoluzione. Lo vediamo nei sistemi di preparazione, nell’abbigliamento, nelle posizioni e tutto questo alla fine ricade sul corpo umano. Corpo che viene bersagliato dagli stress, siano essi prestativi che legati alla posizione, almeno per quel che riguarda questo argomento.

Entriamo dunque subito nel merito e inevitabilmente partiamo dalle posizioni appunto.

Negli ultimi 10-15 anni si è cominciato a parlare sempre più di biomeccanica. Si è cominciato a portare le bici, prima quella cronometro poi quella da strada, in galleria del vento e questo perché? Per estremizzare il gesto, per cercare di guadagnare più velocità possibile, quindi per sprigionare sempre più forza. E questo però comporta uno stress non da poco sul corpo, che alla lunga muta in patologia. 

Patologia?

Il corridore soffre di una patologia che può essere un’infiammazione, magari di un’articolazione e di conseguenza si finisce sui tendini. L’atleta avverte un dolore in una parte del corpo dovuta ad una specifica posizione che è costretto a tenere. Per esempio, a cronometro si estremizza il tutto e non solo in termini di velocità, ma soprattutto in termini di posizione appunto. E questo fa sì che a volte ti trovi a gestire l’atleta non più solo con il tradizionale massaggio.

Cos’altro serve?

Il massaggiatore attuale deve avere più competenze perché le problematiche moderne sono diverse. E’ anche osteopata, sa usare dei macchinari, deve saper gestire problematiche lombari o del ginocchio perché magari ha un’infiammazione ai tendini rotulei. Quando prima, lo stesso massaggiatore si occupava dei muscoli e basta.

Oggi il massaggiatore è anche fisioterapista e a volte osteopata. E deve saper utilizzare i macchinari
Oggi il massaggiatore è anche fisioterapista e a volte osteopata. E deve saper utilizzare i macchinari
Le nuove posizioni quindi incidono parecchio?

Oggi devi intervenire a 360 gradi. Per esempio devi saper intervenire sull’articolazione temporomandibolare, cercare di detendere quella zona perché le nuove posizioni costringono l’atleta ad atteggiamenti forzati per più ore. Idem per la cervicale per esempio. L’evoluzione della “specie ciclista” ha sì portato più prestazionima alla fine c’è un biglietto da pagare.

Per la foto di apertura abbiamo scelto Adam Yates, che pedala molto in avanti. Una volta si diceva: quando il pedale in avanti è parallelo al terreno, la perpendicolare per la rotula deve cadere sull’asse del pedale stesso. Adesso stanno parecchio più avanti.

Esatto, io sto portando avanti una ricerca con alcuni corridori, anche della nazionale, con gli under 23, con i quali ho fatto dei test più sofisticati utilizzando degli elettromiografi di superficie, per verificare le buone o cattive attivazioni muscolari. Per capire perché si è  è generata quel tipo di infiammazione sul ginocchio o quel tipo di dolore alla schiena. Molto spesso ci accorgiamo che i muscoli hanno subito un “over use”, perciò uno stress eccessivo che con un tradizionale massaggio non si riesce più a risolvere.

Perché?

Perché ti trovi di fronte ad una vera patologia. Per questo è necessario che tu, massaggiatore moderno, debba ampliare le tue competenze. Cerchi di comprendere meglio il “network” del corpo… Anche chi lavora attorno al ciclista, massaggiatori, osteopati, fisioterapisti, devono cercare di studiare meglio “chi è” il corridore. La scarpetta rigida: benissimo, ma così come la macchina di Formula 1 che è super rigida richiede poi tanto lavoro sul corpo del pilota, lo stesso sta accadendo sul ciclista. E non a caso le squadre ormai hanno più figure professionali, c’è un lavoro più sistemico, più complesso.

Fred, prima hai parlato quasi più di patologia che di stress muscolare del momento. Allora viene da chiedersi: ma come può un corridore che ha una patologia vincere un Tour o una Sanremo?

I corridori a volte sono costretti, così come gli altri professionisti dello sport, a convivere con una situazione patologica. Per i motivi che abbiamo detto: posizioni “forzate” o gesti ripetuti in condizioni estreme o non ottimali. Nel caso di un ciclista, questo magari ha un’infiammazione, ma mancano tre tappe alla fine di un Giro e devi gestire quel problema.

E come?

Prima di tutto cercando di tranquillizzare l’atleta il più possibile. Secondo, togliendogli il dolore, perciò devi lavorare su una vera patologia. Oltre al massaggio devi cercare di risolvere il problema che porta a quello stato infiammatorio… che per noi del settore viene definito patologia. Poi possono esserci anche altre forme di patologie.

Tipo?

Contratture o lesioni più gravi. Ma si spera sempre di non arrivare a quel punto, di lanciare prima l’allarme. In questo caso, l’essere un ex corridore, mi fa comprendere il vantaggio di avere attorno delle figure preparate per gestire queste situazioni e parlare con gli atleti.

Per prevenire insomma… Fred ci hai dato un quadro completo: materiali e posizioni più estreme portano a dolori articolari. Quali sono i punti più stressati per te?

La zona cervicale, quella del basso lombare e le ginocchia. Stando così schiacciati e compressi queste sono quelle che più ne risentono.

Il doloroso massaggio post Roubaix. Le dritte di Morini

11.04.2023
5 min
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Anche l’ultima Parigi-Roubaix ha messo in evidenza una fatica bestiale. All’arrivo tutti si buttavano sul prato del velodromo. I ragazzi erano sfiniti. E questo nonostante dei mezzi sempre più “confortevoli” ed efficienti sul pavè. Di contro si va più forte. E alla fine forse il discorso dei sobbalzi si compensa.

Al via di Compiegne abbiamo incontrato Federico “Fred” Morini, massaggiatore della nazionale. Fred era venuto da spettatore appassionato con un occhio dedicato soprattutto ai suoi due azzurri: Filippo Ganna e Jonathan Milan. Non a caso lo abbiamo intercettato al bus della Ineos Grenadiers di Pippo.

Federico Morini al via dell’ultima Roubaix. Fred è uno dei massaggiatori della nazionale
Federico Morini al via dell’ultima Roubaix. Fred è uno dei massaggiatori della nazionale
Fred, Colbrelli ci ha detto che dopo tre giorni le sue gambe post Roubaix erano ancora “distrutte”. Ci spieghi dunque com’è il massaggio post Inferno…

La maggior parte degli atleti, dopo la Roubaix, anche a distanza di qualche giorno, sentono dei dolori muscolari. Dolori che vanno dalle braccia, al corpo, alle gambe chiaramente. Questo perché subiscono scosse continue, vibrazioni incredibili e per qualche giorno, magari non i migliori perché sono forse i più adatti a questo percorso, sono messi male. 

Dunque ciò che diceva Colbrelli è vero: gambe messe male anche a distanza di giorni… E cosa sente il massaggiatore nei polpastrelli? Cosa c’è di diverso in quei muscoli?

Si sente una bella differenza. Si sentono tante contratture lungo il decorso muscolare. Ed è anche  l’atleta che te lo conferma mentre lo tocchi. Ti dice l’entità del dolore. E infatti è un massaggio che in alcuni casi può anche far male, come nella maggior parte dei casi.

Questo massaggio conviene farlo subito oppure meglio aspettare?

L’ideale è sempre meglio aspettare un po’, perché si riduce il trauma del tessuto. Poi magari il discorso non vale per tutti, ma per buona parte del gruppo sì. Meglio farlo a distanza di due o tre giorni. In più va considerato che oggi, a differenza del passato, abbiamo a disposizione dei macchinari elettromedicali che possono favorire la vascolarizzazione e quindi il rilassamento del tessuto e di conseguenza il passaggio delle mani sul muscolo.

Il massaggio post Roubaix prevede anche il trattamento della schiena
Il massaggio post Roubaix prevede anche il trattamento della schiena
Prima abbiamo accennato alla tecnologia: le nuove gomme, le pressioni più basse… Questo contribuisce a ridurre i traumi? Oppure le velocità maggiori pareggiano le cose?

Io credo che tutto sia utile. Ma credo anche che ci sia un fondamento ulteriore che va valutato ed è l’aspetto  mentale. Il fatto di poter contare sugli ausili, durante e dopo, aiuta mentalmente l’atleta stesso a subire meno la situazione.

Invece a livello di idratazione, di alimentazione c’è qualche accorgimento per favorire questo recupero?

Come per tutte le corse, devi prestare molta attenzione. Nel caso della Roubaix ancora di più perché la tensione muscolare, e non solo quella, è tanta. Il fatto di dover essere sempre molto vigili in gruppo, è fondamentale, e richiede energie. Senza contare che hai un percorso che è massacrante in tutti i sensi.

Noi pensiamo sempre alle gambe, ma finita la Roubaix quali altre sono le parti massacrate?

Molte! Tecnicamente lo chiamo sistema viscerale. Fondamentalmente è quello degli organi, perché una delle sensazioni peggiori dell’atleta quando pedala sul pavé è appunto la sensazione di avvertire che sta “perdendo” lo stomaco, l’intestino, tutto… Sono le vibrazioni, ma sono forti, tremende e prolungate.

Dei cibi acidi di cui parla Morini fa parte anche il caffè
Dei cibi acidi di cui parla Morini fa parte anche il caffè
Quindi tu massaggiatore cosa fai?

Si tratta tutto: dal collo al decorso della colonna vertebrale. Va trattato il decorso d’innervazione degli organi: va rilassato, va inibito… Bisogna cercare di riportarlo a una situazione di normalità più velocemente possibile. Anche perché la stagione non finisce dopo la Roubaix.

E quanto tempo ci vuole per riportare il tutto alla normalità?

Un po’ di ricerca è stata fatta anche su questo. E tra quello che è stato raccolto dai vari colleghi, sembra che una settimana sia il tempo ideale per recuperare completamente lo sforzo della Roubaix.

Ma in quella settimana però l’atleta pedala, si allena…

Assolutamente. Ripeto, la stagione non si conclude dopo la Roubaix. Oggi più che mai i ragazzi hanno un calendario molto fitto. Per molti di loro queste classiche sono il clou della stagione (e possono mollare un po’ di più, ndr), ma per altri c’è un periodo molto importante da affrontare. Di conseguenza già dopo due o tre giorni in cui si è fatto meno, si torna con il programma di allenamento normale. E’ un riadattamento vero e proprio. E a distanza di 4-5 giorni si torna a pedalare come se non si fosse corso. Ecco perché questo recupero deve essere veloce e concentrato. E non riguarda solo il riposo, ma anche l’alimentazione e tutto il resto.

E’ probabile che si cada in una corsa così… e anche questo aspetto va preso in considerazione nell’insieme del massaggio
E’ probabile che si cada in una corsa così… e anche questo aspetto va preso in considerazione nell’insieme del massaggio
Hai parlato di esercizio fisico e alimentazione. Che cosa bisogna fare?

Bisogna cercare di ridurre i cibi acidi (carni grasse, crostacei, salumi, affettati, formaggi, ndr) che ovviamente potrebbero continuare a portare una componente negativa riguardo al recupero. E poi bisogna dormire tanto e bene. Ed è importante nei primissimi giorni tornare in sella con un programma ben ponderato ai fini dello smaltimento dello sforzo accumulato.

E gli esercizi tipo stretching?

Allungamento posturale, correzione di tutti quelli che sono i vari scompensi che si sono creati perché, ahimé, in alcuni casi c’è anche da gestire qualche botta che si è presa a terra. Durante la Roubaix è facile cadere, anche più di una volta.

Mugnaini 2018

La storia del Re Leone attraverso le mani di Mugnaini

05.02.2022
5 min
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Ci sono due vite ciclistiche ben distinte, unite nella figura di Gabriele Mugnaini. La prima è quella di ciclista professionista, durata solo 6 stagioni dal 1973 al ’78, i primi 3 alla Filotex, gli altri alla Vibor, correndo al servizio di campioni come Bitossi, Zilioli, Moser e Visentini. Mugnaini era il classico gregario, sempre pronto a sacrificarsi per i suoi capitani, ma capace anche di qualche exploit come il secondo posto nel GP Industria e Artigianato nel 1977.

La seconda è quella da fisioterapista, con mani divenute nel tempo preziose, forti e delicate al tempo stesso, capaci quasi di parlare ai muscoli dei campioni massaggiati. Uno per tutti, Mario Cipollini, con il quale ha condiviso tante stagioni e soprattutto stati d’animo susseguenti a vittorie e sconfitte. Oggi Mugnaini, che l’11 febbraio compirà 72 anni, è in pensione ma spesso viene richiamato per la sua esperienza, ad esempio all’Eroica dove tutti vogliono attraverso un massaggio da esperto sentire anche i suoi racconti del bel tempo che fu.

Mugnaini Filotex 1975
Mugnaini ha militato per 6 anni fra i pro’, i primi 3 alla Filotex. E’ nato l’11 febbraio 1950
Mugnaini Filotex 1975
Mugnaini ha militato per 6 anni fra i pro’, i primi 3 alla Filotex. E’ nato l’11 febbraio 1950

Il lungo massaggio a De Vlaeminck

La sua storia di massaggiatore iniziò grazie all’interessamento di un corridore che sapeva di questa sua passione e gli suggerì di farne un lavoro: Bruno Vicino, il campione del mondo degli stayer. «A quei tempi i soldi per chi correva erano pochi – ricorda l’aretino di Montemignaio – per me era una svolta per la mia vita e sarei anche rimasto in quell’ambiente. Sapete chi fu il primo a capitare sotto le mie mani? Un certo Roger De Vlaeminck, alla Gis. Ero così emozionato, quello che lo massaggiava abitualmente non poteva. Ricordo che ci misi 18 minuti per una gamba e 13 per l’altra, un’eternità… Lui alla fine sorridendo mi disse: «La prossima volta ti compro una sveglia…”».

La sua storia di massaggiatore è legata a doppio filo a quella del Re Leone: «Con Cipollini abbiamo cominciato alla Del Tongo. Era ancora molto giovane, in quella squadra incentrata su Saronni, anche lui curato da me, ma saltuariamente. Ricordo una volta in Puglia, aveva dovuto tirare la volata a Lecchi, mentre lo massaggiavo mi disse serio: “Tra un anno li mangio tutti…”. Sapeva bene quel che voleva…».

La sicurezza di Cipollini

Tutti nell’ambiente dicono che Cipollini avesse un carattere difficile, davanti ai suoi occhi Mugnaini ne ha viste di tutti i colori: «Dicevano che era un montato, invece era semplicemente uno concentrato sul suo lavoro a livelli estremi. Poi sì, il carattere era fumantino, è chiaro. Quando le cose andavano bene si scherzava anche durante il massaggio, al contrario era inavvicinabile, scontroso e si doveva fare silenzio. Bisognava starci insieme 10 mesi l’anno per conoscerlo, ma avevamo il nostro equilibrio, sapevo quando e come prenderlo».

Al di là degli episodi, Mugnaini ha un’idea precisa su Cipollini: «Era un precursore rispetto al ciclismo di oggi. A dicembre si partiva per il Sud Africa, erano in programma 10 giorni ma se le cose andavano bene si restava molto di più. Avevamo un ristorante di riferimento, italiano, dove lo conoscevano bene e in quei giorni era davvero una compagnia piacevole. Ma quando si cominciava ad avvicinare l’obiettivo, era il massimo della concentrazione. E questo suo spirito è stato d’insegnamento a tanti: alla Saeco tutti erano mentalmente indirizzati verso l’obiettivo, non si sgarrava».

Mugnaini rifornimento
Negli anni Mugnaini è sempre rimasto nell’ambiente, prodigandosi al di là del lavoro di fisioterapista
Mugnaini rifornimento
Negli anni Mugnaini è sempre rimasto nell’ambiente, prodigandosi al di là del lavoro di fisioterapista

Mugnaini, psicologo al bisogno…

Il massaggio del dopo gara, al di là del puro aspetto fattuale, era una sorta di “camera caritatis”: «Il massaggio durava anche più di un’ora, nella quale Mario si sfogava su tutto quel che era avvenuto. Io lo lasciavo parlare, era quello di cui aveva bisogno. Poi come detto c’erano le volte che non aveva voglia di dire nulla e altre che scherzava».

Qual è stata allora la volta che si è più arrabbiato? «Eh, non dimenticherò mai il giorno della Gand-Wevelgem del ’94. Va via una fuga importante con dentro anche Franco Ballerini, ma grazie al lavoro della squadra i corridori vengono ripresi a 3 chilometri dal traguardo. Invece di preparare la volata a Mario, Franco riparte con Wilfried Peeters, arrivano in due e perde. Cipo voleva la terza vittoria consecutiva, era furioso: arrivati al camper ci dice a tutti di scendere e si chiudono dentro loro due, le urla si sentivano per tutta la città…».

Cipollini Sanremo 2002
Dopo tante delusioni, finalmente Cipollini centra la Sanremo nel 2002 (foto Ansa)
Cipollini Sanremo 2002
Dopo tante delusioni, finalmente Cipollini centra la Sanremo nel 2002 (foto Ansa)

Il giorno più bello

Ci sono però stati anche momenti speciali: «La Sanremo del 2002, mai visto così contento. Quella era diventata una vera ossessione, partiva tante volte come favorito ma non riusciva mai a centrare l’obiettivo. Era al settimo cielo. E poi il mondiale: io c’ero, sin dal ritiro premondiale di Salsomaggiore. In squadra erano tutti concentrati, ma sotto sotto si temeva che Petacchi avrebbe fatto il doppio gioco, invece fu fantastico».

I rapporti con il tempo si sono diradati, ma non manca anno che non ci si veda: «Carube il meccanico suo e mio amico organizza una corsa a Lucca, non manchiamo mai ed è sempre bello ritrovarsi » . Come sarebbe allora Cipollini in carovana oggi? « Sarebbe ancora un innovatore, la preparazione era un chiodo fisso. Magari si scontrerebbe con chi fa cose che a suo modo di vedere non sono giuste, ma sarebbe un preparatore ideale, con tanto da trasmettere. Purtroppo con il suo carattere non si è fatto tanti amici…».

Il lettino di Moro, massaggi, ricordi, campioni e nostalgia

26.01.2022
7 min
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E’ stato Cassani a riportarlo in nazionale, in quello staff trasversale che segue gli azzurri in ogni angolo del mondo. Prima Luigino Moro, nella vita precedente iniziata dieci anni dopo aver smesso di correre e fino alla chiusura della Liquigas, è stato uno dei massaggiatori di riferimento del gruppo. E’ passato attraverso anni particolari del ciclismo. E’ stato uomo di fiducia di alcuni fra i più grandi italiani degli ultimi 30 anni. Da Bartoli al Pantani del 1998, per capirci, avendo cominciato con l’Italbonifica, poi la Carrera, la Mg Technogym, la Mercatone Uno, la Mapei, la Fassa Bortolo e appunto la Liquigas. Sorridendo ammette che lentamente sta tirando i remi in barca: è del 1956, è nato in Veneto ma vive a Forlì, è sposato con Silvia dal 1982, fra un paio d’anni potrebbe andare in pensione.

«Sono stato professionista con la Inoxpran dal 1979 al 1982 – racconta – poi ho iniziato la scuola di massofisioterapista e insieme per un po’ ho fatto il gruista del soccorso stradale, così ho preso tutte le patenti che mi sono tornate poi utili nelle varie squadre. Ho sempre avuto la passione per la fisioterapia, ma l’idea iniziale era di lavorare in ospedale. Solo che in quel periodo prendevano solo terapisti della riabilitazione e così mi sono rivolto nuovamente al ciclismo».

Luigino Moro è bellunese, ma vive a Forlì. Classe 1956, è stato professionista dal 1979 al 1982
Luigino Moro è bellunese, ma vive a Forlì. Classe 1956, è stato professionista dal 1979 al 1982
Si diceva e a volte si prova a ripetere che il massaggiatore sia il confessore del corridore…

Si diceva, all’inizio era così. Ultimamente sempre meno, ora il corridore che arriva sul lettino è sempre molto distratto dal cellulare. E’ raro che lo spenga, per cui il contatto personale si riduce. Bisogna adeguarsi ai tempi. In proporzione, ho lavorato meglio con le ragazze in ritiro…

Cioè?

Sono stato a Calpe al ritiro con la nazionale femminile per sostituire il loro massaggiatore fisso. E’ stata una bella esperienza, mi sono trovato benissimo. Anche loro venivano col cellulare, però nessuna lo ha mai usato. Mi hanno dato l’impressione di essere attente e partecipi al lavoro e in questo modo anche il massaggio è più efficace.

Bisogna adeguarsi ai tempi?

Il modo di comunicare è cambiato. I direttori sportivi mandano mail e whatsapp, si parla sempre meno. Per questo ho avuto i rapporti migliori con i vecchi corridori. Ancora adesso con Bartoli ci sentiamo spesso, ma forse i corridori giovani hanno un miglior rapporto con i massaggiatori della loro età. Io per alcuni di loro potrei essere tranquillamente il padre (ride, ndr).

Nel 1998, Luigino Moro è stato il massaggiatore di Pantani, vivendo con lui i mesi più belli
Nel 1998, Luigino Moro è stato il massaggiatore di Pantani, vivendo con lui i mesi più belli
Come mai Bartoli?

Siamo molto amici, anche con la famiglia, con mia moglie siamo stati padrini al battesimo di suo figlio Gianni. Per lavoro ci siamo incrociati spesso. Alla Mg Technogym, poi alla Fassa Bortolo e alla Mapei sino alla fine della sua carriera.

E poi Pantani…

Già quando nel 1991 correva alla Giacobazzi, a volte d’inverno veniva a casa mia per fare i massaggi. Poi lo trovai alla Carrera. Infine arrivai alla Mercatone Uno quando fu rifondata nel 1997, però Marco era con Pregnolato. Quando nel 1998 ci fu un assestamento e Roberto andò via, iniziai a seguirlo io. L’ho massaggiato per tutto il 1998, quando vinse Giro e Tour e fu un’esperienza incredibile, molto bella. Ho vissuto i momenti migliori di Marco, mi ritengo fortunato.

Com’era Marco ai massaggi?

Lui entrava e ascoltava il massaggio, come Bartoli. Corridori così sensibili ce ne sono stati pochi, mi viene in mente Rolf Sorensen con cui ho fatto tre mondiali. In quel periodo i cellulari stavano arrivando e comunque servivano solo per telefonare. I momenti che ho vissuto con Marco non saprei come definirli. C’era gioia e insieme l’emozione, sapendo tutto quello che aveva fatto per tornare grande. Si era fra il pianto e la gioia. In quel periodo Pantani parlava il giusto, per avere conferme alle sue sensazioni (in apertura, il massaggio di fine Tour 1998, ndr). Aveva attimi scanzonati, ma quell’anno era sempre molto concentrato. Poi tornò Pregnolato e io non ho più lavorato con lui.

Bartoli era più estroverso, a volte bisognava spegnere i microfoni…

Michele esternava tutto quello che gli passava per la testa. Si creò un bel rapporto perché ti coinvolgeva nelle sue preoccupazioni e nei ragionamenti. La visione di corsa con lui era molto più intensa, ti faceva entrare nella sua rabbia. Ricordo Plouay…

Si sentì tradito dalla Mapei, scagliò la bici nel box dopo l’arrivo, era nero…

Prima di quel mondiale, massaggiavo sia lui sia Bettini. Michele quel giorno era furibondo, si sentì tradito, ma solo loro due sanno come sia andata. Forse Paolo pensava di partire più avanti per tirargli la volata, difficile giudicare da fuori.

Il fatto di aver corso ti ha aiutato nel tuo lavoro?

Credo che quegli anni in bici siano serviti per dare agli atleti quello che era mancato a me quando correvo. Il massaggio era di 20 minuti quando andava bene, solo ai capitani andava meglio. Una volta si lavorava solo con le mani, senza tanti apparecchi. Giusto qualcuno usava delle lampade a infrarosso, ma il solo risultato era di riscaldare il muscolo.

Moro ha lavorato a lungo con Ferretti, qui nel 2003 con Petacchi: per lui ha grande stima
Moro ha lavorato a lungo con Ferretti, qui nel 2003 con Petacchi: per lui ha grande stima
Hai lavorato con grandi direttori sportivi…

Per Ferretti ho grande stima, lo ritengo uno dei migliori. Riis è stato un grande innovatore per la comunicazione e ha cambiato il modo di pensare del tecnico. Parsani aveva un bel rapporto con gli atleti e avendo corso insieme, ci intendevamo bene. Zanatta e Chiesa li ho sempre visti come due bravi ragazzi capaci di parlare con i corridori. Giannelli è stato il migliore sul piano della logistica.

In Belgio si parla ancora della tua pizza…

Quando andavamo nell’hotel di Piva (ride, ndr), visto che da ragazzino avevo lavorato come panettiere, capitava che mi chiedessero di fare la pizza. Poi con la venuta dei cuochi, hanno iniziato a mangiarne di migliori.

C’è stato anche un periodo in cui i massaggiatori venivano visti come i… pasticcioni del doping.

Purtroppo (dice dopo una piccola pausa, ndr) abbiamo avuto dei momenti non belli. Ma una volta stabilite le regole, si riusciva a restare anche tranquillo. Alcuni però non si sono attenuti e hanno combinato qualche pasticcio. Qualche bandito c’è stato, io per fortuna ho lavorato in squadre in cui i medici facevano bene il loro lavoro e noi ci siamo tolti un bel peso. In altre squadre invece tutto è continuato come prima. Io ho sempre ritenuto importante che ognuno rimanga nel proprio lavoro.

Ecco Moro, a destra, alla festa del 10 anni del mondiale di Cipollini
Ecco Moro, a destra, alla festa del 10 anni del mondiale di Cipollini
Luigino e la nazionale?

Non ho mai avuto il piacere di lavorare con Alfredo Martini, ma anche quando veniva alle corse sentivi la sua presenza. Su di lui hanno detto di tutto, ma è ancora poco per il carisma che aveva. Ballerini ascoltava tutti quanti, poi prendeva le sue decisioni. Con Bettini sono andato una sola volta in Australia, ma il bel rapporto che c’era da corridore è rimasto. Con Cassani, cosa dire? Ci allenavamo insieme. Io smettevo e lui cominciava. Vedremo con Bennati, che ho massaggiato alla Liquigas.

Pensi davvero alla pensione?

Per venire alle corse bisogna avere grande passione e io ce l’ho, anche perché lavorando a casa si guadagnerebbe certamente di più. Mi piace ancora essere in giro e con la nazionale faccio un numero di giornate giusto, un bel compromesso rispetto alle lunghe assenze dei team. Però mi sto facendo la bici nuova per riprendere quando avrò più tempo. Ho 65 anni, potrei andarci a 67,5. Si vede ormai l’arrivo, ma ci penseremo al tempo giusto.

Macchinari e massaggi, come integrarli? Chiediamo a Inselvini…

04.01.2022
4 min
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L’utilizzo dei macchinari durante i massaggi è diventato una consuetudine. Durante i grandi Giri e nei ritiri il fisico viene messo a dura prova. Il recupero da sempre è uno degli aspetti fondamentali per la performance del giorno dopo. Così come è importante la prevenzione da infortuni e la preparazione della muscolatura allo sforzo successivo. Come vengono integrati i macchinari e com’è cambiato il massaggio nel corso degli anni? Lo abbiamo chiesto a chi questo lavoro lo fa dai tempi memorabili della Carrera di Pantani e Chiappucci, e ora è in forza all’Astana Qazaqstan Team: Umberto Inselvini

Fabio Aru, Giuseppe Martinelli, Umberto Inselvini, Vuelta 2015
Fabio Aru, Giuseppe Martinelli, Umberto Inselvini alla Vuelta del 2015
Fabio Aru, Giuseppe Martinelli, Umberto Inselvini, Vuelta 2015
Aru, Martinelli, Inselvini: è la Vuelta del 2015
Come si decide se e quando utilizzare un macchinario?

Il mio è un lavoro di prevenzione più che altro, quello che facciamo noi massaggiatori è togliere delle contratture. In caso vengano usati dei macchinari, lo si fa sempre sotto consiglio del medico di squadra

E’ quindi il medico a deciderne l’utilizzo?

Si, è lui il responsabile della struttura sanitaria della squadra, noi massaggiatori dipendiamo sempre e comunque dal medico. Poi comunque contano anche la nostra esperienza e sensibilità, per capire in caso ci fosse da usare qualche macchinario di supporto.

Quali macchinari usi?

Io personalmente non utilizzo grandi macchinari a parte l’Indiba, che uso dal 2006. La uso per agevolare il recupero. Questo strumento quando venne commercializzato si chiamava Tecar, il simbolo era una mano. Significava che era l’operatore che interagiva con la macchina

Umberto Inselvini, Michele Pallini, Tour de France 2014
Umberto Inselvini assieme a Michele Pallini al Tour de France 2014
Umberto Inselvini, Michele Pallini, Tour de France 2014
Inselvini assieme a Michele Pallini, al Tour de France 2014
Sono trattamenti di routine al giorno d’oggi?

Si parla sempre di un complemento, non ci si affida totalmente. La nostra sensibilità è fondamentale perché oltre al fisico conosciamo anche l’atleta nella sua reazione allo sforzo fisico. La decisione dell’utilizzo non è obbligatoria ma passa da noi. 

Quali altre tecnologie utilizzi?

La Graston Technique®. E’ una tecnica di mobilizzazione dei tessuti molli, assistita da strumenti di acciaio. É come se fosse un massaggio miofasciale. Quando percepisci delle contratture, con questo strumento, si interviene più nello specifico. Si adattano a tutte le parti del corpo

Ci sono macchinari che non richiedono l’intervento del massaggiatore?

La pressoterapia è uno dei più comuni, viene usata sul bus quando finisce la gara. Sono due gambali che tramite un compressore si gonfiano e sgonfiano, facilitando lo scorrimento dei liquidi e tossine verso le periferie. E’ un trattamento che migliora il sistema linfatico e circolatorio per ridurre la ritenzione idrica. Viene usata ogni tanto nelle tratte di trasferimento sul bus. 

Qui Inselvini ai campionati del mondo 1990 con Giovannetti (a sinistra), Bugno e Volpi
Qui Inselvini ai mondiali 1990 con Giovannetti (a sinistra) e Bugno
Ce ne sono alcuni che vengono sconsigliati per l’utilizzo autonomo?

L’allenatore, il preparatore e il medico consigliano sempre, cosa e quando utilizzarli. Se adoperati nel modo giusto gli strumenti possono aiutare. Per fare un esempio i martelli vibranti che si trovano in commercio ora in certe zone del corpo vanno bene, in altre no.  

L’evoluzione tecnologica avanza velocemente anche in questo ambito?

Si oltre alla crescita della tecnologia, ci sono più figure. Per esempio l’osteopata, è molto importante. Oppure per fare un esempio Marino Rosti che aiuta con stretching e yoga, sono ruoli che fanno la differenza all’interno di un team. 

Rispetto agli anni 80 quando hai iniziato, i progressi sono stati tanti?

Adesso gli atleti sono in condizione di dare il cento per cento sempre. Le strutture delle squadre sono ottimizzate. Noi stessi massaggiatori abbiamo più tempo per seguirli. Nei miei primi giri e tour in Carrera eravamo tre massaggiatori mentre ora in Astana siamo sei-sette. Si hanno circa due ragazzi a testa e si ha il tempo di fare tutto e gestire tutto il corpo con calma.

La “prima” di Boonen, il boato di Siena: Yankee racconta

26.12.2021
5 min
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Spesso i grandi racconti del ciclismo si consumano sui lettini dei massaggiatori. E tante volte restano segreti. Tra massaggiatore e corridore si crea un rapporto speciale, di vera fiducia. Il massaggiatore è anche il confidente dell’atleta. Non a caso i capitani, i grandi campioni, hanno il proprio “masseur”. Quello di sempre. Il caso emblematico è quello di Vincenzo Nibali e Michele Pallini. Storie simili però ce le può raccontare anche Yankee Germano che, seppur giovane, ne ha già visti passare di campioni sotto le sue mani: da Zabel ad Alaphilippe.

Peter Sagan, il primo super campione che Germano ha seguito con costanza
Peter Sagan, il primo super campione che Germano ha seguito con costanza

Sagan: “il” fenomeno

Udinese, classe 1978, Yankee è stato un corridore, ha corso fino ai dilettanti. Apparteneva alla scuderia di Roberto Bressan, oggi il Cycling Team Friuli.

«Ho avuto la fortuna di iniziare a lavorare subito dopo aver smesso di correre – racconta Germano – era il 2001 ed entrai a far parte della De Nardi – Pasta Montegrappa che nel tempo diventò la Milram. In quel gruppo ho visto passare gente come Frank Schleck e Kim Kirchen, anche se appartenevano agli under 23».

«Nel 2009 poi sono passato alla Liquigas e lì ho avuto tra le mani il mio primo super campione, Peter Sagan».

«Peter è stato, ed è, il fenomeno assoluto. Avere tra le mani questo sconosciuto che batteva i campioni fu un qualcosa di unico. Mi era capitato di massaggiare Zabel e Petacchi, cose che non capitano tutti i giorni, ma Peter era un qualcosa di diverso, di speciale… Un ragazzo molto semplice e alla mano. Forse neanche lui si rendeva conto di ciò che stesse facendo».

Gli anni con Boonen

Passano gli anni, Germano è sempre più apprezzato e nel 2016 approda alla corte di Patrick Lefevere alla Quick Step, lo squadrone belga ammirato e temuto da tutti. All’epoca dire Quick Step era come dire Tom Boonen.

«Per me Tom era un mito, anche se aveva due anni meno di me e lo vedevo solo alla TV. Fu un’emozione ritrovarmelo sul lettino. Con lui si strinse subito un buon rapporto. Lo massaggiavo molto spesso, a parte nelle classiche del Nord, in quanto lassù c’erano i massaggiatori belgi».

«Tom non parlava l’italiano, ma ci provava. Una volta in ritiro in Spagna si stava allenando davvero forte. La sera era stanco e quando toccava a me massaggiarlo il giorno dopo, rientrando dall’allenamento, mi diceva con un italiano abbozzato: “Yankee, gambe buone, oggi full gas”. E soddisfatto, mi dava una pacca sulla spalla. Era importante consentire ad un campione di quel calibro allenarsi bene.

«Un altro ricordo che mi lega a Boonen, ha un aspetto più tecnico. Un aspetto che mi ha colpito perché sono appassionato di bici e cioè la prima vittoria di una bici con freno a disco. Era il 2017 ed eravamo in Argentina. Tom fece una super volata, tra l’altro davanti a Viviani. Anche quella volta massaggiai io Boonen».

Viviani “vicino di casa”

Nella Deceuninck-Quick Step si sa sono passati moltissimi campioni, ma non solo stranieri. Uno di loro è stato Elia Viviani.

«Con Elia – dice Germano – c’è un’amicizia vera. E’ stato l’atleta con cui forse ho parlato di più. Con il fatto che viene spesso in Friuli a casa della sua compagna Elena Cecchini, ogni tanto usciamo anche insieme in bici. 

«Fu una vera forza quando vinse il campionato italiano su un percorso che non era adatto a lui. Quella volta era al top del top».

«Ed era in super condizione anche al Giro d’Italia del 2018, quando vinse la maglia ciclamino. Eppure voi giornalisti siete stati in grado di criticarlo lo stesso! Nella tappa di Imola che vinse Sam Bennett, Elia non fece la volata. Non era una frazione poi così facile, per di più pioveva e nel finale andò in crisi. Si staccò sullo strappo finale e arrivò con il secondo gruppo.

«Eravamo sul lettino per il massaggio e leggendo e ascoltando le critiche divenne nero. Il mattino dopo mi venne vicino e prima del via mi disse: “Oggi vinco”. E a Nervesa della Battaglia, nel suo Veneto, stravinse. Ci abbracciammo».

Stagione 2019. Arriva Alaphilippe e Piazza del Campo esplode. In 14 giorni vinse Strade Bianche, due tappe alla Tirreno e la Sanremo
Stagione 2019. Arriva Alaphilippe e Piazza del Campo esplode. In 14 giorni vinse Strade Bianche, due tappe alla Tirreno e la Sanremo

Alaphilippe a Siena

E adesso la stella è Julian Alaphilippe, il campione del mondo, anzi il doppio campione del mondo. Anche con “Loulou”, Yankee ha un buon rapporto e gli capita spesso di massaggiarlo.

«Con lui le emozioni vissute sono state tantissime – riprende Germano – ma la Sanremo e la Strade Bianche ancora di più, sono state da pelle d’oca. Quel giorno a Siena c’era un’atmosfera unica».

«Capisci quando sta bene perché Julian scherza molto. E quei giorni scherzavamo parecchio. Mi chiedeva dell’Italia, mi diceva che vedeva dei posti bellissimi, di come si mangiasse bene, mi chiedeva degli hotel dove saremmo andati. E si ricordava se la struttura aveva un buon ristorante o meno. E quando sta bene lo sento anche dalle mani. Sento che il suo muscolo è pronto, risponde bene. Una sensazione non facile da spiegare, ma il massaggiatore la sente».

«Julian invece non si sentiva al top, ma io sapevo che era a non meno del 99%. Quell’uno per cento me lo tengo sempre perché non si sa mai! Però non gli dissi niente, cosa che non faccio mai, per non influenzarlo. Non vorrei mettere qualche tarlo nella testa dell’atleta. Il giorno dopo Julian sulle strade diede spettacolo e vinse. Il boato della folla quando entrò in Piazza del Campo non lo scorderò mai. Sembrava di essere allo stadio. Come quando segna l’Italia ai mondiali».

Muscoli e freddo intenso: i segreti del massaggiatore

21.12.2021
5 min
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C’è una frase di Paolo Savoldelli che ci ronza nella testa: «Sotto ai cinque gradi il muscolo soffre, non si allena». Il Falco ci disse che era controproducente allenarsi quando faceva molto freddo, ma perché? Cosa succede al fisico? Cosa accade nei muscoli?

Chi, meglio di un massaggiatore, puoi rispondere a queste domande? Per l’occasione ci siamo rivolti a Michele Pallini, che da anni ha in cura i muscoli di Vincenzo Nibali.

Pallini con Nibali. Il massaggiatore toscano ha un’esperienza pluridecennale
Pallini con Nibali. Il massaggiatore toscano ha un’esperienza pluridecennale
Michele, muscoli e freddo: cosa dici?

Dico che Savoldelli non aveva torto. Con il freddo il lavoro si assimila di meno, anche se poi certe competenze sono più del preparatore che non del massaggiatore, però posso dire quello che io sento sul lettino.

E cosa senti? 

Con il freddo il muscolo è più contratto. Con le temperature più basse questo va in difesa ed è meno propenso ad “aprirsi” (limita la dispersione del calore, come quando ci si rannicchia, ndr). E il massaggiatore per scioglierlo deve lavorarci di più. Una delle soluzioni che ultimamente si tende ad adottare è quella di fare magari una sauna appena tornati dalla bici per riattivare la circolazione e favorire la vasodilatazione. Ma vanno bene anche un bagno caldo o una doccia calda. Non bollenti altrimenti subentrano altre problematiche.

Anche per questo motivo andate a cercare i climi più miti come in Spagna?

Esatto, con certe temperature si lavora molto meglio. Difficilmente da quelle parti si va sotto i 10°. Noi abbiamo avuto anche una punta di 22° in quest’ultimo ritiro. La muscolatura non subisce troppi sbalzi termici. E di conseguenza non subisce certe contratture. Anche se poi c’è il rovescio della medaglia.

Cioè?

La “botta” di freddo quando si rientra. Magari si vive nel bergamasco e si deve uscire con temperature intorno allo zero. Però in quel caso ci si può aiutare non facendo la distanza di 5-6 ore, ma preferendo allenamenti più brevi e intensi. Magari c’è anche chi non è d’accordo su questa teoria e dice che bisognerebbe allenarsi sempre e comunque, da parte mia dico che non si prenderebbero tante ore di freddo.

Bontempi e Ghirotto (a destra) in allenamento in pieno inverno ai tempi della Carrera. Oggi immagini così sono estremamente rare
Bontempi e Ghirotto (a destra) in allenamento in pieno inverno ai tempi della Carrera. Oggi immagini così sono estremamente rare
L’evoluzione dei materiali, del vestiario intendiamo, vi ha agevolato?

Molto direi. Ci sono marchi, tra cui uno noto italiano, che sono stati tra i primi a proporre un ottimo indumento contro la pioggia. Successivamente è stato ripreso anche da altri brand e magari anche migliorato. Ma non si tratta solo degli specifici capi, penso per esempio alle cuciture termosaldate, che evitano il passaggio di freddo e acqua. E ad altri rimedi: scaldacollo, particolari guanti o copriscarpe.

Quando fa particolarmente freddo che consigli dai ai tuoi atleti?

In giornate particolarmente rigide consiglio un’attivazione muscolare prima di uscire, in pratica scaldarsi un po’. In questo modo si evita quel colpo di freddo che ci si porta dietro per tutto il giorno. Non bisogna per forza fare dei rulli, ma sarebbe sufficiente fare della ginnastica: attivazione muscolare del mattino, core zone, plank… Esercizi di questo tipo. Se per esempio un esercizio di plank solitamente dura 30” ne bastano 10”-15”, quel tanto che basta per alzare le frequenze cardiache ed iniziare a sentire del calore. Se si hanno due ore a disposizione, in situazioni di freddo particolare, meglio fare 30′ di questi esercizi e un’ora e mezza di bici che due ore di bici.

Prima Michele hai detto: “quello che sentiamo noi massaggiatori”. E cosa sentono i tuoi polpastrelli?

In un muscolo che ha preso freddo sento delle contratture sparse qua e là. Sento queste masse soprattutto sulla colonna e sul quadricipite, le zone più esposte al freddo.

Quanto dura un trattamento in questi casi?

Dipende, varia molto da corridore a corridore. C’è chi sente molto freddo e chi non lo patisce per niente. Oggi ci aiutiamo molto anche con la Tecar terapia, il macchinario con il quale si sviluppa del calore endogeno e non esogeno e si riesce a portare il soggetto a temperature più alte in modo più semplice.

Spesso durante le gare e gli allenamenti è il massaggiatore che veste il corridore
Spesso durante le gare e gli allenamenti è il massaggiatore che veste il corridore
E dal punto di vista alimentare consigli qualche accorgimento particolare?

Bisognerebbe chiedere ad Erica Lombardi, la nostra dietista! Io comunque consiglio di aumentare un po’ gli zuccheri. Perché okay l’acqua calda o il the, ma con il freddo si brucia un po’ di più e serve più apporto calorico. Oggi ci sono delle maltodestrine con le quali si possono arrivare ad ingerire anche 100 grammi di carboidrati con una sola borraccia, chiaramente l’atleta deve sapere cosa sta assumendo. O comunque fra the ed acqua calda preferisco l’acqua calda. E sapete perché?

Eh no! Ma dicci, dicci…

Quando piove o fa molto freddo noi utilizziamo i guanti in neoprene, quelli tipo sub, e quando questi si bagnano con l’acqua e la pelle formano un piccolo strato che il corpo stesso tende a scaldare. Ebbene, avendo dell’acqua calda nella borraccia i corridori possono buttarla sulle mani e averle calde. E’ un’operazione che non va fatta quando la mano è già congelata. 

Ne sapete una più del diavolo! 

Poi variano anche i guanti: 3 o 5 millimetri. Chiaramente quelli più spessi proteggono di più, ma complicano un po’ la guida, la frenata in particolare. Quindi si utilizzano solo nelle tappe più pianeggianti.

In tanti anni, Michele, chi ti ha colpito per aver sofferto tanto il freddo?

“Cacaito” Rodriguez! Eravamo alla Tirreno-Adriatico del 1996, la mia prima corsa tra i pro’. Ero con la Selle Italia di Savio. Eravamo dalle parti del Monte Amiata e faceva un freddo tremendo. Se ben ricordo si fermarono quattro nostri colombiani e Cacaito arrivò congelato. Ma mi ha colpito molto anche Damiano Caruso. L’ho visto partire con quasi 38 di febbre sotto l’acqua nella tappa di Terracina al Giro del 2019 ed essere poi competitivo nelle ultime tappe.

Le lunghe giornate del massaggiatore in ritiro

19.12.2021
5 min
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In queste settimane abbiamo parlato spesso di ritiri. Abbiamo visto come si svolge quello del preparatore, più di qualche volta abbiamo parlato dei corridori, stavolta vi facciamo vedere com’è il ritiro dal punto di vista del massaggiatore. Per farlo abbiamo “bussato” alla porta di Yankee Germano, ormai colonna portante del gruppo di Patrick Levefere.

La Deceuninck-Quick Step ha finito il suo primo training-camp giusto ieri e con il massaggiatore friulano siamo entrati nei meccanismi e nelle stanze dello squadrone belga.

Dalle corse ai ritiri, Yankee è sempre pronto a supportare i suoi atleti
Dalle corse ai ritiri, Yankee è sempre pronto a supportare i suoi atleti
Yankee cosa fa il massaggiatore in ritiro?

Tante cose direi! Cura la parte del vestiario, il plan delle gare, gestisce i rifornimenti e chiaramente esegue i massaggi.

Il plan delle gare? Cosa intendi…

Ci si porta avanti con l’organizzazione degli eventi a cui si deve prendere parte in stagione. Io per esempio nei giorni scorsi stavo lavorando già sul Giro d’Italia. Con il diesse Bramati abbiamo parlato soprattutto del Giro, visto che entrambi saremo presenti nella corsa rosa. Quest’anno si parte dall’Ungheria e noi ci siamo organizzati con due squadre dello staff. Una squadra che va in Ungheria, e una che si recherà direttamente in Sicilia e farà tutta la parte italiana del Giro. La prima squadra poi presumibilmente proseguirà con il Giro di Ungheria da lì a pochi giorni.

Interessante…

In pratica si decidono i mezzi che andranno in Ungheria e anche chi ci andrà. Chiaramente diesse e corridori sono gli stessi, e credo anche io… Però gli altri due massaggiatori per esempio faranno solo tre giorni e la stessa cosa vale per i mezzi dei meccanici.

In ritiro invece cosa fai? Raccontaci la tua giornata…

Mi sveglio alle 7-7:30 e vado a fare colazione. Terminata la colazione, con gli altri massaggiatori, ci spostiamo nello “stanzone officina”. Lì prepariamo il bancone dei rifornimenti. Sistemiamo le barrette, prepariamo le borracce, i tortini di riso… In più sotto alle sedie iniziamo a sistemare le borse del freddo. Ogni corridore infatti ha una sedia dove si prepara prima di uscire. Lì, trova le sue scarpe, il suo casco… Le sedie sono già divise per gruppi: i velocisti, il gruppo classiche, il gruppo grandi Giri.

E dal bancone sono i corridori che prendono i rifornimenti o trovano già un “sacchetto” personalizzato?

No, prendono loro ciò che vogliono o ciò che il nutrizionista gli ha detto di prendere. Non ci sono sacchetti. Su ogni barretta però c’è scritto cosa contiene. Sistemato il bancone, poi passiamo ai frigo sulle auto, curando la parte dei liquidi.

Sedie e bancone dei rifornimenti pronto, merito dei massaggiatori
Sedie e bancone dei rifornimenti pronto, merito dei massaggiatori
E poi cosa fate?

Poi ci spostiamo nella zona delle ammiraglie. Portiamo la “borsa del freddo” nell’ammiraglia che segue quel determinato gruppo, così che ogni atleta possa averla a disposizione nell’allenamento. Successivamente, dopo che i corridori sono partiti abbiamo anche noi il nostro momento di relax. Ci facciamo un caffè, scambiamo qualche chiacchiera, due risate… 

Beh, ci sembra giusto…

Una volta che la parte dell’allenamento è sistemata, noi massaggiatori torniamo a sistemare i materiali. Per esempio torneremo a Calpe il 6 gennaio, quindi le scorte di barrette non le rimandiamo in sede in Belgio, ma le stiviamo in un’apposita stanza che l’hotel ci ha riservato. E la stessa cosa vale per il vestiario: mantelline, cappellini, divise… che dovranno essere distribuite nel ritiro successivo. Facciamo un bell’inventario così che nulla manchi al momento opportuno. 

Successivamente, immaginiamo tornino i corridori dall’allenamento…

Esatto, quando loro rientrano noi ci occupiamo delle auto. Scarichiamo borracce, frigo, borse del freddo, laviamo le ammiraglie stesse e poi vediamo il plan dei massaggi: chi deve massaggiare chi.

Ma quindi la borsa del freddo non la cura il corridore stesso?

In teoria dovrebbe farlo lui, ma ce ne occupiamo noi. Più che altro valutiamo se qualche indumento va lavato oppure no. Se per esempio una mantellina è stata indossata solo per un breve tratto di discesa e non lascia cattivi odori, la riponiamo nella borsa, altrimenti, chiaramente, la laviamo.

Prima, Yankee, hai parlato di plan dei massaggi. Spiegaci meglio…

In questi ritiri ci sono anche i neo professionisti e i nuovi acquisti. Noi abbiamo l’abitudine che tutti i corridori devono provare tutti i massaggiatori. E’ importante passare per una mano diversa ed avere un’esperienza fra tutti noi. Così quando si va alle corse quel corridore e quel massaggiatore già si conoscono. 

Squadra in allenamento e i massaggiatori lavorano in hotel (foto Instagram)
Squadra in allenamento e i massaggiatori lavorano in hotel (foto Instagram)
Quindi non hai dei corridori già segnati? Chi fa il plan?

No, non si hanno “corridori fissi” in ritiro. Il piano massaggi lo fa Frederick Pollentier, figlio dell’ex professionista. Lui è il più esperto, in questa squadra. Frederick è un po’ il responsabile dei massaggiatori, il capo.

A che ora cominciano i massaggi?

I massaggi cominciano verso le 17, perché dopo che tornano dall’allenamento i corridori vanno prima a pranzo e poi riposano un pochino. A quel punto iniziamo i massaggi.

Quanti corridori devi trattare?

Solitamente ne trattiamo due a testa. Ogni massaggio dura circa un’ora. Poi, dopo che si è finito, si risistema tutto, e si va a cena tutti insieme.

E dopo, ancora lavoro?

No, dopo stiamo tutti insieme… Non potendo uscire per le norme anti-Covid che dobbiamo rispettare in squadra, andiamo nella sala delle bici, lo stanzone del mattino, e ascoltiamo un po’ di musica, giochiamo a freccette e loro che sono fiamminghi mi insegnano qualche parolaccia in fiammingo! Dopo un po’ però, stanco, vado in camera perché il giorno dopo si ricomincia.

Un abbraccio per scacciare i fantasmi di Tokyo. Saul ricorda…

01.10.2021
5 min
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Che cosa ci faccia un giocatore di pallacanestro di 1,94 nella nazionale di ciclismo femminile a volte è un mistero per lo stesso Saul Barzaghi, che del gruppo azzurro è fisioterapista dal 2007. Ammette che a volte essere lontano dalla mentalità di questo ambiente gli permette di non lasciarsi coinvolgere in tante dinamiche cui assiste perplesso. Ma del resto il suo mestiere è un altro. E a giudicare da come sia diventato un riferimento per le ragazze, lo sa fare nel modo giusto.

«Sono riuscito a creare con loro un bel rapporto – ammette sorridendo – quasi da fratello maggiore, direi anche da padre, ma mi farebbe sentire troppo vecchio, anche se per età con alcune potremmo quasi esserci. Quando arrivai, nella nazionale c’erano Vera Carrara, Monia Baccaille, Tatiana Guderzo e Noemi Cantele. Pechino sono state le prime Olimpiadi cui ho partecipato, mentre le ultime le ho passate molto vicino a Elisa Balsamo. Con lei c’è un bel rapporto perché la seguo anche alla Valcar. E a Tokyo posso garantirvi che era davvero stanca emotivamente per la pressione olimpica e per il clima che si era creato. Non c’è stata sempre la giusta serenità».

Saul ha 44 anni, gioca ancora a basket e ha il suo studio a Capriate San Gervasio, in provincia di Bergamo. La sua stagione è finita dopo i mondiali di Leuven e proprio per respirare assieme a lui il magico clima che ha portato all’oro di Elisa, lo abbiamo sottratto per un po’ al suo lavoro.

Dopo cena, foto di rito in hotel, con quella maglia che cancella Tokyo
Dopo cena, foto di rito in hotel, con quella maglia che cancella Tokyo
Sfinita a Tokyo, rinata a Leuven…

Nell’ultimo massaggio in Giappone la trovai tanto stanca, provata emotivamente al punto di piangere. Ma per fortuna lei ha un fortissimo rapporto con la famiglia e con Davide (Plebani, atleta azzurro e suo compagno, ndr). Per cui appena tornata si è chiusa nel suo ambiente e già quando l’ho ritrovata agli europei di Trento, aveva un’altra faccia. Ha ritrovato i suoi appoggi ed era nuovamente disposta ad integrarsi con il gruppo.

E in effetti il gruppo in Belgio è parso fortissimo.

Una bella squadra, in cui ho ritrovato la voglia e lo spirito della maglia azzurra. Dopo la vittoria, forse si sarà visto nelle immagini, Elisa non faceva che ringraziare le compagne. Forse perché ancora non si rendeva conto di cosa avesse fatto, ma anche per il bel clima che ha portato a quella vittoria. Se posso fare un nome, faccio quello della Mary (Maria Giulia Confalonieri, ndr), che mi ha commosso. Si è messa al servizio della squadra, vestendo la maglia azzurra che per lei non è mai stata semplice da conquistare. Mi ha commosso proprio per tutto quello che c’era dietro. Le due esclusioni di fila dalle Olimpiadi. E’ stata protagonista. Dopo che Elisa è andata ad abbracciarla, era lì da sola con i pugni stretti, con lo sguardo pieno di orgoglio. In questi casi sono contento di non capire certe dinamiche, perché mi permette di essere libero nel giudizio.

In Belgio tensioni come a Tokyo?

Neanche un po’ e neppure voglia di parlarne.

Dai racconti e osservandole, emerge che le ragazze, rispetto agli uomini, hanno un’emotività più spiccata.

Ormai ho imparato. Ci sono crolli frequenti, perché sono diversi anche gli atteggiamenti fra loro. Se io litigo con un mio compagno di squadra, dopo un po’ ci chiariamo e andiamo a prenderci una birra. Le donne se la giurano e il mio compito in questi casi è non schierarmi. Piuttosto porto l’esperienza del basket…

In che modo?

Il ciclismo è uno sport di squadra, ma non ne ha le dinamiche. Alcune capiscono, altre no. Quando Martina Fidanza a Tokyo seppe di essere venuta per farmi compagnia tutto il giorno, dato che non avrebbe mai corso, all’inizio era furiosa. Poi ha capito quello che le dicevo, che anche arrabbiandosi non avrebbe cambiato nulla e se ne è fatta una ragione.

Nel ritiro insieme sull’Etna a gennaio si giocava molto a carte.

In Belgio no, piuttosto si radunavano nella camera delle altre per guardarsi qualche serie su Neflix o programmi e reality italiani. A parte il giorno della gara, sono sempre state molto serene, anche la sera prima, quando di solito si fa fatica a dormire. Era tranquilla anche la “Guazz” (Vittoria Guazzini, ndr), che di solito è la più agitata.

Quanto ha inciso l’esperienza di Marta Bastianelli ed Elisa Longo Borghini su questo clima?

Tantissimo. Marta ha questa forte leadership, è un tipo da spogliatoio, ride, fa ridere e scherza. Dà tranquillità, perché non sembra mai agitata. La Longo è più chiusa, ma capisci che sia a disposizione del gruppo. Dopo l’europeo di Trento la ricordo andare con il suo piglio da Marta Cavalli a spiegarle in modo costruttivo in cosa avesse sbagliato e come evitarlo la volta successiva. E poi c’è Mary…

Confalonieri è un elemento chiave del gruppo azzurro, secondo Saul Barzaghi
Confalonieri è un elemento chiave del gruppo azzurro, secondo Saul Barzaghi
Hai poco da dire, è la tua preferita.

E’ una garanzia. Se c’è una che dà tranquillità, è la numero uno in assoluto. Di quei giocatori che vorresti sempre in squadra, perché sono una manna dal cielo. Se ci fosse stata lei a Tokyo, forse certe tensioni non ci sarebbero state. Ma non diciamoglielo, sennò ricomincia a starci male…

Ti crea mai imbarazzo esser un fisioterapista uomo nella nazionale femminile?

Devo dire che il rapporto che si è creato è, come dicevo, quello tra fratello e sorelle. Ma devo anche dire che c’è tanta professionalità in queste ragazze, che vanno al massaggio perché hanno bisogno dell’intervento del professionista. Poi è ovvio che si crei il rapporto confidenziale e siamo liberi di parlare di tutto, ma sempre col massimo rispetto.

Quando finisce la stagione vi perdete di vista oppure continuate a sentirvi?

Messaggini di sfottò non mancano mai, magari commentando qualche foto sui social. Quelle della Valcar continuo a seguirle. E poi il periodo di ferma è talmente breve, che adesso sono a casa, ma fra poco arriverà la prossima chiamata.