Le voci di Huy, Niewiadoma mette tutte d’accordo

17.04.2024
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HUY (Belgio) – «A essere onesti, mi piace questo processo – dice Kasia Niewiadoma, vincitrice della Freccia Vallone – il percorso della mia carriera. Non è così difficile essere me e mandare giù tanti piazzamenti. Penso che vincere sia davvero speciale, ma credo anche nello sviluppo personale. E ogni volta che sento di poter fare la differenza o di poter far progredire le mie compagne di squadra, per me è sempre positivo. Alla fine la vittoria è solo un risultato. A volte è meglio sentirsi in forma pur non avendo vinto, che rendersi conto di aver commesso un errore. Si tratta solo di mantenere alta la fiducia e sapere che se ti impegni, lavori duro e sorridi, allora la vittoria prima o poi arriverà».

Fuori inizia ad imbrunire quando Kasia Niewiadoma arriva per raccontarsi. Quest’anno la Freccia Vallone delle donne è partita più tardi: erano le due del pomeriggio e c’era ancora il sole. Lo hanno chiesto le ragazze, per evitarsi la sveglia alle quattro e mezza del mattino e risparmiare una notte insonne al personale delle squadre. Poi pare che l’arrivo posticipato consenta alla televisione di trasmetterlo in diretta, mentre in passato lo si è sempre visto in differita.

Al mattino c’era il sole: qui la BePink di Walter Zini in posa con un tifoso speciale
Al mattino c’era il sole: qui la BePink di Walter Zini in posa con un tifoso speciale

Cinque anni di digiuno

Kasia sorride e illumina la stanza. Polacca di Limanova, trent’anni da compiere a fine settembre, la maglia della Canyon-Sram.  L’ultima vittoria risale al mondiale gravel dello scorso autunno, ma su strada non alzava le braccia dal 2019. Eppure ci ha sempre provato. Chi segue il ciclismo femminile è abituato a vederla attaccare ed essere ripresa. Ha sognato in grande al Tour de France Femmes, quando attaccò sul Tourmalet mettendo la maglia gialla nel mirino, ma fu ripresa da Vollering e dovette accontentarsi del secondo posto di tappa e il terzo finale.

«Questa Freccia Vallone – racconta – significa molto per me. E’ passato così tanto tempo dalla mia ultima vittoria e per questo sono super orgogliosa della mia squadra, di me stessa, dei miei sostenitori, dei miei fan che non hanno mai smesso di credere in me. Dopo tutti quei secondi, terzi, quinti e ottavi posti, tutti hanno continuato a darmi fiducia. Non ho mai ricevuto un messaggio negativo da nessuno. Questo mi ha sicuramente fatto credere che la vittoria fosse a portata di mano e dovessi solo essere paziente.

«Con il mio allenatore abbiamo provato o simulato più volte le corse su strappi come questo, quindi ero abbastanza fiduciosa di poter mantenere una potenza elevata negli ultimi 20-30 secondi di gara. Oggi mi sono svegliata convinta che questo fosse il giorno. Vincere in queste condizioni è speciale, non vedo l’ora di tornare sul pullman e poi in hotel e festeggiare con le mie amiche».

Una splendida Freccia. L’ultima vittoria di Kasia Niewiadoma era stata una tappa al Womens Tour del 2019
Una splendida Freccia. L’ultima vittoria di Kasia Niewiadoma era stata una tappa al Womens Tour del 2019

Longo-Realini: cambio in corsa

Elisa Longo Borghini è soddisfatta. La Freccia Vallone negli anni aveva finito col metterla da parte: troppi piazzamenti e poche soddisfazioni, al punto da convincersi che non fosse la sua corsa. Questa volta però il meteo l’ha resa ancora più dura, spostando il fuoco dall’esplosività alla resistenza. E quanto a quella, la piemontese non teme troppi confronti.

«Le condizioni meteorologiche – spiega la recente vincitrice del Fiandre – erano davvero difficili e anche un po’ inaspettate per essere aprile. Ho avuto la fortuna di avere compagne di squadra intorno a me, che mi portavano vestiti caldi e anche del tè caldo. Per tutto il giorno hanno avuto un occhio in più per me e per Gaia. Lei è molto minuta e quando fa così freddo, fatica anche a prendere le cose dalle tasche, anche per il tipo di corridore che è. Le cose sono poi cambiate negli ultimi chilometri. Ha continuato a dirmi di andare perché non stava bene, aveva freddo. A volte si fa quello che si vuole e altre volte si fa quello che si può. Oggi ho fatto quello che potevo e lei lo stesso. Ho patito il freddo anch’io che di solito mi ci trovo bene, quindi non riesco ad immaginare come stia adesso “Gaietta”».

L’attacco perfetto

Sulla gara e la sua vincitrice, Elisa ha parole di stima e indirettamente arriva la conferma che il successo di Kasia Niewiadoma abbia fatto piacere. Più di quanto sarebbe stato con l’ennesima vittoria di Demi Vollering.

«Penso che Niewiadoma sia partita nel punto perfetto – dice – perché guardando le precedenti edizioni, sia maschili che femminili, la grande differenza si è fatta negli ultimi 150 metri. Oggi è stata la più forte e ad essere onesti, sono felice che abbia vinto. E’ sempre una brava atleta, qualcuno di cui ho molto rispetto e meritava di vincere. Il mio sprint invece non so se potrei chiamarlo così. Più di uno sprint è stato una morte lenta. Ho resistito finché ho potuto, poi ho iniziato a spegnermi».

Un buon 9° posto per Marta Cavalli, al rientro dopo l’ennesimo infortunio e un periodo in altura
Un buon 9° posto per Marta Cavalli, al rientro dopo l’ennesimo infortunio e un periodo in altura

Il ritorno di Cavalli

La luce si è spenta appena un po’ prima per Marta Cavalli. La cremonese non aveva neanche iniziato la stagione a causa della caduta in ritiro. Si era appena affacciata al Trofeo Binda, poi è sparita sul Teide assieme a Evita Muzic. Tre settimane di lavoro, la discesa la scorsa settimana e finalmente il ritorno in gruppo. Le Ardenne e poi la Vuelta, che non era nei piani, ma è stata aggiunta in extremis.

«E’ stata una gara dura più che altro per il meteo – spiega – perché vengo da un inverno in cui ho sempre pedalato al caldo e quindi il freddo non è tra le mie condizioni preferite. Oggi ero molto motivata e quindi ho stretto i denti, cercando conforto con le mie compagne. Sapevamo che avrebbe smesso dopo metà gara e quando abbiamo iniziato a vedere il sole, ho cominciato a essere un po’ più positiva. Sull’ultimo muro sono mancate quelle gambe che si ottengono una volta ogni cinque anni per fare il risultato grosso, però in generale sono contenta delle mie sensazioni. Non ero proprio una delle favorite quando abbiamo imboccato il muro, ho dovuto cedere un po’. Però dai, domenica ce n’è un’altra…».

La Liegi bussa alle porte e anche Niewiadoma e Vollering hanno fatto sapere che l’ultima ardennese è fra i loro desideri. L’Amstel è stata accorciata. La Freccia idem, perché per farla partire più tardi hanno inciso pesantemente sul percorso: se non avesse fatto freddo, la selezione sarebbe stata ben inferiore. Ma la Liegi sarà una sorta di resa dei conti. E pare che anche domenica il tempo non sarà dei migliori.

Cavalli, cosa c’è oltre la paura? «Accettazione e voglia di ripartire»

14.02.2024
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«Il primo giorno che mi dicono che posso riprendere la bicicletta – dice Marta Cavalli – prendo, vado e non mi fermo. Giusto per rabboccare acqua un paio di volte, tanto poi arrivo a Lourdes e posso berne tutta quella che voglio».

Una risata sommessa, quasi un ruggito. La sfortuna si è messa di mezzo ancora una volta e la campionessa di San Bassano ha dovuto fermarsi nuovamente. Una caduta di quelle che non ti aspetti, persino banale.

«Di certo non così rilevante – racconta la lombarda (in apertura immagine capucinepourre) – eravamo a fine allenamento. In una curva un po’ sporca e scivolosa, a poche centinaia di metri dall’appartamento che avevamo in affitto, sono andata giù sul fianco e ho sbattuto. Sono rimasta un po’ lì seduta, per capire veramente come stessi e valutare la situazione. Non stavo bene, avevo un po’ male, però sono risalita in bici. Ci siamo accorti che qualcosa non andava bene, perché non riuscivo a poggiare il piede a terra.

«Per il dolore, non riuscivo a rimanere col peso sulla gamba e allora mi hanno portato in ospedale. Dalle prime lastre non è apparso niente, infatti ho continuato ad andare in bici. Solo dopo cinque giorni che ancora non poggiavo il piede a terra, il dottore mi ha fermato e mi ha detto che era meglio fare degli accertamenti ulteriori. E alla fine hanno trovato questa microfrattura».

Con questa foto e un post su Instagram Marta Cavalli ha annunciato l’incidente
Con questa foto e un post su Instagram Marta Cavalli ha annunciato l’incidente

Il mondo che crolla

Non serve uno psicologo per riconoscere il rumore del mondo che ti crolla addosso. In questo giorno di ricorrenze tristissime, viene spontaneo ricordare l’incidente che poteva costare la carriera a Pantani e invece lo rilanciò più forte di prima. Ma lo ricordiamo bene il suo sconforto: passi dall’essere in tabella verso gli obiettivi che sogni da mesi a doverti fermare senza alcuna certezza. Se poi, come Marta due anni fa, su questo sentiero sei già passato, basta un cenno per riaccendere le paure mai del tutto sopite.

«Il peggior momento – ammette – è stato quando mi hanno detto che c’era una microfrattura. Lì ho iniziato veramente a pensare che tutto il lavoro fatto durante l’inverno fosse andato in fumo. Non avevo nemmeno idea delle tempistiche e quindi mi si è attaccata addosso una visione negativa. Ho cominciato a pensare che sarei dovuta rimanere lontana dalla bici per tanto tempo. Pensavo addirittura che mi avrebbero messo a letto per mesi e ho pregato tutti i dottori che non mi dessero questa notizia. E quando infatti mi hanno detto che avrei potuto camminare, mi sono tolta un macigno di dosso. Col passare delle settimane l’ho accettato e adesso sto solo ricaricando la voglia di ripartire per ricostruire, in base a quando potrò riprendere. A quel punto vedrò quanto avrò perso e valuteremo il miglior piano.

«Ho riposto tante speranze in questa stagione. Quando l’anno scorso ho chiuso con la Crono delle Nazioni – riprende Cavalli – tirando la riga, non sono stata per niente soddisfatta. Ci sono stati degli acuti, dei momenti buoni in cui ho ottenuto risultati e mi sono tolta delle soddisfazioni, ma non erano le soddisfazioni che mi ero prefissata. Ci sono stati tanti alti e bassi, forse più bassi che alti, quindi vedo il 2024 come un vero banco di prova per capire se riuscirò a tornare al livello del 2022».

Arrabbiata e sconsolata

Ancora non c’è nulla di certo. Fra una decina di giorni ci sarà un altro esame e a quel punto, se la frattura sarà saldata, si potrà ricominciare a lavorarci sopra. In realtà, spiega Marta, avrebbe potuto già fare qualcosa, ma ha preferito non rischiare. 

«Finché ho avuto le stampelle – racconta – non ho voluto fare assolutamente niente, per evitare di rallentare il processo di guarigione, meglio restare a riposo. Non mi avevano imposto particolari divieti, in base al dolore avrei potuto camminare. Però ovviamente andare in giro con due stampelle era abbastanza impegnativo, quindi sono rimasta ferma. E adesso, grazie a un po’ di fisioterapia, la situazione è migliorata e il riposo ha fatto il resto. Quindi vediamo, stiamo andando giorno per giorno in base alle mie sensazioni.

«Ovviamente sarei dovuta andare a correre giovedì alla Volta Valenciana, diciamo che fino a tre settimane fa i programmi erano diversi. Invece abbiamo dovuto mettere tutto in pausa. E in quel momento il primo pensiero è stato: ecco, ci siamo di nuovo. Nei primi giorni ero veramente arrabbiata e sconsolata. Non riuscivo a capacitarmi. Avevamo appena fatto dei test ed erano abbastanza buoni, in linea col periodo e con il tempo che mancava alle prime gare importanti. E di colpo non c’era più niente».

L’11 gennaio Marta ha posato con la nuova divisa, il 5 febbraio la caduta in allenamento (foto FDj Suez)
L’11 gennaio Marta ha posato con la nuova divisa, il 5 febbraio la caduta in allenamento (foto FDj Suez)

L’esperienza del 2022

L’errore più grande in questi casi è farsi prendere dalla smania di bruciare le tappe, anche se serve un grande autocontrollo per tenere a bada l’indole del guerriero che in certi frangenti permette di vincere le corse e ora potrebbe ritorcersi contro.

«Se fosse per me – ride – io prenderei la bici e starei fuori dall’alba al tramonto, però so che non sarebbe la cosa giusta da fare. Non è rassegnazione, però prendere atto che la situazione è questa. Ed è quello che serve per tornare a pedalare al massimo tra qualche settimana. Quello che mi conforta è che se anche la primavera potrebbe essere compromessa, per obiettivi come il Giro d’Italia e il Tour de France ci sono ancora dei mesi. Perciò non resta che aspettare il momento di ripartire e farlo gradualmente. La squadra sa come vanno queste cose. Già con l’esperienza del 2022 hanno capito anche loro quanto sia importante rispettare le tempistiche e non aver fretta.

«Certo ho più fretta io di rimettermi in bici e di salvare il salvabile, loro sono assolutamente tranquilli. Diciamo ci sono grande sinergia e collaborazione tra i medici e il resto dello staff. Ormai è come una tela tessuta in modo molto fitto, quindi c’è un confronto quotidiano sulle mie sensazioni, sui consigli medici, sulle teorie migliori per riprendere l’allenamento, sulla fisioterapia. Sono in una botte di ferro e questo mi lascia tranquilla».

Anche l’ultimo inverno è stato per Marta Cavalli un momento di costruzione
Anche l’ultimo inverno è stato per Marta Cavalli un momento di costruzione

MasterChef Marta

E così, in attesa dell’esame che le dia il via libera, si fa fatica a vederla sul divano a giocare con un telecomando o a perdersi dietro le schermate dei social. Infatti anche Marta oppone le mani, come a tenere lontano un certo modo di passare il tempo.

«Non sto assolutamente ferma su un divano – racconta e ride – passo il mio tempo in cucina. Pur stando attenta, non mi sto privando di tante cose. Già mentalmente non è così semplice gestire questa situazione. Se poi devo anche mettermi a dieta stretta, chiusa in casa, cucinando un sacco di cose buone senza poterle mangiare, allora non ho avuto un infortunio, ma ho firmato una condanna».

La voglia di scherzarci su fa capire che in qualche modo, al netto del giramento di scatole, l’incidente è stato metabolizzato quasi del tutto. Li vediamo imbattibili, pensiamo che lo siano davvero. Ma basta una crepetta nel bacino e nella sicurezza, per farli vacillare come giunchi al vento. Fra dieci giorni ne sapremo di più, per ora ci sta un abbraccio ideale e la promessa di risentirci presto. A volte farsi sotto senza dover commentare una vittoria è il modo di far capire che ci tieni davvero.

Cavalli e le distanze crescenti, una tendenza che piace

15.01.2024
6 min
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Il trending topic femminile dell’inverno è stato senza dubbio il “lungo”. Le tante ore di bici in funzione delle distanze sempre maggiori delle gare hanno quasi monopolizzato le sessioni di allenamento di tante atlete. In questo senso Marta Cavalli sta lavorando sodo, anche se per lei non è stato un cambiamento così grande rispetto a prima.

I tanti chilometri da fare durante la preparazione e in gara non hanno mai spaventato la 25enne cremonese della Fdj-Suez. Anzi, forse per un’atleta con le sue caratteristiche, le distanze crescenti sembrano essere il giusto sfogo. Dopo quelle del cittì Paolo Sangalli, abbiamo sentito le impressioni di Cavalli. Grazie al suo occhio attento abbiamo approfondito l’argomento.

Al Tour Femmes il vento potrebbe condizionare tappe, tattiche di corsa e anche la classifica generale
Al Tour Femmes il vento potrebbe condizionare tappe, tattiche di corsa e anche la classifica generale
Marta in questi mesi anche tu hai ulteriormente intensificato gli allenamenti?

Sì, certo, anche se già in passato io facevo tante ore di bici. Adesso abbiamo dosato i blocchi di lavoro in periodi diversi. Ho sfruttato il ritiro di dicembre per mettere una prima base. Poi visto che pedalare al caldo è davvero una buona cosa e a casa mia è difficile trovare un bel clima, ho fatto una settimana di allenamenti vicino a Sanremo come faccio tutti gli anni. Ora farò questa settimana a casa abbassando l’intensità, facendo magari simulazioni brevi poi torneremo a Calpe dal 20 al 30 gennaio. Per me l’inizio delle gare sarà alla Volta Valenciana a metà febbraio.

Su cosa hai lavorato nella Riviera Ligure?

In pratica ho diviso la settimana in due. Quattro giorni di lavori specifici con uscite al massimo di quattro/quattro ore e mezzo. Negli altri tre giorni ho curato di più l’aspetto endurance ed il dislivello. Una volta sono riuscita a fare sei ore e venti, un’altra volta invece mentre facevo il Poggio in modo regolare, sono stata letteralmente sverniciata a tripla velocità (sorride, ndr) dal gruppo velocisti della Lidl-Trek che stavano provando una situazione di gara.

Sangalli ci ha detto che in queste lunghe uscite bisogna saper allenare anche la mente. Condividi?

Assolutamente sì. A dicembre prendo le ore in bici con tranquillità, spesso togliendo il computerino e quasi sempre andando a scoprire nuove strade su cui poi tornare più avanti per fare dei lavori mirati. Si fa presto quindi a stare fuori tanto. A gennaio invece, con l’avvicinarsi delle gare, tendo di più ad immaginarmi in gara. Tuttavia cerco di dosare le energie senza farmi prendere dall’euforia qualora trovassi il vento a favore.

Quattro vittorie nel 2023 per Cavalli (qui ad Hautacam) che quest’anno vuole riscattarsi nelle gare più importanti (foto Fdj-Suez)
Quattro vittorie nel 2023 per Cavalli (qui ad Hautacam) che quest’anno vuole riscattarsi nelle gare più importanti (foto Fdj-Suez)
Quindi sarai d’accordo col cittì anche sul fatto di fronteggiare certe situazioni con più ore di gara…

Ha ragione Paolo. Non mi dispiace questa nuova tendenza con gare molto più lunghe. Così come per le volate, c’è tanta differenza anche in salita se la affronti con una o due ore in più di gara. Prima accennavo a simulazioni perché mi piace sempre inserire salite nel finale di allenamento per abituarmi a certi ritmi e vedere come le affronto. Talvolta mi capita di fare una sorta di piccolo circuito attorno ad un paio di salite per capire come le faccio la prima e la seconda volta. Sono tutti test necessari per farsi trovare pronte in gare sempre più lunghe.

Con le crescenti distanze si vedranno gare diverse?

Penso proprio di sì. Già al Tour dell’anno scorso abbiamo visto come sia stata approcciata la tappa più lunga. Spazio alla fuga che poi è arrivata fino in fondo, sulla falsariga delle tattiche maschili. In corsa si avverte come un senso di destabilizzazione, però dalle ammiraglie giungono direttive precise. Poi credo che si assisterà a gare diverse perché quest’anno le squadre nei giri a tappe avranno sette atlete anziché sei, quindi vedremo ulteriori stravolgimento. Infine ci sarà un altro aspetto da tenere in considerazione.

Quale?

Concordo con ciò che diceva Sangalli. In gruppo non ci sarà più Van Vleuten, che ha sempre corso con lo spirito della cannibale. Senza di lei cambierà tutto e potrebbe esserci tanto tatticismo. Sicuramente non ci sarà più nulla di scontato, sarà tutto più incerto e quindi anche tutto più bello da vedere. Si rimescoleranno le carte. Magari sulle salite più importanti tutte si guarderanno e poi l’attacco decisivo potrebbe arrivare in altri punti, meno indicati sulla carta.

I percorsi di Giro Women e Tour Femmes prevedono alcune frazioni molto lunghe. Sarà così anche alla Vuelta?
I percorsi di Giro Women e Tour Femmes prevedono alcune frazioni molto lunghe. Sarà così anche alla Vuelta?
Secondo te potremmo assistere ad una gara nella gara nei grandi giri a tappe?

Sì, ma con qualche riserva. Ogni squadra potrebbe presentarsi al via con due capitane, una velocista ed una che va forte a crono. Le altre sarebbero scalatrici, di cui una forte, quasi una mezza punta. Qualcuna di loro potrebbe uscire di classifica quasi subito per poi essere un punto di appoggio nelle frazioni decisive quando verranno mandate in avanscoperta. Queste circostanze potrebbe verificarsi, però…

Cosa?

Nelle nostre gare finora quando c’è bagarre tutte le capitane sono davanti e danno il tutto per tutto. Se inizieremo a gestire come succede nelle gare maschili, allora a quel punto potrebbe esserci la famosa corsa nella corsa. Davanti quella per la tappe e dietro quella per la generale.

Questo cambiamento si vedrà anche nelle classiche?

Secondo me no. Nelle gare di un giorno sai sempre qual è il punto decisivo. Al Fiandre o alla Liegi si sa dove potrebbe esserci la differenza. Così come alla Strade Bianche che si attacca quasi sempre da lontano. Nelle corse a tappe invece ci sono più variabili. Devi fare i conti con i giorni precedenti, col recupero, le sorprese, il meteo variabile e cosi via.

In inverno Cavalli lavora a fondo al caldo, mentre a casa complice temperature più basse cala l’intensità (foto Fdj-Suez)
In inverno Cavalli lavora a fondo al caldo, mentre a casa complice temperature più basse cala l’intensità (foto Fdj-Suez)
Cosa intendi per sorprese?

Vi faccio un esempio. Mi posso immaginare un Tour nel quale tante atlete partono forte e poi hanno un calo fisiologico. Magari arrivano da Giro Women e Olimpiade con una buona condizione, ma in calando. Considerate che al Tour Femmes si inizierà con tappe ventose in Olanda, poi arriveranno giorni sulle Alpi da mettersi le mani nei capelli (sorride, ndr).

Marta Cavalli è pronta per la sua stagione?

Innanzitutto spero proprio di riscattare un 2023 un po’ sottotono nonostante non siano mancate alcune vittorie. Il mio calendario è quasi fatto fino alle Ardenne. A maggio poi dovrei fare qualche gara a tappe spagnola come ripresa dal periodo di stacco. I percorsi del Giro e del Tour sono belli e duri. Da italiana il Giro Women ha un valore eccezionale per me, però la mia squadra è francese, quindi è giusto valutare bene cosa fare e come. Nel mezzo dovremo conoscere anche il percorso delle Olimpiadi per capire se potrei essere adatta e focalizzarmi anche su quell’obiettivo. La seconda parte di stagione verrà poi di conseguenza a tutto ciò.

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Marta Cavalli e l’Alpe d’Huez: ricognizione in gran segreto

02.11.2023
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L’effetto sorpresa ha funzionato alla grande. Così, quando ha sollevato lo sguardo sul megaschermo del Palazzo dei Congressi di Parigi, Marta Cavalli si è riconosciuta sull’Alpe d’Huez assieme a Evita Muzic. E a quel punto è stato chiaro che nel grande pentolone del Tour de France Femmes bollisse qualcosa di importante. La strada che da Bourg d’Oisans porta diritto nella storia sarà il teatro dell’ultima tappa. Si concluderà tutto lassù e chissà se a partire dal prossimo anno sui vari tornanti della celebre salita cominceranno a spuntare i nomi delle donne che avranno saputo conquistarla.

Marta in questi giorni è a casa, come già lo scorso anno ha scelto vacanze mordi e fuggi facendo base fra le mura domestiche.

«Ho deciso di non andare via – sorride – perché alla fine, tra una cosa e l’altra, preparo una valigia e ne sto ancora smontando un’altra. Così mi sono detta: rimaniamo qui, mi godo le vacanze a casa. Un paio di weekend in giro e a me alla fine piace anche così».

Marta Cavalli ha svolto la ricognizione sull’Alpe d’Huez assieme alla francese Muzic
Marta Cavalli ha svolto la ricognizione sull’Alpe d’Huez assieme alla francese Muzic
Come è venuta fuori la scalata dell’Alpe d’Huez? Da quanto sapevi che saresti andata a farla?

Non lo abbiamo saputo con troppo preavviso. Sono andata a fare la ricognizione il 13 ottobre e l’ho scoperto il 10. Mi hanno detto: «Guarda, invece di partire il 14 ottobre per la Crono delle Nazioni, parti il 12. Ti fermi, fai la ricognizione e poi raggiungi il team per l’ultima gara». Ce l’hanno svelato all’ultimo e anche da organizzare non è stato proprio semplicissimo. Il Frejus è ancora chiuso per i treni, così ho dovuto fare un viaggio della speranza. Però è stato bello, perché abbiamo avuto l’occasione di fare una ricognizione in più. E poi perché comunque i ragazzi di Aso ci sanno fare veramente, anche se ci hanno vietato di fare foto (le immagini dell’articolo sono state ricavate dal video social di ASO, ndr).

Sapevi che sarebbe stata l’ultima tappa del Tour?

No, non sapevamo che sarebbe stata l’ultima tappa. Sapevamo solo che al Tour de France ci sarebbe stata l’Alpe d’Huez, ma non ci avevano detto se sarebbe stata un arrivo o un passaggio e tantomeno a che punto della corsa l’avremmo trovata.

Era la prima volta che provavi l’Alpe?

Una prima assoluta. Non ho mai fatto grandi montagne, me ne mancano tante all’appello. Mi manca il Mortirolo, mi manca lo Zoncolan. Alla fine corriamo, facciamo ritiri e non è mai facile avere il tempo per andarle a vedere. Anche lo Stelvio non l’ho mai fatto, pur essendo anni e anni che vado a Livigno. Un obiettivo del futuro potrebbe essere quello di aggiungere alla lista più salite che posso.

Altrimenti quando dici che sei uno scalatore non ci crede nessuno…

Me ne mancano veramente tante (sorride, ndr). L’Alpe d’Huez l’avevo fatta qualche volta su Zwift durante il lockdown, quando l’hanno aggiunta sulla piattaforma. Solo che non è minimamente paragonabile. Quello che mi ha impressionato è l’inizio.

Subito cattiva?

Vedi il cartello e ti trovi 2 chilometri proprio duri, impegnativi, che non danno respiro. Mi immagino proprio che in gara, quando solitamente l’inizio delle salite si fa sempre molto forte, quel pezzo lì possa essere se non decisivo, di certo determinante nel mettere tanta fatica nelle gambe.

Cavalli e Muzic corrono insieme dal 2021, da quando Marta è arrivata alla FDJ in cui la francese corre dal 2018
Cavalli e Muzic corrono insieme dal 2021, da quando Marta è arrivata alla FDJ in cui la francese corre dal 2018
L’hai scalata avendo ancora una buona condizione?

L’abbiamo fatta tranquillamente, perché partendo con le riprese non abbiamo spinto più di tanto, però comunque la condizione era buona. Un’idea me la sono fatta, diverso sarà capire come andrà in corsa e se ai piedi dell’Alpe arriveremo numerose oppure no. Se la corsa verrà molto dura, in quel punto probabilmente ci sarà già un piccolo gruppo, altrimenti nei primi 2 chilometri avere la squadra accanto sarà decisivo. E’ una salita che si fa rispettare, ma non credo che serviranno scelte tecniche particolari. Al massimo si può mettere un 36×34 giusto per sicurezza, però non è una salita estrema. Si arriva a punte del 15 per cento, ma con un 36×34 si va su pendenze fino al 18 per cento, quindi basterà.

Pensi che il Tour resterà aperto fin lì e ci si giocherà tutto quel giorno?

Non sono sicurissima. Anche la penultima tappa, con l’arrivo a Le Grand Bornand, è abbastanza impegnativa. Però c’è da dire che quest’anno il Tour si è impegnato veramente molto per fare un percorso molto duro. L’ultima tappa sono 3.900 metri di dislivello, non sono pochi. Considerati i 150 chilometri, saranno più di 5 ore.

Hai qualche ricordo di corridori sull’Alpe d’Huez?

In realtà ho ricordi recenti, ad esempio quando l’anno scorso ha vinto Pidcock. Altri non ne ho, perché quando ero piccola facevo fatica a localizzare le salite. In generale, ho sempre guardato il ciclismo, ma per guardarlo e non con la prospettiva di riconoscere le varie salite.

La tappa finale del Tour de France Femmes 2024 prevede la scalada del Glandon prima dell’Alpe
La tappa finale del Tour de France Femmes 2024 prevede la scalada del Glandon prima dell’Alpe

Sette tappe, quasi 1.000 km

Il Tour de France Femmes by Zwift 2024 partirà dall’Olanda. Il secondo giorno proporrà due frazioni: una in linea e una crono. Poi la corsa sfiderà le cotes della Liegi, quindi arriverà in Francia, con le ultime due tappe sulle Alpi. Un percorso impegnativo, con il finale di immensa suggestione sull’Alpe d’Huez.

TappaDataLocalitàChilometri
1ª tappa12/8Rotterdam-La Haye124
2ª tappa13/8Dordrecht-Rotterdam67
3ª tappa13/8Rotterdam-Rotterdam, cronometro individuale6,3
4ª tappa14/8Valkenburg-Liegi122
5ª tappa15/8Bastogne-Amneville150
6ª tappa16/8Remiremont-Morteau160
7ª tappa17/8Champagnole-Le Grand Bornand167
8ª tappa18/8Le Grand Bornand-L’Alpe d’Huez150
tot. 946,3
Come prosegue il tuo inverno? Quando si riparte?

Ho ancora una settimana piuttosto tranquilla, in cui farò soprattutto un po’ di uscite con gli amici. Poi si inizia pian piano fino al 9 dicembre, quando andremo in ritiro con la squadra per i classici 10 giorni in Spagna. Faremo come al solito la presentazione della squadra e poi sarà tempo di cominciare.

Come stai?

Sto bene. Non ho voluto mollare completamente, ho cercato di rimanere sempre piuttosto attiva. Non mi sentivo mentalmente e fisicamente così stanca e provata dalla stagione, come poteva essere negli anni corsi. Quindi ho cercato di godermi la bici con un’altra ottica. Fisicamente sto bene e non ho accusato particolarmente la stagione, forse perché essendo stata un po’ sottotono, non mi sono mai sentita realmente ai miei livelli. Questo mi ha aiutato, ho già la condizione alta per l’anno prossimo.

Muro d’Huy vs San Luca: l’analisi di Marta Cavalli

29.09.2023
5 min
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Aspettando di assistere al Giro dell’Emilia, che domani vedrà impegnati le donne e poi gli uomini sul circuito di Bologna, si è fatta avanti una curiosità. In realtà avremmo potuto dipanarla da soli col semplice ragionamento, ma volete mettere il gusto di parlarne con un’atleta? Che differenza c’è tra il Muro d’Huy e la salita di San Luca? Com’è finire una classica su quelle due salite?

Il Muro è lungo 1.400 metri, il San Luca (noto anche col nome di Colle della Guardia) ne misura 1.900. Il primo ha pendenza media del 9,7 per cento e massima del 18, il secondo ha una media del 10,5 per cento e la massima del 18 per cento. Ma qual è la differenza fra i due arrivi?

Prima le donne e poi gli uomini (nella foto): il Muro di San Luca sabato li abbraccerà tutti
Prima le donne e poi gli uomini (nella foto): il Muro di San Luca sabato li abbraccerà tutti

Quasi 3 minuti di differenza

Lo abbiamo chiesto a Marta Cavalli, che nel 2022 vinse la Freccia Vallone e poi, rientrando proprio dopo la caduta del Tour, si piazzò sesta nella corsa italiana, che la vedrà al via domani.

«Secondo me – esordisce Marta – fare il paragone è difficile, perché non hanno la stessa lunghezza. Il muro di Huy si fa in 4 minuti, più o meno, invece San Luca in 6’47”, quindi quasi il doppio. E poi perché il Muro all’inizio è una falsa salita, ha gli ultimi metri proprio impegnativi e spiana per 100-150 metri quando sei in cima. San Luca invece parte subito con una rampa secca, spiana un po’, poi altra rampa secca alla “S” delle Orfanelle, mentre in cima ci sono più di 400 metri in cui tende a scendere leggermente. Perciò c’è una specie di volata, in cui le carte si rimescolano».

Cavalli sesta all’Emilia del 2022: per lei il rientro dopo la terrificante caduta del Tour con cui ancora fa i conti
Cavalli sesta all’Emilia del 2022: per lei il rientro dopo la terrificante caduta del Tour con cui ancora fa i conti
Altre differenze?

Alla Freccia, il Muro d’Huy si fa tre volte, ma è distribuito in tutta la gara. Quindi ne fai uno subito, uno dopo tre/quarti di gara e uno alla fine. Invece quest’anno al Giro dell’Emilia ci sarà il San Luca due volte di seguito, ma penso che il tempo di recupero tra uno e l’altro sarà meno di 3-4 minuti al massimo. Per questo venerdì (oggi, ndr) andremo a provare il finale.

E’ diversa anche la gestione dello sforzo?

Per il San Luca non ci si può gestire tanto nella prima parte, perché si arriva a forte velocità. C’è una bella lotta per le posizioni, mentre alla Freccia di solito il gruppo è già scremato. Si arriva al Muro che hai già affrontato più di 2.000 metri di dislivello, invece all’Emilia avremo un dislivello pari a zero. Quindi il San Luca nella prima parte sicuramente non si gestisce, perché c’è da difendere le posizioni per prendere la prima curva sulla sinistra in posizione ottimale: soprattutto se la lotta per la posizione non è andata bene, quella è l’occasione per riguadagnare posizioni. Dopo si si può rifiatare un po’, giusto prima delle Orfanelle. Poi si va a tutta per la rampa più impegnativa. Mentre nel finale spiana, quindi solitamente negli ultimi metri di salita ci si guarda un po’, ci si studia, anche perché poi è una volata

In questa fase della stagione, Marta Cavalli si sente più a suo agio sulle salite lunghe, che sugli strappi
In questa fase della stagione, Marta Cavalli si sente più a suo agio sulle salite lunghe, che sugli strappi
Quindi secondo il tuo gusto, meglio la Freccia o l’Emilia?

Forse in questo momento il Giro dell’Emilia è un po’ più adatto, perché la salita è più lunga, quindi posso spalmare lo sforzo in un tempo maggiore. Allo stesso tempo non ho un vero e proprio metro di paragone, perché tutti gli anni arrivavo all’Emilia molto stanca, sia fisicamente che mentalmente e quindi non ho mai reso come a inizio stagione. Quest’anno invece mi sembra che stia andando un po’ diversamente. Avendo fatto una stagione leggermente sottotono, ho ancora parecchia motivazione. Mi sento anche di stare abbastanza bene, tranquilla. Sono quasi curiosa di vedere come potrà andare una gara così, con un approccio differente e con più freschezza.

Con quali rapporti si fanno le due salite?

Io personalmente preferisco sempre il rapporto un po’ più lungo. L’agilità va bene, certo, ma non troppo, perché non porti a casa metri: li lasci tutti nelle pedalate. Diciamo quindi che magari l’Emilia, il San Luca è un po’ più aperto allo scalatore nel senso classico del termine, mentre in Belgio serve uno che sia anche un po’ esplosivo.

Sulle pendenze elevate, come Huy e San Luca, Cavalli preferisce rapporti non troppo agili, per non perdere metri
Sulle pendenze elevate, Cavalli preferisce rapporti non troppo agili, per non perdere metri
Quando vincesti sul Muro, la facesti praticamente tutta in piedi. Il San Luca?

Sicuramente nei tratti più impegnativi, come possono essere le Orfanelle, lì sicuramente sei sui pedali. La prima parte è di slancio, la prima rampa sicuramente sui pedali dall’inizio per cercare di essere più esplosivi. Poi ci si siede anche un po’. Nel caso dovesse esserci una volata breve, si fa sui pedali, perché si arriva con le gambe totalmente in acido lattico e quando sei in acido, fai fatica a spingere sui pedali. Il fatto che il finale spiani e sia in leggera discesa potrebbe favorire anche il rientro da parte di qualcuno che non è troppo distante. Per questo si tira su il rapporto, il 52 oppure il 54. Invece sul Muro giochi con i rapporti dietro: ne tiri giù un paio, non di più.

Anche il Muro d’Huy nel finale molla un po’…

Un po’ spiana, ma è apparente, perché comunque rimane una salita del 4- 5 per cento. Solo che lo si percepisce piatto, perché rispetto al 18 per cento precedente è meno impegnativo. Invece San Luca in cima è proprio zero per cento.

Cavalli all’Ardeche, i dettagli dietro al successo

14.09.2023
5 min
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Abbiamo intercettato Marta Cavalli al rientro dal Tour International de l’Ardeche, che ha conquistato grazie al distacco dato alle avversarie nella tappa regina, vinta in solitaria facendo bottino pieno: tappa e maglia.

La caratteristica che contraddistingue la corsa francese è che tutte le squadre e l’organizzazione pernottano in un grande campeggio. Ogni squadra ha a disposizione tre o quattro bungalow, poi ognuno deve organizzarsi al meglio per gestire i pasti e i trasferimenti, che sono sempre piuttosto lunghi e tortuosi.

La carovana del Tour de l’Ardeche alloggia nei bungalow del Camping Sunelia Le Ranc Davaine
La carovana del Tour de l’Ardeche alloggia nei bungalow del Camping Sunelia Le Ranc Davaine

Aprendo per un istante la pagina dei ricordi, fatta la mia prima esperienza in Ardeche nel 2013, l’anno successivo scommisi con il direttore sportivo che, se avessi fatto podio alla prova di coppa del mondo qualche giorno prima, ci avrebbe portato tutti i giorni al ristorante del campeggio. Purtroppo arrivai quarta per mezza ruota e toccò a noi atlete cucinare per tutti durante tutto il tour.

Marta, avevi mai corso in Ardeche?

Per me era la prima volta. E’ stata una settimana molto impegnativa, ma allo stesso tempo meno stressante rispetto ai grandi Giri. Le giornate erano molto lunghe a causa dei trasferimenti e delle tappe impegnative, però il nostro approccio e l’atmosfera che c’era, forse complice il campeggio, l’hanno resa anche divertente. E’ stato un po’ come ritornare indietro nel tempo a quando correvo le gare open. Era normale vedere gli altri team alla ricerca dell’ombra prima della gara, e le ragazze che, in assenza del camper, si cambiavano in pulmino.

La camping experience…

La soluzione del campeggio è ormai stata accettata come parte della gara. Ogni squadra cerca di organizzarsi al meglio per curare il recupero delle atlete, ma il divario tra i team è netto. 

Sul camion cucina della Fdj-Suez operano lo chef Rossini e la nutrizionista Elsa Hugot
Sul camion cucina della Fdj-Suez per il Tour de l’Ardeche ha cucinato la nutrizionista Elsa Hugot
Ci sono ancora atlete che cucinano e lavano i piatti da sole?

Sì, in effetti la realtà è che si nota molto il divario tra gli squadroni e gli altri team. Noi abbiamo avuto un’organizzazione eccellente, molto professionale e penso che abbia fatto la differenza. Squadre più piccole, con atlete forti, hanno retto bene le prime tappe, poi con l’accumulo della stanchezza, a causa di questa situazione difficile tra trasferimenti e campeggio, non sono più riuscite a stare al passo.

Come eravate organizzati?

C’era tanto staff quante atlete ed avevamo molti mezzi, compreso il food track con la nutrizionista, che in queste occasioni eccezionali, fa anche da cuoca. Lei rimaneva in campeggio a cucinare per il giorno successivo, mentre noi andavamo alla gara portando con noi la colazione d’asporto e il lunch box per il dopo gara. Per rispettare i tempi giusti dei pasti siamo state costrette a mangiare sempre in macchina. Considerando i lunghi e tortuosi trasferimenti, avere tanti mezzi è stato sicuramente un vantaggio, perché viaggiare nei sedili anteriori è sempre meglio.

L’Ardeche è un dipartimento francese nella regione Rhone-Alpes: si corre spesso fra i vigneti
L’Ardeche è un dipartimento francese nella regione Rhone-Alpes: si corre spesso fra i vigneti
Avere la nutrizionista al seguito ha fatto la differenza?

E’ stata bravissima a trovare soluzioni d’asporto pratiche, per mantenere la nostra dieta pre-gara anche in queste condizioni. Il mio porridge per esempio era meno liquido del solito alla mattina. Alla sera invece mangiavamo all’aperto. Purtroppo la luce fuori dal bungalow non funzionava, così per vedere quello che si mangiava avvicinavamo il più possibile il tavolo al food track, da cui usciva uno spiraglio di luce. E’ stato divertente.

Come hai gestito il rifornimento in gara?

Insieme alla nutrizionista abbiamo studiato i percorsi per pianificare i punti di rifornimento. Avendo a disposizione tanto personale, siamo riuscite ad averne anche sei volte in 100 chilometri e nei momenti migliori. In questa gara si andava in salita ad andatura vivace oppure si affrontavano discese tecniche, quindi non c’erano molte occasioni per mangiare. Anche in questo caso l’organizzazione professionale del mio team è stata fondamentale: abbiamo avuto tutto ciò di cui avevamo bisogno in gara al momento giusto.

Suk podio finale del Tour de l’Ardeche, Cavalli ha preceduto Erica Magnaldi e Anastasyia Kolesava
Suk podio finale del Tour de l’Ardeche, Cavalli ha preceduto Erica Magnaldi e Anastasyia Kolesava
Come valuti questa esperienza? 

Non avevo mai fatto nulla di simile, ma è stato bello. I percorsi mi sono piaciuti molto. Credo che come team non potessimo organizzarci meglio di così. Personalmente la presenza del food track con la nutrizionista è un grosso vantaggio, perché essendo a conoscenza della mia intolleranza al lattosio, prepara soluzioni apposta per me. Eravamo attrezzate così anche per Tour e Vuelta (al Giro no, perché in Italia si mangia sempre bene) e ho notato che sono molto più tranquilla. So che quello che mangio è sicuramente privo di lattosio, ed è tutto ciò di cui ho bisogno.

Questa testimonianza di Marta, fa riflettere sui passi in avanti fatti dal ciclismo femminile negli ultimi anni, soprattutto grazie agli squadroni WordTour e sui miglioramenti ancora possibili. Con il successo in Ardeche, Marta si prepara con determinazione per gli ultimi appuntamenti di stagione, e nella speranza di vederla trionfare in Italia sul San Luca o alle Tre Valli, le facciamo anche noi un grosso in bocca al lupo.

Sotto lo sguardo di Borgato: tre top e tre flop del Giro Donne

12.07.2023
6 min
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Lo ha seguito, lo ha commentato, lo ha vissuto: con Giada Borgato (nella foto di apertura) torniamo sul Giro d’Italia Donne. Una sorta di resoconto che ci porta ad analizzare i tre top e i tre flop della corsa rosa al femminile.

Grosse sorprese non ce ne sono, ma è interessante conoscere il perché dei giudizi elargiti dalla padovana. Giudizi sempre tecnici e mai banali, tipici di chi ha corso fino a pochi anni fa.

Van Vleuten versione Cannibale: tre tappe, maglia rosa, maglia della classifica a punti e quella dei Gpm
Van Vleuten versione Cannibale: tre tappe, maglia rosa, maglia della classifica a punti e quella dei Gpm

Van Vleuten famelica

Partiamo dai top, dalle ragazze che si sono ben distinte. E in pole position Borgato mette Annemiek Van Vleuten. 

«Una Annemiek prendi-tutto, una cannibale – spiega Giada – si è dimostrata di un altro livello con prestazioni top grazie alle quali lasciava sul posto tutte le altre. Lo ha mostrato sin dalla seconda tappa. Ha preso la maglia rosa, non l’ha più mollata e ogni volta che ha avuto la possibilità di dimostrare di essere la più forte lo ha fatto: nessun regalo a nessuna».

Il cannibalismo dell’atleta della Movistar è per Borgato forse l’unico aspetto negativo di questa formidabile atleta. Giada sostiene che almeno nella tappa di Alassio, Annemiek poteva lasciare andare.

«Aveva già un grande margine sulla seconda, poteva restare con le altre – magari riaccendendo un filo di souspence, aggiungiamo noi – e lasciare quel traguardo parziale. Poteva far vedere che stava facendo un pizzico di fatica anche lei.

«Okay che decide di vincere in maglia rosa sul Santuario di Madonna della Guardia, ma per il resto… Ma lei è sempre stata così, per di più è all’ultimo anno di carriera e voleva lasciare un segno forte. Di un’altra categoria».

Gaia Realini ha mostrato sangue freddo quando si è ritrovata leader
Gaia Realini ha mostrato sangue freddo quando si è ritrovata leader

Brava Gaia

L’altra promossa, e non poteva non essere così, è Gaia Realini. Borgato non si limita ad inquadrarla in questo Giro Donne. La sua escalation l’abruzzese l’ha mostrata sin dall’inizio della stagione.

«Ha vinto quest’inverno all’UAE Tour, si è ripetuta alla Vuelta. Oltre al podio, mi è piaciuto il suo atteggiamento: sempre propositiva, sempre attiva… anche per la squadra. Un podio al Giro Donne a 22 anni è un successo. In più ha conquistato la maglia di miglior giovane e quella di migliore italiana. Credo che neanche lei se lo immaginava prima di partire».

Borgato esalta anche un altro aspetto di Realini, vale a dire la tenuta psicologica. Di fatto Gaia si è trovata ad essere leader, ma ha tenuto bene.

«Si è ben comportata in questo ruolo, doveva lavorare per Elisa Longo Borghini e si è ritrovata capitana, che è tutt’altra cosa. Altre pressioni e non era in una squadretta.

«E’ anche vero che le ragazze sono state compatte. La Deignan, esperta, era la sua ombra. Nella Lidl-Trek, mi diceva anche Slongo, c’era tanto affiatamento, ma si vedeva anche da fuori, si percepiva. Davvero un bel salto di qualità per questa ragazza, che ha ancora grandi margini di crescita».

Borgato ha esaltato la crescita del movimento. Una crescita che si riscontra nelle prestazioni e anche fisicamente con strutture più corpose
Borgato ha esaltato la crescita del movimento. Una crescita che si riscontra nelle prestazioni e anche fisicamente con strutture più corpose

Ciclismo femminile: si vola

Il terzo top Borgato lo assegna, con un certo piacere, non ad un’atleta ma… al movimento ciclistico femminile. 

«Ogni volta – dice Borgato – resto stupita di quanto sia cresciuto. Cammino nelle aree dei parcheggi e vedo bus, ammiraglie, motorhome dei meccanici. Oggi gli organizzatori quando devono preparare un evento devono sedersi bene ad un tavolo. Una volta bastava un piccolo parcheggio, arrivavano qualche auto e qualche furgone ed era fatta. Ora servono spazi ampi davvero».

«Anche gli staff sono cresciuti. Alcune squadre arrivavano a venti persone fra diesse, massaggiatori, meccanici… Venti persone per sette ragazze. E tutto questo porta ad un incremento delle prestazioni. Adesso per le cicliste è un lavoro vero. Tutte hanno fatto dalle due alle tre settimane di altura prima del Giro Donne. Ai miei tempi se ci andavi, salivi una settimana l’anno e a tue spese.

«Sono felicissima di questo aspetto e ammetto che provo anche un pizzico d’invidia! Ma ben venga questo livello».

Marta Cavalli ha chiuso il Giro Donne in 14ª piazza. «Eppure – ha detto Borgato – a giugno aveva dato segnali di ripresa»
Marta Cavalli ha chiuso il Giro Donne in 14ª piazza. «Eppure – ha detto Borgato – a giugno aveva dato segnali di ripresa»

Forza Marta

Passiamo invece a chi in questo Giro Donne è stato “bocciato”. Tra i flop, Giada parte da Marta Cavalli… Tutti ci aspettavamo tanto dalla “Marta nazionale”, ma sappiamo le difficoltà che sta vivendo in questa stagione.

«Marta è la prima che mi viene in mente – dice Borgato – Nulla di preoccupante, ci siamo anche parlate. Veniva da un super 2022: una campagna del Nord ottima, il Giro Donne… Però questa stagione non è partita con il piede giusto per lei. Ha sempre avuto qualche problema e non è mai riuscita a prendere un buon ritmo, anche se dopo i risultati di giugno un po’ ci ha fatto sperare che la rotta fosse cambiata. E’ stata una delusione per lei stessa, in primis, e poi anche per i suoi tifosi».

«In questo Giro è anche caduta e avvertiva dei dolori al bacino. Mi ha raccontato che anche in virtù di questa caduta, per restare attaccata al gruppo in certi frangenti ha dovuto fare dei fuorigiri che poi ha pagato. Di fatto, poverina, non si è mai vista».

La grinta non manca a Mavi Garcia, ma tatticamente sono riemerse le solite lacune
La grinta non manca a Mavi Garcia, ma tatticamente sono riemerse le solite lacune

Garcia indomabile

Bollino rosso anche per Mavi Garcia. Passano le stagioni ma certi errori, a quanto pare, sono gli stessi.

«Attacca e si stacca. Lo scorso anno è stata terza, quest’anno settima: c’è qualcosa da rivedere. Per Garcia il discorso va oltre la “giornata no”, per me si è gestita male. Se non sei super è inutile che attacchi. A quel punto meglio stare tranquilla, non saltare e magari riuscire a fare quinta».

«In una tappa ha provato a rientrare su Van Vleuten e Longo Borghini, ha speso l’ira di Dio, gli è arrivata a 100 metri, non ha chiuso e si è piantata. Idem verso il Santuario di Madonna della Guardia, quando ha attaccato sulla salita (velocissima, ndr) precedente. Okay che è arrivata tardi al ciclismo, ma ormai è esperta. Mi dicevano i suoi tecnici che lei è così. Anche Giorgia (Bronzini, la sua diesse, ndr) mi ha detto che non è facile da gestire».

Marianne Vos (a destra) e Fem Van Empel… in questo Giro non hanno reso come ci si aspettava
Marianne Vos in questo Giro non ha reso come ci si aspettava da una leonessa qual è

Vos e Jumbo, pollice verso

L’ultimo pollice verso Giada lo indirizza a Marianne Vos e alla sua Jumbo-Visma.

«Partiamo da Marianne. Ha commesso degli errori quasi da principiante. Okay, nella prima volata Wiebes l’ha battuta, ha trovato chi era più forte, ma nella seconda su un arrivo che tirava e quindi perfetto per lei, è partita lunghissima e alla fine si è letteralmente piantata. Ha fatto un gestaccio, ma se la doveva prendere solo con sé stessa. O al massimo con la sua squadra che l’ha lasciata sola. Si è dovuta arrangiare, cosa che sa anche fare bene, ma ha sprecato energie e forse non era lucida. E poi oggi conoscono gli arrivi per filo e per segno. Fanno le riunioni, hanno strumentazioni specifiche… non è come una volta che lo scoprivi quando ci arrivavi».

«Parlando della Jumbo-Visma invece è mancata nella generale. Qualcosa dovranno analizzare. Hanno ottenuto un piazzamento (undicesima, ndr) con Fem Van Empel, ma in generale per uno squadrone come il loro c’è da rivedere la campagna acquisti. Puntavano su Marianne okay, ma anche Vos non può portare sempre tutto il peso del team».

E tre! Anche al Giro Donne si celebra e si brinda con Astoria

07.07.2023
4 min
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Astoria Wines è sponsor e fornitore ufficiale del Giro Donne. Dopo il Giro d’Italia ed il Giro d’Italia Next Gen, conclusosi a Trieste appena qualche settimana fa, la casa vitivinicola trevigiana è presente ed assoluta protagonista sul palco della più importante corsa a tappe femminile del nostro paese. Un vero e proprio “en plein” quello realizzato nel 2023, a conferma di quanto Astoria sia vicina al mondo del ciclismo e quanto lo stesso mondo del ciclismo sia importante e strategico per la propria promozione.

Dopo il Giro d’Italia maschile, dove a trionfare è stato Primoz Roglic, e il Giro Next Gen, dedicato ai giovani talenti del panorama ciclistico mondiale, è giunto il tempo di Giro Donne: la manifestazione a tappe in programma proprio in questi giorni, con epilogo fissato per domenica 9 luglio in Sardegna. E come appena anticipato, Astoria si ripropone sul podio anche di questa manifestazione: un appuntamento che rappresenta una delle gare “clou” del calendario ciclistico femminile internazionale. Una ulteriore conferma di quanto il marchio trevigiano, conosciuto in tutto il mondo per il proprio Prosecco, sia oramai riconosciuto ed accreditato ovunque anche come il marchio per eccellenza legato alle premiazioni del grande ciclismo. 

Per il Giro Donne è stata realizzata una bottiglia speciale, turchese
Per il Giro Donne è stata realizzata una bottiglia speciale, turchese

Una bottiglia speciale

E la ricetta, anche per il Giro Donne, è quella super consolidata: si brinda Astoria con la vincitrice di tappa, con la leader della generale, e con tutte le protagoniste delle classifiche generali individuali e a squadre. E a far bella mostra di sè sul podio è come sempre l’inconfondibile bottiglia intagliata di Astoria, quest’anno e per questa edizione del Giro Donne presentata in una speciale livrea turchese per far riprendere ed esaltare i colori ufficiali dell’evento. Astoria accompagna ogni giorno la carovana rosa lungo i complessivi 930 chilometri del percorso, divisi nelle 9 tappe del Giro Donne: da Chianciano Terme fino ad Olbia in Sardegna. Con un grande brindisi sul podio per celebrare ogni singolo giorno di manifestazione!

Staune-Mittet e compagni hanno celebrato la vittoria al Giro Next Gen con Astoria
Staune-Mittet e compagni hanno celebrato la vittoria al Giro Next Gen con Astoria

Parla Polegato

«Siamo molto, molto felici – ha dichiarato Filippo Polegato, Amministratore Delegato di Astoria Wines – di poter continuare a sostenere il Giro Donne e di verificare come, anno dopo anno, prepotentemente cresca l’entusiasmo per questa bellissima manifestazione. Una gara di grande spessore, forte anche della presenza di ben 24 team internazionali al via e del prestigio assoluto di molte atlete che vi partecipano, a cominciare dalla campionessa uscente, la fuoriclasse olandese Annemiek Van Vleuten. Inoltre, la gara si concluderà in Sardegna, una regione in cui Astoria è da sempre e storicamente molto presente commercialmente. Allo scorso Vinitaly di Verona, presso il nostro stand, abbiamo avuto il piacere di ospitare una madrina d’eccezione come Marta Cavalli: lei ed Elisa Longo Borghini sono senza dubbio le più importanti rappresentanti di un movimento ciclistico femminile italiano che mai come in questi anni gode di ottima salute».

La qualità di Astoria è il suo principale marchio di fabbrica
La qualità di Astoria è il suo principale marchio di fabbrica
Cosa significa per un brand come Astoria essere “sul podio” delle tre più importanti corse a tappe italiane con la qualifica di sponsor e fornitore ufficiale?

«Significa tantissimo. E’ in sintesi il coronamento di tutti i nostri sforzi e di tutte le nostre attività, sia commerciali che di marketing, finalizzate a risaltare la nostra presenza e la nostra promozione associata al mondo del ciclismo. Un percorso che ha preso il via ben dodici anni fa e che da qual giorno non ha mai smesso di crescere. Il risultato? Grande positività verso il nostro marchio, acquisizione di nuova clientela, consolidamento di quella in essere, ed un posizionamento tra quelli che difiniamo wine-lovers davvero molto, molto interessante…».

Perché avete scelto di affiancarvi a delle corse a tappe?

«Semplice. Con il Giro d’Italia in primis, ma anche con il Next Gen e con il Giro Donne, effettuiamo mesi e mesi prima una specifica programmazione sui tracciati di gara andando ad individuare, con i nostri collaboratori, tutte le opportunità che si possono cogliere in chiave commerciale. Un lavoro che per noi diventa ancora più interessante e strategico quando ad esempio il Giro d’Italia parte dall’estero, come è stato in Ungheria l’anno scorso, oppure quando sono previsti sconfinamenti, come quest’anno in Svizzera in occasione della tappa con arrivo a Crans Montana. Astoria è presente in tantissime nazioni all’estero e queste occasioni sono per noi davvero molto ghiotte per ulteriormente migliorare la nostra posizione commerciale».

Filippo Polegato, Amministratore Delegato Astoria Vini
Filippo Polegato, Amministratore Delegato Astoria Vini
Non solo Italia e Grandi Giri italiani. Astoria è stata anche Vuelta ed “è” Giro di Polonia…

Esattamente. Proprio legandomi a quanto appena detto, i mercati esteri sono per noi estremamente importanti. Così abbiamo deciso di affiancare sia la Vuelta, nelle stagioni 2020 e 2021, quanto il Tour de Pologne: una collaborazione quest’ultima con la famiglia Lang che viaggia spedita e che si rinnoverà anche con l’edizione 2023 in programma ad agosto.

Astoria

Succede tutto. Longo cade, Van Vleuten ipoteca il Giro

04.07.2023
6 min
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CERES – Il momento chiave nell’economia del Giro Donne avviene quando mancano circa sette chilometri alla fine della quinta tappa, quella considerata regina e che supera le attese della vigilia. Si scende da Sant’Ignazio, l’ultimo Gpm di giornata, verso Pessinetto. Prima di un tornante stretto a destra c’è una curva veloce che va verso sinistra. Sono quelle che possono fare la differenza nel bene o nel male. E’ lì che si costruisce la forte ipoteca della maglia rosa sulla generale.

Van Vleuten e Longo Borghini inseguono Niedermaier. Prima l’olandese e poi l’italiana sbagliano l’entrata in curva e cadono a distanza di pochissimi secondi l’una dall’altra ma con esiti diametralmente opposti. La leader del Giro Donne tira dritto nel prato e riparte subito. La campionessa italiana della Lidl-Trek scoda e vola oltre un cumulo di terra e sassi in mezzo alle piante facendo vivere un grosso spavento a tutti finché non ricompare. Sul traguardo di Ceres si avverte il pathos tipico delle tappe che mantengono alta l’attenzione di chi la segue. Alla fine vince Niedermaier che resiste al violento assalto di Van Vleuten mentre Fisher-Black completa il podio parziale.

La giovane Antonia

La ventenne Niedermaier trova il successo più importante della carriera in Italia dove nel 2021 a Trento da junior aveva colto l’argento europeo a cronometro. Ora è seconda a 2’07” da Van Vleuten, indossa la maglia bianca di miglior giovane e per lei è lecito pensare a difendere il piazzamento da Ewers (terza a 2’18”) e tutte le altre.

«Oggi ho sfruttato l’occasione – racconta la tedesca della Canyon Sram con un grande sorriso – per attaccare considerando che le big si stavano studiando. Ho scollinato con 15” di vantaggio e in discesa ho solo pensato a mantenere quel margine. Sentivo di avere buone gambe, soprattutto negli ultimi cinque chilometri ma onestamente devo dire che l’ultimo chilometro (tutto in salita, ndr) sembrava ne durasse dieci. Solo quando ho passato la linea ho realizzato quello che avevo appena fatto».

«Naturalmente il mio obiettivo è stare nelle posizioni alte della generale, cercando di portare a casa la maglia bianca. Vedremo quello che succederà nei prossimi giorni».

Minuti e cadute

Dietro Niedermaier, le atlete arrivano alla spicciolata ed il tassametro sale. I volti delle ragazze che si infilano nella strettoia dopo il traguardo tra municipio e chiesa sono scavati dalla fatica.

Alcune di loro portano i segni delle cadute. Fisher-Black ha il braccio sinistro e parte del mento abrasi da una caduta di inizio tappa. Longo Borghini invece ha la maglia tutta rovinata, sporca e maschera il dolore delle forti botte. Per lei sarà d’uopo una visita all’ospedale per accertamenti anche se apparentemente sembra voler trasmettere tranquillità a Francesca Della Bianca, medico della squadra che l’accompagna al bus, sotto gli occhi preoccupati di mamma, nipote e cittì Sangalli.

Marta Cavalli si tocca il fianco destro seppur non abbia strappato i pantaloncini. Bocche cucite, difficile strapparle qualche dichiarazione in questi momenti concitati. Ma qualcuno parla per lei.

«Marta è molto delusa per oggi – commenta Stephen Delcourt, il general manager della Fdj-Suez – più per la caduta nell’ultima discesa che altro. Il nostro piano di oggi era quello di fare un buon ritmo sulla prima salita. Dal Gpm è transitata staccata ma è rientrata sulla testa della corsa insieme ad altre atlete. Davanti c’erano Van Vleuten e Longo Borghini e Marta ha saputo tornare su di loro. Però lei adesso non è al meglio della condizione.

«Deve avere pazienza, ha bisogno di accettare che non è un robot. Step by step potrà rientrare a combattere per le classifiche generali».

Cavalli spiega a Delcourt la sua caduta. Giornata difficile per la cremonese della Fdj-Suez
Cavalli spiega a Delcourt la sua caduta. Giornata difficile per la cremonese della Fdj-Suez

«Gli obiettivi di Marta – continua Delcourt – erano e sono sia il Giro Donne che il Tour Femmes ma dopo la caduta dell’anno scorso lei ha sempre più bisogno di continuare a correre. Noi siamo davvero molto tranquilli e pazienti per il suo ritorno ad alto livello. Il suo morale è buono anche se la seconda tappa poteva dare l’impressione contraria. Adesso deve concentrarsi sul conquistare una tappa (ora è tredicesima a 6’15”, ndr). Anzi, come squadra dobbiamo proprio vincere prima che inizi il Tour».

Vista da Gaia

L’interminabile cerimoniale del Giro Donne obbliga tutti a fare i conti con l’orologio e con difficoltà logistiche. Però sotto il podio delle premiazioni c’è spazio per farsi raccontare la tappa da Realini, quinta in classifica a 3’14” e maglia azzurra di miglior italiana.

«La Van Vleuten – ci dice Gaia – ha attaccato subito sul Pian del Lupo (Cima Coppi del Giro Donne, ndr), una salita lunga e dura. Io l’ho seguita e abbiamo fatto la differenza sulle altre. Ci aspettavamo questa azione della maglia rosa. Nella riunione pre-gara ci eravamo detti di fare molta attenzione. Il resto della tappa però era vallonata e siamo state riprese finché ci siamo raggruppate in una decina. Sull’ultima salita Van Vleuten ha attaccato ancora ma stavolta è stata Elisa ad andarle dietro. Alla fine ho chiuso in sesta posizione e va bene così. La seconda tappa aveva fatto già la differenza».

«Questo Giro non era disegnato molto duro però sapevamo che Van Vleuten ad ogni tappa avrebbe tentato qualcosa. Noi ci siamo difese, lo faremo fino all’ultimo giorno e vedremo come andrà a finire».

Realini (qui col cittì Sangalli) ha dimostrato di saper tenere le ruote di Van Vleuten
Realini (qui col cittì Sangalli) ha dimostrato di saper tenere le ruote di Van Vleuten

«La mia discesa è andata bene – conclude Realini, spettatrice diretta dell’incidente a Longo Borghini – l’ho presa con le altre dietro. Avevamo un ritardo di circa 20” e siamo scese un po’ più tranquille. Invece Elisa ha avuto questa caduta. Sono passata di lì poco dopo.

«Un po’ ho preso paura perché non vedevo Elisa e in radio ho subito chiesto cosa fare ad Ina (la diesse Teutenberg, ndr). Mi ha risposto di proseguire senza preoccuparmi che ci avrebbe pensato lei. Adesso vediamo com’è messa e chiaramente spero stia bene».