Da un Jalabert all’altro. Si parla spesso nel ciclismo dei figli d’arte, un ruolo tante volte ingrato. Laurent, uno dei grandi specialisti delle classiche d’un giorno e a lungo numero 1 mondiale, sapeva che prima o poi anche a lui sarebbe toccato il compito di avere un figlio corridore. A dir la verità Jules a lungo ha evitato il confronto, si dedicava alla corsa a piedi con qualche capatina nel triathlon, ma col passare degli anni la voglia di mettersi alla prova sullo stesso terreno del padre ha avuto il sopravvento.


Ciclista e commesso
«Mi ero stancato di correre – ha raccontato Jules – e la bici mi piaceva. Vista la tradizione di famiglia, ho detto che era arrivato il momento di fare le cose sul serio, quantomeno dovevo provarci per non avere rimpianti. Per questo ho deciso che nel 2023 mi dedicherò quasi esclusivamente alla bici».
Il “quasi” è legato al fatto che il 21enne Jules vuole comunque mantenere il suo posto di lavoro in un negozio di articoli sportivi: «Voglio mantenere il contatto con la realtà, vivere la vita di tutti i giorni e mantenermi una porta aperta nel caso il ciclismo non mi dia quello che voglio. Significa sacrifici, significa affrontare giornate piene, ma ciò non mi spaventa».


Lo svantaggio del cognome
Probabilmente è stata proprio questa la scelta che ha spinto Laurent ad appoggiare il figlio: «Papà non mi ha mai né ostacolato né incoraggiato. E’ sempre stato molto schietto – racconta – non per demoralizzarmi, ma per mettermi di fronte alle mie responsabilità. Quando gli ho detto la mia intenzione di dedicarmi seriamente al ciclismo mi ha fatto presente che ce la dovrò mettere davvero tutta soprattutto in una nuova squadra, perché non mi regala niente nessuno, anzi il nome può essere uno svantaggio… Io tendo un po’ ad adagiarmi quando raggiungo qualcosa, non potrò più farlo».
La storia ciclistica di Jules Jalabert è presto detta: ha iniziato a correre in bici subito dopo il lockdown e nel 2022 ha trovato posto in un team in Occitania. Ora si aprono porte più importanti, quelle dell’Avc Aix, squadra molto rinomata in Francia, da cui è appena uscito Harrison Wood approdato alla Cofidis e dove si è rilanciato Corentin Ermenault, colonna del quartetto transalpino su pista grande avversario di Ganna e compagni.


Jaja, un mito in Francia
Papà Laurent? Il suo curriculum è enorme, con le sue 139 vittorie da professionista in 14 anni, la conquista di svariate classiche e di una Vuelta, la sua capacità di emergere su vari terreni che lo portava a vincere grandi classiche (Sanremo, Lombardia, Freccia) ma anche le corse a tappe medio-brevi dove anzi tirava fuori il meglio di sé. Ritiratosi nel 2002, è stato per 4 anni (2009-13) il cittì della nazionale francese, poi è tornato a fare il commentatore televisivo.
E’ chiaro che l’eredità di Jaja pesa sul figlio. Molti suoi colleghi l’hanno accusata (un esempio per tutti, il fastidio di Luca Zaina ogni volta che lo speaker lo cita come “figlio d’arte” di Enrico e Nadia De Negri), il francese cerca però di passarci sopra: «Ci sono volte che mi dà fastidio, altre che non ci faccio neanche caso, d’altronde con questo cognome devo conviverci. Io guardo soprattutto a quel che posso fare: non sono un campione, ma poco a poco l’uccellino lascia il nido…».


L’obiettivo della professione
Poco a poco, Jules vuole realizzare il suo obiettivo. Non parla di vittorie specifiche, di target indirizzati a questa o quella gara. Il suo pensiero è dedicato soprattutto a un concetto: «Mi piacerebbe che un giorno il ciclismo diventasse la mia professione. Sono lontanissimo dal raggiungere l’obiettivo, ma procedo. Non ho ottenuto chissà che, tendo a passare inosservato per ora, ma imparo e metto da parte continuando a divertirmi che per me è la cosa più importante».