Under 23, continental e gare regionali: i pro e i contro

28.11.2022
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Nella nostra intervista con Gianni Faresin, è emerso un particolare interessante riguardo un cambio di regolamento per le squadre continental. Dal 2023, infatti, alle gare regionali under 23 questi team potranno schierare solamente ragazzi del primo e secondo anno. Una scelta contestata dallo stesso Faresin e che ha sollevato in noi un po’ di curiosità. Abbiamo così condotto un’indagine coinvolgendo altri direttori sportivi: sia di continental che di team dilettantistici. 

Campionato italiano U23, al via tutte le continental, che però ora alle regionali possono portare solo i più giovani
Campionato italiano U23, al via tutte le continental, che però ora alle regionali possono portare solo i più giovani

I nuovi arrivati

Per questa categoria il ridimensionamento è relativo. Ci sono squadre come la Zalf che hanno rinunciato a molti elite, allo stesso tempo però altri team non considerano queste corse come un campo di interesse. L’esempio è il team Technipes-#inEmiliaRomagna che dal 2023 diventa continental.

«A mio avviso – esordisce il diesse Coppolillo – si dovrebbe lasciare la sola distinzione tra gare under 23 e elite/under 23. I partenti saranno sempre meno e di questo passo le gare regionali rischiano di sparire. In Italia abbiamo 45 squadre fra under 23 e continental, deve esserci spazio per tutti. Noi quest’anno queste gare non le faremo, avendo un solo ragazzo di primo anno. Andremo all’estero e faremo le gare nazionali ed internazionali, quelle più vicine alla nostra categoria».

La Colpack avrà un organico giovane che permetterà di fare la doppia attività
La Colpack avrà un organico giovane che permetterà di fare la doppia attività

Punti di vista differenti

Tra le squadre dilettantistiche i pareri sono differenti, la regola dovrebbe tutelare proprio loro, evitando che le squadre continental arrivino a fare incetta di vittorie e di piazzamenti. 

«Bisognerebbe unificare tutto – ci dice Provini della Petroli Firenze Hopplà – le cose sono cambiate. Non è una regola giusta, ma non si può nemmeno avere capra e cavoli. Con l’avvento delle development chi ha una continental rischia di non avere più spazio per fare le corse con i pro’. A questo punto a cosa serve avere una continental? Soprattutto se poi non abbiamo una WorldTour di riferimento?».

«E’ giusto così – a parlare è Damilano della Ciclistica Rostese – se una squadra ha i soldi per fare la continental è giusto che vada a fare un calendario diverso, di alto livello. Le corse regionali serviranno per i ragazzi che devono ancora crescere per imparare. I miei corridori li ho sempre spronati a fare di più e guardare più in là, a cosa serve venire alle gare regionali ed arrivare in sei nei primi dieci? Non è questo il modo nel quale i ragazzi imparano, devono confrontarsi con livelli superiori per crescere. Se vuoi far crescere corridori, fai gare importanti. Se il tuo obiettivo è far vincere la squadra allora fai le corse di paese».

Valoti e Scarselli

«A noi non cambia nulla – dice Valoti, sponda Colpack – avremo tanti ragazzi di primo e secondo anno e riusciremo a disputare le gare regionali. Il problema delle continental è che diventa difficile partecipare a gare di livello superiore, il budget aumenta e le richieste di partecipare alle corse internazionali non sempre viene accettata. Penso che continuando così il livello under 23 rischia di abbassarsi ulteriormente a causa anche dei pochi partenti che ci saranno alle gare regionali».

Il tema centrale sembra capire quale sia la collocazione giusta delle squadre continental e anche vedere se e come sopravviveranno le corse regionali dopo questa nuova regola. A Valoti risponde virtualmente Scarselli del team Maltinti

«Penso sia corretto – attacca subito – il calendario delle continental non ha senso, non ha una dimensione. Io avrei addirittura fatto una restrizione maggiore impedendo alle continental di partecipare alle corse regionali. E vi dirò di più, limiterei la loro partecipazione alle gare nazionali a cinque o sei continental per volta. Se vuoi fare una squadra di un livello superiore prendendo i corridori migliori, allora vai a fare gare di un livello superiore, lasciando a noi squadre minori lo spazio per fare la nostra attività. Poi di squadre dilettantistiche, escluse le continental, in Italia ne abbiamo quasi trenta, i corridori alle corse non mancheranno».

Il team Palazzago si trova in provincia di Bergamo, a pochi chilometri di distanza dalla Colpack (foto Facebook)
Il team Palazzago si trova in provincia di Bergamo, a pochi chilometri di distanza dalla Colpack (foto Facebook)

Le parole del “Tira”

L’ultimo parere che ci arriva è quello di Paolo Tiralongo, diesse del team Palazzago, piccolo paese alle porte di Bergamo, terra ricca di ciclismo.

«E’ una regola che mi pare quantomeno giusta – ci racconta al telefono – i primi e i secondi anni delle continental è giusto che abbiano la possibilità di fare le corse regionali. Soprattutto i ragazzi del primo anno, per loro il salto di categoria si sente, in più hanno anche la scuola. Dal terzo anno in poi, invece, se fai parte di una continental è giusto che tu vada a fare gare di livello superiore. Altrimenti perché dovrebbero esistere queste squadre?

«Le corse regionali non soffriranno di questa regola – continua – anche perché di solito vi partecipano tra i 120 ed i 130 corridori. E’ vero che ci sono sempre meno ragazzi, ma perché molte squadre chiudono. Questa manovra magari permetterà di salvarne qualcuna».

La Maltinti riparte per Renzo e Scarselli si commuove

02.11.2022
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«Renzo per me è stato una persona importante, che ha inciso anche nella vita quotidiana. Era molto più di uno sponsor, era un amico, fra noi c’era un rapporto molto stretto. Era sempre in contatto anche con i corridori, anche se ultimamente aveva dovuto un po’ mollare. Però gli piaceva essere presente».

Renzo Maltinti era un appassionato di ciclismo. Qui nel 2011 con Bongiorno passato alla Zalf (photors.it)
Renzo Maltinti era un appassionato di ciclismo. Qui nel 2011 con Bongiorno passato alla Zalf (photors.it)

Presidente e amico

Leonardo Scarselli ha la voce che si incrina, parlando del suo presidente che gli affidò l’ammiraglia della Maltinti Lampadari quando smise di correre (in apertura la vittoria di Federico Molini a Vinci, foto di Simona Bernardini). Erano i primi di ottobre quando Renzo Maltinti, mecenate del ciclismo toscano, se ne è andato nella sorpresa generale, dopo aver lottato per la sua salute e quella del ciclismo. Basti ricordare la battaglia nel periodo del Covid per l‘aumento dei costi delle gare regionali, passate a nazionali affinché l’attività potesse riprendere, quando la Toscana si mise di traverso rispetto alle manovre della Federazione.

«Era già un paio d’anni – prosegue Scarselli – che aveva iniziato ad avere un po’ di problemetti di salute. Prima una cosa, poi un’altra, poi insomma… Erano i primi segnali di qualcosa che non stava andando bene e alla fine ci ha lasciato».

La Maltinti schierata al via della Firenze-Empoli 2022 a Piazzale Michelangelo (photors.it)
La Maltinti schierata al via della Firenze-Empoli 2022 a Piazzale Michelangelo (photors.it)
Sei riuscito a salutarlo?

Alla fine era in ospedale. Fino a poco tempo prima, ci eravamo sentiti e ci vedevamo spesso. Mi ricordo un giorno, un mercoledì. Renzo era stato ricoverato in ospedale per il Covid. Lo chiamai e rispose il figlio Roberto. Mi disse che il peggio sembrava passato, che stava meglio. Mi chiese se volevo parlargli, ma non mi parve il caso di farlo affaticare al telefono, per cui gli dissi che sarei passato a fargli visita appena fosse tornato a casa. Invece è andata come è andata.

Spesso quando se ne vanno questi grandi appassionati, se ne va anche il ciclismo…

La volontà di Renzo era che finché fosse stato in vita, avrebbe voluto rifare la squadra ed era tanto che mi diceva che dovevamo parlare. Io cercavo qualsiasi pretesto per evitare di entrare nel discorso, perché non mi sembrava mai il caso. Insomma, quando una persona non sta bene, penso che il ciclismo debba venire in secondo piano. Però un giorno mi chiamò e mi disse di andare da lui.

Leonardo Scarselli guida la Maltinti Lampadari da otto stagioni. E’ stato pro’ dal 2000 al 2010
Leonardo Scarselli guida la Maltinti Lampadari da otto stagioni. E’ stato pro’ dal 2000 al 2010
Cosa ti disse?

Io ci andai e Renzo mi chiese: «Che si fa il prossimo anno?». Io gli risposi che non c’era niente di male se ci fossimo presi un anno di stop per vedere se nel frattempo fosse migliorato. E lui in tutta risposta mi disse: «Se ci sei, faccio la squadra. Se non ci sei, smetto». Io gli dissi di contare su di me e lui disse: «Bene, io voglio fare la squadra. Perché a febbraio – queste furono le testuali parole – o sono alla Firenze- Empoli o sono morto!».

Una profezia terribile…

Giorno dopo giorno, iniziò a peggiorare. Io nel frattempo avevo parlato con il figlio Roberto e mi aveva detto che sarebbe entrato nella società come vicepresidente, anche per far firmare i contratti ai ragazzi e l’ordinaria amministrazione. Purtroppo poi Renzo se ne è andato e, durante il funerale, Roberto ha espresso la volontà di continuare nel nome del padre. Con la squadra e con le corse. La Firenze-Empoli rimane una corsa Maltinti e verrà fatto un Memorial Maltinti. Rimarranno anche il Città di Empoli e la gara di Vinci. Con lui c’era la sorella Cristina e sono entrambi al nostro fianco.

Di Felice è del 1997 e approda alla Maltinti. Nel 2019 centrò 8 vittorie, eppure come Lucca ha trovato tante porte chiuse (photors.it)
Di Felice è del 1997 e approda alla Maltinti. Nel 2019 centrò 8 vittorie, eppure come Lucca ha trovato tante porte chiuse (photors.it)
Che squadra sarà la Maltinti del 2023?

Abbiamo tutti corridori nuovi. Qualche giovane e degli elite. Con Renzo avevamo sempre voluto fare gli under 23, ma per come stanno andando le cose, diventa improponibile. Gli junior ormai passano direttamente professionisti o vanno nelle continental. Quindi a noi resta la terza o la quarta scelta e quando vai alle corse ti ritrovi con certi squadroni anche alle regionali. Il prossimo anno sembra che qualcosa cambierà, ma per come è adesso, non c’è una logica. Quindi se vuoi competere un minimo, ti devi avvalere di ragazzi di esperienza.

Su chi puntate?

Abbiamo preso Di Felice dalla Gallina-Ecotek e anche Radice dalla Malmantile. Abbiamo fatto un organico abbastanza buono. Di Felice quest’anno è stato secondo nella classifica nazionale, ma rischia di essere un altro Lucca. Sono anni che è lì e va forte, speriamo che possa fare una stagione concreta che lo porti a passare. Anche se non potrà fare le internazionali U23 perché è elite. Abbiamo 8 corridori, andare più su non ha senso, visto che alle corse si parte al massimo in 7 e più spesso in 6. Non serve a nessuno tenere fermi dei ragazzi ed è troppo costoso.

Zamparella nel 2012 è stato l’ultimo atleta della Maltinti a vincere la Firenze-Empoli (photors.it)
Zamparella nel 2012 è stato l’ultimo atleta della Maltinti a vincere la Firenze-Empoli (photors.it)
Gli sponsor tecnici sono gli stessi?

Ci hanno confermato tutti la fiducia, bici Guerciotti incluse. Per cui il programma adesso è di trovarci la prossima settimana per fare il punto e mettere giù un po’ di programmi. A dicembre faremo un primo ritiro, nella casa che abbiamo in affitto vicino Empoli. Ci sono 10 posti letto, abbiamo l’officina, abbiamo tutto, quindi siamo indipendenti per poter fare ritiri quando vogliamo. 

Da dove si parte?

Debutteremo alla Firenze-Empoli. Lo abbiamo sempre fatto, ma quest’anno avrà un valore particolare. Quest’anno più che mai, sarà la corsa di Renzo Maltinti.

Uno di noi ai mondiali duathlon: vi ricordate Passuello?

14.04.2022
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Dopo aver vinto i campionati italiani ai primi di aprile, il 7 maggio Domenico Passuello prenderà parte al mondiale di duathlon a Viborg, in Danimarca. In una stessa frase i ricordi si condensano e si intrecciano. A Viborg un secolo fa si svolse il primo team building alla Riis, con i corridori della CSC (Basso, Lombardi e Peron fra loro), vestiti e armati come militari per combattere dei finti terroristi. E poi c’è quel nome, Domenico Passuello, che riporta la memoria al 2000, quando correva fra gli under 23 e agli anni successivi quando approdò alla Quick Step. Il suo nome potrebbe dire anche poco oggi nel ciclismo, ma nel triathlon è uno di quelli che contano, seguendo il cammino che prima di lui è stato di Massimo Cigana.

«Ho visto che in Danimarca ci sarà questo mondiale molto duro – spiega – e ho capito che c’era l’occasione per essere coinvolto. La Federazione mi ha dato carta bianca per la mia affidabilità degli ultimi anni e secondo me possiamo fare bene. La vittoria al campionato italiano di Pesaro è stata inattesa, perché a 5 settimane dal mondiale la condizione non era al massimo, ma insieme è stata anche una conferma. Il duathlon come pure il triathlon è uno sport molto esatto. Devi stare a 12 metri dal corridore davanti e i giudici controllano. I conti sono abbastanza attendibili. Insomma, sono fiducioso». 

Chi è Passuello?

Già, si chiederanno i più, ma chi è questo Passuello? Suo padre Giuseppe, classe 1951, era un corridore e così a un certo punto anche Domenico, livornese classe 1978, salì sulla bici e seguì tutta la trafila fino al professionismo. Lo conoscemmo ai tempi del Team Casprini, squadrone under 23 costruito da Franco Gini, con Daniele Tortoli sull’ammiraglia (due figure di spicco che non ci sono più). Un corridore di talento, un po’ incostante forse, con una decina di vittorie nei dilettanti, che nel 2002 arrivò alla Colombia-Selle Italia di Savio e l’anno dopo alla Quick Step in cui ancora correvano Paolo Bettini, Bramati e Paolini (nella foto di apertura alla Freccia Vallone del 2003).

Come fu che dal ciclismo passò al triathlon e il cammino fino alla convocazione ai mondiali di duathlon è il motivo di questo viaggio, a metà fra ricordi e futuro.

Nel 2001 Passuello ha corso alla Maltinti, vincendo 10 corse, l’anno dopo il passaggio tra i pro’
Nel 2001 Passuello ha corso alla Maltinti, vincendo 10 corse, l’anno dopo il passaggio tra i pro’
Perché lasciasti il ciclismo?

Perché dopo l’anno in Quick Step, rimasi scottato e non ho più trovato la squadra giusta. Andai all’Amore&Vita e feci anche qualche risultato, ma con biciclette che non andavano e situazioni lontane dal mondo che volevo. Certe squadre per un verso vanno ringraziate, per altri è difficile rimettersi davvero in gioco.

Iniziasti subito col triathlon?

No, passai parecchio tempo senza fare sport. E’ naturale, quando investi tutto su qualcosa, è brutto dover rinunciare sul più bello. Anche quando correvo in bici, mi piaceva andare a piedi. E un giorno mi misi a nuotare finché mi proposero di provare col triathlon. Era il 2005, si vide che avevo qualcosa di più. La corsa c’era, il ciclismo era il punto forte, il nuoto il tallone d’Achille. Uscivo sempre tardi dall’acqua e mi toccava ogni volta rincorrere. Un anno che correvo in un team spagnolo, feci secondo al campionato nazionale di Spagna. Finché cominciai a vincere i campionati italiani. E oggi che ho 44 anni, ho un rendimento migliore di quando ho cominciato.

Si può parlare di professionismo?

All’inizio iniziai a firmare dei contratti a termine. Lavoravo, ci poteva stare. Oggi, dopo qualche anno, posso dire che non ci sono risultati economici enormi, ma sono riuscito a farne un mestiere. Se fossi tedesco, sarebbe meglio. In Germania la popolarità del triathlon è inimmaginabile.

Tanto di più?

Per capirci, nonostante io abbia vinto tre Ironman, svariati campionati italiani e altri titoli internazionali, la bicicletta ho dovuto comprarmela. Il casco da crono m lo sono comprato. Le scarpe Shimano me le sono comprate. Gli integratori devo comprarli. Ho un team di Milano che mi appoggia, il Tritaly Triathlon, cui devo tanta gratitudine, ma mi chiedo perché gli sponsor non investono su un atleta che fa questi risultati? Ho mandato qualche mail in giro, ma con nessun risultato. Non posso essere io a occuparmi di marketing, io devo allenarmi e gareggiare.

Hai più partecipato a gare di bici?

Qualche Gran Fondo ogni tanto, ma solo per tenermi in allenamento. E perché a qualche sponsor tecnico fa piacere di vedermi lì.

Il mondiale può cambiare le cose?

E’ una speranza, che magari la maglia azzurra mi faccia conoscere un po’ anche in Italia. In effetti ho gareggiato tanto a livello internazionale, la gente non sa chi io sia. Vediamo se un bel risultato cambierà le cose. Di certo, nel ciclismo ci sono giornalisti e siti che se ne occupano, mentre nel triathlon la divulgazione è al minimo. Qualche articolo me lo sono scritto da solo. Qualcun altro mi ha chiesto soldi per scrivere di me.

Suo padre Giuseppe è stato professionista dal 1977 al 1986
Suo padre Giuseppe è stato professionista dal 1977 al 1986
Cosa ti resta del ciclismo?

Tantissimo, soprattutto il metodo di lavoro. L’alimentazione, il riposo, la gestione della settimana. Nel ciclismo c’è più disciplina, qui solo nella corsa si tende a essere molto scientifici. Ma c’è da studiare tanto, perché solo con le doti atletiche non sarei arrivato lontano. Nel frattempo ho preso la licenza da Ironman Coaching, che mi aiuta nella preparazione e magari servirà in futuro. Però adesso mi concentro sul mondiale. Magari il 7 maggio sarà davvero un giorno importante e in qualche modo si pareggerà il conto.

Maltinti

Scarselli presenta la “sua” Maltinti

03.01.2021
3 min
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La maglia è quella storica con righe rosse e nere e un grande rombo bianco nel mezzo con la scritta in corsivo Maltinti, azienda che produce lampadari. Chiunque abbia seguito, anche per poco, il mondo dei dilettanti ce l’ha bene in mente, anche perché questa maglia veste i giovani corridori sin dal 1977.

Oggi si chiama Gs Maltinti Lampadari-Banca Cambiano ma il Dna è quello di sempre, quello che le ha impresso il presidente Renzo: voglia di correre, spirito di sacrificio e una passione sconfinata per il ciclismo.

Maltinti
Per la stagione che verrà la squadra toscana ha in organico 10 atleti
Per il 2021 la Maltinti ha 10 atleti in organico

Squadra giovane

Un altro pezzo storico di questa squadra toscana è il suo direttore sportivo, Leonardo Scarselli. E proprio con l’ex pro’ cerchiamo di fare il punto pensando alla stagione che verrà.

«Ripartiamo da dieci corridori – dice Scarselli – con sei che sono delle conferme: Jacopo Boschi, Enrico Baglioni, Alessio Conforti, Nicolò Garibbo, Francesco Pirro e Matteo Regnanti. Tre provengono dagli juniores: Filippo Cecchi, Tommaso Dati e Samuele Gimignani. E uno, Bruno Asllani, arriva da un’altra squadra (la Malmantile, ndr). Di certo si tratta di un team giovane che deve crescere e maturare. Con i ragazzi è difficile fare pronostici. Qualche junior di valore c’è, ma il passaggio tra i dilettanti è grande. E’ un salto che qualcuno soffre di più e qualcuno di meno. Ma passare dal 14 all’11 è una grande difficoltà. Non tutti sono pronti ad utilizzare certi rapporti. Ragazzi che hanno anche quattro anni di più ti portano a ritmi e velocità molto più elevate. Vediamo come affronteranno questa stagione».

Amadori bussa…

La Maltinti ha la sua sede nella zona di Empoli ed è da lì che partono allenamenti e trasferte. Un buon punto per lavorare.

«Io – continua Scarselli – ho un po’ mollato il fronte della preparazione, della quale si occupa oggi più Tiziano Antonini. Io penso all’organizzazione del team più in generale. In ogni caso abbiamo un rapporto diretto. Abbiamo una base fissa ad Empoli, una buona zona per allenarsi anche d’inverno visto che non fa particolarmente freddo. L’idea è quella di fare un ritiro o dei miniritiri nei weekend, ma bisognerà anche vedere come sarà la situazione del Covid.

«Una cosa che mi ha fatto molto piacere ed è legata proprio al nostro ritiro è che qualche tempo fa mi ha chiamato Marino Amadori, tecnico della nazionale, dicendomi che avrebbe avuto piacere di venirci a trovare per vedere come lavoravamo».

Firenze-Empoli di qualche anno fa, con tanto pubblico alle transenne
Firenze-Empoli di qualche anno fa, tanto pubblico alle transenne

Firenze-Empoli nel cuore

Oltre alla maglia uno dei “marchi” di fabbrica di Maltiniti è la Firenze-Empoli, la classica d’ apertura della stagione U23. Per ora la prova è confermata per il 27 febbraio.

«Il nostro presidente ci tiene particolarmente – conclude Scarselli – per noi è una delle prove più ambite e le riserviamo sempre un occhio di riguardo. In passato abbiamo provato anche ad affrontarla con un approccio specifico, ma ormai le preparazioni sono tutte abbastanza livellate e in tanti arrivano pronti ad inizio stagione. Se poi ci sono i ragazzi delle continental che hanno già fatto gare all’estero, allora è ancora più difficile. Il percorso richiede caratteristiche particolari, perché sì, bisogna tenere in salita, ma bisogna anche essere veloci. Dai, dico che un corridore o due che possono far bene ce lo abbiamo…

«Di cosa sarei contento a fine stagione? Di dare delle soddisfazioni al nostro presidente perché… perché se lo merita davvero. Di darle a lui e ai nostri sponsor».

Elisa Balsamo, tra studio e allenamento, foto Instagram

Sette giorni da Balsamo, fra libri, bici e… cereali

27.11.2020
5 min
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Ogni mattina, appena alzata, Elisa Balsamo scrive a Erica Lombardi, la sua nutrizionista. Le spiega quale lavoro dovrà fare e prende nota del menù. Le sue giornate non sono mai uguali fra loro, quindi è difficile ricondurle in schemi. Al momento la piemontese è in vacanza, sia pure a casa. Ma come funziona la settimana tipo quando si fa sul serio e magari nel menu c’è anche la pista?

Elisa Balsamo, 4a Vuelta Navarra 2020 (foto Valcar)
Prima corsa dopo il lockdown: Vuelta Navarra, quarto posto (foto Valcar)
Elisa Balsamo, 4a Vuelta Navarra 2020 (foto Valcar)
Quarta alla Vuelta Navarra alla ripresa (foto Valcar)

«Adesso che siamo agli inizi – dice col buongiorno – seguo un piano settimanale. Per il seguito, sono sempre in contatto con Davide Arzeni, mio preparatore e direttore sportivo alla Valcar. Quello che faccio certamente ora è risveglio muscolare a digiuno per tenere il tono. Qualche uscita con tranquillità. Qualche camminata. Abbiamo già le prime date per andare in pista, ma inizialmente saranno sedute di tecnica».

Quindi si comincia con la nutrizionista. Sicura che risponde sempre?

Sicurissima, lei c’è sempre (ride, ndr). Quello che mangio dipende dall’allenamento. Ognuno deve trovare il suo equilibrio. Ad esempio se al mattino devo fare distanza, mangio porridge, yogurt con i cereali, fette biscottate con ricotta o marmellata. Niente caffè, non mi piace.

Cosa metti in tasca?

Dato che fermarmi mi dà fastidio, porto gallette con marmellata, una banana, barrette di cereali. Il necessario per riparare una foratura e dovrei anche ricordarmi di avere con me 10 euro. Poi lo smanicato e niente auricolari.

Quanto è lunga una distanza di Elisa Balsamo?

Poco più di quattro ore.

Elisa Balsamo, cereali colazione (foto Instagram)
Cereali a colazione, sul suo blog anche le regole per l’uso (foto Instagram)
Elisa Balsamo, cereali colazione (foto Instagram)
Cereali a colazione con criteri precisi (foto Instagram)
Da sola oppure in gruppo?

DI solito vado con il mio fidanzato (Davide Plebani, anche lui azzurro della pista, ndr) che sta uscendo da una mononucleosi. Andiamo insieme, ognuno fa i suoi lavori e poi rientriamo. In gruppo non mi piace, voglio fare bene quel che devo. Altra cosa se sono in ritiro con la squadra, ovviamente.

Parti tardi, così scavalchi l’ora del pranzo?

Faccio in modo di rientrare sempre per le 14-14,30. Sono abituata a mangiare tardi dai tempi del liceo, pranzare alle 15 non è un problema.

Cosa prevede il pranzo quando c’è distanza?

I carboidrati ci sono sempre. La mia pasta preferita sono gli spaghetti, senza glutine o di kamut, conditi con pomodoro. Poi un secondo, magari non carne rossa.

Quante distanze nella tua settimana?

Una basta e avanza. Preferisco lavori di qualità che di quantità e poi considerate che durante la stagione la distanza la fai anche in gara.

Poi Balsamo sta tutto il pomeriggio sul divano, giusto?

Un riposino si fa (sorride, ndr), poi però ho sempre qualcosa da fare. Studio, cosa che riesco a conciliare bene (doveva laurearsi in Lettere Moderne e Contemporanee all’Università di Torino a settembre, ma il Covid l’ha costretta a rimandare al 2021, ndr). A volte si fa un giro. Vivo a orari normali, niente di strano. Poi si va verso la cena. Ancora carboidrati, proteine e verdure, oppure solo proteine. E acqua nel bicchiere.

Elisa Balsamo, ritiro Fiamme Oro San Pellegrino (foto Instagram)
Raramente si allena su salite più lunghe di 20 minuti (foto Instagram)
Elisa Balsamo, ritiro Fiamme Oro San Pellegrino (foto Instagram)
Raramente per Balsamo salite lunghe più di 20′ (foto Instagram)
Cambia qualcosa quando i lavori sono più brevi e intensi?

Un po’ sì. Ho scritto un articolo nel mio blog sul fatto che il muesli va bene prima di un allenamento di forza resistente, se invece si deve affrontare un allenamento di forza esplosiva bisogna aggiungere della quinoa soffiata. Che i fiocchi d’avena sono particolarmente indicati per un allenamento di endurance . Il grano saraceno soffiato è ideale per un allenamento di recupero e la quinoa soffiata è molto adatta per un allenamento con lavori al medio oppure, aggiungendo zuccheri semplici, per lavori in soglia. Diciamo che in genere la dieta è una cosa molto soggettiva, ma in uno schema ideale non devono mancare carboidrati, proteine e verdure. Ad esempio a me le uova non piacciono e devo trovare il modo di sostituirle.

Come funzionano i tuoi lavori di soglia?

Faccio lavori progressivi in salita per raggiungere la soglia. Oppure lavoro intermittente. La pista va tenuta presente, per questo non faccio mai salite più lunghe di 20 minuti. Per non perdere brillantezza.

Occhio sempre sul misuratore di potenza?

Per i lavori specifici sempre, ma senza avere aperta la pagina. Registro i dati e li analizzo al rientro.

Quale è il tuo schema di lavoro settimanale?

Si può dire che in successione faccio un giorno lavori forza, poi l’intermittente, agilizzazione, riposo e palestra. E a parte pochi momenti dell’anno, ci sono sempre sessioni in pista. Due giorni a settimana, di solito martedì e giovedì, a meno che non ci siano dei ritiri e allora si sta di più.

Elisa Balsamo, Silvia Pollicini, ritiro Valcar (foto Valcar)
Balsamo, Pollicini e la squadra in ritiro, altrimenti Elisa esce da sola (foto Valcar)
Elisa Balsamo, Silvia Pollicini, ritiro Valcar (foto Valcar)
Solo in ritiro Balsamo esce in gruppo (foto Valcar)
Che cosa si fa in quel caso lunedì e mercoledì?

Il mio preparatore dice di privilegiare le sensazioni, ma il lunedì di solito vado in palestra. E anche con Salvoldi si sentono affinché i lavori siano compatibili fra loro.

Cosa si fa in quei due giorni in pista?

Dipende dalla lontananza della gara. Nei ritiri a ridosso, si fanno prove cronometrate, partenze, lavori di forza resistente, prove di madison. Altrimenti tanto dietro moto. Si fa la giornata lunga dal mattino e in quel caso porto il pranzo al sacco e mangio tornando a casa. Altrimenti due sessioni e allora andiamo a pranzo fuori. Di base, a tavola seguo sempre la linea concordata, ma bisogna anche adattarsi.

Il lavoro in pista resta nelle gambe?

Spesso sì, considerando che nel quartetto si usa anche la corona da 62, mentre nelle prove di gruppo uso il 52 o il 55, perché mi piace andare un po’ agile.

Elisa Balsamo, Omnium, campionati europei Plovdiv 2020
Ha chiuso la stagione in pista con due titoli europei. Qui nell’omnium
Elisa Balsamo, Omnium, campionati europei Plovdiv 2020
Ha chiuso la stagione in pista con due titoli europei
Cosa si fa nei due giorni prima di una gara?

Se si corre di domenica, il venerdì dietro moto e il sabato una sgambata per smaltire il viaggio. Il dietro moto si fa più spesso che solo il venerdì, in realtà.

E la moto la guida Davide?

Ce la guidiamo reciprocamente (ride, ndr), facciamo gioco di squadra.

E il lunedì?

Riposo. Di solito si viaggia, altrimenti un giretto o un salto in palestra.

Massaggi sempre, poco o mai?

E’ un’abitudine che sto iniziando a prendere. Alle gare sempre. A casa quando riesco, uno ogni due settimane. E’ un fatto di abitudine, dovendo viaggiare era una cosa cui non pensavo mai.

Egan Bernal, Tour de France 2020 - 15ª tappa Lyon - Grand Colombier

Bernal, tre colpi molto duri

26.11.2020
5 min
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Anche per Egan Bernal il 2020 è stato un anno orribile. Certo con minor impatto rispetto a chi ha conosciuto la disoccupazione e peggio ancora la scomparsa dei propri cari, tuttavia anche il colombiano ha dovuto rimettere insieme i cocci di una vita che sembrava avviata verso la perfezione e di colpo ha iniziato a sgretolarsi.

Selfie David Brailsford con famiglia di Nicolas Portal, Pau, Tour de France 2020
Al via da Pau, selfie per Brailsford e la famiglia di Nicolas Portal, scomparso a marzo
Selfie David Brailsford con famiglia di Nicolas Portal, Pau, Tour de France 2020
Pau, selfie di Brailsford con la famiglia di Portal

Portal, primo colpo

Prima la morte di Nicolas Portal, il direttore sportivo del team Ineos-Grenadiers, scomparso per un infarto a soli 40 anni. Era lui ad occuparsi dei più giovani e con Egan aveva condiviso la scalata alla maglia gialla, partendo dalle ricognizioni. Quei ritiri di lavoro duro, in cui tuttavia si era sviluppato uno splendido clima cameratesco.

«La gente dovrebbe sapere che oggi abbiamo perso un essere molto importante per la nostra squadra – scrisse Egan su Instagram – per il ciclismo e lo sport in generale. Era il nostro direttore sportivo e la persona che mi ha guidato dall’ammiraglia attraverso la maggior parte dei miei ricordi più belli in questo sport. Era sempre allegro, con una buona carica, una mente fredda, calcolatore e con tanta energia. Sapeva guidare un’intera squadra nei momenti difficili. L’ho sempre ammirato moltissimo. Adesso spero che da qualche parte e in qualche modo continui ad accompagnare noi e la sua famiglia».

Ancora a luglio, quando il Tour de France era nel mirino e il colombiano era il leader designato del Team Ineos, anche il minimo riferimento gli costava fatica.

«La verità è che preferisco non parlarne – diceva – è un argomento che mi colpisce molto, quindi non mi sento pronto a farlo».

Egan Bernal, Xiomara Guerreiro, Gran Piemonte 2019
La relazione con Xiomara, iniziata da giovanissimi, finita nel 2020
Egan Bernal, Xiomara Guerreiro, Gran Piemonte 2019
La relazione con Xiomara finita a inizio anno

Xiomi, secondo colpo

Poi la separazione da Xiomara, la compagna di una vita. Su questo Egan è stato molto discreto, come sempre per le cose che riguardano la sua famiglia. La notizia è stata data appena quattro giorni dopo la morte di Portal da La Red, trasmissione di Caracol Television, ma pare che la separazione risalga ai primi di febbraio. In un’intervista, proprio Xiomi ha rilasciato una dichiarazione che non ha lasciato spazio a dubbi.

«C’è grande affetto – ha spiegato – siamo molto amici, continuiamo a lavorare insieme e so che le nostre vite andranno bene. Le cose cambiano. Egan ha bisogno di maggior tranquillità e di restare concentrato, ma ci vogliamo bene. Abbiamo concluso il nostro ciclo. La vita propone cose nuove che dobbiamo mettere a fuoco».

Di certo un marzo molto duro per il giovane campione di Zipaquira, impegnato in quel momento ad allenarsi verso una ripresa di cui nessuno sapeva nulla. Le solite foto su Instagram lo rappresentavano prima sui rulli e poi finalmente all’aria aperta, grazie all’intervento di Quintana che era riuscito a far sbloccare la possibilità di allenarsi all’aperto per i corridori professionisti.

Egan Bernal, Tour d'Occitanie 2020
A inizio agosto, rientro alle corse con vittoria al Tour d’Occitanie
Egan Bernal, Tour d'Occitanie 2020
Ad agosto subito vincente al Tour d’Occitanie

Ritorno e vittoria

Il ritorno in Europa è stato in ogni caso molto positivo. Forte del lavoro svolto in altura, Egan ha debuttato alla Route d’Occitanie, vincendo una tappa e la classifica. Poi al Tour de l’Ain sono venuti due secondi posti di tappa e quello in classifica alle spalle di Roglic. E mentre in casa Ineos si cercava di capire se Froome sarebbe stato in grado di rientrare per il Tour, Bernal ribadiva concetti già espressi nelle settimane precedenti.

«Non lo so come andrà il Tour – diceva – di certo i corridori più grandi hanno esperienza e sanno come si fa per arrivare in buona forma. Di solito trovano la condizione mano a mano che la gara va avanti. Passano sempre da poco a tanto e in questo modo arrivano all’ultima settimana e alla crono nelle migliori condizioni. I giovani però possono trovare la forma più in fretta, ma dire che è un vantaggio, non lo so».

In realtà in queste parole c’è la storia del 2020, dalla vittoria di Pogacar al Tour, fino alle giovani sorprese del Giro. Con la seconda settimana decisiva, mentre i più esperti raggiungevano a fatica il picco. Ma il Tour Bernal non lo concluderà, come pure si dovrà fermare al Delfinato, dove la prima spia del mal di schiena lo costringerà a ritirarsi.

Schiena, terzo colpo

«Mi sento bene – fa sapere dalla Colombia – è stato un infortunio un po’ complicato, ma stiamo lavorando molto duramente per tornare al livello giusto il prossimo anno. Abbiamo fatto dei test e abbiamo capito che il dolore nasce dal fatto che ho una gamba leggermente più corta dell’altra. In verità è un dolorino che c’è sempre stato. L’anno scorso durante il Tour che ho vinto, ma anche l’anno prima e da quando facevo mountain bike, quel punto mi ha sempre dato fastidio. In quarantena ho fatto tanto lavoro sui rulli e sono passato da zero ai lavori di intensità. Penso che questo abbia causato l’irritazione del nervo che ha interessato un disco nella colonna vertebrale, che a sua volta innesca il dolore. Serve un lavoro graduale, perché direi che non sia il caso – ha concluso con ironia – di operarsi per accorciare l’altra gamba».

Tadej Pogacar, Egan Bernal, Laruns, Tour de France 2020
Sulle strade del Tour i primi contatti con l’astro nascente Pogacar
Tadej Pogacar, Egan Bernal, Laruns, Tour de France 2020
Primi contatti con Pogacar, un anno in meno

E Cioni fa il punto

Dario Cioni, che del Team Ineos è uno dei preparatori, si è tenuto sulla stessa linea.

«Nessuno è perfetto – ci ha detto – siamo tutti asimmetrici e non è raro avere una gamba più corta dell’altra. Potrebbe davvero essere uno scompenso che si è evidenziato sotto sforzo. Per quanto so io, il problema è stato individuato e si sta lavorando per risolverlo. Stiamo riprendendo l’attività con due settimane di ritardo rispetto al passato, anche perché fino a poco fa quelli della Vuelta ancora correvano. Visto che spostando tutto avanti di due settimane, si sarebbe trattato di fare il ritiro a Natale, abbiamo deciso di spostarlo a gennaio. Prima, vista la situazione, è difficile fare grosse cose. Vediamo come cambia il contagio, sapendo che molti corridori si sposteranno per conto loro in luoghi più caldi. A Gran Canaria ad esempio pare che la situazione Covid sia sotto controllo e fa sempre caldo. E noi li seguiamo via internet, perché dovunque abbiano una connessione, i dati di allenamento arrivano nel sistema. Anche quelli di Egan».

Fabrizio Carnasciali, Coppa Fiera Mercatale

Carnasciali, il polverone merita risposte

25.11.2020
6 min
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La sparata di Carnasciali ha fatto rumore. Forse l’aretino (che i più attenti hanno riconosciuto nella foto di apertura) ha usato parole troppo dure, ma di certo ha ottenuto il suo obiettivo. Far parlare del passaggio delle gare regionali a nazionali. Andando a rileggere l’articolo pubblicato stamattina, siamo andati ad approfondire il discorso con le persone da lui coinvolte. Lasciando il finale a Ruggero Cazzaniga della Struttura tecnica federale.

REttilineo di arrivo Coppa Fiera Mercatale
Rettilineo di arrivo a Mercatale, le transenne non mancano (foto Scanferla)
REttilineo di arrivo Coppa Fiera Mercatale
Arrivo di Mercatale, transenne per 300 metri (foto Scanferla)

Maltinti conferma

Renzo Maltinti nel 2020 ha organizzato cinque corse, fra cui la Firenze-Empoli, e con i suoi corregionali ha il dente avvelenato.

«Gli altri non hanno organizzato nulla – dice – e questo mi ha fatto molto arrabbiare. Li ho tartassati tutto l’anno. Se non vogliono rischiare, stiano pure accanto al focolare. Però la penso come Carnasciali, perché non è una sua iniziativa. Qua ci sono tutte le società toscane compatte. Sono state fatte troppe cose senza consultarci. Organizzare nel 2021 costa di più e non sarà facile. Per questo ho consigliato di incontrarci e trovare una soluzione insieme, il giusto equilibrio. Ma piuttosto che in dieci, farei tre rappresentanti, uno per categoria. E gli altri si adeguano. So che hanno fatto già una riunione. Ero invitato anche io, ma non sono andato per motivi di lavoro. Però non hanno invitato la Federazione e non lo trovo giusto. Credo che stando così le cose, il 9 dicembre nessuno verserà la cauzione per collocare la propria corsa, perché siamo tutti nella stessa barca. Ma credo anche che ci sia il tempo per parlarne. La Federazione nel 2020 ci ha dato una grossa mano, togliendo le tasse. Adesso, davanti alla linea dura, c’è da parlare e arrivare a una soluzione condivisa».

Squadra Maltinti
I corridori della Maltinti, società che nel 2020 ha organizzato 5 gare (foto Scanferla)
Squadra Maltinti
Maltinti nel 2020 ha organizzato 20 gare (foto Scanferla)

Amantini ironico

E poi c’è Enzo Amantini, quello che a detta di Carnasciali era incaricato di fare bene i conti. E lui facendosi una risata, spiega il suo punto di vista.

«Con Fabrizio collaboro da anni – dice – ma questa cosa dei conti da fare l’ha un po’ interpretata a modo suo. Se guardiamo al 2020, a prescindere dalle idee politiche, la Federazione ci ha aiutato. La corsa che abbiamo fatto insieme a Montevarchi ci è costata zero, come zero hanno preso i corridori e non lo trovo giusto (per completezza, la corsa è costata circa 6.000 euro non pagando tasse e premi, ma non dando neppure pranzo e rimborsi, ndr). Ma il momento è questo.

«Oggi l’ho bacchettato, non serve sparare col cannone. Bisogna puntare a risparmiare, ma facendo le gare. La differenza è poca e sulle spese aggiuntive possiamo ragionare. Comunque il costo di una gara nazionale nel 2021 sarà minore rispetto a quanto costava nel 2019, prima del Covid. Il problema c’è e va risolto con tranquillità, smussando gli angoli, sennò chiudiamo tutti.

«Io nel 2020 ho organizzato 10 gare dagli allievi in su. Per i dilettanti ho fatto solo il campionato nazionale a crono e di tasse non ho speso niente. Ma con 650 partenti in tutte le crono, le spese sono quasi raddoppiate. Bisogna ragionare. Il problema dell’auto col tettino apribile, previsto dal regolamento, non si pone. Se l’auto non c’è, il direttore di corsa si sporgerà dal finestrino. Fabrizio ha esagerato. Credo che Cazzaniga a Milano sia uno con cui si può ragionare serenamente, perché di regolamenti ne sa più di tutti».

Alessio Riccardi, Team Colpack, Firenze-Empoli 2020
Nelle regionali numeri sulla maglia. Nelle nazionali, anche su casco e telaio (foto Scanferla)
Alessio Riccardi, Team Colpack, Firenze-Empoli 2020
Nelle nazionali, numeri anche su casco e telaio (foto Scanferla)

Cazzaniga attacca

E proprio con lui chiudiamo questa puntata della storia, permettendogli di precisare sui punti che meno lo hanno convinto.

«La vera differenza di costi federali fra una regionale e una nazionale – dice – è di 90 euro. Gli altri sono da spiegare. Il pernotto al giudice lo paghi solo se la gara parte alle 8,30. Ma dato che quelle di cui parliamo partono sempre all’ora di pranzo, il giudice arriva al mattino. I numeri di gara costano 60 euro in più. E se il problema è legato alla doppia ambulanza, occhio perché se c’è una caduta che ne richiede l’intervento, devi fermare la corsa.

«Tutti i problemi nascono da Mercatale. Carnasciali dice che rischia di perdere la deroga al limite dei 176 partenti, ma non dice che negli ultimi 4 anni ha avuto 228 partenti che dopo 30 chilometri sono diventati 140. Si parla di elite preferiti agli under 23, ma vorrei far notare che i corridori del 1998 in attività sono 19 e quelli del 1997 sono 23. Le formazioni regionali possono correre nei circuiti e affinché sia possibile, abbiamo consentito che restino regionali le corse con giri di 8 chilometri, mentre prima ci si fermava a 5. Guardando il calendario, quando va bene abbiamo tre gare nella stessa domenica, se va male soltanto una. Se quell’unica corsa è regionale, dove vanno a correre le continental?».

Direttore di corsa
Il regolamento delle nazionali vuole l’auto aperta per il direttore di corsa (foto Scanferla)
Direttore di corsa
Il direttore di corsa fuori dal tettuccio

Livello tecnico

E qui il discorso prende una piega più convincente, riportando il discorso in un alveo più sportivo.

«Quando andiamo ai mondiali – ancora Cazzaniga – ci rendiamo conto che spesso in Italia si fanno corse di contenuto tecnico un po’ limitato rispetto a quelle estere. Se vogliono dimostrare che un circuito di 12 chilometri può restare gara regionale, facciano pure. Ma significa che restano fra di loro, a correre con più corridori toscani che altro. E il livello resta quello. Nella gara nazionale arrivano continental e stranieri e il livello sale.

«Nel 2020 abbiamo eliminato le tasse. Nel 2021 ne rimborseremo la metà. Non si può farli pagare meno alla fonte, perché si tratta di soldi pubblici e il rimborso c’è solo se dimostri di aver svolto la gara. E aver messo la cauzione al 9 dicembre è proprio per avere una proiezione attendibile e sapere quante gare ci saranno. Mi dà fastidio dicano che li stiamo costringendo, perché siamo l’unica federazione che ha fatto ripartire i bambini e ha svolto mondiali ed europei. Mi dà fastidio che progettino riunioni senza coinvolgerci. Abbiamo svolto attività e questo è un fatto, non propaganda. E non è merito di uno solo ma di tutti quelli che ci hanno creduto. E mi chiedo allora perché nel 2020 Carnasciali e i suoi non abbiano organizzato corse, visto che si poteva e non c’era nulla da pagare. Stiamo cercando di salvare l’impossibile. Chi già faceva la gara nazionale, si ritrova a pagare di meno. Gli altri sono chiamati a un sacrificio o a parlarne in modo costruttivo. Quello che dà fastidio è che si mascherino dietro a un’esigenza generale gli interessi personali».

Non finisce qui

Il discorso ovviamente non finisce qui. Il tema resta sul tavolo, Maltinti lo ha confermato. E malgrado quello che dice Cazzaniga, ha confermato che non si tratta di una problematica che si ferma a Mercatale e alle iniziative di Carnasciali. Il 9 dicembre si avvicina. Resta la curiosità di sapere cosa verrà fuori dalla prossima riunione.

Firenze-Empoli, Leonardo Marchiori, 2020(Foto Scanferla)

Toscana, 50 corse a rischio. Ecco perché…

25.11.2020
5 min
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La Toscana dei dilettanti è sul piede di guerra, parola di Fabrizio Carnasciali. L’organizzatore di Mercatale è diventato il referente di almeno 10 società che il passaggio delle gare regionali a nazionali, per restare nei vincoli previsti Dpcm sulle manifestazioni sportive, l’hanno prima accolto con un sorriso. E poi, fatti i conti, l’hanno respinto. Ad ora, in attesa di una riunione prevista per il 4-5 dicembre, il rischio è che che 50 corse per dilettanti fra Toscana, Marche e Umbria non si disputino

E’ abbastanza evidente che siamo alle schermaglie di una trattativa appena iniziata. E’ evidente che gli organizzatori in questione morirebbero pur di non perdere per il secondo anno le proprie corse. Ma qualcosa per loro non va. E non sono i 200 euro da versare entro il 9 novembre come cauzione per avere la data, ma quello che c’è dopo.

Coppa Fiera Mercatale, Toscana(Foto Scanferla)
Coppa Fiera Mercatale, da sempre una gara regionale e una festa di paese (Foto Scanferla)
Coppa Fiera Mercatale, Toscana(Foto Scanferla)
Mercatale, una festa di paese (Foto Scanferla)

In primis, il problema è legato all’aumento dei costi. Per tante di queste manifestazioni la principale entrata è rappresentata dai proventi di sagre, feste di paese, riffe e attività dei circoli. Se tutto questo sarà ancora fermo a causa del Covid, dove troveranno i fondi? Anche perché alcune di queste società hanno in agenda fino a 5 gare ciascuna.

Che cosa non va, Carnasciali?

Non va che il passaggio da regionale a nazionale ci sembrava una buona idea, poi abbiamo cominciato a guardare i numeri, anche quelli pubblicati sul Comunicato 40 del Settore strada, e forse tanto buona non è.

Perché? Si parla comunque di importi inferiori rispetto alle tabelle per le gare nazionali…

Ma sempre di aumento si tratta. Abbiamo chiesto a Enzo Amantini in Umbria di verificare la variazione dei costi. Andando a braccio, gli aumenti riguardano la tassa di iscrizione e i premi: circa 500 euro. L’aggiunta di un cambio ruote: 300 euro. La necessità di transennare gli ultimi 300 metri anziché 150: 200 euro. I numeri di gara, compresi quelli da mettere sul telaio: 250 euro. L’ospitalità per il giudice in più: 100 euro. L’obbligo dell’auto con il tettuccio apribile, che se non la trovi devi affittarla e saranno sui 100 euro. Più di 1.200 euro per ogni gara. E poi comunque ci sono motivazioni tecniche.

Simone Velasco, Coppa Cicogna 2015(Foto Scanferla)
Simone Velasco vince la Coppa Cicogna del 2015 (Foto Scanferla)
Simone Velasco, Coppa Cicogna 2015(Foto Scanferla)
Velasco a Cicogna nel 2015 (Foto Scanferla)
Ad esempio?

Parliamo di Mercatale, dove pure le transenne sono in tutto il finale. Se diventa nazionale, non ho più la deroga a partire con più di 176 corridori. Diventa una corsa a invito in cui si può correre con 6 atleti anziché gli 8-9 per squadra che permetteva alle società locali di portare ragazzi che sarebbero stati a casa.

Non credi che dovremmo fare tutti uno sforzo da questo punto di vista e che è meglio correre in pochi che non correre affatto?

Dipende da quello che si intende per correre in pochi. Sapete quanti corridori rimarranno senza squadra quest’anno? Una vagonata, ma proprio tanti. Nelle gare regionali, il Comitato regionale può allestire una squadra mista e portarli a correre. Nelle nazionali no. Si deve dire loro che devono smettere? Io non lo dico, lo faccia qualcun altro. Io organizzo corse.

Le squadre cosa dicono?

E’ chiaro che le gare nazionali aprono la porta alle continental. E così le più piccole sono preoccupate, perché di solito a certi squadroni si dà un rimborso pur di averle alla partenza. Fa blasone. Adesso non si può più fare questa distinzione, sono tutti all’osso. Aggiungo che nelle gare regionali gli elite non possono correre, nelle nazionali sì. E allora mi fai lasciare a casa gli under 23 senza squadra per far correre gli elite?

Firenze Empoli 2020 (Foto Scanferla)
Firenze Empoli 2020, il gruppo in partenza. Corsa a rischio? (Foto Scanferla)
Firenze Empoli 2020 (Foto Scanferla)
Firenze Empoli a rischio? (Foto Scanferla)
Come se ne esce?

Una ventina di giorni fa, ci eravamo sentiti con le squadre toscane per mettere tre rappresentanti – un tecnico, una società e un organizzatore – e avere un confronto con il Comitato regionale. Poi però è arrivato il Comunicato 40 ed è nata questa posizione comune. Maltinti è con noi. Lui ha cinque corse e non può sostenere questo aumento. Così hanno delegato me. E visto che il 9 dicembre resta la data per la richiesta della data in calendario, ci vedremo il 4-5 dicembre con 10 società toscane, per trovare una posizione comune. Ad ora ci sono 50 corse che rischiano di saltare.

Tutte in Toscana?

In Toscana, certo. Ma anche nelle Marche dove abbiamo parlato con Montegranaro. L’Umbria con l’Amantini. La Lombardia con Carlo Saronni.

Ne hai parlato con Di Rocco?

Sì e mi ha detto che è l’unica soluzione per stare nei limiti del Dpcm. Poi ho parlato con Daniela Isetti, che ha parlato di abbassare i costi. E ancora ho parlato con Ruggero Cazzaniga del Settore tecnico, che ha parlato ancora del Dpcm. Noi si pensava ingenuamente che sarebbe stato un passaggio soltanto formale, ma così non è. Spero che nel frattempo si trovi un’intesa.

A margine e da altri approfondimenti, è emerso che ci sarebbero società disposte a pagare pur di correre: una notizia, dato che si tratterebbe delle società che solitamente si muovono soltanto in presenza di rimborsi. La controproposta di alcuni organizzatori è stata proprio quella di tagliare completamente i rimborsi: si organizza e chi vuole va a correre. Pare anche che la Fci abbia parlato di un fondo residuo di 600 mila euro con cui si rimborserebbero i costi di iscrizione. Ma se è vero e se basta per tutto l’anno, perché non abbassare direttamente le iscrizioni, evitando che le società versino soldi che potrebbero metterle in difficoltà?