Colleoni e la schiena: tutto risolto con l’oculista?

23.04.2024
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RIEMST (Belgio) – Dall’incontro per parlare del suo casco al ricordarsi l’ultimo pezzo dello scorso anno, quando Kevin Colleoni annunciò che sarebbe passato dalla Jayco-AlUla alla Intermarché-Wanty. La stagione non era andata un granché e alla base di tutto c’era un misterioso problema alla schiena venuto fuori dopo la caduta alla Coppa Agostoni. Di solito, in questi casi, fai le terapie necessarie, ti raddrizzano e torni come nuovo. Invece per il bergamasco si è messo in moto un mezzo inferno, fatto di dolore, esami, disagi e la frustrazione del non venirne a capo.

Perciò abbiamo prolungato la permanenza nel suo hotel per fare il punto sulla salute e sulla carriera, la stagione in corso e quello che verrà. Vedendolo arrivare in cima alla Redoute il giovedì assieme a Francesco Busatto non era sembrato particolarmente dolorante, ma è meglio farsi raccontare da lui (in apertura, nella foto Instagram/cyclingmedia_agency).

Il UAE Tour è stato la prima corsa di Colleoni con la maglia della Intermarché-Wanty
Il UAE Tour è stato la prima corsa di Colleoni con la maglia della Intermarché-Wanty
Come è correre in Belgio in una squadra belga?

A correre qui, si sente la differenza, altrimenti è un team internazionale. Molto familiare, questo sì: mi trovo bene. Ho trovato un ambiente tranquillo, professionale, non avevo dubbi. Sono a mio agio anche con i compagni e lo staff. La cosa che mi piace tanto è il programma. Ci sono stati dei piccoli cambiamenti, però già da dicembre sapevo dove avrei corso. Più o meno ho il calendario per tutto l’anno, al netto di quello che può capitare. E questo è ottimo, perché si può programmare bene il lavoro.

E’ utile programmare a così lunga scadenza?

Arrivo da un anno difficile, ho avuto i miei problemi e sono arrivato qua senza averli ancora sistemati del tutto. Per questo vivo molto alla giornata. Ho trovato uno staff medico, osteopati e fisioterapisti molto preparati e sono migliorato tanto. Non voglio dire che sia passato al 100 per cento, ma sto parecchio meglio.

Si è scoperto che cosa sia successo in quella caduta?

In realtà non ho rotto niente, almeno da quello che si è visto. Solo che è cominciato questo mal di schiena che mi sono portato avanti per il resto della stagione. Ho iniziato a migliorare da questo inverno dopo che sono finite le corse, facendo di tutto e di più. Osteopati, fisioterapisti… Non li conto neanche più! Poi ho trovato un osteopata a Bergamo che ha iniziato a seguirmi facendo gli stessi trattamenti di quelli della squadra. E facendo questo, più tanti esercizi, la cosa ha iniziato a dare meno problemi. La causa non si è trovata ancora, non sappiamo cosa sia. Però facendo determinati trattamenti, funziona.

Nel 2023 Colleoni correva alla Jayco-AlUla, qui al Giro di Sicilia parla con Petilli
Nel 2023 Colleoni correva alla Jayco-AlUla, qui al Giro di Sicilia parla con Petilli
Niente più dolore?

Negli ultimi mesi sembra essere sparito. Ho qualche fastidio fuori dalla bici che prima non avevo, però in sella tutto sommato non è male. Prima non riuscivo a starci, l’anno scorso ad agosto non riuscivo a fare neanche un’ora. Il dolore prendeva la parte bassa e a destra, gamba e gluteo. All’inizio hanno ipotizzato che si trattasse di una sciatalgia, ma in realtà non è stato quello. E’ più  un’infiammazione generale, causata da uno squilibrio.

Dagli esami non è emerso nulla?

Ho fatto risonanze, il test per la composizione delle ossa, la tac. Eppure non c’è un problema visibile, bensì tanti piccoli problemi che però non possono portare a quel dolore. Prima della caduta non ho mai avuto nulla, quindi deve essere cominciato per forza da lì. Una cosa di cui mi sono accorto e che hanno notato anche gli osteopati è che da allora non ero più bilanciato, sia in bici che fuori. Una cosa che mi ha fatto migliorare è stato andare da un oculista.

Per fare cosa?

Abbiamo riscontrato che dall’occhio destro mi manca uno 0,4, mentre il sinistro è a posto. Perciò abbiamo fatto delle prove e mettendo una lente correttiva, in bici praticamente mi raddrizzo. La mia schiena non carica solo da una parte, ma è bilanciata e così anche l’appoggio sui piedi quando cammino. Adesso è 50-50, mentre prima pendevo da una parte. Perciò vado in bici con le lenti a contatto. E’ una cosa cui non credevo neanche io. Ci sono andato perché me l’ha detto l’osteopata. Eravamo andati anche dal dentista, ma il palato è dritto e non incide sulla posizione, invece gli occhi fanno tantissimo. Porto le lenti da questo inverno, da dicembre: 24 ore su 24, le tolgo solo per dormire. E non vanno bene quelle usa e getta, perché mi manca troppo poco e non ne fanno, per cui devo prenderle su misura.

Alla Strade Bianche, chiusa con un ritiro. Qui con Michele Gazzoli
Alla Strade Bianche, chiusa con un ritiro. Qui con Michele Gazzoli
Perciò adesso pedali come ai vecchi tempi?

Ho cominciato a non avere più fastidio e a ripedalare in maniera più soddisfacente. Diciamo che all’inizio dell’inverno ho avuto un po’ di acciacchi, per cui ho iniziato tardi. Ho cominciato ad allenarmi al ritiro di dicembre, prima niente. Da gennaio ho iniziato a fare i lavori e mese dopo mese è andata sempre meglio. In gara ho avuto qualche fastidio all’inizio delle prime gare, però ad esempio il Giro dei Paesi Baschi è stata la prima gara dopo un anno in cui non ho avuto dolori. So che possono tornare, sono molto obiettivo sulla cosa perché un problema così non può sparire da un giorno all’altro. Lo so e ci lavoro.

In che modo?

Faccio trattamenti e faccio tanto stretching. Quando sono alle corse, ho il massaggiatore e l’osteopata che controlla che sia dritto col bacino e tutto il resto. Quando sono a casa, non posso andarci tutti i giorni, ma cerco di vederli il più spesso possibile. Magari una volta a settimana, dieci giorni. Intanto ho i miei esercizi e una volta a settimana vado in palestra, che mi ha aiutato tanto a rinforzare tutta la schiena. Pesi e corpo libero. E’ stata l’unica cosa che, quando avevo male, non mi dava fastidio. Il solo modo che avevo per potenziare e comunque mantenere il tono.

Cambiando squadra, hai cambiato anche posizione in bici?

Abbiamo fatto un gran lavoro su questo, ma alla fine non è cambiata tanto, se non per dei dettagli. L’ho fatto tramite il mio osteopata a Bergamo e un biomeccanico che veniva nel suo studio. A ogni modifica che si faceva, si testava la risposta del corpo. Se mi storcevo o restavo dritto, se mi si bloccava una gamba oppure no. E’ una cosa che ti porta via tanto tempo, i primi giorni non noti la differenza, però a lungo andare te ne accorgi. Basti pensare che da quando correvo alla Biesse-Carrera, ho sempre mantenuto la stessa posizione.

Nella seconda tappa del Catalunya con arrivo a Vallter 2000, la fuga con Colleoni è andata avanti per 146 chilometri
Nella seconda tappa del Catalunya con arrivo a Vallter 2000, la fuga con Colleoni è andata avanti per 146 chilometri
Invece adesso?

Da quando ho avuto questo problema, sapendo che ogni modifica poteva migliorare o peggiorare, sono tanto minuzioso. Porto con me sempre la sella da allenamento per controllare che quella da gara sia uguale. Non perché non mi fidi, ma ho imparato che il corpo risente anche di un solo millimetro e può perdere efficienza.

Quindi adesso si riparte con motivazioni intatte?

Il primo obiettivo per quest’anno era rimettermi a posto. Non ho ancora fatto risultati, ma gara dopo gara sto migliorando e mi torna la fiducia. Dovrei fare il Giro d’Italia, il mio primo Grande Giro: la preparazione è incentrata su questo. Ho fatto solo gare WorldTour, è il solo modo per migliorare. L’unica un po’ minore, tra virgolette, è stata la Milano-Torino. Ovvio che sia più difficile fare risultati, ma ora l’interesse è crescere. Non avrò un obiettivo principale, se non aiutare la squadra e cercare di togliermi qualche soddisfazione.

Hai parlato di fiducia. 

Quella fa tanto. L’anno scorso andavo alle gare sapendo già di non avere possibilità. Non per colpa mia, ma per un problema fisico. Parti già sconfitto, non è facile. Quest’anno non ho ancora la fiducia di prima, però vedo che man mano miglioro. Manca di fare il prossimo salto, magari un risultato o qualcosa che possa farmi ritrovare la fiducia. Se anche mentalmente mi tolgo questo peso, so che posso tornare a fare delle buone prestazioni.

La Liegi di Colleoni chiusa al 96° posto a 19’13” da Pogacar (foto Instagram/cyclingmedia_agency)
Liegi chiusa al 96° posto a 19’13” da Pogacar (foto Instagram/cyclingmedia_agency)
A che punto pensi di essere della tua carriera?

Ognuno ha la sua maturazione fisica. Ho ancora 24 anni e vedo che nel ciclismo di adesso, tutti si aspettano troppo dai più giovani. Da una parte è normale, perché tanti passano e vincono. Ma io arrivo da un ciclismo in cui fino agli juniores mi allenavo con mia mamma (Imelda Chiappa, argento su strada ad Atlanta 1996, ndr). Uscivo tre volte a settimana, da under il massimo che facevo erano 5 ore. Adesso vedo juniores che si allenano 5-6 ore come i professionisti, è normale che passano e vanno forti. Però vedo anche altri che iniziano ad emergere a 26-27, quindi secondo me ognuno ha i suoi tempi. E di una cosa sono certo: in questo momento quello che conta è andare forte. Se vai forte, fai il capitano. Altrimenti impiegano davvero poco a rimpiazzarti.

Per Van der Poel a Waregem le prove generali del Fiandre

30.03.2022
4 min
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Un incontro su Zoom in mezzo a un mucchio di giornalisti belgi. Mathieu Van der Poel è rientrato alla base dopo la Coppi e Bartali e ha negli occhi il lampo giusto. Oggi venderà cara la pelle alla Dwars door Vlaanderen, la cara vecchia corsa di Waregem, e ancora di più domenica al Giro delle Fiandre. Sulle strade ci sarà nuovamente pubblico e questo già mette di buon umore i corridori. La voglia di parlare tuttavia non è troppa: risposte laconiche come quando la concentrazione è alta.

«La vittoria nella quarta tappa della Coppi e Bartali – dice – mi ha rassicurato. Il percorso e l’intensità erano un po’ paragonabili alle classiche fiamminghe. Dopo la seconda tappa dissi che mi mancava ancora un po’ di potenza, ma ora va bene. Pensando al Fiandre, credo che non avrei nemmeno più bisogno della gara di domani (oggi per chi legge, ndr). Allora perché farla? Perché è una grande gara, l’ho vinta nel 2019 e voglio vincerla di nuovo».

Gli sforzi nelle tappe toscane hanno dato a Van der Poel la sensazione di essere al punto giusto
Gli sforzi nelle tappe toscane hanno dato a Van der Poel la sensazione di essere al punto giusto

Van Aert e Asgreen

La fiducia è alta, il che è sorprendente dopo un inverno piuttosto difficile. Deve essere stato duro per lui incassare la sconfitta ad opera di Colbrelli alla Roubaix e poi dover rinunciare al ciclocross per il persistere sempre più fastidioso del mal di schiena, mentre Van Aert giocava al gatto coi topi. Mathieu ha trascorso parecchio tempo in Spagna, mentre i suoi colleghi si giocavano le prime grandi corse. E solo qualche… spiata su Strava a un certo punto ha fatto capire che la condizione fosse ormai prossima.

«Ammetto – dice – che non sia stato un periodo divertente. Ma in questo modo ho messo insieme la migliore preparazione di sempre. L’ho fatto a modo mio, come volevo. Non ho dovuto correre subito dopo la stagione del ciclocross, che è stata breve, ma non ho intenzione di lamentarmi. Non avrei mai pensato che sarei arrivato pronto al Fiandre, ormai guardavo di più all’Amstel e alle classiche delle Ardenne. Ma quando le cose in Spagna sono migliorate davvero, ho capito che era possibile. Non mi dispiace che gli altri abbiano iniziato da più tempo, anche Van Aert ha vinto l’Omloop Het Nieuwsblad subito dopo il ritiro. Questo è il nuovo ciclismo. Ne fa parte anche Pogacar che verrà a provare questi muri. Lui riesce in tutto quello che fa, ma credo che i rivali più forti siano Van Aert e Asgreen».

La corsa italiana è servita per Van der Poel soprattutto a fugare gli ultimi dubbi e trovare la gamba
La corsa italiana è servita per Van der Poel a fugare gli ultimi dubbi

La schiena a posto

La bella notizia in questa parte del Belgio è che si torna a correre con il pubblico, così come lo mette di buon umore il fatto che la schiena dia meno fastidio.

«Quando vado in bicicletta – spiega – sono quasi indolore. Molto meglio che negli ultimi anni. Devo continuare a lavorarci su, faccio esercizi tutti i giorni, soprattutto di allungamento e per sciogliere i glutei, affinché la schiena sia sempre sotto controllo. Negli ultimi anni avevo trascurato questi esercizi, anche perché spesso dovevo cambiare disciplina e c’era poco tempo. Ha ragione Bartoli quando dice che facendo tante specialità c’è meno tempo per prendersi cura di se stessi. E’ la vera lezione che ho imparato da questa esperienza. Mi sento bene e corro per vincere. Se funzionerà è un’altra questione…».

L’accoglienza alla Coppi e Bartali è stata calorosa, ma Van der Poel pensava solo ad allenarsi
L’accoglienza alla Coppi e Bartali è stata calorosa, ma Van der Poel pensava solo ad allenarsi

Stasera primo verdetto

Saluta confermando che probabilmente correrà il Giro d’Italia e ribadendo che avere così tanto tempo per allenarsi è stato un lusso per lui inedito. Alle sue spalle le pareti a fioroni della stanza d’hotel rendono la scena un po’ impersonale. Ma in un paio di occasioni nel lampeggiare del suo sguardo è parso di vedere il Mathieu dei giorni migliori. Per il pubblico sulle strade, che lo ha visto brillare a Sanremo e vincere a Montecatini, presagio migliore non potrebbe esserci.

Con la schiena non si scherza: Fondriest lo sa bene. E Vdp?

28.01.2022
5 min
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Un bel mistero avvolge la ripresa di Van der Poel che ha lasciato il ciclocross per recuperare e dirigersi verso la stagione su strada. Non è stata ancora fissata alcuna data per il debutto. Mathieu ha subìto un intervento al ginocchio, per la conseguenza di una caduta in allenamento, e adesso sta facendo i suoi esercizi per rinforzare la schiena. Il pasticcio, se di pasticcio si è trattato, si è innescato probabilmente al momento di riprendere dopo la caduta di Tokyo.

Anche Van der Poel a Tokyo ha battuto il coccige: è mistero sul suo ritorno
Anche Van der Poel a Tokyo ha battuto il coccige: è mistero sul suo ritorno

L’esperienza di Fondriest

La schiena è una cosa seria. E così… masticando la storia dell’olandese della Alpecin-Fenix, siamo arrivati alla porta di Maurizio Fondriest (in apertura nell’inverno da campione del mondo), cui la schiena non trattata a dovere ha condizionato la carriera e che è per giunta anche un uomo immagine di Alpecin. Sono altri tempi e altre sono le conoscenze in materia, ma la schiena resta sempre una cosa seria.

«E’ davvero una cosa seria – sottolinea il trentino – che si innesca su eventuali predisposizioni dei singoli. Io ad esempio anche da piccolo avevo dei dolorini. Da militare facevo fatica a stare tanto in piedi. Diciamo che la schiena era la parte debole del mio corpo, ma i guai cominciarono nel 1988 quando caddi al Giro del Trentino e battei il coccige. Vai giù, batti forte, ci sta che il coccige faccia male. Ma ripartii e quell’anno vinsi anche il mondiale. Eppure l’anno dopo cominciarono i problemi, con un dolore fisso nella zona lombare. Sono cose che ricostruisci dopo, perché quando ci sei dentro non te ne rendi conto. Erano anche anni in cui non si faceva un gran lavoro su addominali e dorsali come oggi. Io andavo in bici d’estate e sciavo d’inverno. Mi era sempre bastato, per questo oggi ai miei ragazzi raccomando di lavorare bene in palestra…».

Mathieu, viene da chiedersi, lavora tanto in palestra oppure preferisce lavorare solo sulle sue bici da strada, da cross e sulla mountain bike? Il discorso va avanti, il ricordo prosegue.

Che cosa successe?

Nell’inverno del 1990 ero in vacanza in Messico e a saltare nelle onde presi il colpo della strega. Tornai in Italia piegato e iniziai la preparazione con la schiena in crisi. Pedalavo con un chiodo conficcato nel gluteo. Facevo stretching, mi allungavo, ma il dolore non diminuiva. Cavoli, mi dicevo, ho appena firmato con la Panasonic, non posso dirgli che sono malato. Ma proprio gli olandesi mi portarono da un osteopata.

Per fortuna…

Infatti le cose un po’ migliorarono. Poi andai da un fisioterapista in Belgio e quello trattò il gluteo e mi fece saltare dal dolore e si raccomandò che andassi regolarmente in palestra. E qui commisi l’errore fatale, ora posso dirlo.

Vale a dire?

Feci due giorni di esercizi e poi dissi basta. Non credetti che con quel lavoro specifico avrei risolto i miei problemi e sbagliai. Se il mal di schiena discende da un problema scheletrico, lavorando sui muscoli puoi rinforzare la zona. Oggi faccio 4 giorni a settimana di lavoro specifico, allora ero giovane e forte e pensai che ne sarebbero bastati due in tutto. Fu un errore, ma non c’era minimamente in giro la stessa competenza di oggi.

Van der Poel è rientrato nel cross senza aver sanato il problema alla schiena e ha dovuto fermarsi del tutto
Van der Poel è rientrato senza aver sanato il problema alla schiena e ora è fermo del tutto
A Mathieu può essere successa la stessa cosa?

Ho sentito in Alpecin, ma sono super abbottonati. Non so bene le origini del problema. Magari si tratta di altro. Però una cosa che vedo ancora spesso lavorando a contatto con gli atleti è voler riprendere subito dopo un incidente. Lui è ripartito subito su strada e poi nel cross, ma non è più stato lo stesso. Quando nel 1994 fui operato per un’ernia, sui giornali si parlò di recupero record, ma a cosa servì alla fine? Feci altri risultati per il mio carattere, ma continuai a fare danni al mio corpo.

Effettivamente la voglia di rientrare lo ha portato a correre nel cross e forse poteva farne a meno…

La foga di tornare si ritorce contro. Quando la schiena fa male, perdi anche forza nelle gambe. E poi mettiamoci che per il suo modo di correre, sempre così prepotente, se hai un minimo cedimento, rischi di pagarlo caro. Questi ragazzi, come Mathieu e lo stesso Van Aert, hanno un superfisico, ma a forza di insistere potrebbero pagarla. E’ bene che abbiano deciso di fermarlo per curare a dovere il recupero.

Sulla schiena di Van der Poel, lo sguardo del fisioterapista

07.01.2022
4 min
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Quando c’è di mezzo un fuoriclasse come Mathieu Van der Poel ogni notizia ha un’eco sconfinata. Figuriamoci se poi lui, campione in carica uscente, annuncia che non parteciperà al mondiale di ciclocross di Fayetteville negli Stati Uniti il prossimo 30 gennaio.

Il mal di schiena causato dalla clamorosa caduta all’inizio della prova olimpica di Mtb il 26 luglio non gli dà tregua. Da quel giorno è stato fermo fino al 12 settembre rientrando alla Antwerp Port Epic (vincendo) e disputando, non senza fastidio, altre quattro gare, chiuse il 3 ottobre col secondo posto alla Roubaix dietro Colbrelli. Poi altro lungo periodo di stop (forzato?) e ritorno in gara il 26 dicembre nella prova di coppa del mondo di ciclocross a Dendermonde concludendo secondo dietro Van Aert. Ventiquattro ore dopo, a Zolder nel Superprestige, il ritiro a metà gara e nuovi interrogativi sul suo stato di salute.

Nel finale di stagione Van der Poel è stato protagonista alla Roubaix, ammettendo di aver avuto mal di schiena
Nel finale di stagione Van der Poel è stato protagonista alla Roubaix

In questo lasso di tempo tutti si sono scatenati sulle sue condizioni, sulle relative diagnosi e cure per rivederlo senza più dolori. Noi abbiamo voluto sentire Maurizio Radi, fisioterapista e titolare della FisioRadi Medical Center di Pesaro (in cui è stato sviluppato il programma specifico “Scienza e Salute del ciclista”), che tra cestisti, calciatori e sciatori ha trattato tanti casi di infortuni. Gli abbiamo sottoposto le istantanee della caduta di Van der Poel per provare a capirne di più.

Maurizio, data la tua lunga esperienza ed osservando queste foto, che tipo di trauma potrebbe aver subìto?

A prima vista sembra una problema nella zona dorso-lombare o lombo-sacrale. In una botta così forte però bisogna considerare cosa avviene nella caduta come stress, se per un colpo diretto o in torsione. Il rachide può subire un trauma in compressione o in distorsione. Poi bisogna vedere se la bici ha fatto leva sul suo corpo. Comunque penso che quello che ad oggi gli dia fastidio sia una sofferenza discale, data per un’ernia o una protusione.  

Rivedendo la scena, Van der Poel pensava di trovare la pedana e invece nel salto sembra che finisca nel vuoto a corpo morto. Nelle conseguenze fisiche, può aver inciso essere stato impreparato mentalmente alla caduta?

Sicuramente sì. Se tu pensi di affrontare un tratto di percorso sapendo già cosa ti attende (VdP aveva fatto la ricognizione il giorno prima in cui c’era la passerella, ndr) ed invece ti viene a mancare il terreno sotto i piedi è normale che ti possa fare ancora più male. A lui è successo questo, non era pronto all’impatto. E’ atterrato senza poter fare nulla, anche se era obiettivamente difficile fare qualcosa per restare in piedi o cadere meglio. E’ ovvio che da un campione del genere non ti aspetteresti una distrazione simile ma può capitare anche ai migliori.

Il momento del drop, in cui Van der Poel si rende conto che la passerella non c’è
Il momento del drop, in cui Van der Poel si rende conto che la passerella non c’è
Dolore a parte e sempre dal punto di vista mentale, il suo recupero può essere rallentato proprio da questo aspetto?

Certo, è proprio un discorso che stavo per fare. Van der Poel è un grande atleta, ha vinto tanto, non gli è mai successo nulla di grave prima ma questo è il suo primo vero problema fisico. Il suo recupero non è più legato solamente all’infortunio, ma anche al lato emotivo. Adesso lui non deve allenarsi per vincere ma per tornare a star bene. Fisiologia e biologia vogliono il loro tempo, che permetta ai tessuti di recuperare, specialmente per un atleta di così alto livello che fa tante discipline.

Appunto, tra gli impegni di strada, Mtb e ciclocross e pressioni di sponsor, squadra o tifosi, immaginiamo che Van der Poel non abbia potuto svolgere un normale recupero…

Intanto va detto che lui ha corso su discipline in cui produce tre sforzi diversi, con sollecitazioni diverse che non gli hanno fatto bene. Senza contare anche le tre posizioni diverse sulle relative bici. Forse poteva evitare di preparare la stagione del cross. Hanno corso un rischio, ma tra i professionisti il rischio fa parte del mestiere. Non c’è una soluzione assoluta, difficile dire se abbiano fatto bene o male a farlo correre. Gli atleti di alto livello hanno tempi di recupero migliori di una persona normale e talvolta te ne accorgi solo quando vanno sul campo di gara sotto sforzo. In tutto questo però vorrei aggiungere una cosa.

La caduta è rovinosa e senza possibilità di proteggersi in alcun modo
La caduta è rovinosa e senza possibilità di proteggersi in alcun modo
Certo, quale?

Nella cassa di risonanza che ha avuto questa notizia, io sono più per sostenere ciò che ha fatto Van der Poel piuttosto che criticarlo come hanno fatto in tanti. Senza entrare nel merito, credo che il suo staff medico abbia seguito le strategie corrette, poi l’intoppo sta sempre dietro l’angolo.

Chiudendo Maurizio, ora lui cosa dovrebbe fare?

Non voglio dare terapie. Da appassionati di ciclismo ci dobbiamo aspettare solo che lui guarisca e che rientri solo quando starà veramente bene. La fretta spesso ti porta ad inseguire e sprecare più tempo del previsto. Van der Poel è ancora giovane, ha davanti a sé ancora dieci anni di attività. Meglio che perda qualche mese adesso piuttosto che compromettere la carriera.

Sbaragli, già a tutta, ci dice di VdP: «Fermato dal team»

06.01.2022
5 min
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Anche ieri Kristian Sbaragli si è sciroppato le sue buone cinque ore di allenamento, con tanto di lavori. Testa e gambe sono già in piena stagione. «Le sensazioni sono buone – dice il toscano – Sono riuscito a non inciampare nel Covid e per il momento è stato un inverno senza grossi intoppi. Tra qualche giorno ripartirò per il ritiro in Spagna con il team».

E con questo “senza grossi intoppi”, Kristian introduce l’argomento dell’articolo: lo stop di Mathieu Van der Poel. L’asso olandese della Alpecin-Fenix ha alzato bandiera bianca per i problemi alla schiena derivanti con ogni probabilità dalla caduta nella gara in mountain bike alle Olimpiadi, per colpa di una rampa in corrispondenza di un drop.

L’ormai celebre immagine che immortala VdP l’istante dopo la caduta nella gara olimpica di Mtb. Mathieu si toccò subito la schiena
L’immagine che immortala VdP dopo la caduta nella gara olimpica di Mtb
Kristian, dopo i giochi di Tokyo Van der Poel non aveva dato segnali di tali problemi?

Problemi alla schiena in modo esplicito direi di no, perché comunque dopo Tokyo ha continuato a lavorare molto. Si era a stagione iniziata e con la sua classe e la super condizione che aveva, non ha avvertito eventuali problematiche. In più lui stava puntando a gare di un giorno, come il mondiale e la Roubaix, in cui è andato molto forte e non ha fatto corse a tappe dopo i Giochi.

E’ cambiato tutto dopo…

Quando ha ripreso la stagione del cross evidentemente si è presentato questo problema che non aveva risolto del tutto. All’inizio magari non gli ha dato fastidio, ma poi aumentando gli allenamenti e iniziando le gare è esploso. Meglio sacrificare comunque una stagione di ciclocross, che il resto della stagione su strada e forse della carriera.

Eppure, dal vostro primo ritiro, ci giungevano voci di un Van der Poel pimpante, anche pronto a far volate in allenamento coi compagni…

Io penso che Mathieu sia molto estroverso. Gli piace divertirsi in bici, pertanto, anzi sono sicuro, che la decisione di fermarsi gli sia stata imposta dalla squadra. Che sia stata più una scelta del team che non sua. Non ci ho ancora parlato in modo diretto, anche perché credo sia un momento poco felice per lui, ma conoscendolo soffrirà per non poter difendere il titolo mondiale nel cross. Se lo staff medico lo ha fermato è perché bisognava fare così. Lui avrebbe dato il 110% per provare a difendere il titolo e magari avrebbe fatto peggio.

Quindi anche in Spagna non ha dato nessun segnale che potesse far pensare ad un problema in corso…

Nessun problema, ma l’allenamento è una cosa e le gare sono un’altra. Oggi il livello anche nel cross è molto alto, soprattutto con un Van Aert in questa condizione.

Nel ritiro della Alpecin a Mallorca, Van der Poel è sembrato pimpante e anche Sbaragli è dello stesso avviso (foto Alpecin)
Ritiro Alpecin Fenix Mallorca, Mathieu Van der Poel (foto Alpecin)
In Spagna Mathieu ha lavorato solo con la bici da strada?

No, anche con altre bici. Eravamo divisi, anche per il discorso delle bolle anticovid, in tre gruppi. Mathieu era in quello in cui c’erano anche i crossisti e i biker. Loro alcune volte facevano le uscite su strada, delle doppie uscite strada e cross, altre volte si allenavano con la bici da cross sulla spiaggia ed altre ancora correvano a piedi. E correvano soprattutto coloro che sono meno specialisti, che approfittano dell’inverno per riprendere un po’ l’attitudine con la corsa a piedi, visto che nel resto della stagione questa viene un po’ abbandonata.

E per te non potrebbe aver accusato anche questo passaggio?

No – replica Sbaragli con tono deciso – questa nuova generazione di atleti non ha problemi a passare da una disciplina all’altra. Penso a Mathieu ma anche a Pidcock, per esempio. Per loro è naturale, sono cresciuti così. Siamo noi della “vecchia scuola” che non abbiamo questa mentalità per concepire tutto ciò. Semmai, lui aveva già questo infortunio e il dolore è venuto fuori in questa nuova situazione di allenamento. E’ emerso 3-4 mesi dopo.

Sbaragli lavora sodo. Il toscano tiene bene anche in salita. lo stop di VdP potrebbe concedergli più spazio ad inizio stagione
Sbaragli lavora sodo. Il toscano tiene bene anche in salita. lo stop di VdP potrebbe concedergli più spazio ad inizio stagione
Cosa succede adesso nel team?

Credo che il morale sia basso in generale. Il ciclocrossa è una parte fondamentale per la nostra squadra, ma sono convinto che questa decisione darà i suoi frutti fra due mesi, quando la stagione della strada entrerà nel vivo.

E per te, Kristian, cambierà qualcosa con l’assenza di Van der Poel o con un suo ritardo di condizione? In fin dei conti sei un velocista sui generis, visto che tieni molto di più della media in salita. Potresti esserne il sostituto…

Bisogna vedere come sarà impostata la stagione e se cambieranno i programmi del team. Io ho il mio ruolo, magari ci saranno situazioni in cui sarò più libero, ma per me l’importante è andare forte per essere al fianco di Mathieu. Quello è il mio obiettivo principale: essere di supporto a lui nei finali di gara. Ripeto, se senza di lui cambieranno le carte in tavola vedremo, ma da parte mia la prima cosa a cui penso è al suo ritorno. E credo che lo stop sia stato deciso per tutelare la stagione su strada al 100% ed essere pronti per la Sanremo.

Tu quando esordirai?

Intanto speriamo che non accada come l’anno scorso che saltino le gare all’ultimo minuto. Un anno fa dovevo esordire alla Valenciana e fu cancellata a quarantotto ore dal via. Se tutto è confermato quest’anno dovrei iniziare al Saudi Tour dall’1 al 5 febbraio.

VDP Antwerpen 2021

Van Der Poel ai Mondiali? Sta progettando qualcosa…

15.09.2021
4 min
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Certe volte bisogna andare oltre il dolore, oltre i segnali che dà il proprio corpo, ma ciò comporta rischi e quindi la scelta è difficile. Una scelta che nelle prossime ore Mathieu Van Der Poel dovrà necessariamente fare: essere o non essere ai Mondiali di Leuven? Fino alla scorsa settimana molti si chiedevano che fine avesse fatto , praticamente scomparso dalla rovinosa caduta nella gara di Mtb dei Giochi Olimpici di Tokyo, poi l’iridato di ciclocross è ricomparso all’Antwerp Port Epic facendo la cosa che gli riesce meglio: vincere.

Un successo di peso, non tanto per il valore della gara quanto perché gli ha ridato fiducia per la sua presenza nella rassegna iridata: da tempo Van Der Poel è alle prese con dolori alla schiena e la sua presenza nella corsa belga era un test proprio per verificare le sue condizioni fisiche, interpretato come se fosse una grande classica: «Dovevo testarmi, dovevo capire – ha dichiarato al sito olandese Wielerflits – dovevo stressare la mia schiena al massimo per vedere a che punto sono in questo momento, ma la vittoria non ha sciolto tutti i miei dubbi».

VDP Tokyo 2021
L’ormai famosa caduta di Van Der Poel a Tokyo: tanto si è discusso del suo errore di guida in un passaggio tra i più tecnici
VDP Tokyo 2021
L’ormai famosa caduta di Van Der Poel a Tokyo: tanto si è discusso del suo errore di guida in un passaggio tra i più tecnici

Van der Poel e il mirino sulla Roubaix

Eppure il suo successo era stato “alla sua maniera”, con un attacco sul pavé (nella foto di apertura) al quale aveva retto solo il connazionale Taco Van Der Hoorn (Intermarché Wanty Gobert), battuto poi allo sprint. Il pavé, già, perché Van Der Poel ha messo da tempo nel suo mirino la straordinaria Parigi-Roubaix di ottobre, gli piacerebbe molto aggiungerla alla sua collezione considerandola ideale per le sue caratteristiche di corridore multidisciplinare, se non ci fosse quella schiena…

Le ore dopo la vittoria di Anversa non sono state le più piacevoli: i dolori sono aumentati, ma Van Der Poel continua ad allenarsi, e tanto. Nel weekend ha in programma altre due corse del calendario belga e per questo i suoi allenamenti sono saliti d’intensità: «Stiamo mettendo più qualità negli allenamenti – ha spiegato il suo diesse Christoph Roodhooft a Het Laaste Nieuws – d’altronde rispetto agli altri Mathieu ha meno ore e chilometri nelle gambe, ma è un gap che non possiamo recuperare ora. Io comunque, fossi nel cittì Koos Moerenhout, VDP lo convocherei, per poi decidere last minute».

VDP Alpecin 2021
Per VDP contratto rinnovato con l’Alpecin Fenix fino al 2025, pensando già a Parigi 2024
VDP Alpecin 2021
Per VDP contratto rinnovato con l’Alpecin Fenix fino al 2025, pensando già a Parigi 2024

Il bel ricordo di Ostenda…

Diciamo la verità: un altro avrebbe già gettato la spugna. I rischi come detto sono alti, anche perché l’origine dei dolori sembra essere stata identificata in un’ernia del disco con versamento di liquido fra due vertebre. Un problema che andrà comunque risolto il che significa che a qualcosa bisognerà rinunciare (la stagione di ciclocross?). Perché allora tanta perseveranza nel trascorrere ore in bici, soffrire nel vero senso della parola?

Al di là delle ambizioni dell’olandese nella Roubaix (che per chi soffre alla schiena non è certo la corsa ideale da affrontare…), a VDP punge vaghezza di tirare un altro scherzetto al suo eterno rivale Van Aert, sfidandolo sul suo terreno, ai Mondiali di Leuven del 26 settembre. In fin dei conti, quest’anno gli è già riuscito il colpo “in trasferta”, sgretolando le ambizioni del campione della Jumbo Visma ai Mondiali di ciclocross a Ostenda quand’era proprio Van Aert il favorito dopo le gare precedenti. Perché non fare lo stesso a Leuven?

VDP Ostenda 2021
Van der Poel e Van Aert ai Mondiali di ciclocross di Ostenda. Vinse l’olandese, ora vuole ripetersi su strada
VDP Ostenda 2021
Van der Poel e Van Aert ai Mondiali di ciclocross di Ostenda. Vinse l’olandese, ora vuole ripetersi su strada

Il sogno delle tre maglie

E’ anche vero però che non è un Mondiale semplice, conoscendo il suo percorso. Per questo Van der Poel si sta mettendo alla prova proprio in Belgio, su quelle strade: le due sfide del fine settimana (prima la Primus Classic, corsa del calendario Pro piuttosto impegnativa, poi il Gooikes Pijl più per velocisti) serviranno a mettere chilometri nelle gambe e capire come reagirà il corpo in impegni ravvicinati, ma VDP potrebbe allungare i suoi impegni agonistici fino a martedì, gareggiando nel GP Denain che ha una conformazione che più si avvicina alla Roubaix visto l’alto numero di chilometri sul pavé.

Intanto il figlio d’arte ha messo un punto al suo immediato futuro, rinnovando con l’Alpecin Fenix fino al 2025 chiudendo la porta a tutte le voci che lo davano in partenza per un team del World Tour. Nel team belga, al di là dell’aspetto economico, VDP ha la massima libertà nelle sue scelte e soprattutto appoggio in condizionato a quello che è il grande obiettivo della sua carriera: essere campione del mondo in tre discipline diverse. «Fino a Parigi 2024 è certo che continuerà a dividermi fra strada, ciclocross e Mtb, voglio essere il migliore dappertutto». Nessuno in campo maschile c’è riuscito, non così fra le donne, dove anzi la francese Pauline Ferrand Prevot ha saputo essere in possesso contemporaneamente di tutte e tre le maglie iridate.

Van der Poel fermato dalla schiena? Problema serio

01.09.2021
3 min
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Molti ciclisti professionisti sono caduti preda del mal di schiena, una patologia che causa molto dolore e che può portare anche all’interruzione dell’attività agonistica per periodi abbastanza lunghi, se non curata in tempo. Da Pinot a Bernal, passando, infine, per Van Der Poel (che ci è anche caduto sopra e rischia un lungo stop): tutti sono colpiti da dolori alla schiena.

Abbiamo interpellato il dottor Massimo Besnati, medico della nazionale italiana, per capire le cause di queste patologie. Non tutte sono uguali e le cause vanno ricercate un po’ ovunque, ecco cosa abbiamo scoperto.

Il massaggio alla schiena consente di scaricare molte tensioni ed è anche preventivo (foto Andrea Righeschi)
Il massaggio alla schiena consente di scaricare molte tensioni ed è anche preventivo (foto Andrea Righeschi)
Dottore, i tre atleti sopra citati hanno sofferto di mal di schiena, ma le cause sono diverse immaginiamo…

Assolutamente, bisogna fare una distinzione tra chi corre su strada e chi corre su terreni sconnessi, come Mtb o ciclocross. La superficie su cui si pedala influenza notevolmente la risposta del fisico. Per esempio: dopo una Roubaix il 98 per cento dei corridori soffre di mal di braccia e dolori cervicali, in una corsa su strada invece i corridori che soffrono per un problema di questo tipo sono pochissimi. Si contano sulle dita di una mano.

Come si può curare o evitare il mal di schiena?

Partiamo con l’evitare, quindi la prevenzione. Lo studio del soggetto è fondamentale, bisogna capire se l’atleta è portato ad avere disturbi o patologie anche senza effettuare attività fisica. Il passo successivo passa per il posizionamento biomeccanico e la messa in sella. Come dico spesso è la bici che si deve adattare all’atleta e non viceversa.

Una volta in corsa, invece, come si agisce?

C’è ancora una parte decisiva, legata alla biomeccanica, ovvero la pedalata. Se un atleta tende ad accompagnare con il busto ogni singola pedalata andrà ad affaticare oltremodo la schiena, questo però è legato anche alle abitudini dei singoli. E’ difficile cambiarle, si possono però prevenire.

Gli allenamenti del core zone non andrebbero mai abbandonati, neanche in piena stagione
Gli allenamenti del core zone non andrebbero mai abbandonati, neanche in piena stagione
E come?

Per tutti i ciclisti è fondamentale la fase di stretching dopo l’attività fisica. Generalmente si fa del defaticamento sui rulli e poi in pullman si prosegue con delle estensioni. Queste servono ad allungare la muscolatura compressa durante lo sforzo.

Invece per quanto riguarda le attività di supporto? Come il rafforzamento in palestra?

Non serve ammazzarsi di pesi, la cosa migliore è allenare il core che è l’insieme della muscolatura interessata alla specifica pratica sportiva, quindi schiena, spalle, addominali e braccia. Si tratta di stimolare quelli che sono i punti di sostegno.

Per quanto riguarda invece la doppia disciplina, quali sono le accortezze da attuare?

Qui è diverso, come detto all’inizio. Il tipo di terreno su cui si corre influisce su quelli che possono essere disturbi muscolari. Chi pratica la doppia disciplina, come Van Der Poel, deve avere sempre un periodo di transizione da strada e sterrato e viceversa. Si tratta di due o tre settimane in cui l’atleta deve far adattare il proprio fisico a quel determinato sforzo, quindi, non deve correre ma allenarsi a ritmi più blandi per permettere questo adattamento.

Ma questo periodo di transizione dovrà farlo sempre?

Sì, non importa quanto sei forte e allenato. Anzi più passano gli anni, più sarà necessario. Ora il corridore (Van Der Poel, ndr) è giovane, ma andando avanti con gli anni perderà la capacità elastica dei muscoli.

Martinelli, un mal di schiena da… eccesso di velocità

07.04.2021
3 min
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Un post di Davide Martinelli su Instagram dopo Harelbeke ha un po’ scosso i tifosi di ciclismo. Tradito dalla schiena, il bresciano è stato costretto ad abbandonare le corse del Nord, rinunciando alla Gand e poi anche al Fiandre. Alla fine però il dio del ciclismo gli ha voluto bene e ha portato al rinvio della Roubaix, che fra le tante sarebbe stata la sua preferita. Così Davide ha riposto i sogni, ha alzato bandiera bianca con meno rammarico, si è sottoposto a una serie di terapie e poi finalmente è tornato in bicicletta. Ma il risvolto insolito dei suoi acciacchi è che il dolore alla schiena è stato provocato dalla Milano-Sanremo.

«Da quelle sette ore con le mani basse sul manubrio – racconta – a una velocità altissima. Complice il vento a favore, abbiamo fatto i 45 di media. E a forza di stare giù bassi, tutti gli osteopati che ho sentito e anche i medici mi hanno parlato di infiammazione del nervo toracico lungo, che provoca dolore all’altezza della scapola».

Ritirato dopo Harelbeke. con il dolore alla schiena
Ritirato dopo Harelbeke. con il dolore alla schiena

Resa ad Harelbeke

Quando senti parlare un corridore di mal di schiena, immagini le vertebre lombari e il classico dolore da sovraccarico, invece il caso di Martinelli è diverso, ma di certo il dolore non è stato per questo minore.

«Ho fatto la Tirreno – dice – come prima corsa a tappe dell’anno, a causa delle cancellazioni in Spagna e qualcosa mi è mancato. Alla Sanremo, a parte il problema alla schiena, mi sono ritrovato in finale con le forse un po’ troppo giuste, perché la Tirreno l’abbiamo corsa fortissimo e forse non è stata la miglior preparazione per la Sanremo e quello che veniva dopo. Ugualmente sono arrivato a De Panne in buone condizioni, tanto che nel finale ho anche provato un attacco. Però fino a quel punto sentivo qualche dolorino, ma niente di preoccupante. Del resto fra la Sanremo e le prime corse in Belgio, avevo fatto solo scarico e quando fai due ore al massimo, i problemi non vengono fuori. Invece ad Harelbeke dopo 100 chilometri ho dovuto fermarmi».

Dal 2020, Davide è all’Astana, dopo i primi 4 anni nel gruppo Quick Step
Dal 2020, Davide è all’Astana, dopo i primi 4 anni nel gruppo Quick Step

Tecar e fisio

Il rimedio, dopo una prima fase senza bici, ha visto il ricorso alla Tecar e a svariate sedute di fisioterapia.

«Ora sembra tutto in via di risoluzione – racconta – e ho ripreso ad allenarmi abbastanza bene. Devo ammettere che è stato brutto vedere in televisione il Fiandre e prima ancora la Gand-Wevelgem. Quei ventagli sarebbero stati un momento bellissimo in cui buttarsi cercando di combinare qualcosa. E poi mi sarebbe piaciuto dare man forte alla mia squadra, perché senza vari corridori infortunati, la mia presenza avrebbe aiutato l’Astana a uscirne meglio. Ma ora c’è una stagione da reinventare, non si può aspettare la Roubaix di fine anno, spero di trovare le occasioni per fare la mia parte e ottenere semmai qualche risultato anche per me».