Europei nel Limburgo. Wauters ci apre le porte di Zolder

07.02.2025
6 min
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Dal 12 al 16 febbraio si svolgeranno i campionati europei su pista. Uno dei principali motivi d’interesse dell’edizione di quest’anno è il suo teatro, il nuovissimo velodromo di Zolder inaugurato nello scorso giugno. Siamo in Belgio, ma l’impianto è un orgoglio di tutta una regione, il Limburgo, in condominio fra Belgio e Olanda. Tanto è vero che questa è solo la prima di una lunga serie di eventi.

A capo della sua organizzazione c’è una vecchia conoscenza del ciclismo internazionale, Marc Wauters. Professionista per oltre 15 anni con all’attivo anche una tappa del Tour e una Parigi-Tours, dal 2009 diesse della Lotto, Wauters è nativo di Hasselt, nel cuore del Limburgo belga e ha sempre avuto a cuore l’affermazione del suo territorio, vera patria delle due ruote. A lui spetta il compito di fare gli onori di casa parlando di come il velodromo s’inserisce e dà nuovo impulso alla sua tradizione.

Marc Wauters è del 23 febbraio 1969. E’ diesse della Lotto dal 2009 ed è responsabile del velodromo del Limburgo
Marc Wauters è del 23 febbraio 1969. E’ diesse della Lotto dal 2009 ed è responsabile del velodromo del Limburgo
Quando è nato il tuo impegno con il velodromo del Limburgo?

Il mio sogno è iniziato nel 2005. Parlo di sogno non a caso. Sono stato un professionista per 16 anni e al via della mia ultima stagione ho partecipato alla prima 6 Giorni. Non avevo mai corso su pista, ricordo che ero accoppiato a Tom Boonen, lui campione del mondo e io campione belga a cronometro. Non avevo mai guidato su pista, mi allenai al mattino e alla sera ero già in gara. Ricordo che quell’impianto dove eravamo mi lasciava perplesso, non c’era neanche uno spazio centrale ricavato, stanze interne per adeguati spogliatoi e così via. Pensai che c’era bisogno di qualcosa di nuovo, diverso. Pensai che c’era bisogno di un velodromo nuovo, uno spazio per i giovani, per il futuro. Meno di due anni fa il sogno ha iniziato a concretizzarsi.

Come lo hai pensato?

Non è stato facile, tanto è vero che il progetto è cambiato almeno tre volte. Dal 2015 abbiamo iniziato a metterci mano, ma non riuscivamo mai a trovare una quadra. Volevamo fare le cose in grande, poi l’Uci ha aperto una porta per il mondiale su pista nel 2028, ancora da assegnare e l’occasione era ghiotta per poter proporre il Limburgo come suo teatro. Quindici mesi fa era tutto pronto, abbiamo apposto gli ultimi ritocchi e inaugurato l’impianto a giugno, poi abbiamo fatto le nostre richieste per grandi eventi a cominciare dai prossimi europei. Deve essere un impianto polifunzionale, tanto è vero che si presta anche agli eventi di Bmx e nel 2027 ospiterà gli europei di questa disciplina. Ha tutti i servizi e può ospitare grandi numeri di spettatori, essendo utile quindi anche per altre manifestazioni come partite di basket e concerti.

L’impianto può ospitare vari eventi, legati non solo al ciclismo o allo sport in genere
L’impianto può ospitare vari eventi, legati non solo al ciclismo o allo sport in genere
Come riesci a conciliare questi impegni con quelli con la Lotto?

Io sono il responsabile del ciclismo del circuito, ma sono anche il direttore sportivo del team. Quindi lavoro a tempo pieno per quasi tutto il tempo. Ho una vita frenetica, questo è certo… Ma con l’impegno si riesce a tenere dietro a tutto, poi lavoro con ottimi staff dei quali mi fido.

Ho letto che sono già previsti più eventi internazionali. State pensando anche ad altre attività come una 6 Giorni e altro per tenerlo impegnato anche d’inverno?

No, per le 6 Giorni, penso che il livello sia troppo alto. Inizierò ora con i campionati europei, poi vedremo. Abbiamo già avuto l’edizione del 2028, poi i mondiali juniores del 2026, gli europei di categoria l’anno successivo insieme alla rassegna di bmx. Puntiamo ai mondiali, vedremo. In Belgio ci sono già cinque 6 Giorni, è un’attività che ha più tradizione nella zona di Gand, lì c’è da oltre 100 anni. Non è facile organizzare una 6 Giorni, oltretutto ci sono pochi specialisti e pochi corridori che investono il loro tempo invernale su pista. Senza considerare l’esborso di denaro, le tante persone necessarie per la sua organizzazione. Il gioco non vale la candela. L’europeo è più semplice, ha risalto, è alla nostra portata per allestire un’edizione di grande livello. Andiamo per gradi, magari tra 10 anni la penserò diversamente e la 6 Giorni sarà fattibile.

In carriera Wauters ha vinto 22 corse, qui il successo ad Anversa nella tappa del Tour del 2001
In carriera Wauters ha vinto 22 corse, qui il successo ad Anversa nella tappa del Tour del 2001
La costruzione dell’impianto è legata anche alla volontà di dare nuovo impulso al settore della pista in Belgio?

Sicuramente. Noi abbiamo già impianti in Belgio, un paio, questo è il terzo e deve diventare un centro per la preparazione dei ragazzi. Già ora abbiamo tanta attività, tanti giovani che vengono ad allenarsi qui, su una pista con i crismi olimpici. Abbiamo pensato anche di mettere bici a noleggio, per far abituare i ragazzi alla pratica soprattutto del Bmx perché parte tutto da quello. Da noi ci si può avvicinare al ciclismo a costi molto popolari, è questo uno dei motivi dell’esistenza di questo impianto. Ho una buona sensazione al riguardo.

E’ una pista veloce?

Certamente, abbiamo lavorato molto per questo. Già nei primissimi mesi di attività abbiamo visto la realizzazione di due record nazionali, sul chilometro e nell’inseguimento femminili. Ottenuti su questa pista, il che dimostra che è molto veloce. Io spero che qui si possa realizzare anche un record mondiale.

La pista è già frequentatissima per allenamenti e si è dimostrata molto veloce
La pista è già frequentatissima per allenamenti e si è dimostrata molto veloce
Zolder era una località famosa per gli sport motoristici. Ora, tra il velodromo e la gara di ciclocross, ha cambiato la sua tradizione o La gente locale ama sempre più le auto?

Bella domanda. La società sta cambiando, ma me ne sono accorto già anni fa, quando ancora la Formula Uno era di casa. Uno dei primi atti dopo la fine della mia attività ciclistica è stata la creazione di una scuola di ciclismo, nel 2007, perché se ne sentiva il bisogno. Le nuove generazioni cercavano qualcosa di diverso dalla tradizione motoristica locale. E’ bello vedere ora così tanta gente che viene a pedalare qui e nei dintorni, tra l’altro l’impianto ha le luci ed è aperto anche alla sera, vi organizziamo attività tre volte a settimana. E a volte abbiamo più di 500 ciclisti sulla pista di quattro chilometri intorno all’impianto. Poi c’è il ciclocross. Una discilpina che ha una grande tradizione. Qui il ciclismo ormai è di casa, ha soppiantato la passione per i motori.

La prossima settimana iniziano gli europei: gli spettatori che cosa troveranno?

Per me è una grande occasione e siamo molto emozionati. Spero che la gente della regione qui venga in massa. Per il fine settimana siamo già vicini al sold out, speriamo che venga tanta gente anche negli altri giorni. Anche ai mondiali su strada avviene questo, tutti presenti nel weekend, poi gli altri giorni si riempiono alla fine. Ma i segnali che ci arrivano sono molto positivi e io spero che le prestazioni siano all’altezza. Non nascondo che spero tanto in un primato mondiale, darebbe un’impronta al velodromo.

Zolder è già da anni teatro di una delle principali corse del ciclocross internazionale
Zolder è già da anni teatro di una delle principali corse del ciclocross internazionale
Ultima domanda legata alla Lotto: che cosa ti aspetti da questa nuova stagione?

Noi stiamo lavorando soprattutto pensando alle classiche. Abbiamo il campione belga (Arnaud De Lie, ndr), spero che possa far bene su percorsi che gli si adattano. Ha imparato dai suoi errori, penso che possa far meglio dello scorso anno. La nostra è una squadra molto giovane. Dobbiamo lavorare duro per raccogliere più punti possibile e rientrare nel WorldTour. Ci faremo trovare pronti.

Le aspettative di Van Eetvelt. Arriva il tempo dei Grandi Giri

24.01.2025
5 min
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Certe volte vincere non basta. Guardate Lennert Van Eetvelt: a soli 23 anni ha iniziato la sua stagione vincendo e l’ha chiusa vincendo, ha portato a casa due corse a tappe del WorldTour come Uae Tour e Tour of Guangxi, eppure per molti addetti ai lavori è stato un comprimario, forse perché ha saltato per infortunio tutta la primavera e la sua Vuelta è durata solo metà corsa. Inconvenienti di un ciclismo che tritura tutto e tutti, non dando il tempo di riflettere.

Per Van Eetvelt nel 2024 36 giorni di gara con 5 vittorie e ben 12 Top 10
Per Van Eetvelt nel 2024 36 giorni di gara con 5 vittorie e ben 12 Top 10

Promosso capitano della Lotto

Il giovane talento della Lotto però guarda avanti e così fa il suo team, che sapendo ben valutare un 2024 da protagonista lo ha eletto a capitano della squadra, insieme all’altro giovane Arnaud De Lie, puntando sulle sue qualità di corridore completo ma con ampi margini di miglioramento. Per il corridore di Binkom inizia una stagione importante, che parte però dalla difesa di quanto fatto.

«Per me è stata un grande passo avanti. E’ stato difficile arrivare dove sono, passando per molti infortuni e devo dire grazie al team che mi è sempre stato vicino, facendomi correre con alcuni dei ragazzi migliori al mondo in tutti i posti. L’anno passato mi ha dato molta fiducia, so che qualsiasi cosa mi succeda ho la forza per tornare ai vertici, lavorando con pazienza».

La prima vittoria del corridore Lotto nel 2024, battendo Vlasov e McNulty al Trofeo Serra Tramuntana
La prima vittoria del corridore Lotto nel 2024, battendo Vlasov e McNulty al Trofeo Serra Tramuntana
Quanto ti è pesato perdere 4 mesi di corse e saltare tutto il periodo delle classiche?

E’ stata dura, per tutta la prima parte dell’anno. Sentivo che non ero in gran forma all’inizio della stagione e avevo qualche dubbio se sarei riuscito a tornare al livello che volevo. Ci è voluto davvero molto tempo, ma è stato un cammino utile per capire quello che sono, quando posso essere resiliente. Ora ho più sicurezza. Guardate l’ultimo Lombardia: non ero al massimo, ma quando la corsa si è sviluppata ero lì, con Evenepoel e gli altri, a lottare. Significa che il mio livello di base è quello ed è un livello da vertici.

Lo scorso anno hai vinto due importanti corse a tappe: ti stai specializzando nelle prove medio-brevi o pensi che le corse di un giorno siano ancora le più adatte a te?

Spero in realtà di migliorare dappertutto ed essere in grado di competere per qualcosa d’importante nell’arco di un Grande Giro. Ma c’è ancora molta strada da fare, quindi ci sto solo lavorando. Il resto viene da sé, l’essere competitivo un po’ dappertutto, sono tappe per arrivare lì come dimostrano anche gli altri che corrono e vincono le grandi prove a tappe.

Il belga punta soprattutto a essere competitivo nei Grandi Giri, ma deve migliorare a cronometro
Il belga punta soprattutto a essere competitivo nei Grandi Giri, ma deve migliorare a cronometro
L’infortunio al ginocchio è risolto e per proteggerlo hai cambiato qualcosa nella tua preparazione?

Più che altro ho cercato di affinare le mie qualità per essere competitivo su vari obiettivi. Mantenere il mio scatto per le classiche, ma essere anche più performante in salita. Per ora l’aspetto sul quale ho meno dimestichezza sono le cronometro, dove pure agli inizi di carriera me la cavavo bene, ma su questo dovrò lavorarci.

Quando eri ragazzino ti affascinavano di più le classiche o i Grandi Giri?

Sicuramente le grandi corse a tappe. Il Tour de France. Era la mia corsa preferita da guardare ogni estate, ho sognato di essere lì, a lottare con i più forti. Quest’anno andrò puntando alle tappe e a capire bene come va interpretato, aprendomi comunque a ogni possibilità, alla Vuelta invece andrò per fare classifica. Il Tour resta la corsa regina ed è lì che voglio scrivere pagine importanti.

Alla Vuelta ritiro alla tappa numero 12, ma fino ad allora se l’era ben cavata con il 2° posto a Pico Villuercas dietro Roglic
Alla Vuelta ritiro alla tappa numero 12, ma fino ad allora se l’era ben cavata con il 2° posto a Pico Villuercas dietro Roglic
La Lotto conta molto su di te per centrare il traguardo del WorldTour: qual è l’atmosfera in squadra?

È davvero ottimale, siamo tutti carichi alla vigilia dell’inizio della stagione e vogliamo portare a casa quanti più punti possibile. Abbiamo una squadra giovane, anche io lo sono e me ne rendo conto, ma questo ti dà anche quel pizzico di spregiudicatezza che può fare la differenza. Ognuno è carico, entusiasta, pronto a dare il massimo e questo è molto, molto bello.

La tua è la generazione di Evenepoel: per voi ragazzi belgi l’olimpionico è uno stimolo in più per emergere?

Sì, penso che molto abbiano influito le vittorie di Remco. I corridori belgi della mia generazione sono tutti di altissimo livello ora e c’è un grande cambiamento nel ciclismo. I ragazzi più giovani puntano a emergere il prima possibile come ha fatto lui. Ognuno di noi vuole dimostrare che il suo non è stato un caso isolato, ognuno vuole arrivare al vertice.

Van Eetvelt comincia a essere molto popolare, in Cina facevano la fila per un suo autografo
Van Eetvelt comincia a essere molto popolare, in Cina facevano la fila per un suo autografo
Alla Lotto sarai il capitano con De Lie. Ci saranno corse dove gareggerete entrambi, come vi gestirete?

Abbiamo un tipo di calendario e di obiettivi completamente diversi, quindi sapremo coesistere, anche quando gareggeremo insieme, sacrificandoci l’uno per l’altro. Ci sosteniamo a vicenda perché prima di tutto viene il team. Abbiamo entrambi le nostre cose da fare.

Con Ballan, segreti e aneddoti delle Classiche del Nord

01.02.2023
7 min
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Al Centro Canottieri Olona c’è una saletta privata che Garmin ha utilizzato come ritrovo per i giornalisti e gli invitati all’evento di cui vi abbiamo raccontato. All’interno di questa saletta, seduto su un divanetto, c’è Alessandro Ballan. La discussione parte dai rulli che andremo a provare e il campione del mondo di Varese 2008 racconta l’evoluzione di questi sistemi. 

«Quando correvo io le Classiche del Nord – racconta Ballan – gli smart trainer non esistevano e ci si doveva allenare in ogni condizione atmosferica. Mi ero fatto fare artigianalmente dei rulli classici ma facevo una mezz’ora o quaranta minuti al massimo, senza lavori specifici. Avevo anche un “ciclomulino” con il quale riuscivo a fare potenziamento e qualche lavoro, ma mi mancava il controllo dei dati».

Con l’avvento dei nuovi sistemi di allenamento cambierà anche il metodo di preparazione alle Classiche del Nord
Con l’avvento dei nuovi sistemi di allenamento cambierà anche il metodo di preparazione alle Classiche del Nord

Le prime esperienze

Nell’intervista fatta con Filippo Ganna era emerso il tema dell’esperienza nelle Classiche del Nord. Approfittando della presenza di Ballan, affrontiamo il discorso anche con lui. Alessandro racconta proprio di quanto le sue esperienze lo abbiano aiutato ad emergere. 

«In questo genere di corse – dice Ballan – ce ne vuole proprio tanta di esperienza: conoscere i percorsi ed i punti cruciali è fondamentale. Sapere dove avverrà la selezione o il tratto nel quale un corridore potrebbe scattare. Se in quei frangenti ti fai trovare in trentesima posizione, non sei tagliato fuori, ma sprechi un casino di energie.

«Errori così li ho pagati tanto in tutte le gare del Nord, ma soprattutto alla Roubaix. Per me quella è stata una corsa sfortunata. Nelle prime tre edizioni che ho disputato sono caduto ben sei volte. All’inizio l’ho odiata, non mi piaceva, ma quando è arrivato il primo terzo posto (nel 2006, ndr) ho capito che poteva essere per me. Purtroppo ho avuto degli episodi durante la mia carriera che mi hanno impedito di correrla con continuità e non sono mai riuscito a trovare il ritmo. E’ vero anche che nel corso delle ultime stagioni abbiamo avuto delle “mosche bianche” come Colbrelli che alla prima edizione è riuscito a vincerla. Io questo non me lo spiego – dice con una risata – se guardo a quel risultato mi dico che è impossibile».

La vittoria all’esordio alla Roubaix di Colbrelli ha stupito in positivo Ballan
La vittoria all’esordio alla Roubaix di Colbrelli ha stupito in positivo Ballan

Tanti fenomeni

I fenomeni, o comunque grandi campioni, che hanno ottenuto risultati importanti alla prima partecipazione nelle Classiche del Nord, esistono. Basti pensare a Pogacar, lo sloveno l’anno scorso ha fatto il diavolo a quattro e per poco non vinceva il Giro delle Fiandre.

«Sono corridori, in particolare Sonny – parla Ballan – che arrivano con una grande condizione. Anche se, devo essere sincero, se fossi arrivato alla mia prima Roubaix con la condizione di Varese 2008 non avrei mai pensato di poter vincere.

«Sono gare che necessitano di conoscenza del percorso e di fortuna. Perché non è solo un punto ma sono tanti, devi essere sempre concentrato. Fare le gare prima ti aiuta a conoscere il percorso. Il Fiandre  va a riprendere i percorsi dell’ E3 Harelbeke, di De Panne, di Waregem (ora Dwars Door Vlaanderen, ndr). Si prendono i muri da altri lati ma fare quelle gare aiuta molto. Aiuta a conoscere gli avversari, a capire chi sta bene. Puoi studiarli».

I punti di riferimento

Quando le strade sulle quali corri sono larghe due metri e una curva fatta dalla parte sbagliata ti potrebbe tagliare fuori dalla lotta per la vittoria, allora devi trovare dei punti di riferimento.

«Quelli sono importantissimi – precisa l’ex campione del mondo – sapere dove sei aiuta. Sul manubrio hai la lista dei muri e quando leggi un nome hai un riferimento. Per esempio sai che alla fine di quel muro ci sarà la stazione del treno».

«Le differenze tra Fiandre e Roubaix non sono poi così ampie. Dovete pensare ai tratti di pavé della Roubaix come a dei muri. Arrivi lanciato, cali di velocità ed esci dal settore che vai davvero piano. Se sei bravo riesci a “galleggiare” sulle pietre e a non perdere velocità.

«I tratti più difficili della Roubaix sono la Foresta di Arenberg e il Carrefour de l’Arbre. La foresta è dritta ma sale, anche solo dell’uno o due per cento ma si sente e lì per non “piantarti” devi essere forte. Il secondo, invece, ha delle curve che sono micidiali. E per non cadere devi saper guidare la bici benissimo».

L’occhio attento di Lefevere è in grado di capire quali atleti che possono vincere la Roubaix da come affrontano il pavé (foto Sigrid Eggers)
L’occhio attento di Lefevere è in grado di capire quali atleti che possono vincere la Roubaix da come affrontano il pavé (foto Sigrid Eggers)

Il regno dei belgi

Le Fiandre sono il regno dei corridori belgi. Loro che nascono e crescono su queste strade ne hanno una conoscenza ineguagliabile. E’ difficile competere con corridori del genere, soprattutto se mettono in campo anche l’astuzia.

«Sull’Oude Kwaremont – spiega ancora Alessandro – i corridori della Lotto e della Quick Step mettevano in atto il loro piano. Ai piedi del muro le indicazioni che i corridori hanno alla radiolina sono uguali per tutti: stare davanti. Così ti trovi duecento corridori che fanno la volata per arrivare davanti alla curva prima del muro. Poi normalmente i cinque o sei corridori davanti abbassavano la velocità (quelli della Lotto e della Quick Step, ndr) e una volta che si saliva sul pavé rallentavano ancora di più. Quando gli ultimi mettevano giù il piede per la velocità troppo bassa partivano a tutta, così dietro erano costretti a fare uno sforzo disumano per stare al passo». 

Ballan ha vinto il Giro delle Fiandre nel 2007, battendo Hoste in una volata a due
Ballan ha vinto il Giro delle Fiandre nel 2007, battendo Hoste in una volata a due

La capacità di guida

Questo particolare, che proprio di particolare non si tratta, non va sottovalutato. La capacità di guidare la bici è fondamentale per emergere dai tratti difficili e dalle situazioni che si vengono a creare

«Mi viene in mente Dario Pieri – dice Ballan – lui aveva una capacità di guidare sul pavé incredibile. Come lui ne ho visti pochi: Franco Ballerini, Tafi, Museeuw, Boonen. Sono corridori che riuscivano a galleggiare.

«C’è un’aneddoto su Lefevere, ai tempi di quando correvo io. Ad ogni Roubaix si metteva sul terzo tratto di pavé e guardava i primi quaranta corridori uscire. A seconda del movimento delle spalle e delle braccia riusciva a capire quali erano corridori che stavano bene e che fossero in grado di fare la differenza nel finale. Questo per far capire che è uno stile».

«Un altro dettaglio: ho sempre visto che chi arriva da altre discipline, che sia pista, BMX, ciclocross o mtb, ha un’altra capacità di guidare la bici. Quando c’è una caduta riescono a gestire la bici in maniera diversa rispetto a chi, come il sottoscritto, ha solo corso su strada. Hanno coraggio ed una dimestichezza diversa, Van Der Poel e Van Aert sono un esempio».

Ballan Varese 2008
L’anno successivo a Varese vinse il mondiale, è l’ultimo italiano ad aver indossato la maglia iridata
Ballan Varese 2008
L’anno successivo a Varese vinse il mondiale, è l’ultimo italiano ad aver indossato la maglia iridata

Quanto conta la mente

In corse del genere la testa fa tanto la differenza, la mente gioca un ruolo chiave tra la vittoria e la sconfitta. 

«E’ vero – afferma Ballan – quando alle prime partecipazioni prendi le batoste non devi arrenderti. Questa è già una prima selezione, ci sono corridori che dopo la prima Roubaix o il primo Fiandre, gettano la spugna. Io ho fatto l’ultima parte della mia carriera coinvolto nell’indagine (Lampre, ndr) che mi ha tenuto in ballo per sei anni. Da dopo Varese mentalmente parlando non ero libero, il mio pensiero era costantemente occupato da tribunale, avvocato… Non ho potuto fare gli ultimi anni della mia carriera come avrei voluto, Ballan c’era ma non era a posto con la testa».

«Dopo essere stato assolto, feci una dichiarazione nella quale dissi: “Mi basterebbe avere indietro le ore di sonno che ho perso in questi sei anni”. Io capisco Pantani, perché mi sono trovato nella stessa situazione. Per fortuna ero già sposato, avevo le bambine e dei punti fissi sui quali andare avanti. Se in quel momento avessi trovato una qualsiasi cosa che non mi avesse fatto pensare ai miei problemi l’avrei presa. La mia famiglia mi ha salvato».

Gilbert gregario a Tokyo? Le voci dal ritiro…

14.01.2021
4 min
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Con il traguardo dei 39 anni nel mirino, Gilbert è ripartito anche stavolta dal ritiro della Lotto Soudal. Le risposte delle gambe sono soddisfacenti e anche se il dolore al ginocchio è ben lontano dall’essere sparito, il belga può guardare con una certa fiducia all’inizio della stagione, con due insidie davanti al manubrio. Prima, il Covid che mette a rischio la ripresa. E poi l’assalto dei giovani, dato che Evenepoel potrebbe essere suo figlio.

«L’incidente è stato più complesso di quel che si pensava – dice Gilbert – ed è questo il motivo per cui è stato difficile tornare a un buon livello. Ma ora è tutto chiaro, compreso il fatto che posso spingere forte verso i miei obiettivi. Dovrei ricominciare all’Etoile de Besseges, col grosso rischio che la cancellino come è successo a Mallorca. Speriamo di non avere brutte notizie nei prossimi giorni».

Thomas De Gendt con i suoi 34 anni è uno dei senatori del team
Thomas De Gendt con i suoi 34 anni è uno dei senatori del team
Quanto incide il Covid nella voglia di correre?

Quella c’è sempre, ce l’ho cucita addosso. Ogni giorno esco ad allenarmi e penso alla Sanremo. E’ il mio sogno, se riuscissi a centrarla sarebbe la grade conquista della mia carriera. Però tutti vorremmo che si tornasse al vero contatto col pubblico. Quando fai uno sport così, vuoi che ci sia attorno la gente. Senza, è uno sport diverso. Speriamo che tutto questo passi alla svelta, perché è dura per tutti e per tutti i lavori. E’ singolare accorgersi che abbiamo imparato a conviverci, ormai si fa tutto in videoconferenza…

Quanto incide il Covid in questo presunto cambio di generazione?

Non ci credo poi molto. Ricordo che nel 2017 le classiche furono vinte da corridori con più di 30 anni. Non è troppo sicuro che quest’anno vinceranno ancora i ragazzini, anche se nel 2020 sono stati impressionanti.

Non sempre il sole, così Degenkolb si rifugia sui rulli
Non sempre il sole, così Degenkolb si rifugia sui rulli
Tutti parlano di Olimpiadi, Gilbert cosa dice?

Io non ci ho proprio pensato, farò le cose passo dopo passo. Non mi metterò a parlare delle Olimpiadi prima di aver iniziato la stagione. Si corre in cinque, quindi ad ora direi che devono andare Evenepoel e Van Aert come capitani con tre aiutanti. Se fossi il selezionatore penserei così. Io fra gli aiutanti? Vedremo…

Cosa sai del mondiale nelle Fiandre?

Sarà duro, sempre in salita. Una sorta di Amstel, con un milione di curve. Un percorso molto tecnico. Per il Belgio sarà una bella ripartenza, per la quale dovremo essere molto professionali.

Credi che con Van Aert e Van der Poel in giro, le classiche siano ormai proibite?

Quei due sono sorprendenti per come passano da una disciplina e l’altra, ma secondo me a breve dovranno decidere da che parte stare, se non altro per un fatto di recupero. Non so quanto a lungo potranno reggere una simile intensità.

Si esce anche sotto l’acqua, ecco De Gendt e Van Meer
Si esce anche sotto l’acqua, ecco De Gendt e Van Meer
Qualcuno li paragona a Cancellara.

Non scherziamo, Cancellara ha fatto cose di un altro pianeta. Ha vinto il Giro di Svizzera, ha vinto i mondiali crono. Ha vinto tutte le classiche del pavé e anche la Sanremo. Li vedo semmai più vicini a Sagan. Noi pensiamo sia normale quello che fa Peter, perché ci siamo abituati, ma è ugualmente impressionante.

Cosa pensa Gilbert di Evenepoel?

Le sue attitudini non le conosciamo noi e forse nemmeno lui. Si parla di grandi Giro, ma come reagirà sopra i 2.000 metri, nella terza settimana, quando si deciderà la classifica? Quelli capaci di vincere le classifiche spingono molti watt in situazioni limite. Se le salite fossero fino a quota 1.500, direi che sicuramente è pronto per vincere. Di Remco si può dire che è impressionante soprattutto mentalmente.

Come procede il ritiro?

Siamo divisi in gruppi di nove, come già a dicembre. Diciamo che è un modo di lavorare più efficiente, perché puoi parlare con tutti, anche a tavola. E’ molto più semplice che relazionarsi con 25 persone, com’era una volta quando le squadre erano più piccole…

Ehi Conca, Oldani ha qualcosa da dirti

17.11.2020
3 min
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Presto Filippo Conca raggiungerà Stefano Oldani alla Lotto Soudal. Entrambi classe 1998, saranno gli unici due italiani in questa storica squadra belga. E correre all’estero, si sa, per noi italiani non è mai facile, specialmente a 22 anni. 

Un po’ di esperienza però Oldani l’ha messa nel sacco. Ed è pronto a metterla a disposizione di Conca.

Un anno in Lotto, qual è stata la prima difficoltà?

La lingua. Non è stato facilissimo all’inizio. Era da un po’ che non parlavo inglese. Alla Kometa-Xstra Cycling comunicavamo soprattutto in spagnolo. Però devo dire che l’ho ripreso abbastanza velocemente. Ho visto che Conca ha qualche difficoltà, ma non se ne deve fare un problema.

Oldani al Giro d’Italia
Oldani al Giro d’Italia
Che ambiente hai trovato tu e che troverà Filippo?

Ai giovani soprattutto non mettono pressione. E’ un ambiente che mi è subito piaciuto molto. Alla Lotto, ma da quel che vedo anche in altri team stranieri, vivono le cose con più tranquillità. Spesso in Italia si parla troppo, si parla in tanti, alla Lotto si parla il giusto. A volte anche i corridori si lamentano delle tattiche, qui non succede. Meno parole, più fatti. Non sono mai stato infelice di essere l’unico italiano.

Vista così, ti immaginiamo con la valigia in mano che suoni al campanello della Lotto: “Ciao sono Oldani, corro con voi!”. E’ andata così?

Ah, ah, ah… Avevo un po’ d’ansia la prima volta. A me piace interagire, imparare e mi dava fastidio quando parlavano e non capivo. Ma una volta ripresa la padronanza della lingua, mi sono sbloccato ed è ritornato forte l’entusiasmo. Pedalavo e avevo Gilbert, Degenkolb o Ewan a fianco, magari sovra pensiero mi ritrovavo a sorridere da solo.

Quanto sei cresciuto quest’anno?

Ho fatto delle belle esperienze, anche se compresse in pochi mesi alla fine. Ho debuttato alla Strade Bianche ed è stato un po’ traumatico, poi il Giro e già questo mi ha fatto crescere molto.

Ma è vero che in Belgio i corridori delle loro squadre sono un po’ come i calciatori da noi?

Anche io chiedevo di questa cosa e per quel poco che ho visto nel ritiro che facemmo a dicembre scorso posso dire che nelle Fiandre può anche starci, ma in Vallonia… molto meno.

Avete bici Ridley, Helium e Noah: tu quale hai scelto? E quale consiglieresti a Conca?

Belle bici! Ne abbiamo quattro. Io ho scelto tre Helium e una Noah. Quest’ultima è il modello aerodinamico di Ridley. L’ho usata nella prima tappa della Tirreno. Però mi trovo meglio con la Helium: è più leggera e poi la sento anche più pronta. Per quanto riguarda Filippo, la sera dell’ultima tappa del Giro è venuto a ritirare la bici e ho visto che ha scelto una Helium. Il che ci sta visto che è uno scalatore.

Filippo Conca al Giro U23, chiuso al 5° posto
Filippo Conca al Giro U23, chiuso al 5° posto
Tu e Conca già vi conoscete, giusto?

Sì, eravamo compagni di camera al Tour de l’Avenir l’anno scorso.

E come lo vedi, teso?

Nella prima videoconferenza che abbiamo fatto era “tesuccio”, ma in confronto a me è già sciolto!

Ricapitolando che consigli gli daresti?

Di stare tranquillo perché è un ambiente… tranquillo. Di curare l’inglese e soprattutto di farsi trovare pronto. Perché il livello del WorldTour è incredibile. Sento di giovanissimi e juniores che vogliono passare subito, ma non è semplice “sopravvivere”. Filippo deve allenarsi al meglio e prepararsi anche mentalmente a prendere delle legnate. Io per esempio alla Tirreno che non ero in forma ho sofferto tantissimo, per fortuna al Giro è andata meglio.

Tim Wellens, Sabinanigo, Vuelta 2020

Wellens che colpo, Roglic che testa

24.10.2020
2 min
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La quinta tappa della Vuelta ha riservato ancora una volta una corsa scoppiettante. E ancora una volta gli uomini di classifica sono stati protagonisti. Tim Wellens per il traguardo di giornata, Primoz Roglic per la generale.

Si andava da Huesca a Sabinanigo: 184 chilometri nel Nord della penisola iberica, proprio a ridosso dei Pirenei. Nel finale tre salite hanno movimentato la tappa.

E bravo Wellens

A 70 dall’arrivo va via la fuga buona. Dentro c’è un volpone come Tim Wellens della Lotto che non si lascia sfuggire l’occasione, tanto più con due “giovani” come Guillame Martin (il “filosofo del gruppo) e Thymen Arensman. E dire che prima della fuga buona ci aveva provato anche il nostro Mattia Cattaneo, che però essendo in classifica non ha avuto spazio.

In vista dell’ultimo chilometro finale, con pendenze superiori al 10 per cento, il gruppo dei migliori aumenta, aumenta e di nuovo è battaglia. E guarda caso Roglic mette tutti in fila.

Primoz Roglic, Sabinanigo, Vuelta 2020
Primoz Roglic, sorridente verso Sabinanigo
Primoz Roglic, Sabinanigo, Vuelta 2020
Primoz Roglic, sorridente verso Sabinanigo

Costanza di rendimento

Quello che spicca è la continuità di rendimento di Primoz Roglic. Lo sloveno della Jumbo Visma è ancora al top. Il Tour, il mondiale, le classiche: per ora non sembra cedere di un millimetro.

Probabilmente perché sta correndo con una certa freschezza mentale, visto che non era in programma. La partecipazione alla corsa spagnola l’ha chiesta lui stessa. Dopo la Liegi, Roglic ha deciso di buttarsi nella mischia. Una decina di giorni di riposo a casa, a Monaco, con la famiglia gli sono bastati per riprendersi.

Era il campione uscente e non voleva mancare. Tuttavia è consapevole dei suoi limiti. Sa che probabilmente non terrà questa gamba fino alla fine. E non a caso il suo obiettivo era quello di vincere la prima tappa. Obiettivo centrato.

Forza mentale

La vera perla Roglic l’ha compiuta partecipando al mondiale. Nella condizione mentale con cui usciva dal Tour non era facile. Una sconfitta come quella subita da Pogacar non si digerisce in poco tempo. Se avesse mollato (e ci stava) avrebbe chiuso la stagione. Invece ha tenuto duro. Il suo mondiale gli è piaciuto. Ad Imola ha ripreso vigore per la Liegi a tal punto di decidere di saltare la Freccia e puntare tutto sulla Doyenne. Altro obiettivo raggiunto e la fiducia che torna a crescere.

Oggi sul duro strappo finale le ha suonate a tutti. Anche a Daniel Martin che ieri invece aveva “osato” arrivargli davanti. Il più temibile sembra essere Richard Carapaz. L’ecuadoriano della Ineos-Grenadiers, oggi dietro di 2”, ha preparato in modo specifico la Vuelta e tra tutti sembra quello più corazzato. Ma per adesso l’ex saltatore con gli sci è sempre più in roja.