Luca Raggio, cosa ci facevi sulla moto al Lunigiana?

07.09.2022
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Seguendo i ragazzi del Giro della Lunigiana, fra tante bici ha fatto capolino una moto e su quella moto c’era una vecchia conoscenza, Luca Raggio. In una veste del tutto nuova e diversa da quella sua abituale, quella che ha vestito appena appesa la bici la chiodo, ossia di preparatore: il ligure 27enne era lì in veste di telecronista in moto, a seguire ragazzi più giovani e raccontare le loro gesta in apprezzatissime dirette Facebook.

Non potevamo non farci raccontare questa sua nuova esperienza, riallacciando così quel filo spezzatosi a inizio 2021 quando il ligure dovette fare i conti con troppe porte chiuse che gli avevano impedito di proseguire il suo sogno da professionista.

«E’ stato Alessandro Colò, che conosco da tempo e con cui collaboro per lavoro – racconta Raggio – che mi ha chiesto se fossi disponibile. Mi aveva sentito al Giro dell’Appennino commentare la gara e mi ha lanciato quest’idea un po’ pazza. All’inizio ero un po’ titubante, il primo giorno qualche incertezza c’è stata e lo ammetto, ma poi mi sono trovato sempre più a mio agio».

Raggio in moto, dietro il pilota Cesare Bugliani, a raccontare la corsa vissuta da ciclista 10 anni fa
Raggio in moto, dietro il pilota Cesare Bugliani, a raccontare la corsa vissuta da ciclista 10 anni fa
Come lavoravate?

Quasi come una televisione vera e propria, tanto è vero che avevamo una regia con due postazioni fisse e io in moto che raccontavo l’evoluzione di gara. La regia decideva in base all’accaduto che cosa mandare in rete. Le nostre dirette hanno avuto ascolti molto alti e secondo me possono essere un’idea che può prendere piede soprattutto per le gare giovanili non seguite dalle Tv, che molti genitori e tifosi seguirebbero ben volentieri.

E’ stata l’occasione per rientrare in gruppo, in fin dei conti il tuo abbandono è ancora fresco e recente…

Il ciclismo è rimasto il mio mondo, anche se lo vedo un po’ diversamente o almeno con occhi diversi in base ai miei compiti. Ma non ho mai smesso d’interessarmi, spesso vado a vedere le gare sul posto, sono rimasto legato a molti ambienti. Il ciclismo continua a piacermi moltissimo e questa esperienza mi ha ridato entusiasmo.

Una delle ultime gare di Raggio da pro, il Tour de Langkawi 2019
Una delle ultime gare di Raggio da pro, il Tour de Langkawi 2019
Che cosa hai provato a essere in mezzo al gruppo, ma in maniera così diversa dal solito?

Avevo già vissuto alcune gare in ammiraglia, ma essere proprio in mezzo, seguire le azioni da vicino è diverso. Vedi come si muovono i corridori, anche quei piccoli gesti, quelle occhiate che dicono tutto. Sono rimasto davvero sorpreso del livello generale del Lunigiana. Mancavo da quasi 10 anni da gare di questa categoria, avevo anche partecipato alla corsa nel 2012 e sembra passata una vita.

Quali sono le principali differenze?

I corridori sono davvero molto preparati e non mi riferisco solo all’aspetto fisico e prestativo. Proprio stando in mezzo cogli le situazioni che ti dicono molto della maturità del corridore. Come mangia, come si muove, quando parla con l’ammiraglia. Alcuni sono davvero esperti, sanno muoversi in modo quasi professionistico, mentre altri si vede che sono ancora acerbi come sarebbe normale a quell’età.

Morgado primo con 8″ su Magnier e 17″ su Sivok (foto Roberto Fruzzetti)
Morgado primo con 8″ su Magnier e 17″ su Sivok (foto Roberto Fruzzetti)
Si dice sempre che queste generazioni vanno fortissimo, che il ciclismo abbia notevolmente accorciato i propri tempi. Tu che impressione hai avuto?

Al Lunigiana, se si vanno a vedere gli albi d’oro, hanno vinto sempre corridori di grande avvenire e se si guardano i numeri di medie orarie e scalate, si nota che si va forte, ma poi non così diversamente dal recente passato. Quel che secondo me fa la differenza è la gestione di questi corridori: ho visto squadre nazionali muoversi proprio come team professionistici. Basti pensare al Portogallo, certamente non una Nazione di primissimo piano, eppure negli ultimi due giorni sono stati eccezionali. Lasciavano andare corridori non di classifica e al gruppo imponevano un ritmo che impediva ai rivali di prendere il largo. Esattamente come farebbe una squadra WorldTour… Sono tattiche che alla loro età non conoscevo nemmeno.

Ti aspettavi di più dagli italiani?

Molti sono arrivati all’appuntamento un po’ stanchi, me ne sono accorto anche parlando con loro. Quelli più attesi non erano sempre davanti, anche mentalmente non erano pienamente sul pezzo. Secondo me ci sono buoni talenti in mezzo al gruppo. Nella prima tappa tranne la Francia che faceva il ritmo in salita i nostri erano lì, poi nelle altre frazioni le squadre straniere hanno preso un po’ il sopravvento. Ho visto soprattutto scatti di alcuni dei nostri che magari in una gara italiana avrebbero fatto la differenza, lì invece venivano ripresi e poi non avevano più le energie per competere nel finale per i primi posti. Credo comunque sia normale, dopo aver menato per tutta la stagione…

La volata vittoriosa di Mirco Bozzola il secondo giorno (foto Roberto Fruzzetti)
La volata vittoriosa di Mirco Bozzola il secondo giorno (foto Roberto Fruzzetti)
Ripeteresti un’esperienza del genere?

A dir la verità ne abbiamo già parlato, come abbiamo messo a fuoco anche che cosa bisogna migliorare. A me piace parecchio, tanto è vero che avevamo iniziato con dirette di una quarantina di minuti e abbiamo finito con il doppio del tempo… L’attrezzatura necessaria non costa tantissimo, basta avere quel che serve compresa la moto. Io dico che darebbe una bella mano al movimento giovanile.

L’addio di Raggio e qualche risposta in sospeso

06.04.2021
4 min
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Luca Raggio era passato professionista nel 2018 dopo che nella stagione precedente aveva vinto il Trofeo Matteotti di Marcialla e il Giro della Provincia di Biella, centrando fra gli altri piazzamenti il 4° posto alla Coppa della Pace e il 5° alla Piccola Sanremo di Sovizzo e al Trofeo Capodarco. Correva con la maglia della Viris Maserati diretta da Matteo Provini e, come il suo compagno di squadra Jacopo Mosca l’anno prima, approdò alla Wilier Triestina di Scinto e Citracca. Con Mosca rimase per un anno appena, perché a fine 2018 il piemontese venne lasciato a piedi sentendosi dire per giunta di non essere un corridore. Andò all’Area Zero e ora è uno dei gregari più stimati della Trek-Segafredo. Anche Luca Raggio lo scorso anno ha provato a correre nella squadra di Ivan De Paolis, ma l’anno del Covid non ha fatto sconti neanche a lui. Classe 1995, casa in campagna nell’entroterra di Chiavari, oggi si occupa di preparazione. E anche se al momento di alzare bandiera bianca scrisse una lettera piena di passione, la voglia di fargli due domande più approfondite c’è venuta. Nel frattempo Luca ha seguito il corso da direttore sportivo e sta mettendo a punto il suo piano B.

Al Tour de Lankkawi 2019, Raggio è 8° nell’arrivo in salita di Gentling Highlands
Al Tour de Lankkawi 2019, Raggio 8° a Gentling Highlands
E così alla fine hai smesso.

Ho fatto una scelta di senso. Non perché non avessi voglia di correre, ma perché era diventato difficile continuare nelle condizioni in cui ero.

In quali condizioni eri?

Non ho mai trovato il colpo di pedale giusto. Il 2020 è stato un anno strano. E’ stato difficile tutto, anche uscire dal lockdown. Tanti viaggi per fare i tamponi. Poche corse. Pochi risultati. L’idea di fare un altro anno così tosto non mi attirava. Mi sono allenato tanto, anche più del necessario. Ho fatto giornate intere dietro macchina. Forse ho anche esagerato.

Più che il passaggio alla continental, forse il punto è perché non hai continuato con la Neri Sottoli?

Per un po’ ho sperato di rimanere, poi ho cominciato a riconoscere i segnali e ho capito. Sapevo com’era l’andazzo, anche se apparentemente non avevano nulla contro di me. Semplicemente sono stato lasciato andare come Mosca e come Turrin. Jacopo ha avuto la forza per tenere duro, Turrin ha smesso. Eppure con Visconti sarei potuto rimanere per dare una mano. Sono sempre stato corretto e me lo hanno riconosciuto. Speravo ci fosse il budget per pagarmi e invece mi sbagliavo. E ho anche sperato che potesse servirgli una mano quest’anno, dato che gli è andata via metà squadra.

Andando all’Area Zero speravi di fare come Mosca?

C’era anche una parola con la Gazprom e magari si sarebbe concretizzata senza il Covid. Ma quando tutto si è fermato, anche loro hanno preferito tenere chi già avevano e le porte si sono chiuse.

Dopo i tre anni fra Wilier e Neri Sottoli, Raggio è passato alla Area Zero
Dopo i tre anni fra Wilier e Neri Sottoli, Raggio è passato alla Area Zero
Perché non tenerti?

Mi sono chiesto spesso la motivazione. Ho sempre svolto il mio lavoro, mi sono messo a disposizione della squadra. Poi però ho cominciato a riconoscere i segni di quello che era capitato a Mosca. Se mi avessero detto qualcosa a ottobre, avrei potuto organizzarmi, invece il gioco è di tirarti sempre più avanti…

E poi cosa succede?

Ti dicono che non c’è budget e di pensare semmai a una soluzione. Solo che nel frattempo firmavano altri corridori.

Hai pagato per passare professionista?

Io meritavo di passare, ci sono i risultati che lo dimostrano. Non so su quale base scelgano i corridori, ma vennero loro a cercarmi a luglio. Poi ognuno ha il suo carattere. Sono arrivato ad aspettare fino a Natale, senza sapere niente. Speravo in un occhio di riguardo, anche nel rispetto di dirmelo prima, in modo che potessi cercare altrove.

Quello che è successo con De Bonis ti ha stupito?

Non lo conosco, ma credo che se costruisci le squadre prendendo corridori di spessore, corri meno rischi.

In che cosa consiste il piano B?

Sto collaborando con Leonardo Piepoli nel fare la preparazione a piccoli corridori, sperando che con il passa parola le cose si smuovano. Per ora da esterno, un domani magari in una squadra. Resto nel ciclismo. Staccarmene del tutto sarebbe stato troppo.