Nel pianeta della crono e dei limiti tecnici con Affini

18.11.2022
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Tecnologia, potenza, scienza, velocità: un cronoman deve unire tutto ciò. Ma saperlo fare (bene) quando si è a tutta è cosa per pochi. Tra questi pochi c’è sicuramente Edoardo Affini. Il mantovano, da casa sua, dove vi avevamo già portato, ci guida nel mondo della crono. Specialità tanto complessa quanto affascinante. 

Con il corridore della Jumbo-Visma ne parliamo a tutto tondo. La sua crono e quella dei suoi rivali. Sconfinando anche sulla pista e tutto ciò che lega un ciclista che corre contro il cronometro.

A tu per tu con Edoardo Affini (classe 1996)
A tu per tu con Edoardo Affini (classe 1996)
Edoardo sei nel team giusto per essere un cronoman?

Credo proprio di sì. In Jumbo la crono è una filosofia che si ripercuote in tutti i settori. Significa avere attenzione massima ai dettagli e cercare di migliorarsi sempre. Una filosofia che se vogliamo si è vista anche dopo la nostra vittoria al Tour con Vingegaard. Questo era il nostro primo obiettivo da anni e una volta raggiunto ci siamo chiesti: «E adesso”? Cosa si può migliorare?». Nel caso della crono si pensa subito ai materiali. E’ una disciplina in cui contano i secondi, per questo ogni dettaglio è importante. Pensate, Foss, mio compagno, ha vinto il mondiale per appena 3”.

Quali sono per te i campi dove lavorare per migliorare?

Sulla posizione sicuramente, specialmente dopo le misure nate dai nuovi regolamenti. Per quel che mi riguarda potrei alzarmi un po’ con i gomiti e quindi chiudermi un po’ (alla Evenepeol, ndr). L’idea una volta era di schiacciarsi sempre di più e di scendere con la testa, al netto della sicurezza come abbiamo visto con Bernal, adesso invece la tendenza è quella di alzare le mani. E poi credo si possa lavorare molto sui caschi e le loro dimensioni.

Ed è un vantaggio per te?

Sì, ma anche gli altri lo faranno, quindi non credo cambierà moltissimo.

Van Aert… con Van Aert! Il suo manichino a grandezza naturale prodotto dal TUe di Eindhoven per i test in galleria del vento
Van Aert… con Van Aert! Il suo manichino a grandezza naturale prodotto dal TUe di Eindhoven per i test in galleria del vento
Dove fate i test?

Abbiamo una partnership con l’Università di Eindhoven, lì in galleria del vento si svolgono tutti i nostri test. Ci sono dei modelli a grandezza naturale di Roglic e Wout (Van Aert, ndr) ma presto credo anche di Foss e di Vingegaard. L’idea del manichino è ottima, perché se fai dieci prove con l’atleta non saranno mai davvero uguali. E’ difficile che si riposizioni perfettamente allo stesso modo. Con il manichino invece puoi farlo e il test diventa ripetibile.

Hai parlato di dettagli, quali sono quelli che a tuo avviso fanno la maggior differenza?

Per me – ribatte senza indugio Affini – è il mantenimento della posizione. Puoi fare tutti i test che vuoi in galleria del vento. Puoi trovare una posizione eccellente, ma se poi in gara ti scomponi perdi quei vantaggi. Non solo devi trovare una posizione che sia efficiente, ma anche che tu sia in grado di mantenere mentre spingi. Ci si lavora da sempre. Prendiamo appunto il discorso della testa che deve stare “alta”… Adatti il tuo fisico ad una posizione che non è comoda, ma è ideale.

E tu che stato hai raggiunto tra posizione e materiali?

Direi buono. Bisogna sempre migliorarsi e vedremo con la nuova posizione, ma anche con i materiali e le bici (Cervélo, ndr) mi trovo bene: a crono e su strada. Davvero due bici… stabili, non flettono. E se lo dico io che sono grosso!

Il corridore della Jumbo-Visma agli ultimi mondiali a crono è arrivato 13°
Il corridore della Jumbo-Visma agli ultimi mondiali a crono è arrivato 13°
Cambiamo un po’ discorso, Edoardo: come hai seguito il record dell’Ora di Ganna?

Ero in hotel, alla vigilia della Parigi-Tours. Una prestazione incredibile. Uno non ci pensa ma è stato qualcosa d’incredibile: lui e lo studio esagerato che c’era dietro.

Da cronoman come hai vissuto quei 60 minuti? Cosa ti passava nella mente?

L’ho vissuta che avevo il mal di gambe! Sapendo cosa ha fatto Pippo per arrivare a quel momento e cosa gli è servito, c’è solo da togliersi il cappello. In più dopo le polemiche in seguito al mondiale chiaro-scuro a livello psicologico, è stato una grande cosa. Ne ha avute molte di rotture: lo fa, non lo fa, “lascia prima la nazionale per cose sue”… Non è stato facile.

Edoardo Affini con il suo fisico possente ci pensa al record dell’Ora?

Può pensare di farlo – risponde dopo una breve pausa e una smorfia di sorpresa – ma c’è bisogno di un vero piano tecnologico. Di uno studio avanzato. Non è qualcosa che fai da solo. E sul piano fisico bisogna fare uno sforzo che nelle corse normali non si fa. Tanto più che le crono da un’ora non ci sono più. L’ultima crono veramente lunga risale al mondiale dello Yorkshire nel 2019.

Serve dunque un supporto tecnico totale e chi crede in te: la Jumbo Visma sarebbe interessata?

Forse… A livello di materiali sicuramente. Cervélo di certo ne sarebbe attratta, tanto più che loro già hanno una connessione con la pista. E lo stesso vale per gli altri settori, penso alle gomme per esempio. Poi andrebbe pianificata molto bene nell’arco della stagione e non solo per gli impegni, ma anche perché come ha detto Pippo non hai voglia di fare tanti tentativi!

Tra Team Jumbo-Visma e Cervélo c’è grande attenzione ai dettagli: avrebbero le capacità per dare assalto al record dell’Ora (foto Cervélo)
Tra Jumbo-Visma e Cervélo c’è grande attenzione ai dettagli: avrebbero le capacità per il record dell’Ora (foto Cervélo)
In effetti è piuttosto doloroso! Per te chi può battere questo Record?

Potrebbe riuscirci Stefan Kung per la sua struttura e perché gli piacciono le sfide. 

E il tuo compagno Van Aert?

Non so se sia una sua ambizione. Lui ha anche il cross e riuscire ad incastrare tutto sarebbe davvero complicato. Anche per differenza di sforzo.

Tu e Ganna siete cresciuti insieme e lo battevi anche: com’è ritrovarcisi tra i pro’? 

E’ uno stimolo. Abbiamo la stessa età ed è da quando siamo allievi che ci scorniamo, ma per ora lui è il numero uno: c’è poco da girarci intorno. Dal canto mio, sono sempre lì a cercare di migliorarmi.

La differenza è solo nel “motore” o anche nella guida? Nel prologo di Torino per esempio Ganna fece una bella differenza anche nelle curve…

Di sicuro ha rischiato di più, ma certe cose magari le fai anche perché sei più sicuro di te stesso. Insomma, aveva già vinto il mondiale.

Voi cronoman vi confrontate mai sulle scelte tecniche prima di una gara?

Sì, qualche commento lo facciamo, ma non ci facciamo influenzare. Fatta una scelta, quella è. E poi più o meno sappiamo cosa useremo. Al massimo uno può usare una ruota da 55 millimetri e un altro una da 60, per dire, ma siamo lì. I rapporti per esempio sono quelli: di solito è il 58.

Per Affini non sarebbe facile inserirsi al 100% nei quartetti di Marco Villa
Per Affini non sarebbe facile inserirsi al 100% nei quartetti di Marco Villa
Sappiamo che non è facile rispondere ma ti piacerebbe provare un’altra bici da crono? Ce n’è qualcuna che ti incuriosisce?

Come ho detto, con Cervélo mi trovo bene, la nostra bici da crono è ottima e non la cambierei. Ma se proprio dovessi sceglierne un’altra, a questo punto direi la Pinarello di Pippo.

Restiamo sempre in ambito aero e crono: pensi mai che potresti essere nel quartetto? Gente come te, Ganna, Milan… siete tutti “bestioni”. E tu hai fatto pista in passato.

Adesso credo che non sia sensato né possibile entrare a far parte di quel gruppo così affiatato. Oltre a loro ci sono dentro già i ragazzi juniores e under 23 in quel movimento, come è giusto che sia. E sinceramente non credo sia il mio posto. In più il mio ultimo quartetto l’ho fatto da junior.

Però tecnicamente potresti starci?

Fosse solo per una questione tecnica o mentale, ci potrei anche stare: ho un’idea di cosa mi aspetterebbe. Però non so se sarei in grado di esprimermi al 100%. Dovrei organizzare bene gli impegni con la strada. Poi è anche vero che ti ricordi di Viviani, che è stato il primo a dimostrare che se bene calibrati, si possono conciliare gli impegni dell’una e dell’altra specialità. Ma la doppia attività non è per tutti.

Affini ci apre la porta di casa. Chiacchiere di autunno

13.11.2022
6 min
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Il sole cala e l’umidità sale a Serraglio, paesino del mantovano dove in una casa stile castello vive Edoardo Affini. Due torrette in pietra, i gerani, un portico… il cronoman ci accoglie col sorriso. Andiamo a trovare il gigante della Jumbo-Visma in un pomeriggio di novembre. E’ in momenti come questi che si racconta in tranquillità quel che è stato e di quel che sarà.

Affini, classe 1996, è alla sua terza stagione da professionista. Una stagione tutto sommato bella per lui, suggellata dalla maglia rossa alla Vuelta. Mentre ci mostra la sua bella casa che è ancora in fase di costruzione iniziano le nostre domande. E la prima è una curiosità da “cicloamatore”.

Edoardo con le due maglie rosse della Vuelta, quella speciale per le frazioni olandesi e quella tradizionale
Edoardo con le due maglie rosse della Vuelta, quella speciale per le frazioni olandesi e quella tradizionale
Edoardo, qui di montagne neanche l’ombra. Come fai per gli allenamenti?

I primi strappetti, le colline moreniche, sono a 30 chilometri, altrimenti devo andare sul Garda. Se devo fare una distanza senza lavori ci vado in bici, ma se devo fare degli specifici mi avvicino con la macchina. Altrimenti tempo che arrivo è ora di tornare a casa!

E si diventa cronoman anche per tutta questa pianura? Al netto di un certo fisico chiaramente…

Di certo con la pianura c’è feeling. La faccio spesso. Anche i rapporti: vai a cercare quelli più lunghi.

Che stagione è stata?

Direi una bella stagione per me, molto bella per la squadra. Per quel che mi riguarda ci sono stati alti e bassi. Tra gli alti, c’è senza dubbio la maglia rossa alla Vuelta arrivata dopo una vittoria, quella della cronosquadre. O il podio nella tappa del Giro. E poi quando sei in corsa e i tuoi capitano finalizzano. Come Wout (Van Aert, ndr) alla Omloop o ad Harelbeke.

Affini ha ricavato uno stanzino per i suoi trofei
Affini ha ricavato uno stanzino per i suoi trofei
E i bassi, invece , quali sono stati?

Le due mazzate del Covid. Una a febbraio, che ha scombussolato un po’ i piani della primavera, e una alla Vuelta. Quella mattina in Spagna ho fatto un controllo quasi per scrupolo visto che qualche caso c’era stato. Dopo il tampone stavo andando a fare colazione quando con la coda dell’occhio ho visto la seconda lineetta del test. Non avevo assolutamente niente, ma c’è un protocollo di squadra che parla chiaro e sono tornato a casa.

Hai parlato della squadra. Con tutte queste vittorie vi sentite più forti quando siete in corsa. Per la serie: “Fatevi largo arriviamo noi della Jumbo-Visma”?

Questa sensazione c’era già l’anno scorso e quest’anno ancora di più. Siamo sempre pronti a prendere in mano la corsa e fare il meglio per far vincere i capitani. Non solo, ma quando poi hai capitani del nostro calibro anche le altre squadre ci lasciano fare. “Che ci pensino loro”, dicono. Ma al Fiandre, anche senza Wout fermato dal Covid, abbiamo dato il nostro contributo e corso come volevamo noi.

Insomma c’è questa sensazione di essere una squadra…

Siamo un collettivo. Sono qui da due anni, di prima non posso parlare, ma da quel che mi dicono è che proprio negli ultimi due anni si è fatto un bello step. Specie nel cercare di fare la corsa.

Il treno della Jumbo-Visma guidato da Affini nella cronosquadre della Vuelta che gli permesso di vestire in rosso
Il treno della Jumbo-Visma guidato da Affini nella cronosquadre della Vuelta che gli permesso di vestire in rosso
Parliamo di leader. Van Aert che capitano è? Cosa chiede in corsa?

Wout sa quel che vuole. Non è uno che ti martella, però è capace di farti tirare fuori il meglio per il tuo specifico lavoro. E te ne rendi conto dopo. Tu stesso percepisci che vuoi dare il 100%.

Roglic invece?

Anche lui è un leader, ma è diverso rispetto ad un Van Aert. E’ più espressivo, nel senso che parla di più è più “nervoso”. Poi magari certe volte su una salitella sta faticando tanto e ti dice: “Ti vedo bene, io invece oggi ho mal di gambe”. Allora lo guardi e visto che un po’ lo capisce, gli dici in italiano: “Primoz, mettiti a ruota!”. A quel punto capisce e si mette a ridere… Però è un capitano vero.

E poi c’è Vingegaard…

Con Jonas non ho corso tanto a dire il vero. Ci ho fatto la Tirreno, quando ha fatto secondo dietro Pogacar. Che dire: è un talento. Di certo è un tipo tranquillo. Quando si è detto che dopo il Tour fosse saltato di testa è perché lui non cerca attenzioni, non è da social. E’ introverso. Però quando è in corsa sa come gestire la squadra. E gli piace stare dietro a me! 

La fuga di Treviso. Grande collaborazione e ottime gambe hanno permesso ai quattro di andare al traguardo. Affini fu secondo
La fuga di Treviso. Grande collaborazione e ottime gambe hanno permesso ai quattro di andare al traguardo. Affini fu secondo
Ah sicuro: dietro ad Affini si sta bene!

La posizione di Wout alla Sanremo è stata una cosa micidiale. Anche lui riesce a stare ben coperto dietro a me. Per risparmiare energie ha fatto tutta la corsa alla mia ruota. E queste erano le consegne. Lui si fermava a fare pipì? Io mi fermavo. Lui andava all’ammiraglia? Io andavo dietro. Così fino alla Cipressa.

Come hai passato quest’ultimo periodo?

Bene dai. Riposo vero. La prima settimana sono stato a casa, poi sono andato in Olanda dalla mia ragazza per 15 giorni e adesso sono di nuovo qui. Ho ripreso giusto questa settimana, con piccole cose, giusto per dire al fisico che è ora di riprendere, mentre da domani si riprende più seriamente.

Dal balcone, fra le due torrette in pietra, un saluto prima di andare via
Dal balcone, fra le due torrette in pietra, un saluto prima di andare via
Si dice che si va sempre forte, quali sono stati i giorni in cui in stagione ha spinto di più?

Beh, nella cronosquadre della Vuelta siamo andati forte davvero. Ma anche nel giorno della fuga al Giro. Negli ultimi 60 chilometri abbiamo pedalato di brutto. Giravamo tutti e quattro.. come un quartetto. Abbiamo mantenuto la velocità alta. Anche Gabburo, che era più piccolo, girava con noi passistoni. Ci stava un attimo, ma la velocità non calava. E poi un altro giorno che abbiamo menato e in cui ho avuto paura di restare solo indietro è stato nel giorno del Crocedomini in avvio. Nella tappa dell’Aprica. Mi sono detto: “Almeno fino in cima devo restare attaccato. Poi vediamo”. So solo che per un’ora e 4′ ho fatto 430 watt… per restare attaccato.

E il Giro d’Italia con tre crono ti piace?

Diciamo due nel mio caso! Penso sia un percorso interessante. Ci sono anche delle tappe dure. La prima crono è interessante, ma anche la seconda è insolitamente lunga per il Giro. In generale penso sia giusto che in un grande Giro ci siano anche dei bei chilometri contro il tempo. E infatti penso che al Tour quest’anno abbiano un po’ sbagliato. Pensiero mio almeno…

Qual è l’obiettivo di Affini?

Continuare a migliorare. Certo anche vincere, quello fa piacere a tutti, ma di base dico migliorare.

Il fitting per Pozzovivo? Ne parliamo con Nalini

09.03.2022
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Una battuta di Pozzovivo tra le cose da fare prima di sentirsi completamente a posto alla Intermarché-Wanty-Gobert. «L’aspetto dei materiali. Il fitting dell’abbigliamento con Nalini, che per me non è banale, incluso il body da crono». Non basta una maglia con cui correre e Dio solo sa questa volta che fatica ci sia voluta per trovarla. Bisogna anche che sia perfettamente calzante. E Nalini cosa dice? In che modo lavorano con le squadre che seguono?

L’occasione per parlarne è una videoconferenza con Alessandra Agostini, responsabile marketing dell’azienda mantovana – lo sguardo severo ma la grande propensione al sorriso – e Martina Manzalini che segue direttamente i gruppi sportivi. Che cosa si fa quando la dotazione ai singoli corridori è completa e le linee di produzione si sono rivolte ad altro e di colpo arriva un atleta dell’ultimissima ora?

Da destra, Alessandra Agostini e Martina Manzalini a una prova del Nalini Road Series (foto Facebook/Nalini)
Da destra, Alessandra Agostini e Martina Manzalini a una prova del Nalini Road Series (foto Facebook/Nalini)

«Il lavoro con le squadre – spiega Agostini – inizia da lontano. Si comincia a parlare. Si valutano gli impegni economici e se si trovano l’accordo e la volontà di collaborare, è immediato e necessario un incontro in cui si parla di materiali. Abbiamo una gamma di modelli che viene rinnovata ed è dedicata all’uso dei pro‘, cui si aggiungono capi creati quasi da zero per le squadre. Vanno conciliate le esigenze tecniche e gli spazi commerciali. Posizionare tutti i marchi non è semplice. Non è semplice alla Intermarché perché sono tanti. E neppure al Team Dsm, dove si stavano provando tessuti nuovi e non facili da lavorare. Se la squadra vende gli spazi agli sponsor garantendo una determinata superficie, non è detto che starci dentro sia così semplice. Se gli interlocutori sono flessibili e capiscono che la qualità del prodotto viene prima delle esigenze commerciali è un conto. Altrimenti c’è da sudare…».

Si individua una collezione e si parte con la personalizzazione?

Si prepara prima un set di taglie, poi si raggiunge la squadra per prendere le misure. Martina con il Team DSM, Stella con la Intermarché. Un paio di giorni di lavoro per raggiungere la customizzazione corridore per corridore. Ogni squadra fa le sue scelte. Ci sono quelle che danno un prodotto ai professionisti e uno alle altre categorie. E altre, come la DSM che per far sentire tutti sullo stesso piano, ha previsto la stessa collezione per WorldTour, donne e continental.

I corridori non sono tutti uguali…

E’ complicato, ma abbiamo l’esperienza necessaria. C’è quello che ha bisogno della maglia S e del pantaloncino M. Ogni corridore ha i suoi capi su misura. Abbiamo sviluppato un software che elabora le misure ed è un bel vantaggio. Il problema semmai è che nella fase dell’anno in cui si fa il fitting, non sono tirati come quando iniziano le corse. Non tutti sanno valutare e accettano una maglia più stretta a dicembre. Alcuni sono bravi, altri li definiamo “capricciosi”.

Chi sono i corridori capricciosi?

Quelli che se un capo va bene per gli altri 25, loro chiedono comunque l’eccezione. Alla Intermarché c’è un italiano che chiedeva una modifica sul gambale. Voleva meno tessuto dietro al ginocchio e più spessore davanti. La modellista ha tentato in tutti i modi di fargli capire che per ottenerlo, avrebbe dovuto prevedere una cucitura dietro al ginocchio che gli avrebbe dato fastidio. Ma lui insisteva e alla fine glielo abbiamo fatto lo stesso.

Pozzovivo parla di body da crono: il vostro impegno passa anche per la galleria del vento?

Ad ora, viste le limitazioni Covid, abbiamo prodotto il body e lo abbiamo affidato alle squadre che hanno fatto i test in galleria del vento.

La necessità di accontentare un corridore come Pozzovivo in qualche modo crea difficoltà all’azienda?

Possiamo essere anche molto veloci. Lo dimostriamo, ad esempio, se uno dei nostri atleti vince una maglia importante e c’è da prepararla alla svelta. Per cui possiamo produrre due o tre kit completi anche in una sola settimana, ma sono operazioni che inchiodano l’azienda. Hai macchine da taglio che devono fermarsi da un lotto di 3.000 maglie per farne solo 6. Magari qualche consegna programmata potrebbe saltare. Il corridore che viene preso all’ultimo richiede una serie di considerazioni e una gestione moto attenta.

Quindi l’ideale è aver finito con le squadre prima della stagione agonistica e poi tornare alla produzione di tutti i giorni?

Esatto. Il fitting si fa normalmente a ottobre, anche se ad esempio la DSM è stata presa all’ultimo e lo abbiamo fatto a dicembre. Il primo kit deve essere pronto proprio per dicembre, quando c’è la presentazione della squadra. Poi ci sono le prime consegne per quando, ad esempio, si comincia a correre a gennaio.

Qual è l’utilità di avere delle squadre pro’ in termini di sviluppo?

I professionisti sono degli ottimi tester. Se un fondello va bene a loro, andrà bene anche agli amatori. Un capo che resiste ai tanti lavaggi di una maglia da pro’, non avrà problemi nella lavatrice di casa. Sono attenti al colletto e a dettagli che magari a un cicloturista non servono, ma accrescono il nostro know how.

Pozzovivo ha ricevuto un kit standard, la personalizzazione verrà semmai in primavera
Pozzovivo ha ricevuto un kit standard, la personalizzazione verrà semmai in primavera
Gli utenti cercano ancora le maglie replica dei team?

Sempre meno, purtroppo, anche perché forse manca il campione carismatico che renda la sua maglia un oggetto di culto. L’amatore si sta scollando dall’ambiente delle gare e non è un caso che ci siano grandi marchi di tendenza che non hanno squadre, ma fanno numeri molto alti.

Allora qual è la convenienza di avere queste squadre?

Il nostro titolare, Claudio Mantovani, ha un’affezione particolare per il mondo delle corse, perché anche suo fratello è stato corridore. Per questo investiamo sulle squadre, forse più per un aspetto sentimentale che per un effettivo ritorno.

Quanto materiale riceve un corridore?

Tutti i tipi di maglie, tre giacche, accessori, tutto quello che serve per le diverse tipologie di situazioni. Usano poco la calzamaglia. E non è detto che quel che ricevono a inizio anno basti per tutto l’anno. Per il consumo, ma anche perché magari prima del Tour si studia un cambio di grafica.

Avete le schede dei corridori con cui avete lavorato, come i telaisti hanno le loro misure?

Teniamo tutte le schede, ma il cambio dei modelli spesso rende necessario riprendere tutte le misure.

Quindi cosa si fa con Pozzovivo?

Per ora ha ricevuto la prima fornitura di materiale. Per il seguito, aspettiamo le indicazioni del team.

Sorride. Nonostante la grande concretezza della professionista, si capisce che far parte di questo mondo richieda elasticità e capacità di far fronte con immediatezza a situazioni imprevedibili. E tutto sommato uno scricciolo come Domenico non sarà una salita così dura da scalare.

Affini, gregario di lusso con la testa da capitano

28.02.2022
4 min
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Affini sa stare al suo posto e fare quel che gli chiedono. Forse per questo alla Jumbo Visma sono contenti di lui e lo mettono spesso nella squadra che deve supportare Van Aert, quando il capo vuole fare la corsa.

Affini ha 25 anni, il nome scritto sul casco e, se potesse, sfuggirebbe alle regole social di questo tempo. Però ne capisce l’importanza (per la squadra e gli sponsor) e cerca di essere disponibile con intelligenza. Anche per questo quando lo chiami per fare due parole, difficilmente se ne esce con frasi banali. Edoardo ha la testa sulle spalle e magari passerà il grosso del tempo a tirare per un capitano, ma nella sua testa è a sua volta un leader. Non si vincono due campionati europei (in linea da junior nel 2014, a crono da U23 nel 2018) e non si lotta contro un gigante come Ganna se non si ha la mentalità vincente.

La ricognizione sul percorso della Het Nieuwsblad per scoprire il nuovo finale (foto Jumbo Visma)
La ricognizione sul percorso della Het Nieuwsblad per scoprire il nuovo finale (foto Jumbo Visma)

Il pane quotidiano

Nella Omloop Het Nieuwsblad vinta sabato da Van Aert, anche Edoardo ha avuto la sua parte. Quando li abbiamo visti alla partenza, tutti alti e potenti, abbiamo capito che la squadra olandese volesse tenere la corsa chiusa. E mentre Wout in prima fila posava per le foto di rito, i suoi gregari dietro se ne stavano raggruppati ad aspettare il via.

«E’ stato bello – ricorda Affini – vedere un po’ di persone finalmente. Poi si può parlare se sia giusto avere la mascherina oppure no, ogni Paese ha le sue leggi e ogni organizzazione fa quello che vuole in base alle regole. Lassù si respira la passione che hanno per la bicicletta, è il loro pane quotidiano. Fa sempre piacere vedere quell’atmosfera».

Alla Omloop Het Nieuwsblad, Affini ha tenuto sotto controllo il gruppo per oltre metà gara
Alla Omloop Het Nieuwsblad, Affini ha tenuto sotto controllo il gruppo per oltre metà gara
Per i compagni di squadra di Van Aert certe corse sono anche una bella responsabilità?

Sicuramente con un capitano così abbiamo dei ruoli ben definiti. C’è una certa responsabilità, è vero. Pressione però fino a un certo punto, nel senso che quando si parte si vuole sempre fare bene il proprio lavoro. Quindi penso che un po’ di pressione sia giusta, ma certo non deve essere schiacciante, altrimenti ti porta a sbagliare e a non essere performante.

Come fai a passare dalla solitudine della crono al mucchio selvaggio di certe stradine?

Più che mentalità della crono e quella sui sassi, il discorso è piuttosto quello dello stare in gruppo a 2 millimetri uno dall’altro. Tutti che limano al massimo e si battaglia per ogni centimetro. Forse la parola in questi giorni non andrebbe usata, ma parlando di quelle corse si è sempre detto che siano una sorta di guerra. Lassù è tutto al limite.

A te tocca spesso lavorare da lontano…

L’obiettivo quando c’è Wout è lavorare per lui. L’altro giorno a me è toccato cercare di tenere tutto sotto controllo dall’inizio. C’è stato parecchio vento da mangiare, sostanzialmente, ma con un capitano come Wout si lavora sempre volentieri.

Perché vince sempre lui?

Perché alla fine è riuscito a finalizzare il lavoro di squadra perfetto. Anche tutti gli altri componenti della squadra hanno lavorato alla perfezione e abbiamo creato la situazione perfetta perché Wout attaccasse sul Bosberg. E’ andato sino alla fine come un treno, meglio di così non poteva partire.

Difficile trovare uno che scende dall’altura e vince alla prima corsa.

Lui e Roglic sono molto metodici su questo, sempre pronti anche dopo un ritiro in altura. Eravamo confidenti che si potesse far bene, ma nelle corse in Belgio può succedere di tutto, dall’incidente meccanico alla caduta. Invece sabato è filato tutto liscio. Bene così.

Il lavoro della Jumbo Visma ha portato Van Aert all’attacco sul Bosberg. Qui con Benoot
Il lavoro della Jumbo Visma ha portato Van Aert all’attacco sul Bosberg. Qui con Benoot
Come si festeggia in un team olandese?

Abbiamo festeggiato come nelle altre squadre (ride, ndr). Abbiamo preso un bicchiere di vino, ma il giorno dopo c’era da correre ancora a Kuurne, quindi non si è potuto esagerare. E in ogni caso non lo avremmo fatto ugualmente.

La Tirreno comincia con una cronometro.

Quando si è saputo che la prima tappa sarebbe stata una crono, l’ho cerchiata di rosso. Vediamo come saranno le gambe dopo il Covid. L’ho preso anche io a Valencia, lo hanno preso tutti. E’ già una settimana che sono ripartito. Ho perso un po’ di tempo, ma cercherò di farmi trovare pronto come sempre. In ogni crono do sempre il meglio che posso, in base al momento.

Affini, la crono, la maturazione e i segreti della Jumbo

22.01.2022
5 min
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Affini lo troviamo all’aeroporto in Olanda, appena atterrato dalla Spagna e in attesa di rientrare in Italia. Ha appena mangiato un boccone e visto che ha del tempo da perdere, ci offriamo di fargli compagnia. Il ritiro della Jumbo-Visma è durato per un giorno: il primo. Poi una positività ha spinto la squadra a rompere le righe. Alcuni sono tornati a casa. Altri hanno preso un appartamento in Spagna e si sono allenati fra loro. Edoardo e altri sono rimasti nell’hotel del team, in compagnia di due meccanici e due massaggiatori.

«Ci allenavamo da soli – dice – sui percorsi pianificati, partendo cinque minuti uno dall’altro. Mangiavamo da soli. Dormivamo in singola. E ci facevamo un tampone ogni giorno, come si era stabilito con la squadra. Il lavoro l’abbiamo fatto, ma è dura chiamarlo ritiro. Siamo in questa situazione da due anni e ogni volta ci diciamo che sta passando, invece l’obiettivo di stagione sta diventando non prendersi il Covid…».

Il terzetto azzurro maschile del Team Relay ai mondiali di Bruges, Affini chiude la fila
Il terzetto azzurro maschile del Team Relay ai mondiali di Bruges, Affini chiude la fila
Quando si dice le motivazioni giuste! Da dove cominci?

Parto alla Valenciana, poi UAE Tour, Tirreno e Sanremo. Avrò bisogno di scaldare il motore e prendere ritmo gara. A ogni inizio stagione bisogna abituarsi. L’obiettivo sarà portare a casa un bel risultato, soprattutto a cronometro. Quando sembrava che alla Tirreno non l’avremmo fatta, mi sono girate le scatole, poi per fortuna ho visto che c’è. Anche al Giro hanno dato una bella segata. In tutto sono 26 chilometri contro il tempo. Non dico che si debba tornare a quando erano lunghe 60 chilometri, ma così è poco…

Avete lavorato sui materiali quest’inverno?

Alla continua ricerca del limite sul lato tecnico e cercando il massimo dalla componente atletica. L’obiettivo è aggiungere quanta più potenza possibile, che però viene anche col tempo e la maturazione, per cui bisogna dare tempo al tempo.

Per riuscirci è cambiata la preparazione?

Non tanto rispetto allo scorso anno. Il grande cambiamento c’è stato quando sono arrivato alla Jumbo Visma e gradualmente mi sono abituato a lavorare con questa filosofia. Ho preso il metodo e l’ho fatto mio. Mi trovo bene. A novembre poi sono andato in galleria del vento per la prima volta visto che prima col Covid non si era potuto. Analizzati i numeri, c’è qualcosa da poter migliorare. Il manubrio in 3D è in fase di realizzazione e l’ho anche alzato un po’. Invece la sella e la parte posteriore andava bene com’era.

Nella tappa di Verona del Giro 2021 ha rischiato di vincere, ma alla fine è arrivato il 2° posto
Nella tappa di Verona del Giro 2021, Affini ha rischiato di vincere, ma alla fine è arrivato il 2° posto
La bici da crono può essere comoda?

E’ una parola, non siamo fatti per starci sopra. Puoi fare ginnastica e stretching per adattarti, ma di base la miglior posizione è un compromesso fra quella ottimale e quella che ti permette di spingere. La combinazione fra le sensazioni del corridore e i numeri della galleria del vento. Comunque la squadra tiene tanto alla crono, sono molto puntigliosi. Peccato che non ci siano più tante cronosquadre.

Tornando al 2021, ti brucia più il secondo posto di Verona al Giro o quello del tricolore crono?

La vittoria a Verona sarebbe stata inaspettata, un bonus esagerato. L’italiano invece un po’ brucia, anche se il percorso era duro e poco adatto a me. Però certo cambierei tutti i piazzamenti con una vittoria. Quel che mi è piaciuto del 2021 è stata la costanza di rendimento.

Tornerai al Giro?

Accanto a Dumoulin, sarò la sua guida nelle tappe di pianura. Penso che possa fare bene, il fatto che abbia deciso di venire significa che vuole rimettersi in gioco nella corsa che ha già vinto. Oltre a lui ci sarà anche Foss, che l’anno scorso ha finito 9°. Se vanno d’accordo fra loro, viene fuori un bel Giro.

Quindi non c’è solo il Tour?

Impossibile, se non altro perché in Francia si corre in 8 e fare la selezione è difficilissimo. Puoi anche portare tutti i capitani, ma poi chi tira? Detto questo, il Tour è importante e anche la Vuelta, che Roglic ha vinto per tre volte.

Si percepisce la rivalità fra voi, Ineos e magari UAE?

Non la cogliamo direttamente, ma siamo attenti alle innovazioni, ai dettagli. Si parlava di bici, ma anche di alimentazione. C’è stata la fase della dieta zona. Poi quella delle diete proteiche low carb. Ora si mangiano carboidrati a blocco, perché si è capito che sono la benzina. E’ una corsa a chi ci arriva prima, per guadagnare la piccola percentuale che permette di vincere.

Cosa dici dei chetoni?

Se ne fa un gran parlare, ma noi siamo la sola squadra ad aver ammesso di usarli. Non è che siamo sempre lì a prenderli, ma il nutrizionista ha studiato che nelle 4-5 tappe più massacranti del Giro agevolano il recupero, in aggiunta al piano alimentare previsto. Non sono state trovate controindicazioni, non fanno male. Per cui tanti ne parlano puntando il dito e altri li usano senza dirlo.

Dopo il secondo posto ai tricolori della crono, Affini è entrato nella fuga con Colbrelli e Masnada
Dopo il secondo posto ai tricolori della crono, Affini è entrato nella fuga con Colbrelli e Masnada
Si sente la differenza in quelle 4-5 tappe?

Niente di esagerato, ma metti insieme questo, l’alimentazione, il sonno… e alla fine arrivi a conquistare i marginal gain che fanno la differenza.

Quali saranno i tuoi veri obiettivi?

Mi piacerebbe confermare la maglia azzurra agli europei e ai mondiali. Vorrei fare bene le crono del Giro, anche se non sono molto adatte a me. Quella di Verona si sale alle Torricelle, si scende e arrivo… E poi c’è il campionato italiano, perché la maglia tricolore la sento particolarmente. E’ un bel momento per la crono azzurra. C’è Ganna, poi Sobrero, Milan, Cattaneo, De Marchi. C’è una bella concorrenza. Tutta un’altra cosa da quando passai professionista e si diceva che in Italia la crono fosse morta.

Edoardo, le crono poi con Groenewegen e Van Aert

01.02.2021
5 min
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Edoardo è tornato in Olanda, dove era cresciuto nella Seg Academy Racing prima di approdare alla Mitchelton-Scott. Lo hanno voluto quelli della Jumbo Visma, che prima sono andati a sondarlo, poi gli hanno proposto un bel progetto che lo riguarda. Non è stato facile convincerlo, almeno all’inizio, poi le cose si sono incanalate nel modo giusto. La squadra ha concluso il ritiro giusto due giorni fa, sabato. Proprio nel giorno in cui, rientrati dall’allenamento, i ragazzi hanno saputo che non avrebbero debuttato alla Vuelta Valenciana, che era stata appena cancellata.

Nel 2019 vince la tappa di Sandefjord al Giro di Norvegia
Nel 2019 vince la tappa di Sandefjord al Giro di Norvegia

Affini è mantovano, è alto 1,92 ed è uno dei nostri migliori cronoman. E’ stato campione europeo U23 nel 2018 e nello stesso anno ha vinto i Giochi del Mediterraneo. Da professionista ha vinto due corse. Una tappa in linea al Giro di Norvegia e la crono al Tour of Britain: entrambe nel 2019. Il suo 2020 si è concluso con il ritiro dal Giro d’Italia. Meglio voltare pagina e cominciare da capo.

Come va nel nuovo ambiente?

Mi sembra di essermi ben inserito. Sono uno dei pochi che non parla l’olandese e quel che ricordo del periodo alla Seg serve a malapena per scambiarsi un saluto. Meglio usare l’inglese. Detto questo, mi pare che le squadre WorldTour più o meno si somiglino tutte. La differenze è che alla Mitchelton ero lasciato più libero, mentre qui ci sono più linee guida su tutti i fronti, dall’alimentazione all’allenamento e ogni preparatore ha la sua filosofia.

Cambiato qualcosa, par di capire?

Ho fatto più intensità sin dall’inizio. Ero abituato a una ripresa tradizionale, facendo prima la base. Qui ho fatto un minino di adattamento e poi da inizio dicembre subito richiami di intensità. All’inizio mi è venuto qualche dubbio, ma alla fine sono riuscito a metabolizzare tutto bene.

Ai mondiali crono di Imola, Edoardo ha ottenuto il 14° posto
Ai mondiali crono di Imola, Edoardo ha ottenuto il 14° posto
Come hanno fatto a convincerti?

Il primo contatto l’abbiamo avuto ad aprile, ma io stavo bene alla Mitchelton e volevo capire che cosa sarebbe successo. Quando poi è venuta fuori la storia della Fundacion Manuela nella quale non si vedeva proprio chiaro, la proposta della Jumbo è stata superiore alla contro offerta della Mitchelton. Così ho accettato, anche perché mi hanno offerto tre anni di contratto che danno una certa sicurezza. Vuol dire che ci credono.

Cosa vogliono fare di Affini?

Il miglior corridore possibile, lavorando molto sulla crono per tirare fuori qualche risultato, sulle classiche in cui abbiamo un leader come Van Aert e poi sul treno per i velocisti. A maggio scade la squalifica di Groenewegen, ma quando ho firmato non era ancora successo il disastro del Polonia. Di certo è stato brutto vederlo alle prese con le minacce. Gli stava per nascere il bambino e gli scrivevano che non era degno di essere padre. Gli hanno scritto di ammazzarsi

Che cosa ti è parso del tuo capitano delle classiche?

Per quel po’ che ci ho pedalato assieme e il po’ che ci ho parlato, si vede che Van Aert ha classe. E’ forte, mi sembra tranquillo e giù dalla bici fa gruppo anche lui. Ha tre anni più di me, non c’è la soggezione davanti a uno più grande.

Nel ritiro spagnolo del team, per Edoardo tanti lavori specifici ad alta intensità (foto Jumbo Visma)
In ritiro tanti lavori specifici ad alta intensità (foto Jumbo Visma)
A proposito d leader, avete perso anche Dumoulin…

Tom era in ritiro con noi. Forse è venuto che già sapeva, perché l’ho visto parlare con tutti, come per salutarli. Siamo tornati dall’allenamento e ci hanno detto che era tornato a casa. Non conosco i dettagli, ma non siamo macchine. Posso capire che si abbia bisogno di spazio.

Da Scott a Cervelo, cosa cambia?

E’ una bella bici, molto rigida e sembra anche veloce. Anche quella da crono dà belle sensazioni, ma dobbiamo ancora lavorare sulla posizione, sviluppando ad esempio il manubrio. E’ un processo lento. Prima si trova la posizione. Poi si va in galleria del vento. E alla fine si mette a punto il componente su misura. Solo che con il Covid questi passaggi sono molto complicati.

Hai già corso due crono iridate da pro’: ci riproviamo?

In testa ho tutti gli obiettivi, sta al cittì decidere. Con Cassani non ho ancora parlato, ma sa che tengo alla maglia azzurra. Mi ha portato al mondiale negli ultimi due anni e sa che do sempre il massimo.

Edoardo sfinito dopo una serie di Sfr nel ritiro spagnolo (foto Jumbo Visma)
Edoardo sfinito dopo una serie di Sfr (foto Jumbo Visma)
Senza la Valenciana, il debutto dove va a finire?

All’Het Nieuwsblad, mentre dall’8 febbraio andrò a Tenerife, sul Teide, non facendo più la Valenciana. E’ una cosa che mi incuriosisce. Non ho mai visto quel posto e non ho mai fatto altura così presto. Poi dopo il debutto, farò Tirreno e Sanremo, Gand, Dwars door Vlaanderen e Roubaix. Non le faccio tutte perché sono nella squadra del Giro, dove verrà anche Bennett.

A proposito di Giro, non è andata benissimo l’anno scorso…

Sono caduto nel giorno dei ventagli e poi la squadra è andata a casa per la positività di Yates. E’ stato bello partire e respirare l’atmosfera, ma il resto possiamo anche dimenticarlo. E’ finita con un metacarpo rotto. Possiamo dire che del Giro 2020 mi restano 8 viti e una placca, che dovrei togliere a un anno dall’incidente, quindi se ne parla il prossimo ottobre. Ma sto bene, non ho fastidi, quindi non sarà un problema.

Quanto è fastidioso veder cancellare le corse?

Hai un programma, ma non puoi farci niente. Ti devi allenare e cambiare obiettivi. E se non corri, l’obiettivo è migliorarsi. Già averne uno ti dà un’altra grinta.