Thomas, la fuga giusta. E su Pogacar, Damiani si schiera

08.05.2024
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«Ragazzi – dice Damiani durante la riunione del mattino – guardate l’altimetria della tappa. Non è scritto da nessuna parte che si debba arrivare in volata».

Ben Thomas sta osservando proprio il profilo della Genova-Lucca e annuisce. Sul pullman della Cofidis si ragiona ad alta voce. Non hanno un velocista all’altezza di Milan e degli altri, perciò ogni tappa vagamente mossa può offrire il pretesto per un attacco. E quando i corridori scendono per andare alla partenza, hanno fatto loro un concetto espresso dal direttore sportivo lombardo. Il ciclismo non è matematica: se sei un velocista buonino, ma evidentemente battuto, devi provare a fare qualcosa di diverso. Sei corridori su otto della squadra francese andranno in fuga e la strategia paga. A 28 anni compiuti, Benjamin Thomas ha vinto la tappa, cogliendo la vittoria più bella su strada. Su pista invece il francese è una star e di questo si accorge Valgren, quando lo vede sprintare da seduto come nella volata finale di una madison».

«Prima è andato in fuga Getschke – racconta Damiani, che questa squadra l’ha assortita proprio per attaccare – però l’hanno ripreso. Sapevano che se ci fossero stati altri attacchi, avrebbero dovuto seguirli. Invece la seconda volta è stato proprio Benjamin ad attaccare. Aveva bisogno di ritrovarsi, anche mentalmente. L’anno scorso ha avuto una stagione abbastanza dura, soprattutto verso la fine tra pista e strada. Invece un paio di giorni fa dopo la tappa mi ha detto: “Lo sai che oggi mi sono proprio divertito?”. E io gli ho risposto che quello era un segnale incredibilmente bello e l’ho detto anche in riunione».

La Alpecin è la squadra che più ha lavorato nell’inseguimento, le altre sono mancate
La Alpecin è la squadra che più ha lavorato nell’inseguimento, le altre sono mancate

Chi vince non sbaglia

L’altimetria parlava del Passo del Bracco e di Montemagno a ridosso del finale, ma è palese che fra le squadre dei velocisti qualcuno abbia preso una cantonata. Soltanto la Alpecin-Deceuninck ha provato a lavorare di squadra e Damiani torna sul discorso ripartendo da un concetto appena esposto nell’intervista flash della RAI dopo l’arrivo.

«Chi vince ha fatto tutto bene, chi perde ha fatto degli errori. Qui al Giro – spiega Damiani – ci sono 3-4 squadre con dei velocisti che possono vincere tutti i giorni. Ma secondo me una aspetta sempre un po’ di più l’altra. Oggi, come dicevamo, la Alpecin si è spesa di più, poi la Soudal e la Lidl-Trek, ma hanno messo un solo uomo e solo quando si sono resi conto che la fuga gli stava facendo le scarpe. Avevamo studiato bene gli ultimi 5 chilometri per entrare in città, con il pezzettino di pavé, la curva a sinistra e la curva destra. In quei tratti sicuramente è più vantaggiosa la situazione di chi è in fuga e poi erano dei bei pedalatori. Quando c’è una fuga, devi valutare anche chi c’è dentro».

Pietrobon ha collaborato per buona parte della fuga, poi ha tentato il colpaccio nel finale
Pietrobon ha collaborato per buona parte della fuga, poi ha tentato il colpaccio nel finale

L’effetto domino

Per la Cofidis la ruota è girata e adesso si attende l’effetto domino che nel Tour dello scorso anno mise le ali ai piedi a tutti i ragazzi del team. Per cui alla vittoria di Lafay fece seguito a breve quella di Izagirre.

«Certo che si riprova – sorride Damiani – assolutamente, però con la serenità di avere già una vittoria in tasca. La vittoria di Ben sarà una bella spinta, perché è uno dei leader della squadra. In ogni meeting, lui entra con personalità, con estrema educazione, però tira fuori quello che ha in testa. E’ uno che studia molto i finali, è un bell’uomo squadra, non solo quello che ascolta in silenzio. Sul pullman è uno di quelli che aveva valutato meglio la tappa. Perciò è stato lui a proporre di mettere un corridore vicino ad Aniołkowski per salvare il velocista e poi tutti all’attacco, mentre gli altri sei avrebbero provato».

Dopo l’arrivo, Thomas sfinito dalla fatica e dall’emozione
Dopo l’arrivo, Thomas sfinito dalla fatica e dall’emozione

Il fantasma di Carcassonne

Thomas arriva dopo i tanti rituali del dopo tappa. Dopo l’arrivo si è seduto per terra, ancora incredulo. Quando sono arrivati i compagni lo hanno sollevato di peso per abbracciarlo come si deve.

«Vivo in Italia da sette anni – dice – e sono felice di aver ottenuto la mia prima grande vittoria su strada qui. Onestamente, mi ero segnato alcune tappe in cui attaccare, ma non questa. Ho seguito il mio istinto e ho chiesto in gruppo se qualcuno voleva seguire la mia azione. Valgren era pronto, così come Paleni. Abbiamo interpretato l’azione come fosse un inseguimento a squadre su pista, ci siamo dati cambi regolari, ma non credevo che ce l’avremmo fatta. Quando siamo entrati nel ciottolato a 3 chilometri dall’arrivo, ho pensato che avremmo potuto giocarci la vittoria. Nel ciclismo mi piace giocare, altrimenti avrei già smesso. All’arrivo il mio gesto era un omaggio alla canzone ‘Zitti e buoni’ dei Maneskin. E’ il primo successo stagionale del mio team, è stato bello vederli tutti felici all’arrivo».

Ben vive a Desenzano con la compagna Martina Alzini. Proprio di recente li avevamo incontrati perché raccontassero la bici Look del team e ci avevano dato l’idea di una coppia davvero spensierata nella condivisione della comune passione per il ciclismo. Martina è passata a salutarlo al via da Novara, con sui padre e sua nonna, mentre oggi non c’era.

Questa volta la UAE Emirates si è disinteressata della fuga e dell’inseguimento
Questa volta la UAE Emirates si è disinteressata della fuga e dell’inseguimento

Benedetto sia Pogacar

Il Giro riparte domani per la tappa sugli sterrati di Rapolano che potrebbe mettere nuovamente le ali ai piedi di Pogacar. Sul suo allungo nel finale di Fossano si è detto tanto, i social sono impazziti. Eppure su questo Damiani ha una posizione a parte.

«Se Pogacar si sente di fare così – dice Damiani – non saranno le critiche a fermarlo. Da direttore sportivo non gli direi mai di attaccare in un arrivo come quello di Fossano, però probabilmente lui segue molto l’istinto e sono convinto che, se uno ha una buona condizione, non è la menata di Fossano che gli fa perdere il Giro. Poi ci saranno i soliti benpensanti, che conoscono tutto il ciclismo. E se per caso vince il Giro e fa secondo al Tour, diranno che è stato per lo scatto di Fossano. Io non sono qui per vincere il Giro, ma le tappe. La penserei allo stesso modo se oggi fosse uscito dal gruppo e avesse ripreso Thomas vincendo al posto suo? Non l’ha fatto e nemmeno a Fossano è uscito per andare a prendere una fuga. E’ partito seguendo un attacco, è diverso.

Oggi Pogacar ha lasciato fare: sta già pensando agli sterrati di Rapolano?
Oggi Pogacar ha lasciato fare: sta già pensando agli sterrati di Rapolano?

Come Bocca di Rosa

«Non sarei stato felice – conclude Damiani – se oggi avesse messo la sua squadra a chiudere sulla fuga, in una tappa per velocisti. Invece in maniera intelligente ha lasciato spazio, pensando forse a domani, ma certo anche alla crono e a Prati di Tivo. A me sinceramente non pare che faccia niente di disdicevole. E’ un campione, uno che quando sente il profumo di vittoria va a cercarla, bello che sia così. Abbiamo martellato per anni tutti quei campioni calcolatori che facevano solo il Giro o solo il Tour e adesso ce la prendiamo con questo che vince le classiche e poi viene a vincere il Giro? Chapeau a lui. Sinceramente non lo conosco, probabilmente gli ho detto tre volte ciao, però tanto di cappello. Quando sento queste cose, mi sembra di sentire la canzone Bocca di Rosa di De André. Sul fatto che è bello e vince, mentre agli altri non restano che i commenti. E’ meglio un Giro con lui da solo oppure un Giro di piccoli calibri che se le danno fra loro?».

De Pretto, la prima vittoria da under 23 cambia il morale

09.03.2022
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Davide De Pretto ha la voce decisa di chi ha già bene in testa quali sono i suoi obiettivi e ha già tracciato la strada per raggiungerli. Il primo anno da under 23 lo ha corso con la maglia Beltrami TSA Tre Colli, mentre quest’anno si è accasato alla Zalf Euromobil Desirée Fior. “Accasarsi” è forse il termine giusto se si considera che Davide abita a Piovene di Rocchette, nel cuore del territorio contraddistinto dai colori della Zalf. 

De Pretto ha corso la sua prima stagione da under 23 in maglia Beltrami, qui in maglia bianca al Giro del Veneto del 2021
De Pretto ha corso la sua prima stagione da U23 in maglia Beltrami, qui in maglia bianca al Giro del Veneto del 2021

Maggiore comodità

«Il cambio di squadra – inizia Davide – non è dovuto al fatto che non mi trovassi bene, ma da una questione prettamente logistica. Abitando lontano dalla squadra (Beltrami, ndr) mi allenavo sempre da solo e anche alle gare andavo sempre in solitaria. Ho preferito venire alla Zalf perché ho la possibilità di allenarmi quasi tutti i giorni con i compagni che abitano vicino a me: Cattelan, Raccani, Zurlo, Guerra, Faresin… Quando facciamo il lungo si uniscono a noi anche i ragazzi che vivono un po’ più lontano».

Durante i ritiri invernali Davide ha avuto modo di conoscere i compagni creando il feeling giusto, qui è il primo a destra (foto Scanferla)
Durante i ritiri invernali Davide ha avuto modo di conoscere i compagni creando il feeling giusto (foto Scanferla)

La prima vittoria

A Lucca, domenica 6 marzo, mentre prendeva il via la Parigi-Nizza, Davide De Pretto ha colto la sua prima vittoria tra gli under 23 al Memorial Mauro Dinucci (foto Scanferla in apertura). La seconda in stagione per la Zalf dopo quella firmata da Guzzo alla Firenze-Empoli.

«Ci voleva – esclama De Pretto – avevo proprio bisogno di una vittoria per iniziare la nuova avventura. Ora che mi sono tolto questo pensiero dalla testa mi sento più sollevato e pronto a lavorare senza troppi pensieri. Ho passato un buon inverno ed il lavoro con la squadra mi è servito molto. Abbiamo fatto ben tre ritiri e le sensazioni nei giorni scorsi erano buone, non mi aspettavo la vittoria. I miei obiettivi a breve termine erano, e rimangono, le gare internazionali: San Vendemiano, Piva e Belvedere».

Davide De Pretto ha corso fino al 2019 nel cross, conquistando per tre volte la maglia tricolore
Davide De Pretto ha corso fino al 2019 nel cross, conquistando per tre volte la maglia tricolore

Ciclocross ormai lontano

Davide De Pretto, negli anni fino alla categoria juniores, si è sempre messo in bella mostra anche nel fango. Il ciclocross è stata una disciplina nella quale si è contraddistinto in maniera positiva ottenendo ottimi risultati. Per il secondo anno di fila non ha inforcato la bici da ciclocross, verrebbe da chiedersi come mai.

«Con i diesse della Zalf non ne ho parlato – risponde – anche perché io stesso preferisco concentrarmi sulla strada. Voglio impegnarmi per ottenere buoni risultati anche qui, non so poi cosa farò il prossimo inverno».

Le stesse parole le aveva dette all’inizio della scorsa stagione. Questo suo continuo “rimandare” sembra nascondere una poca volontà di riprendere questa disciplina e ciò un po’ dispiace visto il grande talento e dall’altro fa pensare a quali grandi margini abbia su strada.

Carlotta Fondriest, una bella scommessa da raccontare

31.01.2022
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Nel suo DNA ci sono sicuramente cromosomi e geni del ciclismo, ma lei la bici l’ha scoperta solo nel 2019. Giusto un paio di giri poi nulla, fino ad inizio dell’anno successivo quando, complice il lockdown causato dal Covid, è esplosa definitivamente la passione. Ed ora Carlotta Fondriest – figlia di Maurizio – cerca di farne un lavoro grazie all’ingaggio nell’Aromitalia-Basso Bikes-Vaiano

«Sono molto orgogliosa del salto che ho fatto nell’ultimo periodo – racconta la trentina che ha compiuto 25 anni lo scorso 2 gennaio, laureata in fisioterapia e che vive a Lucca da un anno – ma da qui a dire che sono una ciclista professionista ce ne passa ancora tanto».

La montagna è la passione di famiglia, anche se adesso Carlotta vive in Toscana (foto Facebook)
La montagna è la passione di famiglia, anche se adesso Carlotta vive in Toscana (foto Facebook)

Chiamata meritata

Qualche giorno fa il suo diesse Matteo Ferrari ce l’aveva descritta come una ragazza che si era meritata questa chiamata. Una scommessa, come ce ne sono tante nel ciclismo femminile. Solo il tempo dirà se sarà vinta o meno, di certo la Fondriest vuole giocarsi al massimo le proprie possibilità a fronte di alcune giovani che pedalano da sempre e che forse danno per scontato troppe cose senza sfruttare a dovere le proprie occasioni.

Quando la contattiamo per conoscere meglio la sua storia, il trillo del suo telefono ci fa capire che è all’estero. La troviamo in Spagna a Calpe… aggregata al ritiro della Novo Nordisk, team professional di cui il suo fidanzato Giovanni Stefania è il preparatore atletico. Un bel modo per fare la gamba.

Carlotta ha iniziato a pedalare quasi per caso, seguendo papà Maurizio in uno dei suoi stage alle Canarie (foto Facebook)
Carlotta ha iniziato a pedalare per caso, seguendo papà Maurizio alle Canarie (foto Facebook)
Carlotta, questo rapporto con la bici come è sbocciato?

Tre anni fa. Avevo seguito alle Canarie mio padre che faceva da guida ad alcuni amatori. Mi ero fatta prestare una bici per 2/3 giorni per uscire con loro. Avevo staccato solo quelli meno allenati. Poi mai più usata fino ad inizio 2020. Quando hanno chiuso tutto, pedalavo quasi ogni giorno per massimo due ore sulle varie piattaforme. E quando è finito il lockdown ho fatto tante ore su strada, anche prima di andare al lavoro. Un weekend, mentre facevo un tirocinio a Negrar, andai a trovare una mia amica a Vicenza in bici. Centocinquanta chilometri con tremila metri di dislivello all’andata e stessa cosa al ritorno. Ma non erano allenamenti come quelli che ho iniziato a fare nell’ultimo anno.

Tuo padre ha influito in questa scelta?

No, benché io lo vedessi come il mio idolo. Non mi ha mai forzato. Forse perché conosce bene le difficoltà di questo sport e perché fino a 14 anni ho fatto pattinaggio artistico su ghiaccio. Quando ho smesso ho continuato a fare sport tra danza e atletica, solo per tenermi in forma. Poi credevo che il ciclismo fosse molto maschile. Mi sbagliavo. Ho scoperto da vicino che la ciclista è una bella immagine.

Il tuo cognome pensi che possa crearti qualche pressione?

Non credo, io la vivo con molta serenità questa situazione. La vedo come una sfida con me stessa, anche perché, forse vedendo mio padre, mi è sempre piaciuto fare la vita da atleta. E saper gestire questa pressione.

Incontri in allenamento sulle strade toscane: qui con Michele Bartoli
Incontri in allenamento sulle strade toscane: qui con Michele Bartoli
Il 2021 è stata la tua prima stagione da elite disputando qualche gara. Come è andata?

Con tanti alti e bassi, chiaramente. Ero tesserata con la Open Cycling Team, squadra in cui il mio moroso faceva il diesse e in cui c’era anche Vittoria Bussi. La mia prima gara in assoluto è stata quella di Montignoso, che quest’anno è diventata internazionale. Nella prima ora e mezza di corsa sono sempre stata davanti. Ma non sapevo gestirmi, non avevo mangiato e bevuto nulla. E per questo motivo, all’inizio della salita, mi sono toccata con un’altra ragazza e sono caduta. Poi ho corso altre gare open ed il campionato italiano in Puglia dove ho visto da vicino super atlete come Longo Borghini, Cavalli e tante altre. Infine ho fatto il Giro di Campania a novembre dove volevo farmi notare.

E’ stata in quell’occasione che è nato il contatto col Vaiano?

No, in realtà molto prima. Giovanni conosce bene Paolo Baldi (rispettivamente il suo fidanzato ed il diesse del Vaiano, ndr) e gli aveva fatto vedere qualche mio test, così per curiosità. Da lì mi hanno tenuto sott’occhio, mi hanno dato appoggio e supporto durante le gare open. Ed ora sono pronta a dare il meglio in questa avventura con loro. Voglio fare un ulteriore salto di qualità.

In ottima compagnia, con Camargo e Arroyave: due promesse della EF Education
In ottima compagnia, con Camargo e Arroyave: due promesse della EF Education
Immaginiamo che dovrai fare esperienza su tanti aspetti.

Certo. Le performance atletiche sono fondamentali ma anche cosiddette skill tecniche sono importantissime. Stare in gruppo, prendere le borracce dalla ammiraglia oppure essere più fluida in discesa. O ancora saper gestire la concentrazione durante la gara. L’anno scorso consumavo troppe energie per restare attenta e mi scordavo di alimentarmi.

E gli sforzi, che saranno maggiori rispetto all’anno scorso, ti spaventano?

No, l’impegno fisico non mi ha mai fatto paura. So che in questo sport devi essere convinto altrimenti non sali in bici per fare fatica. Per me correre è un sogno. Ora sono tranquilla perché ho qualche sicurezza in più per poterlo fare. Odio i talenti sprecati sia a scuola, sia nel lavoro che nello sport. Credo che la costanza e l’impegno paghino sempre. La maturazione in questi casi è essenziale.

Quali sono le tue caratteristiche?

Chi lo sa? Devo scoprirle anch’io (ride, ndr). Sono piccolina, quindi in teoria dovrei andare bene in salita. In pratica, allenandomi attorno a casa, mi piacciono gli strappi. Non so, mio padre dice che sono simile a lui, anche se siamo diversi fisicamente (sorride ancora, ndr).

Il suo compagno Giovanni Stefania è biomeccanico, parlammo con lui a proposito della schiena di Bernal: ricordate?
Il suo compagno Giovanni Stefania è biomeccanico, parlammo con lui a proposito della schiena di Bernal
Carlotta, chiudiamo la nostra chiacchierata. Dal 2022 cosa ti aspetti?

Continuerò a lavorare come fisioterapista e studiare Scienze Motorie (è iscritta all’università telematica San Raffaele di Roma, ndr). In bici invece l’obiettivo reale è finire bene le gare open. Un conto è andare forte in allenamento, un conto è ripetersi in gara. Devo crescere ed imparare molto, seguirò i consigli che mi verranno dati. E spero di guadagnarmi la partecipazione a qualche gara internazionale. Ringrazio il Vaiano per questa opportunità.

Work Service, tanti corridori e ambizioni. E il calendario?

04.01.2022
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Coordinare una squadra non è un lavoro semplice, bisogna far combaciare le esigenze del team, degli sponsor e degli atleti. Ciò su cui una squadra basa il proprio lavoro ed imposta gli obiettivi della stagione è il calendario. La Work Service è una continental che ha sempre avuto un calendario di primo piano con molte gare in Italia ed all’estero (in apertura nella foto Scanferla).

Per diversi motivi quest’anno nella squadra del presidente Levorato ci sono tanti corridori che hanno bisogno ed anche voglia di mettersi in mostra. Alcuni li abbiamo incontrati: Plebani, Lucca e Venchiarutti. Ilario Contessa ci spiega come si coordinano gli impegni del suo team e non è affatto semplice.

Work Service 2020
La Work Service ha un calendario ampio, dove inserisce corse regionali per dare spazio agli under 23 (foto Scanferla)
Work Service 2020
Il calendario della Work ha anche gare regionali per far correre e crescere gli under 23 (foto Scanferla)
Innanzitutto, come si prepara il calendario delle corse?

Nel nostro caso si parte dalle gare con i professionisti, una volta inserite si passa alle corse 1.2 come il Trofeo Piva o la Popolarissima. Solo all’ultimo, per completare il calendario senza lasciare buchi, si inseriscono le gare nazionali e regionali under 23.

Un lavoro complicato…

Certamente nello stilare il calendario si è dato più spazio alle gare elite che a quelle under 23 vista la profondità della nostra rosa. Infatti in squadra abbiamo 8 corridori elite e 9 under 23. Noi crediamo che la forza di una squadra sia sì il gruppo, ma anche la varietà di persone che ci sono all’interno.

Considerando anche le diverse esigenze dei corridori che avete in squadra.

Sono tante e vanno gestite tutte con la stessa importanza: dal corridore che è al primo anno negli under 23 all’ex professionista come Venchiarutti che vuole riscattarsi. Fino ad arrivare ad un elite che si vuole giocare le ultime chance per passare di categoria.

Nicola Venchiarutti è il secondo ex pro’ nella rosa del team Work Service, l’altro è Davide Rebellin
Venchiarutti è il secondo ex pro’ nella rosa del team Work Service, l’altro è Rebellin
Come si incastrano queste esigenze?

Si parte tutti dallo stesso punto, la condizione. A fine gennaio andremo a Mallorca per fare un po’ di gare tutte ravvicinate. Approfitteremo per fare un ritiro e lavorare tutti insieme, poi 10-11 corridori si alterneranno per correre mentre gli altri, cioè quelli che riterremo più indietro di condizione, si alleneranno.

Il calendario è ampio, ma le corse di rilevanza internazionale sono poche, come si trova l’equilibrio?

Qui dovremo essere bravi noi diesse a motivare i ragazzi e far capire che bisogna lavorare per la squadra. Come giustamente sottolineate, gli obiettivi dei corridori sono diversi. Proprio per questo magari verranno raggiunti in momenti distinti della stagione e ci potremo concentrare sui ragazzi che ancor dovranno cercare di imporsi. E’ ovvio che la volontà di tutti è mettersi in mostra, ma in una squadra esiste anche la meritocrazia e i risultati si ottengono con applicazione in allenamento e dedizione al progetto prima ancora di guardare gli interessi personali.

Senza dimenticare gli under 23 che se meritevoli vanno fatti correre…

L’equilibrio è delicato, ma solo con corridori ambiziosi e forti una squadra riesce ad essere competitiva. Abbiamo due o tre ragazzi interessanti, ovviamente partiranno da corse di categoria, ma non è detto che non possano fare anche gare tra i pro’. Uno degli appuntamenti più importanti per gli under sarà il Giro d’Italia, non sono ancora stati distribuiti gli inviti, ma siamo fiduciosi.

Ci hai detto che la forza è nel gruppo, come si crea una squadra unita?

Stiamo facendo molti incontri, alcuni in giornata o anche di due o tre giorni consecutivi. La mattina ci alleniamo, cosa fondamentale per conoscersi e per capire come si muovono i corridori quando sono in gruppo insieme. Nel pomeriggio invece, si passano dei momenti tra di noi, si parla di tutto, ma anche del calendario e degli impegni futuri.

Ilario Contessa vuole costruire un gruppo affiatato e coeso dove tutti i corridori possano mettersi in mostra (foto Scanferla)
Ilario Contessa vuole costruire un gruppo affiatato e coeso(foto Scanferla)
Si vedono ormai tanti corridori tornare nelle continental dopo una parentesi con i pro’, come si lavora con questi ragazzi?

Immagino vi stiate riferendo a Venchiarutti… Il lavoro da fare è mentale, si deve ridare sicurezza e tranquillità. La voglia Nicola ce l’ha, ha dimostrato di averla anche dai primi colloqui fatti.

Lui arriva dalla Androni, una squadra che ha un rapporto diretto con voi. Credi sia possibile per un corridore ritornare tra i pro’ una volta uscito dal giro?

Tutto è possibile, Ballan è passato professionista a 25 anni e ha vinto un mondiale. Certo che se iniziamo a considerare un ragazzo di 23-24 anni vecchio non li aiutiamo. E’ una moda o forse il futuro, non lo so. C’è da dire che anche io ho sperimentato questa sensazione sulla mia pelle.

In che senso?

Quando io sono passato under, i corridori che entravano nel mondo del professionismo erano gli elite. Poi è arrivata la generazione tra l’85 e l’86 e anche molti di loro sono passati professionisti giovani…

Nel mondo di Francesca, accompagnati dalla mamma

04.02.2021
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«Ieri c’è stata la Rai – dice Alessandra, mamma di Francesca Baroni – hanno fatto anche delle belle riprese sul percorso che di solito usa per fare scarico. Francesca era emozionata. E’ venuto proprio Andrea De Luca, il servizio si dovrebbe vedere stasera».

Sul traguardo di Lecce, dopo la vittoria tricolore della figlia, nei suoi occhi c’era tanto orgoglio, anche se con grande discrezione se ne stava sempre un passo indietro. Chissà se ai mondiali, dopo il quinto posto di Francesca, sua mamma sarebbe riuscita a restare così composta. 

Il risultato di Ostenda ha portato la ragazza toscana all’attenzione degli italiani e la sua storia, con il massimo garbo, merita un approfondimento che renda merito a lei e alla sua famiglia. E diventi ispirazione per chi sta vivendo una situazione analoga e non sa che cosa si possa e cosa non si possa fare.

Il monociclo è il suo passatempo: se ci sono ruote, Francesca c’è. E’ il 2015
Sul monociclo: se ci sono ruote, Francesca c’è. E’ il 2015
Serve più coraggio a uscire in bici per una ragazza non udente o per la mamma a lasciarla andare?

Penso per la mamma (sorride, ndr), quantomeno su strada. Nel cross è difficile che ti fai male, puoi avere un infortunio, ma dipende da te. La strada è pericolosa e qui da noi poi c’è tanto traffico.

Quando è cominciata questa passione?

A sei anni e mezzo. La storia che vide Basso al Giro e si innamorò del ciclismo ormai s’è raccontata svariate volte. Aveva sei anni e mezzo e prima non si era mai avvicinata allo sport. Mi chiese: «Mamma, anche le femmine possono fare ciclismo? Mi piacerebbe provare…». Io le dissi che si poteva, ma allora non è che il ciclismo femminile fosse così popolare. Lei disse che in alternativa avrebbe voluto giocare a calcio e allora si optò subito per la bici.

Il ciclismo nella vostra famiglia c’era mai… passato?

Come tifosi, soprattutto di Marco Pantani. Andavamo a vedere le corse quando erano qua intorno, però mai fatta una trasferta. Quelle si sono cominciate a fare con lei. Abbiamo finito due macchine, per seguirla alle corse.

Il fatto di non sentire l’ha mai limitata?

E’ sempre stata indipendente. Solo ora, con le mascherine, la situazione è più complicata. Ieri per la prima volta da tanto tempo mi ha chiesto se potevo accompagnarla alla Posta, dove normalmente va da sola. E’ difficile per noi capire uno che parla con la mascherina, per lei è un problema. Ma per il resto, mia figlia non si è mai fermata davanti a nulla.

Nel 2019 ai campionati europei, è 6ª nel giorno del successo di Ceylin Del Carmen Alvarado
Nel 2019 ai campionati europei, è 6ª nel giorno del successo di Ceylin Del Carmen Alvarado
Non ha mai avuto problemi di equilibrio in bici?

Mai. Va anche con il monociclo, lo volle in regalo per la promozione. Qua intorno la conoscono anche per questo. Tutto ciò che è sport le è sempre riuscito bene. Visto che da piccola gareggiava soltanto in estate, d’inverno la portavo in piscina. E dopo un po’ pure quelli del nuoto le proposero di fare gare. Sarebbe stato troppo, per cui dicemmo di no.

Le protesi aiutano? 

Il problema di Francesca è che la sua sordità è molto profonda. Per capire. Immaginate di accendere il televisore e di andare nella stanza accanto. Percepite dei suoni, ma non distinguete le parole. Se però poteste vedere le immagini, riuscireste a collegare quei suoni a delle parole. Per Francesca è lo stesso. Solo con la protesi e senza il labiale non riesce a sentire. Con la protesi e il labiale, capisce bene anche me che parlo velocissima. Solo con il labiale, bisogna scandire bene, ma capisce tutto.

Crede che tanta grinta derivi in qualche modo anche da questo?

Chi può dirlo? Chi può dire come sarebbe se sentisse normalmente? Il fatto di essere agonista ce l’ha sempre avuto dentro. Da piccolina, quando faceva le corse con gli amici in spiaggia, voleva sempre vincere.

Consiglierebbe lo sport a un ragazzo con lo stesso problema?

Al non udente non è precluso nulla, ma tanto dipende da come la famiglia si approccia all’handicap. Quando scopri il problema, non è che sei contento, ma puoi reagire. Noi siamo stati al CRO di Firenze, con il professor Gitti, cui siamo davvero tanto grati, perché Francesca ha una meravigliosa capacità lessicale. Ma lì c’era una bambina, cui la mamma non legava i capelli, per paura che si vedesse la protesi. Se non sei sereno, hai difficoltà a conviverci.

Tornando alle paure iniziali della strada, la segue sempre quando si allena?

Sempre, se va da sola. Oggi ad esempio è uscita con un amico ed è andata da sé. L’unica accortezza è che ci mandi dei messaggi per avvisarci nel momento in cui è da sola. La seguiamo con la moto, il modo per starle vicino senza ostacolare il traffico.

Francesca Baroni
E’ una vera dura: quest’anno ha vinto a Nalles nonostante il meteo a dir poco proibitivo
Francesca Baroni
E’ una dura: quest’anno ha vinto nella bufera di Nalles
Francesca sembra decisissima, ha scelto lei in quale squadra andare oppure ne avete parlato?

In casa ci consultiamo su tutto, ma prima di prendere una decisione deve essere convinta lei. Come con il preparatore. Prima ne aveva uno che secondo noi non andava bene, ma è passata con Pino Toni soltanto quando si è resa conto che effettivamente le mancava qualcosa

Il quinto posto di Ostenda è un bel risultato o un’occasione persa?

Un ottimo risultato. Se me lo avessero detto alla partenza, non ci avrei creduto. E poi oggi le U23 vanno fortissimo, in Coppa del mondo arrivano con le elite e su quel percorso con tanti tratti da fare a piedi, davvero non avremmo mai pensato così bene.

Secondo lei, per il futuro sua figlia valuta qualcosa oltre alla bici?

Purtroppo no, punta tutto su quello. E il purtroppo è legato al fatto che ad esempio per ora non può entrare in un corpo militare, perché nel bando è richiesto anche l’esame audiometrico.

Scusi la domanda forse fuori luogo, siete mai stati contattati dallo sport paralimpico?

Chieda pure, non è un problema. Un anno andammo in televisione dalla De Stefano, in una tappa del Giro, a perorare la causa dei sottotitoli nelle cronache sportive. Per cui tutti ascoltarono la storia di Francesca e ci chiamarono proponendo di portarla al mondiale o alle Olimpiadi, non ricordo. Il fatto è che i non udenti non rientrano nelle categorie ammesse, per loro ci sono le Olimpiadi Silenziose. Sono figlie di un retaggio antico e superato, per cui il non udente quasi appartiene a un’etnia diversa anche da quella dei genitori, senza considerare che si può nascere non udenti anche da genitori che invece sentono.

Francesca Baroni, campionato italiano juniores 2016, Monte Prat
Nel 2016, ha vinto il campionato italiano juniores a Monte Prat
Francesca Baroni, campionato italiano juniores 2016, Monte Prat
Nel 2016 ha vinto il tricolore juniores
Non trovate scandalosa questa distinzione?

Infatti Francesca vuole correre come sta facendo, semplicemente perché può farlo. In ogni caso però, benvenga lo sport paralimpico. Sono tutti atleti fantastici

Forse, a pensarci, l’unico problema potrebbe averlo con le radioline in corsa…

Esatto, ma si faceva ciclismo anche prima che le inventassero. Basta che qualche compagna la avverta se c’è qualcosa da sapere e che si parli chiaramente nella riunione pre gara. Un problema nella crono? Con tutti gli strumenti che puoi mettere sul manubrio, se si tratta di spingere, lei spingerà.

Lo sa, vero, che sua figlia è fortissima e anche determinata?

Non dico che non abbia potenzialità, ma deve ancora dimostrare tanto. La cosa più importante è che faccia esperienza. La nuova squadra l’ha presa perché crede in lei e spero che la si giudichi per come andrà. Apprezzo che nelle interviste non venga suonato sempre lo stesso tasto. Questa s’è fatta soprattutto perché sia di stimolo per gli altri.