Da dove iniziare? Dallo scatto di Tadej Pogacar o dal recupero di Jonas Vingegaard? O forse sarebbe meglio partire dalla volata? L’undicesima tappa, quella del Massiccio Centrale, è ancora superba. Ci ha riproposto il duello dei duelli: il danese contro lo sloveno.
Ha vinto Vingegaard e per di più sul terreno di Pogacar: lo sprint in salita. Questa frazione va scomposta, a nostro avviso in quattro grandi “fotografie”, quattro spunti tecnici determinanti sia per questo arrivo di Le Lorian che per il resto del Tour de France.
Analizziamoli passo, passo.
Lo scatto di Pogacar
Nelle salite del Pas de Peyrol e del Pertus, le più dure, Tadej Pogacar è davanti. In particolare sulla scalata del Peyrol scatta. Vingegaard in effetti non ci era sembrato super. Un paio di volte si era alzato sui pedali, cosa che fa rarissimamente, e aveva fatto qualche impercettibile smorfia.
Tadej scatta, fa il vuoto ma intelligentemente non è a tutta. Tanto che si soffia il naso come sul Grappa al Giro d’Italia, ma tiene una cartuccia per il falsopiano dopo il Gpm. Lì scava il vero vuoto. Perfetto… sin qui.
Vola via. Guadagna. Sembra fatta. Sul Pertus all’inizio ha un bel rapporto, la gamba è in spinta. Poi inizia ad andare un po’ più agile. Cerca la macchina: non c’è. Gli offrono l’acqua: non la prende. Fruga nelle tasche: nulla. Smette di guadagnare. Ma neanche perde terreno.
Il calo di Tadej
L’ammiraglia Visma-Lease a Bike se ne accorge. Vingegaard traffica con la radiolina e alza il ritmo. Toglie di ruota prima Evenepoel e poi Roglic. Si gasa e recupera molto.
Jonas nella discesa dal Pas de Peyras aveva mangiato. Lo aveva fatto proprio al termine del falsopiano, mentre Pogacar spingeva come un forsennato. Ricordiamo che questa frazione è stata micidiale. Partenza folle per 80 chilometri. I corridori, sono arrivati in netto anticipo. Hanno bruciato più energie del previsto. A questo si aggiunge un dislivello di 4.300 metri.
Che nel finale si sarebbe arrivati stremati era quindi quasi una certezza. O quantomeno il rischio era altissimo.
Quante volte i nutrizionisti sentiti in questi anni ci hanno detto dell’importanza delle calorie spese nella prima parte di gara quando il fisico è pieno di zuccheri? Alla fine quel dispendio presenta il conto…
Il recupero di Jonas
Sul Pertus, per la prima volta in questo Tour de France, Vingegaard va più veloce di Pogacar. Che sia l’inversione di tendenza tanto temuta dal clan della UAE Emirates? Questo lo scopriremo, ma è chiaro che qualcosa è successo.
E a testimoniare il calo di Tadej, e contestualmente uno stato di adrenalina di Vingegaard, sono i distacchi nei confronti degli altri. Alla fine sono rimasti quelli. E lo stesso Vingegaard non ha avuto la forza di staccare Pogacar.
Ma attenzione, quello del danese resta un numero pazzesco. Ricordiamoci sempre dov’era a partire dal pomeriggio dello scorso 4 aprile… E non è un caso che i suoi occhi di ghiaccio abbiano perso delle lacrime.
«Siamo ormai a metà del percorso – ha detto il manager dei gialloneri, Plugge – e aver aver tagliato questo traguardo così ci dà molta fiducia. Ci aspettavamo l’attacco di Pogacar, lo avremmo fatto anche noi se avessimo avuto un corridore con caratteristiche tanto esplosive. Questa è la nostra prima vittoria di tappa e stiamo anche recuperando secondi. Alla fine conta chi arriverà in giallo a Nizza, ma certo questa è una grande spinta».
Lo sprint
Uno sprint a due in salita Tadej lo perde solo contro Van der Poel… forse. A Le Lioran sbaglia tutto quel che può sbagliare. Lancia la volata con il 38, quindi con la corona piccola. Chiaramente è troppo agile. Si risiede a passa al 55. Riperde quel metro. Si rilancia alzandosi, ma poi si risiede ancora. Segno di scarsa lucidità. E di fatica.
Più che in classifica questa tappa lascia risvolti nelle teste degli atleti. Il barometro di Vingegaard volge al bello, quello di Pogacar al nuvoloso. Certo, se si appurasse che per lo sloveno si è trattato di una crisi di fame le cose cambierebbero. La botta sarebbe nettamente attutita.
E ora?
Ora ci godremo la sfida, una sfida totale. Una lotta forse più sul filo di nervi che di gambe, che ovviamente serviranno. E basta riflettere sulle parole dei diretti interessati per capirlo. Uno non ammette la sconfitta e l’altro continua a parlare della sorpresa di sue certe prestazioni.
«La nostra squadra ha fatto un ottimo lavoro – ha detto Pogacar, che ha anche indossato la maglia a pois – Mi sentivo bene durante la prima dura salita, quindi ho attaccato. Tuttavia, Jonas è tornato forte sulla scalata successiva. Ora possiamo davvero parlare di una lotta alla pari. Jonas è in ottima forma. Mi ha anche battuto nello sprint.
«Mi sentivo bene in discesa, ma poi la mia bici ha sussultato improvvisamente e da lì ho perso un po’ di energia. Non stavo male ma Jonas stava meglio così l’ho aspettato, a quel punto sapevo che sarebbe rientrato. Non penso di aver perso una battaglia mentale. Okay, lui ha vinto lo sprint, ma penso che siamo alla pari. Sarà una battaglia così fino alla fine. Nei Pirenei ci aspettano salite diverse, ma sono più preparato per quelle che non per queste scalate esplosive». E quest’ultima frase è la stessa che Matxin ha detto al microfono Rai di Silvano Ploner.
«Tutto questo non sarebbe stato possibile senza la mia famiglia – replica Vingegaard – Questa vittoria significa molto per me, dopo tutto quel che ho passato. Sono così felice della vittoria di oggi che non ci avrei mai creduto tre mesi fa».
«Quando è scattato Pogacar non riuscivo a tenere il passo. E’ stato davvero molto potente. Ho lottato e non pensavo di poterlo riprendere. Sono anche un po’ sorpreso di essere riuscito a batterlo nello sprint. Battaglia mentale a me? Non ci ho pensato. Ma ora arrivano le grandi salite», conclude sornione il danese.