Search

Benoot è tornato: il collo è a posto, le gambe girano

11.03.2023
5 min
Salva

Tjesi Benoot era partito per la Tirreno-Adriatico come capitano della Jumbo-Visma. Primo a Kuurne e terzo alla Strade Bianche, non poteva immaginare che Roglic sarebbe tornato in così grande spolvero. Rivederlo davanti a lottare ha dato alla squadra la certezza di aver recuperato un uomo chiave dopo il brutto incidente di Livigno dello scorso agosto.

«La condizione è buona – aveva detto dopo la crono – dopo settimane in cui pensavo che non sarei stato mai più un corridore. Primoz è arrivato all’ultimo minuto, non sappiamo bene cosa aspettarci, ma è un top player, con lui non si sa mai. I prossimi giorni mostreranno chi di noi sarà battuto in classifica. Partiamo con ambizione, vedremo dove andremo a finire».

La strada ha detto che Roglic e Kelderman si sono trovati più a loro agio sulle pendenze fra l’Abruzzo e le Marche, ma Benoot non molla il suo buon umore. E quando lo incontriamo al via della tappa di Osimo, il suo passivo in classifica è pesantissimo per aver lavorato ieri per Roglic e aver perso 35 posizioni.

Tutto nei piani?

Fino a due giorni fa ero quarto, ma se riusciamo a vincere con Primoz, va più che bene. Di certo non mi ha fatto male andare in profondità nello sforzo questa settimana, in vista delle classiche.

Non vinci spesso, ma a Kuurne è andata bene…

E’ stato bellissimo, sono anche passato nel bar dei tifosi. Però sono stato anche attento a non fare cose strane, perché questo di solito è il periodo dell’anno in cui ci si ammala

Da una frattura al collo alla vittoria in una classica. Ti sei tolto un peso?

Ero già andato bene il giorno prima alla Omloop Het Nieuwsblad, la vittoria di Kuurne è stata una conferma. Il sabato le mie gambe giravano come volevo e domenica sono stato capace di vincere e riscattarmi da quella sfortuna.

Tiesj Benoot e Attila Valter: le incomprensioni della Strade Bianche sono state superate
Tiesj Benoot e Attila Valter: le incomprensioni della Strade Bianche sono state superate
Eri appena arrivato dal Teide, ormai non se ne fa più a meno?

Pensare che l’altura sia alla base di tutto lo trovo eccessivo. Secondo me rappresenta il 10 per cento del lavoro totale. Il resto è composto da allenamento, alimentazione, materiale, conoscenza del percorso, tattica… E ovviamente dal livello dei corridori di cui si parla.

Come mai secondo te il peso della corsa è spesso sulle vostre spalle?

Non lo so, però mi sono accorto che lasciano a noi la corsa. Fortunatamente come squadra lo fronteggiamo bene e tutto sommato è meglio gestire la corsa che sprecare energie con avversari che non vogliono stare al passo.

Sei arrivato terzo nella Strade Bianche che avevi già vinto nel 2018: in cosa sei diverso da quel corridore?

Fisicamente sono migliorato, ma il livello generale è molto più alto. La più grande differenza è la mia esperienza. Mi avvicino alle gare con più calma e non ho paura di rischiare, pur di vincere. In passato avrei potuto tirare tutto il giorno anche per una certa piazza d’onore. Ora penso alla vittoria, come a Kuurne, e corro qualche rischio di più per salvare le forze.

Nella cronometro di Lido di Camaiore, ritardo di 1’14” da Ganna
Nella cronometro di Lido di Camaiore, ritardo di 1’14” da Ganna
Cosa cambia se, come a Siena, in squadra non c’è Van Aert?

Senza Wout, le aspettative della squadra sono un po’ inferiori. Con lui lì si corre sempre per vincere. Per questo il podio è stato un buon risultato. Non nascondo di aver sentito un po’ di pressione, ma non me ne sono preoccupato. Dopo aver vinto, mi sono molto tranquillizzato.

Ora che Wout è tornato, pensi di poter lottare per qualche altra gara in futuro?

Sono già arrivato tra i primi cinque in ogni gara di un giorno che ho corso, tranne la Liegi. L’anno scorso sono arrivato terzo nell’Amstel e a San Sebastian, secondo alla Dwars door Vlaanderen, dove potevo davvero vincere. A Kuurne probabilmente nemmeno mi aspettavo di vincere, ma è andata bene.

Alla partenza da Follonica, Benoot con la compagna Fien e la figlia Roos
Alla partenza da Follonica, Benoot con la compagna Fien e la figlia Roos
Abbiamo visto un Van Aert un po’ sotto tono, che idea ti sei fatto?

E’ vero, ma non siamo affatto preoccupati per questo. Ero lì quando si è ammalato. Non si è allenato per due giorni e causa di questo non ha potuto allenarsi. E’ arrivato qui. Ha avuto tre giorni per recuperare e ora è lanciato verso la primavera.

Si comincia a pensare che siate in grado di decidere le corse da soli.

E’ importante che continuiamo ad avere dubbi per migliorare. Nel primo ritiro è stata usata la similitudine del coniglio e delle volpi. Negli ultimi anni siamo stati le volpi che inseguono il coniglio. Oggi siamo il coniglio che corre davanti alle volpi. Gli obiettivi più grandi sono avanti nella stagione, questo ci permette di mantenere la concentrazione.

Baroncini cade ancora, Bennati lo chiama e non lo molla

06.03.2023
4 min
Salva

Rialzarsi immediatamente dopo una caduta fa parte del ciclismo, prima risali in bici e meglio è, così da non perdere tempo nei confronti dei rivali. La caduta di Baroncini alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne si è però rivelata più tosta delle altre. Infatti, il referto medico parla di frattura del radio al braccio destro, non il modo migliore per iniziare una stagione che voleva essere quella della ripartenza dopo le sfortune dello scorso anno.

In aeroporto – racconta Baroncini con la voce frustrata – prima di partire per il Belgio ho comprato un libro: “La sottile arte di fare quello che c***o ti pare” di Mark Manson. Parla di come affrontare le situazioni negative che ti si parano davanti, al di là del titolo è un libro davvero interessante. Sembra che lo abbia comprato apposta (dice con un sorriso appena accennato, ndr). Quello che l’autore scrive, già lo faccio di mio, quindi mi dà anche un po’ di morale, come se fossi sulla strada giusta per riprendermi».

La voglia di ripartire di Baroncini era molta, tant’è che era ripartito addirittura dal ciclocross quest’inverno (gs_ph.oto)
La voglia di ripartire di Baroncini era molta, tant’è che era ripartito addirittura dal ciclocross (gs_ph.oto)

Di nuovo ai box

Baroncini si trova di nuovo fermo ai box, in attesa di poter impugnare nuovamente la bici: potrebbe già mettersi a pedalare sui rulli, ma per il momento aspetta ancora. Da quando è passato professionista ha subito continui rallentamenti, degli stop che possono fare male, sia dal punto di vista fisico, ma soprattutto da quello psicologico. Il corridore della Trek Segafredo ha trovato però un grande alleato nella strada verso la convalescenza: il cittì Daniele Bennati

«Ci siamo sentiti subito dopo la caduta di domenica – dice Bennati, mentre viaggia verso Siena alla volta delle Strade Bianche – sicuramente è frustrato. Si tratta della terza frattura al radio, è un evento singolare. Gli ho telefonato anche questa mattina (venerdì, ndr) ero in compagnia di un mio amico ortopedico. Ci siamo confrontati ed è stato rassicurato anche da lui, l’intervento, dal suo punto di vista, è andato molto bene. Chiaro che non vogliamo scavalcare i medici della Trek ma un parere in più fa bene dal punto di vista morale, soprattutto se positivo».

Baroncini poi era volato in Spagna con la Trek per il ritiro di gennaio
Baroncini poi era volato in Spagna con la Trek per il ritiro di gennaio

La forza della mente

Quello che deve affrontare Baroncini è l’ennesimo stop in pochi mesi. Ad aprile del 2021 aveva subito la frattura del radio, allo stesso braccio. Un anno fa lo stop è durato 38 giorni, ora pensare di star fermo così tanto dà fastidio, soprattutto quando ormai credeva di essersi lasciato tutto alle spalle. 

«Ora – riprende il cittì – il problema lo vedo più dal punto di vista mentale, la squadra sicuramente ha tutti gli strumenti per seguirlo al meglio. Ma per la testa è un brutto momento, Filippo ha bisogno di qualcuno che gli stia accanto. Credo che la figura del cittì debba ricoprire anche questo lato: quello umano. La voglia di ripartire deve iniziare da lui, non deve fare in modo che questo evento rallenti la sua carriera. Di certo non è iniziata nel migliore dei modi. L’anno scorso, nello stesso periodo, aveva subito il medesimo infortunio e anche l’anno scorso lo abbiamo aspettato. Sono e sarò sempre fiducioso nei suoi mezzi, e il fatto di averlo portato al campionato europeo di Monaco di Baviera ne è la testimonianza. Può essere uno dei corridori sui quali costruire la nazionale».

La stagione di Baroncini era partita presto: dall’Australia e dal Tour Down Under
La stagione di Baroncini era partita presto: dall’Australia e dal Tour Down Under

Obiettivo ripartire

L’obiettivo di Baroncini deve essere quello di ripartire, non con la fretta ma con giudizio. Percorrendo volta per volta i passi giusti, con la consapevolezza di avere al suo fianco la fiducia del cittì Bennati

«Bisogna prendere atto della sfortuna – continua Bennati – con la consapevolezza che ha un conto aperto contro di lei. Chiaro che c’è poco da fare, ma non sarà la prima e l’ultima caduta. Deve pensare che la sua carriera da qui in poi sarà in discesa, perché ora la sfortuna lo ha ostacolato. In questi mesi da cittì, conoscendo Baroncini, ho capito che ha tanta determinazione, è un ragazzo che non fa fatica a fare sacrifici. A me è successa la stessa cosa quando mi sono rotto due volte la clavicola. Nell’inconscio ti rimane un po’ la paura ma questi rischi fanno parte dell’essere corridore, non ci deve pensare. L’unico modo che ho per dargli una mano è questo: stargli vicino e sostenerlo. Come ho fatto con il messaggio che gli ho mandato su Instagram: “Non importa quante volte cadi, ma quante volte cadi e ti rialzi”».

«Le parole del cittì – ci dice infine Baroncini – mi fanno piacere, sapere di essere considerato per la maglia azzurra è un grande onore. Diciamo che è uno degli obiettivi che mi spinge a ripartire e non arrendermi, la fiducia di Bennati mi fa vivere questa, ennesima, brutta esperienza con maggiore tranquillità».

Jumbo Visma: indecisi a Siena, spietati al Nord

05.03.2023
4 min
Salva

Chiusa la Strade Bianche con la vittoria di Pidcock e le incomprensioni fra Benoot e Attila Valter, torniamo per un attimo allo scorso fine settimana. Infatti in Belgio si è aperta la stagione delle Classiche del Nord, tra pietre, muri, stradine e ventagli. E questa volta, a farla da padrona è stata la Jumbo Visma, con la vittoria di Van Baarle nella Omloop Het Nieuwsblad e quella di Tiesj Benoot a Kuurne.

Corse di casa

Nelle fila del team olandese c’era anche il nostro Edoardo Affini. E proprio dalla sua voce ci facciamo raccontare questo esordio di fuoco della Jumbo. 

«Come esordio – dice con una risata – quel fine settimana è andato molto bene, soprattutto se consideriamo che eravamo sette corridori su otto all’esordio stagionale. Tra le due formazioni è cambiato un solo uomo: Tim van Dijke alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne è stato sostituito da Per Strand Hagenes (campione del mondo juniores 2021, ora nel team development di cui ci aveva parlato Mattio, ndr). Siamo arrivati direttamente dal Teide, sul quale avevamo finito un bel blocco di lavoro. Dire che abbiamo lavorato bene sembra quasi superfluo ma è davvero così. La cosa bella di queste due corse è che abbiamo corso nel modo che ci eravamo prefissati nel meeting pre-gara».

I ventagli della Jumbo hanno spaccato il gruppo ed acceso la Omloop Het Nieuwsblad
I ventagli della Jumbo hanno spaccato il gruppo ed acceso la Omloop Het Nieuwsblad

Due modi di correre

Omloop sabato e domenica la Kuurne-Brussel-Kuurne, due corse diverse ma comunque dominate dalla Jumbo Visma. 

«L’idea – prosegue Affiniera quella di fare la corsa a modo nostro, in Belgio non è mai semplice serve anche fortuna. Basta una foratura o una scivolata nel momento sbagliato e tutto va in fumo. Io stesso sono riuscito a lavorare bene in entrambe le corse, anche la squadra era molto soddisfatta. Alla Omloop il team aveva intenzione di prendersi subito la responsabilità della corsa. Appena partita la fuga ci siamo messi a controllare, io avevo il compito di inseguire nella prima parte. Poi, nel momento in cui il percorso ce lo ha permesso, ho dato il via al ventaglio che ha condizionato la gara. Ci siamo messi a girare bene e siamo riusciti a rompere il gruppo».

«Alla Kuurne – spiega nuovamente – avevamo deciso di muoverci in maniera differente, viste anche le differenze tra i due percorsi. Non avevamo un velocista di riferimento, così abbiamo lasciato il pallino dell’inseguimento alle altre formazioni. Poi, nel momento in cui le condizioni del vento sono diventate favorevoli, ci siamo messi in azione. A meno 80 chilometri dall’arrivo, sul Le Bourliquet, tre miei compagni hanno dato il via all’azione decisiva. Si è formato il quintetto che è arrivato fino all’arrivo».

Gli uomini della Jumbo alla Kuurne si sono messi all’opera dopo attaccando a 80 chilometri dall’arrivo
Gli uomini della Jumbo alla Kuurne si sono messi all’opera dopo attaccando a 80 chilometri dall’arrivo

Rinforzi e obiettivi

Uno dei nomi nuovi della Jumbo Visma è quello di Dylan Van Baarle, il vincitore dell’ultima Parigi-Roubaix. Un innesto che fa capire l’intento della squadra: vincere. 

«La squadra era già forte – dice Affini – è innegabile, ma la Jumbo vuole vincere una monumento, questo è quello che manca (unendo i puntini si potrebbero definire “profetiche” le parole di Tom Boonen, ndr). Van Baarle è un acquisto volto a ciò, e direi che si è presentato nel migliore dei modi. Ora, capire quali saranno i focus sulle prossime corse nel Nord è difficile. Prima ci sono altre corse da fare e la prima Monumento della stagione: la Sanremo. Io alla partenza di Abbiategrasso dovrei esserci, così come alla Parigi-Nizza (iniziata oggi da La Verrière, ndr)».

«E’ chiaro – spiega riagganciandosi – che le punte per le Classiche come Fiandre e Roubaix saranno Van Aert, Van Baarle, Benoot e Laporte. Il rinforzo di Dylan ha anche un senso tattico, perché potremmo trovarci in superiorità numerica in alcune situazioni. Starà poi a loro e alla squadra capire come gestire quelle situazioni. Una cosa è certa: in quelle corse meglio avere un vantaggio numerico».

Wiggins Pidcock 2022

Papà Pidcock, figlio Wiggins: che incontri in Belgio…

05.04.2022
4 min
Salva

Nel gran bailamme delle classiche belghe, soprattutto in quelle medio-piccole dove non c’è la calca che le squadre WorldTour riescono sempre a destare, possono anche saltar fuori incontri particolari, addirittura abbinamenti inconsueti. Ecco così che alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne di qualche domenica fa è capitato di vedere insieme due “parenti famosi”. I loro cognomi riassumono la grandezza passata e presente del ciclismo britannico. Il papà è Giles Pidcock, il figlio Ben Wiggins, il primo team manager della Fensham Howes-Mas Design, l’altro suo allievo prediletto. Papà Sir Bradley, al seguito delle classiche in veste di commentatore tivù, si fida molto del suo connazionale. La gara in sé non ha portato risultati, complice una caduta di Ben, ma a quei livelli non è poi così importante.

Pidcock team 2022
Giles Pidcock è molto amato dai suoi ragazzi, lasciati liberi di esprimersi in gara (foto NB)
Pidcock team 2022
Giles Pidcock è molto amato dai suoi ragazzi, lasciati liberi di esprimersi in gara (foto NB)

Nel team dal 2019

Papà Pidcock gestisce il team dal 2019, un’iniziativa presa sull’onda dell’entusiasmo destato, anche nel suo animo, dalle imprese del figlio. «Ma non c’è solo Tom – ha tenuto a sottolineare in una lunga intervista concessa al giornalista olandese Werner Bourlez – l’altro figlio Joe sta correndo nel team Development della Groupama FDJ e spero che anche lui approdi in una WorldTour. Stanno mettendo in pratica gli insegnamenti appresi in età giovanile, hanno precorso quello che mi aspetto dai ragazzi presenti in Belgio (alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne erano in sei, ndr)».

Il manager britannico ha un’idea molto particolare del modo di correre a quell’età – stiamo parlando di juniores – prescindendo da ogni dettame tattico: «Non voglio sentir parlare di squadre, strategie, men che meno di capitani e gregari. Non prendiamoci in giro, è a quest’età che i talent scout vengono a vederti e ti prendono per i grandi team. Se aiuti qualcun altro non ti notano. Devi correre per te stesso, pensando prima di tutto a divertirti e, certo, senza danneggiare il compagno di squadra. Do loro molti consigli su come interpretare ogni gara, poi però se la devono vedere da soli, imparando volta per volta. Per questo, anche quando le cose vanno male come qui, non sono mai esperienze negative, perché serviranno in futuro».

Joe Pidcock 2022
Joe Pidcock, anni 20, quest’anno ha già corso tra i pro’ a Le Samyn (foto Groupama FDJ)
Joe Pidcock 2022
Joe Pidcock, anni 20, quest’anno ha già corso tra i pro’ a Le Samyn (foto Groupama FDJ)

Un passato da buon dilettante

Pidcock, appena approdato alla leadership del team britannico, si è messo subito alla ricerca di uno sponsor. Lo ha trovato in uno studio di architettura e ora ha a disposizione un budget di 24 mila euro. Può sembrare tanto, ma bisogna considerare che l’attività viene svolta prevalentemente all’estero: «I ragazzi, per imparare, hanno bisogno di correre e in Gran Bretagna ci sono poche gare e di livello troppo basso. Per questo cerco sempre ingaggi all’estero, soprattutto nel Nord Europa e devo dire che il mio cognome aiuta. Certamente non per mio merito…» afferma con un sorriso beffardo.

In realtà anche Giles Pidcock è stato corridore, arrivando in nazionale da dilettante: «Ero a un buon livello, vincevo spesso ma non ho mai trovato spazio in una squadra professionistica. Avevo iniziato a 15 anni, poi dopo aver conseguito la laurea ho smesso, per riprendere a livello amatoriale dopo 15 anni. E il vizio di vincere non l’avevo perso, sono sempre stato un buon velocista… Guardandomi, a Tom e Joe è venuta la voglia di provarci, si sono innamorati della bici e il resto è lì, sulle cronache.

«Per loro è stato fondamentale quel che hanno imparato nelle categorie giovanili. Hanno appreso che cosa significa fare questo mestiere, che cosa comporta, dove si può arrivare. E quel che hanno fatto loro, potranno fare anche altri. Anche Ben, in fin dei conti in lui scorre sangue di un vincitore del Tour de France e pluricampione olimpico. Le occasioni per mettersi in mostra verranno. Potreste pensare che dipenda tutto dal nome: beh, lo scorso anno Max Poole si è messo in evidenza vincendo anche una tappa a La Philippe Gilbert, ora corre nel Team Development DSM».

Pidcock famiglia 2017
La famiglia Pidcock: Giles, Joe, Tom, vincitore del titolo britannico 2017 e mamma Sonia (foto Allan McKenzie)
Pidcock famiglia 2017
La famiglia Pidcock: Giles, Joe e Tom, vincitore del titolo britannico 2017 (foto Allan McKenzie)

In cerca di casa in Belgio

Quando non è impegnato con i suoi ragazzi, Giles spesso si unisce allo staff dell’Ineos Grenadiers per stare vicino a suo figlio Tom. Non è tanto e solo un discorso legato all’aspetto tecnico. L’iridato di ciclocross spesso ha lamentato le difficoltà che l’attività comporta dal punto di vista umano, stare tanto lontano dalla famiglia è per lui un handicap come anche quello dalla ragazza: nel periodo della gara in questione, era stata costretta in ospedale per un piccolo intervento chirurgico e per quanto volesse, Tom non era molto concentrato sulla corsa.

A tutto ciò Giles Pidcock pensa spesso e sta considerando l’idea di acquistare una casa nelle Fiandre, in modo da rimanere vicino al figlio anche d’inverno, durante la stagione del ciclocross: «Non sarebbe un gran sacrificio per me e mia moglie Sonia, che mi dà una grande mano anche nella gestione del team. Amiamo il Belgio, amiamo la sua gente e la sua cucina. Ci sentiremmo sempre a casa, questo è certo…».

Primo test al Nord, Consonni soddisfatto a metà

28.02.2022
4 min
Salva

Con i baffetti da gentleman d’altri tempi, Simone Consonni ha vissuto il weekend d’apertura fiammingo in cerca di risposte. La partenza sprint della Cofidis, gasata dalla carica di Vasseur e motivata a dimostrare più di quanto messo in luce lo scorso anno, non lo stupisce più di tanto. Anzi, la sensazione è che tolte le ridondanze di certi titoli, la situazione interna alla squadra sia piuttosto normale.

«Sinceramente – sorride – ho cominciato come gli altri anni. Non so se per passare WorldTour bisogna sistemare i meccanismi (la Cofidis è salita di categoria nel 2020, con l’arrivo di Viviani, ndr). Comunque siamo partiti benissimo. Coquard è impressionante, in allenamento sui muri andava veramente forte. In questo momento siamo una squadra che sta bene e non ha niente da perdere».

Consonni e Cimolai sono due delle tre punte Cofidis allo sprint. L’altro è Coquard.
Consonni e Cimolai sono due delle tre punte Cofidis allo sprint. L’altro è Coquard.
Che cosa significa che sei venuto al Nord per provarti?

Che prima di sabato la condizione mi era sembrata ottima. Ma al Nord è sempre diverso ed ero curioso di testarmi in gare importanti. Erano tre anni che non correvo quassù. L’anno scorso avevo problemi al ginocchio e le ho saltate quasi tutte. Due anni fa col Covid non ne ho fatta neanche una. Tre anni fa ne ho fatte un paio, quindi è da un po’ che non mi testavo su certe strade. Sono state belle giornate per capire un po’ di cose.

In che modo sono state impostate le gerarchie fra voi velocisti del team?

In realtà alla fine, velocista o no, su certi percorsi è facile andare d’accordo. E’ bastato rendersi conto di chi avesse già la gamba e aiutarsi. Le gerarchie sono fatte dalla strada e Coquard per ora è il più in forma. Per cui è giusto che per ora parta lui con il ruolo di leader.

Tu che sensazioni hai avuto?

Dico la verità: pensavo di stare meglio. Pensavo e speravo di poter essere lì pronto per entrare nei vari attacchi. La verità è che in questi due giorni a tutta, sono riuscito a salvarmi di mestiere e ad arrivare entrambe le volte nel gruppo principale. Alla Het Nieuwsblad sono rientrato alla fine e a Kuurne sono riuscito a stare nel gruppo che poi si è giocato la volata.

Ancora bici De Rosa e per Consonni scarpe Nimbl su misura
Ancora bici De Rosa e per Consonni scarpe Nimbl su misura
Però poi non l’hai fatta tu…

La tattica ieri era farla per Brian. Purtroppo ho avuto i crampi negli ultimi 200 metri, quindi ho provato a pilotarlo al meglio possibile, ma non era compito mio fare la volata.

Ti capita mai di guardare la medaglia d’oro di Tokyo?

Più che la medaglia guardo le foto sui tablet, nel telefono. E’ sempre bello, direi una spinta in più. Anzi, quando sabato sono uscito dalla presentazione nel velodromo, ho visto una medaglia di Pechino che mi ha portato tanti ricordi.

Conoscevi il velodromo di Gand?

No, non ho mai corso a Gand. Volevo fare qualche sei giorni anche quest’anno, ma come l’anno scorso e sempre per il Covid, le hanno cancellate quasi tutte. Speriamo di tornare alla normalità, anche se in queste giornate non è facile. Ci sono anche altri pensieri…

Cosa porti a casa dall’apertura nelle Fiandre?

Vengo a casa da questi due giorni comunque con un bel blocco di lavoro. Sono contento di quello che ho fatto e sicuramente può sembrare una cosa scontata, però finire in gruppo due corse in Belgio non lo è. Quindi sono contento di come sono andato e dei fuorigiri che sicuramente mi faranno bene per Laigueglia, che sarà un altro bel fuorigiri. E poi per Tirreno e Sanremo.

Al Saudi Tour tanto caldo e la necessità di integrare con le borracce giuste
Al Saudi Tour tanto caldo e la necessità di integrare con le borracce giuste
Si comincia a fare sul serio?

Mi aspetta un bel mese. Laigueglia, Tirreno, Sanremo e un paio di classiche fino alla Gand. Un bel periodo dove bisognerà esser pronti fisicamente e mentalmente.

Perciò come ci arrivi?

Pensavo meglio dal fine settimana, ma comunque sono soddisfatto di questi giorni, anche se non ho avuto il guizzo che mi aspettavo.

Nizzolo e Trentin, italiani contro a Kuurne

27.02.2022
4 min
Salva

Italiani protagonisti a Kuurne. Meno di ieri, anche per il percorso meno impegnativo, ma protagonisti e portatori di due diverse filosofie in corsa. Da una parte gli attaccanti, con Colbrelli e soprattutto Trentin, nono all’arrivo. Dall’altra Nizzolo, quinto, il cui impegno ha contribuito a rintuzzare il tentativo del Matteo nazionale. Se come ha raccontato anche Jakobsen, non si fossero mosse le tre squadre dei velocisti – Quick Step, Lotto Soudal e Israel – la fuga di Trentin sarebbe salita a un minuto e non l’avrebbero più ripresa.

Quella manovra sul Muur

Trentin ieri era furibondo. In qualche modo nel finale ha avuto la sensazione di essere rimasto da solo. E poi c’è stata quella manovra di Van Aert sul Muur che l’ha chiuso alle transenne, impedendogli di infilarsi per attaccare la discesa in testa.

Trentin ha provato ad attaccare, ma la fuga è stata rintuzzata
Trentin ha provato ad attaccare, ma la fuga è stata rintuzzata

«Se avessimo collaborato – dice secco, poggiato alla transenna – arrivavamo, punto. C’erano dei bei corridori davanti. Ma a un certo punto ho visto che il Bahrain aveva uno e non tirava. La Quick Step aveva uno e non tirava. E già lì ho cominciato a pensare: cosa faccio, mi porto Asgreen a spasso? Magari anche no. Ho provato due o tre volte a tirare via un gruppettino, ma non so come mai, a me venivano sempre addosso. Poi Laporte ha provato ed è andato via due volte e l’hanno guardato andar via. Quei tre sono stati forti, perché li abbiamo presi sotto la riga».

Soddisfatto a metà

In un video girato ieri alla partenza della Omloop Het Nieuwsblad, Matteo diceva che magari sarebbe arrivato il momento di vincere a sua volta dopo i centri dei suoi compagni. Perciò il bilancio di questo primo viaggio non può soddisfarlo appieno.

«Bilancio medio – dice infatti – oggi tutto sommato sono contento, perché per come è andata la gara, sono stato sempre dove dovevo essere. Se quel gruppo fosse arrivato, magari le possibilità erano di più. Nel momento in cui ci hanno preso, in volata sono venuto su da dietro, a destra e sinistra, transenne mica transenne. Potevo arrivare due posizioni più avanti, ma anche sette più indietro. Una volta che ci hanno preso, per la vittoria era andata. Però sono contento di come ho corso, di come ho reagito e impostato la volata. Sono riuscito a districarmi bene e questo è simbolo anche di una gran bella condizione. Se fossi stato finito, non ci sarei riuscito».

Dopo l’arrivo, Trentin ha salvato la giornata, ma non il risultato
Dopo l’arrivo, Trentin ha salvato la giornata, ma non il risultato

Il terzo sprint

Nizzolo è già sul bus e ha fatto la doccia, sfogliando la margherita per capire se essere soddisfatto o meno della prestazione.

«Era la terza volata dall’inizio dell’anno con la nuova squadra – dice – ho fatto due podi e un quinto posto, per cui le cose stanno andando bene. Anche oggi abbiamo corso nel modo giusto. Abbiamo reagito quando si doveva e sono abbastanza sicuro che se non ci fossimo mossi, i primi avrebbero guadagnato un bel minuto e non li avremmo più ripresi, perché erano gente tosta».

Divertente giochino prima del via: i corridori si presentavano fra loro. Ecco Nizzolo
Divertente giochino prima del via: i corridori si presentavano fra loro. Ecco Nizzolo

Rimonta pazzesca

Quando un velocista cambia squadra, non deve preoccuparsi solo di sé, sarebbe troppo facile. Deve anche creare l’accordo in squadra, comporre il treno o aiutare a farlo. E a sentirlo parlare, Nizzolo appare soddisfatto anche di questo aspetto.

«Sono contento della squadra – dice – anche se nel finale ci siamo un po’ disuniti. Ci siamo fatti un po’ prendere la mano, diciamo così. Ho iniziato la volata da dietro, se riguardate il video all’ultima curva sono attorno alla 35ª posizione. E quella rimonta mi ha svuotato le gambe. Al momento di aprire il gas per fare la volata, non ne avevo più. Le forze per ora sono quelle, ma i ragazzi hanno un bello spirito. Perciò adesso si tira un po’ il fiato. Poi Tirreno, Sanremo e si torna al Nord».

La Sanremo è il frutto proibito dei velocisti italiani e poi c’è quel podio dietro Van Aert alla Gand (secondo Nizzolo, terzo Trentin) che va assolutamente cancellato. C’è da scommettere che i due si troveranno presto nuovamente in corsa su schieramenti contrapposti. Entrambi classe 1989, entrambi abituati a prendersi le misure da una vita. Fra vittorie e grandi piazzamenti, la primavera dei nostri è iniziata in modo interessante.

Jakobsen, volata pazzesca, riporta il sorriso alla Quick Step

27.02.2022
5 min
Salva

Ieri sera a tavola Lefevere è andato giù duro. Jakobsen adesso ride e dice che lui tutto sommato era comodo nella sua sedia, non avendo corso l’Het Nieuwsblad. Ma quando i colleghi fiamminghi gli chiedono di ripetere le parole del team manager della Quick Step-Alpha Vinyl, l’olandese fa un gran sorriso e dice di non parlare lo stesso dialetto.

«Siamo una squadra e un gruppo di amici – dice a margine della Kuurne-Bruxelles-Kuurne appena conquistata – ma questo è il nostro lavoro. A tavola abbiamo parlato e Patrick a suo modo ci ha detto di essere attenti e aggressivi. Non parlo il suo dialetto, ma garantisco che l’ho capito molto bene. Non ricordo i dettagli (ride, ndr). E oggi che toccava a me, spero di aver riportato il sorriso anche a lui».

Un boccale di birra

Adesso sono cinque a due. Cinque le vittorie di Fabio Jakobsen, due quelle di Cavendish, in quella sorta di braccio di ferro non dichiarato fra i due super velocisti della Quick Step-Alpha Vinyl che entrambi tendono a ridimensionare.

Nel team belga oggi si respira un’aria diversa dai mezzi toni di ieri dopo l’Het Nieuwsblad. Tanto che per salire sul gradino più alto del podio, Fabio ha fatto un salto che dava l’idea della sua freschezza, malgrado la corsa e lo sprint vinto dribblando un mucchio di avversari.

Poi gli hanno consegnato l’asino, simbolo della città e degli abitanti che andavano al mercato della vicina Kortijk trasportando le mercanzie sul dorso dei quadrupedi che ragliando svegliavano i cittadini. E alla fine gli hanno messo in mano un maxi boccale di birra Kwaremont, in cui l’olandese ha bagnato le labbra e un bel sorso poi l’ha buttato giù.

Anche oggi si è corso tra ali di folla: il Belgio ha riaperto
Anche oggi si è corso tra ali di folla: il Belgio ha riaperto

Rispetto per l’Ucraina

Quando arriva in sala stampa per raccontare la vittoria, Jakobsen ha il cappello calato sugli occhi e sotto i gambali pulsano le due gambone che anche oggi gli hanno permesso di fare la differenza. Per i belgi è festa grande. Dopo il gigante delle classiche, ecco quello dello sprint: un’apertura migliore era difficilmente immaginabile. Eppure la sensazione è che Fabio sia figlio di tutti, come accade quando qualcuno è sul punto di morte e si prega tutti per lui. E lui che forse capisce, inizia dalla fine.

«In Belgio e in Olanda – dice con la voce che si increspa – siamo tutti contenti di aver potuto ricominciare a correre, con il pubblico sulle strade. Oggi era pieno di gente a fare il tifo per ragazzi di 25 anni che combattevano per vincere una gara di biciclette. Ma adesso il mio pensiero va a ragazzi della mia stessa età che stanno combattendo per la loro vita in Ucraina. E’ bello essere qui, ma non dimentichiamoci di loro».

A 10 chilometri dall’arrivo, Quick Step in testa per chiudere sui tre fuggitivi
A 10 chilometri dall’arrivo, Quick Step in testa per chiudere sui tre fuggitivi

Pressione e velocità

Deglutisce a fatica, come gli capitò nel ritiro di Calpe ricordando la risalita dopo l’incidente e poi si predispone per rispondere alle domande.

«Ho iniziato lo sprint da lontano – dice – perché a un certo punto ho avuto la sensazione che i tre di testa non li avremmo più ripresi (Laporte, Narvaez, Van der Hoorn, ripresi ai 200 metri, ndr). Vincere così mi fa sentire bene, la velocità mi piace. Dio mi ha dato due gambe veloci ed è mio dovere usarle per vincere gli sprint. Mi sento fra i primi cinque al mondo e non vado oltre, perché non è facile fare classifiche. Lo sport di vertice porta con sé la pressione e per uno sprinter questa è anche maggiore, perché la squadra lavora per te e hai pochi secondi per concretizzare il loro lavoro».

Una volata prepotente e lunga per essere certo di riprendere i fuggitivi
Una volata prepotente e lunga per essere certo di riprendere i fuggitivi

Sogno Sanremo

GIi chiedono infatti se percepisca un cambio di atteggiamento della squadra, ipotizzando che l’anno scorso lo abbiano portato alla Vuelta come bonus per premiare il suo ritorno dopo l’incidente. E Jakobsen appena lo sente scarta come in volata.

«Nessun premio – ringhia sommessamente – né contentino. La Vuelta dello scorso anno fu un progetto dopo le due vittorie al Tour de Wallonie. E mi ha permesso di fare un bell’inverno. Ho lavorato tanto e sono tornato al livello che avevo prima dell’incidente. Ora sono in grado di sprintare per la vittoria, ma sono consapevole di dover fare ancora dei progressi. Ad esempio oggi Caleb Ewan mi ha fatto i complimenti, essendo arrivato secondo. Ma io so bene che nei prossimi sprint, alla Tirreno e alla Sanremo, lui sarà avvantaggiato. Sogno la Sanremo, così come sogno la Gand-Wevelgem, ma forse è presto. Devo crescere, ma la forma è questa, quindi ci proverò».

Ewan si è complimentato con Jakobsen e ora punta su Sanremo
Ewan si è complimentato con Jakobsen e ora punta su Sanremo

Le gambe bruciano

La squadra ha avuto una grande reazione, che sia stato per le parole di Lefevere o per aver fiutato finalmente la vittoria.

«Abbiamo messo in atto una buona strategia – spiega Jakobsen – con Kasper Asgreeen che dopo la fuga è diventato pilota del nostro treno. C’erano ancora i fuggitivi davanti, ma con Lotto e Israel avevamo interessi comuni e alla fine siamo riusciti a riprenderli. Non vi nascondo che negli ultimi strappi ho sentito le gambe bruciare, non è stato facile. A volte sembra che le volate si vincano facilmente, ma in realtà la cosa più difficile è arrivare a farle».

Non solo Bingoal Pauwels, Repente è sempre più con i pro’

04.02.2022
3 min
Salva

Repente, brand tutto italiano produttore di selle, ha attivato un rapporto di partnership e di sponsorizzazione con il team belga Bingoal Pauwels Sauces WB . La squadra, che quest’anno ha in organico ben venti corridori, oltre ad un team Continental che comprende sedici giovani e promettenti atleti (fra loro l’azzurro Lorenzo Masciarelli), ha debuttato ufficialmente domenica scorsa nella classica apertura francese: il Gp La Marseillaise.

E’ fresco di stretta di mano l’accordo fra Selle Repente e la Bingoal-Pauwels Sauce
E’ fresco di stretta di mano l’accordo fra Selle Repente e la Bingoal-Pauwels Sauce

Classiche nel mirino

Per gli amanti delle statistiche, vale la pena ricordare che questa squadra, molto conosciuta sulle strade del ciclismo mondiale, e con una particolare “attitudine” per le difficili corse in programma in Belgio e in Olanda, nel corso della stagione 2021 è riuscita a cogliere complessivamente cinque vittorie, otto secondi posti e per ben quattordici volte è salita sul terzo gradino del podio. Sessantasei sono stati invece i piazzamenti nei primi cinque, 143 nei primi 10…

Nei prossimi mesi il team Bingoal Pauwels Sauces WB sarà al via di molte grandi Classiche del ciclismo mondiale, tra queste la Parigi-Roubaix, la Freccia Vallone e la Liegi-Bastogne-Liegi. Ma in programma non mancheranno anche competizioni del calibro della Omloop Het Nieuwsblad, della Kuurne-Bruxelles-Kuurne, oltre a moltissime altre.

I corridori della squadra belga potranno contare su tutte le selle della gamma Repente
I corridori della squadra belga potranno contare su tutte le selle della gamma Repente

Su bici De Rosa

E sulle biciclette De Rosa in dotazione alla squadra, Repente ha definito il montaggio del proprio top di gamma, ovvero le selle Quasar CR, Quasar, Prime, Spyd, Artax e Latus. Tutti modelli caratterizzati da un mix molto ben riuscito di materiali selezionati, lavorazioni accurate e pesi estremamente contenuti. Le biciclette da cronometro prevedono invece il montaggio delle selle Magnet, “full carbon” e di conseguenza ultraleggere. Da evidenziare, inoltre, che lo stesso team ha in dotazione anche i nastri manubrio “extragrip” sempre provvisti da Repente. 

Polonia, Italia e Portogallo…

Complessivamente, per la stagione 2022, Repente è partner di ben cinque squadre Continental. Fra queste il team polacco HRE Mazowsze Serce Polski capace di occupare il primo posto nella classifica mondiale di categoria. Pensate, nel corso del biennio 2020-2021 è riuscito ad imporsi per ben 27 volte. In più un loro atleta – Alan Banaszek – si è laureato campione europeo nell’omnium! In organico questo team prevedere 19 giovani corridori, senz’ombra di dubbio il meglio in termini di talenti espressi dal ciclismo polacco.

Repente Quasar
La sella Repente Quasar è una delle più apprezzate tra i corridori
Repente Quasar
La sella Repente Quasar è una delle più apprezzate tra i corridori

Con Beltrami TSA

Per quanto invece riguarda il nostro Paese, prosegue spedita la collaborazione di Repente con il team Beltrami Tsa-Tre Colli, mentre in Portogallo è al debutto la partnership con il Team Efapel. 

«Quest’anno a livello internazionale saremo sponsor di oltre 15 team (ha dichiarato Massimo Farronato, il CEO di Repente). Per un impegno importante, in forte crescita, che mira a consolidare il nostro brand in diverse aree del mercato mondiale in cui siamo già presenti commercialmente. Collaborare con i professionisti ci fa immagazzinare esperienza, e soprattutto ci induce a perfezionare i nostri prodotti a totale beneficio dei nostri clienti».

Repente

Pidcock sorpresa in Belgio. E ora la Strade Bianche…

01.03.2021
3 min
Salva

Quando lo vedemmo vincere al Giro d’Italia U23, bici.PRO non era ancora nato, per cui non riuscimmo a raccontarvi la sorpresa per la facilità con cui Tom Pidcock era riuscito a vincere la corsa. Poi lo abbiamo visto da lontano mentre vinceva gare di mountain bike e alla fine lo abbiamo ritrovato nel ciclocross, sempre a inseguire i due giganti del Nord – Van der Poel e Van Aert – salvo metterli in croce laddove i percorsi presentavano qualche salita. Tom Pidcock pesa 59 chili e compirà 22 anni a luglio.

Mads Pedersen vittoria
Mads Pedersen vince a Kuurne su Turgis, alla sua destra c’è Pidcock, terzo a sorpresa nello sprint
Mads Pedersen vittoria
Alla destra di Pedersen, l’insolito sprinter…

Negli ultimi due giorni abbiamo visto il britannico della Ineos Grenadiers in azione dal vivo sui muri delle Fiandre, prima all’attacco nella Omloop Het Nieuwsblad e ieri nello sprint della corsa di Kuurne. In un attimo si sono sommate le sue capacità atletiche con quelle di guida e di malizia nel gruppo. Sapere che la sua prossima corsa sarà la Strade Bianche, arricchisce l’attesa di una grande curiosità.

Puro istinto

Il suo weekend fiammingo non si può liquidare con la parola sorpresa, perché le accelerazioni che gli abbiamo visto fare sui muri fanno pensare che il ragazzo abbia sicuramente i mezzi atletici per ben figurare anche in una corsa come la Strade Bianche, anche se il suo limite attuale potrebbe ancora essere il fondo. Ha da poco concluso la stagione del cross, ma ha pur sempre nelle gambe il Tour des Alpes Maritimes et du Var.

Podio Pedersen Pidcock
Sul podio, a sorpresa un Pidcock soddisfatto, ma quasi spaesato
Podio Pedersen Pidcock
Sul podio, un Pidcock soddisfatto, ma quasi spaesato

«Il mio problema quando comincio a correre su strada – dice – è che faccio fatica a dimenticare di non essere nel cross. Sabato avevo delle ottime gambe, ma non sono riuscito a farci nulla. Ho sprecato tante energie. A Kuurne invece, ho semplicemente usato la testa ed evitato di dare fondo alle mie energie. E nella fuga avevamo Narvaez».

Messaggio a VdP

A questo punto, raggiunti e circondati anche da un paio giornalisti di lingua inglese, non si poteva fare a meno di chiedergli una opinione sulla corsa folle del suo rivale del Van der Poel

Pidcock primo piano
Dopo l’arrivo di Kuurne, spiegando come andate le cose
Pidcock primo piano
Dopo l’arrivo di Kuurne, spiegando come andate le cose

«Credo che Van der Poel – dice – abbia provato a mettere in scena un grande spettacolo, convinto che ci fosse il terreno per arrivare sino in fondo. In realtà non ha sbagliato di molto, ma a volte bisogna rendersi conto che per vincere si possono adottare anche altre tattiche. Io sono appena arrivato, ma il weekend mi ha dato grande ottimismo. Correre sulle strade bianche potrebbe essere molto divertente, anche perché la nostra squadra al momento sta dando a tutti la possibilità di fare la propria corsa. Ci vediamo in Italia».