Boaro e l’ammiraglia: la somma di tante esperienze diverse

19.02.2024
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Una volta scesi dalla bici ci si accorge che la vita e il mondo del ciclismo sono diversi da come li si è sempre visti. Anzi, assume sfumature differenti: ci si accorge di cose che magari prima erano solamente un contorno sfocato. Manuele Boaro ha terminato la sua carriera a ottobre e un mese dopo era già nei panni del diesse (foto di apertura JCL Team UKYO). La squadra è la continental giapponese JCL Team UKYO della quale vi abbiamo raccontato obiettivi e i progetti. Ma com’è cambiata la vita di Boaro?

«Dalla macchina – ci dice subito – è un’altra prospettiva, qui da noi ci sono atleti che hanno tanta voglia, chiedono e imparano in fretta. In Oman stavamo anche per vincere, peccato abbiano ripreso Earle negli ultimi 150 metri. Devo ammettere che dietro il traguardo avevo il cuore a mille, pensare di vincere alla prima corsa dove ero da solo come diesse mi ha emozionato parecchio. Se mi fermo ancora, mi sale l’adrenalina del momento». 

La prima gara della stagione Volpi e Boaro, a destra dei corridori, l’hanno fatta insieme (foto team JCL UKYO)
La prima gara della stagione Volpi e Boaro, a destra dei corridori, l’hanno fatta insieme (foto team JCL UKYO)
Com’è andata la prima gara?

Bene, per fortuna all’AlUla Tour c’era Volpi che con la sua enorme esperienza mi ha aiutato tanto. Poi io ho fatto del mio meglio, cercando di assimilare il più possibile, ma è un modo completamente nuovo.

Cosa ti ha insegnato Volpi?

Nelle prime gare mi ha aiutato a capire l’ordine delle ammiraglie, come comportarsi con la giuria, le regole… Ci sono da imparare tante cose e molte sono dei dettagli. Alberto è bravo a spiegare sia prima che dopo la corsa. Ho tanta esperienza in gara, ma la mia più grande fortuna è quella di aver avuto diesse e manager che mi hanno passato qualcosa. Questo l’ho notato anche in Volpi.

Al Tour of Oman Boaro si è ritrovato da solo a gestire le dinamiche di corsa: test superato (foto team JCL UKYO)
Al Tour of Oman Boaro si è ritrovato da solo a gestire le dinamiche di corsa: test superato (foto team JCL UKYO)
In che senso?

Alberto ha la sua impronta, come tutti, però ha molte cose che gli sono state passate da Ferretti.

Tu hai qualche diesse che ti ha trasmesso più di altri? 

Bjarne Riis, lui come diesse aveva una marcia in più che mi ha lasciato. Ha trasmesso tanto: il modo di lavorare, di fare squadra e altro ancora. I ragazzi devi cercare di conoscerli anche al di fuori della bici, così diventa facile fare gruppo e costruire qualcosa. 

Hai qualche ricordo particolare di Bjarne Riis?

Aveva la passione, se così possiamo dire (fa una risatina, ndr) di fare dei ritiri particolari e stravaganti. Una scelta che poi tornava utile, perché con certe esperienze la squadra si unisce, si fortifica. Io non sono ancora riuscito a proporre dei ritiri diversi, ma ci penseremo, bisogna chiedere a Volpi (ride, ndr).

Creare un gruppo coeso si sta rivelando semplice, grazie alla curiosità dei nuovi (foto team JCL UKYO)
Creare un gruppo coeso si sta rivelando semplice, grazie alla curiosità dei nuovi (foto team JCL UKYO)
La prima gara da solo è stata in Oman, com’è andata?

Bene, ero un po’ teso ma ho cercato di rimanere sereno e trasmettere tranquillità alla squadra. Ho seguito i consigli di Volpi, ma ho messo anche del mio, soprattutto nelle piccole cose, nei dettagli.

Ad esempio?

Cercavo di non stressare troppo i corridori via radio, oppure nelle riunioni la sera dicevo le cose essenziali, così da tenerli concentrati. Poi ho commesso i miei errori, ma è giusto così, fa parte della crescita come diesse.

Gli insegnamenti passano da tutte le fasi di gara: dallo scegliere la fuga giusta al rifornimento
Gli insegnamenti passano da tutte le fasi di gara: dallo scegliere la fuga giusta al rifornimento
Quali errori hai commesso?

Magari nel passare qualche borraccia o nel dare indicazioni via radio. Ad una tappa ho sbagliato a dare un’indicazione per una curva. Oppure a una delle prime frazioni sono partito con i fogli sul cruscotto, la radio appoggiata e alla prima curva è volato tutto in giro. Cose piccole, ma che si imparano con l’esperienza. 

Com’è approcciarsi alle corse da diesse?

Diverso. Devi preparare tutto a casa: piani, slide e tutto il resto. Così una volta che si è alle corse devi pensare solo alle cose piccole, ai dettagli. Volpi dice sempre che prevenire è meglio che curare. Alle corse devi pensare a tutti: massaggiatori, meccanici, corridori. 

Il gruppo dei giapponesi si dimostra curioso e ha tanta voglia di imparare
Il gruppo dei giapponesi si dimostra curioso e ha tanta voglia di imparare
E’ stato facile creare il gruppo squadra?

In realtà sì. La parte di corridori giapponesi è davvero molto curiosa. Averli insieme e parlarci è un piacere, hanno tanta voglia di fare e imparare. A volte avevano anche troppa fretta di andare in fuga, ho spiegato loro che dovevano avere pazienza. Ci sono tappe dove non ha senso spingere per uscire dal gruppo, meglio risparmiare e provare a quella successiva, che magari è più favorevole. 

Cosa hai capito da corridore che ti porti in ammiraglia?

Che gli atleti sbagliano, è giusto rimproverarli e far vedere dove si può migliorare, ma non si deve creare l’assillo. I miei 13 anni di carriera sono volati, bisogna fare in modo di preservarli e viverli con serenità.

Malucelli riparte dal Giappone: un reset totale per rinascere

10.11.2023
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Come quando sbagli il primo bottone e tutto il resto si storce, la carriera di Matteo Malucelli si è inceppata sulla chiusura della Gazprom. Quei pochi mesi di ciclismo ad alto livello sono stati la sua fortuna e la sua condanna, perché nulla di tutto quello che è venuto in seguito gli è parso all’altezza. Per cui al momento di ripartire e ritenendo chiuso il suo periodo alla Bingoal, l’ingegnere romagnolo si è trovato davanti a un bivio. Da un lato, la scelta di smettere. Dall’altro la possibilità di un reset totale, andando a correte nel JCL Team Ukyo di Alberto Volpi. Una continental che farà prevalentemente attività in Oriente.

«Il paragone del primo bottone – riflette Malucelli , in apertura con la compagna Martina durante le recenti vacanze – calza a pennello. Vengo da due anni di camicie storte. Adesso che l’ho sbottonata tutta, proverò a chiuderla dritta. La sfortuna più grande che ho avuto non è stato che abbiano fermato la Gazprom, ma il fatto che io abbia toccato con mano che cos’è una squadra che funziona. Da lì, dovunque andassi, vedevo solo le cose negative e quando entri in quel vortice, è finita. Sono convinto che se non avessi fatto quei due mesi con loro, probabilmente sarei rimasto in piccole squadre senza avere metri di paragone così diversi. E’ stato come avere fra le mani un’auto di lusso e poi farsela portare via senza averla usata davvero».

Il 10 febbraio 2022, Malucelli debutta ad Antalya in maglia Gazprom e vince
E’ il 10 febbraio 2022: Malucelli debutta ad Antalya in maglia Gazprom e vince
Come è arrivato il Team Ukyo?

Moreno Nicoletti, il mio procuratore, me ne aveva parlato già a settembre. Io avevo capito che alla Bingoal non sarei andato avanti, per cui sapeva che avrei voluto cambiare. Abbiamo sentito altre squadre, ma alla fine quella è stata la proposta rimasta nel piatto. Ho voluto parlare con Volpi per togliermi tutti i dubbi e lui mi ha illustrato il progetto, che mi è piaciuto.

Che cosa ti ha convinto?

E’ un progetto nuovo e io ho voglia di rimettermi in gioco, perché secondo me valgo più di quello che ho dimostrato. In vita mia ho avuto due mesi per provare ad essere a un certo livello e mi sembra di averlo dimostrato. Volpi non lo conoscevo tanto. Ci eravamo salutati qualche volta in giro per aeroporti, ma nulla di più. Mi ha convinto perché è stato molto trasparente.

In azione sul Muro di Grammont al Renewi Tour, accanto a Martinelli: la parentesi belga si è chiusa
In azione sul Muro di Grammont al Renewi Tour, accanto a Martinelli: la parentesi belga si è chiusa
Che cosa ti ha detto?

Intanto mi ha ringraziato per avergli voluto parlare. Poi mi ha detto: abbiamo questi materiali, questo è il budget, queste le corse che possiamo fare, anche se cercheremo di farne anche in Europa. Non mi ha raccontato favole. La squadra è continental, ha il progetto di diventare professional, ma non si sa in che tempi. E’ stato molto chiaro e a me, da ingegnere, questa cosa piace.

Di quali materiali ti ha parlato?

Le bici Factor montate in tutto e per tutto con Shimano, ruote, caschi e scarpe compresi. Avremo pneumatici Vittoria. Mi ha parlato dei pedali e dei direttori sportivi. Ha detto tutto quello che mi doveva dire e mi ha fatto sentire importante. Non che ne avessi bisogno, non mi devo sentire una prima donna. Sono stato in squadre con gente molto più forte di me e questo tante volte è stato uno stimolo. Ma è gratificante che un direttore sportivo che nemmeno conosci dimostri che si era davvero accorto di te, parlando di questa o quella volata. E poi non mi ha chiesto niente, vittorie o altro. E devo dire che il suo peso nella decisione di accettare l’ha avuta anche la presenza di Boaro.

Nel 2023 la squadra giapponese ha corso su bici Factor montate 100 per cento Shimano: così anche il prossimo anno (foto Team Ukyo)
Nel 2023 la squadra giapponese ha corso su Factor montate 100 per cento Shimano: così anche nel 2024 (foto Team Ukyo)
Che cosa significa che correrai prevalentemente in Oriente?

Da quello che mi hanno detto, non dovremmo correre in Cina, perché fra i giapponesi e i cinesi non c’è un grande feeling. Quest’anno, hanno corso in Corea, Taiwan, Giappone, Langkawi, Filippine, poi Saudi Tour e Oman. Cercheranno di inserire qualche corsa in Europa, ma alla fine devi averne 60 adatte alle tue caratteristiche, non c’è bisogno che ce ne siano 120. In ogni caso, dopo aver parlato con Volpi, un po’ sono stato titubante. Per cui ho detto a Moreno che sarei andato in vacanza e avrei deciso quando fossi tornato, perché con la mente fresca si decide meglio. E alla fine ho deciso di fare questo vero reset. Guadagnerò meno, ma penso che solo ripartendo dal basso potrò tornare al livello migliore. Ho pensato a Finetto, che era con me alla Trevigiani e aveva già 30 anni. Poi è passato ancora e ne ha fatti altri quattro alla Delko, vincendo corse.

Perché ripartire da un team più piccolo ti dà motivazione?

Ho il desiderio di rimettermi in discussione, come da neoprofessionista. Sono all’anno zero, tutto quello che ho fatto finora mi ha portato in Giappone, evidentemente non è stato così grande. Perciò riparto da una piccola squadra. Se va bene, potrò correre ancora. Se va male, andrò a lavorare un anno più tardi.

Malucelli ha preso la decisione di firmare con il Team Ukyo al ritorno dalle vacanze, a mente fresca
Malucelli ha preso la decisione di firmare con il Team Ukyo al ritorno dalle vacanze, a mente fresca
La nuova bici è arrivata?

Dovrebbe arrivare in settimana, non vedo l’ora. E’ questo che mi dà morale, la voglia di quando sei giovane che negli ultimi anni era un po’ calata.

Ci saranno altri italiani in squadra?

Oltre a Volpi e Boaro qualcuno dello staff e anche un corridore giovane, che è stato inserito nel gruppo Whatsapp, ma ancora non è stato annunciato. Sono appena tornato dalle vacanze e anche se ho trent’anni e per qualcuno potrei essere vecchio, non vedo l’ora di ripartire. Ho fatto sette anni da pro’, chi dice che non potrò farne altri sette?

Boaro: il tempo di dire addio, poi quella telefonata…

29.10.2023
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Neanche il tempo di appendere la bici al chiodo, di assimilare un totale cambio di vita che Manuele Boaro si è subito rituffato nel mondo del ciclismo. «Il giorno dopo la mia ultima corsa, la Veneto Classic, è squillato il telefono. Dall’altra parte c’era Alberto Volpi che mi ha chiesto se me la sentissi di affiancarlo nella guida del JCL Team Ukyo, il team giapponese del quale è diventato manager. Non ci ho pensato un attimo, gli ho detto subito sì. Mi sono tuffato in una nuova avventura con lo stesso entusiasmo di quando 13 anni fa ho iniziato il mio cammino fra i pro’».

Boaro ha chiuso a 36 anni con convinzione. Non perché il fisico gli dicesse di smettere, anche se le varie stagioni passate in giro per il mondo si facevano sentire. Questo ciclismo però non riusciva più a gestirlo dal di dentro.

«Sapendo che avevo il contratto in scadenza – spiega – ho provato a muovermi. Dopo anni i manager li conosco tutti, li ho contattati personalmente. Ma al di là di un po’ di “vediamo, ti faccio sapere” non avevo avuto nulla. Qualcosa magari sarebbe anche saltato fuori, ma mi sono chiesto se avrebbe avuto un senso. Poi ho saputo che la Veneto Classic passava proprio per il mio paese, davanti casa mia. Allora ho pensato che sarebbe stata la maniera migliore per chiudere».

La grande festa per il suo ritiro all’ultima Veneto Classic, con il fans club schierato al completo
La grande festa per il suo ritiro all’ultima Veneto Classic, con il fans club schierato al completo

L’ultimo dei veri gregari?

Una decisione presa proprio qualche giorno prima, ma il poco tempo è bastato per allestire una grande festa per salutarlo come si conveniva: «Sono venuti in tanti, il fans club si è mobilitato alla grande e quel giorno è stato un turbinio di emozioni. Posso dire di aver chiuso in bellezza, credevo che la mia storia ciclistica si sarebbe chiusa lì. Invece neanche poche ore dopo rieccomi coinvolto, ma in maniera completamente diversa».

L’addio di Boaro è anche l’addio di uno degli ultimi veri gregari. Il suo racconto della ricerca vana di un contratto non fa che confermare la sensazione che questa figura stia ormai sparendo: «In questo ciclismo, fatto di numeri, siamo noi quelli che vengono penalizzati. Le squadre chiedono corridori che portino punti, il principio del “siamo tutti capitani” è ormai imperante. Ma attenzione: chi lavora per la squadra nella prima parte di gara, quando non ci sono le telecamere, quando si gettano le basi della corsa e bisogna proteggere e stare vicino al capitano di turno?

«Il risultato è che le corse professionistiche stanno diventando come quelle dei dilettanti – prosegue Boaro – pronti via ed è subito bagarre. Ma a lungo andare questo modo di correre logora, bisognerà vedere come l’intero ambiente reagirà quando corridori come me o come Puccio non ci saranno più».

L’esempio di Rijs

Boaro è sempre stato molto convinto della sua scelta: «Non ero un campione quando sono passato professionista e ho capito presto che dovevo trovare una mia dimensione. Ho avuto la fortuna di correre insieme a grandi campioni come Contador, Nibali, Sagan e posso dire di aver contribuito ai loro successi. Il che mi ha permesso di vivere una carriera densa di bei momenti e di soddisfazioni, ma anche di contatti umani, il che è fondamentale».

Ripercorriamo allora la sua carriera, fatta di poche squadre perché quando Manuele era nel team, ne diventava una colonna: «Ho iniziato con la Saxo Bank diventata poi Tinkoff, ben 6 anni in quel gruppo. Avevo Bjarne Riis come manager ed è stato preziosissimo, mi ha insegnato tanto su come vivere questo ambiente, tutte nozioni che mi saranno ancora utili ora che passo dall’altra parte… Era davvero un numero 1 nel ciclismo, ma anche fuori sapeva far gruppo. Alla sera ad esempio, se si poteva ci faceva anche andare in discoteca, oggi quando mai? Mi dispiace che non sia più nell’ambiente. Poi le cose con la Tinkoff non sono cambiate: era un gruppo bellissimo, andare in ritiro era un piacere».

Nel 2017 Boaro approda alla Bahrain-Merida, per due anni, ma quella era una squadra ben diversa da quella di oggi: «Stava nascendo allora, dal niente. Mi ritrovai in una squadra tutta da impostare, non fu facile. Di quegli anni ricordo il primo Giro al fianco di Nibali: mamma mia quanta gente, quanto entusiasmo. Peccato che finimmo terzi e uso il plurale volutamente perché con Vincenzo era davvero un lavoro di gruppo e mi dispiacque tanto che non riuscì a cogliere il risultato pieno, la gente l’avrebbe meritato. Con lo Squalo siamo rimasti sempre in contatto, ritrovandoci all’Astana e ancora adesso ci sentiamo spesso».

Sul palco con le piccole Matilde e Sofia. Ora inizia la sua nuova carriera da diesse
Sul palco con le piccole Matilde e Sofia. Ora inizia la sua nuova carriera da diesse

Lopez, talento cristallino

Astana, un’avventura iniziata nel 2019 e portata avanti fino a qualche giorno fa: «E’ una squadra in forte cambiamento. Io arrivai che avevano Fuglsang che era uno dei grandi per le classiche e Lopez per le corse a tappe e a proposito del colombiano devo dire che è un corridore fortissimo. Abbiamo condiviso anche la camera insieme, io ho provato a consigliarlo, a stargli vicino, può ancora fare tanto. Purtroppo ha cambiato numero e ci siamo persi di vista, ma io non posso dirne che bene».

Torniamo però al cambiamento: «L’Astana è un team in cerca d’identità, era nato per i grandi Giri ma ora sta progressivamente diventando una squadra per le corse d’un giorno. Anche per questo non avevo più molto spazio. Io però le sono ancora molto legato».

Boaro ha sempre avuto grande predisposizione per le cronometro, finendo 2° ai tricolori 2012
Boaro ha sempre avuto grande predisposizione per le cronometro, finendo 2° ai tricolori 2012

In Giappone per imparare

Ora comincia una nuova avventura: «E’ la dimensione giusta, una squadra piccola, ma che ha una lunga storia alle spalle. Io devo imparare tutto, farlo in un team continental che ha però prestigio e ambizioni è la cosa giusta. Starò al fianco di Alberto per imparare ma lo farò in prima linea. Avrei potuto farlo anche all’Astana, ma sarei stato il nono diesse, in fondo alla gerarchia, non era giusto per loro e per me».

Chiudendo c’è qualche rammarico? «Se mi guardo indietro no, sono contento di come sono andate le cose. Forse l’unica che mi manca è una maglia tricolore nella cronometro, perché quando ho iniziato da pro’ andavo piuttosto bene, ma nel 2012 persi con Malori per soli 7”. Vestire il tricolore sarebbe stato bellissimo. Ma va bene così: molti mi dicono che nessuno farà più quello che ho fatto e forse, visto il ciclismo di oggi, sarà proprio così».

Boaro, cosa fa un gregario senza un vero capitano?

25.03.2023
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RICCIONE – Sembra paradossale, ma anche un gregario può sentirsi perso senza un capitano. E’ una situazione che si verifica raramente, ma è sempre curioso sapere come ci si adatti alla circostanza. L’Astana sta vivendo una fase transitoria rispetto al passato e Manuele Boaro, uomo di fiducia e di fatica di grandi leader, si trova a metà del guado.

Incontriamo il 36enne veneto del team kazako alla partenza della Settimana Internazionale Coppi e Bartali mentre parla e scherza con Giacomo Notari, preparatore parmense e diesse in seconda dell’Astana. I due si conoscono sin dai tempi dei dilettanti e assieme ripercorrono quegli anni con qualche ricordo, prima che Manuele provi a descriverci il suo ruolo un po’ più rivisitato all’occorrenza.

Tirare, lavorare e fuga. Per Boaro il ruolo del gregario si basa sul sapere leggere la corsa
Tirare, lavorare e fuga. Per Boaro il ruolo del gregario si basa sul sapere leggere la corsa

Lavori diversi

Il ritiro di Vincenzo Nibali ha prodotto inevitabilmente un buco nella casella “leader” benché sia stato rimpiazzato dall’arrivo di Mark Cavendish. Ovviamente sono due capitani differenti, così come il lavoro per loro del gregario. In questo caso cambia qualcosa?

«Non tanto – inizia a raccontare Boaro – alla fine fare il lavoro sporco per un velocista o per un capitano di un grande Giro per me forse è la stessa cosa. Anche perché sono abbastanza versatile per andare in fuga e posso essere d’aiuto anche quando sono davanti. Io ho il mio ruolo e vado dove mi manda la squadra. Per esempio con Nibali o con uomo da classifica generale, devi essere consapevole che in 21 giorni ti può capitare di prendere la maglia rosa all’inizio e tirare praticamente tutti i giorni. Devi essere bravo a superare i momenti difficili. Non esistono le cosiddette tappe semplici».

Boaro scherza con Notari, preparatore atletico e diesse in seconda dell’Astana
Boaro scherza con Notari, preparatore atletico e diesse in seconda dell’Astana

«Da quest’anno – va avanti – forse una cosa potrebbe cambiare. Volendo, adesso in fuga potrei avere più possibilità di giocarmi le mie carte. Prima ci andavo con l’obiettivo di essere di supporto al capitano. Ora in Astana non avendo un uomo per i grandi Giri, può essere più facile che mi capiti questa occasione».

Momento transitorio

«Siamo venuti alla Coppi e Bartali con una squadra giovane – continua Boaro, che conosce bene le strade della gara abitando a San Marino – non possiamo negare che stiamo vivendo un momento di passaggio. Dobbiamo essere consapevoli che ogni risultato può essere importante e dobbiamo cercare di portarlo a casa. Nel ciclismo di adesso tutto è importante. Vittoria, piazzamento, farsi vedere in fuga. Ad esempio, anche un ventesimo posto dà punti importanti per la squadra.

«Naturalmente partiamo sempre per vincere – dice – altrimenti non sarebbe nemmeno bello correre. Tuttavia bisogna cercare in tutte le corse di ottenere qualcosa. Siamo l’Astana, abbiamo un nome importante da portare in giro. Dobbiamo ricordarci che siamo un team di livello e impegnarci al 110 per cento. Stiamo attraversando un momento di difficoltà e dobbiamo fare ancora più gruppo di quello che siamo già».

Senza un vero capitano in squadra, Boaro potrebbe giocarsi le sue carte in fuga
Senza un vero capitano in squadra, Boaro potrebbe giocarsi le sue carte in fuga

Giovani gregari

Il ruolo del gregario è uno di quelli da trasmettere alle nuove leve. In un ciclismo che cambia in fretta bisogna saper conoscere tutti i lavori da fare. L’esperto che insegna al giovane, il giovane che chiede all’esperto.

«Quando sei giovane – prosegue Boaro – cerchi di imparare il più possibile. Ho avuto la fortuna di correre in grandi squadre e avere grandi capitani lavorando per loro. Ed era una bella cosa. In ogni caso non mi sento un insegnante. Se i giovani sono furbi, vedono da soli come si corre. Stare davanti in certe corse al momento giusto. Ad esempio le fughe. Ad essere onesti adesso andarci non è più facile come lo era prima. Le fughe vanno via di forza. Bisogna essere davanti e capire qual è il momento. Non si possono fare mille scatti per andare in fuga e poi essere morti e poco collaborativi».

Boaro è al tredicesimo anno da pro’. Ha corso con Saxo-Tinkoff, Bahrain-Merida e Astana
Boaro è al tredicesimo anno da pro’. Ha corso con Saxo-Tinkoff, Bahrain-Merida e Astana

Obiettivo Tour

Manuele Boaro e la nuova Astana devono fissare gli obiettivi poco per volta in base ai capitani che eleggerà la strada. All’orizzonte però c’è un traguardo importante da tagliare per essere parte della storia. Insomma, qualcosa più di uno stimolo.

«Quest’anno – spiega mentre si sta scaldando sui rulli accanto a Scaroni prima della partenza della tappa – sapevo che avrei avuto un ruolo importante. Ho sempre fatto il gregario in un certo modo. Da noi è arrivato Cavendish che vorrebbe centrare la 35ª vittoria al Tour de France battendo il record di Merckx. Sarebbe bello essere presenti quel giorno e sapere di aver aggiunto un mattoncino a quell’impresa».

Boaro ritiene Scaroni uno che può diventare capitano strada facendo in corsa
Boaro ritiene Scaroni uno che può diventare capitano strada facendo in corsa

«Per raggiungere quell’obiettivo – conclude Boaro – sappiamo che avremo a disposizione solo alcune tappe. Diventano quelle su cui dobbiamo concentrarci. Anche in quei casi dovremo essere pronti e bravi a gestire al meglio le situazioni più difficili, come il vento o altri momenti in cui non c’è un attimo di tregua. Basandomi sulla mia esperienza, posso dire che quando sai di avere un capitano che si gioca qualcosa di grosso, come un grande Giro o un record, ti vengono fuori delle forze che non pensavi di avere. E probabilmente la differenza nel tuo essere gregario la fai lì».

In fuga ieri. Mozzato e Boaro, l’Italia che resiste…

04.04.2022
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Un po’ d’Italia c’è stata in questo Giro delle Fiandre. E c’è stata per merito di Luca Mozzato e Manuele Boaro. Entrambi sono entrati nella fuga di giornata. Entrambi hanno vissuto da protagonisti quella che da molti è ritenuta la corsa più calorosa del mondo, quella più sentita a bordo strada.

Partiamo da Mozzato. Bravissimo, alla fine non solo è stato protagonista in testa alla corsa per 200 e passa chilometri, ma è stato anche il primo degli italiani, venticinquesimo.

Luca Mozzato (classe 1998) è alla terza stagione nella B&B Hotels – Ktm
Luca Mozzato (classe 1998) è alla terza stagione nella B&B Hotels – Ktm

Caccia a Taco

«Centrare la fuga – racconta il corridore della B&B Hotels – Ktm – era l’obiettivo di giornata. Dovevo essere davanti e vedere come come si metteva. Siamo stati abbastanza fortunati perché la fuga era ben composta. Eravamo in tanti, c’era gente abbastanza forte e non ero il solo italiano.

«L’uomo più quotato di tutto il gruppo per la fuga era Taco Van der Hoorn. Ma ho pensato: magari c’è un po’ troppa gente che lo punta, proviamo a fare qualcosa di diverso. E infatti quando è partita la fuga, Taco inizialmente non c’era. E’ rientrato in un secondo momento. Farmi trovare già davanti credo sia stata una mossa giusta. In corse del genere stare in testa ti evita anche lo stress delle posizioni e non si spreca troppo».

«E questo non sprecare credo sia stata la chiave della giornata: girando più regolari sono arrivato a 60-70 chilometri dall’arrivo relativamente fresco e al posto giusto. Quando i grandi ci hanno ripreso sul Kwaremont hanno dovuto fare uno sforzo veramente incredibile. Loro lo hanno fatto a tutta da sotto a sopra.

«Noi, invece, facendoci prendere a metà, siamo riusciti a salvarci e in parte a seguirli. Certo, da quel momento in poi le energie erano al lumicino. Se escludiamo i corridori che sono riusciti a fare la differenza, tutti gli altri sono andati un po’ alla sopravvivenza e così sono riuscito a rimanere attaccato al mio gruppetto».

Mozzato, passista veloce, è stato il migliore italiano: 25° a 1’07” da VdP (foto B6B Hotels – Ktm)
Mozzato, passista veloce, è stato il migliore italiano: 25° a 1’07” da VdP (foto B6B Hotels – Ktm)

L’abbraccio del Belgio

Mozzato, veneziano, ci racconta con entusiasmo la sua Ronde. Ai piedi del verde bus della sua squadra non sembra neanche così stanco. Alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne aveva detto che voleva imparare a stare davanti: è stato di parola. E aveva anche aggiunto che nel 2022 vuole vincere.

«E’ un po’ che lo dico – sorride Mozzato – L’obiettivo è la vittoria, però al momento sono solo parole, perché devo ancora riuscirci. Ogni tanto faccio delle belle prestazioni, come oggi (ieri, ndr).

«Personalmente penso che sia stata una delle mie giornate più belle sulla bici in assoluto, perché il Fiandre è una corsa storica. E con tutto il pubblico che c’era sulle strade… È stato veramente speciale: dal primo chilometro ogni paesino, ogni curva, ogni salitella era veramente piena di gente. Senti proprio il calore del pubblico. E’ una giornata davvero importante per il Belgio».

Boaro è un vero uomo squadra. Probabilmente lo vedremo al Giro
Boaro è un vero uomo squadra. Probabilmente lo vedremo al Giro

Boaro: una sicurezza

E il calore della Ronde non è sfuggito neanche a Manuele Boaro. Lui rispetto a Mozzato è un veterano. E’ uno di quei corridori sui quali puoi mettere la mano sul fuoco. Se gli dai un compito, stai tranquillo che Boaro c’è.

«Questa mattina abbiamo parlato: volevamo la fuga. L’ho cercata e sono riuscito a prenderla. Difficile che la fuga arrivi, le corse si vincono alla fine, ma almeno hai un’altra visione della gara».

Quest’anno tra l’altro non è la prima volta che Manuele va in fuga per l’Astana Qazaqstan (decimata da malanni e cadute), che ci mette una pezza. Alla vigilia Stefano Zanini, diesse dei turchesi, ci aveva detto che la sua squadra senza un leader da primi posti avrebbe attaccato.

«E’ parte del mio ruolo. Come nel calcio il difensore cerca di proteggere la sua squadra, qui difendo io. Se il team mi dice andare in fuga lo faccio. Se devo lavorare, lavoro. Per me l’importante è che la squadra sia contenta di quello che viene fatto».

Boaro, anche lui ai piedi del bus che non è distante da quello di Mozzato, appare stanco. I riccioli spuntano fuori dal cappellino di lana. Parla con semplicità il veneto, come se prendere la fuga al Fiandre fosse cosa scontata. E lo stesso rimanerci, quando non è così. Il caso dello svizzero Tom Bohli della Cofidis è emblematico. Dal chilometro 195 ad ogni strappo scivolava in un gruppo più dietro. In pratica è naufragato. 

«E’ vero, non è facile – commenta Boaro – ma sono partito convinto. Ho fatto io il primo scatto e non siamo andati. Però sono rimasto lì. Ho corso davanti e ho atteso di capire come andassero le cose. E comunque un pizzico di fortuna ci vuole sempre».

Boaro in testa. Il veneto (classe 1987) è stato tra i promotori della fuga
Boaro in testa. Il veneto (classe 1987) è stato tra i promotori della fuga

Fuga silenziosa

Manuele ci racconta poi del clima che si respirava nella fuga. Spesso si parla, si regola il ritmo sull’andatura del gruppo, si gestiscono le energie.


«Troppo spazio non ce lo hanno lasciato. Devo dire che abbiamo parlato poco, anche con Mozzato. Eravamo tutti molto concentrati. Abbiamo cercato di andare regolari perché comunque la gara era lunga e bisognava cercare di spendere il meno possibile. Purtroppo per noi la corsa si è accesa molto presto e siamo stati un po’ sorpresi dall’avvicinarsi dei big già sul secondo Kwaremont e per questo non siamo riusciti ad andare un po’ più in là».

«Dopo due settimane in Belgio – conclude Boaro – le gambe erano quelle che erano. Però che bello: con tutta quella gente, era da pelle d’oca. Penso che questa corsa per il Belgio sia come un Super Bowl per gli americani, non è solo una gara. Sono contento di essere stato in fuga, perché poche volte mi emoziono così. E sono veramente contento di aver visto un pubblico così. Un pubblico che il ciclismo merita».

Ciclismo & caffè: conoscete Gabelò?

25.08.2021
2 min
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Gusta, pedala, riparti. Sono queste le tre parole chiave che identificano l’efficace slogan di Gabelò, il marchio legato al mondo del caffè che ben evidenzia la passione per il ciclismo dei suoi proprietari: Sara e Gianfranco Gabellini.

In Gabelò c’è tutta la qualità italiana di Gabellini Group
In Gabelò c’è tutta la qualità italiana di Gabellini Group

Insieme all’Astana-PremierTech 

Gabelò, anche quest’anno “coffee partner” del team WorldTour Astana-PremierTech, è un brand di Gabellini Group. E’ un’azienda presente sul mercato da oltre quarant’anni ed attiva nel settore della commercializzazione di caffè e bevande. Vi fanno riferimento marchi quali: Caffitaly, Essse Caffè, Lavazza, Manuel Caffè, Gaggia Milano e Saeco. Con il trascorrere del tempo, e maturata l’esperienza necessaria, la gamma dei prodotti Gabellini Group si è ampliata. L’obiettivo è stato quello di soddisfare in modo sempre più specifico le esigenze di famiglie, aziende e hotel. Ad arricchire il servizio reso nei confronti dei propri clienti, Gabellini Group può contare anche sulla presenza fisica di tre propri negozi monomarca Caffitaly. Questi spazi commerciali, a Rimini e Riccione, sono divenuti in poco tempo dei veri e propri punti di riferimento per i consumatori di caffè in capsula in Romagna, l’area dove l’azienda opera prevalentemente. 

E proprio dall’esperienza di Gabellini Group è nato Gabelò: un caffè dall’aroma intenso pensato appositamente per chi, come i ciclisti, non si ferma mai! E’ inoltre importante ricordare che Gabelò ha segnato una partnership ufficiale in occasione dei campionati italiani di ciclismo 2020: l’edizione di Cittadella che vinse Giacomo Nizzolo.

Boaro, dell’Astana, gusta il suo caffè Gabelò
Boaro, dell’Astana, gusta il suo caffè Gabelò

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Boaro, ti diverti in questo ciclismo folle? Da matti…

31.01.2021
6 min
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«Alla Zalf – sorride Boaro – se avevi la barba troppo lunga, c’era la multa. Insomma, alla fine l’ho tagliata. Era cresciuta durante il lockdown perché non avevo voglia di tagliarla, ma di recente c’è stato da fare le foto della squadra e bisognava essere presentabili. Però va riconosciuto che con il freddo riparava parecchio il viso».

Boaro ama le crono. Nel 2011 arriva 2° ai tricolori dietro Malori, terzo si piazza Marangoni
Nel 2011, Boaro è 2° ai tricolori crono dietro Malori

Riserva

Pomeriggio domestico per il veneto dell’Astana, in uno di quei giorni tutti uguali di inizio stagione in cui normalmente ci saremmo incontrati in Australia o Colombia o chissà dove ci avrebbero condotto le rotte del ciclismo. Invece siamo di nuovo a rimescolare carte e programmi, sperando che almeno a marzo in Italia si riesca a partire nel modo giusto.

«I miei compagni che dovevano iniziare dalla Spagna – dice – sono sul Teide. Sarei andato volentieri, mi piace fare le cose per bene. Poi sarei dovuto partire al Tour de la Provence, ma per fare posto a quelli più importanti, mi hanno messo di riserva. Per cui se tutto va bene, comincerò dallo Uae Tour. E intanto sto a casa, a godermi le bimbe, a capire tante cose che altrimenti mi sarei perso».

Nel 2014 fa parte della guardia italiana per Contador, con Tosatto e Bennati
Nel 2014 accanto a Cntador, con Tosatto e Bennati

La verità

Manuele sta per compiere 34 anni, debuttò a 23 nella Saxo Bank di Contador, Tosatto, Majka e Porte, ma soprattutto di Bjarne Riis che lo ha guidato per i primi sei anni. Quella che va iniziando è la sua 11ª stagione da professionista, a capo di un breve inverno di buon lavoro, con i preparatori che a gennaio in ritiro si sono detti contenti della condizione e i mille dubbi per il rischio di un contagio non voluto o quarantene a sorpresa. E’ la vita al tempo del Covid, dovremmo esserci abituati, ma evidentemente non è così.

«Basta che cominciamo – dice – senza troppe storie. Rcs si sta dando un gran da fare per partire bene in Uae, ma già sento gente scontenta per la logistica. Piove e ci si lamenta perché piove. C’è il sole e ci si lamenta perché è caldo. Organizzano un charter solo per noi e non va bene. Ragazzi, qua bisogna piantarla. Al Giro ho parlato spesso con Vegni, continuava a chiedere che facessimo fronte comune per arrivare a Milano. E nel giorno dello sciopero cosa si fa? Ci si attacca al meteo. Sarebbe stato meglio dire la verità, anche Salvato al Processo con la De Stefano. Io non c’ero, sono caduto il giorno prima. Era da inizio Giro che ci si lamentava per la tappa troppo lunga. Ma per lamentarsi e non dire la verità, abbiamo fatto una bella figura di… ».

Nel 2015 si corre per Sagan capitano, al primo iride
Nel 2015 si corre per Sagan capitano, al primo iride
Cosa ti pare di questo ciclismo?

E’ molto cambiato. Con Riis si stava benissimo. A volte ho invidia di squadre come la Ineos che hanno tutto organizzato, perché credo che ancora si debba cambiare per portare più spettacolo. Il fatto è che ci sono team con tanto budget e altre che ce l’hanno risicato. La CCC sembrava dovesse fare chissà cosa e si è fermata. La McLaren doveva essere la nuova Sky e dopo un anno è sparita. In più ci sono questi giovani…

Fanno paura?

Sono il futuro, noi vecchi possiamo essere un riferimento. Vogliono vincere subito, non stanno ai classici tempi di crescita. Non si fanno problemi. Quando passavo vicino a Cancellara, giravo alla larga per paura di ostacolarlo. Questi vanno dritti, non si frena più. Vittorie e anche subito. Glielo mettono in testa manager e procuratori. Sono tutti della loro età, si trovano facilmente. E a 30 anni ti viene da pensare che sei vecchio. E’ un ciclismo difficile.

La stagione di Boaro era iniziata al Tour Down Under a gennaio e si è chiusa a fine ottobre col Giro
La stagione di Boaro era iniziata al Tour Down Under
Non solo atleticamente, quindi?

Guardate Dumoulin, che penso avesse un contratto buono, no? Questa vita sta diventando uno stress. Un ritiro dietro l’altro. La super preparazione. La super alimentazione. Le squadre hanno bisogno di portare a casa i risultati e spremono i corridori. Io non credo che questi ragazzi arriveranno in bici ai miei 34 anni. Rischiano di smettere a 28, quando sono ancora nel pieno delle forze. Ne parlo con Tosatto. Alla Ineos cercano di tutelarli, ma se ti trovi senza Froome e Thomas cade il terzo giorno, poi tocca ai ragazzi.

Loro hanno tanti possibili vincitori.

Ma il modo di correre sta cambiando. Ineos ha vinto il Giro e un terzo delle tappe, mandando Ganna in fuga e tirando sullo Stelvio con Dennis. La Deceuninck ha tirato per tre settimane e ha avuto la maglia rosa tanto a lungo, pur non essendo una squadra da corse a teppe. Avrei voluto vedere con Evenepoel, poteva andare anche più forte. E’ stato un Giro strano.

Voi avreste dovuto avere Lopez e Vlasov.

Con loro poteva cambiare qualcosa. Dopo la caduta di Thomas, Fuglsang aveva preso morale. Poi c’era Nibali, che pareva dovesse vincere facile. Non si aspettavano quello che stava per succedere. Siamo andati fortissimo, anche perché era ottobre e tanti erano ancora in cerca di contratto.

Boaro in testa per Fuglsang verso Roccaraso. Lopez e Vlasov sono già a casa
Boaro in testa per Fuglsang verso Roccaraso
Ti diverti ancora?

Mi diverto tanto, anche se è pesante. Ormai si ragiona per file, di allenamento e di corsa. Sei seguito quando lavori a casa, sei analizzato dopo gli arrivi.

C’è ancora posto per gli uomini?

Ho un ruolo e devo rispettarlo. Sono un gregario. Al Giro ero in fuga e sono stato fermato perché il mio capitano poteva aver bisogno. Non avrei vinto, sarei arrivato quarto, ma per me un quarto posto significava morale. Mi chiedono perché non faccio più le crono. Perché devo tirare e devo farle piano, certo che mi piacerebbe. Ero in scadenza di contratto, aspettare troppo sarebbe stato un rischio ed è giusto non guardare solo i soldi.

Hai avuto offerte?

Fa piacere che altre squadre mi cerchino, ma non valeva la pena inseguire 20 mila euro in più per ritrovarsi in una squadra che dopo un anno mi avrebbe lasciato a piedi perché non convinta. Io sono cresciuto accanto a Contador, a Basso e Sagan. Sono stato fortunato. Grazie a loro e grazie a Riis sono diventato quello che sono. Tanti mi chiedono cosa farò dopo aver smesso, ma preferisco non pensarci.

Boaro e il gruppo in decollo dalla base di Rivolto: si arriva a Piancavallo, il Giro sta per svoltare
Boaro in decollo: si sale a Piancavallo
Perché no?

Non voglio fare come Luis Leon Sanchez, che ha 38 anni e ogni volta a fine stagione dice che smette, poi lo rivedi in ritiro e dice che semmai va avanti ancora un paio d’anni. Dillo che vuoi arrivare a 40 anni, se ne hai le forze! Lo capisci subito se testa e corpo dicono basta. Io allora corro e mi coltivo buoni rapporti, poi si vedrà.

Buoni rapporti con chi?

Con tutti. Mi piace parlare con gli sponsor, ma senza secondi fini. Parlo con Wilier, ma anche con Limar che ci dà i caschi. Mi piace tessere una rete, così quando sentirò che è arrivato il momento, non mi ritroverò da solo. Ma adesso sono corridore e voglio cominciare a correre, non è facile giocare con la condizione. Dopo Uae, programma italiano fino alla Sanremo e poi ci sarà da capire se Giro oppure Tour. Sono sempre pronto, non dico mai di no. Sanno che possono chiamarmi all’ultimo momento, ho la valigia sempre pronta.