Milano-Sanremo 2003, con Celestino il film di quel giorno

26.02.2023
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Un amarcord felliniano, andando a ripescare un’epoca che ci accompagna ancora oggi con quei campioni che ora guidano il ciclismo dall’ammiraglia e ricoprono ruoli in federazione e nel mondo tecnico delle due ruote. Facciamo un salto a vent’anni fa, partendo dalla foto utilizzata in apertura per farci raccontare la Milano-Sanremo 2003. A riavvolgere il nastro della memoria ci aiuta l’unico che dei tre non aveva le mani alzate al cielo ma l’orgoglio pieno, Mirko Celestino

Per lui correre la classica di primavera era un sogno fin da bambino. Nato ad Andora, città attraversata dalla corsa, l’attuale cittì della nazionale XCO e XCM aveva un legame intimo e reverenziale. Per lui quegli anni alla Saeco erano tempi di vittorie con un Lombardia, una Tre Valli Varesine e tante altre corse che lo avevano già fatto conoscere al grande pubblico. Una delle caratteristiche che lo contraddistinguevano era il saper affrontare le discese a viso aperto, rilassato e disinvolto come una rondine in cielo. Mirko, raccontaci di quel giorno e dicci cosa ne pensi degli interpreti di oggi…

Mirko Celestino, tecnico della nazionale di Mtb dal 2017
Mirko Celestino, tecnico della nazionale di Mtb dal 2017
Per cinquant’anni la Milano-Sanremo si è corsa il 19 marzo, giorno del tuo compleanno. Che cosa rappresentava per te quella corsa?

Sono cresciuto guardando la Milano-Sanremo. Il mio papà mi ha sempre portato a vederla a Capo Mele che è la salitella prima di arrivare ad Andora dove mancano 50 chilometri all’arrivo. Sono cresciuto con la visione di questi corridori che arrivavano tutti sporchi e provati. Ho in testa queste immagini epiche di campioni che passavano davanti a casa. 

Da ammirarla sei poi arrivato a correrla da professionista…

Questa passione per la bici tramandata da mio papà l’ho portata avanti dai sei anni fino a farne un lavoro e non ho più smesso. Il mio sogno era quello di partecipare alla Milano-Sanremo e così sono arrivato a farne 11 tra cui quella del 2003 dove chiusi al secondo posto dietro a Paolo Bettini

Che emozioni provasti quel giorno?

Fu come una vittoria. In quel periodo Bettini era imbattibile. Per un corridore con le mie caratteristiche arrivare nei primi in quella classica era molto difficile. A quel tempo era una gara dominata perlopiù da velocisti. Ai tempi non si riusciva a fare tanta differenza perché c’era Mario Cipollini in maglia iridata con il suo treno. Fino all’anno prima con il treno rosso non lasciava scappare occasioni e quell’anno con la Domina Vacanze il trend era lo stesso. 

Mirko Celestino, vinse il Lombardia 1999 con grandi gambe in salita e super doti di guida in discesa
Mirko Celestino, vinse il Lombardia 1999 con grandi gambe in salita e super doti di guida in discesa
Un secondo posto che ti tieni stretto…

Quel giorno lì sento di aver fatto un’impresa. Chi ne capisce di ciclismo può capire quanta energia avessi e quanto era la mia giornata. Anche se quel giorno “l’altro” che era nella sua giornata perfetta era proprio Bettini. 

Qual era la tattica in corsa?

Gli accordi erano quelli di avvantaggiare Danilo Di Luca, mio compagno alla Saeco, che stava bene e bisognava fare la gara dura per svantaggiare i velocisti. Mi “sacrificarono” per fare l’attacco sulla Cipressa e così è stato. 

Ti staccasti prima dello scollinamento e poi li riagganciasti in discesa…

Mi riprese quasi in cima alla salita il quartetto che era uscito dal gruppo composto da Bettini, Vinokourov, Freire e Rebellin. Ero in affanno dopo l’attacco e mi ricordo che vidi che Di Luca non c’era, così mi buttai giù in picchiata, rischiando la vita, per quella discesa che conoscevo a memoria e li ripresi. Ai tempi so che feci il record. Mi piaceva molto andare forte in discesa e riuscivo a fare la differenza anche in quelle che non conoscevo.  

Qui Cipollini in maglia di campione del mondo e un giovane Bennati a tirare
Qui Cipollini in maglia di campione del mondo e un giovane Bennati a tirare
Cosa successe sul Poggio?

Ci ripresero e imboccai il Poggio in gruppo. Poi secondo me, Di Luca partì un po’ troppo presto e fu ripreso in contropiede da Bettini, Paolini e me, che mi agganciai alla loro ruota. 

Se sulla Cipressa facesti il recupero in discesa mentre a venire giù dal Poggio tirò quasi solo Paolini…

Anche loro due erano due ottimi discesisti. Paolini lo reputavo al mio livello in discesa. Si sacrificò totalmente per Paolo e tirò parecchio sia in salita che in discesa perché era molto bravo a guidare e a disegnare traiettorie. Di Luca infatti si staccò e perse terreno da noi tre. 

Che sentimento provasti al termine di quel sogno sfiorato?

Son sempre stato una persona realista. Quel giorno lì non mi ha battuto uno a caso, ma Paolo Bettini. In quegli anni lì non sbagliava un colpo, sapevo già di essere spacciato. Mi sarebbe stato utile se al posto di Paolini ci fosse stato un altro corridore di punta in modo tale da provare un attacco da finisseur e sorprenderli. Magari si sarebbero guardati quell’attimo in più e sarei arrivato all’arrivo. Ero abbastanza scaltro in questo, infatti la Classica di Amburgo e il Giro di Lombardia li vinsi così, di furbizia. 

Mohoric ha vinto la Sanremo 2022 con 2 secondi di vantaggio su Turgis e Van der Poel
Mohoric ha vinto la Sanremo 2022 con 2 secondi di vantaggio su Turgis e Van der Poel
Venendo all’attualità, la vittoria di Mohoric dell’anno scorso utilizzando il telescopico e attaccando proprio in discesa che impressione ti ha fatto?

Ha colto l’attimo giusto. Sì, il telescopico può averlo avvantaggiato qualcosina, ma non lo vedo così utile in una gara su strada. Si va giù talmente forte nelle discese che quel dispositivo non ti fa fare così tanto differenza. Lì ci vuole il manico e saper gestire bene la bicicletta, distribuire i pesi ed essere tranquillo e rilassato. La rigidità è quella che ti fa fare degli errori, soprattutto alle alte velocità. Lui ha saputo sfruttare questa sua dote di discesista e ha sorpreso gli altri. E’ stato un grande. Avendo il telescopico tutta l’attenzione se l’è presa quello. 

Pensi che quest’anno vedremo più telescopici in gruppo?

Sicuramente sì. Qualcuno proverà questa carta. Anche se la Sanremo la vinci con un insieme di dettagli: alimentandoti bene, arrivando con la mentalità giusta al momento decisivo e con una gamba che risponde bene dopo 300 chilometri. 

Il telescopico da mountain bike di Mohoric comprato sul web e approvato dall’UCI
Un telescopico da mountain bike di Mohoric comprato sul web e approvato dall’UCI
Cosa ne pensi dei nomi che ci sono oggi? Van Aert, Van der Poel, Pogacar…

Sono tutti nomi pericolosi. Pogacar ha caratteristiche diverse dagli altri due, perciò cercherà sicuramente di anticipare tutti e metterli in difficoltà. C’è da dire che Van Aert e Van der Poel non li stacchi in salita e in più sono anche veloci. Ovviamente ci aggiungo Evenepoel e Alaphilippe che sono delle vere e proprie mine vaganti per qualsiasi corsa. Al giorno d’oggi la vita per i velocisti è sempre più dura. Dopo 300 chilometri, Van Aert e Van der Poel possono dire la propria anche in mezzo ai velocisti. Le caratteristiche vanno tutte in secondo piano. Le incognite in questa classica sono infinite. Comprese le cadute che in questa gara fanno la selezione che non ti aspetti. 

Permettici questa domanda… Mirko Celestino con il telescopico avrebbe vinto una Sanremo?

No, no (ride, ndr), in Mtb l’ho usato ma serve per altri scopi. Su strada non fa la differenza che tutti si immaginano. Mi tengo stretto quel secondo posto del 2003. 

Per Nizzolo ripetizioni di Sanremo, con “prof” Paolini

18.02.2023
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Con lo scoccare della mezzanotte siamo entrati nei trenta giorni che ci portano alla Milano-Sanremo, la Classicissima di Primavera si correrà il 18 marzo. C’è chi ha già iniziato a percorrere le strade della Liguria. Dove il mare accarezza dolcemente la costa, fermandosi a pochi metri dall’asfalto, teatro della battaglia ciclistica che andrà in atto. Giacomo Nizzolo, guidato dall’amico Luca Paolini ha già iniziato a visionare il percorso (i due sono insieme sulla Cipressa in apertura, foto Instagram/Nizzolo). Rispetto agli anni scorsi cambia solo la partenza, da Abbiategrasso, ma è sempre bene rinfrescarsi la memoria. 

La stagione di Nizzolo è iniziata dalla Vuelta a San Juan
La stagione di Nizzolo è iniziata dalla Vuelta a San Juan

Un amore da Milano a Sanremo

Il corridore della Israel Premier Tech, milanese di nascita come Paolini, la sente vicina a sé questa corsa. E un cerchio sul calendario, in data 18 marzo, Nizzolo lo ha fatto sicuramente.

«Ci tiene particolarmente alla Milano-Sanremo – conferma Paolini – si vede da come la prepara fin dall’inverno. Fare una ricognizione più di un mese prima (i due sono andati a visionare il percorso il 6 febbraio, ndr) è importante. Fa capire come nella testa di Nizzolo questo sia un obiettivo concreto. “Accendere il motore” e muovere le prime pedalate su quelle strade è utile per alzare la concentrazione e fare tutto nel migliore dei modi».

Il milanese della Israel Premier Tech ha preso le misure con le prime volate, per lui due piazzamenti nei primi tre in Argentina
Il milanese della Israel Premier Tech ha preso le misure con le prime volate, per lui due piazzamenti nei primi tre in Argentina
Una ricognizione anticipata, di cosa avete parlato?

Si è parlato davvero di tutto, anche di dove fare i bisogni. Nizzolo conosce bene queste strade, ma serviva fare un recap mentale e dare un occhio al passato.

Da dove siete partiti?

Da Loano, abbiamo fatto due volte la zona dei Capi e poi fino a Sanremo con Cipressa e Poggio. Non è un percorso difficile, la Sanremo è davvero semplice da questo punto di vista. 

La differenza la fanno i chilometri, quasi trecento…

E’ tutto amplificato. Le medie, soprattutto negli ultimi anni, sono elevatissime. Bisogna essere sereni di testa, su una distanza così ampia ogni cosa che fai ha un peso. Devi rischiare di perderla per poi vincerla, ci sono cose che non ha senso fare.

Vent’anni fa Paolini (sullo sfondo) aiutò Bettini a vincere la sua Milano-Sanremo
Vent’anni fa Paolini (sullo sfondo) aiutò Bettini a vincere la sua Milano-Sanremo
Per esempio?

Ricordo che quando correvo ero in Katusha, nel 2015, al mio ultimo anno da professionista, avevo detto alla squadra di non fare il rifornimento fisso a Ovada. Manca così tanto alla fine che si ha tutto il tempo di andare all’ammiraglia per prendere il necessario. Si toglie un pericolo e si evita stress inutile. 

Dove si inizia a fare la corsa?

Dai Capi, senza alcun dubbio. A Capo Berta, l’ultimo dei tre, si dividono i corridori veri dagli altri. La discesa è tortuosa e la velocità si alza tantissimo. Poi si attraversa Imperia, un passaggio tortuoso ed insidioso che tutti vogliono prendere in testa. 

Da quel momento tasche vuote e gambe piene.

Assolutamente. L’alimentazione bisogna curarla prima, dopo i Capi il tempo per mangiare non c’è. Se ti devi alimentare da Imperia in poi vuol dire che hai sbagliato qualcosa.

Nizzolo Sanremo 2022
Nizzolo ha chiuso la Sanremo dello scorso anno al 18° posto. Con una mano fratturata
Nizzolo Sanremo 2022
Nizzolo ha chiuso la Sanremo dello scorso anno al 18° posto. Con una mano fratturata
Quando capisci di stare bene?

Se un corridore è in condizione lo scopre andando avanti con i chilometri, se stai nelle prime posizione quando tutti accelerano vuol dire che la gamba è piena. 

E se invece non ci si sente al 100 per cento?

Un campione impara a gestirsi: nell’utilizzo dei rapporti, delle scie e tante piccole cose.  Nizzolo ne ha corse tante e l’esperienza ce l’ha, può giocare su questi dettagli.

Tu nei hai corse tante, hai imparato tanti segreti da condividere con Nizzolo.

Ho lottato contro tantissimi corridori: Freire, Bettini, Zabel, Sagan, CancellaraNon avevo il loro motore ed ho imparato a centellinare ogni singola energia. Sono arrivato terzo per due volte, ci sono cose che impari e ti tranquillizzano. Ma quello che ho detto a Giacomo potrò dirlo solo dopo la corsa (dice con una risata, ndr). 

La UAE Emirates l’anno scorso aveva una tattica dichiarata fin da Milano: forcing sulla Cipressa
La UAE Emirates l’anno scorso aveva una tattica dichiarata fin da Milano: forcing sulla Cipressa
In una corsa così semplice la carta da giocare è una sola…

Quando fai la tua mossa devi essere sicuro che sia quello il momento giusto. Non puoi permetterti di sbagliare i tempi d’azione.

Hai parlato di passato, la Cipressa è un passaggio importante, lo è sempre stato. 

Bettini aveva provato a fare il forcing sulla Cipressa e l’anno scorso ci ha provato la UAE. Sono dell’idea che Pogacar abbia solo preso le misure, nel 2022 sul Poggio ha sbagliato i tempi, ma ha imparato. Alla Sanremo ogni errore ti fa da insegnante per l’anno successivo. 

Quali altri punti avete visionato?

Ci siamo soffermati su quelli dove è più facile passare, considerando che ci sono dei tratti nei quali devi stare dietro. Non è un Fiandre o una Roubaix dove le strade sono strette e bisogna stare sempre nei primi dieci. Alla Sanremo stai bene se sei in trentesima posizione, quella è la posizione giusta. 

La Sanremo del 2022 ha rappresentato il rientro alle corse per VDP, terzo. Anche lui ha preso le misure per il 2023?
La Sanremo del 2022 ha rappresentato il rientro alle corse per VDP, che ha colto il terzo posto
Meteo permettendo…

Quella è l’unica incognita, le discese della Sanremo sono tortuose e di non facile lettura. E poi una pioggia continua per 300 chilometri contribuisce a scremare il gruppo. Molti corridori con l’acqua si autoeliminano, se hai una buona forza mentale fai la differenza. 

Hai nominato Pogacar, ma con tutti i campioni che girano un velocista come Nizzolo può dire la sua?

Giacomo è un corridore resistente, nel corso degli anni ha perso esplosività aumentando il fondo. Nel 2022 è scollinato con i primi ed è caduto in discesa, ha dimostrato di poter stare con loro. Poi ha un grande spunto veloce e dopo 300 chilometri potrà farlo valere.

SWI Thrama, ecco il gioiello elvetico su due ruote

04.07.2022
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SWI lancia sul mercato Thrama, la sua prima bicicletta, destinata a soddisfare le esigenze di chi cerca un design pulito, che unisce tecnologia e materiali all’avanguardia. Una bici con un’attenzione artigianale tale da rendere ogni pezzo unico, proprio come un gioiello.

L’azienda svizzera ha scelto come brand ambassador Paolo Bettini e Luca Paolini. I due ex professionisti dal palmares mondiale, hanno contribuito alla fase di sviluppo del prodotto e per i test su strada. Un progetto ambizioso che mette al centro dei propri orizzonti l’utente e la realizzazione di un mezzo su misura pronto a soddisfare ogni aspettativa. 

Paolo Bettini e Luca Paolini hanno contribuito a sviluppare la bici con test e consigli tecnici
Paolo Bettini e Luca Paolini hanno contribuito a sviluppare la bici con test e consigli tecnici

Essenzialmente unica

L’anima di tutti i telai SWI è infatti composta esclusivamente da fibre di carbonio UD, ovvero unidirezionali. Questo materiale consiste in un pezzo continuo con filamenti orientati secondo un’unica direttrice, disposto in strati sovrapposti sottilissimi e con angolazioni diverse, per ottenere una struttura reattiva e rigida. Lo strato esterno di carbonio 3K disposto a spina di pesce invece dona alla Thrama un’estetica unica e inconfondibile. 

L’azienda svizzera dispone inoltre della UFSTM TECHNOLOGY. Questa tecnologia brevettata permette di costruire il telaio da un unico stampo, facendo dei telai SWI veri monoscocca. Grazie a queste caratteristiche è stato possibile controllare da parte dei progettisti la rigidità e l’elasticità nei punti di carico o di cedimento e allo stesso tempo ridurre il peso ai minimi termini. L’ago della bilancia infatti oscilla tra i 650 e i 760 grammi a seconda delle taglie, mantenendo il totale sempre intorno ai 6.8 kg comandanti dall’UCI.

La bici è compatibile solo con freni a disco e cambi elettronici di Shimano, Campagnolo e Sram
La bici è compatibile solo con freni a disco e cambi elettronici di Shimano, Campagnolo e Sram

Bettini approva

A metterci la faccia e a supportare la creazione di questa opera in carbonio c’è il due volte campione del mondo e campione olimpico Paolo Bettini. «Quando SWI mi ha proposto questa collaborazione ho accettato immediatamente mettendomi a disposizione del progetto. Appena ho provato la Thrama mi sono reso conto di avere a che fare con un prodotto di altissimo livello, sia dal punto di vista della performance che del comfort. Ha un design elegante e allo stesso tempo accattivante. Quello che lascia senza fiato è la reattività del telaio e la precisione di guida davvero fuori dal comune. Il segreto di questa bici va oltre a ciò che si vede, è nascosto nella sua anima, nelle sue caratteristiche tecniche più intrinseche».

Cucita addosso

SWI non è un marchio comune e sulla sua attenzione rivolta al cliente fonda la volontà di crescere e di distinguersi dalla concorrenza. La Thrama viene infatti proposta al pubblico attraverso la possibilità di prenotare online un Test Ride individuale o delle Bike Experience di gruppo. In questi momenti dedicati i clienti possono provare di persona la bicicletta e interagire con lo staff tecnico di SWI per la creazione del proprio gioiello personalizzato.

La customizzazione è alla base di questo progetto. «Il nostro approccio – dice l’ex pro’ Luca Paolini – si basa sui feedback provenienti dal cliente dopo il Test Ride dedicato, che ci permette di costruire assieme a lui la bici dei suoi sogni. Grazie alla THIN PLY TECHNOLOGYTM, una tecnologia usata in settori all’avanguardia come l’orologeria svizzera, applicata da SWI per la prima volta nel ciclismo. Siamo in grado di lavorare il carbonio partendo da strati sottilissimi che possono essere aggiunti, ruotati o tolti, per creare un telaio più rigido o più confortevole in base delle diverse necessità. In questo modo ogni cliente potrà avere una bici unica, proprio come lui».

Tutti i telai e le forcelle sono garantite a vita e l’assistenza dell’azienda è un altro pregio inconfutabile. Infatti i clienti entrano di diritto in un club esclusivo fatto di viaggi, Bike Experience uniche e lanci di prodotto dedicati.

SWI

Luca Paolini, Freccia del Brabante 2004

Freccia del Brabante, nata nel segno di Pino Cerami

13.04.2021
4 min
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La Freccia del Brabante ha avuto nel corso della sua storia 6 vincitori italiani (Pambianco nel 1964, Bartoli nel ’94 e ’99, Pianegonda nel ’97, Paolini nel 2004, in apertura, Colbrelli nel 2017) eppure il primo nome a comparire nel suo albo d’oro è italiano che di più non si può, ma non per passaporto: Pino Cerami, nel 1961. E la sua storia è di quelle che vanno raccontate.

Pino Cerami è morto nel 2014 a Gerpinnes, in Belgio. Era nato in Sicilia il 16 marzo del 1956
Pino Cerami è morto nel 2014 a Gerpinnes, in Belgio

Pino era nato nel 1922 a Misterbianco, piccolo centro catanese, ma pochissimo tempo dopo quei colori così verdi e quei profumi tipici erano per il bimbo già un ricordo, cancellato dalle brume e dal freddo di Montignies-sur-Sabre, nei sobborghi di Charleroi. Suo padre, che voleva andare a fare fortuna negli Usa, aveva dovuto ripiegare sul Belgio, trovando posto in un altoforno.

Una bici, una maglia, una vittoria

Tanto lavoro, poco tempo per la famiglia, pochissimi svaghi: uno di questi erano le corse di bici. Andando a vedere i campioni dell’epoca, quell’ometto si era invaghito delle due ruote e il padre mise da parte quanto poteva finché a 7 anni gli regalò la sua prima bici, una Finet artigianale, della quale Pino andava fiero, con i suoi colori blu e giallo. Girava e girava, pedalava e correva, finché il padre provò a iscriverlo a una gara.

Bartoli primo nel ’94, battendo il compagno di fuga Den Bakker. terzo fu Bugno a 10″
Bartoli primo nel ’94, battendo il compagno di fuga Den Bakker

Era un circuito a cronometro, che poi era semplicemente il giro di una piazzetta. Pino vinse, naturalmente, con la maglia di lana che la madre gli aveva fatto a mano per l’occasione.

Voleva dar seguito a quel successo, alla sua passione, ma il padre fu inflessibile: «Non se ne parla, la scuola viene prima di tutto». Va bene, pensò Pino. E si mise con lena a studiare, prendendo il diploma di meccanico d’auto.

Un corridore senza patria

Poi fu libero, libero di correre e di seguire le sue aspirazioni. Ma all’inizio fu dura, tanta polvere da mangiare. Ripensandoci negli anni, Pino diceva che quando correva aveva tutti contro, gli italiani perché era in Belgio, i belgi perché era italiano.

Gianluca Pianegonda vince la Freccia del Brabante nel 1997
Gianluca Pianegonda vince la Freccia del Brabante nel 1997
Gianluca Pianegonda vince la Freccia del Brabante nel 1997

Spesso raccontava un episodio risalente al 1949: «Alla Freccia Vallone andammo in fuga io e Fausto Coppi, un gran signore oltre che campione, Ma i belgi erano furiosi, non vincevano una classica da anni e così Van Steenbergen e Peters si misero dietro un’auto per venirci a prendere. Alla fine primo Van Steenbergen, secondo Peters, terzo Coppi e io fuori dal podio».

L’ultimo acuto italiano è datato 2017, la volata vincente di Sonny Colbrelli
L’ultimo acuto italiano nel 2017, la volata vincente di Colbrelli

L’ultimo Cerami, il più grande

A un certo punto Cerami disse basta e nel ‘56 prese la cittadinanza belga. D’incanto i belgi non gli corsero più contro, trovò maggiori spazi e la sua carriera prese il volo, a 35 anni suonati: nel ‘60 vinse la Parigi-Roubaix e pochi giorni dopo si prese quello che aveva visto sfuggire 11 anni prima, la Freccia; non pago, al mondiale in Germania conquistò anche il bronzo.

L’anno dopo, inaugurarono la Freccia del Brabante e lui iscrisse il suo nome mettendo in fila una lunga serie di belgi, lasciandoli a 55”, per poi in autunno andare a conquistare la classica regina per i velocisti, la Parigi-Bruxelles, lui che in volata era praticamente fermo.

In questa storica foto d’epoca, Cerami all’attacco nella sua vittoriosa Parigi-Roubaix
In questa foto d’epoca, Cerami nella vittoriosa Parigi-Roubaix

Ritiratosi nel ’63, dall’anno successivo istituirono il GP Cerami, divenuto presto una delle classiche del calendario belga e non solo. Il siculo-belga non mancava mai, fino al 2014 anno della sua scomparsa: «Di solito queste corse le organizzano in memoria di qualcuno, ma io sono vivo e vegeto e ci vengo sempre per ricordarlo a tutti…».

Vi ricordate quando Paolini vinse l’Het Nieuwsblad?

24.02.2021
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Solo quattro italiani in 76 anni di storia dell’Omloop Het Nieuwsblad hanno alzato le braccia sul traguardo: Ballerini nel 1995, Bartoli nel 2001, Pozzato nel 2007 e Paolini nel 2013. E’ evidente che non si tratti di una corsa banale, dato che fra gli altri vincitori ci sono tutti i mostri delle sfide del Nord. Il percorso della prossima edizione, che si correrà sabato prossimo, è impossibile da vedere sul sito della corsa perché per impedire ai tifosi di seguirla non viene pubblicato, ma ricalca quello di un piccolo Fiandre. Lo scorso anno si corse per 200 chilometri da Gand a Ninove e vinse Jesper Stuyven. Ma come andò nel 2013 quando Paolini fu l’ultimo italiano a vincere?

Si corse da Gand a Gand, distanza di 198,6 chilometri e muri come Leberg, Berendries, Tenbosse, Kruisberg, Taaienberg, Eikenberg e Molenberg. Il “Gerva” regolò in volata Vandenbergh. A 1’13” Vandousselaere anticipò Geraint Thomas, Van Avermaet, Bandiera e Chavanel.

Al Giro 2020 come uomo Assos, Paolini parla con Sobrero
Al Giro come uomo Assos, Paolini parla con Sobrero

Paolini sta diventando matto nel suo ufficio alla Assos, mentre l’azienda si sta dando un gran da fare per supportare il Team Qhubeka-Assos. Probabilmente parlare un po’ di quella corsa di 8 anni fa (fuori dall’orario di lavoro) è il modo di tirare un po’ il fiato.

Che corsa era?

L’ho schivata per una vita, secondo la mentalità di Pozzato che non si buttava nelle volate per non rischiare di farsi male. Io pensavo che andando lassù prima della Tirreno e della Sanremo, avrei rischiato troppo e non ci andavo. Poi però arrivavo all’Inferno in aprile senza aver saggiato prima il terreno e mi mancava qualcosa. Così mi sono mentalizzato e ho scoperto una corsa affascinante come le altre. Come il Fiandre, una classica vera e propria.

Perché il cambio di mentalità?

Ho capito nel 2007 che potevo fare bene su quei percorsi. Prima, correndo con Paolo (Bettini, ndr), per me il Nord erano le Ardenne. Quando poi sono andato alla Liquigas, ho cominciato a cambiare gusti.

Het Nieuwsblad 2013, forcing nel finale: la selezione è fatta, se la giocano in due
Het Nieuwsblad 2013, la selezione è fatta: se la giocano in due
Cosa ricordi della vittoria del 2013?

Faceva un freddo cane, non so se addirittura peggio della Gand che ho vinto. Ricordo che la temperatura massimo fu di un grado sotto zero. Fu una giornata passata a gestire le forze. Mi sorprese vincere, anche se avevo fatto un buon inverno. Credo che la differenza la fece Tchmil

Cosa c’entra Tchmil?

Ero al terzo anno con la Katusha e con uno così come manager, sapevi esattamente chi avevi di fronte. Mi è piaciuto molto lavorare con lui, mi ha fatto capire tante cose. Soprattutto l’approccio con le corse. Con lui non si andava mai alla partenza solo per partecipare. Ha sempre avuto la mentalità vincente e quel risultato fu anche il modo per ripagare la fiducia e per capire che quelle erano davvero le mie corse.

Da cosa lo capisci?

Me ne rendo conto adesso. Se penso di aver vinto l’Het Nieuwsblad, poi la Gand, una tappa a De Panne e di aver fatto terzo al Fiandre, basta fare un semplice resoconto per capirlo. Non era facile da vincere, perché viene presto nella stagione. Devi arrivare in condizione e impari a conoscere quei percorsi. 

Sul podio, Paolini con Vandenbergh e Vandousselaere
Sul podio, Paolini con Vandenbergh
Quale consiglio daresti a un italiano che parte per correrla, ad esempio a Ballerini?

Hai fatto il nome perfetto, stravedo per Ballerini, che per fermarlo devono sparargli nelle gambe ed è nella squadra giusta. Cosa posso dirgli? Il ciclismo è cambiato tanto, ma gli direi di non pensare come facevo io che viene troppo presto nel calendario, quindi che è meglio non andarci. E’ una corsa con la stessa dignità del Fiandre, non è una scelta di ripiego. E’ una vera classica.

Come potrà essere senza pubblico?

Non riesco a immaginarlo. A parte la concentrazione di correre e guidare su quelle strade, il pubblico lo senti. Mi dispiace per i ragazzi che dovranno gareggiare così, non sarà la stessa corsa.

Sai che per non far andare la gente non pubblicano la planimetria sul sito?

E credi che basti per fermarli? Quelli lassù sanno già tutto, lo sapete bene che cosa significa l’inizio delle classiche. Diciamo che starà alla discrezione di ognuno, ma a casa i belgi non li tieni…