Dopo le Olimpiadi, il finale di stagione arriva più rapido di un battito di ciglia. Come per tanti atleti, quello a cinque cerchi per Manlio Moro è stato un importante crocevia, ma ora è tempo di guardare a ciò che il resto del calendario gli riserva.
Al friulano di Pordenone non sono mancati gli stimoli – e probabilmente nemmeno le difficoltà – per far combaciare tutto. Il primo anno da pro’ di Moro, per di più nel WorldTour con la Movistar, ha coinciso con quello olimpico. Due battesimi di lusso che si sono trasformati in due esperienze fondamentali per un ragazzo di 22 anni che sta crescendo dando sempre il proprio contributo. Prima di Parigi, Moro ha vinto l’oro agli europei U23 in pista nell’inseguimento a squadre, bissando quello del 2022. Dopo Parigi, è ritornato a correre su strada senza perdere di vista l’ultimo obiettivo in pista di ottobre.
Manlio come sta procedendo quest’ultimo periodo?
Attualmente sono a casa di Rachele (Barbieri, la sua fidanzata, ndr) per allenarmi recuperando da una caduta al Renewi Tour in Belgio. All’inizio della quarta tappa sono volato a terra procurandomi abrasioni ovunque. Subito avevo paura di essermi rotto il gomito, che aveva un taglio profondo e si era gonfiato in fretta. Fortunatamente non è stato così e ho rimediato tutto con qualche punto di sutura. Ho fatto qualche giorno fermo e qualche altro in bici senza forzare, ma adesso ho già ripreso a fare ore e dislivello con lavori più specifici.
Sono quei classici intoppi che danno più fastidio perché ti rallentano anziché per il dolore.
Ovviamente cadere e farsi male non piace a nessuno, ma in questo caso, visto che alla fine me la sono cavata con poco, è stato un vero peccato perché avevo voglia di correre. Quest’anno, per forza di cose, ho accumulato meno di trenta giorni di gara. La Movistar sapeva che la mia stagione su strada sarebbe stata condizionata dalla pista a Parigi. Comunque il programma non è finito.
Moro è stato una colonna della nazionale U23. In estate ha vinto l’oro europeo nell’inseguimento a squadre dopo quello del 2022La sua compagna è Rachele Barbieri, fino allo scorso anno azzurra della pista e ora stradista al Team DSM
Cosa prevede il tuo calendario?
Dovrei correre il GP Wallonie e il Super 8 Classic (18 e 21 settembre, ndr), poi farò il resto del calendario italiano anche se mi devono confermare tutto. Voglio farmi trovare pronto e sono molto motivato a farlo. Anche perché poi ci saranno i mondiali in pista a Copenaghen fra poco più di un mese (16-20 ottobre, ndr). Fra poco torneremo in pista ad allenarci perché è un altro nostro obiettivo importante. Vedremo se farò solo il quartetto o altre prove.
Riavvolgiamo il nastro per un attimo ritornando nel velodromo di Parigi. Cos’hai vissuto lassù?
Le Olimpiadi sono state un’esperienza incredibile. E’ stato bellissimo essere lì. Come dicevo prima, ho lavorato sodo per essere a disposizione del cittì Villa. Sapevo che non avrei corso, però sono contento di aver fatto parte della spedizione. Forse l’unica cosa che mi dispiace, che non è imputabile a noi, è non aver ricevuto la medaglia di bronzo, anche se io non ho mai gareggiato nelle qualifiche. Bisogna dire che questa situazione non è mai stata chiarita dal CIO (Comitato Olimpico Internazionale, ndr). In ogni caso non ho rimpianti, penso alle prossime Olimpiadi.
Moro è nel quartetto in pianta stabile. A Parigi da riserva ha sostenuto i suoi compagni verso le medaglieNel finale di stagione di Moro ci sono un paio di classiche belghe, quelle italiane e i mondiali in pista di metà ottobre (foto twitter/X)Moro è nel quartetto in pianta stabile. A Parigi da riserva ha sostenuto i suoi compagni verso le medaglieNel finale di stagione di Moro ci sono un paio di classiche belghe, quelle italiane e i mondiali in pista di metà ottobre (foto twitter/X)
Sei stabilmente nel gruppo azzurro del quartetto con cui hai vinto l’oro europeo 2023 e due argenti mondiali negli ultimi due anni. In tanti sostengono che se Ganna dovesse prendersi una pausa dalla nazionale, non ci sarebbero troppi problemi grazie alla tua presenza. Cosa ne pensi?
Eh (sorride e sospira, ndr) mi fa piacere essere considerato il sostituto di Pippo, ma non esageriamo. Certamente abbiamo caratteristiche fisiche simili ed io in questi anni ho imparato anche da lui come essere sempre di più un vagone importante per il quartetto. Non so e non credo se Ganna stia facendo questa riflessione, io penso solo a farmi trovare pronto. Questo deve essere il mio mantra.
Visto il cenno alle prossime Olimpiadi, prima di allora a cosa punta Manlio Moro?
Fino a Los Angeles vorrei fare un bel salto di qualità su strada, soprattutto nelle prossime due stagioni. Per il 2025 cercherò di lavorare in modo profondo in inverno per avere già una buona base per le prime gare. Naturalmente non voglio mollare la pista. Sono due attività compatibili, ma totalmente diverse. Bisogna pianificare bene gli allenamenti e i programmi. In Movistar (con cui ha il contratto fino al 2026, ndr) mi trovo molto bene e mi lasciano spazio per la pista.
Migliorare a crono è uno degli obiettivi di Moro nei prossimi anni. Un lavoro che può tornare utile per la pistaMigliorare a crono è uno degli obiettivi di Moro nei prossimi anni. Un lavoro che può tornare utile per la pista
Ritornando in strada, cosa ti ha detto finora questa tua prima stagione da pro’?
E’ stato un bel salto dagli U23. Il ritmo è completamente diverso. Non esistono più gare facili. Non esistono più gare in cui vai per “fare la gamba” in vista delle altre corse. Devi presentarti al via preparato bene. A margine di tutto, quest’anno avendo corso poco non sono mai riuscito a prendere il necessario ritmo gara. Era tutto legato alla preparazione per Parigi, ma sono soddisfatto lo stesso. Adesso ho voglia di fare un bel finale.
Nella crono di Torino che aprirà il Giro, domani i corridori della Movistar (e della Alpecin) avranno una nuova bici da crono: la Speedmax CFR Disc. Eccola!
Ha già 4 vittorie in carniere e quando sei appena entrata nella dimensione junior non è cosa da poco. Di Chantal Pegolo si sente parlare da tempo, già da allieva era emersa come un talento puro, un diamante grezzo che aveva solo bisogno di essere lavorato e le prime avvisaglie sono davvero più che positive.
Non è solamente questione di risultati. La sensazione che si ha parlandoci è quella di una ragazza che a dispetto della giovanissima età sia già davvero sul pezzo, concentrata su quel che potrà fare e soprattutto conscia delle grandi possibilità in suo possesso, se saprà lavorarci sopra nulla è precluso.
Già da allieva Chantal Pegolo si era messa in chiara evidenza come ciclista fra le più completeGià da allieva Chantal Pegolo si era messa in chiara evidenza come ciclista fra le più complete
«Non mi aspettavo certamente di iniziare così, già alla prima gara ho chiuso seconda e da lì ho sempre avuto risultati buoni. Quando mi sono avvicinata alla nuova categoria pensavo che dovevo imparare, che avrei dovuto avere pazienza, invece è venuto tutto molto naturale. Mi sono ambientata in fretta, anche, anzi soprattutto dal punto di vista tecnico».
Rispetto alla tua attività da allieva che differenze hai trovato?
I percorsi sono sicuramente più impegnativi, ma soprattutto quello che mi ha impressionato sono le medie, si viaggia costantemente oltre i 40 all’ora quando nella categoria inferiore difficilmente ci si arriva anche in tratti brevi. C’è un cambio abissale, poi devo dire che è molto divertente poter correre con le più grandi, quelle della categoria superiore perché s’impara tanto.
L’ultima sua gara sono stati i tricolori a cronometro, chiusi al 25° posto (foto Frantz Riva)L’ultima sua gara sono stati i tricolori a cronometro, chiusi al 25° posto (foto Frantz Riva)
Gareggiare con la categoria superiore sarebbe utile secondo te anche per le allieve?
Io penso proprio di sì, magari in pochi selezionati eventi per acquisire esperienza. Lo si vede quando ci confrontiamo con quei Paesi esteri dove una cosa simile viene fatta, hanno un background superiore che certamente aiuta molto. Sii acquisisce un altro modo di correre.
Che tipo di atleta sei, quali sono i percorsi dove ti trovi meglio?
Me la cavo un po’ dappertutto, in pianura come in salita, sono poi abbastanza veloce. Diciamo che mi devo ancora scoprire appieno, ma non dimentico mai che sono appena all’inizio del mio percorso di crescita quindi c’è tutto il tempo per capire quali sono le mie vere caratteristiche.
La volata vincente della friulana a Gossolengo, precedendo la BulegatoLa volata vincente della friulana a Gossolengo, precedendo la Bulegato
Sin da quando eri allieva però, di te si diceva già che sei un elemento molto duttile e soprattutto capace di fare squadra…
Questo mi fa piacere e vedo che si sta ripetendo anche nella mia squadra juniores dell’Uc Conscio Pedale del Sile. Siamo un bel gruppo, ci diamo una mano e abbiamo legato molto anche con lo staff, infatti ogni vittoria singola è una vittoria di tutto il gruppo.
Qual è stata finora la tua più bella gara?
Se devo essere sincera, al primo posto non metto una mia vittoria, ma la partecipazione al Tour du Gevaudan in Francia. Anche se non è andata benissimo o almeno non come io speravo: il primo giorno sono andata obiettivamente male, il secondo mi sono un po’ ripresa centrando la Top 10, ma avevo altre speranze. Tra quelle vinte metto al primo posto le due gare di Gossolengo, il Trofeo Burzoni a cronometro e il GP di Gossolengo dove, su un percorso che era davvero adatto alle mie caratteristiche, sono entrata nella fuga decisiva con una decina di atlete battendo la Bulegato allo sprint.
La friulana ha già fatto parte della nazionale juniores in due prove di Nations CupLa friulana ha già fatto parte della nazionale juniores in due prove di Nations Cup
Come sei arrivata al ciclismo?
Ho avuto un esempio e un maestro d’eccezione in un mio vicino di casa, Manlio Moro. Lo vedevo vincere e volevo fare come lui finché a casa non si sono convinti e mi hanno portato a gareggiare, da lì non mi sono più fermata.
Hai seguito le sue gesta anche su pista?
Non proprio spinta da lui. Nel mio team tutte fanno la doppia attività proprio perché ritenuta utile per la strada, così anch’io faccio le gare nei velodromi, preferisco le specialità di endurance, quelle che fanno parte dell’omnium, tra le quali devo dire non ho preferenze particolari. Mi piacciono tutte…
Chantal con la Sanarini, oro agli Eyof 2023 e con l’altra azzurra RapportiChantal con la Sanarini, oro agli Eyof 2023 dove la friulana ha chiuso sesta
Tu lo scorso anno eri con la Sanarini agli Eyof: che esperienza è stata?
Bellissima, davvero entusiasmante. Io sono portata a fare nuove conoscenze, a parlare e soprattutto mi era piaciuto potermi confrontare con le mie coetanee in inglese. E’ stata un’esperienza bellissima, ma a me piace molto poter gareggiare all’estero, infatti sono sempre contenta quando sono convocata in nazionale, poi vestire la maglia azzurra ha sempre un grandissimo valore che va onorato dando il massimo.
Magari potrai conquistarne un’altra nelle prove titolate…
Io lo spero e intanto conto di far molto bene ai campionati italiani di fine mese a Casella. Proprio per potermi guadagnare una maglia azzurra per i mondiali. Non è proprio il percorso ideale per me, troppo duro ma posso mettermi a disposizione delle compagne e lavorare per loro.
Hai una ciclista di riferimento?
Non proprio, il mio riferimento è Moro, non vedo l’ora di seguirlo a Parigi…
Il quartetto azzurro perde la finale contro la Danimarca. Dopo la brutta qualificazione, un risultato che ci può stare. Ma per Parigi serve molto di più
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Quando Manlio Moro ci parla della Parigi-Roubaix il suo tono cambia completamente. Si distende prima e si accede poi: è passione pura. Ascoltarlo è un piacere se ti piace anche solo un briciolo il ciclismo (in apertura foto Instagram/Movistar Team).
Il corridore del Team Movistar è anche un pistard ed è fresco di ritorno da Milton, Canada, per la prove di Coppa del mondo su pista: crocevia importantissimo verso le Olimpiadi di Parigi di questa estate.
Ma procediamo con ordine. Moro è stato tra coloro che in assoluto hanno fatto più classiche del Nord, in pratica ha saltato solo il Fiandre. Forse solo Michael Matthews, un veterano, ne ha fatte tante quante lui. E questa sua prima Campagna del Nord merita di essere raccontata.
E merita anche sei i risultati non sono stati di grido – e questo Manlio stesso lo sa bene – non capita spesso che un neopro’ prenda parte a tante classiche e anche così importanti.
Manlio Moro (classe 2002) impegnato nella Omloop Het Nieuwsblad, il suo battessimo al Nord da pro’Manlio Moro (classe 2002) impegnato nella Omloop Het Nieuwsblad, il suo battessimo al Nord da pro’
Manlio, partiamo da questa tua prima Campagna del Nord, quella delle pietre ovviamente…
E’ stata bella, dura e lunga. Infatti certe gare erano previste e altre no, ma le ho fatte praticamente tutte. Sono contento perché sono quelle che mi si addicono di più, che meglio corrispondono alle mie caratteristiche. E sono anche quelle su cui punto a fare bene in futuro.
I risultati come detto non sono stati super però…
Sì, sì, ma sono soddisfatto e contento proprio perché ho fatto esperienza. Era ciò che mi serviva. Ho messo nel sacco già due monumenti. In più ho fatto tutte gare, Sanremo compresa e le altre del Belgio, in cui le squadre portavano i migliori. Per assurdo da inizio anno il livello più basso l’ho incontrato alla prima corsa, il Tour Down Under. Per il resto ho preso parte sempre a corse con qualità al top. Anche per questo mi ritengo soddisfatto e consapevole di aver fatto un’ottima scuola.
Hai detto di alcune corse che non dovevi fare. Quali erano?
Per esempio De Panne e la Roubaix. Il Fiandre invece era in programma. Della Roubaix me lo hanno detto una settimana prima. Ma come potevo dire di no? E’ la mia corsa preferita.
E cosa ti è parso di queste gare del Nord?
Che sono dure, tutte, ma la Roubaix è un’altra cosa. Un altro livello. Un livello sopra le altre. Omloop, Kuurne… sono toste, impegnative, tecniche, ma la classica del pavè come emozione e come durezza è stata diversa. Io poi del Nord avevo fatto solo la Gand da under 23. Basta.
Ecco il friulano nella Foresta di Arenberg durante la ricognizione (foto Instagram/Movistar Team)Ecco il friulano nella Foresta di Arenberg durante la ricognizione (foto Instagram/Movistar Team)
Perché? Prova a spiegarci meglio.
Perché non è solo uno sforzo di gambe, la Roubaix è uno sforzo totale. Devi imparare a soffrire. Devi soffrire con le braccia, con le gambe ovviamente, con la schiena, con le dita… E c’è uno stress! Negli ultimi settori non riuscivo più a tenere le mani sul manubrio. Ho visto in giro tante foto di mani aperte e piene di vesciche. Io le vesciche non le avevo, ma finivo i settori e mi serviva qualche minuto per riprendere la sensibilità alle mani. E anche alla schiena.
Bellissimo, ci stai portando dentro la Roubaix.
Tutti i settori sono duri, ma la Foresta di Arenberg è un’altra cosa. E sì che mi ero preparato a soffrire anche mentalmente. Mi ero detto: “Manlio devi fare fatica. E zitto”. Ma non credevo così. La TV non rende. L’aggettivo giusto è impressionante. Distruttiva. E dopo averla fatta in gara ti chiedi: “Ma come fa uno ad andarci con la bici corsa?”. Per fortuna non ho visto mie foto sulla Foresta in corsa, avrei avuto una faccia tremenda! Poi vedo Van der Poel e sembra che vada sull’asfalto. E non capisco…
Tu sei comunque entrato al velodromo, anche se appena fuori tempo massimo. Cosa ti è sembrato?
Bellissimo. Abbiamo tenuto un ritmo altissimo per tutta la gara. La Roubaix è la corsa dei miei sogni e già averla fatta è stato super. Entrare nel velodromo con tutta quella gente è stato emozionante ed era il mio obiettivo di quest’anno. Sono immagini che rimangono dentro per sempre.
Ora qual è il tuo programma?
In questi giorni sto facendo un po’ di scarico. Cinque giorni senza bici. Mi serve per recuperare un po’. Anche dal fuso orario. La mattina faccio un po’ fatica a svegliarmi. Per un mese e mezzo non correrò. Poi farò una gara, la Boucle de la Mayenne (una tre giorni, ndr) e da lì si inizierà a preparare per bene le Olimpiadi su pista. A fine maggio andrò in altura.
A Milton, Moro ha disputato la madison con Viviani. Un esperimento di Villa (foto Shutaro Mochizuki)A Milton, Moro ha disputato la madison con Viviani. Un esperimento di Villa (foto Shutaro Mochizuki)
Passiamo alla pista e alle Olimpiadi, ma prima ancora una domanda “di mezzo”. Con una Roubaix tanto dura sei subito volato in Canada. La fatica si è fatta sentire?
Di sicuro non ero freschissimo o quantomeno non ero nelle migliori condizioni per un avvicinamento ad una gara su pista. Avevo solo cinque giorni di tempo tra la Roubaix e il viaggio. Se ci mettiamo anche il fuso orario non posso dire di aver recuperato al 100 per cento. Però la Roubaix andava fatta. Okay era rischiosa. Pippo Ganna non l’ha fatta per questo. Però non me la sentivo di dire di no. E per fortuna che non è piovuto. Abbiamo fatto la recon sotto la pioggia e sembrava di pedalare sul ghiaccio.
Ci sei sembrato super motivato per le Olimpiadi. Cosa puoi dirci? Sei dentro allora?
Questo non si sa. Ma una cosa è certa: io farò di tutto per esserci. La possibilità di andare a Parigi c’è, poi spetta al cittì decidere se sarò in grado oppure no.
E come sei inquadrato? Ovviamente c’è il quartetto, ma in Canada hai fatto anche la madison con Viviani, che tra l’altro è anche caduto proprio alla Roubaix…
Sono inquadrato nel quartetto di sicuro. Poi, è vero, ho fatto anche la madison: così per sicurezza, per fare esperienza. Io so solo che devo lavorare al 100 per cento. Se andrò alle Olimpiadi sarò l’uomo più contento del mondo, altrimenti fra quattro anni avrò un’altra possibilità.
Girano voci, ma non solo voci, che i tuoi tempi siano ottimi. Insomma Milan e Ganna non sono poi così distanti…
Jonathan Milan saluta il pavé e fa rotta sulla pista. Primo appuntamento a Hong Kong. Buon debutto al Nord. Si è ritirato, ma ha ben lavorato per il team
CALPE (Spagna) – «Quasi come alle Maldive», facciamo scherzando con Manlio Moro. Il friulano guarda fuori verso la spiaggia e lo sguardo va alle vacanze concluse da poco. La sua ragazza, Rachele Barbieri, si trova pochi chilometri più a nord nell’Hotel Diamante Beach con il Team DSM-Firmenich, ma finora non sono riusciti a incontrarsi. Eppure nonostante questa nota stonata, Moro ha gli occhi che brillano. L’avventura tanto attesa nel WorldTour è iniziata, la Movistar l’ha accolto molto bene e il 2024 promette di essere un bell’anno. A ben vedere, il suo percorso ricalca quello di Jonathan Milan nel 2021, con il passaggio dalla continental alla WorldTour all’inizio dell’anno olimpico. Entrambi friulani, entrambi parte del quartetto. Parigi è alle porte.
Manlio comincia dall’Australia ed è questo il motivo per cui a un certo punto sparisce per andare a rinchiudersi sui rulli in una stanza con le finestre chiuse, in cui la pompa di calore riproduce la temperatura che troveranno ad Adelaide. Dovrà farlo anche a casa nei giorni che precedono la partenza. Giusto da poco l’UCI ha annunciato l’introduzione per le corse che si corrono con temperature troppo elevate: staremo a vedere.
Moro inizierà il 2024 dal Tour Down Under, passando poi per la Coppa del mondo pista di AdelaideMoro inizierà il 2024 dal Tour Down Under, passando poi per la Coppa del mondo pista di Adelaide
Sei diventato grande, insomma…
Sono in squadra con Cimolai e con Formolo (ride, ndr), che fino all’anno scorso li vedevo in tivù e adesso ci alleniamo insieme. Fino a 2-3 anni fa a “Cimo” chiedevo di passarmi qualche maglia, invece ora siamo compagni di squadra. L’anno scorso ero qui a Calpe con la nazionale della pista e quelli del WorldTour mi sembravano extraterrestri, ora sono uno di loro. Ci stiamo allenando molto, sento un po’ la differenza di ritmo. Ieri abbiamo fatto un bell’allenamento, lungo e con molto dislivello, e ho dovuto stringere i denti. Soprattutto perché hanno spostato Formolino nel mio gruppo (ride ancora, ndr) e quando menava in salita, io ero bello a tutta. Mi hanno tirato il collo, però il giorno prima mi era toccato a loro. Abbiamo fatto delle sessioni di cronosquadre e gli ho restituito un po’ di fatica.
Hai notato anche tu le somiglianze con il percorso di Milan?
Credo che il passaggio alla WorldTour sarà un toccasana anche in termini di preparazione per la pista. Oltre al fatto di essere più motivato, secondo me arriverò con una gamba migliore, perché qui ci si allena sempre a tutta. Qui siamo divisi in tre gruppi e io sono in quello che inizierà dall’Australia. Per cui, partendo un mesetto prima degli altri, si va già forte. Facciamo allenamenti abbastanza tirati e di sicuro tutta questa fatica mi servirà.
Come si fa a mettere d’accordo i lavori della strada e quelli della pista?
Ne stavo parlando anche stamattina con Piepoli. Il mio obiettivo sarebbe cercare di non trascurare nessuno dei due. Lui mi ha fatto notare che comunque l’Olimpiade è un’occasione che capita una volta nella vita, quindi sono concentrato molto sull’obiettivo. Sono d’accordo con la squadra, anche loro ci puntano molto. Perciò stiamo cercando di lavorare al meglio. Ora questo ritiro di Calpe, dopo Natale farò un ritiro in pista e andrò a fare anche delle gare: probabilmente una madison a Novo Mesto. Cerchiamo di far combaciare al meglio le cose per non perdere in nessuno dei due ambiti.
A maggio Moro ha conquistato la Coppa Citta di Castiglion Fiorentino, precedendo De Pretto (photors.it)A maggio Moro ha conquistato la Coppa Citta di Castiglion Fiorentino, precedendo De Pretto (photors.it)
E in Australia farai anche la Coppa del mondo, come Viviani e Ganna?
Esatto, infatti resterò in Australia per un mese: dal 5 di gennaio al 5 di febbraio. I lavori che servono su strada sono diversi, per cui prima del Tour Down Under, mi concentrerò a fare dei lavori più incentrati su sulla strada. E subito dopo, dato che ci sono 10 giorni, non potrò andare in pista, ma faremo sessioni più brevi ma intense, per richiamare la pista.
Il fatto di essere così brillante in pianura potrebbe farti finire ad esempio nel treno di Gaviria?
Di sicuro anche la Movistar cercherà di sfruttare le qualità della pista, quindi il fatto che abbia questi 3-4 chilometri a tutta può tornare utile per aiutare Fernando o lo stesso Cimolai. Potrei provare a fare l’ultimo o il penultimo. Potrei essere il corridore che li tiene davanti negli ultimi chilometri. Non vedo l’ora di iniziare a capire a che livello sono rispetto agli altri, così dopo le prime gare riuscirò a capire a cosa potrò servirgli.
Immaginando di tirare una riga dopo le Olimpiadi, dove vorresti andare a quel punto?
Di sicuro mi piacerebbe aiutare la squadra, ma avrei anche l’ambizione di vincere una grande classica. Però prima devo vedere a che punto sono, è difficile dirlo adesso. Magari vado di là e mi trovo subito bene o magari mi ci vuole un anno per ambientarmi, quindi non non lo so. Però, appunto, l’obiettivo è cercare di far bene, per vincere o far vincere un compagno. Penso che sia bello lo stesso.
Schierato nel quartetto a Glasgow 2023, anche Moro ha fatto la sua parte nella conquista dell’argentoSchierato nel quartetto a Glasgow 2023, anche Moro ha fatto la sua parte nella conquista dell’argento
Aver firmato già l’anno scorso ti ha fatto vivere il 2023 più serenamente?
Da un lato sì, avevo il contratto. D’altra parte avevo molta più ansia perché volevo dimostrargli di essermelo meritato. La medaglia ha mostrato entrambe le facce. Il fatto di essermi allenato con Piepoli per tutta la stagione mi ha permesso, tra virgolette, di guadagnare un anno. Mi ha cambiato completamente gli allenamenti, per cui quando sono arrivato qui, non ero così lontano. L’allenamento lungo di ieri lo avevo fatto sullo stesso percorso anche l’anno scorso, perché ero venuto in ritiro con loro. L’anno scorso l’ho finito che ero morto, quando arrivai in albergo, quasi non ricordavo come mi chiamassi. Quest’anno invece l’ho fatto tutto, nonostante in salita tirasse Formolo e nonostante io fossi il più pesante (Moro è alto 1,90 e pesa 81 chili, ndr). Ho fatto la prima salita, la seconda, la terza, la quarta, tutta la quinta e non sono arrivato morto alla fine. Quindi vuol dire che sono cresciuto molto.
Che cosa puoi dire di Piepoli come preparatore?
Secondo me è molto umano. Avendo corso anche lui, sa cosa vuol dire la fatica in bici e quindi riesce a capire come calibrare il lavoro. Mi fa molto anche da psicologo, è quello che mi dà la carica. Quando sono un po’ demotivato, lui cerca di farmi ritrovare la motivazione e questo è molto importante. Non lo vedo solo come un preparatore che fa le tabelle, ma anche come una persona che mi incoraggia a fare sempre meglio.
Com’è stato fare i rulli in una stanza tropicale, per adattarsi al caldo australiano?
L’ho fatto già una volta lo scorso, nel giorno di recupero. Qui è caldo, ma quando andrò a casa dovrò allenarmi con cinque gradi e passare di colpo a 35°C non sarà troppo graduale. Dovrò fare una sessione di allenamento simile anche a casa, per 2-3 volte a settimana. Hanno visto che funziona, perciò…
Rachele Barbieri è di ottimo umore. Le vacanze alle Maldive con Manlio Moro sono finite da poco e sopravvivono nel telefono e sui social in una lunga teoria di immagini. Anche a casa le cose da fare non mancano. La prima uscita con la bici nuova ha portato entusiasmo, il ritiro di ottobre con il Team DSM-Firmenich l’ha proiettata in una dimensione totalmente nuova. Il cambio di squadra ha colto tutti di sorpresa. In gruppo qualcuno sapeva, ma hanno tenuto la bocca chiusa.
Quando l’abbiamo incontrata in Cina alla fine del Tour of Guangxi, la promessa è stata di raccontare tutto dopo le vacanze. E adesso la voglia di ricominciare è così forte che anche a sentirla parlare ti viene addosso un senso di allegria contagiosa. Le parole girano veloci, come quando hai tante cose da dire e temi che il tempo non ti basti.
Le vacanze alle Maldive sono alle spalle, i ricordi sono in un continuo di immagini sui social (foto Instagram)Le vacanze alle Maldive sono alle spalle, i ricordi sono in un continuo di immagini sui social (foto Instagram)
Quando è venuto fuori il Team DSM?
In realtà abbastanza presto, prima del Giro d’Italia. Appena è uscito il discorso che la mia squadra (la LIV Racing-Techfind, ndr) si sarebbe unita con la Jayco-AlUla, mi hanno contattata. La cosa in realtà mi ha sorpreso, perché quest’anno non è stata una bella stagione per me. E mi sono ritrovata anche un po’ in difficoltà perché con la squadra avevo instaurato un bel rapporto. Mi è dispiaciuto andare via, è stata una scelta difficile. Però ho pensato a me stessa e alla mia crescita all’interno della DSM. La fusione della LIV con la Jayco è una cosa molto positiva, ne avevamo bisogno perché sebbene fossimo una squadra WorldTour, qualcosa ci mancava.
E allora perché cambiare?
Si sarebbe trattato comunque di cambiare squadra e andare in un ambiente in cui non sapevo come mi sarei trovata. Se si fosse trattato di restare nella LIV, non avrei nemmeno valutato altre proposte. Avevo un bel contratto e non mi piace interrompere gli impegni che prendo. Ma dovendo mischiare nuovamente le carte, mi sono guardata intorno. Il Team DSM è una squadra super organizzata, in più ho sempre ammirato molto il modo di correre e l’unione delle atlete. E poi mi hanno fatto capire di avermi seguito in ogni corsa, per valutarmi e capire se fossi adatta per il team.
Al Giro Donne, foto con il padre Giampiero e la mamma Mara che compiva gli anni (foto Ossola)Al Giro Donne, foto con il padre Giampiero e la mamma Mara che compiva gli anni (foto Ossola)
Che cosa ti hanno proposto?
Sono stati chiari fin da subito. Cercavano un’atleta per fare l’ultima donna di Charlotte Kool. Mi hanno detto che quello sarebbe stato il mio ruolo principale, però che avrei avuto anche le mie opportunità. In più volevano farmi firmare per più anni (fino al 2026, ndr), per investire sulla mia crescita all’interno della squadra. Mi hanno subito presentato un bel programma e una bella struttura. In gruppo si dice che sia molto complicato entrare nel loro metodo, ma allo stesso tempo quando fai tutto quello che ti chiedono, diventa tutto più semplice.
Come è stato partecipare al primo ritiro?
Quei tre giorni con loro mi sono bastati per capire quanta unione c’è tra le ragazze. Le leader fanno il possibile per essere da tramite fra noi e i capi. Se c’è un problema, vogliono che prima lo affrontiamo e lo superiamo tra noi, prima che diventi davvero serio. La cosa che mi fa strano è che, a 26 anni, io sia la più vecchia. Anche le leader sono veramente tutte giovanissime e nonostante ciò, avrò tanto da imparare. Mi è bastato il viaggio in macchina con le ragazze italiane, per capire quanto siano sveglie e veramente formate. Ho colto tante cose che sicuramente mi serviranno. Non ho assolutamente paura a dire che sarò io a dover imparare da loro, piuttosto che il contrario.
Barbieri vive a San Marino e così, pur essendo una velocista, eccola sul Carpegna (foto Instagram)Barbieri vive a San Marino e così, pur essendo una velocista, eccola sul Carpegna (foto Instagram)
La Jayco ha provato a trattenerti?
Sì, perché io ho detto subito che c’era stata questa offerta. Ho voluto essere chiara, perché loro sono sempre stati molto corretti con me. Non gli ho lasciato tanto margine, perché non ho voluto che diventasse un discorso di soldi. Ho preso la decisione senza giocare al rialzo, ero contenta della mia scelta. Loro ci sono rimasti un po’ male, secondo me davano per certo che rimanessi. Allo stesso tempo hanno capito l’opportunità che mi si presentava e così ci siamo salutatida amici. Me ne accorgerò col tempo se sarà stata la scelta giusta, per ora sono molto soddisfatta.
Hai chiesto informazioni a Barale o Ciabocco prima di firmare?
No, non ho parlato con nessuno, se non con Manlio e la mia famiglia. La cosa che un po’ mi terrorizzava è la fama di rigidezza della DSM e il fatto che spesso devi restare a vivere in Olanda e questa è stata la prima domanda che ho fatto, dato che a me piace stare a casa con la mia famiglia. Invece mi hanno risposto che abbiamo a disposizione ciascuno il suo appartamento singolo, ma posso gestirmi come voglio. Se preferisco allenarmi a casa, nessun problema, ma è chiaro che nel periodo delle classiche sarà più comodo fare base lassù.
Rachele Barbieri ha vinto il mondiale dello scratch nel 2017 e cinque europei: questo nella madison con Zanardi a Monaco 2022Rachele Barbieri ha vinto il mondiale dello scratch nel 2017 e cinque europei: questo nella madison con Zanardi a Monaco 2022
La DSM non ama che le sue atlete pratichino pista, questo sarà un problema?
Sono stati molto chiari. Mi hanno detto: «Sappiamo già che vieni dalla pista e avresti avuto ancora un anno di contratto in Liv, quindi non possiamo impedirti di fare pista, soprattutto nell’anno delle Olimpiadi». Ovvio però che per gli anni successivi mi avrebbero chiesto di non farne più, ma io ho voluto essere onesta con me stessa. Non penso abbia più senso fare 50 e 50. Passo in una squadra con un preparatore che ti segue alla perfezione e vuole sapere tutto. Sarebbe difficile se non impossibile incastrarsi con il programma della pista, dato che non abbiamo delle tabelle ben definite. In più, l’ultimo anno e mezzo è stato pesante. Quindi ho voluto fare una scelta per me stessa e ho preferito chiudere con la pista. E’ stato difficile, una scelta veramente impegnativa. Però sono anche dell’idea che ho 26 anni e non so quanti anni ancora correrò in bici. Per cui mi sono detta che ho questi tre anni per cercare di dare il meglio di me e arrivare al massimo delle mie capacità su strada. E credo che questa sia la squadra più adatta.
Lasci la pista nell’anno delle Olimpiadi…
Mi dispiace, soprattutto ricordando il percorso che ho fatto per arrivare alle Olimpiadi di Tokyo. Penso di avere dato tanto alla pista, è il mondo in cui ho raccolto i risultati più importanti. E penso di essere ancora all’altezza di quei posti, però allo stesso tempo sento di non avere più voglia di rimettermi in competizione, in un sistema in cui secondo me ci sono cose ancora poco chiare. Quindi ho preferito scegliere così. Ho mandato un messaggio a Villa e non aver ricevuto neanche una risposta mi ha fatto rendere conto che ho fatto la scelta giusta. Ci può stare anche che lui pensi che io non sia all’altezza del gruppo olimpico, però per tutto quello che ho dato in questi anni, credo che una risposta la meritassi. Sono cose che non si dovrebbero dire, ma ci penso spesso. Non dico tutti i giorni, ma quasi. E una cosa che mi fa stare molto male.
In azione alla Het Nieuwsblad: le classiche potrebbero essere uno spazio per lei, se Kool non sarà in corsaIn azione alla Het Nieuwsblad: le classiche potrebbero essere uno spazio per lei, se Kool non sarà in corsa
Quindi vedremo una Rachele a tutta strada?
Forse questa decisione mi darà ancora più grinta per la strada. L’ultima stagione non è stata eccezionale e ho capito che quando vai forte, tutti ti cercano, ma se fai un anno un po’ peggio, non ti vede più nessuno. Il ciclismo è proprio come la vita, perché ti insegna anche a crescere davanti a queste cose, a superare anche ostacoli non semplici. Detto questo, mi piacerebbe allenarmi ancora in pista. Il messaggio si concludeva proprio con questo auspicio, ma adesso mi sentirei in difficoltà a chiedere di andare a Montichiari.
Quindi?
Voglio ricominciare, fare le cose per bene e non passare più un anno come l’ultimo. Il ciclismo è una parte della mia vita, ma non è tutto e non voglio starci male. Ho avuto la grande opportunità di continuare a fare quello che mi piace in modo diverso. In questi ultimi anni è cambiato tutto, sono cambiati gli stipendi e spero che anche le Fiamme Oro capiscano questa scelta. Sono entrata con loro come atleta della pista e non so se ora cambierà qualcosa. Spero di riuscire a dimostrare di poter tirare fuori qualcosa di bello anche su strada.
Dovrai tirare le volate a Charlotte Kool, in che rapporti siete?
Mi è piaciuto che mi abbia chiamata prima di firmare il contratto. Abbiamo fatto una videochiamata e si è presentata e mi ha spiegato il suo punto di vista. L’ho trovata una persona veramente umile. Poi mi è piaciuta molto in ritiro, viverla di persona, perché mi sono resa conto che è veramente una leader. Lo noti in tutto quello che fa, ma non è che si dia delle arie. Eravamo in camera insieme, super rilassate e sono molto curiosa di iniziare.
Barbieri e Kool: coppia sprint della DSM: compagne di stanza nel ritiro di ottobre (foto Instagram)Barbieri e Kool: coppia sprint della DSM: compagne di stanza nel ritiro di ottobre (foto Instagram)
L’avevi mai studiata come avversaria?
Ho studiato come corrono. E’ impressionante come sono sempre unite. Lei risparmia tantissimo fino alla volata, non deve mai recuperare posizioni perché c’è chi la pilota e allo sprint è sempre super fresca. Da fuori mi sembra di capire che hanno uno schema ben definito dall’inizio, sanno già fino a dove devono arrivare e cosa devono fare. Però per contro ho visto che al Simac Ladies Tour le è mancata l’ultima donna davanti e si è buttata sulle ruote di altri e ha vinto lo stesso. Vincere contro una Balsamo o una Wiebes non è semplice, perché sono forti. Ha la grinta giusta e magari avere come leadout un’atleta esplosiva come me piuttosto di una passista che va in progressione, potrebbe aiutarla.
Lavorare per un’altra: che effetto fa?
Negli ultimi due anni, la squadra ha corso sempre per me. Però mi piace lavorare per le mie compagne, quindi non vedo l’ora di farlo per lei, perché se vincesse lei, sarebbe come se vincessi io. Charlotte è diventata grande lavorando per Wiebes, quindi magari questa esperienza farà crescere anche me. Sono molto carica, spero di riuscire a fare quello che mi chiederanno. Nello stesso tempo, spero di ritrovare la gamba per le classiche e di avere qualche possibilità nelle gare meno veloci. Vedremo cosa mi diranno. Per ora mi sembra tutto bello, la nuova bici sembra volare. Al ritiro di dicembre saprò dirvi di più. E comunque a Parigi non si corre soltanto su pista…
COMO – Eravamo alla partenza del Giro di Lombardia e in quel momento la Movistar(in apertura foto Gettysport) aveva in rosa per il 2024 solo otto corridori.Eusebio Unzue non si era tirato indietro alle nostre richieste di avere qualche informazione in più in vista della nuova stagione della sua squadra.
Unzue, patron storico della Movistar, alla partenza dell’ultimo Giro di LombardiaEusebio Unzue, patron storico della Movistar, alla partenza dell’ultimo Giro di Lombardia
Rivoluzione a metà
Erano stati accostati tanti nomi allo storico gruppo spagnolo. Nomi che poi non si erano concretizzati. Uno su tutti quello di Carlos Rodriguez. Su di lui, Unzue ci è parso davvero dispiaciuto per non essere riuscito a portarlo a casa.
“Ci sarà una rivoluzione”. “No, si continua con la linea storica dei corridori per le corse a tappe”, ci dicevano anche i colleghi iberici in tempi non sospetti. Fatto sta che tutto era ancora per l’aria.
«Pochi corridori? Io dico di no – spiega Unzue – abbiamo tutti quelli che servono, ma saranno annunciati al momento opportuno. Aspettiamo il termine della stagione per comunicarli». E così è stato.
«Abbiamo una squadra che è abbastanza simile direi a quella dell’anno passato – va avanti Unzue – Ne abbiamo 6-7 che vanno (in realtà sono stati dieci, ndr) e 6-7 che arrivano. Un po’ come tutti i team. Io dico che va bene. Spero molto nei giovani. Sia nei nostri giovani, che hanno fatto una bella stagione con noi, che in quelli che arrivano. L’idea è che continuino a crescere».
Niente rivoluzione dunque, almeno non totale. Semmai più un cambio generazionale, anche se la Movistar resta abbastanza “anziana”.
«Saltato Carlos Rodriguez – è chiaro che “Enrique” (Enric Mas, ndr) sarà il nostro capitano per i grandi Giri. Mentre Fernando Gaviria il leader per le volate… lui continua con noi. Io sono convinto che ci potremmo godere il prossimo anno».
Pelayo Sanchez (classe 2000) spagnolo, viene dalla Burgos-BH. Ha firmato fino al 2025Pelayo Sanchez (classe 2000) spagnolo, viene dalla Burgos-BH. Ha firmato fino al 2025
Giovani ed esperti
«L’idea è quella di rinforzare la squadra maschile puntando su qualche nome importante», con queste parole Unzue ci aveva liquidato all’ultimo Tour de France.
Crescere e creare una squadra che potesse raccogliere anche un buon numero di punti: anche questo era un obiettivo. La Movistar infatti in questa stagione ha vinto 16 corse e ha chiuso al dodicesimo posto nella classifica a squadre. Non è a rischio, ma neanche così tranquilla visto che nelle retrovie i distacchi sono corti.
E allora come rinforzarsi? Persi in tutto dieci corridori, tra cui Gorka Izagirre che ha seguito il fratello Ion alla Cofidis. Jorgenson e Verona passati rispettivamente alla Jumbo-Visma e alla Lidl-Trek e con Erviti che ha chiuso la carriera, servivano dei begli innesti. Serviva gente affidabile e vincente. «Gente che ha fame e ancora voglia», ci ha detto Unzue. Corridori chiusi da tanti campioni nei rispettivi team di provenienza. Ma anche giovani in cerca di progetti che lasciassero loro più spazi personali.
E così ecco Davide Formolo e Remi Cavagna. «Credo che una squadra come la Movistar – ha dichiarato il veronese – sia ideale per il tipo di corridore che sono. Posso svolgere un ruolo importante nel supportare i leader nei grandi Giri e allo stesso tempo cercare risultati nelle corse di un giorno o ovunque sia necessario per la squadra».
Ma lo stesso vale anche per i “novellini”. Manlio Moro, Ivan Romeo e Pelayo Sanchez, quest’ultimo una delle rivelazioni dell’ultima Vuelta.
E alcune voci dicevano di una certa vicinanza anche di una grande (ex) stella, Nairo Quintana. «Non prendiamo Nairo – sottolinea Unzue – non in questo momento».
Classe 2002, Manlio Moro è ormai uno dei vagoni più importanti per il quartetto azzurro. Sarà in Movistar fino al 2026Classe 2002, Manlio Moro è ormai uno dei vagoni più importanti per il quartetto azzurro. Sarà in Movistar fino al 2026
Moro e il Dna del team
Alla luce dei fatti però la squadra spagnola non cambia poi troppo il suo Dna. Si ritrova con un leader per le corse a tappe, Mas, due uomini veloci, Gaviria e Lazkano, e degli ottimi corridori che possono sia vincere che aiutare come Formolo, Cavagna, Aranburu, Cortina. A tutti questi va affiancata la serie di giovani di cui abbiamo detto… ma è gente su cui bisogna più lavorare che puntare.
Alla fine in questo mercato della Movistar, che è stato costellato soprattutto di rinnovi (ben 12), spicca il nome di Manlio Moro. Lui sì che si discosta un bel po’ dai profili storicamente associati al team iberico. Un pistard, una delle perle del quartetto azzurro tra gli scalatori spagnoli. Se il ruolo di Formolo tutto sommato si può inquadrare, quello di Moro resta un po’ più un’incognita.
«Il prossimo anno – ha detto il giovane pordenonese – sarà speciale per me, con le Olimpiadi. Quello è il mio vero obiettivo. Ma voglio crescere anche su strada e nelle cronometro, che sono la mia specialità e per il futuro fare bene nelle classiche».
Nella crono di Torino che aprirà il Giro, domani i corridori della Movistar (e della Alpecin) avranno una nuova bici da crono: la Speedmax CFR Disc. Eccola!
GLASGOW – Se si volesse comporre un’antologia di questi mondiali su pista, dopo il disastro della qualificazione, l’argento del quartetto degli uomini andrebbe raccontato come una grande impresa. E in fondo lo è. Solo che ci siamo abituati così bene, da non ammettere alternative all’oro. Anche se la Danimarca non ha preparato altro per mesi e i nostri ci sono arrivati leccandosi le ferite di un Giro d’Italia che li ha segnati tutti.
Italia e Danimarca continuano nel braccio di ferro: prossima tappa le Olimpiadi di ParigiItalia e Danimarca continuano nel braccio di ferro: prossima tappa le Olimpiadi di Parigi
Superman non è bastato
Ganna ci ha provato. E quando a tre giri dalla fine è passato in testa, abbiamo tutti sperato che potesse recuperare il gap aperto dai danesi. Ma superman stasera non è riuscito nell’impresa e il verdetto accumulato giro dopo giro, è rimasto scolpito sul tabellone: 3.45.161 per i danesi, 3.47.396 per i nostri. Un passivo forse più pesante del vero, ma che resta consegnato agli annali del mondiale.
«L’ultima volta nell’anno preolimpico – dice Pippo – avevamo fatto terzi, quest’anno abbiamo fatto secondi. A Montichiari avevamo fatto un tempo simile dopo tanto lavoro, ma questo è un velodromo un po’ strano. Tutti parlano di traiettorie particolari, di certo bisogna provarlo, bisogna usarlo. Alla fine arrivati quassù tanto tardi, il livello è questo. Certo due secondi di differenza sono tanti, ma lavoreremo per colmarli. Di certo a Parigi con 3’45” non si vince. Intanto domani farò l’inseguimento individuale. Ero dubbioso, ma una prova in più non fa tanta differenza. Non so come andrà nella crono, ci penseremo da lunedì».
Lamon ha disputato un torneo di inseguimento a standard altissimi: il lavoro ha pagatoLamon ha disputato un torneo di inseguimento a standard altissimi: il lavoro ha pagato
Orgoglio Lamon
Lamon esce da questo mondiale con l’armatura lucida. Dopo le critiche di qualche passaggio a vuoto, il veneziano ha tenuto su il quartetto con prestazioni che non si vedevano da un po’ e fanno pensare che per arrivare qui abbia lavorato davvero tanto. Tanto per fare un esempio, era l’unico del quartetto di Tokyo in ritiro con la nazionale a Noto durante l’inverno.
«Si era è visto già dal primo turno che i danesi avevano qualcosa in più, quindi abbiamo cercato di portare a casa il miglior risultato possibile, sapendo qual è il nostro margine di miglioramento. Abbiamo visto che siamo riusciti a migliorare molto dalle qualifiche. Oggi abbiamo cercato di partire molto più forte, in modo da contrastarli nei primi chilometri, solo che poi sono venuti fuori forte. E’ vero che ho un orgoglio particolare dopo queste giornate. Io in primis non ero soddisfatto di come andavo in certe prove, quindi ho cercato di rimboccarmi le maniche e ora so come si arriva a questa condizione. L’ho fatto al meglio, sono contento di aver dimostrato di essere stato di aiuto per i miei compagni, sono contento di questo».
Milan è arrivato ai mondiali con una sola corsa nelle gambe. Domani correrà l’inseguimentoMilan è arrivato ai mondiali con una sola corsa nelle gambe. Domani correrà l’inseguimento
Milan e la strada
Milan è stato il primo a passare, gigantesco e calmo. Lui è uno di quelli che ha pagato il Giro a caro prezzo e forse l’avvicinamento correndo solo a San Sebastian non è stato il passaggio migliore e lui se ne è reso conto. Bennati lo avrebbe volto fortemente su strada, visto il percorso che gli strizza l’occhio, ma le scelte sono state diverse.
«Sapevamo che la Danimarca era un team molto forte – racconta – non l’abbiamo mai sottovalutata. Siamo saliti in pista per dare il 100 per cento e l’abbiamo dato. Si punta sempre al gradino più alto, non sempre si riesce. Forse siamo partiti un po’ troppo forte e ci è rimasto nelle gambe, ma abbiamo un anno per rifarci a Parigi. Domani intanto faccio l’inseguimento. Penso a recuperare e domani vedremo. Sinceramente sono un po’ stanco, ma penso che sarò pronto, per sfidare me stesso e i tempi che ho già fatto e cercare di battere gli avversari che mi troverò di fronte. Se domani fossi dovuto partire su strada, sarebbe stata dura. Sono bello stanco. Partirei e penso che sarei in grado di aiutare, ma non di essere capitano. Mio parere personale, più sincero possibile».
Moro ha peccato di troppa foga? E’ quello che dice Villa: peccato di inesperienzaMoro ha peccato di troppa foga? E’ quello che dice Villa: peccato di inesperienza
Moro che cresce
Se Ganna, Milan e Consonni (di cui parleremo in un articolo a parte, per la grandezza della sua scelta) sono arrivati a Glasgow passando dal Giro e Lamon lavorando in pista, Manlio Moro lo ha fatto correndo su strada con la Zalf, a un livello per forza più basso. Per questo le sue prove sono una porta aperta su futuro.
«Da questo quartetto – dice – ho imparato che devo cercare di rimanere più concentrato, più tranquillo. Ho le mie capacità e se riesco a rimanere più concentrato, riesco a fare molto meglio. In certi allenamenti vado più di quanto sia andato oggi e secondo me è una questione di testa, di tranquillità. Devo imparare a partire tranquillo, essere concentrato quando faccio le mie tirate, quando vado a ruota. Comunque ho i mezzi per stare nel quartetto e visto che il prossimo anno passerò anche io professionista, speso di riuscire a fare il salto di qualità che mi manca».
Il velodromo era strapieno di gente, la temperatura interna era prossima ai 30 gradiIl velodromo era strapieno di gente, la temperatura interna era prossima ai 30 gradi
Il bilancio di Villa
Villa tira i fili. E se si è già espresso sulle ragazze, che hanno chiuso al quarto posto con Chiara Consonni che ha preso il posto di Elisa Balsamo, su questi quattro uomini ha cose da dire.
«Volevamo arrivare – sorride – ma non dobbiamo abbatterci. Abbiamo perso contro la Danimarca, segno che le nostre due scuole arriveranno a giocarsi le Olimpiadi. Sappiamo cosa ci può mancare, siamo arrivati con delle emergenze. Simone Consonni non sta benissimo e abbiamo trovato un giovane come Manlio Moro che si è confermato dall’europeo. E’ stato un po’ troppo esuberante e proprio questo ci ha portato a passare troppo forte al terzo giro e, avendo ormai preso quell’andatura, abbiamo provato a portarla fino all’arrivo. L’abbiamo pagata e l’ha pagata soprattutto lui. Sono errori di inesperienza, ma non gliene faccio assolutamente colpa, perché partire da secondo non è da tutti.
Villa è consapevole del lavoro fatto con il quartetto per arrivare a Glasgow e guarda a cosa si può migliorareVilla è consapevole del lavoro fatto per arrivare e guarda a cosa si può migliorare
«Credo che per vincere a Parigi bisogna andare più basso di 3’45”. Siamo arrivati qua con 3’46” facendo due allenamenti. Due che arrivavano dal Vallonia, uno da San Sebastian, non ci siamo mai quasi incrociati. Abbiamo assemblato il quartetto negli ultimi giorni, quindi non c’è niente da recriminare. Dovremo lavorare di più e meglio. Sappiamo che l’anno prossimo fino al Giro d’Italia la strada sarà più importante, poi però li avremo in pista. E sappiamo di poter fare meglio…».
Jonathan e Matteo Milan sono figli di Flavio, pro' per due anni e dilettante fortissimo negli anni 80. I suoi ricordi. E il punto di vista sui suoi ragazzi
Reduce dal Giro Donne, Rachele Barbieri continua i suoi allenamenti assieme al compagno Manlio Moro, corridore della Zalf Eurobil Fior, due volte campione europeo nel quartetto e, a quanto si dice, promesso al Movistar Team. Dopo i racconti di Elisa Longo Borghini sulle volate al cartello con Jacopo Mosca, ci è venuta la curiosità di chiedere all’emiliana che cosa le dia allenarsi con il suo ragazzo. E lei ci racconta così il ciclismo “di coppia” e i suoi prossimi, stancanti, appuntamenti.
Nella valorizzazione di Rachele Barbieri su strada c’è la forte impronta di Giorgia BronziniNella valorizzazione di Rachele Barbieri su strada c’è la forte impronta di Giorgia Bronzini
Condividere il lavoro con la persona che ami…
E’ stato qualcosa un po’ di inaspettato. Mi sono sempre detta «Assolutamente no ciclisti», per la paura di non poter mai staccare la testa quando sono a casa e nei momenti impegnativi. Alla fine le cose capitano e non puoi farci nulla, sono molto contenta. Non è sempre semplice. L’aspetto positivo è sicuramente quello di condividere lo stesso sport, allenarsi insieme e goderci di conseguenza la giornata insieme. Lo stile di vita è lo stesso: dal cibo al riposo. Con un altro tipo di ragazzo, non è sempre semplice farsi capire da questo punto di vista. Tra gli aspetti negativi, invece, c’è il fatto che quando parto io, torna lui, torno io e parte lui: non ci vediamo spesso. Questo, però, ti porta a vivere intensamente il tempo insieme. Sono molto contenta, ci capiamo tanto, capiamo le necessità reciproche e ci aiutiamo.
Durante gli allenamenti insieme…
E’ molto bravo, solitamente sono io quella un po’ peggio, ho meno pazienza (ride, ndr). Quando dobbiamo fare distanza, che non richiede esercizi specifici, usciamo insieme e a volte lui mi deve aspettare e fare un po’ di avanti e indietro. Alla fine quando torniamo a casa lui ha sempre qualche chilometro in piu’ rispetto me, anche se il giro è lo stesso (sorride, ndr). Cerchiamo sempre nei momenti di difficoltà di spronarci a vicenda.
Barbieri e Moro si allenano insieme, anche se lavori e distanze sono spesso incompatibiliBarbieri e Moro si allenano insieme, anche se lavori e distanze sono spesso incompatibili
Fate anche parte della nazionale della pista.
Anche lì è bello supportarci, ma vedere anche momenti di rabbia e tristezza in allenamento dell’uno e dell’altro inevitabilmente fa stare un po’ male. Ci sono dei pro’ e dei contro.
Cosa hai imparato, ciclisticamente parlando, grazie a Manlio ?
Sicuramente la resilienza. Lui è un ragazzo molto professionale, si impegna tantissimo, soprattutto negli allenamenti più duri dove io, di testa, tendo a cedere. Lui mi motiva e mi aiuta, mi insegna a crederci anche quando ci sono momenti no. Mi ha insegnato a portare sempre a termine l’allenamento anche se si è nella giornata o periodo no. Avere un esempio davanti, nonostante sia più giovane di me e dovrebbe essere il contrario, è un valore aggiunto.
L’abbraccio fra Moro a Rachele all’arrivo di Modena. Momento ritratto anche nella foto di aperturaL’abbraccio fra Moro a Rachele all’arrivo di Modena. Momento ritratto anche nella foto di apertura
L’abbraccio al Giro d’Italia…
Mi ha fatto una sorpresa. Aveva fatto una settimana un po’ di recupero perché non stava bene e non mi aspettavo che venisse a vedermi al Giro d’Italia Donne, glielo avevo chiesto ma mi aveva detto che non poteva. Mi era un po’ dispiaciuto sinceramente. Prima di partire tra tifosi e parenti dicevo proprio di essere triste perché Manlio non sarebbe venuto. In salita, invece, ad un certo punto l’ho visto, ci speravo tantissimo, mi sono messa a ridere nonostante la fatica. Vederlo, poi, all’arrivo e abbracciarlo è stata come un po’ di carica e grinta in piu’.
Cosa ti è rimasto di più del Giro d’Italia ?
La fatica (ride, ndr)! Dopo l’anno scorso, sapevo che sarebbe stato un Giro più impegnativo, c’era più salita e meno pianura, però non mi aspettavo così tanta fatica e sofferenza. Sicuramente si è alzato un po’ il livello perché siamo sempre andate ad andature elevatissime nonostante il dislivello. In molte tappe già si sapeva in partenza che sarebbe arrivato il gruppetto all’arrivo, senza imprevisti e senza quelle situazioni che non si possono calcolare, che a me piacciono tanto…
Assieme a Consonni nella madison agli ultimi mondiali: le prove iridate su pista sono u obiettivo anche nel 2023Assieme a Consonni nella madison agli ultimi mondiali: le prove iridate su pista sono u obiettivo anche nel 2023
I prossimi obiettivi…
A breve partirò per il Tour Femmes e ci sono ben poche tappe piatte, forse la prima. Sarà dura e il livello sarà ancora più alto del Giro. Se tutto va bene dovrei partire poi per il mondiale su pista, ma è tutto un po’ accavallato e non è sempre semplice riuscire a far coincidere tutto. Sono stata in ritiro a Livigno prima del Giro e ho fatto avanti e indietro da Montichiari per allenarmi in pista. Il Giro è stato duro e fare tanti spostamenti e allenamenti diversi sarebbe stancante. Prima di partire per il Tour sicuramente farò qualche allenamento in pista. L’anno scorso fare europei, Giro e Tour mi ha portato bene e la condizione era sempre in crescita, ma c’era un po’ più di spazio tra i vari appuntamenti. Quest’anno se farò il mondiale, non parteciperò alle ultime due tappe del Tour per rientrare prima. Valuteremo giorno per giorno.
La medaglia d’oro conquistata da Manlio Moro, insieme ai suoi compagni del quartetto, ai recenti campionati europei, sta tutta nella smorfia di fatica che gli si dipinge sul volto una volta tagliato il traguardo. Il friulano, in forza alla Zalf Euromobil Désirée Fior, è il nuovo innesto del quartetto (in apertura con Milan sul podio di Grenchen). Con un occhio puntato alle prossime Olimpiadi(quelle di Parigi 2024) e l’altro saldo sul lavoro da fare per meritarsi quel posto tanto ambito.
La stagione su strada per Moro è iniziata in Argentina alla Vuelta a San JuanLa stagione su strada per Moro è iniziata in Argentina alla Vuelta a San Juan
Il finale
Una volta conclusa la finale che ha dato l’oro al quartetto, Moro ha fatto fatica anche a rallentare la bici. Si è sdraiato sul manubrio lasciando che il mezzo decidesse quale direzione intraprendere. I suoi compagni festeggiavano, mentre Manlio non riusciva a staccare le braccia dalla bici.
«I telecronisti dicevano lacrime per Moro – dice il giovane friulano divertito – ma ero “solo” stanco morto. Non riuscivo a fare nulla. Restare a ruota dei migliori al mondo non è semplice, ma ho messo tutto me stesso in questa prova. Non ho ancora iniziato la stagione, ma tra San Juan e l’europeo su pista mi sembra di aver fatto moltissimo».
A novembre per lui e gli altri ragazzi della pista c’è stato il ritiro di NotoA novembre per lui e gli altri ragazzi della pista c’è stato il ritiro di Noto
La gara ha avuto ritmi alti fin da subito.
E’ stata intensa fin dalla partenza, ci eravamo prefissati di girare un pochino più piano, ma una volta in azione ci siamo messi a menare. Ero al limite, più di così non potevo dare e questo era un po’ l’obiettivo: uscire dalla pista senza rimpianti. Andare più forte era impossibile.
Si è visto, sei andato avanti al primo chilometro e hai dato una gran tirata
Sì, potevo risparmiarmi un pochino, ma mi sono fatto prendere dal momento. Siamo passati da 8 decimi a 1,2 secondi in due giri.
Uno sforzo che hai pagato nel finale?
Direi, ai tre chilometri e mezzo ho provato a rimettermi davanti, ma sono durato ben poco. Non ne avevo per mantenere il ritmo ed in più eravamo rimasti in tre. Così ho preferito mettermi a ruota e dare tutto per rimanere attaccato, con il senno di poi ci siamo detti che è stato giusto così.
La tirata di Moro è arrivata poco dopo il primo chilometro, un po’ troppa “foga” per il friulanoLa tirata di Moro è arrivata poco dopo il primo chilometro, un po’ troppa “foga” per il friulano
Anche perché Ganna stava particolarmente bene.
Urca! Alla prima tirata, ci stava staccando di ruota. Nel finale Pippo si è preso l’incarico di fare un giro in più.
3 minuti, 47 secondi e 667 decimi, un bel tempo per essere febbraio, no?
Assolutamente, se pensate che al mondiale dello scorso anno siamo stati più veloci di un secondo, ma con un stagione alle spalle.
E’ stata una piccola rivincita contro gli inglesi, che l’anno scorso vi hanno rubato la maglia iridata….
Questa vittoria ci ha dato grande morale, vincere ci ha aiutato a dimostrare che gli inglesi si possono battere. Se non fossimo riusciti a vincere, non avremmo affrontato i prossimi mesi con la stessa serenità che abbiamo ora.
Il friulano si appresta ad iniziare la sua seconda stagione con la Zalf, prima del passaggio ai pro’ con la Movistar nel 2024Il friulano sta per iniziare la seconda stagione con la Zalf, prima del passaggio ai pro’ con la Movistar nel 2024
Hai festeggiato?
Mi sono preso tre giorni di pausa, per riprendere un po’ di energie, ma non ho ancora festeggiato. Lo faremo tutti insieme quando ci ritroveremo a Montichiari.
Ti sei adattato bene ai ritmi del quartetto elite?
Ci sono altri ritmi, si fa molta più fatica, ma i risultati dicono che la strada intrapresa è quella giusta.
Una medaglia che rappresenta un bel tassello verso l’Olimpiade?
Certamente, ora si torna a lavorare in pista e potrebbero esserci delle novità.
Villa sta studiando un cambio di ruolo per Moro, da terzo a secondo uomo, una mossa in vista di Parigi?Villa sta studiando un cambio di ruolo per Moro, da terzo a secondo uomo, una mossa in vista di Parigi?
Quali?
Potrei cambiare ruolo. Ho sempre fatto il terzo, ma Villa vorrebbe provare a farmi fare il secondo. E’ una bella prova, serve un cambio di ritmo non indifferente. Da secondo hai meno tempo per recuperare dopo la partenza. La cosa bella del quartetto è che siamo in tanti e quindi possiamo fare molte prove.
Il 2024 è l’anno olimpico, ma anche quello del tuo passaggio in Movistar, in che rapporti sei con loro?
Ci sentiamo spesso. Mi seguono e sono contenti dei miei risultati. Il primo anno da professionista e nel WorldTour potrebbe rappresentare un altro step di crescita importante. L’obiettivo è entrare in pianta stabile in questo quartetto.
L'edizione olimpica di Tokyo fu super anche per un velodromo velocissimo. Che condizioni incontreranno gli atleti a Parigi? Scopriamo l'impianto a cinque cerchi
Finiti gli europei su pista, il bilancio con Villa. Il tecnico si è scottato col quartetto. E' felice per Consonni. Crede nella velocità e nelle ragazze
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