Gobik, tra festa e affari, ragionando su Ineos e Movistar

26.01.2024
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BENIDORM (Spagna) – Mentre tutto intorno è in pieno svolgimento la Coppa del mondo di ciclocross e ormai si attende solo la grande sfida tra Van der Poel e Van Aert, nel villaggio Gobik, ricavato a margine dell’area VIP, si respira aria di festa. L’azienda di abbigliamento spagnola che ha sede a Yecla, a un centinaio di chilometri da qui verso l’interno, ha portato allegria, cibo, cerveza e un clima decisamente domenicale. La leggerezza tuttavia non tragga in inganno: in questa giornata di ciclismo e risate, si intrattengono clienti e si approfondiscono relazioni.

«E’ una festa – dice Mariana Palao Ureña, Sports Marketing – ed è anche lavoro. Ho la fortuna di trovarmi in un’azienda che ci permette di vivere il lavoro come una festa. Adoro il ciclismo, è la giornata ideale».

Mariana Palao Ureña e David Martinez sono in Gobik responsabile alle vendite e della comunciazione
Mariana Palao Ureña e David Martinez sono in Gobik responsabile alle vendite e della comunciazione

Movistar + Ineos

Da quest’anno Gobik veste anche il Team Ineos Grenadier e per questi stessi giorni la squadra britannica ha chiesto un incontro a porte chiuse in azienda per fare il punto della situazione e concordare strategie. La curiosità è tanta, soprattutto per capire in che modo Gobik riuscirà a seguire anche il Movistar Team, cui sono legati dalla bandiera spagnola e dall’amicizia. Ci risponde David Martinez, responsabile della comunicazione, originario proprio di Yecla e con orgoglio sottolinea che grazie a Gobik, la sua piccola città s’è guadagnata un posto sulle carte geografiche.

«Abbiamo lavorato con altre grandi squadre – dice – in precedenza anche con la UAE Emirates e la FDJ-Suez delle donne. Come siamo arrivati a Ineos? Le squadre parlano fra loro, si creano sinergie e capita che i contatti avvengano grazie a questi scambi di opinioni. La qualità dei prodotti è buona e lo è anche la capacità produttiva. E tutto questo è ottimale per una squadra che ha tante esigenze in termini di capi, numero di capi e caratteristiche tecniche. Non ci sono grandissime differenze fra i due team. Entrambi gareggiano d’estate, quindi maniche corte e pantaloncini. Poi d’inverno e sotto la pioggia. Il livello tecnico è molto alto e da diversi anni utilizziamo attrezzature professionali che danno un risultato molto soddisfacente».

Ogni squadra ha il suo livello oppure esiste un livello Gobik, che va bene per tutti? Il Team Sky aveva costruito attorno a sé il mito della ricerca estrema…

Quando si lavora con i team, alla fine non c’è uno che prevale sull’altro. Per noi diventa l’occasione di creare nuovi capi su cui applicare e poi testare ogni volta le caratteristiche tecniche migliori. Capita che un corridore di Ineos o Movistar abbia improvvisamente bisogno che la giacca protegga di più dal vento oppure che sia più stretta o più lunga, perché in questo modo ripara dalla pioggia. Quando poi, grazie alla loro collaborazione, vengono realizzati e rifiniti i nuovi capi, questo sviluppo finisce nella collezione dell’anno dopo e può essere apprezzato dal cliente finale.

Movistar ha la squadra di gravel, Ineos ha ciclocross e mountain bike: ci sono somiglianze o sono due cose diverse?

Alla fine il ciclocross e la mountain bike sono più competitivi. Si gareggia con indumenti attillati come su strada, a parte alcune piccole differenze. Nel caso di Ineos, ad esempio, si usano due maglie diverse. Qui a Benidorm, Pidcock utilizza lo speciale kit da ciclocross, diverso dal design da strada e mtb, che abbiamo realizzato per loro, con tonalità più arancioni e con specifiche tecniche diverse rispetto a quello da strada.

Invece per il gravel?

Nel caso di Movistar, la squadra fuoristrada è concepita come un test per i corridori più avventurosi e amanti delle lunghe distanze, che quindi non sono così competitivi. Per loro sviluppiamo un abbigliamento adeguato alle esigenze. Quindi maglie meno attillate e tasche più ampie in cui riporre i rifornimenti, perché sono prove molto lunghe che richiedono l’autosufficienza. Quindi il discorso è un po’ diverso.

Ganna in azione nella Surf Coast Classic in Australia, vestito con i nuovi materiali Gobik
Ganna in azione nella Surf Coast Classic in Australia, vestito con i nuovi materiali Gobik
La quantità di materiale per Ineos e Movistar è simile?

Lo stesso, praticamente identica. Anche il gruppo impegnato nella produzione è lo stesso. Lavoriamo tutti insieme per garantire le stesse risorse a un team e all’altro.

A che cosa serve incontrarsi con Ineos a inizio stagione?

Serve per pianificare, a livello di comunicazione, che cosa sarà il 2024. Se c’è qualche azione speciale che vogliamo fare durante l’anno, è bene pianificarla in modo da poter iniziare a lavorarci. Anche qui abbiamo realizzato l’evento con Tom Pidcock (foto Gobik Wear/davideacedo in apertura), che prevedeva un’esperienza nell’area VIP, la possibilità di incontrare Tom prima della gara e un tour all’interno del pullman della squadra.

Quanto è importante la comunicazione oggi?

Restando nell’ambito dell’abbigliamento, dico sempre che possiamo anche realizzare i capi migliori e con lo sviluppo tecnico più all’avanguardia, ma alla fine se il corridore non lo prova e lo comunica, la gente non lo saprà mai. Quindi per me la comunicazione ben fatta è una delle cose più importanti. Al pari di saper fare dei prodotti di prima qualità.

Il mondo Gobik, storia spagnola di lavoro e passione

26.04.2023
9 min
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YECLA (Spagna) – La città arriva all’improvviso dopo circa un’ora di guida fra paesi, montagne e spianate riarse dal sole. La stagione è secca, il termometro riporta 27 gradi e i notiziari parlano di penuria d’acqua, al pari di quello che avviene in Italia. Quando parcheggiamo davanti alla sede di Gobik ci guardiamo intorno, cercando di dare una dimensione all’azienda di abbigliamento che in così pochi anni ha scalato le gerarchie mondiali (apertura foto Victor Julian Restarts)

I titolari l’hanno voluta qui sin dalla fondazione nel 2010, nella cittadina di 35 mila abitanti alle porte delle salite su cui loro per primi si arrampicavano in bicicletta. Se ami a fondo la tua terra, lavorare per restituirle qualcosa viene da sé. Gobik è un’azienda di ciclisti che lavora per i ciclisti. Dopo qualche ora con Mariana Palao Ureña, responsabile delle vendite, e Alfonso Llorens Zabala, country manager, questa è la sensazione che se ne trae.

Mariana Palao Ureña e Alfonso Llorens Zabala sono stati le nostre guide alla scoperta di Hobik
Mariana Palao Ureña e Alfonso Llorens Zabala sono stati le nostre guide alla scoperta di Hobik

I giusti segreti

Dopo un rapido tour nella palazzina degli uffici, al cui pianterreno una volta si svolgeva la produzione mentre ora vi si affrontano le lavorazioni fuori programma per le squadre e gli eventi, la visita alla nuova sede lascia senza fiato. Nei poli industriali di Yecla si producono soprattutto mobili e Gobik ha rilevato proprio il capannone di un mobilificio e lo sta trasformando in un centro produttivo di 15 mila metri quadrati: ugualmente alle porte delle montagne e a distanza minima dalla sede centrale. Abbiamo camminato in mezzo alla produzione, ma non abbiamo potuto fotografare tutto: quel che abbiamo visto ci ha dato però il chiaro senso dello sviluppo.

«E’ come quando inviti qualcuno a casa – sorride in modo fermo Mariana – e tieni alcune porte chiuse. Vogliamo difendere la nostra intimità, non è necessario che tutti vedano tutto. Quello che facciamo viene pensato e studiato a fondo, non possiamo insegnarlo agli altri».

Quasi 200 famiglie

Attualmente i dipendenti Gobik sono circa 180, più altri 50 collaboratori che non vivono costantemente in azienda. I numeri sono raddoppiati, anche per rispondere alla crescita quasi incontrollata che si è scatenata dopo la pandemia. Ora che invece il ritmo ha ripreso un andamento gestibile, lo sviluppo prosegue secondo strategie definite.

«La pandemia ci ha colpito – spiega Mariana – ma non ci ha danneggiato. Quando tutto si fermò, noi pensammo che c’erano comunque 200 famiglie che contavano su Gobik. E visto che avevamo il necessario per andare avanti con la produzione, appena abbiamo avuto il via libera per ripartire, ci siamo fatti trovare pronti. Quando l’azienda è stata riaperta, il lavoro è ripreso forte. Non ci siamo fermati. In certi casi, si nuota o si va a fondo. E noi abbiamo nuotato».

L’obiettivo di vincere

La produzione per i team è su misura e dà vita alle varie collezioni. Il 50 per cento dei capi in vendita deriva infatti dai test eseguiti con gli atleti nelle situazioni più estreme: dal grande freddo al grande caldo.

«L’obiettivo di un professionista – prosegue Mariana – è vincere le corse. E quando non trova quello di cui ha bisogno, va a cercarsela altrove, anche fra marche non ufficiali. Noi siamo orgogliosi che con noi non accada. Il nostro motto è non essere conformisti e questo significa che ogni cosa deve essere perfetta, anche se significa far saltare gli schemi. Se un prodotto esce sul mercato, siamo sicuri che funziona bene. E’ un processo difficile, ma necessario».

Fra qualità e marketing

La collezione si affronta in media un anno e mezzo prima della sua uscita, affinché sia pronta nove mesi prima del lancio. Parliamo nella sala riunioni, con la linea dedicata alla Nove Colli sul tavolo ed è immediato capire che alla qualità del prodotto sia affiancata una sapiente azione di marketing: i due aspetti sono complementari.

«Qualità e marketing – dice Mariana – sono importanti, ma se non hai il prodotto, c’è poco da spingere. Agli inizi, quando lavoravamo su collezioni personalizzate, non avevamo un grande marketing: tutto si basava sul passaparola. Poi è arrivato il sito internet, sono arrivati i social e i testimonial. In quel momento alla qualità del prodotto si è affiancata un’azione di marketing, sempre difendendo la qualità del prodotto. Del resto, se fornisci i tuoi capi ai professionisti e testimonial come Contador e Basso, devi essere sicuro di dargli un ottimo prodotto».

Nonostante tutto sia molto industrializzato, l’azione dell’uomo è necessaria
Nonostante tutto sia molto industrializzato, l’azione dell’uomo è necessaria

Il ruolo dei pro’

Il rapporto con le squadre, per Gobik come per tutte le altre aziende che sviluppano i propri prodotti, è una importante chiave di volta. I professionisti richiedono flessibilità e hanno la grande capacità di individuare e comunicare quel che funzione e quello che non va. Ad oggi Gobik veste il Movistar Team, il Team Eolo-Kometa e la FDJ-Suez-Futuroscope di Marta Cavalli.

«Ci appoggiamo ai corridori più pignoli – spiega Alfonso, che parla un ottimo italiano avendo vissuto a lungo a Milano – quelli che chiedono sempre delle migliorìe. Con loro si lavora quasi esclusivamente su misura. Le taglie standard sono quelle, però poi bisogna fare caso alle aree di provenienza degli atleti. La taglia M in Belgio richiede una lunghezza superiore, perché mediamente i belgi sono più alti. Per cui a quel punto si va sul personalizzato. Il segreto per durare tanto con loro? Seguirli nelle corse. Stare con loro. Li accompagniamo nei ritiri e nelle gare più importanti e alla fine ci riconoscono, ci guardano in faccia e noi siamo lì per supportarli».

Si lavora alla cucitura dello smanicato della collezione gravel: la stessa usata da Valverde nei giorni di Berja
Si lavora alla cucitura dello smanicato della collezione gravel: la stessa usata da Valverde nei giorni di Berja

Tutto in casa

Nella nuova sede, come pure nella vecchia, i dipendenti hanno un rimessaggio per le bici e una serie di spazi relax: la dirigenza, spiegano, spinge verso la pratica sportiva, con la convinzione che uno sportivo ha più criterio e disciplina anche nel lavoro. Nascerà una ludoteca: il tutto nel giro di un anno, questa almeno la stima per la fine dei lavori.

«Siamo orgogliosi – riprende Mariana – di essere una marca spagnola che lavora in Spagna. Abbiamo il 95 per cento della produzione in casa e solo pochi articoli, pur progettati in sede, vengono affidati fuori ad aziende che dispongono di macchinari speciali. I guanti ad esempio li facciamo in Italia, ma l’obiettivo è avere tutto qui, perché ci dà più libertà. Producendo in casa, possiamo controllare tutto. Se producessimo in Bulgaria o in Cina, non avremmo la serenità giusta».

Il mercato italiano

Questa la sintesi di un viaggio molto interessante, nella casa di un’azienda che ha individuato anche negli eventi il modo per farsi conoscere. Sono prodotte da Gobik le maglie per la Nove Colli, per la Dolomiti Superbike, la Mallorca 312, la Mont Ventoux e le Gran Fondo Series di Specialized che si aprirà il prossimo fine settimana con la Fenix Bra Bra.

«In Italia stiamo crescendo – conclude Alfonso – anche grazie alle manifestazioni. E crediamo che una buona rete vendita sia necessaria, anche a prescindere dall’online. I numeri si fanno con gli amatori e le persone devono avere la possibilità di vedere il marchio Gobik, di toccarlo con mano. Va bene tutto quello che permette all’ecosistema di mantenersi. E i negozi a loro modo sono piccoli ambassador dell’azienda. Il punto di primo accesso».