LEVICO TERME – A 37 anni compiuti il 12 ottobre e con il contratto rinnovato per un’altra stagione, Damiano Caruso è ad ora il primo italiano nella classifica generale del Giro: quinto a 2’40” da Del Toro. Parlando di sé e della sua ottima forma, il siciliano dice semplicemente che l’inverno è andato bene e non ci sono stati intoppi. E’ magro al punto giusto, ma non ha fatto diete drastiche: di quelle che ne perdi subito tanti e poi altrettanto rapidamente li riprendi. E proprio la voglia di fare sacrifici nel modo giusto lo ha persuaso di poter fare ancora un anno, tagliando il traguardo delle 19 stagioni (da protagonista) nel professionismo.
Ieri nella tappa di San Valentino, fra salite dure e buontemponi travestiti, Caruso ha atteso Tiberi finché la squadra gli ha dato via libera e allora ha tagliato il traguardo in dodicesima posizione, a 2’31” da Scaroni e con 1’20” di vantaggio sul giovane capitano laziale. Che cosa stia accadendo in questo Giro è qualcosa che ci andava di chiedergli, ricordando bene la sua forma quando arrivò secondo nell’edizione del 2021 e osservando quella attuale. Anche in questo caso dice che magari i numeri sono gli stessi, anche se giurerebbe che siano migliori, ma il peso è sensibilmente inferiore: 65 chili contro i 67 di allora. Come sta Caruso?
«Sto bene – dice – chiaramente con un po’ di stanchezza, ma questo penso che sia normale. Il cervello è ancora collegato alle gambe, quindi so perfettamente che quest’ultima settimana sarà impegnativa. E’ imperativo non dare troppo ascolto alle sensazioni che il tuo corpo ti lancia e gestire la fatica».
Dicono tutti che è un Giro in cui si va velocissimi. L’anno scorso c’era un dominatore come Pogacar, quindi forse era diverso l’approccio. Che differenza c’è tra l’anno scorso e quest’anno?
L’anno scorso siamo partiti tutti battuti in partenza, con un atleta come Pogacar che non lascia spazio. Non perché per di inventiva, ma semplicemente perché Tadej è uno o due step superiore a tutti e quindi c’è poco da inventarsi contro un atleta del suo calibro. Quest’anno si sta correndo in una maniera che onestamente al Giro d’Italia non avevo mai provato. Tutti i giorni sono state tappe difficili, impegnative. Anche in quelle che sulla carta sembravano tappe tranquille, dove magari tirare un po’ il fiato e un po’ di energie: abbiamo speso tutti i giorni.
Questo grande agonismo potrebbe essere la causa delle tante cadute?
Le cadute hanno sempre fatto parte di questo sport, però percepisco molto il nervosismo in gruppo. C’è molta attenzione da parte di tutte le squadre nel proteggere i propri leader e questo chiaramente innesca una serie di conseguenze. Porta il gruppo a viaggiare sempre più forte e ogni squadra vuole prevaricare l’altra, avere la posizione migliore. Questo, inevitabilmente, porta anche a un superiore rischio di cadute.
La tappa di ieri ha cambiato molti riferimenti…
Finora avevo visto un corridore veramente più forte di tutti gli altri, quindi Del Toro, ma non sapevamo come avrebbe retto nella terza settimana. Alla vigilia di questo Giro non era considerato come l’avversario primario, però è evidente che sulla strada avesse dimostrato di non avere paura di niente. L’ho visto pedalare con estrema facilità e con la sicurezza di un veterano. Ieri avrei detto che sarebbe stato difficile trovare un altro corridore che potesse impensierirlo nella prossima settimana. Solo lui potrebbe farlo, commettendo un errore.
Vedi possibile il podio per Antonio Tiberi, che ora viaggia in 8ª posizione a 4’07” dalla testa?
Non lo so se il podio sia possibile. Fino a ieri credevo ci fossero un paio di corridori che avessero più o meno un posto assicurato. Del Toro e Carapaz, insomma, poi mi piacerebbe sperare che per Antonio l’obiettivo sia ancora possibile. Non dobbiamo dimenticarlo, altrimenti da ora in poi si correrebbe solo per il piazzamento, mentre noi siamo venuti per il podio.
Nel frattempo in squadra sono cambiati gli obiettivi, dato che siete in due nei primi dieci?
No, non è cambiato niente. L’obiettivo principale è sempre stato quello di mettere Antonio sul podio e continueremo a provarci. Chiaramente la mia posizione in classifica non è totalmente da buttare al vento, quindi stiamo cercando di fare una cosa difficile. Mettere Antonio sul podio è una top 10 per me. Sappiamo che è difficile, ma dobbiamo provarci perché non vedo altre soluzioni.
Mancano tre tappe di montagna. Il podio che fino ad Asiago sembrava scolpito nella pietra di colpo si è sbriciolato. Il ritiro di Roglic ha rimesso Pellizzari sulla scena, non tanto come uomo capace di ribaltare il Giro, ma certamente come una scheggia capace di destabilizzarlo. La UAE Emirates non sembra più una schiacciasassi e di colpo si ha la sensazione che tutto sia possibile. La tappa di oggi ci farà sapere qualcosa di più. Compreso il delicato equilibrio fra Caruso e Tiberi nella rincorsa ormai faticosa al podio di questo Giro. A Caruso mancano 2’09”, per Tiberi è lontano 3’36”.