La squadra, il Giro, l’economia, la Valtellina: parla il signor Kometa

07.12.2023
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Fra Roma e il lago Balaton, nella cui zona sorge lo stabilimento Kometa in Ungheria, ci sono mille chilometri abbondanti, ma la voce di Giacomo Pedranzini arriva squillante come dalla stanza accanto. L’Amministratore Delegato della società di famiglia sta facendo rientro in Italia, in uno dei tanti viaggi che gli permettono di riconnettersi con la Valtellina e la sua famiglia.

«L’azienda ha sede in Ungheria – spiega – ma è di proprietà della mia famiglia, la famiglia Pedranzini Ernesto, che era nostro padre e ha trascorso la sua vita a Bormio. Siamo agricoltori e allevatori di montagna, così siamo nati e cresciuti e continuiamo ancora oggi questa attività, grazie ai miei fratelli più giovani, a cui sono sempre grato. Continuiamo a fare agricoltura di montagna nell’alpeggio sulla Malga dei Forni, sopra Santa Caterina Valfurva. Il mio collegamento con la Valtellina nasce da lì. Le nostre origini e le nostre attività sono ancora in Valtellina».

Kometa è sin dall’inizio uno dei nomi più fedeli di Basso e Contador. Negli anni il rapporto si è evoluto e dalla continental dei primi tempi, si è arrivati alla collaborazione con Eolo e a breve con Polti. Giacomo Pedranzini è il responsabile dell’azienda, che si dedica all’allevamento e alla trasformazione di carni suine. E data l’attenzione per l’alimentazione sana, l’abbinamento con lo sport e in particolare il ciclismo è stato quasi una conseguenza naturale. Ora che il Giro torna a Livigno e vi rimarrà per tre giorni (arrivo sul Mottolino, giorno di riposo e la ripartenza), farsi raccontare il suo ciclismo e la sua Valtellina ci è parso molto interessante.

Giacomo Pedranzini ha 58 anni ed è l’Amministratore Delegato di Kometa, che dal 1994 opera in Ungheria
Giacomo Pedranzini ha 58 anni ed è l’Amministratore Delegato di Kometa, che dal 1994 opera in Ungheria
Perché il ciclismo?

Perché ha delle sintonie con i valori dell’azienda. E’ una scuola di vita che riteniamo possa essere utile anche per le nuove generazioni. Il contatto con Ivan Basso risale ormai a otto anni fa. Aveva smesso di correre da uno o due anni ed era consapevole che non sarebbe stato facile mettere in piedi una squadra di vertice. Così mi presentò un progetto in cui parlava anche di sport rivolto anche al sociale, soprattutto ai giovani. E a me piacque l’idea di formare giovani uomini oltre che giovani atleti.

La squadra nel frattempo è cresciuta…

Migliora ogni anno. Partecipiamo stabilmente al Giro d’Italia e ad altre competizioni di RCS, quindi gli obiettivi rimangono sempre gli stessi. Però chiaramente ci aspettiamo che oltre alla squadra cresca anche la nostra capacità di comunicare col pubblico. Abbiamo esitato prima di unirci a questo progetto. Quello che ha fatto scoccare la scintilla è stata l’idea di poter trasmettere i valori di Kometa, che sono anche alla base dell’ideale di Honest Food di cui siamo promotori e che oggi è rappresentato da un’Associazione senza scopo di lucro, nata lo scorso settembre a Milano.

Di cosa si occupa?

Riteniamo che il comparto alimentare necessiti di un ripensamento in tutte le sue componenti. E’ necessario ritrovare prima di tutto equilibrio e buon senso all’interno della filiera, per produrre cibo buono e salubre ad un prezzo ragionevole. Sono i tre cardini che si possono raggiungere attraverso la giusta distribuzione del valore lungo la filiera agroalimentare. Oggi soffriamo dell’abbandono delle aree svantaggiate, per esempio nell’agricoltura. E tutto questo ha portato ad alcune distorsioni nei prezzi. Per troppi anni ci siamo focalizzati sulla crescita dei volumi a prezzi sempre più bassi, invece di concentrarci sulla qualità. Questa certamente ha un costo, però il cibo non può essere un lusso.

La partenza del Giro d’Italia da Budapest nel 2022 è stato per Kometa un’operazione molto importante (foto Rcs Sport)
La partenza del Giro d’Italia da Budapest nel 2022 è stato per Kometa un’operazione molto importante (foto Rcs Sport)
La presenza di Basso e Contador è funzionale al messaggio?

La possibilità di comunicare attraverso l’immagine di due grandi campioni come loro è stata il fattore che ci ha fatto prendere la decisione. La grande partenza del Giro dall’Ungheria, con il nostro nome e un atleta ungherese in squadra, è stata una delle azioni che ha dato più risonanza. Siamo presenti alle corse. Facciamo promozione nei nostri punti vendita, in cui il consumatore trova l’oggettistica della squadra. In più per il 2024 ci siamo legati a una nuova agenzia, Luca Vitale e Associati, con cui inizieremo varie azioni di comunicazione.

Che rapporto c’è tra Giacomo Pedranzini e il ciclismo?

Per estrema onestà, devo dire che in famiglia non siamo mai stati dei grandissimi sportivi. Il nostro sport era aiutare il papà e la mamma nell’azienda agricola, il nostro trekking era camminare dietro alle mucche. Però gli sport di fatica ci sono sempre piaciuti, perché richiedono grande persistenza e grande resistenza, anche mentale. 

Crede che il ciclismo sia un valido veicolo promozionale per la sua azienda?

Questa domanda è importante, ma prima di rispondere ne faccio io un’altra. Come mai Lidl, una delle più grandi catene della distribuzione a livello mondiale, è subentrata a Segafredo? Non vogliamo paragonarci a loro né avere la presunzione di tenere in piedi le sorti del ciclismo, però continuiamo perché ci dispiacerebbe che uno sport che ha fatto parte della storia e della cultura del nostro Paese, diventasse l’ultima ruota del carro. Quando mio padre voleva richiamarci all’ordine, diceva sempre un proverbio: «Le parole volano, l’esempio trascina». E allora noi proviamo, in questo caso con Polti, a dare un piccolo esempio di perseveranza e determinazione. Sperando poi che aziende più importanti e più grandi di noi vengano a darci man forte per riportare il ciclismo italiano sul gradino che gli compete nel palcoscenico internazionale.

Anche Polti (nella foto Franco e sua figlia Francesca) è un’azienda di famiglia, con grande esperienza nel ciclismo
Anche Polti (nella foto Franco e sua figlia Francesca) è un’azienda di famiglia, con grande esperienza nel ciclismo
Francesca Polti ci ha raccontato di aver trovato subito delle sintonie aziendali con voi, lo conferma?

Certamente, perché anche Polti è un’azienda di famiglia. Hanno una bella storia. L’affinità è prima di tutto umana e di storia imprenditoriale. Loro sapranno apportare la loro grande esperienza nel mondo del ciclismo. Hanno vinto il Giro d’Italia, sono certo che papà Polti ci darà dei consigli molto preziosi.

Quante volte all’anno torna in Valtellina?

Almeno una al mese, diciamo così. Poi durante l’estate la mia famiglia, che per tutto l’anno è con me in Ungheria, si trasferisce molto volentieri in Italia.

Si ha la sensazione, ascoltandola, di avere davanti un ambasciatore del territorio.

Il collegamento con la Valtellina c’è sempre. Stiamo sperimentando con successo la collaborazione tra pubblico e privato. Il coinvolgimento del territorio, la presenza del Giro d’Italia e tutte le azioni in materia di cicloturismo sono legate al contributo della Provincia di Sondrio. Bisogna riconoscere a Pierluigi Negri la grande abilità di coordinare il privato con i consorzi turistici che rappresenta in Valtellina. L’amministrazione provinciale si muove sempre guardando a tutti gli aspetti. Quindi va bene sostenere lo sport, ma va guardato anche l’interesse economico del territorio. E oggi i dati dicono che le presenze estive hanno pareggiato l’indotto di quelle invernali e questo è un dato veramente importante. Penso che sia sufficiente per capire che grande importanza rivesta la promozione del ciclismo per la Valtellina.

Quanto sarebbe importante essere al via del prossimo Giro, viste le tappe in Valtellina?

Essendo una professional, ci dovremo sudare l’invito. Però siamo molto fiduciosi che quello che abbiamo fatto sui campi di gara, vincendo una tappa anche nell’ultima edizione con Davide Bais a Campo Imperatore, parli per noi. E come è successo in Ungheria, avere al via del Giro un valtellinese come Davide Piganzoli sarebbe motivo di orgoglio.

Piganzoli, valtellinese doc, sarebbe una presenza importante al prossimo Giro d’Italia (foto Instagram)
Piganzoli, valtellinese doc, sarebbe una presenza importante al prossimo Giro d’Italia (foto Instagram)

Parola al Presidente

Al riguardo chiudiamo con poche parole, ma molto chiare di Davide Menegola, Presidente della Provincia di Sondrio con delega al Turismo e Sindaco di Talamona, cui abbiamo chiesto di parlarci della collaborazione fra pubblico e privato.

«Il progetto legato al ciclismo – dice – sta portando grandi frutti a tutti gli operatori della provincia di Sondrio. Proprio il mese scorso abbiamo fatto un incontro che ha coinvolto la Provincia, il Consorzio BIM Adda, le Comunità Montane e il Parco Nazionale dello Stelvio, dove tutti hanno dato via libera al tavolo di lavoro sul cicloturismo. Tuttavia, mentre in precedenza si era ritenuto di approvarlo di anno in anno, questa volta abbiamo ritenuto di allungare il periodo e di sostenerlo per i prossimi tre anni, in modo che tutti possano lavorare con la prospettiva migliore per gli obiettivi che ci siamo prefissati».

Come dire che quando si fa sistema, il ciclismo diventa un potentissimo mezzo di comunicazione. In Valtellina l’hanno capito bene, basta andare a farsi un giro su quelle strade quando la neve si sarà sciolta. Il 10 gennaio il Team Polti-Kometa verrà presentato a Milano, per il ciclismo italiano si tratta di un’ottima notizia.

Pedranzini e la sua Kometa nel ciclismo: questione di valori

15.05.2022
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Spesso abbiamo parlato della squadra di Contador e Basso, della Eolo-Kometa. Per tutti la Eolo, ma c’è quel Kometa che è il secondo sponsor sulla maglia che cela contenuti enormi. Contenuti che emergono in poche frasi scambiate con Giacomo Pedranzini, amministratore delegato proprio di Kometa.

Contenuti fatti di valori, di storia, di passione e che ben si legano alla crescita di una squadra giovane come quella celeste. Che ben si legano a quell’entusiasmo e se ne fa promotore a sua volta.

Kometa produce prodotti alimentari, carni principalmente: salumi, prosciutti, fese… ma anche formaggi e yogurt. E’ un’azienda ungherese, ma la sua storia è lunga ed ha origini italiane, Valtellinesi per la precisione.

Giacomo Padranzini, amministratore delegato di Kometa, incontrato a Budapest
Giacomo Padranzini, amministratore delegato di Kometa, incontrato a Budapest

Tutto parte dai monti

Come si legge anche sul loro sito, la storia di Kometa è “la storia di un’impresa di famiglia”. Una di quelle famiglie numerose del dopoguerra in cui lavorare i campi era quasi scontato e una necessità al tempo stesso.

Ma se c’è passione e inventiva , anche in situazioni di partenza difficili, come poteva essere la vita di montagna, gli orizzonti possono essere sconfinati. E così dai pascoli al salumificio, dai prodotti caseari agli insaccati industriali il passo è stato relativamente breve. Tanto da arrivare oltre confine, in Ungheria appunto, nel 1994.

Uno scorcio della Valtellina da dove trae origine negli anni ’60 la storia della famiglia Pedranzini (foto Kometa)
Uno scorcio della Valtellina da dove trae origine negli anni ’60 la storia della famiglia Pedranzini (foto Kometa)

Ed ecco che un’azienda di famiglia, diventa definitivamente una realtà imprenditoriale internazionale. Nel 1994 acquisiscono un complesso industriale dedicato alla macellazione delle carni a Kaposvár, nel sud ovest dell’Ungheria e da dove è partita la terza tappa del Giro. Il tutto senza però dimenticare i saperi della tradizione italiana e genuina. E senza neanche stracciare le tipicità locali, come il salume ungherese. Il mix è esplosivo. Kometa cresce si espande e si affaccia anche ad altri mondi.

Kometa e il ciclismo

Oggi Kometa annovera qualcosa come 850 dipendenti tra Italia e Ungheria, esporta al di fuori di queste Nazioni il 40% dei suoi prodotti e ha già obiettivi di crescita fissati per il 2025. 

E quando c’è programmazione, significa che c’è salute. Il bello è che in questa programmazione rientra a pieno titolo anche il ciclismo. Per Giacomo Pedranzini, ciclismo e Kometa, hanno (e sono) valori condivisi. Tenacia, salute, rispetto… anche dell’ambiente.

Il marchio Kometa sulle strade del Giro d’Italia, partito proprio dall’Ungheria
Il marchio Kometa sulle strade del Giro d’Italia, partito proprio dall’Ungheria
Signor Pedranzini, un industriale nel ciclismo e il Giro d’Italia a Budapest, in Ungheria…

Direi più un’azienda che produce cibo che si affaccia nel ciclismo. Mettiamo le cose un po’ per terra – dice Pedranzini con onestà ed umiltà –  un’azienda che produce cibo in Ungheria e che vende in diversi paesi europei. Abbiamo creduto in questo sport, abbiamo creduto nelle persone che vi lavorano e che nel nostro caso gestiscono il progetto Eolo-Kometa, per promuovere quelli che sono anche i valori della nostra azienda e dei nostri prodotti.

Valori, pensando alla vostra storia, che non possono che essere forti…

Veniamo da una terra che, per quanto riguarda l’agricoltura, è definita eroica. Pensiamo solo a quel che bisogna fare per coltivare i vigneti sui pendii, ai terrazzamenti, alle pendenze delle nostre vallate. Ed è stata una terra eroica anche per i ciclisti. Pensiamo a quando devono scalare lo Stelvio piuttosto che il Mortirolo o il Gavia. Io credo che il ciclismo abbia molto in comune con queste nostre attività. Attività che richiedono sacrifici. Anche per i ciclisti vale il discorso che per poter eccellere serve una grandissima dedizione, serve spirito di sacrificio. E allora abbiamo proprio trovato in questa comunanza di valori e di impegno, la motivazione per supportare questa squadra. E questa terra.

E sempre parlando di terra (territorio), ma anche di Kometa e Valtellina, avete qualche progetto legato al turismo visto quanto accaduto con il team e Visit Malta?

La cosa bella, molto bella, di questo progetto del team è quello di essere sempre stato appoggiato anche dalla provincia di Sondrio, proprio perché il cicloturismo è un pezzo importante della nostra valle. Si dice che ormai il turismo della bicicletta eguagli quasi quello dello sci. Pensate che importanza poter avere due stagioni che sostengono l’economia di un’annata intera… Credo comunque che lo spazio di miglioramento sia ancora tanto. Non dobbiamo limitarci a promuovere solo l’uso della bicicletta dal punto di vista turistico, ma anche l’uso nella vita quotidiana. Lasciamo un po’ le macchine in garage e usiamo un po’ di più le biciclette.

HonestFood, approccio etico e sostenibile di Kometa, fortemente voluto da Pedranzini, tanto per parlare di valori…
HonestFood, approccio etico e sostenibile di Kometa, fortemente voluto da Pedranzini, tanto per parlare di valori…
Torniamo al team. In questa squadra ambizione ed entusiasmo non mancano. La voglia di crescere sia da parte dei corridori, ma anche degli sponsor e di vi è intorno è palpabile. Al WorldTour, ci pensate?

Andiamo sempre avanti, ma un passo alla volta. Intanto cerchiamo di far bene il prossimo passo. Siamo nel pieno di una stagione importante, siamo ad un Giro, che tra l’altro è partito dall’Ungheria, e che dobbiamo onorare al massimo. Poi i sogni sì, ci sono e sono grandi. Però in questo caso la barca la guidano Ivan, Fran e Alberto (rispettivamente Basso e i fratelli Contador, ndr). Lascio a loro indicare dove dovremo arrivare. impegnandoci al massimo. E sono certo che finiremo bene.

Come mai Kometa ha scelto il ciclismo?

Devo dire la verità: non che è io sia il primo appassionato di ciclismo. Piuttosto ho una passione per gli sport di fatica e per questo mi piace il ciclismo, così come mi piace lo sci nordico. Mi piacciono gli sport nei quali gli uomini devono dimostrare veramente la loro capacità di resistere, di performare come si dice oggi, usando tutte le loro energie.

Ivan Basso, Alberto Contador, Giro di Sicilia, Rcs, 2019

Basso apre lo scrigno della Eolo-Kometa

31.10.2020
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«I soldi in giro ci sono – dice Basso parlando della nuova Eolo – solo che in Italia si continuano a rincorrere sempre gli stessi sponsor, che vedi passare di anno in anno da una squadra all’altra. E’ proprio brutto. Nel mio territorio ci sono aziende che non sono mai state coinvolte nel ciclismo. Devi andare da chi non sei mai andato. Ci vuole più tempo. Devi far conoscere il ciclismo, perché il ciclismo ha dei valori da raccontare».

Basso è un abile raccontatore, ma questa volta è più ispirato del solito. Il suo sogno e quello di Contador è realtà. Dalla Kometa-Xstra continental nascerà la EoloKometa professional e non è stato un viaggio breve.

Ci provò subito Ivan, incontrando sulla sua strada qualche furbacchione e tanti rifiuti. Una sorta di Piccolo Principe, con la sua rosa da difendere. Solo che in questo caso, perdonate il gioco di parole, le rose erano quattro, più due maglie gialle del Tour e tre rosse della Vuelta. E se due campioni come Basso e Contador si mettono in testa di raggiungere un obiettivo, dati i loro palmares, hanno quel che serve per arrivarci. Si trattava solo di capire dove agganciare i piedi e poi rimettersi a pedalare.

Bicicletta Aurum Magma, Alberto Contador, eolo Kometa
Aurum Magma, progetto Contador: la bici del team Eolo-Kometa
Bicicletta Aurum Magma, Alberto Contador, eolo Kometa
Aurum Magma, progetto Contador
E’ tutto pronto, Ivan?

Direi di sì, ormai. Siamo arrivati abbastanza lunghi a causa del lockdown, ma allo stesso tempo proprio in quel periodo abbiamo avuto le ultime certezze. I corridori buoni nel frattempo avevano già firmato. Avrei preso volentieri Aleotti, per fare un esempio. Ma abbiamo comunque una bella rosa di 20 uomini.

Perché quest’anno è andata in porto?

Probabilmente è stato premiato il lavoro a lungo termine. Abbiamo iniziato tre anni fa con Kometa che voleva crescere, ma da sola non bastava. Il progetto è sempre lo stesso, non abbiamo cambiato la linea in base a quello che avevamo di fronte. E l’idea prevede un vivaio, un centro di allenamento e una sede come per le squadre di calcio.

Quando è arrivato Eolo?

Un paio di anni fa. La sede è a 3 chilometri da casa mia. Conobbi Luca Spada tramite amici comuni alla Gran Fondo Tre Valli Varesine. Non conosceva il ciclismo e io non gli parlai della squadra, anche se lui sapeva chi fossi e cosa facessi. C’era voglia prima di creare un rapporto che prescindesse dalle convenienze.

Ed è nato?

Decisamente sì. Da parte mia ho provato a trasmettere i valori del ciclismo. Il primo punto secondo me è proprio questo: raccontare e far vivere lo sport. In un secondo tempo devi capire se per quell’azienda il ciclismo sia interessante. Non può essere solo un fatto di passione, deve esserci un ritorno per entrambi.

E funziona?

Lo abbiamo scoperto con Kometa. Aver investito non ha giovato solo alle vendite, ma ha fatto crescere l’azienda e favorito la nascita di relazioni. Alla fine di questo percorso, devi aspettare che la persona si convinca. Non devi andare a chiedere soldi, ma far nascere il desiderio.

Paolo Zani, Elia Viviani, Tour de San Luis 2012
Paolo Zani, manager di Liquigas, con Elia Viviani nel 2012
Paolo Zani, Elia Viviani, Tour de San Luis 2012
Paolo Zani, manager Liquigas, con Viviani
Quale filosofia c’è dietro la squadra?

La Eolo-Kometa rispecchierà i valori migliori delle squadre in cui sono stato. Ricordate lo Slogan della Liquigas che portava il gas dove gli altri non arrivavano? Curiosamente è lo stesso di Eolo, che porta internet dove gli altri non arrivano. Un messaggio semplice per la gente. Parlo quotidianamente con Pedranzini (titolare di Kometa, ndr) e Spada, come Amadio parlava con Zani. Sanno tutti come viene impiegato il budget, saremo parte delle loro aziende.

Un progetto che si espanderà?

Esatto, non è già finito, vogliamo crescere. Volevamo una casa per il team e ne avremo una in Valtellina e anche un quartier generale super innovativo dentro la sede di Eolo. E’ fondamentale per costruire cose importanti. Un luogo in cui nascano idee e progetti.

Un team italiano?

Sì, ma con un’unica anima. Il progetto della Fundacion ne fa parte, con Fran Contador in un ruolo chiave, ma io e Alberto facciamo fatica a definirci italiano o spagnolo. Abbiamo la bandiera comune del ciclismo. La maggioranza dei corridori sarà italiana ed è un bel segnale in un anno in cui tanti vanno indietro.

Quale è stato il criterio di scelta dei corridori?

Ho puntato sui ragazzi attratti dal progetto. Non quelli che sono venuti con una richiesta di soldi, ma quelli che piuttosto chiedevano informazioni su struttura e programmi. Ho trovato giovani fantastici che si sono messi a disposizione. Ho Andriotto che ci farà da talent scout. Vorrei essere come la Liquigas, ricordi?

La squadra di Basso e Sagan, Oss e Sabatini, Viviani e Nibali, Caruso e Capecchi…

Era un team stellare. Ho preso da Ferretti la serietà nel fare le cose e da Riis la programmazione tecnica, da tutti si deve imparare.

Quale sarà il tuo ruolo?

Sarò Basso e Alberto sarà Contador. Scherzi a parte, lui è più concentrato sull’aspetto tecnico-tattico. Io sono più sulle relazioni e i colloqui con gli sponsor e i dirigenti delle aziende.

Biciclette Aurum?

Esatto, Aurum, il nuovo marchio sviluppato da Alberto.

Quindi si chiudono i rapporti con Trek?

Resta un’ottima relazione. E’ stata una scelta che ha fatto Contador e che io ho seguito. Alberto è un cavallo di razza e ha voglia di gestire le sfide in cui si impegna.

Alberto Contador, Mauro Vegni, Ivan Basso, Giro di Sicilia 2019
Contador e Basso con Mauro Vegni al Giro di Sicilia del 2019
Alberto Contador, Mauro Vegni, Ivan Basso, Giro di Sicilia 2019
Contador e Basso con Vegni: Giro di Sicilia 2019
Quali saranno i prossimi passi?

A novembre ci sarà una serie di annunci e diremo quali sono i corridori. Ci sarà un ritiro di tre, quattro giorni a Varese, che però è legato alla situazione attuale. E poi abbiamo programmato due ritiri di 10-12 giorni a Oliva (in Spagna) che è la nostra base invernale.

Obiettivo Giro d’Italia?

Non voglio entrare nel terreno minato delle wild card. I criteri di selezione ci sono e ognuno deve pensare a fare bene il proprio dovere. Facciamo da tre anni una continental con risultati onorevoli. Siamo una squadra italiana. Abbiamo un contratto di tre anni con tre aziende sulla maglia, tre anni di progetto. Metteremo il numero sulla schiena dal primo gennaio per correre il più possibile, però mi tolgo da certi discorsi. Uno non deve pretendere niente, sono cose che ti devono essere date. Se hai i requisiti, vai avanti. Non abbiamo ancora dimostrato niente in questa categoria, dobbiamo andare forte in bicicletta.

Tre nomi soltanto, un’eccezione.

Ne sono orgoglioso. Fare una professional. Mantenere 15 corridori under 23. Aiutare il vivaio della Bustese in Italia che fa junior, esordienti e allievi. Quindi creare due scuole di ciclismo, una in Spagna e una in Italia. Mantenere tutta la struttura e fare il passo avanti è motivo di orgoglio. Ora c’è da lavorare sodo e con serietà per fare bene.