Carbonari, “l’incredibile storia di successo” è già dimenticata?

12.12.2024
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La favola di Anastasia Carbonari nel WorldTour è durata un solo anno. Mancava poco alle Olimpiadi, quando il UAE Team Adq le ha fatto sapere che non l’avrebbe confermata per il 2025. Così lei, che a Parigi ha corso con la maglia della Lettonia, ha dovuto interrogarsi sul futuro nel momento in cui avrebbe dovuto pensare soltanto a dare il meglio di sé.

Fra le singolarità della decisione, c’è che il 4 ottobre nel comunicare che la WorldTour e il devo team continueranno anche nel 2025 aumentando la loro integrazione, una frase del team si riferiva proprio all’atleta marchigiana. «In questo periodo – si legge nel comunicato – l’UAE Development Team ha promosso alcune incredibili storie di successo, con Anastasia Carbonari e Lara Gillespie che sono passate all’UAE Team ADQ nel WorldTour, e Zahra Hussain che ha seguito le orme della sette volte campionessa nazionale degli Emirati Arabi Uniti Safia Al Sayegh». In che modo e perché una incredibile storia di successo viene lasciata andare così?

Carbonari era arrivata alla UAE dalla Valcar. Si era guadagnata il posto nella squadra di Arzeni grazie al bel Giro d’Italia del 2021, quando difendeva i colori della Born to Win di Roberto Baldoni. Un anno alla Valcar, uno nel devo team e uno nella WorldTour per la ragazza che, travolta da un’auto nel 2019, aveva rischiato di rimanere paralizzata. Sembrava una favola. E adesso?

Quando hai saputo che finiva quest’anno?

Poco dopo che ho rotto la clavicola alla Ride London ho capito che qualcosa stava cambiando. Diciamo che la certezza è arrivata poco prima delle Olimpiadi, quando il mio procuratore mi disse che sarebbe stato il caso di parlare con la squadra e chiedere un anno in più. Secondo lui si erano resi conto che avessi avuto sfortune e problematiche per tutto l’anno e magari mi avrebbero dato un’altra possibilità. Invece si sbagliava. Dopo il Baloise, una settimana prima delle Olimpiadi, ho capito che era finita.

Come è andata?

Ad aprile avevo cominciato a lamentarmi del fatto che non mi trovassi bene con la preparazione e che i miei valori erano molto lontani dal meglio. Loro continuavano a dirmi di non preoccuparmi, che avevo avuto problemi al ginocchio, quindi mi hanno chiesto di avere fiducia nel lavoro. Io ho provato, ma alla fine ho chiesto di cambiare, solo che ormai era tardi. Dopo il Baloise, dove avevo fatto una fatica come mai in vita mia nonostante sia una corsa adatta alle mie caratteristiche, ho chiamato Cristina (San Emeterio, la capo dei preparatori, ndr). Le ho detto di aver provato a insistere, ma che non mi trovavo bene.

Seconda tappa della Ride London, Carbonari si rompe la clavicola. Teme per Parigi 2024, ma rientra a tempo di record
Seconda tappa della Ride London, Carbonari si rompe la clavicola. Teme per Parigi 2024, ma rientra a tempo di record
E lei?

Mi ha chiesto che cosa volessi fare e io le ho risposto che ai campionati lettoni mi ero vista con il preparatore della nazionale, con cui mi trovavo abbastanza bene. Mi ha detto che ne avrebbe parlato con Alejandro (Gonzalez-Tablas, capo dell’area performance, ndr). Il giorno dopo mi ha richiamato e mi ha detto che avrei potuto prendere il mio preparatore di fiducia e proprio quello mi ha fatto capire che non interessavo più. La squadra preferisce gestire la preparazione internamente, il fatto di lasciarmi libera forse era un segnale…

Pensi di aver avuto un livello all’altezza?

Dal mio punto di vista, ho sempre fatto il massimo. Anzi, ero molto più motivata perché era la prima stagione nel WorldTour. Poi ovviamente non può essere sempre colpa degli altri, qualcosa avrò sbagliato anch’io. Però mi sono affidata al 100 per cento a queste persone. Ho seguito tutto quello che mi avevano detto di fare, ma a fine stagione faticavo a riconoscermi. In più sono successi mille intoppi che mi hanno tolto un po’ di motivazione. Però devo dire che dopo aver cambiato preparatore, mi sono rimotivata subito al 100 per cento. Agli europei ero determinata per far bene, ma mi è caduta la catena in volata ai 100 metri dall’arrivo. Non so come sia possibile che la catena cada in volata all’esterno del 52. Ero a ruota della Vas che ha chiuso ottava, io ho finito la corsa senza pedalare.

Persico, Carbonari, Consonni: è il 2022, la marchigiana ha da poco vinto il primo titolo lettone
Persico, Carbonari, Consonni: è il 2022, la marchigiana ha da poco vinto il primo titolo lettone
Hai chiuso il 2024 in Cina, poi cosa è successo?

Tornata dal Tour of Guangxi, non volevo più sentir parlare di bici, infatti per un mese non l’ho proprio toccata. Intanto ero in contatto con Zini, che pareva dovesse fare la professional e mi diceva di aspettare, a patto che risolvessi i miei problemi di salute. Mi ha mandato anche a fare una visita da un suo ortopedico, perché sosteneva che in bicicletta fossi un po’ storta e questo mi portasse a non rendere al massimo.

E’ vero?

Io sono storta in bicicletta da dopo l’incidente con la Valcar, ma ugualmente l‘anno scorso nel devo team, pur facendo delle corse minori, ho avuto i valori migliori di sempre. E poi ricordiamoci che dal primo incidente, quello del 2019, almeno una volta al mese vado dal fisioterapista per farmi controllare. E’ normale che abbia una problematica, visto che mi sono schiantata, sono quasi morta e mi sono spaccata la schiena. Mi hanno chiesto di aspettare, anche se io avrei voluto cominciare la preparazione. Poi è venuto fuori che non faranno la professional e a quel punto, anche davanti all’assenza di risposte, mi sono detta che avrei smesso per non avere più a che fare con questo ambiente.

Giro d’Italia Donne 2021, questa la fuga verso Mortegliano che segnalò Carbonari alla Valcar
Giro d’Italia Donne 2021, questa la fuga verso Mortegliano che segnalò Carbonari alla Valcar
E’ vero che nel frattempo hai risentito Baldoni?

Sono sempre stata in contatto con Roberto e gli ho raccontato la situazione, anche per farmi consigliare. E lui mi ha detto che se volessi, nella sua squadra un posto per me ci sarebbe, anche come ultima spiaggia. Finché un paio di settimane fa, mi ha chiesto se fossi nelle Marche e se volessi incontrarlo. Abbiamo parlato e mi ha detto che la soluzione secondo lui – e anche secondo Lanzoni, che è il diesse del team – è che per ripartire devo ricostruire il mio rapporto con la bicicletta. All’inizio non ero convinta, più che altro per la sensazione di tornare in una piccola squadra dopo essere stata nel WorldTour. Non sapevo se sarei riuscita a reggere l’impatto. Però insieme mi sono chiesta se arrivare in UAE fosse quello di cui avevo bisogno, perché è stata un’esperienza più drammatica che positiva. Ho corso la Roubaix e le Ardenne tre settimane dopo un infortunio, il Baloise tre settimane dopo aver rotto la clavicola.

Pensi di ripartire con loro?

Sono tornata dalle vacanze per la prima volta veramente riposata. Sono andato in Lettonia con mia madre Natasha e ho incontrato gli amici della nazionale e ci siamo divertiti. Poi con il mio ragazzo abbiamo girato tutta l’Europa con la macchina. Lubiana, Zagabria, Budapest e Vienna. Poi siamo tornati in Italia, a Vermiglio, allo Chalet al Foss di Vermiglio che gli avevo regalato per il compleanno. Uno di quei weekend da cifre folli che fai solo una volta nella vita e ne abbiamo approfittato. Ho girato tanto ed è stato bello vedere quante persone fossero felici anche senza andare in bicicletta, che per me non era una cosa scontata.

Un cambio di mentalità o resti un’atleta?

Semplicemente adesso sono serena. Mi sono messa sotto con l’università, perché ho capito che nel ciclismo siamo numeri: un anno vai e sei la rivelazione, ma se quello dopo vai meno, nessuno ti calcola più. E io sinceramente, ormai a 25 anni, voglio iniziare anche ad avere una mia stabilità. Non posso andare avanti anno per anno, per cui vedrò con Roberto se ho gli stimoli di ripartire per le gare. Intanto però ho iniziato ad allenarmi con la bici delle Olimpiadi.

E come va?

Sta andando bene. Sono a casa, faccio ciò che mi piace. Si vede che per me la vita non prevedeva che in questo momento io andassi avanti in un certo modo nella carriera di atleta. Ovvio che mi dispiace perché ho dedicato tutta la mia vita a questo sport, però non finisce con la bici. Anzi, prima uno se ne accorge e se ne fa una ragione, e prima inizia a capire di doversi comunque costruire un futuro.

Carbonari: «Che esperienza Parigi, ma potevo godermela meglio»

09.08.2024
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Quando ha tagliato la linea del traguardo della prova in linea olimpica, Anastasia Carbonari ha tirato un sospiro di sollievo. Un senso di liberazione, che probabilmente non avrebbe pensato di vivere con la maglia della sua Lettonia nell’evento più importante della vita.

Nelle puntate precedenti vi avevamo raccontato come la ventiquatrenne originaria delle Marche avesse ricevuto la convocazione e si fosse avvicinata a Parigi tra un intoppo fisico e l’altro. Stavolta abbiamo intercettato Carbonari appena rientrata dalla Francia, per chiederle che esperienza è stata tra un aneddoto e l’altro.

Carbonari assieme a Skujins (quinto nella prova maschile) hanno rappresentato la Lettonia alle Olimpiadi
Carbonari assieme a Skujins (quinto nella prova maschile) hanno rappresentato la Lettonia alle Olimpiadi
Anastasia, qual è il primo pensiero post Olimpiade?

Finalmente l’ho fatta, anzi ci sono arrivata sana e salva e poi l’ho fatta. Sì, perché prima di Parigi ho corso il Baloise che è solitamente una gara pericolosa perché tutte vogliono stare davanti e dove ci sono team più piccoli che si buttano dentro ovunque. E infatti alla prima tappa ho tremato ancora. Mancavano cinquanta chilometri all’arrivo, ero a ruota del blocco della DSM-Firmenich, quando due di loro si sono toccate e hanno innescato una caduta. Sono finita a terra anch’io per fortuna senza conseguenze. Ho cambiato la bici, ma non è stato semplice ripartire.

Perché?

Non lo nascondo, ma ho pianto per mezz’ora perché sembrava una maledizione. Non era tanto per l’escoriazione al ginocchio, quanto più per l’ennesimo pericolo scampato che mi poteva far saltare i Giochi. Anche Wiebes nella volata della seconda tappa si è spaventata per le troppe spallate ed è finita sull’erba. Anche lei non voleva compromettere la sua partecipazione. Alla fine la mia compagna Kumiega è stata carinissima, standomi vicina, rincuorandomi e riportandomi nel centro del gruppo. A quel punto Parigi si avvicinava sempre di più.

Selfie time. Il diesse lettone Toms Flaksis (in primo piano) ha aiutato Carbonari ad ambientarsi appena atterrata a Parigi
Selfie time. Il diesse lettone Toms Flaksis (in primo piano) ha aiutato Carbonari ad ambientarsi appena atterrata a Parigi
Quando sei arrivata nella capitale francese?

Il 30 luglio ho corso il Kreiz Breizh in Bretagna e sono partita in auto. Sono arrivata a Parigi all’una di notte, ma ho un avuto un piccolo comitato d’accoglienza lettone. Ad aspettarmi c’erano il diesse Toms Flaksis, il meccanico Raivis Jansons ed un altro dirigente che curava tutta la parte di logistica ed organizzazione. Sono stati tutti splendidi a spiegarmi ogni cosa e farmi inserire subito nel team con gli altri atleti.

Come hai trascorso i giorni prima della gara?

Il 31 luglio ho fatto un giro del villaggio per conto mio, sentivo di averne bisogno. Poi mi sono allenata nella zona di un vecchio ippodromo poco distante dal villaggio che aveva un anello di tre chilometri. Quasi tutti i ciclisti parigini si allenano lì e c’erano molti altri colleghi. Il primo di agosto avevamo la prova collettiva del circuito cittadino, ma al mattino mi ero fatta quarantacinque minuti di auto ed avevo pedalato circa 70 chilometri del percorso in linea. In pratica, tra strade che si facevano sia all’andata che al ritorno, sono riuscita a fare tutto il tracciato. Infine il giorno successivo l’ho trascorso allenandomi con le mie compagne della UAE ed altre ragazze. Sono passati veloci quei giorni.

Carbonari ha compiuto la ricognizione del percorso olimpico in due momenti. Prima il tratto in linea, poi il circuito cittadino
Carbonari ha compiuto la ricognizione del percorso olimpico in due momenti. Prima il tratto in linea, poi il circuito cittadino
Avete alloggiato nel villaggio olimpico o in un hotel fuori?

Eravamo all’interno del villaggio dove il comitato olimpico della Lettonia aveva preso una palazzina per i suoi atleti. Al primo piano avevamo un salotto dove guardare le varie prove, con un servizio ristoro fornito da Rimi Baltic, una catena di supermercati lettoni e sponsor del nostro comitato. Io ero in camera con Veronika Sturiska, una ragazza di diciotto anni, già campionessa del mondo della BMX sia da juniores l’anno scorso che da U23 quest’anno. E’ stato bello conoscerci meglio e scambiare le proprie impressioni, anche se a dire il vero ho passato poco tempo con il resto dei miei connazionali perché ognuno era impegnato con le proprie discipline. E poi spesso parlavano fra loro in lettone ed io ancora non lo capisco così bene (sorride, ndr).

Alla sera come era organizzata la cena?

Abbiamo sempre cercato di andare a mangiare nel ristorante grande del villaggio dove c’erano anche le altre nazionali per respirare meglio l’atmosfera olimpica. La cena era tutta a buffet e personalmente ero molto curiosa di vedere come mangiavano i super campioni di certi sport. Anche quello è stato un bel modo per avere un confronto.

Tris UAE a Cinque Cerchi. Carbonari ha pedalato anche con le compagne di club Bujak e Persico
Tris UAE a Cinque Cerchi. Carbonari ha pedalato anche con le compagne di club Bujak e Persico
Hai avuto modo di parlare con qualcuno di altri sport o nazioni?

Sì, ma non l’ho fatto perché mi vergognavo un po’ (dice sorridendo con un pizzico di rammarico, ndr). Una sera davanti a me, nella zona del dessert, c’era addirittura Simone Biles, la pluricampionessa della ginnastica (sette ori olimpici e 23 mondiali, ndr) che stava prendendo la frutta. La ammiro tantissimo, non solo per i risultati, ma anche per le battaglie che fa per lo sport femminile. Ero impietrita, avrei voluto salutarla e dirle che è un mito, ma non l’ho fatto perché non volevo disturbarla. Quando è tornata al suo tavolo, ci siamo salutate… e mi sono pentita di non aver chiacchierato con lei.

Con i colleghi ciclisti sei stata più sciolta?

Così così. Un giorno ho incrociato Matthews e Van Aert che stavano chiacchierando, ci siamo scambiati il saluto, però mi sono limitata solo a qualche rapida battuta. Il mio fidanzato Riccardo quando lo ha saputo mi ha sgridata perché dovevo dire a Van Aert che lui è il suo idolo assoluto! Potevo osare di più in generale, considerando che i pass olimpici erano fatti in modo da scambiarsi delle “spillette” con altri atleti proprio per incentivare la conoscenza reciproca.

Ti sentivi in soggezione?

Non saprei, so che non mi sono goduta fino in fondo il clima olimpico, d’altronde come il resto della stagione. Pensavo di essere in difetto rispetto ad altri perché alle Olimpiadi ci sono atleti che sacrificano anni della propria vita per esserci al top, mentre io invece ci sono arrivata tesa e senza una condizione accettabile o quella che speravo. Poi ti accorgi che l’organizzazione e tutto il personale è lì per te, a tua disposizione. E’ complesso e paradossale da spiegare. Non è stato semplice vivere questo contesto non essendo al cento per cento mentalmente. E la gara sapevo che sarebbe stata dura, ma almeno avrei sofferto meno e divertita di più se fossi stata più serena.

Sorride Anastasia a fine gara, ma i giorni precedenti sono stati vissuti con qualche ansia
Sorride Anastasia a fine gara, ma i giorni precedenti sono stati vissuti con qualche ansia
Ci saranno stati dei lati positivi. Quali sono stati per Anastasia Carbonari?

Certo che ci sono. Forse non li ho realizzati sul momento ed anche questo ha contribuito al mio stato d’animo così contratto. Tuttavia è stata una settimana di forti emozioni. Ho ripensato a quello che mi era successo, quando sono stata addirittura vicina a rinunciare. Nonostante tutto sono andata a Parigi e questo mi riempie d’orgoglio, l’ho anche detto in una intervista alla televisione lettone dopo il traguardo. Oppure penso su come si è chiuso un cerchio che si era aperto a Foligno.

Ovvero?

Me lo faceva notare mia madre durante il volo di ritorno. A Foligno ho corso una delle primissime gare da giovanissima e a distanza di tanti anni sempre lì ho preso il treno per il viaggio che mi ha portata alle Olimpiadi. Chi lo avrebbe detto all’epoca che avrei realizzato un sogno del genere? Ecco, questa deve essere la mia nuova forza per il futuro. Magari per Los Angeles, di sicuro per il finale di stagione dove voglio dare un segnale e fare bene.

Giorni in Lettonia con Carbonari, la vittoria e i ricordi di famiglia

10.07.2022
6 min
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Анастасия Карбонари sta uscendo dal primo Giro in maglia Valcar-Travel&Service con qualche fuga all’attivo, come fu una fuga interminabile lo scorso anno a farla notare a Capo Arzeni. Il nome in cirillico è il modo poco serio per ricordare che lo scorso inverno Anastasia Carbonari ha preso il passaporto lettone e poche settimane fa ha vinto il titolo nazionale su strada. Per questo corre nella sua maglia rossa con la fascia bianca e ne va giustamente orgogliosa.

Ma come è stato vincere il campionato nazionale in Lettonia? Contro chi ha corso? Dove hanno corso? E come era organizzato? Così approfittando di una serata più tranquilla al Giro d’Italia, subito dopo la fuga di Reggio Emilia, le abbiamo rivolto un po’ di domande.

«Siamo partite dopo 20 chilometri – ammette sfinita – ci hanno ripreso ai meno 8. Siamo state in fuga quasi per 80 chilometri, su un percorso piattissimo e con un caldo bestiale. La tipica tappa in cui vado in fuga io (sorride, ndr). Ma era caldo anche in Lettonia…».

In fuga nella tappa di Reggio Emilia, con Vitillo, Bariani e Monticolo: caldo e pianura in abbondanza…
In fuga nella tappa di Reggio emilia, con Vitillo e Bariani: caldo e pianura in abbondanza…
Ecco, racconta. Quando è arrivato il passaporto lettone?

L’anno scorso, dopo l’estate. Ho fatto tutto a Roma, mentre a ottobre sono stata su in vacanza, per rivedere i posti in cui è cresciuta mia madre.

I campionati nazionali, invece?

La squadra ha organizzato il volo da Bergamo. Per l’assistenza in corsa ho avuto il tecnico della nazionale, ma ero sola. Sono andata anche per la crono e sono arrivata terza.

Sola anche nell’organizzazione quotidiana?

Ho fatto l’atleta al 100 per cento. Cucinavo da me, mi allenavo al mattino e nel pomeriggio stavo con alcune amiche che corrono in Spagna. Lia Laizane e Lina Svarinska.

Come ci si allena in un posto che non si conosce?

Quando andavamo d’estate con la famiglia, inizialmente portavo la bici. Poi ho smesso di andare, perché capitava sempre ad agosto e dovevo allenarmi o correre. Però ci sono le ragazze di Latvian Cycling che corrono là e ci hanno spiegato i percorsi.

Quante eravate il giorno della corsa?

Al via circa 70 ragazze. Non abbiamo corso solo noi lettoni, ma è stato il Campionato delle Repubbliche Baltiche. Sul traguardo c’è passata prima Rasa Leleivyte, che corre con l’Aromitalia-Vaiano. Mi ha battuto in volata e ha vinto il campionato lituano. Io ho vinto quello lettone.

Percorso veloce?

Abbiamo corso a Kuldiga, in Lettonia. Lì non c’è neanche un metro di pianura, ma non ci sono grandi salite. Prima c’era un tratto in linea non troppo duro, mi viene in mente un drittone di 12 chilometri nei boschi. Poi siamo entrate nel circuito, con due strappetti e tratti di pavé. Quello è stato bello tecnico. Si sono messe davanti le due lituane del Vaiano a fare l’andatura e di fatto hanno staccato il gruppo.

Cosa ti è parso dell’organizzazione?

Molto diverso da qui, curata dalla federazione baltica. Il pubblico era composto dai genitori degli atleti e le persone coinvolte direttamente nelle varie gare. In più c’erano i curiosi, perché nella notte tra il 23 e il 24 giugno si celebra il Ligo, la festa del solstizio che è anche festa nazionale. Un po’ come da noi a Ferragosto. Si fa la notte bianca, con grigliate e altre cose. Kuldiga è una cittadina turistica, abbastanza importante. La cosa strana è che in questo periodo c’è luce fino a tardissimo e poi il sole sorge nuovamente alle 3 del mattino.

Da perdere il senso del tempo?

Ho avuto qualche difficoltà. Perché era sempre giorno e mi ritrovavo ancora in giro per casa alle 11 della sera, mentre avrei già dovuto essere a dormire.

Come è stata la premiazione?

Un po’ imbarazzante. Quando è partito l’inno e non capivo, soprattutto. Il lettone è diverso dal russo e anche abbastanza complicato. Le tre Repubbliche Baltiche hanno lingue diverse e non si capiscono fra loro. Sono ceppi linguistici diversi. Quando c’era mia madre, parlavamo russo. Le famiglie di origine russa hanno sempre cercato di tenere la loro lingua, per cui io parlo russo ma non il lettone. E la premiazione ovviamente l’hanno fatta in lettone.

Al ritorno a Roma, per Anastasia Carbonari il compagno Riccardo, la mamma e il papà
Al ritorno a Roma, il compagno Riccardo, la mamma e il papà
E cosa ha significato conquistare quella maglia?

Ci tenevo parecchio. La lettonia è la mia seconda casa, c’erano i miei nonni che ora sono morti. Sono passata a salutarli e sarebbero stati davvero contenti. Per questo ho lasciato su il diploma del vincitore. Serve per tenere vivo il ricordo, è stato veramente emozionante. Mia madre è stata molto contenta, sentivo che era tesa, perché ero su da sola. Ma è stata un’esperienza che mi ha fatto crescere molto, per la quale la Valcar ha investito e gliene sono grata.

Farai anche il mondiale con la maglia lettone?

Purtroppo no. Non sapevo che c’è una regola per cui nel primo anno di cambio di nazionalità non puoi farlo. Se ne parlerà l’anno prossimo, così mi ha detto Raivis Belohvosciks (pro’ dal 1999 al 2011, ndr) che è il tecnico federale. Per questo mi godo la maglia, è un bel richiamo. Finora è davvero un grande anno.