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Il giorno in cui Pinot ha detto addio al Tour

29.07.2023
6 min
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Chi lo conosce meglio è certo che l’abbia fatto apposta. Thibaut Pinot in fuga nella tappa di Le Markstein vuole vincere, ma soprattutto passare in testa davanti al punto del Petit Ballon in cui si sono raccolti i suoi tifosi. Le “Virage Pinot”, la curva Pinot. Un’atmosfera da stadio, nel palcoscenico della montagna. Tremila persone lungo 500 metri di una strada larga due metri e mezzo. Solo per lui. Il suo nome scritto in tutte le salse, interpretato, storpiato, reso simpatico.

L’amico Vichot

Fra loro c’è anche Arthur Vichot, professionista fino al 2020, due volte campione nazionale e per nove stagioni compagno di squadra di Thibaut.

«Quando sei corridore e lo vivi dall’interno – dice – non ti rendi conto dell’emozione che questo ragazzo riesce a trasmettere alle persone. Ma dall’esterno basta guardarsi intorno per capire quanto sia fantastico. Sono passati due anni e mezzo da quando ho smesso, ma già quando non correvo più con lui (Vichot ha corso le ultime due stagioni alla B&B Hotels, ndr) mi sono reso davvero conto di quanto significhi per le persone. Thibaut è un’icona generazionale nel ciclismo e lo sta dimostrando come mai prima d’ora».

In fuga solitaria sul Petit Ballon, la salita di casa. Pinot ha salutato così i suoi tifosi di una vita
In fuga solitaria sul Petit Ballon, la salita di casa. Pinot ha salutato così i suoi tifosi di una vita

Il giorno più bello

Thibaut sa che sono tutti lì e sotto quella scorza dura e irsuta ha già deciso da un pezzo che non può andarsene dal Tour de France senza averli salutati. Anche la gente del Giro gli ha voluto bene, in qualche misura è uno di noi. Ma oggi è un giorno ben più speciale. I corridori lo sanno e lo sentono. E anche se a volte sembrano vivere in un mondo tutto loro, hanno bisogno dell’abbraccio di folla per poggiarci sopra i loro sogni. Per questo attacca. Forse in cuor suo sa che non andrà al traguardo, ha capito che Pogacar vuole vincere quell’ultima tappa e non farà alcuno sconto.

La corsa è tutta lì, in quell’attesa. I cellulari diffondono le immagini: sanno che sta arrivando. La giornata è perfetta per correre e per aspettarli e a un certo punto il tam tam fra tifosi dalle curve più in basso anticipa il suo arrivo. E lui passa, un po’ ingobbito e un po’ saltellando sui pedali, come cento volte nelle sue giornate di allenamento nel silenzio di una montagna che ora invece brulica di suoni, voci, occhi e sentimenti.

Nel suo essere a volte burbero, Pinot ripenserà a questo giorno come a uno dei più belli della sua carriera, anche più delle vittorie, che non sono state poche né banali.

Settimo all’arrivo a 33″ da Pogacar: «Non ho vinto, ma forse queste emozioni valgono di più» (foto Groupama-FDJ)
Settimo all’arrivo a 33″ da Pogacar: «Non ho vinto, ma forse queste emozioni valgono di più» (foto Groupama-FDJ)

Come Bugno

Quando passa, il mare si apre. Thibaut si guarda intorno, ma resta concentrato. Passa da campione, non da ex corridore, anche se alle sue spalle Vingegaard, Pogacar e Gall si fanno ora minacciosi. Sanno tutti che sarà ripreso per l’ennesima volta, ma in fondo non importa per un corridore che per loro è sempre stato un simbolo di autenticità ed emozioni vere. E’ in piccolo la storia di quel genio malinconico di Gianni Bugno, amato più per le sconfitte che per le grandi vittorie. E anche questa volta Pinot ha fatto la sua parte: il risultato non conta. Il risultato dirà che Pogacar ha vinto l’ultima tappa di montagna del Tour, il campione della Groupama-FDJ arriva settimo a soli 33 secondi. Non come un ex corridore, ma da vero combattente.

«Ho vissuto emozioni incredibili – racconta – con i brividi per tutta la tappa. Le emozioni di un successo rimangono speciali, ma qui siamo andati oltre lo sport. Significa che lascio una traccia nel cuore delle persone ed è quasi più bello di una vittoria. Il mio pubblico, la mia regione, il mio palcoscenico era questo. Questa è stata la mia giornata e queste saranno le mie ultime immagini del Tour».

Le sue parole dopo l’arrivo erano piene di emozione (foto Groupama-FDJ)
Le sue parole dopo l’arrivo erano piene di emozione (foto Groupama-FDJ)

Cose da film

Gli raccontano che tra il pubblico c’era anche Vichot e lui si volta e sorride, in questo giorno che sa di addio e a suo modo di nuova rinascita.

«Non ho visto Arthur – dice e ride – ma deve avermi mandato una trentina di video! Ho superato quella curva da solo ed è stato pazzesco. Sono riuscito a scambiare qualche occhiata con la mia famiglia, ma c’erano così tante persone che faccio fatica a rendermi conto che tutto questo era per me. Non credevo che sarei passato da quelle parti da solo, così quando me ne sono reso conto, mi sono chiesto se fosse vero o no. Sarebbe stato bello chiudere la giornata con una vittoria, ma certe cose succedono solo nei film. Ovviamente ci credevo, ma ho faticato a trovare il giusto ritmo ai piedi del Platzerwasel. Con un po’ più di freschezza, avrei potuto farcela».

All’arrivo di Le Markstein, dove ha ottenuto il 7° posto, per Pinot anche il premio per la combattività
All’arrivo di Le Markstein, dove ha ottenuto il 7° posto, per Pinot anche il premio per la combattività

Emozione Madiot

Sul traguardo di Le Markstein, con gli occhi gonfi e quella faccia da schiaffi che non vuole darti mai soddisfazione, Marc Madiot questa volta fa fatica a dissimulare l’emozione (nella foto Groupama-FDJ di apertura, la sua commozione è palpabile). Quando ci abbiamo parlato durante il secondo riposo, scherzando ha detto che il suo giorno critico sarà l’addio dopo il Lombardia – l’ultima corsa di Pinot – ma questa volta pensiamo che abbia decisamente sbagliato la previsione.

«Gli elenchi delle vittorie – dice il francese – sono righe su un pezzo di carta. Thibaut ci lascia qualcos’altro. La sua è una storia lunga. Mi sbagliavo a pensare che avrei accusato questo colpo al Lombardia, è stato molto peggio qui. Faceva davvero caldo, proprio non riuscivo a stare fermo su quel sedile».

La resa di Courchevel: l’analisi del dottor Magni

27.07.2023
4 min
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“I’m gone” (sono andato/finito) così Tadej Pogacar ha alzato bandiera bianca contro Jonas Vingegaard, mentre la strada saliva sotto le sue ruote in direzione Courchevel. Una frase semplice, ma che dentro di sé racchiude tante sfumature. Lo sloveno ha tirato troppo la corda in questo Tour de France. I primi scricchiolii sono arrivati nella cronometro di Combloux, mentre il suo vaso di Pandora è stato scoperchiato definitivamente poche ore dopo

La crisi che ha colpito il due volte vincitore della Grande Boucle ci ha fatto scaturire tante domande. Abbiamo così interpellato il dottor Emilio Magni, così da avere un parere autorevole in merito. 

Con Emilio Magni, dottore dell’Astana, abbiamo analizzato la crisi di Pogacar a Courchevel
Con Emilio Magni, dottore dell’Astana, abbiamo analizzato la crisi di Pogacar a Courchevel
Dottore, cosa succede in una crisi del genere?

Questi momenti di crisi sono multifattoriali, Pogacar ha detto di aver sentito maggiormente il problema dell’alimentazione. Mangiava ma non riusciva ad integrare, ritrovandosi con le gambe vuote. Ma questo è solo un aspetto di una crisi più o meno improvvisa. 

In che senso più o meno?

Queste situazioni derivano da uno stato di affaticamento acuto. Si tratta di una risposta adattiva dell’organismo, il quale prende provvedimenti per salvaguardarsi. E’ un allarme per far sì che la situazione non peggiori ulteriormente. 

Cosa succede?

La prestazione si abbassa, il corpo riduce le prestazioni, in medicina si chiama meccanismo omeostatico. E’ la tendenza dell’organismo a mantenere le condizioni di partenza. 

Nonostante la grande prova, i primi segnali di cedimento sono arrivati nella cronometro di Combloux, lo sloveno ha pagato 1’38”
Nonostante la grande prova, i primi segnali di cedimento sono arrivati nella cronometro di Combloux, lo sloveno ha pagato 1’38”
Una causa potrebbe essere la preparazione non adeguata?

Come detto è una situazione multifattoriale, la preparazione non adeguata potrebbe essere una causa. Un altro fattore importante è il carico di prestazione che nel caso di Pogacar, magari, è stato eccessivo. Lo sloveno potrebbe averne risentito dal punto di vista muscolare, metabolico ed energetico. 

O ancora?

Un’altra causa si può trovare nell’insufficiente tempo di recupero. Quest’ultima causa in particolare impedisce al muscolo di ristabilire il livello di glicogeno, che è la sua benzina principale. A volte non bastano 24 ore, i ciclisti non hanno nemmeno quelle, visto che finiscono la tappa alle 18 e ripartono alle 12 del giorno dopo. 

Quindi la mancanza di una gara di avvicinamento, come il Delfinato, è un fattore?

Ci vuole una base di preparazione così che l’organismo si possa abituare ed incrementare la performance. Ci sono anche altri “campanelli” d’allarme. 

La maglia gialla se ne va, Pogacar arranca: il vaso di Pandora è stato scoperchiato
La maglia gialla se ne va, Pogacar arranca: il vaso di Pandora è stato scoperchiato
Quali?

Dal punto di vista sintomatologico vi sono dei segnali soggettivi come: la perdita di forza, di resistenza, il mal di gambe e dolori muscolari. Sono tutte cose che l’atleta avverte e che possono portare anche a dei sintomi mentali: difficoltà di concentrazione, mancanza di appetito e condizioni di sonno peggiori. 

Anche se poi nella tappa di Le Markstein Pogacar ha vinto, come lo spiega?

Si tratta di un corridore di qualità assoluta. Anche in una situazione di crisi mantiene delle prestazioni alte, anche più elevate di altri atleti che in realtà sono in forma. Pogacar ha fatto uno sforzo di testa, a mio modo di vedere. Le Markstein era l’ultima tappa, ha dato tutto, considerando che Vingegaard aveva un vantaggio rassicurante. 

Ci sono anche dei dati oggettivi che possono anticipare queste crisi?

Assolutamente. Uno di questi è la frequenza cardiaca a riposo, la quale quando si è stanchi tende ad essere più alta. Un esempio: se un atleta a riposo, appena sveglio, ha 40 battiti, magari passa a 48. La cosa si trasferisce anche una volta in sella, ma al contrario. Si riscontra una difficoltà ad aumentare la frequenza cardiaca sotto sforzo. Questo perché il muscolo rende di meno, dando meno forza, di conseguenza il cuore non sale di frequenza. C’è anche da considerare la variabilità cardiaca.

Pogacar si è allenato molto in altura, sono mancati i giorni di corsa persi a causa dell’infortunio? (foto Matteo Secci)
Pogacar si è allenato in altura, sono mancati i giorni di corsa persi a causa dell’infortunio? (foto Matteo Secci)
Ovvero?

La variabilità cardiaca offre ottimi riscontri dal punto di vista del recupero. Praticamente si controlla la variabilità tra un battito e l’altro. Dovete sapere che i battiti non sono ugualmente distanti a livello di tempo l’uno dall’altro, il tempo cambia. Ad esempio: una volta passano 1,2 secondi, quello dopo 0,8 e così via. Se la variabilità è alta vuol dire che il cuore è reattivo e “brillante”. 

Lo staff della UAE Emirates, con grande probabilità, era a conoscenza di questi dati…

Penso proprio di sì. Però a volte i dati si prendono ed analizzano, senza parlarne al corridore, per non condizionarlo psicologicamente.

Anche quest’anno se li è messi tutti alle spalle

23.07.2023
5 min
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La conferenza stampa all’arrivo, un anno dopo. La maglia gialla arriva al termine del protocollo e trova il modo di scambiare qualche battuta con Tom Dumoulin, che sta seguendo il Tour come opinionista dell’olandese NOS. Dopo l’arrivo, il vincitore del Giro 2017 si è fermato anche con Sepp Kuss per chiedergli della caduta in cui ha battuto la faccia sull’asfalto. Poi cominciano le domande e Vingegaard si racconta.

Ha l’espressione sollevata, in un modo o nell’altro il viaggio volge al termine. Fuori ha fatto un po’ di show, un grande passo per il suo essere riservato. Se ricordate il mondo in cui è cresciuto e i dettami imposti nel villaggio in cui è nato, di cui abbiamo raccontato lo scorso anno, capirete anche perché per il vincitore del Tour sia così difficile esporsi. Ha lanciato i fiori a una tifosa vikinga e fuori di testa e si è perso finalmente nell’abbraccio della compagna che gli ha passato il telefono.

Dal podio della maglia gialla, Vingegaard ha tirato i fiori a questa tifosa danese e impazzita
Dal podio della maglia gialla, Vingegaard ha tirato i fiori a questa tifosa danese e impazzita
Cosa significa davvero per te questa seconda vittoria assoluta consecutiva? 

Dovrebbe essere chiaro che sono molto contento. Il Tour è stato il mio più grande obiettivo quest’anno. Quindi è fantastico finire così. Mi sarebbe piaciuto vincere la tappa. Ho provato ad attaccare di sorpresa nel finale perché sapevo di non avere possibilità in volata contro Tadej, ma la cosa più importante era mantenere la maglia gialla. Devo ringraziare la mia squadra. Sono stati fantastici. Avevamo un piano ogni giorno e lo abbiamo eseguito nel modo giusto.

Qual è la più grande differenza rispetto all’anno scorso?

Che ho avuto più fiducia in me stesso e così anche la squadra. Sappiamo quali sono i miei punti di forza e sappiamo anche come sfruttarli al meglio. Penso che non tutti abbiano capito il nostro piano ogni giorno, ma l’abbiamo fatto e ha funzionato.

Il forcing della UAE sulla salita finale ha neutralizato in un attimo la fuga di Pinot e Pidcock
Il forcing della UAE sulla salita finale ha neutralizato in un attimo la fuga di Pinot e Pidcock
In cosa consisteva questo piano?

Non so se sia il caso di svelarlo. Se raccontiamo in che modo abbiamo eliminato Pogacar, forse lui potrebbe lavorarci sopra per il futuro. Potreste chiedere a Grischa (Niermann ndr) se vuole dire qualcosa di più o no.

Hai vinto il Tour due volte. Che ambizioni hai per il futuro?

Sicuramente ho altri obiettivi. Solo che il Tour è la gara più importante del mondo e per me è davvero speciale. E’ ancora troppo presto per dire cos’altro voglio provare, ma il Tour rimane speciale. Molto probabilmente tornerò l’anno prossimo per provare a vincere una terza volta.

Pogacar ha attaccato, Vingegaard lo ha seguito, Gall è rientrato: il finale è esploso così
Pogacar ha attaccato, Vingegaard lo ha seguito, Gall è rientrato: il finale è esploso così
Sei sembrato più forte in questo Tour, è una sensazione o c’è del vero?

L’anno scorso ho avuto alcuni infortuni e in un paio di occasioni sono stato male in primavera. Quest’anno è andato tutto liscio. Questo fa una grande differenza. Inoltre continuo a migliorare. Non il 20 percento all’anno, ma piccoli pezzetti qua e là.

Dopo la sua vittoria a Poligny, Mohoric ha rilasciato un’intervista molto emozionante su tutti i sacrifici che i corridori devono fare per avere qualche possibilità di ottenere qualcosa nel Tour.

La penso esattamente come lui. Tutti dobbiamo sacrificare molto e Matej lo ha espresso molto bene. Quando mi guardo indietro, quest’anno sono stato lontano dalla mia famiglia per 150 giorni. Non è così ovvio che tutti lo accettino. D’altra parte, seguire i nostri programmi mi dà fiducia. Ci alleniamo duramente e siamo molto precisi con l’alimentazione e so che facendo così, raggiungerò il mio massimo livello.

Kuss è caduto su Rodriguez ed è arrivato staccato, mentre lo spagnolo ha perso un posto nella generale
Kuss è caduto su Rodriguez ed è arrivato staccato, mentre lo spagnolo ha perso un posto nella generale
L’anno scorso avevi queste stesse certezze?

Ho corso il mio primo Tour nel 2021, arrivando secondo. Quello è stato anche il periodo in cui ho iniziato a ottenere i primi risultati. E’ stato il primo anno in cui sono stato in grado di affrontare meglio la pressione. Ho lavorato per questo, ho dovuto impararlo. Dal momento in cui ci sono riuscito, ho iniziato a conquistare podi e vittorie.

Hai combattuto un duro duello con Pogacar fino a Courchevel e quel giorno Tadej ha dovuto arrendersi. Pensi che la vostra rivalità renda il ciclismo più popolare?

E’ bello avere rivalità nel ciclismo. Quest’anno c’è stata una grande battaglia, è stato incredibilmente difficile vincerla, è stato difficile uscirne vincitore e ne sono super felice. Tadej è stato molto duro, ma l’ho battuto. E credo che dovrò scontrarmi con lui ancora, magari anche il prossimo anno.

L’abbraccio con la compagna, che poi gli ha passato al telefono il Principe di Danimarca
L’abbraccio con la compagna, che poi gli ha passato al telefono il Principe di Danimarca
Correrai ancora quest’anno?

Ho bisogno di un po’ di tempo per pensarci. Voglio vedere come esco da questo Tour. L’anno scorso mi sentivo ancora bene, anche se mentalmente è stata molto dura. Cercherò di metabolizzare il tutto, prima di fare nuovi piani.

L’anno scorso si parlò di vita stravolta dopo il Tour, pensi che questa volta sarai in grado di affrontarlo un po’ più facilmente?

Ho detto spesso che non c’è mai stato un problema. La vissi in modo davvero facile e mi sono anche divertito. Certamente non è stato un prezzo pesante da pagare e penso che sarà così anche adesso. Nel frattempo, il principe Frederik di Danimarca ha chiamato Trine e lei me l’ha passato. Si è congratulato con me e ha detto che è stato impressionante che io abbia vinto il Tour due volte di seguito. Era molto felice per me.

Un urlo per due: Ciccone missione compiuta, Pogacar risorge

22.07.2023
5 min
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«Quando all’auricolare mi hanno detto che se avessi preso i successivi punti al Gpm avrei vinto la maglia a pois, ho davvero capito che ce l’avrei fatta. E’ stato un momento molto bello», parole di Giulio Ciccone che poco dopo su quel Gpm, il Col de la Schlucht, transita per primo ed esulta. Urla come se fosse all’arrivo di una tappa. In qualche modo per lui il vero traguardo di giornata, ma potremmo dire di questo Tour de  France, era proprio quella linea a 1.136 metri sui Vosgi.

In quel momento l’abruzzese ha matematicamente conquistato la maglia a pois. Un primato ambito, prezioso, cercato, sudato… Dopo l’esultanza sul Gpm tanto spontanea quanto bella, Giulio spinge il bottoncino della radio per congratularsi con la squadra. Era stato lui stesso a Courchevel a dirci che ormai quella maglia, che già indossava, era un obiettivo per tutti.

Tadej Pogacar (classe 1998) esulta con forza a Le Markstein. E’ il secondo successo in questo Tour per lui
Tadej Pogacar (classe 1998) esulta con forza a Le Markstein. E’ il secondo successo in questo Tour per lui

Urla Pogacar

A Le Markestein però ridono (quasi) tutti. Ride e urla anche Tadej Pogacar, che ha vinto la tappa e conquista una vittoria che probabilmente non sarà tra le sue più belle, ma che dà tanta speranza allo sloveno. 

Quello del corridore della UAE Emirates è un urlo di sfogo. Una liberazione. E fa quasi strano vederlo festeggiare così. Ma dopo certe batoste e momenti difficili, per uno che non ci è abituato, è comprensibile. Oggi è sembrato correre con la voglia e la cattiveria di è solito a fare certe azioni, ma anche la consapevolezza di poterle prendere. E allora quell’urlo si capisce e assume tutt’altro aspetto.

«Oggi – ha detto Pogacar – mi sono sentito di nuovo me stesso. Sono stato bene dall’inizio alla fine della tappa ed è stato bello rivivere certe sensazioni dopo diversi giorni di sofferenza. Sono molto felice».

Gioiscono (quasi) tutti

Gioisce Jonas Vingegaard che mette in cassaforte il suo secondo Tour de France. Gioisce Felix Gall perché ha capito di poter iniziare a competere con i grandi. E fanno festa anche in casa Yates: Adam per la vittoria di Tadej e Simon per aver agguantato la quarta piazza.

E forse gioisce persino Thibaut Pinot, che ha regalato ancora una grande emozione a sé stesso e ai suoi tantissimi tifosi di tutto il mondo. Mentre era in fuga, c’è chi tifava per lui… e chi mente, ammettiamolo! Il vecchio Thibaut correva in casa. Era alla sua ultima occasione per fare bene alla Grande Boucle e si è preso la giusta passerella.

L’unico che non ride è Carlos Rodriguez che perde una posizione nella generale. Passa dal quarto al quinto posto, a vantaggio appunto di Simon Yates. Seppur giovane, il talento della Ineos-Grenadiers annovera l’ennesima caduta in carriera. Si complica la vita da solo.

Lui lotta ce la mette tutta. E’ fortissimo, basta vedere in che condizioni ha concluso una tappa da oltre 3.000 metri di dislivello, ma certo deve mettere a punto qualcosina.

Giulio ha vinto la maglia a pois: 1° Ciccone 105 punti; 2° Gall 92; 3° Vingegaard 89. Domani un Gpm di 4ª categoria che non cambierà la graduatoria
Giulio ha vinto la maglia a pois: 1° Ciccone 105 punti; 2° Gall 92; 3° Vingegaard 89. Domani un Gpm di 4ª categoria che non cambierà la graduatoria

Dopo Chiappucci

Ma in questo finale caotico, forse anche con qualche fuoco d’artificio in meno di quel che ci si attendeva, la notizia per gli italiani è la maglia a pois di Giulio Ciccone.

Il corridore della Lidl-Trek succede a Vingegaard – il danese lo scorso anno aveva vinto anche lquesta classifica – e per quanto riguarda gli italiani a Claudio Chiappucci. El Diablo siglò una doppietta tra il 1991 e il 1992.

Giulio aveva messo questa maglia tra gli obiettivi al via. A Bilbao si poteva pensare alla classifica, ad una tappa e al primato dei Gpm appunto. 

Lo scorso anno fu terzo e capì che tutto sommato si poteva fare. «E’ il gran giorno – aveva detto prima della tappa Ciccone – può essere uno dei più belli della mia vita, ma anche uno dei peggiori. Dovremmo stare davanti». E Cicco e la sua squadra sono stati dei cecchini. Attenti. Nelle prime posizioni sin dal chilometro zero.

«Penso che abbiano fatto qualcosa di incredibile oggi. Devo ringraziare tutta la squadra perché siamo partiti con un piano e hanno fatto tutto alla perfezione. Questa maglia è per loro. Hanno fatto più della metà del lavoro. Ora voglio godermela».

«L’obiettivo principale di questo Tour era vincere una tappa, ci sono andato vicino, ma non ci sono riuscito. Alla fine va benissimo così».