Trinca Colonel, la vittoria de l’Ardèche fa parte del cammino

17.09.2025
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Tappa e maglia… anche quella azzurra per Monica Trinca Colonel dopo la vittoria nella frazione finale del Tour de l’Ardèche. L’atleta della Liv-AlUla-Jayco si conferma così una delle migliori del panorama nazionale. Forse colei che più è cresciuta durante la stagione e che addirittura potrebbe candidarsi ad essere l’erede di Elisa Longo Borghini, un anticipo di questa staffetta si è vista al campionato italiano.

L’Ardèche, come accennavamo, ha decretato il suo biglietto per il Rwanda, ma quel che più conta è il processo che questa ragazza sta facendo. E’ un’atleta di pura sostanza, pochi fronzoli, di cui si parla anche poco ma sulla quale si può fare affidamento. Un processo di crescita di cui abbiamo parlato con Marco Pinotti, uno dei coach della squadra australiana.

«Ero giusto in magazzino – attacca Pinotti – per preparare la bici da crono di Monica per i mondiali. Ero con i meccanici rientrati ieri dall’Ardèche. Abbiamo ragionato sul percorso dei mondiali, abbiamo fatto il “pace strategy” in base agli ultimi dati di potenza. E abbiamo cercato di definire le possibilità dei rapporti da scegliere per la prova a cronometro iridata».

Marco Pinotti, ex corridore, è oggi l’head coach della Jayco-AlUla
Marco Pinotti, ex corridore, è oggi l’head coach della Jayco-AlUla
E come vi siete orientati?

Anche se la crono non è il primo obiettivo di Trinca Colonel, è una prova importante e cerchiamo di fare il miglior risultato. Monica userà una monocorona da 60 denti, però le abbiamo lasciato l’opzione del 58, perché le informazioni che non ho sono relative alla qualità dell’asfalto, che può essere più o meno scorrevole. Abbiamo così lasciato due opzioni: la principale appunto il 60 e l’altra il 58. Dietro chiaramente avrà l’11-34. Però la scelta finale la farà là, in accordo con i tecnici della nazionale.

Marco cerchiamo invece di inquadrare bene tecnicamente questa ragazza. Che atleta è?

E’ un’atleta forte e resistente, tecnicamente molto valida. Sa guidare bene la bici, ha un alto consumo di ossigeno ed è resistente nel lungo periodo. Soprattutto in questi due anni ha costruito una resistenza alla fatica che le ha permesso di ottenere risultati importanti. Non ha picchi di potenza enormi, come le prime al mondo, ma una forte resistenza alla fatica. Nei contesti di sforzo prolungato o nelle gare dure riesce ad emergere.

La Liegi di quest’anno è stato il quadro perfetto di quanto hai appena detto. Magari si staccava ma poi rientrava…

Esatto, e lo stesso ha fatto alla Strade Bianche e in qualche altra corsa.

Quanto è cresciuta? E perché in modo così sensibile?

Perché fino a due anni fa lavorava in un negozio di ottica! La sua storia è una bella lezione per tanti. Adesso si cerca talento precoce, ma questo è un esempio che con un po’ di fortuna e tanta bravura anche a 25 anni si può debuttare ad alti livelli e fare bene. Il suo è un percorso alternativo rispetto a tanti altri.

Monica Trinca Colonel vince l’ultima tappa dell’Ardeche e conquista anche la generale. Sono i suoi primi successi da pro’ (foto Getty Images)
Monica Trinca Colonel vince l’ultima tappa dell’Ardeche e conquista anche la generale. Sono i suoi primi successi da pro’ (foto Getty Images)
Quindi ci sono margini?

Secondo me sì. Primo perché è un’atleta a tempo pieno da meno di 24 mesi. Secondo perché dallo scorso anno a quest’anno è cresciuta come valori di potenza nella prima parte di stagione. Poi tra Giro Women e Tour Femmes abbiamo avuto qualche problema. Siamo arrivati al Giro con l’idea di fare una bella corsa, ma invece ha avuto uno stop fisico che un po’ mi aspettavo… in questo suo processo di crescita generale. Ma non proprio in quei giorni. Abbiamo provato a mandarla al Tour Femmes come esperienza, per capire se potesse essere anche psicologico, invece lì abbiamo capito che i guai del Giro erano proprio fisici. Anche lì aveva gli stessi sintomi: dopo due o tre giorni di stanchezza, abbiamo deciso di fermarci.

E poi cosa avete fatto?

Abbiamo optato per uno stop netto e siamo ripartiti dalla base praticamente. Abbiamo ricostruito la seconda parte di stagione a partire dall’Ardèche, che è stato il suo rientro post Tour Femmes. Con Marco Velo si era parlato di portarla al mondiale, ma io ho detto: «Vediamo prima come va l’Ardèche», perché c’era il rischio che Monica fosse ancora stanca. I carichi erano monitorati, ma il peso psicologico si faceva sentire.

Cosa intendi?

Fino all’anno scorso correva senza grandi responsabilità. Qualsiasi risultato era un passo avanti. Quest’anno invece ha affrontato gare con il ruolo di capitana, con un confronto rispetto all’anno precedente e ha dovuto affrontare un processo diverso. All’Ardèche i numeri sono migliorati ancora rispetto a inizio stagione.

Trinca Colonel (classe 1999) quest’anno ha fatto davvero un grande exploit. Ha il contratto con la Liv anche per il 2026
Trinca Colonel (classe 1999) quest’anno ha fatto davvero un grande exploit. Ha il contratto con la Liv anche per il 2026
Tu come la vedi? Più scalatrice, donna da corse a tappe, cronoman…?

Cronoman lo è in parte, stiamo lavorando sulla posizione. Ha fondo e può andare bene nelle corse a tappe, anche se non è la scalatrice più forte. Può dire la sua nelle corse dure di un giorno come la Liegi o i campionati nazionali. E’ un’atleta di fondo che fa della continuità la sua forza.

Prima hai accennato anche all’aspetto mentale. Monica è ancora nella fase del “tutto nuovo” oppure iniziano le responsabilità? Insomma è consapevole?

Secondo me sì. Monica è una ragazza intelligente e consapevole. Sa riconoscere quando non è al meglio e affronta le difficoltà con maturità. Le responsabilità aumentano, ma deve imparare a gestirle. E’ bello che mantenga entusiasmo e che non senta troppa pressione. Ci tiene molto alle compagne e al lavoro di squadra.

Le avete affiancato qualcuna più esperta?

Mavi Garcia, che è molto esperta. Monica ha dimostrato di saper correre anche da capitana e magari al Mondiale potrà stare vicino a Longo Borghini.

L’atleta lombarda sarà in maglia azzurra ai prossimi mondiali. Farà sia la crono che la strada
L’atleta lombarda sarà in maglia azzurra ai prossimi mondiali. Farà sia la crono che la strada
E’ cresciuta come potenza rispetto all’anno scorso?

Sì, di almeno un 4 per cento su tutta la curva, rispetto al suo miglior livello dello scorso anno. Sono percentuali molto importanti a questo livello.

Avete ritoccato la posizione in bici?

L’anno scorso no. Ma quest’anno tra Giro e Tour abbiamo fatto indagini anche a livello meccanico e abbiamo trovato che aveva l’ileopsoas contratto. Una soluzione immediata è stata ridurre le pedivelle da 170 a 165 millimetri. Le usava a crono e ora anche su strada. In questo modo la gamba lavora meno chiusa.

E lei come ha reagito?

Essendo resiliente non ha sentito particolari differenze, ma ha capito che poteva aiutarla. Rivedremo la posizione con calma in inverno, per ora corre così. La risposta è stata positiva.

C’è qualcosa che vuoi aggiungere al quadro tecnico di Monica Trinca Colonel?

Bisogna essere cauti con le aspettative. Monica è un’atleta che può raccogliere ottimi risultati, ma non è scontato che la crescita sia continua. Ci saranno alti e bassi, come quest’anno tra Giro e Tour. Certi processi richiedono più tempo di quello che immaginiamo. Ha davanti ancora tanti anni, ma bisogna darle tempo, senza metterle pressione. Lei stessa non si monta la testa.

Vincente a 41 anni: su Mavi Garcia la lente di Marta Bastianelli

11.08.2025
6 min
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Il 27 luglio, vincendo la seconda tappa del Tour Femmes a Quimper, Mavi Garcia è diventata la vincitrice di tappa più… esperta nella storia del ciclismo. Più di Maria Canins e Jeannie Longo, che della corsa francese hanno scritto e riscritto la storia. La spagnola di Marratxi, sull’isola di Mallorca, era parsa addirittura sul punto di ritirarsi, invece a 41 anni ha conquistato la tappa e si è piazzata bene per tutto il resto della corsa.

In questo ciclismo che anche al femminile sta vivendo un’accelerazione a dir poco intensa, non è affatto facile esprimersi al top dopo i 35 anni. Eppure alcune atlete di classe comprovata sono riuscite a vincere anche da grandi. A ben vedere una delle più forti e continue è italiana ed è Marta Bastianelli. La romana che ha chiuso la carriera nel 2023 a 36 anni ha continuato a vincere fino agli ultimi mesi della carriera. Con Mavi Garcia ha condiviso tanti anni in gruppo e tre stagioni nella stessa squadra (prima alla Alé di Alessia Piccolo e poi nella prima stagione della Garcia al UAE Team Adq). Così, intercettandola alla ripresa dell’attività con la nazionale (due corse da seguire e il ritiro di Livigno con le juniores) le abbiamo chiesto di raccontarci Mavi Garcia e insieme di spiegarci cosa cambi nel rendimento quando si diventa grandi.

Tour de l’Ardeche 2021, Bastianelli vince a Saint Jean en Royans, Mavi Garcia va ad abbracciarla
Tour de l’Ardeche 2021, Bastianelli vince a Saint Jean en Royans, Mavi Garcia va ad abbracciarla
Quanto cambia fare attività e vincere mano a mano che passano gli anni?

Diciamo che l’anno in più ovviamente si sente. Penso che accada in tutti gli sport, anche i calciatori a un certo punto smettono di fare tanti goal (ride, ndr). Però quando la classe dell’atleta è limpida, si vince lo stesso, anche se l’età è matura. Noi abbiamo avuto l’esempio della Vos, di Van Vleuten e anche di Anna Van der Breggen. Credo che se c’è talento, l’età non sia un grande problema, anche se le differenze si sentono.

Una volta si diceva che con gli anni aumenta anche la quantità di lavoro da fare.

No, secondo me non è più così. Se quella che cambia è la capacità di recupero, la differenza la fai a maggior ragione con la freschezza. Io ho sempre lavorato intensamente, ma non ho aumentato perché l’età avanzava. Ho sempre mantenuto un livello medio alto, perché credo che vincere anche da grandi sia una questione di genetica. Anche quando ero giovane, c’erano le più grandi che andavano forte…

Se quello che cambia è il recupero, è più facile vincere la tappa di un Giro o la corsa di un giorno? Forse non è per caso che Mavi abbia vinto la seconda tappa…

Probabilmente è meno difficile vincere la gara di un giorno. Dopo i 35 anni, fai più fatica ad avere un certo recupero. Prendiamo Marianne Vos, che prima faceva cross, mountain bike, strada e pista. Più passano gli anni e più la sua attività è diventata mirata, fa le cose col contagocce e ben definite. Questo fa capire che il recupero è la base e con gli anni è più difficile ottenerlo, parlo anche di vita quotidiana. Allora magari scegli di correre meno e di selezionare gli obiettivi, fai il Giro oppure il Tour, ma non entrambi. Se però hai il fattore genetico che ti porta a convivere bene con la soglia della fatica e della stanchezza, allora vinci lo stesso.

A Quimper, seconda tappa del Tour Femmes, arriva la stoccata di Mavi Garcia
A Quimper, seconda tappa del Tour Femmes, arriva la stoccata di Mavi Garcia
In questo contesto, come la inseriamo Mavi Garcia?

Mavi è una grande atleta e una bravissima persona. Ho corso con lei per tanti anni ed è stata anche un’ottima compagna di squadra, non solo per il lavoro, ma anche per le bellissime giornate passate insieme. E’ molto appassionata di questo sport, le piace tantissimo il lavoro che fa e ci si dedica al mille per cento. Mi aveva detto che dopo le Olimpiadi di Parigi avrebbe smesso, invece ha continuato. Forse incentivata dalla famiglia e dal compagno che l’hanno stimolata a proseguire il suo percorso. Ho visto che poi è diventata molto più coraggiosa…

In che senso?

Per la vittoria del Tour de France è partita da lontano. Di solito lei attendeva le salite e le azioni delle altre, per vedere cosa sarebbe successo. Invece in questo caso ho visto che il coraggio l’ha portata a vincere. Sono stata felice soprattutto per i sacrifici che fa, perché se non finalizzi mai, è normale che le motivazioni vadano giù. Vedrete che questa vittoria sarà il modo per andare avanti.

Quindi è soprattutto un fatto di testa?

Nel suo caso penso che ci sia anche questo. Il fatto di incoraggiarsi e dirsi che malgrado l’età, può farcela ancora. Anche perché atleticamente sta benissimo, è un’atleta molto forte. Ovvio che le giovani stanno venendo fuori e smontano il castello di tutte e altre, non solo delle ragazze che cominciano avere una certa età.

Un attacco nella tappa da Brest a Quimper e 421 giorni dopo l’ultima vittoria, Mavi Garcia l’ha fatto ancora
Un attacco nella tappa da Brest a Quimper e 421 giorni dopo l’ultima vittoria, Mavi Garcia l’ha fatto ancora
Mavi ha iniziato a correre nel 2015, quando aveva già 31 anni: questo può darle una longevità superiore?

Ha iniziato tardi perché viene dal duathlon, in cui ha vinto anche due mondiali. A livello fisico è molto forte, anche perché è abituata a sforzi maggiori. Però nei primi anni in cui venne con noi alla Alé dopo essere stata alla Movistar, ci rendevamo conto che a livello tattico e nello stare in gruppo faceva più fatica, come la Reusser. Poi piano piano ha imparato a stare davanti, non aveva più paura di stare in gruppo in discesa e quello aiuta tanto. Al Tour abbiamo visto che Sarah Gigante ha perso il podio per una discesa…

Mavi ci ha lavorato?

E’ migliorata molto negli anni anche sotto questo punto di vista. Di conseguenza iniziare più tardi può essere stato un punto sfavorevole rispetto a chi inizia da piccolino, però al momento credo che non abbia nulla meno delle altre.

E i suoi 41 anni li porta benissimo, no?

Non posso che confermare. Un’atleta che arriva a 41 anni e riesce a vincere e stare davanti, ha delle doti fuori dal comune.

Ferrand Prevot in maglia gialla ha 33 anni, Mavi ne ha 41: quando il dna è vincente, le vittorie arrivano
Ferrand Prevot in maglia gialla ha 33 anni, Mavi ne ha 41: quando il dna è vincente, le vittorie arrivano
Le hai mandato i complimenti dopo la vittoria?

Certo, era felice e soprattutto emozionata. Mi ha detto che non ci credeva ancora, che si era lanciata in quella fuga quasi per caso e invece le è andata bene. Questo ti fa capire che puoi provarci dieci volte e prima o poi trovi quella che ti va bene. E per lei sarà un’altra lezione preziosa da mandare a mente.

Trinca Colonel: un podio con il suo idolo e ora sotto con il Giro

29.06.2025
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Superato il traguardo lascia scorrere la bici e prosegue a zigzag tra giornalisti e fotografi, si ferma solamente quando trova un fazzoletto d’ombra a bordo strada. Monica Trinca Colonel ha appena terminato la prova tricolore riservata alle donne elite e under 23 al secondo posto. Beve sperando di reintegrare subito dopo lo sforzo e per abbassare la temperatura corporea. Poi si siede sul marciapiede, un’addetta all’antidoping le chiede se ha a portata di mano un documento, lei indica il parcheggio alle sue spalle come a dire: «E’ lì». 

Non parla, nemmeno quando arriva Letizia Paternoster, sua compagna di squadra alla Liv Jayco AlUla (che ieri ha corso con le Fiamme Azzurre). La trentina la abbraccia riempiendola di complimenti, mentre Monica Trinca Colonel continua a cercare energie e fiato. Riacquista la voce una volta scesa dal podio delle premiazioni, quando le chiediamo di parlare ha gli occhi lucidi.

«Ero già contenta di come era iniziata la stagione – dice mentre la voce dello speaker annuncia le classifiche della Coppa Italia delle Regioni ma questo secondo posto ripaga di tutti i sacrifici fatti fino ad ora, anche se non era d’obbligo. Non è detto che tutte le volte in cui ci si impegna arrivino dei risultati, per me è un sogno che si avvera».

Gli occhi lucidi per cosa sono, o per chi sono?

Sono tornata al ciclismo solamente un anno fa dopo un lungo periodo di stop durante l’adolescenza. Per me è surreale ritrovarmi qui oggi (ieri, ndr) alle spalle di Elisa Longo Borghini che è sempre stata un idolo e un punto di riferimento per me e per il ciclismo femminile. E’ come una vittoria. Non so davvero che dire, forse troppe cose. 

Vederla così vicina ti fa venire voglia di prenderla?

Sì ma dobbiamo ammettere che è ancora superiore, va bene così per il momento. C’è tempo e ci sono tanti anni davanti nei quali posso crescere, spero. Sapevo che in questo tipo di sforzi brevi e su percorsi del genere è ancora superiore, lo ha dimostrato con una bellissima azione. 

Prima del via il caldo ha costretto le atlete a cercare riparo dai raggi del sole un po’ ovunque
Prima del via il caldo ha costretto le atlete a cercare riparo dai raggi del sole un po’ ovunque
Quando è partita hai pensato di restare alla sua ruota, o di provarci?

Sinceramente no. Sapevo che sarei esplosa, quindi ho cercato di gestirmi il più possibile. Il secondo posto al campionato italiano è un risultato comunque fantastico. 

Un altro tassello importante in una stagione ricca di progressi e ottime prestazioni.

Sì, una gara come quella di oggi (ieri, ndr) mi dà tanta fiducia in vista del Giro d’Italia Women che è il mio grande obiettivo della stagione. 

Per Trinca Colonel una gara solida e costante, il premio è stato il secondo posto dietro a un’immensa Elisa Longo Borghini
Per Trinca Colonel una gara solida e costante, il premio è stato il secondo posto dietro a un’immensa Elisa Longo Borghini
Si andrà al Giro per?

Puntare a una top 5. Partirò con l’idea di prendere quello che viene dando sempre il massimo. Il ciclismo è imprevedibile per cui vedremo. E’ una grande ambizione quella della top 5 ma sono consapevole di esserci vicina, ne ho avuto conferma alla Vuelta. La condizione credo stia emergendo, spero. Se tutto andrà bene questo obiettivo potrebbe avverarsi.

Quanto è stata importante la Vuelta nell’avere questa consapevolezza?

Mi ha fatto capire che sono un’atleta portata per i giri a tappe, poi mi piacciono molto come tipo di gara. Bisogna sperare che vada tutto bene. In queste corse di più giorni c’è sempre una tappa storta, speriamo cada in un giorno che non risulti poi decisivo. Ci sarà da stringere i denti, ma lo fanno tutte.

Dietro al podio Trinca Colonel ha ritrovato le sue compagne della Bepink con le quali ha corso nel 2024 una volta tornata al ciclismo
Dietro al podio Trinca Colonel ha ritrovato le sue compagne della Bepink con le quali ha corso nel 2024 una volta tornata al ciclismo
Sei tornata al ciclismo la scorsa stagione dopo tanto tempo, in questo anno cosa hai scoperto di nuovo su di te e di questo sport?

Mi sento più sicura e un po’ più consapevole delle mie forze. Manca ancora un piccolo step, come migliorare sugli sforzi brevi o a livello di tattica. Sono consapevole di esserci e di poter migliorare, spero un giorno di riuscire a essere come Elisa Longo Borghini. 

Correre un campionato italiano così è una bella risposta a livello tattico…

Vero, però si poteva prevedere dove ci si doveva far trovare pronte. Sono contenta di esserci riuscita, poi però contavano solo le gambe e sono felice di averle avute

Malcotti e Trinca Colonel, l’Uae Tour ci ha regalato due perle

17.02.2025
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Torniamo indietro di una settimana abbondante, a quella penultima tappa dell’Uae Tour Women, quella dello Jebel Hafeet che ha incoronato Elisa Longo Borghini. Perché una scena come quella vissuta sulla dura salita mediorientale, con 4 ragazze italiane davanti a tutti non svanirà dalla memoria tanto presto. Insieme a Elisa e alla sua splendida luogotenente Silvia Persico (davanti alle due nella foto di apertura Human Powered Health/Getty Images) c’erano altre due italiane che ben pochi si sarebbero aspettati di trovare lì, a sgranare il gruppo, a mettere in fila cicliste ben più blasonate: Monica Trinca Colonel e Barbara Malcotti.

Da quel sabato il ciclismo femminile italiano è più ricco, perché quella prestazione è un crocevia importante. Ed entrambe cominciano a sentire sulla pelle il valore dii quel che hanno fatto: «Meglio di così non potevo iniziare la mia stagione – sentenzia Monica, che ha chiuso quarta sia nella tappa che nella generale – è stata una sorpresa soprattutto perché ero all’esordio con il nuovo team e non mi sarei mai aspettata un esordio così fortunato».

L’occasione giusta

«Io sapevo di stare bene – rilancia Barbara, alle sue spalle nella frazione e sesta in classifica – già in Australia sentivo le gambe in crescita ma non ero riuscita a trovare l’occasione giusta. All’Uae Tour ero partita per fare bene nella generale e le compagne hanno lavorato per me in maniera eccezionale».

Entrambe avevano segnato la tappa in rosso: «All’inizio eravamo partite pensando di correre per Mavi Garcia – racconta la Trinca Colonel – ma in quella corsa il vento gioca brutti scherzi e infatti la capitana è rimasta staccata, così il team ha deciso di puntare su di me per la classifica. Mi sono sentita un po’ presa in contropiede, ma sia i dirigenti che le compagne non mi hanno messo pressione, dicendomi di fare quel che potevo e questo mi ha aiutato.

Le compagne di squadra di Trinca Colonel hanno lavorato duro per portarla tra le prime in salita
Le compagne di squadra di Trinca Colonel hanno lavorato duro per portarla tra le prime in salita

Il lavoro delle compagne

«Le compagne mi hanno messo all’inizio della salita nella posizione migliore – prosegue Trinca Colonel – io avevo chiesto di essere portata lì perché poi la salita sarebbe stata una selezione continua e hanno svolto il compito in maniera perfetta. Poi, quando Elisa è partita non ne avevo per seguirla, potevo solo cercare di fare il massimo con le energie che mi erano rimaste».

Dello stesso tenore il pensiero della Malcotti, che pur essendo più giovane di un anno è più avvezza a questi contesti: «Io avevo chiesto espressamente di essere messa sulla ruota di una della Uae perché sapevo che avrebbero fatto il diavolo a quattro per far vincere la Longo Borghini. Ero nella posizione che volevo, poi quando è iniziata la bagarre ho provato un paio di volte a partire per staccare le avversarie dopo che Elisa era già davanti, ma eravamo tutte allo stesso livello di energie, ho pensato a non buttare via tutto esagerando con gli sforzi».

In Australia la Malcotti non aveva colto risultati, ma aveva già mostrato una buona condizione
In Australia la Malcotti non aveva colto risultati, ma aveva già mostrato una buona condizione

Avversarie in gara, senza parlarsi

Quattro italiane davanti. C’è stato tempo e occasione per parlarvi? «Era una salita veloce ed eravamo a tutta – ammette la nuova portacolori della Liv Jayco AlUlanessuna aveva la forza di parlare…».

«D’altronde eravamo di squadre diverse – le fa eco Malcotti – poi ognuna aveva l’obiettivo di fare il meglio possibile sapendo che la Longo Borghini non era recuperabile, visto come andava».

Al di là dell’esito finale, la corsa le ha proiettate verso una nuova dimensione: «Io vengo da stagioni alla Human Powered Health con pochi alti e molti bassi e voglio invertire la tendenza – prosegue la ragazza di Tione di Trento – mi sono resa conto di quel che ho fatto nei giorni successivi, vedendo quante persone mi hanno scritto sui social per farmi i complimenti, avrei voluto rispondere a tutti ma era veramente impossibile. Io voglio continuare su questi livelli per ripagare la fiducia del team, che mi ha garantito ulteriore spazio da qui in avanti e non mi nascondo, voglio qualche Top 5 nel WorldTour».

Primo anno per Monica Trinca Colonel alla Liv Jayco AlUla, subito con grandi responsabilità
Primo anno per Monica Trinca Colonel alla Liv Jayco AlUla, subito con grandi responsabilità

Si guarda ai Grandi Giri

«Io sono ancora una novizia a questi livelli – mette le mani avanti la Trinca Colonel – di base si corre per Mavi che non è solo una capitana per i risultati, ma anche per il suo modo di coinvolgerci, d’insegnarci il mestiere. Il team sa comunque che come alternativa posso essere presa in considerazione, la stagione è lunga e ci saranno altre occasioni per far bene».

Lei è già tornata alle gare alla Volta Valenciana e in una corsa ben più “tranquilla” altimetricamente di quella precedente ha comunque centrato un’altra Top 10 parziale. La Malcotti invece dopo le fatiche australiane e mediorientali è tornata a casa e si prepara per le prime corse italiane: «Sarò al Trofeo Oro in Euro, Strade Bianche e Trofeo Binda, ma in quelle corse la prima scelta sarà la De Jong che è in gran forma. Per me Cittiglio sarà un’esperienza tutta da scoprire. Io poi ormai mi vedo più avvezza per le corse a tappe e infatti il mio calendario sarà ricco soprattutto di queste, soprattutto Vuelta e Giro dove vado per fare esperienza, ma so che il mio futuro sarà lì, soprattutto quando sarò migliorata a cronometro, il mio tallone d’achille sul quale sto lavorando in maniera specifica».

Per la Malcotti c’è ancora molto da lavorare a cronometro per puntare alle classifiche dei giri
Per la Malcotti c’è ancora molto da lavorare a cronometro per puntare alle classifiche dei giri

Monica e il sogno della Freccia

«Anche per me la percentuale di gare è maggiore per quelle a tappe – ribatte la Trinca Colonel – dopo le prove italiane andrò in altura per la Freccia Vallone e la Vuelta. La Freccia l’ho corsa lo scorso anno, ma… in ammiraglia perché mi sono dovuta ritirare dopo soli 6 chilometri. Ho visto però che è qualcosa di magico, percorrevo quella salita e non facevo che pensare a quando sarei potuta essere protagonista anch’io. E’ nelle mie corde, bisogna solo riuscire a essere davanti all’imbocco del muro di Huy, cosa non semplice».

La prima della Paternoster con lo spirito guerriero

26.09.2024
5 min
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Neanche il tempo di scendere dall’aereo dopo svariate ore di volo dal Canada, che Letizia Paternoster è già disponibile per raccontare la sua vittoria al Tour de Gatineau di domenica. Si capisce anche da questo, oltre che dalla sua voce squillante a dispetto del viaggio e del jet lag, quanto questo successo rappresenti per lei. Una vittoria attesa da 5 anni, dalla conquista del titolo europeo U23 nel 2019, una vittoria che ha davvero il sapore di qualcosa che chiude una parentesi difficile, segnata da tanti brutti momenti ma anche da quella resilienza che è diventata ormai un suo marchio di fabbrica.

Il podio della corsa canadese con la Paternoster fra la cubana Meijas e la canadese Van Dam
Il podio della corsa canadese con la Paternoster fra la cubana Meijas e la canadese Van Dam

«Io ero sicura che prima o poi il successo sarebbe arrivato – esordisce la trentina di Cles – ma questa vittoria mi ha dato un forte senso di liberazione, soprattutto perché tante volte in questa stagione ci ero andata vicinissima. Ad esempio nella prima tappa del Tour of Britain pensavo proprio di avercela fatta. Prima di partire per il Canada sentivo che la condizione era quella giusta, ero conscia di essermi allenata bene».

Com’è stato il dopo Parigi?

Non è stato facile soprattutto mentalmente, riuscire a ricaricarmi dopo un’Olimpiade non andata come speravo. Devo dire grazie al team, che non mi ha forzato la mano per tornare in forma. Questo mi ha aiutato nella crescita, notavo in allenamento che toccavo valori mai raggiunti in stagione.

Il fotofinish della prima tappa al Tour of Britain che ha premiato l’iridata Kopecky per millimetri
Il fotofinish della prima tappa al Tour of Britain che ha premiato l’iridata Kopecky per millimetri
Già prima di Parigi, relativamente alla stagione su strada, ti eri detta molto soddisfatta, un giudizio rinfrancato dopo la vittoria d’oltreAtlantico?

Sicuramente, perché è stata sempre in crescendo, fino a raggiungere vette che non avevo mai toccato ma con la consapevolezza che c’è ancora spazio per migliorare. Ora con la forza che mi ha dato il successo canadese, voglio proseguire su questa scia al Simac Tour in Olanda e fare bene nel confronto con le migliori. Poi in base anche alle disposizioni di Villa penserò ai mondiali su pista, ma mi ci concentrerò dopo l’Olanda.

In primavera Pinotti che coadiuva la tua preparazione aveva sottolineato la necessità di lavorare molto di più rispetto a prima. E’ questa la chiave del tuo cambiamento?

Io devo dire grazie un po’ a tutti i preparatori che mi seguono, quelli del team, perché curano ogni minimo aspetto dell’allenamento. Quando entrai nella Liv Jayco AlUla due anni fa partivo praticamente da zero, avevo perso completamente tre anni di carriera per i vari problemi fisici. Serviva davvero tanta fiducia per credere in me. Nel 2023 sono stata costante, ma allora già entrare in una top 10 voleva dire tanto. Avevo fatto parte del percorso. Venendo al discorso specifico, il mio lavoro è cambiato, è aumentato ma quel che conta è che il mio corpo si è abituato e si abitua a carichi di lavoro sempre maggiori, recepisce e restituisce. Recupero meglio e con frequenze più alte e so che posso fare ancora molto di più, in allenamento e conseguentemente anche in gara.

Il lavoro della Liv Jayco AlUla è stato fondamentale per controllare la corsa
Il lavoro della Liv Jayco AlUla è stato fondamentale per controllare la corsa
Com’era la corsa canadese?

Molto nervosa, a me ha ricordato un po’ il circuito del Liberazione romano. Le compagne sono state bravissime a tenere la corsa chiusa per arrivare alla volata e hanno costruito un treno fantastico per pilotarmi. L’orgoglio di alzare le braccia al cielo, di mostrare questa maglia che tanto mi ha dato ma che non avevo ancora potuto ripagare con una vittoria è stato un momento che non dimenticherò.

Torniamo un po’ indietro nel tempo, anche sull’onda di questo spirito positivo e parliamo di Parigi…

Ho imparato, con tutto quello che mi è successo, che da qualsiasi esperienza bisogna trarre gli aspetti positivi e lasciar andare il resto. Non è stata un’Olimpiade felice, ma ragionandoci sopra ho capito i miei errori e le mie mancanze per diventare più forte di prima. Anch’io faccio fatica a capire che cosa non ha funzionato, sicuramente il Covid contratto durante il periodo in altura non ha aiutato, ma ci ho messo del mio gestendo male alcune cose. Non ho affrontato Parigi con la mente lucida e serena, per questo dico che la mente fa tanto nel nostro mestiere.

Tutta la delusione sul volto della trentina dopo l’omnium olimpico, chiuso al 13° posto
Tutta la delusione sul volto della trentina dopo l’omnium olimpico, chiuso al 13° posto
Ti riferisci solo all’andamento dell’omnium dell’ultimo giorno o a tutta la spedizione?

E’ un discorso generale, che riguarda tutta la mia Olimpiade. Io volevo ben altro e sapevo che avevo tutte le possibilità di conquistarlo.

La pista continuerà a par parte del tuo percorso?

Certamente, ci mancherebbe… Io non mollo, anche in questa stagione si è visto che sono al livello delle migliori, ad esempio alla Nations Cup in Canada mi ha battuto solo la Valente che poi è andata a prendersi l’oro olimpico dominando la gara. Io so il valore che ho e lo sa anche Villa. Ho tanti obiettivi da cogliere nei prossimi anni e voglio raggiungerli con lo spirito guerriero che sta emergendo sempre di più in me. Il risultato di Parigi è che ora ho ancora più fame di successi…

Attenti a Mavi Garcia, ha ancora fame di vittorie

07.06.2024
5 min
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E’ una Mavi Garcia dalla voce squillante quella che risponde dalla Spagna, la vittoria (anzi il trionfo) alla Vuelta Andalucia le ha dato nuova consapevolezza delle sue possibilità in vista di un’estate che definire ricca e impegnativa è un eufemismo, considerando la rapida sequenza di Giro d’Italia, Olimpiadi e Tour de France.

Il podio finale targato Liv Jayco AlUla con da sinistra Smulders, Garcia e Willie
Il podio finale targato Liv Jayco AlUla con da sinistra Smulders, Garcia e Willie

Fisico, spirito e condizione di forma vanno nel suo caso contro la carta d’identità che parla di 40 primavere sulle spalle, ma quando si ha a che fare con Mavi è netta la sensazione che 40 sia solo un numero quasi insignificante. In Andalusia lo ha confermato una volta di più, con una prestazione davvero di primo piano: una vittoria e due secondi posti nelle prime tre tappe e l’ultima corsa in assoluta gestione della sua maglia di leader.

«Sapevamo di avere una squadra forte – racconta l’iberica nel suo italiano particolarmente scorrevole – e sapevamo anche che non c’erano altre squadre WorldTour di primissimo piano quindi avevamo una grande occasione davanti a noi. Abbiamo lavorato bene tenendo a mente tutti gli obiettivi: io puntavo alla classifica generale, ma volevo anche aiutare le compagne a vincere e il fatto che Smulders e Wyllie abbiano anche loco centrato una tappa e mi abbiano fatto compagnia sul podio finale dà alla nostra prestazione complessiva un significato particolare».

La Garcia è molto amata in Spagna. E’ campionessa nazionale ininterrottamente dal 2020
La Garcia è molto amata in Spagna. E’ campionessa nazionale ininterrottamente dal 2020
Tu venivi anche da una Vuelta poco soddisfacente…

Sì, mi è dispiaciuto moltissimo. Avevo iniziato bene la mia stagione, all’Uae Tour avevo già un’ottima gamba come testimoniato dal terzo posto finale, poi sono andata per il mio periodo di altura puntando alle classiche, dove però ho trovato condizioni climatiche terribili per me che odio il freddo. Alla Freccia Vallone, che pure è una gara che amo, perfetta per me, il freddo era talmente forte che mi sono dovuta ritirare per un principio d’ipotermia, non riuscivo più né a muovermi né a parlare, è stato terribile. Ho recuperato con fatica, il riposo e il caldo mi hanno aiutato e progressivamente ho ritrovato la gamba.

E’ una stagione pesante questa per te?

Come per tutte, è un anno davvero ricco d’impegni ma anche di prospettive. Io mi sono imposta di andare avanti gara dopo gara, vedendo ogni volta come va. Tutto dipende dalla mia condizione di forma. Ora guardo al Giro con grande attenzione e aspettative, per me sarà un momento centrale della stagione come anche i mondiali.

Per l’iberica vittoria in solitudine a Otura, nella seconda tappa. Poi ha corso per le compagne
Per l’iberica vittoria in solitudine a Otura, nella seconda tappa. Poi ha corso per le compagne
E le Olimpiadi?

Non è propriamente un percorso adatto alle mie caratteristiche, ma si sa che quella dei Giochi è una gara strana, non ci sono squadre che possono controllare la corsa, bisogna procedere molto per sensazioni. E’ diversa da qualsiasi altra corsa e per me avrà un sapore particolare perché sarà la mia ultima volta. Anche per questo ci tengo a far bene e lasciare una mia impronta.

Torniamo al Giro Donne, come lo giudichi?

Durissimo, non c’è altra parola. Anche troppo per una corsa a tappe femminile, niente che abbiamo già affrontato. C’è addirittura una tappa con oltre 4.000 metri di dislivello. Mi piace moltissimo, è un Giro adatto a me, voglio fare il meglio possibile.

La neozelandese Ella Willie, campionessa nazionale sulla quale la Garcia scommette per i grandi giri
La neozelandese Ella Willie, campionessa nazionale sulla quale la Garcia scommette per i grandi giri
Con quali ambizioni ti presenterai al via? A differenza dell’Andalusia questa volta troverai il meglio, dalla Sd Worx in giù…

Io vado per fare il meglio possibile, per essere nel vivo della battaglia, perché non mi sento inferiore a nessuna soprattutto con la forma che ho raggiunto in queste settimane. Abbiamo poi anche la Willie che potrà fare davvero bene, è fortissima e punta alla maglia bianca sia al Giro che al Tour. La differenza reale è che ci confrontiamo con squadre che hanno più punte, nelle quali c’è una straordinaria intercambiabilità di ruoli. Io però sinceramente preferisco formazioni come la nostra, dove c’è un piano chiaro, dove i compiti sono ben definiti. Io credo che abbiamo la squadra giusta per distinguerci.

Per l’iberica di Marratxi la consapevolezza di aver aperto un cancello a tante sue giovani connazionali
Per l’iberica di Marratxi la consapevolezza di aver aperto un cancello a tante sue giovani connazionali
Se ti guardi indietro, anche se la tua carriera ciclistica è abbastanza contenuta avendo iniziato nel 2015, quanto è cambiato il ciclismo spagnolo rispetto ad allora?

Moltissimo. Quando ho iniziato non c’erano grandi squadre e c’era un movimento molto ridotto. Io trovai per fortuna un team come la Bizkaia-Durango, una squadra Continental che faceva attività di buon livello, ma decisiva per l’evoluzione mia e di tutto il ciclismo iberico è stata la Movistar, diventata un riferimento esattamente come per i maschi. Siamo cresciuti tanto insieme, ora ci sono tante squadre e ci sono tante ragazze che s’impegnano in questa attività. Io penso che anche quando appenderò la bici al chiodo il ciclismo iberico continuerà a crescere.

Vitillo, il rilancio parte dal devo team della Liv Alula Jayco

14.12.2023
6 min
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Il suo 2023 è stato al di sotto delle aspettative per una serie di circostanze, ma ora c’è un nuovo inizio alle porte. Il tempo della metabolizzazione di ciò che è stato lascia spazio a quello degli stimoli di ciò che verrà. Matilde Vitillo (in apertura foto Ossola) ha voglia di riscattarsi e lo farà con la maglia del Liv Alula Jayco Continental Team, formazione di sviluppo della WorldTour.

Le tre stagioni con la BePink-Gold sono servite alla ventiduenne astigiana di Frinco per crescere, scoprire le proprie potenzialità e trovare la vittoria l’anno scorso, anche con i colori azzurri. Il sigillo WorldTour di Aguilar de Campoo alla Vuelta a Burgos e i due ori in pista agli europei U23 sono i momenti più alti raggiunti da Vitillo, ma sono contemporaneamente anche il punto di ripartenza. Nel devo team australiano avrà la possibilità di migliorarsi ancora, cercando di ritagliarsi un po’ di spazio e magari – visto che i regolamenti lo permettono – di guadagnarsi per alcune gare la convocazione nella formazione maggiore. Inutile dire quanta soddisfazione si evinca dalle parole di Matilde per l’avventura che sta per cominciare.

Vitillo (qui con Borghesi) ha disputato tre Giri Donne, nei quali ha sempre cercato la fuga da lontano
Vitillo (qui con Borghesi) ha disputato tre Giri Donne, nei quali ha sempre cercato la fuga da lontano
Dopo un bel 2022, questa stagione non è andata come si pensava. Perché?

Onestamente speravo di fare un’annata molto migliore, ma me la sono dovuta giocare con tanti motivi concatenati fra loro. A febbraio non sono stata troppo bene e non sapevo il perché. Pensavamo inizialmente ad un accumulo di stanchezza. Marzo e aprile li ho passati con molti giorni di febbre, che mi ha obbligata a tanti stop con gli allenamenti. In questo caso pensavamo fosse un’infezione ai bronchi, però gli esami lo hanno escluso. Nel frattempo uscivo in bici o pedalavo sui rulli senza riuscire sempre a fare grandi sforzi o lunghe distanze. A maggio ho corso la Vuelta. Giorno dopo giorno notavo che stavo bene, pur facendo fatica e staccandomi. A fine gara, mi è tornata la febbre alta e quindi di nuovo ferma. Questo tira e molla è proseguito anche col Giro Donne e fino a fine stagione.

Quando sei riuscita a scoprire qual era il motivo che ti ha così fortemente condizionato?

E’ successo lo scorso settembre un po’ per caso. Ero nuovamente raffreddata e nel parlare con un chirurgo amico di famiglia, lui ha ipotizzato a cosa potessero essere dovuti i miei malanni. Alla fine dopo una visita, mi ha diagnosticato un’infezione ai turbinati che mi aveva abbassato le difese immunitarie, scatenandomi la febbre. A quel punto, dopo la mia ultima gara, abbiamo programmato l’intervento al naso. Ora sto decisamente meglio. Peccato averlo saputo così tardi.

Quanto ti è costato a livello morale non esserti potuta esprimere al meglio?

Tantissimo, perché era la mia ultima stagione da U23. Avrei voluto giocarmi meglio le mie carte e dare seguito ai risultati del 2022. Avevo sempre detto che dopo questa stagione, avrei voluto provare a fare nuove esperienze, però quando vedevo che non andavo come volevo ero un po’ sconsolata. Anzi, mi ero messa il cuore in pace e pensavo a come ricominciare quasi tutto da zero. Per fortuna che invece la Liv Alula Jayco è stata comprensiva, ha capito i miei problemi e mi ha concesso questa opportunità.

Come è nato il contatto con loro?

Molto del merito del mio passaggio lo devo al mio procuratore Massimiliano Mori, che mi segue dall’anno scorso. Lui sapeva cosa stavo vivendo e ha cercato le squadre giuste per me, anche se era difficile propormi vista questa mia discontinuità. Lui ha trovato un accordo con la Liv Alula Jayco, che stava creando pure un Devo Team. Loro si sono anche dimostrati quelli più interessati a me, facendomi un contratto di due anni. Avevo chiesto un parere anche a Letizia (Paternoster, ndr), che mi ha convinto ad accettare. Credo che possa essere la formazione più adatta a me e sono molto felice di aver firmato con loro.

A ottobre Vitillo è stata in crociera con Brufani, Crestanello, Savi, Bertolini e Basilico, sue compagne in BePink (foto instagram)
A ottobre Vitillo è stata in crociera con Brufani, Crestanello, Savi, Bertolini e Basilico, sue compagne in BePink (foto instagram)
Hai già conosciuto qualcuno della tua nuova squadra?

Sì, con un meeting via computer mi sono sentita con una buona parte dello staff. In particolare con Eric Van den Boom, che era il team manager nella Liv Racing e lo sarà del Devo Team, e con sua moglie Trudy che sarà la nostra preparatrice atletica. Con lei abbiamo già studiato una tabella da sviluppare in questo periodo in vista del ritiro che faremo a Calpe a gennaio.

I tuoi nuovi tecnici cosa vogliono da Matilde Vitillo?

Non ho fatto promesse (sorride, ndr). Diciamo che devo comunque ripartire da zero anche se mi sono accasata con loro. Non mi hanno chiesto nulla di particolare, vogliono farmi crescere ancora. Ed io sono ben felice di affidarmi a loro e fare di tutto per accontentarli. Personalmente vorrei colmare le mie lacune e tornare ad essere competitiva in salita e nella resistenza, che sono sempre stati i miei punti di forza fino all’anno scorso.

Quindi gli obiettivi quali saranno?

Voglio rifarmi e dimenticare il prima possibile questo 2023 così travagliato. Non ho in mente particolari obiettivi, magari evitare di commettere gli errori degli anni passati, anche relativamente alla salute. Guarderemo che calendario farò, però mi piacerebbe arrivare davanti nelle gare a tappe che correrò. Poi sicuramente un obiettivo sarà quello di poter fare qualche corsa col team WorldTour.

Vitillo ha vissuto un 2023 travagliato per motivi di salute, ma nonostante tutto in gara non si è mai risparmiata (foto Ossola)
Vitillo ha vissuto un 2023 travagliato per motivi di salute, ma nonostante tutto in gara non si è mai risparmiata (foto Ossola)
Cosa ti porti dei tre anni trascorsi in BePink?

E’ stato un periodo importante della mia vita. Ringrazio tutte le persone con cui sono stata a contatto. Le compagne con cui mi sono sempre trovata benissimo. Walter (Zini, il team manager) che pretende tanto, ma è bravissimo a prevedere tatticamente la gara e darti i giusti consigli. Mi ha insegnato a leggere bene i momenti decisivi e a non aver paura di tentare un’azione. Anche con Sigrid (Corneo, la diesse, ndr) ho avuto un bel rapporto. Lei ha un approccio diverso. Non ti mette pressioni, ma ti fa dare il massimo. Alla Vuelta a Burgos c’era lei in ammiraglia. Mi ha tranquillizzata durante il finale e credo di aver vinto la tappa per merito suo. Infine ci tengo a ringraziare anche Matteo Filipponi (altro diesse, ndr). Mi ha aiutato tanto a crescere sia atleticamente che personalmente. Mi ha trasmesso tanta fiducia, grazie alla quale sono riuscita ad averne di più in me stessa.