Tutta l’efficienza aerodinamica (ed estetica) dell’integrazione, con in più i vantaggi della personalizzazione. E’ quello che promette PRO con la combinazione del suo nuovo manubrio PRO Vibe Aero Carbon e l’attacco manubrio PRO Vibe Aero. Dunque un’integrazione particolare, combinabile, basata su 3 misure di manubrio e 6 di attacco manubrio (ma potenzialmente 12, ci arriveremo a breve) per offrire ai ciclisti una notevole possibilità di scelta.
iI manubrio PRO Vibe Aero Carbon è stato sviluppato per garantire guadagni aerodinamici con i drop di forma compattaIl manubrio persa 245 grammi, è disponibile nelle larghezze da 38, 40 e 42 cmLe sezioni superiori sono impreziosite dal passaggio dei cavi completamente internoII manubrio PRO Vibe Aero Carbon è stato sviluppato per garantire guadagni aerodinamici con i drop di forma compattaIl manubrio persa 245 grammi, è disponibile nelle larghezze da 38, 40 e 42 cmLe sezioni superiori sono impreziosite dal passaggio dei cavi completamente interno
PRO Vibe Aero Carbon, nel dettaglio
I nuovi manubri di PRO – ricordiamo, azienda satellite di Shimano che spazia fra manubri, selle e reggisella – sono costruiti in carbonio UD (Unidirezionale) T700 e T800. La parte superiore ha una struttura “alare” marcatamente aerodinamica. A ciò si aggiunge il fatto di essere stata spostata in avanti di 10 gradi, per ridurre ulteriormente l’impatto aerodinamico del sistema bici-ciclista.
Seguendo una linea che da un po’ di tempo spopola tra i professionisti – e quindi subito dopo anche tra gli amatori – PRO ha puntato una larghezza ridotta del manubrio. Le misure disponibili infatti sono tre: 37, 39 e 41 cm. Il nuovo PRO Vibe Aero Carbon è pensato per tutti gli appassionati che cercano la performance, dunque anche un prodotto particolarmente leggero. La versione da 37 centimetri di larghezza ha infatti un peso di soli 240 grammi.
In più il manubrio dispone di punti di posizionamento dedicati ai comandi cambio Shimano Satellite, quelli che consentono di azionare il cambio anche tenendo le mani sulla parte orizzontale del manubrio. E’ interessante notare poi come le diverse taglie abbiano a loro volta tre diversi valori di reach e di drop. Ad esempio, la taglia 37 mm ha un drop di 126 mm e un reach di 77 mm. Nonostante ciò, il manubrio è compatibile con tutti gli attacchi con diametro di serraggio di 31,8 millimetri.
L’attacco PRO Vibe Aero è ottimizzato e con il manubrio compone un cockpit comodo e aerodinamicoL’attacco è realizzato in lega AL-7000 e ha lunghezze 80, 90, 100, 110, 120 e 130 mmIl diametro max del morsetto è di 31,8 mm, peso di 209 grammiL’attacco PRO Vibe Aero è ottimizzato e con il manubrio compone un cockpit comodo e aerodinamicoL’attacco è realizzato in lega AL-7000 e ha lunghezze 80, 90, 100, 110, 120 e 130 mmIl diametro max del morsetto è di 31,8 mm, peso di 209 grammi
Attacco Vibe Areo, 6 taglie (X2)
Come accennato, però, il nuovo manubrio PRO dà il meglio di sé accoppiato con lo stem PRO Vibe Aero. E’ disponibile in sei diverse lunghezze, ma ogni attacco ha un’opzione di angolo negativo di 17 gradi, cosa che, di fatto, raddoppia le possibilità di combinazione.
Infine questa nuova accoppiata è progettata per consentire una varietà di instradamento dei cavi: anche i gruppi elettronici cablati possono essere nascosti all’interno del manubrio assieme ai tubi dei freni idraulici. Dà lì sono instradati nell’attacco manubrio PRO Vibe Aero e poi nella serie sterzo di telai bici compatibili. Insomma, un ottimo modo per rendere il proprio mezzo in un colpo solo più veloce, più leggero e più personalizzato.
Il manubrio è uno dei punti di contatto che influisce in modo esponenziale sulla bicicletta. Per molti atleti la leggerezza non è fondamentale, per altri è importante anche nel ciclocross. La maggior parte dei corridori cerca il giusto compromesso tra rigidità ed ergonomia.
Abbiamo messo insieme quattro considerazionidi altrettanti atleti, molto differenti nello stile di guida e nel modo di aggredire i tracciati di ciclocross. Manon Bakker (vittoriosa tra le donne a Vermiglio) e Laurens Sweeck, Ryan Kamp e Michael Vanthourenhout. Tutti (e non sono i soli) utilizzano la piega Deda Superzero e nessuno di loro ama particolarmente l’integrato in ambito cx. Cambiano le scelte per quello che concerne l’attacco manubrio: c’è chi lo preferisce più “morbido” e chi invece lo cerca rigido.
Manon Bakker usa una posizione piuttosto alta sul davanti (foto Giacomo Podetti)Manubrio largo per la Bakker, si controlla meglio la biciLa Bakker usa molto l’appoggio dei polsiManon Bakker usa una posizione piuttosto alta sul davanti (foto Giacomo Podetti)Manubrio largo per la Bakker, si controlla meglio la biciLa Bakker usa molto l’appoggio dei polsi
Bakker, leggerezza al top
«Ritengo che anche in ambito ciclocross – spiega l’atleta olandese – la leggerezza sia importante. Lo è perché dove si possono risparmiare dei grammi, senza compromettere la sicurezza del componente, è importante farlo e per me una bici leggera è più funzionale. La leggerezza è importante perché influisce anche sulla rigidità complessiva e un manubrio troppo rigido nel ciclocross può essere controproducente.
«Questo è uno dei motivi – prosegue Bakker – che orientano la mia scelta su un binomio non integrato. Inoltre, non utilizzando le leve troppo inclinate verso l’alto, per me è fondamentale avere una piega che mi permetta di appoggiare i polsi sulla piega, visto che per la maggior parte del tempo il palmo delle mani è sui comandi».
Sweeck ha una posizione nel mezzo, tra uno stradista e un crossistaSolo uno spessore da 1 centimetro, tra stem e manubrio, per SweeckSweeck ha una posizione nel mezzo, tra uno stradista e un crossistaSolo uno spessore da 1 centimetro, tra stem e manubrio, per Sweeck
Sweeck, compromesso semi-aero
«Al di là delle scelte soggettive e delle sponsorizzazioni – spiega il ciclocrossista belga – il fatto di avere a disposizione una piega con la parte superiore più larga, una sorta di concezione aero, offre dei vantaggi sfruttabili per l’appoggio del palmo delle mani. Un manubrio del genere ti aiuta nel controllo della bici quando è fondamentale tirare con la parte superiore del manubrio.
«Rispetto ai manubri completamente rotondi il feeling è migliore e così anche la sensazione di rigidità. Diventa importante anche la scelta dell’attacco manubrio, a mio parere più rigido è, meglio è».
Setting frontale molto aggressivo per KampRyan Kamp corre con la maglia della Pauwels Sauzen BingoalSetting frontale molto aggressivo per KampRyan Kamp corre con la maglia della Pauwels Sauzen Bingoal
Kamp, come su strada
«Dal manubrio passa tutto – spiega Ryan Kamp – il giusto manubrio ti permette di guidare bene la bicicletta, di avere un buon feeling e di essere comodo. Ti supporta e ti sostiene, ma nel ciclocross non deve essere estremamente rigido. Preferisco la piega e l’attacco manubrio separati che lasciano sempre un margine di elasticità, rispetto ad un integrato che nel cx può diventare eccessivo, anche se entrano in gioco gli sponsor tecnici e le scelte personali.
«Nel corso della stagione di gare – ci racconta il ventitreenne olandese – uso la bici da ciclocross anche per allenarmi su strada e mi piace avere sempre il medesimo setting».
Vanthourenhout usa i manettini molti rialzati (foto Giacomo Podetti)Il Superzero di Vanthourenhout Vanthourenhout usa i manettini molti rialzati (foto Giacomo Podetti)Il Superzero di Vanthourenhout
Vanthourenhout, Superzero e Zero100
«La scelta della tipologia di piega – spiega infine il campione europeo Vanthourenhout – è condizionata dal fatto che a me piace utilizzare i manettini con una inclinazione rialzata. Ho iniziato ad usare il Superzero Carbon e forse non tornerei ad un manubrio rotondodi tipo standard. Se è vero che noi crossisti passiamo buona parte del tempo con le mani alte sui comandi, è altrettanto vero che quando le spostiamo sulla parte centrale dobbiamo avere un manubrio rigido, ma che ci permette di non modificare eccessivamente le caratteristiche della bici sull’avantreno.
«Rigido sì – conclude – ma non troppo. Un’altra caratteristica importante è la larghezza: troppo stretto non è funzionale quando la guida diventa molto tecnica e tutto il corpo si muove in parallelo alla bicicletta».
Follonica ha ospitato i Campionati Italiani Giovanili di ciclocross. Organizzava la ASD Romano Scotti. Una festa di sport sotto lo sguardo del CT Pontoni
Il nastro Deda Presa, ideale per le competizioni grazie alle sue caratteristiche confortevoli e antiscivolo. Leggero, morbido e facilmente ricambiabile
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Lo abbiamo visto in azione ai mondiali in pista di Glasgow, anche se il divieto di entrare nei box delle squadre ci ha privato della possibilità di vederlo da vicino. Per cui abbiamo fatto di tutto per correre ai ripari ora che i mondiali sono finiti e c’è stato il tempo per approfondire il nuovo manubrio Metron Track.
La presa dei cornetti avviene con anulare e mignolo, in modo che l’atleta possa poggiare il palmo della mano e abbassarsiLa presa dei cornetti avviene con anulare e mignolo, in modo che l’atleta possa poggiare il palmo della mano e abbassarsi
Come leve dei freni
Il nome non lascia scampo a dubbi: si tratta di un accessorio che appartiene alla grande famiglia Vision e già questo fa pensare che dietro ci sia un gran lavoro in termini di costruzione e aerodinamica, dovendo consegnare ai pistard un manubrio rigido e anche filante, in osservanza per giunta ai regolamenti UCI.
Con un diametro del morsetto di 31,8 millimetri, il manubrio ha larghezza di 365 per un peso di 310 grammi e si fa notare per il disegno che offre delle appendici che ricordano la parte superiore delle leve dei freni cui gli atleti possono “aggrapparsi” nei momenti di massima sollecitazione.
Il disegno blu è quello della versione da strada, in verde il Metron TrackManubrio pista Metron Track, Vision
Dalla strada alla pista
In origine c’è stato lo studio su strada, vista la grande esperienza di Vision nella realizzazione di manubri da crono, e da qui Metron Track è stato fornito ai pistard per lo sviluppo di un’ergonomia e un’aerodinamica a parte, per dare il meglio di sé nelle corse di endurance, come la corsa a punti, lo scratch e la madison.
Avendo come base l’impostazione delle corse di gruppo, anche il suo disegno asseconda le necessità di un atleta che deve stare chiuso e raccolto, ma al tempo stesso ha la necessità di… spalmarsi sulla bici per le azioni più prolungate. Ecco allora che il disegno di Metron Track segue quello del Metron 4D e del 5D, cercando andare incontro alla necessità di maneggevolezza della pista.
Il disegno della curva ricorda un manubrio da strada, con più prese possibiliLa curva più stretta e aerodinamica, permette all’atleta di stringersi nelle spalleIl disegno della curva ricorda un manubrio da strada, con più prese possibiliLa curva più stretta e aerodinamica, permette all’atleta di stringersi nelle spalle
Tre vantaggi
I risultati conseguiti sono sostanzialmente tre. La riduzione della larghezza del manubrio, che consente una migliore aerodinamica. Una migliore presa grazie all’applicazione di strisce che aumentano il grip (decal di silicone e finiture tipo sabbia). Infine il volume ridotto delle estremità consente agli atleti di stringere i due “cornetti” con l’anulare e il mignolo, consentendo l’appoggio più aerodinamico al resto della mano.
Il manubrio Metron Track sembra aver davvero incontrato il favore degli atleti. In questa fase di pieno sviluppo sulla via di Parigi 2024, aver messo al sicuro il manubrio è già un bel punto di partenza. Il Metron Track è in vendita a 469 euro (Iva inclusa).
Qualche giorno fa, parlando della bici di Jonathan Milan, il corridore della Bahrain-Victorious ci aveva confidato che all’inizio della stagione aveva anche pensato di allargare il manubrio, scelta che sarebbe andata diametralmente contro le tendenze attuali. Milan ci aveva detto che aveva pensato a questa opzione per due motivi: la respirazione, in quanto avrebbe aperto un po’ la gabbia toracica, e per far sì che i suoi gomiti sporgessero di meno e quindi facessero attrito. Poi il friulano ha preferito non cambiare ed è rimasto sulla piega da 400 millimetri.
Quando si parla di attrito si passa all’infinito capitolo dell’aerodinamica e qui non può che intervenire Luca Oggiano, amministratore delegato di NabaFlow (azienda specializzata in soluzioni fluidodinamiche), ormai il nostro esperto del settore. A lui abbiamo posto la questione e in effetti è emerso che l’intuizione di Milan non era poi sbagliata. Vediamo perché.
Il manubrio integrato Vision Metron 6D da 400 mm di Milan. Misura abbastanza stretta per un atleta la cui statura supera i 190 cmIl manubrio integrato Vision Metron 6D da 400 mm di Milan. Misura abbastanza stretta per un atleta la cui statura supera i 190 cm
Luca, un manubrio più largo avrebbe portato vantaggi a Milan?
Prima di tutto dobbiamo fare un distinguo: se parliamo di volata o di fasi normali di corsa. Perché se parliamo di volata e quindi di potenza pura, ha fatto bene a tenerlo più stretto, anche se poi la bici è più complicata da guidare. Mentre se parliamo del pedalare normalmente bisogna vedere. Ci sono moltissimi parametri da valutare.
La tendenza oggi è quella di stringere i manubri per essere più aerodinamici…
Più stringo il manubrio, più guadagno in quanto sono meno esposto al vento: in teoria è così. Poi però bisogna vedere la conformazione degli atleti, che è estremamente soggettiva. E come diceva Milan: «Stringo il manubrio, ma poi esce il gomito». Io credo che oggi si sia arrivati al limite con le misure dei manubri. Non credo si possa andare parecchio oltre.
Gilbert non ha ceduto troppo alla tendenza dei manubri stretti. Era un fautore della piega larga: ne ha avute anche da 440 mm… e i gomiti erano “dentro”Gilbert era un fautore del manubrio largo: ha avuto anche pieghe da 440 mm… e i gomiti erano “dentro”
L’UCI ha imposto il limite a 360 millimetri, non più stretti…
Ci sono anche per questioni di guidabilità. E’ intuitivo che un manubrio così stretto renda più difficile condurre la bici. Mentre per quel che riguarda l’aerodinamica, io sono uomo di numeri e nel ciclismo i numeri sono individuali. Ogni analisi va fatta sulla persona stessa. Non è detto che manubri più stretti siano più aero per tutti o per forza.
Luca, ci rendiamo conto di parlare parecchio a braccio, ma se dovessimo fare una stima, che differenze ci sono per ogni misura di manubrio? Quindi 420, 400, 380 millimetri…
Io credo che tra una misura e l’altra si possano guadagnare 5 watt a 50 all’ora. Ma attenzione, è un valore da prendere assolutamente con le molle. E’ una stima. E varia moltissimo da atleta ad atleta.
Chiarissimo, ma ci facciamo comunque un’idea, quindi continuiamo a ragionare così. Quanto possono incidere i gomiti che sporgono di cui parlava Milan? Poniamo che rispetto all’asse frontale del manubrio sporgano di 5 centimetri verso l’esterno…
Potrei dire che c’è un aumento dell’impatto frontale tra l’1% e il 3% e quindi tra i 5 e i 10 watt sempre a 50 all’ora. Ma qui le variabili relative all’atleta sono ancora di più. Bisogna capire che l’aerodinamica è molto particolare. Prendiamo l’esempio del gomito. Non è solo il suo impatto con l’aria che conta, ma anche le scie che crea sul resto del corpo, i flussi… E’ uno studio di una complessità enorme.
Per Oggiano ogni modifica che riguarda un cambiamento di posizione dovrebbe essere controllato in galleria del ventoPer Oggiano ogni modifica che riguarda un cambiamento di posizione dovrebbe essere controllato in galleria del vento
Milan ci ha anche detto che si è abbassato di uno spessore, quindi 5 millimetri rispetto all’inizio dell’anno…
In questo caso il vantaggio è frontale. Lui ha ridotto l’area frontale, ma in aerodinamica conta molto la forma, il coefficiente CD. Io posso anche ridurre l’impatto frontale, ma al tempo stesso vedere che il CD aumenta per questioni di flussi. Faccio un esempio: io ho un metro quadrato di aria frontale e tu di due. In teoria tu sei il doppio più resistente di me all’aria. Ma poi tutto dipende dalla forma.
Chiarissimo…
Nei nostri studi in galleria del vento, capita spesso che un atleta che si abbassa, come ha fatto Milan, poi sia meno efficiente. Vero, ha ridotto l’impatto frontale, ma è meno efficiente perché i flussi tra parte frontale e parte posteriore fanno più attrito. Per questo è molto importante sempre verificare ogni cambiamento. E per questo servono le simulazioni, i test in pista, in galleria del vento. Non a caso io sono un sostenitore della teoria che non tutto va bene per tutti (sia per i materiali che per le posizioni, ndr) e che, in aerodinamica specialmente, tutto è legato al soggetto.
FSA presenta il manubrio in alluminio Energy Compact. Leggero e confortevole, adatto per chi ama pedalare in comodità senza rinunciare alla performance
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Il rapporto fra un partner tecnico e un team professionistico è un tema molto interessante che merita sicuramente un approfondimento, oltre a generare molte domande che meritano di essere soddisfatte. Quali sono i criteri che guidano un’azienda nella scelta di sponsorizzare con i propri prodotti un team e quali vantaggi effettivi può portare una collaborazione di questo tipo? Queste sono solo alcune delle domande che ci hanno spinto ad approfondire l’argomento delle sponsorizzazioni tecniche con Fabio Guerini, responsabile marketing di Deda Elementi. Stiamo parlando di una realtà da tantissimo tempo presente in gruppo come partner tecnico di team professionistici.
Fabio Guerini, responsabile marketing di Deda ElementiFabio Guerini, responsabile marketing di Deda Elementi
Partiamo con una domanda scontata, ma importante. Quanti sono i team che quest’anno utilizzano i prodotti Deda?
Complessivamente tra uomini e donne sono dodici, dal WorldTour alla categoria Professional fino ad arrivare al ciclocross. Per quel che riguarda gli uomini, si parte dall’Intermarché-Circus-Wanty (foto Gomez in apertura, ndr), ultima arrivata e con la quale stiamo lavorando allo sviluppo di novità tecniche davvero interessanti. Non è l’unica squadra belga con la quale collaboriamo. Utilizzano infatti i nostri prodotti la Lotto-Dstny, la Bingoal WB e la Flanders-Baloise. E’ nutrita anche la pattuglia femminile con la Uno-X, la Lotto-Dstny, la DAS-Handsling e la Stade Rochelais-Charente Maritime. Tra le donne c’è anche un po’ di Italia grazie alla Bepink. I nostri prodotti sono molto apprezzati anche nel ciclocross. Anche per il 2023 è prevista la collaborazione con Pauwels-Bingoal, Crelan Fristads e 777 CX Women.
Quali prodotti utilizzano i vari team?
Con ogni team abbiamo accordi di sponsorizzazione tecnica che variano da squadra a squadra. Grazie a tutti questi accordi nel 2023 vedremo in gruppo il meglio della produzione Deda per quel che riguarda ruote, attacchi, reggisella, manubri e appendici crono. Proprio parlando di cronometro presto avremo qualcosa di importante da comunicare.
Deda ha una sponsorizzazione a 360 gradi, tra i loro team anche la Crelan FristadsDeda ha una sponsorizzazione a 360 gradi, tra i loro team anche la Crelan Fristads
In generale per un’azienda come Deda quanto è importante essere presente nel mondo del professionismo, a partire naturalmente dal WorldTour?
Il WorldTour e in generale la sponsorizzazione di un team professionistico ancora oggi rimangono uno degli strumenti di marketing più importanti a disposizione di un’azienda, anche se non l’unico. Grazie alla copertura televisiva di ogni gara e alle immagini diffuse attraverso il web, oggi riusciamo a raggiungere una platea di appassionati sempre più vasta. La visibilità che otteniamo non è però il solo motivo che ci spinge a sponsorizzare un team.
Quale altro motivo c’è?
Non possiamo dimenticare l’importanza che un team professionistico ha nello sviluppo dei prodotti. Gli atleti mettono “sotto stress” i componenti per svariati chilometri durante la stagione e ci forniscono spunti tecnici interessanti per l’evoluzione del prodotto. Talvolta le scelte dei professionisti anticipano vere e proprie tendenze, e tutto questo ci permette di arrivare sul mercato col prodotto giusto nei tempi giusti.
Quali sono i criteri che guidano un’azienda come Deda nella scelta di sponsorizzare un determinato team?
Sono diversi i fattori e le dinamiche che subentrano all’interno del processo di fornitura tecnica di un team. Spesso nel caso di aziende del settore componenti, come siamo noi di Deda, tale processo è vincolato alla mera collaborazione OEM tra il marchio fornitore di bici del team e l’azienda di componenti. A volte però ci sono delle eccezioni.
La squadra fiamminga Flanders Baloise utilizza manubrio e appendici da crono di Deda (foto Facebook/Getty Images)La squadra fiamminga Flanders Baloise utilizza manubrio e appendici da crono di Deda (foto Facebook/Getty Images)
Ci può fare un esempio?
Restando a noi, quest’anno abbiamo assistito ad un fenomeno interessante e per certi versi controcorrente. Sono stati Intermarché-Circus-Wanty, Bingoal WB e Uno-X Pro a cercarci per la qualità dei nostri prodotti. In tutti e tre i casi siamo di fronte a team in grande fase di sviluppo. Il fatto che abbiano cercato noi in questa fase della loro crescita è senz’altro un grande attestato di stima verso i nostri prodotti che vengono riconosciuti come estremamente affidabili.
Se dovessimo quantificare le forniture delle vostre sponsorizzazioni, con quali numeri ci confrontiamo complessivamente?
Se ci riferiamo al budget, la sponsorizzazione di team e atleti rappresenta una fetta molto importante delle spese annuali di marketing. In termini di quantità, mediamente i numeri per un team WorldTour sono i seguenti: 100 protesi da crono, 250 kit manubrio/attacco/reggisella. Nel caso invece delle ruote si parte da circa 130 set per una Professional, che possono raddoppiare nel caso di una formazione WorldTour.
Non mancano anche le sponsorizzazioni nel campo femminile, Deda fornisce alla Das Handslings manubrio, attacco e ruoteNon mancano anche le sponsorizzazioni nel campo femminile, Deda fornisce alla Das Handslings manubrio, attacco e ruote
Deda è partner tecnico di team maschili e femminili. Tecnicamente, le richieste di una squadra maschile sono diverse da quelle di una femminile?
Assolutamente sì. Questa differenza è determinata principalmente dal fatto che strutturalmente un ciclista uomo e un ciclista donna sono diversi fra loro. Solo per restare in tema di manubri, l’esigenza di un team maschile per esempio è quella di disporre di manubri estremamente rigidi lateralmente, soprattutto nel caso di sprinter che sprigionano molta potenza, richiesta che invece non ci arriva quasi mai da un team femminile».
Concludiamo la nostra intervista con un accenno al ciclocross. Cosa vi ha spinto ad essere partner di team che si dedicano esclusivamente a questa disciplina?
Come tutti sanno, il Belgio è la culla del ciclocross. Qui noi supportiamo alcuni fra i team più importanti della scena ciclocross mondiale, come Pauwels-Bingoal e Crelan Fristads. Il mercato belga è molto esigente e proprio per questo sa riconoscere i prodotti di alta qualità come i nostri. Per Deda ovviamente rappresenta uno dei mercati più importanti e il fatto di essere presenti come sponsor tecnici di team prestigiosi, nella culla del ciclismo come è il Belgio, è stato quasi fisiologico, oltre ad essere fonte di orgoglio e nello stesso tempo un’opportunità per avere grande visibilità.
Velocità, potenza, aerodinamica sono elementi imprescindibili per la volata. Tutto è portato al massimo, lo sforzo del corridore ma anche il materiale è sottoposto al massimo dello stress. Pensiamo a quel che possa “patire” il telaio, ma anche il manubrio quando un Van Aert che sprigiona tutta la sua potenza sui Campi Elisi ci si aggrappa, lo tira e lo “contorce”.
E proprio del manubrio del velocista vogliamo parlare. Quali caratteristiche deve avere? Cosa richiedono gli atleti?
Per esempio un elemento che emerge è l’avanzamento della parte alta della piega per non far toccare l’avambraccio alla piega stessa mentre si sprinta. O l’allargamento delle curve rispetto alla parte alta del manubrio che portano ad una presa leggermente diversa, sempre per far sì che braccio e piega non si tocchino, come ci diceva tempo fa Nizzolo. Ma c’è molto altro…
La piega integrata di Nizzolo, la Black Inc: la sua parte bassa è 1,5 centimetri più larga rispetto a quella più alta in tutte le misure disponibiliL’integrato di Nizzolo, il Black Inc: la sua parte bassa è 1,5 centimetri più larga rispetto a quella più alta in tutte le misure disponibili
«Il mio manubrio – spiega Cimolai – è integrato. E’ più largo nella parte inferiore. E’ un 42 centimetri centro-centro nella parte superiore che diventano 43,5 in quella inferiore. Sinceramente preferirei quello classico, quindi con larghezza costante di 42 centimetri anche nella parte bassa della curva… Poi magari con questo vinco la Sanremo! Mi sento un po’ troppo largo».
Più largo in basso però significa anche un maggior “effetto leva” quando si tira. «Non so quanto 1,5 centimetri si possano sentire, per la mia esperienza personale non ho avvertito questo effetto, semplicemente lo sento un po’ meno “mio” nella guida».
L’integrato poi porta con sé anche il discorso delle curve. Una volta si aveva forse più possibilità di scegliere la tipologia: curva classica, curva anatomica, curva belga, adesso invece si va verso la curva unica, che se vogliamo è un mix di tutte le altre. «Una cosa positiva però – conclude Cimolai – di queste curve attuali e dei manubri integrati è che sono davvero rigidi».
La bici di Cimolai con la sua piega Vision Metron 6D
Il Vision Metron 6D: drop 125 mm; reach 80 mm e un Outward Bend (avanzamento della parte superiore delle curve) di 2°
La bici di Cimolai con la sua piega Vision Metron 6D
Il Vision Metron 6D ha un drop di 125 millimetri, un reach di 80 e un Outward Bend (avanzamento della parte superiore delle curve) di 2°
«Oggi – dice il veneto – in gruppo ci sono moltissimi manubri integrati, specie per i velocisti, perché sono più rigidi. Il limite è che si hanno meno possibilità di sistemarlo esattamente come si vuole, quindi sta ad ogni corridore valutare alla fine quale preferisce, se il set tradizionale (attacco più piega) o appunto quello integrato. Io per esempio sono riuscito a riprodurle tutte. L’unica cosa che cambia è la larghezza. Avrei preferito una piega da 38 centimetri, invece sotto a 40 l’Alanera non c’è per ora».
«Perché così stretta? Per infilarsi meglio nei buchi durante la bagarre della volata e perché si è visto che si è più aerodinamici se si è stretti piuttosto e magari “alti”, piuttosto che larghi ma più bassi.
«In generale il manubrio integrato è più rigido, più scattante, e non lo cambierei per nulla in volata, tanto più che io ho una posizione molto avanzata e il mio corpo fa parecchio peso sulla ruota anteriore e pertanto anche sul manubrio. No, no… lo devo sentire rigido, altrimenti se è elastico si sente subito e ci si fida meno».
Leonardo Marchiori (qui vincente al Tour de Bretagne 2021) preferisce una piega stretta
La piega Deda Alanera utilizzata da Marchiori, ha la curva RHM (reach di 130 millimetri, drop da 75)
Leonardo Marchiori (qui vincente al Tour de Bretagne 2021) preferisce una piega stretta
La piega Deda Alanera utilizzata da Marchiori, ha la curva RHM (reach di 130 millimetri, drop da 75)
Sentiamo il tecnico
E allora ascoltiamo anche il parere del tecnico, Davide Guntri di Deda Elementi, brand che produce appunto l’Alanera.
Davide, cosa vi chiedono i velocisti? Sviluppate con loro i vostri prodotti?
La scelta del manubrio è soggettiva. Una volta forse si sviluppava un po’ di più il prodotto insieme agli atleti. Prima volevano un manubrio più chiuso e più profondo. Oggi invece i reach sono tutti sui 75/80 millimetri. Ma perché questo? Perché quando si alzano in piedi per sprintare non vogliono che l’avambraccio vada a toccare la parte alta della piega.
Però in teoria dovrebbe essere il contrario: con un manubrio più profondo è più facile che l’avambraccio tocchi la parte alta della piega…
Vero, ma erano anche diverse le curve. Erano più aperte. Con il manubrio in alluminio queste “scendevano” prima. La rotazione della curva era meno accentuata. Adesso invece con il carbonio sei più libero di modellare il tuo prodotto.
E quindi oggi cosa vi chiedono i velocisti?
In verità non chiedono cose particolari in generale. Con l’Alanera tutti i nostri velocisti tutto sommato sono accontentati. Il primo ad utilizzare questo prodotto fu Greipel. Lui ne trasse subito dei benefici in quanto essendo un monoscocca è un manubrio molto rigido (Greipel era un peso massimo, ndr). In più aveva un drop da 130 millimetri, che era abbastanza alto per quei tempi. La cosa che invece mi sta stupendo è che soprattutto i velocisti ci stanno richiedendo dei manubri molto piccoli, da 40 e da 38 centimetri. A tal proposito vorrei ricordare che le nostre misure sono un po’ diverse. Noi le prendiamo sull’esterno, non centro-centro. Quindi un nostro 40 centimetri è un 38 tradizionale.
Si dice che il manubrio di Caleb Ewan lo facciate voi. E’ così?
Sì, è così. È una collaborazione nata tra noi e Ridley, ma non è un prodotto Deda, infatti non è inserito nel nostro catalogo. E’ un qualcosa che abbiamo sviluppato con i loro ingegneri. Ed è un manubrio abbastanza stretto, da 38 centimetri.
Perché gli sprinter sono alla ricerca di un manubrio più stretto?
Principalmente per questioni aerodinamiche, anche se è una scelta che va un po’ controcorrente. Fino a pochi anni fa si diceva che con il manubrio stretto si respirava peggio in quanto con le spalle più strette il diaframma restava costretto. Inoltre si perdeva qualcosa in fatto di guidabilità. Invece noi adesso stiamo iniziando a consegnare le prime Alanera da 40 centimetri (esterno-esterno, ndr). Presto avremo i feedback da parte dei corridori. Al momento abbiamo avuto solo quello di Ewan, ma il rischio è che essendo lui così piccolo possa essere un po’ fuorviante.
Qui il profilo di una curva Deda RHM…
E qui il profilo di una curva Shallow, sempre di Deda
Qui il profilo di una curva Deda RHM…
E qui il profilo di una curva Shallow, sempre di Deda
Prima, Davide, hai parlato anche di disegno delle curve. Una volta c’era quella belga, quella italiana, quella anatomica… Ora invece sembra si vada verso un “monodisegno” è così?
Sì, è così. La piega anatomica è ormai quasi sparita e tutti tendono ad utilizzare più o meno lo stesso disegno con reach e drop rispettivamente attorno ai 75 e 130 millimetri. Qualcuno chiede ancora la versione Shallow vale a dire quella un po’ più ampia. Uno di loro è Matteo Trentin, ma questo perché lui ha delle mani e delle dita molto grandi e non riesce ad adattarsi troppo bene all’Alanera. Non a caso Matteo è tornato al set classico, piega più attacco, in alluminio. Abbiamo fatto per lui un attacco manubrio della nostra linea Zero100 negativo (-70°) e con un passaggio di cavi semi integrato.
Quindi lui è una particolarità…
Oggi i manubri più venduti sono quelli RHM, che hanno un reach da 75 millimetri e un drop da 130. Abbiamo sviluppato anche la piega Vinci Super Shallow per i belgi, su richiesta proprio della Lotto-Soudal, in quanto volevano un drop leggermente più piccolo, infatti è di 125 millimetri, ma il reach è sempre lo stesso (75 millimetri, ndr), scelta quest’ultima che non penalizza chi ha le mani lunghe.
I manubri per i velocisti hanno una struttura diversa? Sono più robusti?
Alcuni modelli sì, come lo Shallow. Abbiamo inserito nel layout più “pelli di carbonio” soprattutto nella parte laterale, quella più soggetta alle flessioni durante lo sprint. In linea di massima cerchiamo sempre di accontentare i nostri atleti, ma se aggiungiamo troppo materiale poi sale il peso. Adesso per esempio stiamo sviluppando il modello Vinci. Vogliamo renderlo un po’ più rigido ai lati, ma senza aumentare troppo il peso, a volte bisogna cambiare il layout delle pelli stesse, togliere il materiale da una parte e aggiungerlo dall’altra. Ma è un lavoro non facile.
Manubrio tradizionale o integrato? Questo è il dilemma. Ruote aero, bici aero, caschi aero… Tutto viaggia verso l’aerodinamica e forse anche per questo in gruppo si vedono sempre più manubri integrati. Ma c’è di più.
Con quei profili sono oggettivamente bellissimi e danno anche un grande senso di “pulizia” generale della bici. E infatti, come vedremo, la motivazione che porta alla diffusione maggiore di questi manubri riguarda, un po’, anche l’estetica.
Ciccone e il suo set (attacco + piega) tradizionaleCiccone e il suo set (attacco + piega) tradizionale
Il peso conta
Ad aiutarci in questo viaggio nella scelta fra manubrio integrato o tradizionale ci aiuta Mauro Adobati (nella foto di apertura), meccanico della Trek-Segafredo. Loro, con la linea Bontrager, sono stati tra i primi a lavorare con questa specifica.
«La scelta che fa protendere i corridori verso il manubrio integrato – spiega Adobati – è che questo è più leggero di circa 70-80 grammi. La maggior parte degli atleti ci prova, ma non tutti ci riescono. Su 20 corridori, 15 utilizzano ormai l’integrato. Tu puoi anche lavorare con gli spessori tra tubo di sterzo e attacco manubrio, con la posizione delle leve, ma non sempre riesci a produrre le stesse identiche misure. A quel punto è il corridore che deve adattarsi».
Lo schema per chiarire reach e dropLo schema per chiarire reach e drop
Reach e drop
E qui si apre un capitolo “delicato”, quello che riguarda il reach e il drop del manubrio, vale a dire la profondità e l’altezza della curva.
«I manubri integrati hanno generalmente dei reach e dei drop un po’ diversi, o quantomeno hanno una misura standard (si dovrebbero fare troppi stampi, ndr), mentre nel classico “due pezzi” queste misure un po’ variano in base alla misura. Ed è qui che gli atleti trovano le maggiori difficoltà di adattamento».
«In squadra abbiamo l’esempio di Giulio Ciccone. “Cicco” ogni anno prova a passare all’integrato, ma poi torna al tradizionale. Uno dei suoi limiti maggiori riguarda il reach, cioè quanto va avanti. Il manubrio integrato di Ciccone è cortissimo. Ciò che comanda è la posizione che i corridori usano di più, vale a dire quella sulle leve. Per riportare questa misura abbiamo montato un manubrio il cui attacco è molto più corto.
«Cicco è passato da 120 millimetri a 100. Questo lo porta ad avere più o meno le stesse misure nella presa sulle leve, appunto, e nella curva, ma resta invece troppo corto nella presa alta, la più utilizzata in salita. E per questo alla fine torna sui suoi passi, al classico set attacco più piega».
Per Evenepoel manubrio stretto e leve parecchio rivolte verso l’internoPer Evenepoel manubrio stretto e leve parecchio rivolte verso l’interno
Ciclone Evenepoel
Adobati parla poi della messa in posizione degli atleti con questo nuovo manubrio. Il lavoro è parecchio nel primo ritiro, soprattutto con i nuovi corridori, i quali si trovano ad utilizzare e a testare i nuovi materiali.
«In effetti nel primo ritiro c’è un bel lavoro da fare in tal senso. I corridori provano molto. Oggi oltre alla sella, il manubrio è uno degli elementi ai quali si presta più attenzione, poiché incide molto sulla guida e sulla posizione stessa. Lavorare sul setting delle leve non è così semplice, se inizi a inclinarle cambia un po’ tutto il resto della posizione del corridore».
«Io poi – continua Adobati – sto notando che i manubri si stanno stringendo, al contrario di quello che sta accadendo in mountain bike, dove le pieghe si allargano. Vuoi per una questione aerodinamica, vuoi per l’avvento di Evenepoel (che ce l’ha stretto e con le leve piegate all’interno), vuoi perché non si può più utilizzare la posizione aerodinamica… si va in questa direzione.
«Conta poi anche la questione estetica. Il primo impatto è sempre molto positivo e anche questo spinge i corridori a provare i nuovi manubri integrati. Noi però in Trek abbiamo anche un semi-integrato, che di fatto è un set classico. Ma tra attacco e manubrio si nota davvero poco la differenza. Sembra un pezzo unico.
«Senza contare che per noi meccanici questi set sono molto più comodi, visto che hanno un incavo nella parte inferiore in cui far passare fili e guaine, i quali a loro volta sembrano anch’essi integrati».
Brambilla immortalò il passaggio all’integrato in quell’estate del 2020
Per Brambilla il manubrio integrato e anche più confortevole rispetto al set tradizionale in alluminio
Brambilla immortalò il passaggio all’integrato in quell’estate del 2020
Per Brambilla il manubrio integrato e anche più confortevole rispetto al set tradizionale in alluminio
Brambilla “integralista”!
Ma se Ciccone ci prova ed è un po’ scettico, chi è un vero portabandiera del manubrio integrato è GianlucaBrambilla. Il vicentino, ormai qualche stagione fa, ci si è messo di impegno e ha intrapreso la via dell’integrato appunto.
«Oggi le bici sono concepite per i manubri integrati – spiega Brambilla – Riprendono meglio la linea della bici, sono più aerodinamici e si riduce qualcosa in termini di peso. Io ci ho messo un po’ ad adattarmi, ma riguardo ai tre appoggi del corpo sulla bici (piedi, sedere, mani) quello delle mani è il più facile da adattare.
«Alla fine ci ho messo una ventina di giorni. Cambiai manubrio durante il ritiro in altura al passo San Pellegrino nell’estate del 2020. Avevo visto che peso e aerodinamica erano vantaggiosi quindi mi sono dato del tempo per abituarmi ed è andata bene».
«Ho mantenuto la stessa larghezza, vale a dire i 40 centimetri centro-centro, anche se le curve classiche in realtà nella parte bassa sono più larghe rispetto a quella alta. Sono quasi 43,5 centimetri sotto e 40 in alto. In più con il manubrio integrato il mio attacco si è ridotto di un centimetro: da 110 a 100 millimetri».
La posizione delle leve del vicentino è pensata per mantenere il più possibile il braccio dritto (polso, gomito e spalla sulla stessa linea)La posizione delle leve del vicentino è pensata per mantenere il più possibile il braccio dritto (polso, gomito e spalla sulla stessa linea)
Leve all’interno
Brambilla poi parla di molti altri accorgimenti per trovare la giusta posizione nel passaggio da manubrio tradizionale a manubrio integrato.
«Riguardo alla posizione delle leve il mio reach è lo stesso, anche se le ho ruotate un po’ verso l’interno. Questo perché non potendo più utilizzare la posizione aerodinamica “tipo crono”, ci distendiamo con il braccio lungo la leva. E per far sì che mano e avambraccio siano in linea con il resto del braccio si ruota appunto la leva verso l’interno. In pratica il polso resta dritto e il gomito che non va troppo verso l’esterno».
«C’è poi – conclude il veneto – chi mette il doppio nastro nella parte bassa per recuperare quel piccolo gap nel drop, come per esempio fa Elissonde, che è molto piccolo. O si riduce ancora l’attacco quando un corridore passa da un gruppo all’altro. Per esempio la leva di Sram è mezzo centimetro più lunga rispetto a quella Shimano. Ci sono molte sfaccettature insomma da tenere sott’occhio quando si fa il cambio».
Ciccone ha prova la fuga di forza, ma i primi hanno deciso che oggi la fuga non dovesse andare. Un Tour lotteria. L'obiettivo a pois. E domani si riprova
Quello che tutti conoscono è senza dubbio l’Alanera, non foss’altro perché un certo Tadej Pogacar l’ha portato per due anni di fila in parata sui Campi Elisi. Forse perché s’è raggiunto un bel livello di affidabilità, sul manubrio integrato top di gamma, Deda Elementi non ha messo ulteriormente mano. Ma siccome non tutti amano l’immobilità di una simile soluzione, ecco che nel nuovo catalogo è arrivata la rivisitazione del Superzero, cui in coerenza con le ruote RS4DB presentate ieri, è stato aggiunto il suffisso RS: Superzero RS (sottoposto a test nella foto di apertura). Ad esso, Deda Elementi ha aggiunto l’equivalente da gravel e una serie sterzo di cui parlare.
La nuova sezione riduce la resistenza all’aria e offre un’impugnatura più ergonomica
Il drop da 120 mm permette di tenere più a lungo la posizione bassa con aumento del comfort
Il drop da 120 mm permette di tenere più a lungo la posizione bassa con aumento del comfort
La nuova sezione riduce la resistenza all’aria e offre un’impugnatura più ergonomica
Superzero RS, ergonomia top
Superzero RS è stato progettato per ridurre al minimo la resistenza all’aria e fornire un’impugnatura più ergonomica e confortevole. Il manubrio è caratterizzato dalla nuova forma RHM-EVO, l’evoluzione della geometria attuale con drop più compatto a 120 mm e il comfort superiore nella presa bassa.
Uno studio molto accurato è stato eseguito sulle sezioni, superando l’ovale quasi perfetto del Superzero (che dava qualche problema nel caso di rotazione del manubrio) e adottando una forma più ergonomica per l’appoggio anche quando si vogliano sollevare ulteriormente le leve dei freni. La parte centrale (superiore) della curva è invece tonda per montare eventuali prolunghe o supporti. Prezzo indicativo: 280 euro (+Iva).
Il manubrio è disponibile in 4 taglie, dalla 40 alla 46 misurate esterno-esterno.
Un design minimale e funzionale nel segno della leggerezza e dell’aerodinamica
Il Superzero RS è davvero essenziale. Pesa 215 grammi (taglia 44)
Il manubrio è disponibile in 4 taglie, dalla 40 alla 46 misurate esterno-esterno.
Un design minimale e funzionale nel segno della leggerezza e dell’aerodinamica
Il Superzero RS è davvero essenziale. Pesa 215 grammi (taglia 44)
Viti in titanio
Il passaggio cavi è agevolato dal sistema DCR (Deda internal cable routing) che permette la piena integrazione dei cavi all’interno del manubrio con qualsiasi telaio compatibile e grazie a guide predisposte che facilitano lo scorrimento dei cavi. Il foro centrale di uscita è più grande per facilitare il montaggio dei cavi interni.
Tra le… finezze di questa curva, che viene prodotta in 4 taglie, dalla 44 alla 46, c’è anche lo stop naturale per il nastro, con un dentello che rende meno netto il salto dalla parte nastrata a quella centrale.
In abbinamento alla curva Superzero RS, debutta l’omonimo attacco manubrio, che ne riprende la finitura e rispetto alla versione precedente riceve l’upgrade delle viti in titanio e il nuovo top cap. E’ disponibile in 5 lunghezze da 90 a 130 millimetri, con peso di 140 grammi nella misura da 110. Prezzo indicativo: 145 euro (+Iva).
Il nuovo attacco ha una livrea cattiva e affascinante
L’attacco Superzero RS è realizzato in alluminio 2014 con forgiatura 3D
L’attacco monta di serie speciali viti titanio con finitura nera PVD
Il nuovo attacco ha una livrea cattiva e affascinante
L’attacco Superzero RS è realizzato in alluminio 2014 con forgiatura 3D
L’attacco monta di serie speciali viti titanio con finitura nera PVD
Superzero, anche gravel
Come si diceva in apertura, Superzero Gravel è l’applicazione offroad del concetto strada. Ha profilo aerodinamico nella parte superiore abbinato alla curva EOS-Speed. Reach da 60 millimetri e drop da 110 rendono più rapido il cambio di impugnatura e più comoda la presa bassa. Mentre per dare più stabilità alla bici, l’angolo di apertura di 16° incrementa di 6 centimetri la larghezza del manubrio nella parte bassa rispetto alle leve.
Il drop a 110 mm permette di mantenere la presa bassa per lungo tempo essendo 20mm più alta
E’ stato aggiunto un angolo di apertura di 16° che incrementa di
6 cm la larghezza del manubrio
Superzero Gravel è un manubrio versatile e leggero con i suoi 225 grammi
Il drop a 110 mm permette di mantenere la presa bassa per lungo tempo essendo 20mm più alta
E’ stato aggiunto un angolo di apertura di 16° che incrementa di
6 cm la larghezza del manubrio
Superzero Gravel è un manubrio versatile e leggero con i suoi 225 grammi
Rispetto al manubrio Gera Alloy, di cui vi abbiamo raccontato in occasione della Serenissima Gravel, Superzero nasce dalla necessità di inserire un manubrio più racing, visto che il calendario gravel appare in rapida espansione. Al peso di 225 grammi, con le misure si parte dalla 42 per arrivare alla 46 (nella misura esterna variano da 48 a 52). Prezzo indicativo: 257 euro (+Iva).
Ben integrata e affidabile, la serie sterzo è un bel passo verso l’integrazione
Il sistema funziona con forcelle standard coniche (1-1/8” – 1.5”)
Un’apertura permette l’integrazione dei cavi nell’interspazio tra cuscinetto e forcella
Ben integrata e affidabile, la serie sterzo è un bel passo verso l’integrazione
Il sistema funziona con forcelle standard coniche (1-1/8” – 1.5”)
Un’apertura permette l’integrazione dei cavi nell’interspazio tra cuscinetto e forcella
Serie sterzo S-DCR
Non resta che parlare di S-DCR, serie sterzo integrata per sistema DCR (Deda internal cable routing) che permette il passaggio cavi direttamente attraverso il tappo superiore. Così facendo, ogni attacco Deda diventa compatibile con un telaio DCR, senza la necessità di altre sostituzioni.
S-DCR, compatibile anche con i distanziali Deda HSS, funziona con forcelle standard coniche (1-1/8” – 1,5”) e richiede un tubo sterzo telaio con cuscinetto superiore da 52 mm (1,5”). Il design dell’anello di compressione prevede un’apertura che permette il passaggio dei cavi tra cuscinetto e forcella. Prezzo indicativo: 60 euro (+Iva).
E’ arrivato. Dopo il Race, il nuovo Cadex AR è il manubrio che mancava all’appello. Progettato e ideato per il gravel, il nuovo manubrio lanciato sul mercato vanta una struttura in carbonio monopezzo che offre rigidità e comfort su strade sconnesse e terreni misti. Con i suoi 190 grammi (nella misura da 420 millimetri), Cadex AR è considerabile un ultraleggero nel panorama della concorrenza.
Dopo il lancio del Cadex Race, l’azienda del gruppo Giant, specializzata in prodotti ad alte prestazioni, consolida il suo impegno e allarga i propri orizzonti andando a completare l’offerta per quanto riguarda l’esperienza all-road.
Cadex AR ha un reach di 70 millimetri e drop di 115 millimetri
La costruzione è in carbonio monopezzo, in grado di eliminare il peso in eccesso
Cadex AR ha un reach di 70 millimetri e drop di 115 millimetri
La costruzione è in carbonio monopezzo, in grado di eliminare il peso in eccesso
Carbonio monopezzo
Il Cadex AR vanta una costruzione in carbonio monopezzo, in grado di eliminare il peso in eccesso e la flessibilità dell’incollaggio dei giunti tradizionali in tre pezzi. Il risultato dello stampo unico è un prodotto rigido, ma allo stesso tempo leggerissimo con un peso che oscilla tra i 185 grammi per la misura da 400 millimetri fino ai 200 grammi per quello da 460 millimetri. L’ergonomia e la relativa posizione di guida non sono esasperate, ma offrono un comfort funzionale e dinamico grazie alla posizione leggermente più eretta e la presa allargata (flare) di circa 8 gradi per un maggiore controllo.
La stabilità è favorita dal backsweep pari a 3° e dall’outsweep di 3°
Prodotto rigido e leggerissimo: 185 grammi per la misura da 400 millimetri. Diametro centrale di 31,8
La stabilità è favorita dal backsweep pari a 3° e dall’outsweep di 3°
Prodotto rigido e leggerissimo: 185 grammi per la misura da 400 millimetri
Caratteristiche tecniche
I dettagli tecnici frutto dell’innovazione proposta da Cadex sono il fiore all’occhiello dell’azienda taiwanese. Cadex AR ha un reach di 70 millimetri e un drop di 115 millimetri. Essi consentono una rapida transizione dalle parti superiori a quelli inferiori del manubrio per un maggiore controllo quando si cambiano le posizioni delle mani.
La stabilità è favorita anche dagli angoli di arretramento (backsweep) pari a 3° e a un angolo di rotazione della curva (outsweep) di 3°.
A chiudere i dati che riguardano le misure di questo manubrio gravel c’è la particolarità della presa bassa che ha una maggiorazione di 40 millimetri che regala una presa extra al ciclista. Con un diametro centrale di 31,8 millimetri il Cadex Ar è disponibile in 4 misure: 400, 420, 440, 460 millimetri. Il prezzo è di 319,99 euro.
Il 2020 è un anno segnato dal Covid-19 che ha creato molti problemi. Ci siamo chiesti come sarà Eurobike, la fiera di settore più importante di europa.