La Drone Hopper si ferma. Chi pensa a questi sei?

26.11.2022
6 min
Salva

Le speranze della Drone Hopper di restare professional si sono librate in aria e sono sparite. Il main sponsor spagnolo non ha più eliche per tenere in volo la formazione italiana. L’impegno economico che si era assunto la start-up per le prossime annate non può più a garantirlo. Ormai a questo punto servirebbe un miracolo, ma per quanto Gianni Savio negli anni ci abbia abituato ad operazioni straordinarie, stavolta non sarà così.

Benché non ci sia ancora nulla di ufficiale, le voci dicono che il suo team dovrebbe prendere la licenza continental facendo una “fusione” con una formazione colombiana. La prima conseguenza di questa unione sarà la riduzione del roster. Lo slot di posti per i corridori italiani è praticamente assicurato soltanto a Benedetti (che aveva un biennale in tasca) e a Ciuccarelli (neo pro’ nel 2023). Di Chirico abbiamo parlato un mese fa, Mattia Bais è appena stato annunciato dalla Eolo-Kometa (dove raggiungerà suo fratello Davide). Ma gli altri italiani che erano in scadenza di contratto cosa faranno? E come stanno vivendo il momento? Sono in sei e glielo abbiamo chiesto, naturalmente. Rubrica telefonica e via. Componiamo i numeri e ascoltiamoli.

Simone Ravanelli si sta affidando ai suoi procuratori Alberati (in foto) e Fondriest per trovare una soluzione per il 2023
Simone Ravanelli si sta affidando ai suoi procuratori Alberati (in foto) e Fondriest per trovare una soluzione per il 2023

Ravanelli al bivio

Simone si è dato un time limit per conoscere il suo futuro anche se sembra aver metabolizzato abbastanza bene la vicenda.

«Sto continuando ad allenarmi. Un po’ per svagare la mente – dice – un po’ per farmi trovare pronto se arrivasse una chiamata da Gianni o da altri. Sarei disposto a restare anche nella continental perché so che nel 2024 potremmo tornare professional. Sono dei compromessi che posso accettare con loro, ma ho 27 anni e devo avere delle garanzie. Entro metà dicembre mi piacerebbe sapere in modo definitivo cosa ne sarà della Drone Hopper. In ogni caso sto valutando il cosiddetto piano B. Vorrei restare nel mondo del ciclismo sul lato commerciale, sfruttando i miei studi al liceo scientifico. Magari qualche azienda del settore potrebbe avere bisogno, sto iniziando a buttare un occhio in giro. Diciamo che sono preparato a smettere, anche se spero di no. E anche se speravo di farlo in un altro modo o molto più in là.»

Alessandro Bisolti, classe 1985, è pro’ dal 2009. Non è preoccupato di dover smettere
Alessandro Bisolti, classe 1985, è pro’ dal 2009. Non è preoccupato di dover smettere

Bisolti, tante idee

Alessandro ha la battuta pronta appena lo contattiamo. «Se non dovessi continuare potrei venire da voi di bici.PRO visto che al Langkawi e al Rwanda vi ho fatto da inviato in corsa. Mettete una buona parola col vostro capo (dicendo ridendo, ndr). Scherzi a parte, in questa situazione sono quello che ho meno da perdere rispetto agli altri miei compagni. Ho 37 anni, sono pro’ dal 2009, le mie soddisfazioni me le sono tolte e devo solo capire se ne valga la pena correre ancora. Ho tante idee per il futuro.

«In una situazione simile mi trovai giusto dieci anni fa quando ero al Team Idea. Eravamo continental e dovevamo diventare professional nel 2013, ma vennero a mancare gli sponsor. Andai a lavorare in carpenteria con mio padre. Tornai a correre nel 2014 ma in quel periodo presi l’abilitazione da geometra che adesso può tornarmi utile. Attualmente non mi sto allenando, mi sto godendo le mie bambine di 5 e 9 anni. Fra venti giorni vedremo come andrà, mi aspetto qualche comunicazione sulla nostra chat o una chiamata anche solo per salutarci.»

Marchiori Bretagne
Leonardo Marchiori esulta al Bretagna nel 2021. Quest’anno invece ha avuto una stagione difficile. Solo 23 giorni di gara
Marchiori Bretagne
Leonardo Marchiori esulta al Bretagna nel 2021. Quest’anno invece ha avuto una stagione difficile. Solo 23 giorni di gara

Marchiori alla finestra

Leonardo è piuttosto attivo fisicamente e sul suo futuro mantiene un discreto ottimismo, forse perché avendo 24 anni è quello che potrebbe rientrare di più nei piani di Savio e Bellini o di altre formazioni.

«Sto vivendo questo momento in modo strano – spiega – pensando a cosa è successo a noi, alla Gazprom o anche alla B&B Hotels, seppur per circostanze non del tutto uguali. Esco in bici in modo blando, mentre in palestra sto lavorando più sodo. Tant’è che ho fatto già dei corsi per diventare personal trainer. Proposte di qualche team continental le ho avute, ma ovvio che sto aspettando di avere notizie dalla mia squadra. Tuttavia moralmente sono più positivo che negativo anche se all’inizio è stata dura, una vera mazzata.

«Se nessuna formazione mi chiamerà, un lavoro lo troverò. Mio padre ha un panificio che fa anche da pasticceria e bar. Di sicuro so che una persona in più gli potrebbe fare comodo. Oppure so che le aziende nell’orbita della Fincantieri cercano sempre».

Filippo Tagliani quest’anno è stato molto regolare. Ha conquistato un terzo posto sia in Turchia che in Grecia
Filippo Tagliani quest’anno è stato molto regolare. Ha conquistato un terzo posto sia in Turchia che in Grecia

Tagliani scoraggiato

Tra i ragazzi della Drone Hopper quello che appare più scoraggiato è Filippo Tagliani. Il 27enne bresciano ha faticato tanto, meritandolo, per passare pro’ che ora si trova nell’incertezza totale.

«Sto facendo fatica ad accettare questa situazione – dice – soprattutto perché avevo disputato una buona stagione. Non mi sono mai ritirato in nessuna delle 70 gare che ho fatto. Alla fine, sentendomi con gli altri miei compagni, Ravanelli, Marchiori, Marengo ed io potremmo rientrare nei piani nella continental di Savio. Non è stato facile nemmeno guardarsi attorno perché le altre squadre sono già fatte. Adesso aspetto e spero. Nel frattempo cercherò di capire cosa poter andare a fare anche se sono stato preso proprio alla sprovvista».

Edoardo Zardini nel 2022 ha disputato 74 giorni di gara. Nella Drone Hopper solo Sepulveda ne ha fatti di più
Edoardo Zardini nel 2022 ha disputato 74 giorni di gara. Nella Drone Hopper solo Sepulveda ne ha fatti di più

Zardini, un passo indietro

L’amarezza pervade anche Edoardo, ma il 33enne scalatore veronese aveva iniziato ad avere altre idee malgrado sia stato quello che ha corso di più.

«Già durante il Giro d’Italia stavo maturando l’idea di smettere. Il mio l’ho fatto. Ultimamente mi hanno cercato una continental britannica ed una professional, ma gli ho detto di no. Fare il corridore diventa sempre più difficile e devi esserne convinto al 100 per cento. Non era più così per me, non posso continuare solo per fare contenti gli altri. E poi anche l’anno scorso ho vissuto la stessa situazione (chiusura della Vini Zabù, ndr). Ormai ho deciso di ritirarmi. Posso andare a lavorare nell’azienda dei miei genitori o da altre parti. Restare nel ciclismo non mi interessa, forse un domani potrei pensare di collaborare con qualche formazione giovanile

Umberto Marengo, classe ’92, qui al Tour of Antalya. La sua ultima gara è stata la Veneto Classic a ottobre (foto Bettini Drone Hopper)
Umberto Marengo, classe ’92, qui al Tour of Antalya. La sua ultima gara è stata la Veneto Classic a ottobre (foto Bettini Drone Hopper)

Marengo, rabbia e frustrazione

L’umore di Umberto è mix tra rabbia e frustrazione. Come dargli torto. «Avevo scelto la Androni per rilanciarmi, però sembrava che fosse tutto segnato, che non dovesse andarmi bene nulla a livello agonistico. Questa è la cosa che mi fa più male. In carriera sono sempre stato in salute, ma quest’anno ho preso Covid, bronchiti e citomegalovirus che mi hanno condizionato parecchio.

«Sto uscendo in bici regolarmente come se dovessi ricominciare la nuova stagione, ma quando sono rientrato dalle ferie non volevo nemmeno ricominciare ad allenarmi. Poi la mia compagna e gli amici mi hanno detto che non sarebbero stati questi due mesi di bici a farmi difetto. Metti che succeda davvero un miracolo? Tuttavia sono consapevole che sarà impossibile continuare a correre, anche perché non ho avuto altre proposte. Valuterei anche un ingaggio in MTB. Ho in testa tante cose senza bici, ma prima di pensare a cosa farò devo elaborare bene mentalmente questa situazione.»

Grosu, l’uomo che finora era mancato alla Drone Hopper

12.07.2022
4 min
Salva

Zarnesti è una cittadina della Romania. Poco più di 25.000 anime che vivono nel mito del Conte Dracula. E tra queste anime c’è Eduard-Michael Grosu, che non è un vampiro, ma un ciclista. E anche di quelli tosti.

Grosu veste i colori della Drone Hopper-Androni. La sua storia con il ciclismo è legata a doppio filo con l’Italia. Il suo fisico possente, unito con la nostra mentalità ne fanno un corridore scaltro, uno di quelli che sa il mestiere. Il guaio è che per una serie di acciacchi non ha potuto correre il Giro e la squadra ne ha sentito davvero la mancanza.

Eduard Grosu (classe 1992) con suo padre Viorel, anche lui corridore
Eduard Grosu (classe 1992) con suo padre Viorel, anche lui corridore

Figlio d’arte

«Vero – racconta Grosu fresco del suo Sibiu Tour – abito a tre chilometri dal castello di Dracula. Di solito sono in Romania, vengo in Italia quando ci sono le corse.

«Ho iniziato con il ciclismo perché mio papà Viorel è stato a sua volta un ciclista. E’ stato sei volte campione di Romania, ma essendoci il comunismo non poteva uscire dalla patria Lui ha messo su una squadra di ciclismo ed è lì che ho iniziato. 

«Da bambino facevo tanti sport. Anche box, sci… però alla fine ero sempre in bici».

«Sono arrivato in Italia la prima volta nel 2011 per la stagione del cross. Io cercavo squadra già da un po’. Ero stato in Svizzera, al centro Uci, da juniores ma poi ero dovuto tornare a casa. Si sapeva che cercavo squadra. Arrivai al Team Cerone, in Piemonte. Ero al primo anno da under 23.

«Su strada invece arrivai a metà dell’anno successivo. Arrivai alla Overall, grazie alle buone parole del diesse del Team Cerone».

Nel 2020 Grosu ha vinto la generale del Sibiu Tour, la più importante corsa in Romania dall’appeal sempre più internazionale
Nel 2020 Grosu ha vinto la generale del Sibiu Tour, la più importante corsa in Romania dall’appeal sempre più internazionale

Abilità di guida

Grosu mette subito in mostra le sue doti di abile pilota, buon velocista e una super grinta. Doti che già anni fa il suo primo tecnico tra i pro’ alla Nippo-Vini Fantini, Stefano Giuliani esaltò: «Ce ne sono pochi che guidano bene come Grosu».

«Forse perché in bici ho fatto un po’ di tutto da bambino – spiega Grosu – in Romania essendoci poche gare si faceva di tutto: ciclocross, mtb, pista, strada, i criterium E poi essendo un velocista mi piace l’adrenalina, devo essere abile. Se trovo spazio, in discesa metto sempre me stesso e gli altri alla prova».

 

«E credo che per questo motivo sappia leggere bene la corsa. Il ciclismo è cambiato, ma io mi sono sempre adattato».

Eccolo agli europei 2020 a Plovdiv dove è stato 9° nell’eliminazione (foto Instagram)
Eccolo agli europei 2020 a Plovdiv dove è stato 9° nell’eliminazione (foto Instagram)

Grinta Grosu

Un corridore così non poteva passare inosservato a Gianni Savio. Valori perfetti per una squadra che ha nella grinta e nell’attacco il suo Dna.

«Sono arrivato alla Drone Hopper-Androni quest’anno. La Delko chiudeva per mancanza di soldi e i miei procuratori, i Carera, mi dissero di questa offerta. Pensate che facemmo tutto in un giorno. Ero alle Olimpiadi di Tokyo e firmai il contratto online».

«Sono in una squadra nuova e ho messo la mia esperienza al servizio dei più giovani. E questo mi piace. Mi piace correre davanti, sapere sempre cosa succede e così poter guidare i ragazzi. Magari loro vedendomi possono imparare. Ed è per questo che sono stato preso: per loro e anche per fare qualche risultato ovviamente».

Eduard è molto veloce e sa destreggiarsi bene in gruppo
Eduard è molto veloce e sa destreggiarsi bene in gruppo

Chioccia e apripista

Ma uno dei ruoli fondamentali di Grosu era ed è quello di aiutare i velocisti. Lui stesso è molto veloce e con le sue caratteristiche può essere un ottimo apripista.

«Abbiamo – dice Grosu – corridori veloci come Marchiori. E anche Benedetti. il problema è che dall’inizio dell’anno, per un motivo o per un altro, ci siamo visti poco. Alla fine ho passato molto più tempo con “Natalino” (Natnael Tesfatsion, ndr), con Andrii Ponomar, con Santiago Umba e ultimamente anche con Andrea Piccolo. Con loro abbiamo fatto dei ritiri per conto nostro. Con Natalino e Andrii davvero ci ho passato un sacco di tempo.

«Con Piccolo ero in camera al Sibiu Tour e abbiamo parlato molto. Un ragazzo davvero forte».

«Per quanto riguarda Marchiori, spero che da adesso in poi potremo vederci di più. E spero di cogliere qualche risultato. Verrò in Italia per le corse di fine stagione. Sono affascinato dalla Bernocchi con il Piccolo Stelvio. Andai forte l’anno che vinse Nibali. E mi piace anche la Milano-Torino».

Il manubrio per i velocisti: sentiamo loro e il tecnico

26.01.2022
7 min
Salva

Velocità, potenza, aerodinamica sono elementi imprescindibili per la volata. Tutto è portato al massimo, lo sforzo del corridore ma anche il materiale è sottoposto al massimo dello stress. Pensiamo a quel che possa “patire” il telaio, ma anche il manubrio quando un Van Aert che sprigiona tutta la sua potenza sui Campi Elisi ci si aggrappa, lo tira e lo “contorce”.

E proprio del manubrio del velocista vogliamo parlare. Quali caratteristiche deve avere? Cosa richiedono gli atleti?

Per esempio un elemento che emerge è l’avanzamento della parte alta della piega per non far toccare l’avambraccio alla piega stessa mentre si sprinta. O l’allargamento delle curve rispetto alla parte alta del manubrio che portano ad una presa leggermente diversa, sempre per far sì che braccio e piega non si tocchino, come ci diceva tempo fa Nizzolo. Ma c’è molto altro…

La piega integrata di Nizzolo, la Black Inc: la sua parte bassa è 1,5 centimetri più larga rispetto a quella più alta in tutte le misure disponibili
L’integrato di Nizzolo, il Black Inc: la sua parte bassa è 1,5 centimetri più larga rispetto a quella più alta in tutte le misure disponibili

L’esperienza di Cimolai

Partiamo da un velocista di esperienza, Davide Cimolai. Al Team Cofidis utilizza un manubrio Vision Metron 6D.

«Il mio manubrio – spiega Cimolai – è integrato. E’ più largo nella parte inferiore. E’ un 42 centimetri centro-centro nella parte superiore che diventano 43,5 in quella inferiore. Sinceramente preferirei quello classico, quindi con larghezza costante di 42 centimetri anche nella parte bassa della curva… Poi magari con questo vinco la Sanremo! Mi sento un po’ troppo largo».

Più largo in basso però significa anche un maggior “effetto leva” quando si tira. «Non so quanto 1,5 centimetri si possano sentire, per la mia esperienza personale non ho avvertito questo effetto, semplicemente lo sento un po’ meno “mio” nella guida».

L’integrato poi porta con sé anche il discorso delle curve. Una volta si aveva forse più possibilità di scegliere la tipologia: curva classica, curva anatomica, curva belga, adesso invece si va verso la curva unica, che se vogliamo è un mix di tutte le altre. «Una cosa positiva però – conclude Cimolai – di queste curve attuali e dei manubri integrati è che sono davvero rigidi».

Parola a Marchiori

Leonardo Marchiori alla Drone Hopper – Androni Giocattoli utilizza il manubrio Deda Alanera, uno dei più diffusi in gruppo.

«Oggi – dice il veneto – in gruppo ci sono moltissimi manubri integrati, specie per i velocisti, perché sono più rigidi. Il limite è che si hanno meno possibilità di sistemarlo esattamente come si vuole, quindi sta ad ogni corridore valutare alla fine quale preferisce, se il set tradizionale (attacco più piega) o appunto quello integrato. Io per esempio sono riuscito a riprodurle tutte. L’unica cosa che cambia è la larghezza. Avrei preferito una piega da 38 centimetri, invece sotto a 40 l’Alanera non c’è per ora».

«Perché così stretta? Per infilarsi meglio nei buchi durante la bagarre della volata e perché si è visto che si è più aerodinamici se si è stretti piuttosto e magari “alti”, piuttosto che larghi ma più bassi.

«In generale il manubrio integrato è più rigido, più scattante, e non lo cambierei per nulla in volata, tanto più che io ho una posizione molto avanzata e il mio corpo fa parecchio peso sulla ruota anteriore e pertanto anche sul manubrio. No, no… lo devo sentire rigido, altrimenti se è elastico si sente subito e ci si fida meno».

Sentiamo il tecnico

E allora ascoltiamo anche il parere del tecnico, Davide Guntri di Deda Elementi, brand che produce appunto l’Alanera.

Davide, cosa vi chiedono i velocisti? Sviluppate con loro i vostri prodotti?

La scelta del manubrio è soggettiva. Una volta forse si sviluppava un po’ di più il prodotto insieme agli atleti. Prima volevano un manubrio più chiuso e più profondo. Oggi invece i reach sono tutti sui 75/80 millimetri. Ma perché questo? Perché quando si alzano in piedi per sprintare non vogliono che l’avambraccio vada a toccare la parte alta della piega.

Però in teoria dovrebbe essere il contrario: con un manubrio più profondo è più facile che l’avambraccio tocchi la parte alta della piega…

Vero, ma erano anche diverse le curve. Erano più aperte. Con il manubrio in alluminio queste “scendevano” prima. La rotazione della curva era meno accentuata. Adesso invece con il carbonio sei più libero di modellare il tuo prodotto.

E quindi oggi cosa vi chiedono i velocisti?

In verità non chiedono cose particolari in generale. Con l’Alanera tutti i nostri velocisti tutto sommato sono accontentati. Il primo ad utilizzare questo prodotto fu Greipel. Lui ne trasse subito dei benefici in quanto essendo un monoscocca è un manubrio molto rigido (Greipel era un peso massimo, ndr). In più aveva un drop da 130 millimetri, che era abbastanza alto per quei tempi. La cosa che invece mi sta stupendo è che soprattutto i velocisti ci stanno richiedendo dei manubri molto piccoli, da 40 e da 38 centimetri. A tal proposito vorrei ricordare che le nostre misure sono un po’ diverse. Noi le prendiamo sull’esterno, non centro-centro. Quindi un nostro 40 centimetri è un 38 tradizionale.

Si dice che il manubrio di Caleb Ewan lo facciate voi. E’ così?

Sì, è così. È una collaborazione nata tra noi e Ridley, ma non è un prodotto Deda, infatti non è inserito nel nostro catalogo. E’ un qualcosa che abbiamo sviluppato con i loro ingegneri. Ed è un manubrio abbastanza stretto, da 38 centimetri.

Perché gli sprinter sono alla ricerca di un manubrio più stretto?

Principalmente per questioni aerodinamiche, anche se è una scelta che va un po’ controcorrente. Fino a pochi anni fa si diceva che con il manubrio stretto si respirava peggio in quanto con le spalle più strette il diaframma restava costretto. Inoltre si perdeva qualcosa in fatto di guidabilità. Invece noi adesso stiamo iniziando a consegnare le prime Alanera da 40 centimetri (esterno-esterno, ndr). Presto avremo i feedback da parte dei corridori. Al momento abbiamo avuto solo quello di Ewan, ma il rischio è che essendo lui così piccolo possa essere un po’ fuorviante.

Prima, Davide, hai parlato anche di disegno delle curve. Una volta c’era quella belga, quella italiana, quella anatomica… Ora invece sembra si vada verso un “monodisegno” è così?

Sì, è così. La piega anatomica è ormai quasi sparita e tutti tendono ad utilizzare più o meno lo stesso disegno con reach e drop rispettivamente attorno ai 75 e 130 millimetri. Qualcuno chiede ancora la versione Shallow vale a dire quella un po’ più ampia. Uno di loro è Matteo Trentin, ma questo perché lui ha delle mani e delle dita molto grandi e non riesce ad adattarsi troppo bene all’Alanera. Non a caso Matteo è tornato al set classico, piega più attacco, in alluminio. Abbiamo fatto per lui un attacco manubrio della nostra linea Zero100 negativo (-70°) e con un passaggio di cavi semi integrato.

Quindi lui è una particolarità…

Oggi i manubri più venduti sono quelli RHM, che hanno un reach da 75 millimetri e un drop da 130. Abbiamo sviluppato anche la piega Vinci Super Shallow per i belgi, su richiesta proprio della Lotto-Soudal, in quanto volevano un drop leggermente più piccolo, infatti è di 125 millimetri, ma il reach è sempre lo stesso (75 millimetri, ndr), scelta quest’ultima che non penalizza chi ha le mani lunghe.

I manubri per i velocisti hanno una struttura diversa? Sono più robusti?

Alcuni modelli sì, come lo Shallow. Abbiamo inserito nel layout più “pelli di carbonio” soprattutto nella parte laterale, quella più soggetta alle flessioni durante lo sprint. In linea di massima cerchiamo sempre di accontentare i nostri atleti, ma se aggiungiamo troppo materiale poi sale il peso. Adesso per esempio stiamo sviluppando il modello Vinci. Vogliamo renderlo un po’ più rigido ai lati, ma senza aumentare troppo il peso, a volte bisogna cambiare il layout delle pelli stesse, togliere il materiale da una parte e aggiungerlo dall’altra. Ma è un lavoro non facile.

Marchiori Bretagne

Marchiori, un giovane col vizio… di vincere

29.09.2021
4 min
Salva

Non è facile farsi sei ore di bici con la febbre. Specialmente se arrivi da un buon momento di forma e dalla tua prima vittoria da professionista.

Leonardo Marchiori infatti l’ha centrata lo scorso 24 settembre nella quinta tappa del Tour de Bretagne e quando lo chiamiamo per saperne di più, il ventitreenne della Androni Giocattoli-Sidermec ha finito da poco la prima frazione di 237 km della Cro Race (gara a tappe croata dal 28 settembre al 3 ottobre) con qualche difficoltà. «Oggi è stata dura perché ho qualche linea di febbre. Ho dovuto portare la bici all’arrivo ma sono riuscito a stare in gruppo e spero di recuperare energie in fretta per fare qualcosa prima della fine».

Ad inizio 2021 attorno al velocista veneziano c’era curiosità per il suo passaggio tra i big dopo aver fatto un buonissimo apprendistato tra i dilettanti e nel resto delle categorie giovanili: due vittorie l’anno scorso con la Ntt Continental U23, sei totali con la Zalf nei precedenti due, undici nelle due stagioni da junior nella Borgo Molino Rinascita Ormelle e ancora una ventina tra allievi ed esordienti.

E così mentre Marchiori è sul pullman della squadra, torniamo sul suo successo in Francia (nella foto d’apertura) cercando anche di farci raccontare qualcosa di lui.

Marchiori Borgo Molino
Leonardo Marchiori è nato a Mirano (VE) il 13 giugno 1998. Dalle categorie giovanili a oggi ha totalizzato una quarantina di successi
Marchiori Borgo Molino
Leonardo Marchiori è nato a Mirano (VE) il 13 giugno 1998. Dalle categorie giovanili a oggi ha totalizzato una quarantina di successi
Leonardo che effetto fa vincere tra i professionisti?

É davvero una gran bella sensazione. Ho realizzato un altro sogno. Il primo era quello di correre in questa categoria. Il secondo era vincere. Viste le ultime sventure personali, mi sono preso una piccola rivincita.

Questa vittoria è stata oscurata dalla settimana iridata

Lo so ma l’importante era vincere. Spero di ottenerne un’altra prendendomi un po’ più di visibilità.

Ce la racconti? Com’è andata?

In Bretagna come sapete anche voi non esiste pianura. Si corre su stradine strette, tutti su e giù, con salite brevi ma dure. Alla fine c’è sempre tanto dislivello. Durante le prime quattro tappe era sempre arrivata la fuga e quel giorno (si disputava la Chateaubriant-Boisgervilly di 217 km, ndr) ci ho provato anch’io ad andarci con altri venti corridori. Ma non c’era collaborazione, dopo poco ci hanno ripreso ed è subito ripartita una nuova fuga di altri venti. Sono arrivati fino a 5′ di vantaggio, mi sono messo a ruota col cuore in pace sapendo che i due giorni successivi non sarebbero stati adatti a me.

Marchiori 2020
Nel 2020 Marchiori si è guadagnato l’azzurro agli Europei U23, ma si è dovuto ritirare
Marchiori 2020
Nel 2020 Marchiori si è guadagnato l’azzurro agli Europei U23, ma si è dovuto ritirare
Invece?

Si è messa a tirare la Riwal Cycling Team che aveva il suo leader attardato (l’olandese Nick Van der Lijke poi quinto nella generale, ndr). Hanno ricucito il gap e a 5 km dal traguardo mi sono detto «sono stato a ruota tutto il giorno, non posso farmi sfuggire l’occasione».

Lo sprint come lo hai affrontato?

Mi ha fatto il treno Cristian Rocchetta (stagista della General Store, ndr) che ha le mie stesse caratteristiche, però è partito forte Aron Gate (della Black Spoke, ndr) che è un grande pistard neozelandese con medaglie olimpiche e mondiali e che sa come si lancia una volata. Ho preso la sua scia e sono riuscito a passarlo prima della linea.

Anche in corse minori non è facile vincere

No, assolutamente. Il livello si è alzato tantissimo. Molte squadre Professional come la nostra fanno un calendario dove ci sono tanti team Continental U23 delle World Tour nelle quali corrono tanti giovani che magari sulle gambe hanno 15/20 giorni di corsa in gare fatte con la prima squadra. La differenza si vede in alcuni casi.

Quest’anno tu hai corso piuttosto poco. Perché?

Praticamente ho avuto a che fare col covid prima lo scorso autunno e poi questa primavera durante il Giro di Ungheria. I miei programmi si sono complicati ulteriormente quando sono rientrato ad agosto e sono caduto al Tour de Poitou-Charentes. Un paio di costole rotte. Mi sono ritirato dopo quattro tappe. Altri dieci giorni di riposo assoluto. Ora spero di non avere altri intoppi.

Marchiori Androni
Anche il prossimo anno Marchiori resterà all’Androni puntando a crescere ancora non solo come sprinter da volate di gruppo
Anche il prossimo anno Marchiori resterà all’Androni puntando a crescere ancora non solo come sprinter da volate di gruppo
Il tuo finale di stagione che cosa prevede?

Finirò questa gara in Croazia, poi Gran Piemonte, Giro del Veneto e Veneto Classic. A quest’ultima ci tengo particolarmente. Un po’ perché è adatta alle mie caratteristiche e un po’ perché parte da Venezia e passa davanti a casa mia a Mestre.

Quali sono le tue caratteristiche?

Mi definisco velocista moderno. Ovvero uno sprinter che sa tenere su salite brevi o strappi secchi, anche perché ormai il velocista puro non esiste più.

Per il 2022 cosa ti aspetti?

Sarò ancora in Androni (che diventerà Drone Hopper, ndr) in cui mi trovo benissimo e che credo di aver un po’ sorpreso con la vittoria in Bretagna. Vorrei avere più costanza di rendimento, alzando anche il livello delle gare da disputare. Magari fare una prima parte di stagione per cercare risultati e morale, poi provare a confrontarmi con i velocisti più forti per proseguire la mia crescita graduale.

Marchiori e la vita dello sprinter moderno

02.05.2021
6 min
Salva

Leonardo Marchiori fa parte delle ruote veloci del gruppo. Giovanissimo, 23 anni a giugno, con il corridore dell’Androni Giocattoli Sidermec cerchiamo scoprire come si allena un velocista e cosa significa essere velocisti.

Eh sì perché non basta essere ciclisti e fare gli sprint, per definirsi tale. E’ qualcosa che viene da più “lontano” a quanto pare. Ne abbiamo già parlato con Sabatini, con Chicchi, con Nizzolo. Stavolta vogliamo sentire uno sprinter della nuova, nuovissima, generazione.

Marchiori quest’anno è stato secondo al Gp Slovenian Istria vinto da Maestri
Marchiori quest’anno è stato secondo al Gp Slovenian Istria vinto da Maestri
Leonardo, cosa fa un velocista in corsa?

Se è una gara veramente adatta a lui… non fa nulla in gruppo. Mangia e beve per tutta la gara. Negli ultimi chilometri deve limare il più possibile senza prendere vento. Basta un battito di più e rischia di perdere lo sprint.

E tu riesci a limare bene?

Nelle categorie giovanili sì. Quest’anno, al primo anno tra i pro’, non dico che non sappia più farlo, ma avendo corso poco sono rimasto un po’ spiazzato. Ma già nelle ultime corse le cose sono migliorate. Mi sono detto: devi stare più calmo. All’ultima tappa del Belgrade Banjaluka per esempio, a 15 chilometri dall’arrivo ho anche rotto la bici. Sono rimasto tranquillo, sono rientrato e ho raggiunto le prime posizioni senza prendere un filo di vento (e ha fatto terzo nella tappa finale, ndr).

Tra i pro’ si ha la sensazione che limare sia più facile per certi aspetti e meno per altri, cioè che ci sia più ordine in gruppo, ma che si vada anche più forte: è così?

Si va più forte quello sì, ma non so se sia più facile. Negli under 23 negli ultimi chilometri se sei un po’ dietro, ti sposti a destra o a sinistra, dai una sgasata e risali. Qui no. Se fai quella sparata poi non hai l’energia per fare la volata. L’hai già fatta! Se poi hai un treno come quello della Jumbo-Visma o della Deceuninck-Quick Step è sicuramente più facile.

Il velocista impara a limare o è un qualcosa che ha dentro di sé?

Si può migliorare ma se hai paura… hai paura. Qualcosa devi avere dentro. Io per esempio già da bambino non sono mai stato un attaccante, uno che partiva da lontano. E’ sempre stato così. Non dico tra i Giovanissimi perché lì le gare durano tre chilometri, ma già da esordiente e allievo ho capito che potevo vincere in volata stando coperto.

Immaginiamo che per sgomitare, limare, certe caratteristiche fisiche, come una certa altezza e tanta potenza, aiutino…

Sì, ma serve cattiveria agonistica soprattutto. Non ti puoi spaventare alla prima spallata. Se prendi una spallata devi restare impassibile e ridarla più forte! Io per esempio non sono altissimo, sono 170 centimetri per 72 chili.

Grande cura per l’allenamento a secco: non solo palestra ma anche core stability
Grande cura per l’allenamento a secco: non solo palestra ma anche core stability
Un Ewan, insomma. Lui è anche più piccolo di te…

Più un Cavendish! Sì, ma troppo devo imparare da loro!

Veniamo agli allenamenti del velocista moderno. Chi ti segue?

Andrea Fusaz. E’ il primo anno che sono con lui. Mi piace moltissimo. Ascolta un sacco i miei feedback e per gli allenamenti punta molto sulle mie caratteristiche. Gli altri mi dicevano: sei veloce di tuo, lavoriamo sul resto. Così facevo più salita, ma a cosa mi serve arrivare con i primi 30 in salita e poi non vincere una volata? Un altro che mi segue, che mi sta vicino, è mio fratello Samuele. Lui mi fa fare dietro moto, ha corso nelle categorie giovanili e questo è importante perché comunque ha colpo d’occhio, sa cosa mi serve.

Qual è la tua settimana standard quando non sei alle corse?

La palestra non manca mai. Almeno una vola a settimana la faccio, per lavorare sulla forza. Con Fusaz per esempio, non facciamo partenze da fermo, perché secondo lui si sviluppa meno forza che con esercizi specifici sulla pressa. Per esempio, con le partenze da fermo faccio un lavoro che se riportato sulla pressa sarebbe come fare 10 ripetute con 200 chili, mentre se lavoro direttamente in palestra ne faccio 6 con 240 chili. Poi faccio parecchio core stability: addominali, dorsali, squat monopodalico, esercizi di equilibrio. Altra cosa, quando faccio la forza quasi mai vado anche in bici. Poi dipende dal periodo. Se la devo aumentare non ci vado, faccio quella mezz’oretta di riscaldamento prima e basta. Se invece la devo mantenere dopo la palestra faccio un’ora, un’ora e mezza al massimo.

E le salite?

Beh sono di Mestre…

Per forza quindi sei un velocista!

Eh sì! Per le salite prendo la macchina. Vado poco oltre Treviso e lì tra Montello, San Boldo, Cansiglio, scelgo il percorso a seconda di quello che devo fare.

Torniamo alla tua “settimana tipo”: il giorno dopo la palestra cosa fai?

Un lungo, visto che il giorno prima la bici o non l’ho usata o l’ho fatto pochissimo. Faccio anche 5 ore e mezza, ma senza lavori. E’ il giorno in cui mi sposto in auto.

Come prosegui nei giorni successivi?

Poi c’è un giorno di riposo completo, che io inserisco sempre. Lo faccio per rigenerarmi. A questo seguono due giorni di lavori specifici. In uno faccio degli sprint e nell’altro dei lavori ad alta intensità: 30”-30”, 3×3′ a tutta.

E gli sprint come li fai?

Quasi mai in pianura. Le faccio da 15” o 10”. Da 15” le faccio di rapporto (53×12-11) in salita e le altre da 10” in “agilità” (con rapporto libero) solitamente a scendere dai cavalcavia. E’ un lavoro particolare che serve per velocizzare. In pianura magari le faccio nel giorno in cui faccio dietro motore.

Un giorno di palestra, uno di distanza, uno riposo e due di specifici: mancano all’appello altri due giorni…

Magari il giorno dopo gli specifici faccio 3 ore di aerobico o dietro motore. Ma vorrei dire che la mia settimana non è proprio una settimana. Non conosco la mia tabella così a lungo. Con Fusaz ci sentiamo spesso e ogni 3-4 giorni mi dà il programma.

Passiamo dalla bici alla tavola. Il peso è un problema per te?

Quest’inverno tra il Covid e il fatto che sono stato fermo tre mesi ammetto che non ero super magro, ma neanche super grasso. Ero l’8,5% di massa grassa, poi allenandomi sono sceso al 7%. Comunque non sono fissato con il peso. Io mangio tutto, ma bene: riso, pasta, pollo… cerco di evitare cibi non sani, limito dolci e quantità. Fusaz non è un nutrizionista, ma mi dà qualche semplice consiglio. Dove mangio tanto è a colazione. E il cappuccino, proprio non manca mai!

Spiegaci un po’…

Dipende dall’allenamento. Se è un lungo blando, mangio meno carboidrati e più proteine. Se invece è intenso e corto mangio più carboidrati.

Ma non dovrebbe essere il contrario?

Bisogna considerare che le proteine quando si rientra ci sono sempre. E comunque negli allenamenti ad alta intensità si bruciano moltissimi zuccheri. Io poi in bici mangio molto, ogni 30′. E ricorro molto ai liquidi, alle borracce con le maltodestrine. Parto con due borracce e ho con me un paio di bustine dietro che riempio quando sono finite le prime due. Mentre il cibo solido lo prendo quando faccio la distanza.

Anche in allenamento Marchiori utilizza le maltodestrine nella borraccia
Anche in allenamento Marchiori utilizza le maltodestrine nella borraccia
Pranzo e cena?

Pranzo, come detto normale: pasta, riso… le solite cose, mentre a cena sto leggero: un secondo e verdure. Stop. Cerco di alternare le proteine: una volta le uova, una la carne, una il pesce…

Cos’è per te la salita?

Mi difendevo bene nelle categorie giovanili. In un gruppetto di 20 corridori ci arrivavo. Il fatto è che i 20 corridori degli under 23 sono i 100 dei pro’ e i 150 se siamo al Tour! So che devo migliorare, ma è un qualcosa che spero e credo possa accadere con le gare.

E cos’è lo sprint per il velocista?

E’ adrenalina pura.. In 10” devi finalizzare 4 ore di gara. Quando rivedo le volate in tv mi sembrano lente. E ripenso: potevo muovermi di qua, potevo passare di là. Ma poi non è così. Quando sei lì sei il toro che vede rosso e non capisci più niente. Tante volte ai 10 chilometri ti dici: sono già a tutta non ce la faccio. Poi arrivi all’ultimo chilometro e ti butti nella volata.