Come si batte VdP in volata? Ce lo spiega “killer” Colbrelli

30.03.2024
4 min
Salva

Sapete cosa hanno in comune Sonny Colbrelli, Kasper Asgreen e Mads Pedersen? Sono riusciti a battere Mathieu Van der Poel in volata. E guarda caso ci sono riusciti tutti e tre utilizzando una tattica molto simile: la volata da velocità non troppo basse.

Proprio Colbrelli ci spiega quindi come si fa a battere il campione del mondo. In qualche modo lui ha aperto una breccia, in un “muro” altrimenti sin lì impenetrabile… Persino Wout Van Aert vi si è scontrato più volte. Memorabile la volata del mondiale di cross l’anno scorso. Il belga cadde nel tranello dell’olandese di lanciare lo sprint da velocità troppo bassa. Anche se lì c’era in ballo anche un discorso di rapporti, tra la monocorona di Wout e la doppia di Mathieu, ma il risultato non cambiò.

Alla vigilia del Giro delle Fiandre e di un possibile, quanto auspicabile (nulla contro VdP, ci mancherebbe, ma solo per lo spettacolo) arrivo in volata ristretta, l’attuale diesse della Bahrain-Victorious entra nel dettaglio tecnico di questi sprint contro Van der Poel. Tra l’altro sempre Sonny aveva fatto chinare il capo anche ad un altro imbattibile: Remco Evenepoel.

Sonny Colbrelli (classe 1990) è oggi uno dei diesse della Bahrain. Domani seguirà il Fiandre dall’ammiraglia
Sonny Colbrelli (classe 1990) è oggi uno dei diesse della Bahrain. Domani seguirà il Fiandre dall’ammiraglia
Sonny, come si batte quindi Van del Poel? Partiamo dalla volata della Parigi-Roubaix che hai vinto… 

Entrammo nel velodromo io, Van der Poel e Florian Vermeersch e fortunatamente non ero in testa. C’era VdP. Ricordo che la velocità, calava, calava… ci stava portando nel suo tranello. Ai 250 metri è partito lungo Vermeersch e a quel punto è partito lo sprint. 

Ce lo descrivi metro per metro?

Io volevo stare nel mezzo, per quanto basse le curve del velodromo di Roubaix ti danno sempre un po’ di spinta con la gravità e quando esci, oltre alla gravità sfrutti un po’ la scia. Quindi in questa posizione non ero in basso. Van der Poel era ancora più alto di me. Io però a quel punto guardavo solo Vermeersch. Anche perché era partito forte.

Cioè?

Ci aveva dato una bici e mezza. L’obiettivo era lui. Volevo e dovevo chiudere il gap. Ero concentrato solo su di lui e quando l’ho preso, tra scia e gravità l’ho passato bene. Avevo almeno 3-4 chilometri orari in più.

Fiandre 2021: forse per velocità questo è lo sprint che più somiglia a quello tra VdP e Colbrelli alla Roubaix
Fiandre 2021: forse per velocità questo è lo sprint che più somiglia a quello tra VdP e Colbrelli alla Roubaix
E Van der Poel invece anche se più alto aveva fatto più strada. In ogni caso lo sprint lungo di Vermeersch lo ha costretto a non partire da bassa velocità a non impostare lui la volata?

Esatto. Fossimo rimasti così fino ai 150 metri, sarebbe stato più complicato. Mathieu avrebbe sfruttato le sue doti di esplosività.

E queste gli arrivano dal cross?

Sicuramente dal cross, ma sono anche proprio doti sue.

Eri teso quel giorno?

Direi di no. Quel giorno non avevo chissà quali tattiche in mente. Ero già contento di essere salito sul podio alla mia prima Roubaix, quindi neanche avevo tutta questa pressione. 

Quando dici che la velocità stava scendendo troppo prima dello sprint sai dire a quanto andavate?

Oddio, non ricordo, ma a sensazione sui 35, massimo 38 all’ora.

Gand-Wevelgem 2024: Pedersen parte lungo e VdP china la testa, cosa che fa in tutte e tre queste volate
Gand-Wevelgem 2024: Pedersen parte lungo e VdP china la testa, cosa che fa in tutte e tre queste volate
Lo sprint per conto tuo è iniziato nel velodromo o prima?

Prima. Almeno 400 metri prima del velodromo. Come detto, non volevo entrare in testa. Avevo in mente tutte le Roubaix che avevo visto alla tv nel corso degli anni e i grandi campioni vincere. Mi ricordavo che negli sprint lì dentro non bisognava stare davanti. Ai 200 metri in ogni caso sarei partito.

E’ stata una volata di forza, potente, o come ha detto anche Philipsen alla Sanremo, una volata di resistenza?

E’ stata la volata dei morti! Tanta stanchezza. Non ricordo neanche in questo caso la punta di velocità, ma non credo fu troppo al di sopra dei 55 all’ora.

E dello sprint di Pedersen alla Gand cosa ne pensi? Ha influito questa tattica della velocità non troppo bassa e dello sprint lungo?

Di sicuro ha contato, ma quel giorno Pedersen aveva una gamba stratosferica. Bastava vedere quanto ha fatto soffrire Va der Poel sull’ultimo muro. Mathieu era a tutta, teso in volto, dava di spalle. In più lo avevano messo in mezzo come squadra. Però certamente Mads è stato bravo a fare la sua volata. Una volata intelligente e potente.

Niente di normale. Al Tour è tutto grande: la gioia e il dolore

22.07.2023
5 min
Salva

Quelle lacrime Mohoric se le porterà dentro finché campa. Lui al Giro di Svizzera non c’era, ma quando ha vinto la tappa di Novo Mesto al Giro di Slovenia e l’ha dedicata a Gino Mader, le sue dita puntate al cielo hanno forse tenuto a bada l’emozione. Ma il Tour è un’altra cosa. In un Tour così veloce, tutto viene spinto all’estremo. La fatica. La fiducia e la sfiducia. Tutto può essere esaltazione e sofferenza. Le sue parole dopo il traguardo in parte le avevamo riportate ieri, ma oggi vogliamo leggerle più in profondità. In qualche misura ci hanno convinto a farlo le parole di Bennati, sul fatto che Mohoric abbia vinto prima con la testa e poi con le gambe. Che cosa voleva dire?

«Essere in grado di seguire l’attacco decisivo – ha raccontato lo sloveno – è stato come sbloccarsi. Quando Asgreen se n’è andato, non lo so, mi è parso così incredibilmente forte. Il giorno prima era andato all’attacco e aveva vinto la tappa, eppure era di nuovo in testa con la determinazione per rifare tutto da capo. E io davvero nei giorni scorsi ho sentito di non essere all’altezza. Invece questa volta l’ho seguito».

Il Col de la Loze è stato una sofferenza, Mohoric lo ricorda con dolore e smarrimento
Il Col de la Loze è stato una sofferenza, Mohoric lo ricorda con dolore e smarrimento
Quanto è duro questo mestiere?

E’ difficile e crudele. Soffri molto per allenarti, sacrifichi la tua vita, la tua famiglia e fai di tutto per arrivare qui pronto. E poi dopo un paio di giorni ti rendi conto che al Tour tutti sono così incredibilmente forti. A volte è difficile seguire le ruote. L’altro giorno sul Col de la Loze ero davvero completamente stanco e vuoto. Eppure sai che devi arrivare in cima, tagliare il traguardo e farlo di nuovo il giorno successivo.

Cosa ti spinge?

Guardo i ragazzi del personale che si svegliano alle 6. Vanno a correre per un’ora e finiscono il lavoro a mezzanotte. Stanno ogni volta a cambiarci le gomme o i rapporti, lo stesso i massaggiatori. Eppure certi giorni ti senti fuori posto, perché tutti sono così incredibilmente forti che fai fatica a tenere le ruote. Sapete a cosa ho pensato oggi per tutto il giorno? Speriamo che quel ragazzo là davanti che sta tirando soffra almeno quanto me…

Quando Asgreen è scattato, sei riuscito a prenderlo…

Sapevo di dover fare tutto alla perfezione e ho fatto del mio meglio. Non solo per me stesso, ma anche per Gino e per la squadra. A volte mi sono sentito quasi di averli traditi, perché non sono riuscito a vincere. E’ solo lo sport professionistico, tutti vogliono vincere. E ovviamente se volevo vincere anche io, dovevo prendere la ruota di Casper e poi provare a batterlo nella volata più corta, dentro gli ultimi 50 metri.

Dove hai trovato la determinazione?

Non lo so. Ho sempre detto che non voglio avere rimpianti quando torno al pullman della squadra. Lo so che non vinco spesso, perché non sono forte come gli altri. Però riesco a mantenere la calma e la concentrazione nei momenti cruciali (Bennati aveva ragione, ndr). E quando Asgreen ha fatto quell’attacco in salita, ho sofferto molto. Però sapevo che era una mossa decisiva e in qualche modo ho trovato la forza mentale per seguirli fino in cima e stare a ruota. Sono stato anche altruista. Ho cercato di dare il mio contributo per tenere lontano il gruppo, perché se non lo avessi fatto, non saremmo arrivati.

Nel gruppo c’era anche il tuo compagno Ben Wright.

A un certo punto mi è dispiaciuto per lui, perché sapevo che non avrebbe avuto possibilità allo sprint, ma ha comunque insistito per portare avanti la fuga, perché anche lui voleva vincere. Quando negli ultimi metri ha attaccato, perché sapeva che era la sua sola possibilità, ero sicuro che Kasper avrebbe reagito perché era di gran lunga il più veloce. E io ho semplicemente seguito la sua ruota e praticamente mi ha lasciato passare. Non ho uno sprint forte, ma dopo una giornata difficile come questa, non si sa mai. E adesso sono felice per me stesso, per la squadra e per tutto quello che è successo nell’ultimo mese.

Asgreen e la sindrome da fatica cronica: cosa dice il dottore?

19.08.2022
5 min
Salva

«Dopo una prima parte di stagione movimentata che lo ha visto affrontare l’intera campagna delle classiche – recita il comunicato della Quick Step-Alpha Vinyl del 15 agosto – Kasper Asgreen è stato coinvolto in un brutto incidente al Tour de Suisse, che ha messo in dubbio la sua partecipazione al Tour de France. Lo stress della caduta e i successivi tentativi di prepararsi per il Tour hanno purtroppo portato Kasper a sviluppare una sindrome da stanchezza, il che significa che il suo corpo non si sta più riprendendo da sforzi anche di bassa intensità. E’ stato quindi deciso che smetterà di correre per il resto di questa stagione e si prenderà un periodo di recupero, prima di concentrarsi sulla preparazione per il 2023».

Nel 2014 a Ponferrada, Besnati divenne medico della nazionale di Cassani
Nel 2014 a Ponferrada, Besnati divenne medico della nazionale di Cassani

Una sindrome contro corrente

Notizie che danno da pensare. Come è possibile, ci siamo chiesti, che in questa epoca di preparazioni personalizzate e infallibili, un atleta di vertice di una squadra di vertice cada nella sindrome da stanchezza? Di cosa si tratta? Ha a che fare con l’overtraining? Asgreen ha sfidato i migliori alle classiche, poi è andato al Tour, ma si è fermato dopo l’ottava tappa.

Serve un dottore, la parola sindrome non lascia spazio a dubbi. E il dottore è Massimo Besnati, medico di lungo corso fra club e maglia azzurra, che quest’anno segue le nazionali giovanili. E’ stato agli europei di Anadia ed è in partenza per i mondiali juniores su pista a Tel Aviv. Il momento storico non è dei migliori per volare laggiù, ma il ciclismo non si ferma.

Dottore, cominciamo dall’inizio: cos’è questa sindrome?

Esiste in letteratura, si chiama sindrome da fatica cronica e viene studiata e descritta con maggior attenzione da un paio d’anni. Compare con sintomi ben precisi, anche senza grosse cause scatenanti. Non è un overtraining, che di questi tempi è cosa rara, vista la precisione degli allenamenti e preparatori che difficilmente sbagliano

Al Tour Asgreen ha provato la fuga, ma si è fermato sfinito dopo l’ottava tappa
Al Tour Asgreen ha provato la fuga, ma si è fermato sfinito dopo l’ottava tappa
Ci ha anticipato: le avremmo chiesto proprio questo. Come si fa a caderci vista la precisione delle preparazioni?

Parto dal presupposto che questi scienziati conoscano bene il loro lavoro. Tuttavia vanno su tabelle, cui ognuno risponde diversamente. A norma vengono considerate le abitudini di vita e i carichi di lavoro, ma siamo certi che accada sempre? Quello che vedo è che l’UCI aumenta i giorni di gara, le squadre portano i corridori a farne un numero spesso molto elevato e alla fine ti presti al… gioco di sindromi come questa. Serve più tempo per recuperare e per allenarsi. Servirebbe fare meno corse. La cura per la sindrome da fatica cronica è il riposo, non ci sono alternative. Se Asgreen ci ha corso sopra, capisco bene che lo abbiano fermato.

L’incidente in Svizzera, la rincorsa della forma e poi il crac…

Inseguire la forma in poco tempo è uno dei fattori scatenanti. Semplicemente perché il fisico non regge certi ritmi. I fattori ambientali possono incidere, il caldo ad esempio. In teoria hai tutto quello che serve per integrare, ma se il caldo perdura e non hai saldato il conto con il tuo fisico, non vai più avanti.

Mark Cavendish, BinckBank Tour 2020
La fretta di riprendere è la peggior consigliera: a causa sua, Cavendish si trascinò la mononucleosi per più di un anno
Mark Cavendish, BinckBank Tour 2020
La fretta di riprendere è la peggior consigliera: a causa sua, Cavendish si trascinò la mononucleosi per più di un anno
Saldato il conto?

Non esiste una gradazione di questa malattia, perché è molto soggettiva. Evidentemente il caso di Asgreen è piuttosto serio. Si arriva a determinarne la gravità proponendo una serie di domande su sonno e alimentazione, ad esempio. I parametri bioumorali sono molto variabili. Però è chiaro che se sei in debito di condizione e non hai una grande salute, è dannoso lavorare come se non ci fossero problemi. Il corpo non è in equilibrio e si peggiorano le cose.

Come si arriva alla diagnosi di questa sindrome?

Fai una serie di esami del sangue e magari viene fuori che i valori sono nella norma. Solo che l’atleta ha dolori muscolari, crampi, dorme male e allora ti viene il dubbio. Così verifichi che in bici i battiti non salgono e dopo un quarto dell’allenamento sei stanco come se l’avessi finito. L’errore di tanti è correre dietro al recupero e al rientro in tempo brevi, perché sono ancora in debito.

A fine Tour, accoglienza da re per Vingegaard in Danimarca. Fra gli invitati c’erano anche Asgreen e tutti i pro’ danesi
A fine Tour, accoglienza da re per Vingegaard in Danimarca. Fra gli invitati c’erano anche Asgreen e tutti i pro’ danesi
Par di capire che fermarsi subito permetta di rientrare prima.

Esatto. Se ti fermi dopo i primi segni e recuperi, allora è tutto più rapido. Come la mononucleosi, che di per sé sarebbe poca cosa. Sapete invece quanti atleti se la portano dietro per mesi? Cavendish è l’emblema, lui si è trascinato per un anno e mezzo. Ripartono. I valori sono ancora sballati. E non capiscono che devono fermarsi, altrimenti non recuperano.

Fermarsi è tuttavia un verbo impopolare, visto il numero delle gare e la necessità di fare punti…

Ma è necessario. Si dovrebbe dare una regolata al calendario, in modo da permettere ai corridori di recuperare. Le corse sono belle lo stesso, anzi forse lo sono di più. Adesso ci sono in giro 4-5 corridori hors categorie, che sembrano non doversi fermare mai. Può darsi che la specie si stia evolvendo, può darsi che siano davvero superuomini. Però starei attento, spesso in certi problemi si cade dando per scontato di essere invincibili.

La Specialized S-Works Tarmac SL7 con i tubeless per Asgreen

28.02.2022
5 min
Salva

Dopo aver curiosato la Merida di Sonny Colbrelli, l’attenzione si sposta sulla Specialized di Asgreen, vincitore della Giro delle Fiandre 2021, sempre protagonista nella campagna del Nord e in prima fila nei giorni scorsi fra Omloop Het Nieuwsblad e Kuurne-Bruxelles-Kuurne, in cui ha tirato per la vittoria di Jakobsen.

Tra conferme tecniche e novità molto interessanti, ci siamo affidati a Giampaolo Mondini, un interlocutore d’eccezione e uomo di collegamento tra il marchio di Morgan Hill e i team pro’.

In azione ieri alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne, Asgreen è già in tabella per il Fiandre
In azione ieri alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne, Asgreen è già in tabella per il Fiandre
Quale bici utilizza e utilizzerà Asgreen per le classiche?

Per Kasper sempre una S-Works SL7, con qualche variazione rispetto alla stagione 2021. Frame e forcella sono in carbonio Fact 12R, quello dedicato ai top di gamma S-Works. Asgreen è uno di quei corridori che non fa apportare modifiche alla propria bici, se mettiamo a confronto il setting del mezzo tra le gare del Belgio e quelle che si svolgono nel corso della stagione.

Ci puoi dire quali sono i cambiamenti rispetto al 2021?

Il cambio più importante riguarda le gomme, i corridori utilizzano i nuovi tubeless S-Works. Questi pneumatici sono stati sviluppati in parallelo e con il contributo proprio degli atleti Quick Step-Alpha Vinyl. E poi c’è la trasmissione Shimano Dura-Ace 12v, l’anno passato avevamo quella a 11.

I tubeless per tutti? Ci puoi dare qualche dettaglio tecnico?

Si, la direzione è quella dei tubeless, non solo per le gare del Nord. Fanno parte della categoria S-Works e hanno un battistrada simile a quello dei copertoncini. Il range di utilizzo, per quanto riguarda le pressioni di esercizio, è compreso tra le 5,2 e 5,6 atmosfere. Le coperture vengono montate con il lattice al loro interno.

Quale sezione utilizzerà Asgreen?

I tubeless hanno una sezione da 28 e sono montati sulle ruote Roval Rapide CLX con canale interno da 21 millimetri. Anche in questo caso è l’ultima versione, con predisposizione per i tubeless e copertoncino. Quest’anno i corridori avranno a disposizione questa tipologia di prodotti e ci sarà l’abbandono pressoché definitivo del tubolare.

Tornando invece all’impostazione della bici di Kasper Asgreen, che pedivelle utilizza, quali rapporti e quale cockpit?

Asgreen utilizza delle pedivelle da 175 millimetri e la guarnitura è Shimano Dura-Ace. Ha uno stem in alluminio S-Works da 120 millimetri e una piega in carbonio larga 42 centimetri. Il manubrio è il Rapide in carbonio con design aero e appoggio superiore piatto. I corridori hanno la possibilità di scegliere tra la componentistica Pro e Specialized. Asgreen utilizza Specialized.

Una piega da 42?

Si, i corridori stanno utilizzando manubri stretti se paragonati alla struttura fisica. Asgreen utilizza una larghezza di 42 centimetri che è tutto sommato adeguata alle caratteristiche del suo corpo.

Assetto in bici efficiente ed aerodinamico per Asgreen
Assetto in bici efficiente ed aerodinamico per Asgreen
La sella è con una lunghezza tradizionale?

Si, il corridore utilizza una Romin Mirror con una lunghezza tradizionale. Non è corta ed è costruita grazie alla tecnica della stampa 3D. Una sella del genere, in base ai test effettuati, risulta migliore perché distribuisce meglio le pressioni della seduta.

Per i rapporti invece, considerando la nuova trasmissione?

Utilizza i pignoni posteriori con scala 11-34. lo vedremo con questi rapporti anche alla Strade Bianche, Fiandre e tutte le altre classiche. Il plateau anteriore è 54-40. Ogni tanto lui fa uno di quegli incroci che non dovrebbero essere mai fatti, lasciando la catena sul 54 davanti e portandola sul 34 dietro, per la gioia dei meccanici e della catena. Ma non ha mai avuto problemi. Merito anche del suo meccanico che gli prepara il mezzo con una lunghezza adeguata della catena.

Vengono utilizzate delle contromisure per contrastare lo sporco e preservare l’efficienza del movimento centrale?

Le bici sono montate con i cuscinetti CeramicSpeed. Poi il team utilizza le due calotte esterne per adeguare lo standard Shimano con l’asse passante da 24 millimetri della guarnitura. Per questo è necessario considerare anche la larghezza del movimento centrale del telaio Tarmac, che è di 68 millimetri. Comunque no, non ci sono variazioni particolari, considerando che il comparto è controllato dopo ogni utilizzo.

«Il modo per batterli è non avere paura»: la ricetta di Asgreen

19.01.2022
5 min
Salva

Ci sono quelli che dopo un po’, restando sempre dietro ai vincitori, si convincono di aver trovato il loro posto. E poi ci sono quelli come Kasper Asgreen che continuano a cercare il modo per passargli avanti e alla fine ci riescono. E’ questa, per sommissimi capi, la storia del danese che l’anno scorso ha vinto Harelbeke e Fiandre (in apertura con Van Aert e Van der Poel nelle fasi decisive) e che nel 2017 si era annunciato al grande gruppo vincendo la crono agli europei U23 di Herning, corsi a un’ora d’auto dalla sua casa di Kolding nella regione danese di Syddanmark.

Foto e interviste

Asgreen, classe 1995, è passato professionista a vent’anni nel 2015 e solo dal primo aprile del 2018 è passato nella allora Quick Step Floors, dando il suo contributo nelle vittorie della cronosquadre alla Adriatica Ionica Race e poi al mondiale di Innsbruck. Ma la vera rivelazione, si diceva, è avvenuta al Fiandre, con il secondo posto del 2019 dietro Bettiol e finalmente la vittoria del 2021 nella volata a due contro Mathieu Van der Poel. Alzi la mano chi quel giorno avrebbe scommesso un euro sulla vittoria del danese…

«Se da quel giorno – chiede – il mio ruolo in squadra è cambiato? Faccio più interviste e mi scattano più foto, sono finito sui manifesti, ma per il resto i rapporti e il rispetto sono gli stessi di prima. Mi piace vincere corse e provo a farlo».

Ai mondiali di Bruges, Asgreeen ha ottenuto il 4° posto nella crono alle spalle di Ganna, Van Aert ed Evenepoel
Ai mondiali di Bruges, Asgreen ha ottenuto il 4° posto nella crono

Obiettivo maglia gialla

Sta seduto di tre quarti su un divanetto bianco, con la mascherina a coprire la barba. Difficilmente guarda negli occhi, spesso distoglie lo sguardo come a inseguire il filo del discorso.

«Ho ricominciato con lo stesso copione di sempre – risponde – con le classiche, il Tour e i mondiali. Era da un po’ che il Tour non cominciava con una crono e questa si svolgerà addirittura in Danimarca, il mio Paese. Il livello sarà altissimo, chiaramente, e la prima maglia gialla sarà l’obiettivo di tutti i cronoman più forti. Ma questo non cambia le mie motivazioni. Sarà più bello. Il percorso sarà veloce per 8-9 chilometri, poi ci sarà una sezione tecnica che richiederà tanta potenza. Il tempo speriamo che sarà decente, con temperature fra 24 e 25 gradi. Non mi piace la pioggia…».

Al ritiro della Quick Step a Calpe c’erano troupe venute per Asgreen dalla Danimaraca
Al ritiro della Quick Step a Calpe c’erano troupe venute per lui dalla Danimaraca

Il contratto più lungo

Lo scorso inverno, anche lui è volato in California con Cattaneo ed Evenepoel per migliorare la posizione sulla bici da crono nella galleria del vento di Specialized, avendo alle spalle il titolo nazionale, il sesto e il secondo posto nelle due crono del Tour e il quarto ai mondiali, dietro Ganna, Van Aert e lo stesso Evenepoel.

«La crono è un discorso individuale – dice – e tutti in questo ciclismo vogliono due maglie: la gialla e quella iridata. La seconda mi è sfuggita per 46 secondi che non sono pochi, sulla prima sto lavorando, ma non sto troppo tempo a pensarci. Però per questo partirò più tardi rispetto alle scorse stagioni, per tenere la forma più a lungo nell’anno. In più debutterò all’Amstel Gold Race. Questo fatto di aggiungere elementi al programma mi piace e avere il contratto fino al 2024 mi dà la tranquillità di provare senza l’ansia di non riuscire. E’ un bello stato mentale».

Al Fiandre 2021, Asgreen ha gestito con freddezza (e freschezza) il duello con Van der Poel
Al Fiandre ha gestito con freddezza il duello con Van der Poel

L’età di Van der Poel

Se però vuoi mettere alla prova qualcuno per capire se la grande vittoria sia stata conseguenza del lavoro o un colpo di fortuna (in realtà parlare di fortuna dopo 254 chilometri sui muri delle Fiandre è un bell’ardire), l’unica cosa da fare è metterla in dubbio. Come hai fatto a uscire vivo dal duello con Van Aert e Van der Poel?

«Ci sono in giro – risponde questa volta fissando dritto – quattro o cinque corridori difficili da battere, il meglio di questa generazione. Io ero fra loro, ho la stessa età di Mathieu e lo conosco bene, e un anno in meno di Van Aert. Ci siamo sfidati più volte e osservandoli, ho capito che è possibile vincere, non bisogna averne paura. Anche se non sono solito farlo, ho riguardato la corsa, non tutta ma il finale. Ero lì, mi sentivo bene, avevo intorno i miei compagni. Sapevo che se hai buone sensazioni dopo così tanti chilometri, puoi davvero farcela. Ci ho creduto. Non sai mai come può finire, ma devi credere di poterlo fare. E allora a volte succede».

Van Aert la crono, Pogacar il Tour. E domani si tifa Sonny

17.07.2021
5 min
Salva

Aveva ragione Malori, su tutta la linea. La crono se la sarebbero giocata Van Aert e Pogacar, mentre Kung non ce l’avrebbe fatta perché era parso stanco anche nei giorni precedenti. Ma Pogacar a un certo punto ha tirato i remi in barca e ha fatto una crono… conservativa e Wout Van Aert ha avuto via libera, rifilando 21 secondi a un grande Asgreen, l’uomo del Fiandre, e 32 al compagno Vingegaard già terzo nella prima crono.

Malori 10 e lode

Per la Jumbo Visma sulla via di Tokyo, la cronometro promette di essere quasi una gara sociale. Con Van Aert, Roglic e Dumoulin. Vingegaard non è stato selezionato: il solo posto a disposizione per la Danimarca se l’è preso lo stesso Asgreen che oggi ha fatto meglio di lui.

«Vincere una cronometro al Tour de France – dice Van Aert – è sempre stato uno dei più grandi obiettivi della mia carriera. Negli ultimi due giorni mi sono concentrato su questa gara (Malori aveva visto bene, ndr). Sono molto felice di esserci riuscito. Rispetto alla prima cronometro, questa è stata più scorrevole e più veloce. Con il mio peso, è stata più a mio vantaggio rispetto alla prima, che era più dura».

Lavoro di squadra

Anche il direttore sportivo Merijn Zeeman parla di una cronometro perfetta: «Abbiamo investito tempo e impegno. Mathieu Heijboer (ex pro’ e tecnico del Team Jumbo Visma, ndr) ha lavorato sui materiali, la postura, la posizione e i test in galleria del vento. Tutto quel lavoro si è fuso in questa grande prestazione. Wout è andato chiaramente molto meglio che nella prima cronometro. In questo Tour è davvero cresciuto e migliorato. Me lo aspettavo. Sapevamo che era uno dei favoriti oggi e che non si sarebbe accontentato d’altro che della vittoria. Il fatto che Vingegaard sia arrivato terzo, rende questa giornata da sogno».

Van Aert è stato in testa dai primi rilevamenti: non c’è mai stata storia
Van Aert è stato in testa dai primi rilevamenti: non c’è mai stata storia

Asgreen verso Tokyo

Kasper Asgreen è rimasto sulla hot seat per un’ora e quaranta. E’ vero che i corridori lo sanno quando c’è in giro qualcuno che va più forte, ma dopo un po’ ti abitui all’idea che potresti aver vinto. Per questo lo sguardo del danese quando Van Aert lo ha superato era un misto fra delusione e insieme consapevolezza.

«Oggi alla partenza c’erano molti corridori forti – ammette – quindi sapevo che sarebbe stata dura. Ecco perché salire sul podio è un risultato che mi soddisfa, soprattutto perché arriva dopo tre settimane lunghe e dure e a pochi giorni dalle Olimpiadi. I primi chilometri avevano un asfalto ruvido e abbastanza accidentato, il che rendeva difficile trovare il ritmo, quindi il mio obiettivo principale erano i due lunghi rettilinei. Essere arrivato secondo è un buon risultato, il mio primo podio al Tour quest’anno».

Vingegaard terzo a 32 secondi ne rosicchia 25 a Pogacar e molla 1’47” a Carapaz
Vingegaard terzo a 32 secondi ne rosicchia 25 a Pogacar e molla 1’47” a Carapaz

Adrenalina giù

Pogacar ha fatto il suo. Chi me lo fa fare di rischiare l’osso del collo in quelle curve, deve aver pensato la maglia gialla, se tanto ho da difendere quasi sei minuti? L’unico appunto per una corsa remissiva è aver perso l’occasione di confrontarsi con i rivali in vista delle Olimpiadi, ma si sarebbe trattato comunque di un confronto falsato dalle fatiche del Tour.

«Sono super felice che sia finita – ammette, lasciando capire a cosa (giustamente) pensasse – è stata una cronometro molto veloce. C’era tanto supporto durante il percorso, mi sono goduto ogni chilometro, anche se faceva molto caldo e ho sofferto un po’. Sono andato a tutta, ma è stato diverso dalla prima crono, in cui c’era più adrenalina. Ero comunque ben preparato e ho fatto comunque una bella prestazione».

Pogacar non ha spinto al massimo: 8° a 57″ dal vincitore, ma Tour vinto
Pogacar non ha spinto al massimo: 8° a 57″ dal vincitore, ma Tour vinto

«Ho rivinto il Tour, ma non posso confrontare entrambe le vittorie, dire quale è più bella. L’anno scorso si è deciso tutto nell’ultima crono e le emozioni furono di gran lunga più forti. Questa volta ho preso la maglia gialla molto prima. E’ stato completamente diverso. Penserò in futuro a quanto sia importante questa vittoria. Per il momento, sono solo molto felice».

Domani per Sonny

La chiusura spetta al vincitore di giornata, che dopo l’arrivo era stravolto come si conviene a chi fa una crono a tutta e dà il massimo, e al campione italiano che ha lottato come un leone andando fortissimo, ma rischia di andarsene senza null’altro che l’amaro in bocca.

Con questa grinta, Van Aert fa ora rotta sulla crono olimpica
Con questa grinta, Van Aert fa ora rotta sulla crono olimpica

«E’ stata una giornata perfetta – dice Van Aert – dopo l’arrivo bruciavo. E’ stato stressante vedere arrivare gli altri al traguardo. Ma per fortuna mi sono rilassato un po’ vedendo che gli intermedi degli uomini di classifica erano abbastanza alti. E’ stato un Tour de France molto duro per la mia squadra. Sono molto orgoglioso di ciò che abbiamo raggiunto, con tre vittorie di tappa e Jonas (Vingegaard, ndr) che si è piazzato secondo nella classifica finale».

Domani passerella finale e ultima volata ai Campi Elisi. Non si offenda Cavendish: avremmo fatto il tifo per lui, ma vista la grandezza di Merckx e visto soprattutto lo sguardo di Colbrelli sul traguardo di Saint Gaudens, domani si tifa tricolore. Perché è giusto che vinca e perché è giusto che anche lui sfrecci sul traguardo con un dito davanti alla bocca. Il fatto che non gli arrivino ancora messaggi potrebbe confermare che il telefono non gli sia stato ancora restituito. Per un padre di famiglia che lavora a migliaia di chilometri da casa questo è fonte di stress e rabbia. La stessa rabbia che ci auguriamo domani possa scaricare nei pedali sul selciato magico di Parigi. Forza Sonny!

Sette giorni dopo, Asgreen non smette di volare

12.04.2021
4 min
Salva

Il segno premonitore che avrebbe potuto vincere il Fiandre è stata la chiamata di Rolf Sorensen, sorride Kasper Asgreen, che fino a quel momento era stato il solo danese capace di vincere il Fiandre.

Solo un altro danese aveva vinto il Fiandre: Sorensen nel 1997
Solo un altro danese aveva vinto il Fiandre: Sorensen nel 1997

«Mi ha telefonato prima del weekend – racconta il corridore della Deceuninck-Quick Step – e mi ha spiegato perché fosse convinto che potevo riuscirci anche io. Se un corridore come lui ti chiama e ti dice certe parole, la fiducia cresce parecchio».

Tutto in 10 metri

Una settimana dopo la vittoria del Fiandre, Asgreen ha ancora addosso lo stesso stupore dei primi minuti dopo un successo che molti a un certo punto ritenevano impossibile. Come fai a battere Van der Poel in una volata a due, visto che l’olandese lo scorso anno aveva liquidato allo stesso modo Van Aert?

A Herning 2017 ha vinto la cronometro individuale U23
A Herning 2017 ha vinto la cronometro individuale U23

«Mathieu mi ha passato all’ultimo chilometro – dice – e in quello stesso momento, Tom Steels (tecnico e preparatore del team, ndr) mi ha detto via radio che avevamo 35 secondi sul secondo gruppo. Era un bel margine da giocarci, così ho deciso di rischiare che la velocità si abbassasse. Mi sono messo a ruota e ho preso il controllo. Quando abbiamo iniziato lo sprint, ho pensato di lanciarlo molto lungo. L’unica speranza era che dopo tutti quei chilometri potessi avere più forza di lui. E Van der Poel a un certo punto si è seduto. Quando sono passato sulla riga, ricordo di essermi detto: ha funzionato! Con gli allenatori abbiamo lavorato tutto l’inverno sullo sprint e la forma è arrivata nel momento giusto. L’avevo sentito nelle settimane precedenti. Tutti quei mesi di duro lavoro raccolti negli ultimi 10 metri della corsa. Ha funzionato! Ho proprio pensato questo, passando la riga bianca».

Caduta morbida

Il racconto va avanti ripescando nella memoria i momenti chiave della corsa e della carriera, con lo sguardo ancora incantato.

Ad Harelbeke, Asgreen aveva già fatto la selezione sul Taoenberg
Ad Harelbeke aveva già fatto la selezione sul Taoenberg

«Il Fiandre – ricorda – era la corsa dei miei sogni sin da quando ho iniziato a seguire il ciclismo, con le sue salite e la distanza. Ma serve anche fortuna. Nella caduta, ad esempio. Mi è andata bene perché non sono finito nel mucchio, ma mi hanno colpito da dietro. E’ stato un atterraggio morbido. Se doveva accadere, è accaduto nel modo più indolore. Steels è arrivato alla svelta, mi ha dato la bici e sono potuto ripartire. E a quel punto il fattore decisivo è stato il gioco di squadra con Alaphilippe sul Taienberg, quando prima ha attaccato lui e poi mi sono mosso io con Mathieu e Van Aert».

Coincidenza oppure no, sul Taienberg aveva fatto la differenza decisiva anche nel Gp E3 Saxo Bank di Harelbeke. Questione di sensazioni o di pendenze, al Fiandre il… giochino ha funzionato nuovamente.

In attesa della premiazione, Asgreen rivive la corsa con gi occhi increduli
In attesa della premiazione, rivivendo la corsa con gi occhi increduli

«La squadra ha lavorato in modo eccellente – dice – ed è questo il bello di farne parte. Comanda il gruppo. Sono tre anni che sono qui e la mentalità Wolfpack ha permesso a tanti giovani di migliorare e a tanti di noi di vincere grandi corse. Ma credo che avere l’aiuto di uno come Julian sia speciale. Spero che arrivi presto anche per lui il momento di vincere un’altra corsa importante».

La prima corsa

E quella prima corsa con la maglia della Deceuninck-Quick Step, Kasper ce l’ha ancora davanti agli occhi. Era il 4 aprile del 2018.

Sul podio del Fiandre, per Asgreen un sogno realizzato al 3° tentativo
Sul podio del Fiandre, un sogno realizzato al 3° tentativo

«La decisione di cambiare squadra (correva nel Team Virtu Cycling, ndr) fu abbastanza improvvisa – racconta – e ricordo che mi trovai sul pullman durante il meeting di quella prima corsa come un oggetto misterioso. I compagni e i direttori sprtivi non sapevano chi fossi e che cosa potessero aspettarsi da me. Alla fine chiusi tutti i buchi fino a 3 chilometri dall’arrivo e cogliemmo con Fabio (Jakobsen, ndr) una bella vittoria nella Scheldeprijs del 2018. Quando arrivai sul pullman, erano tutti eccitati e contenti per il lavoro che avevo fatto. Io mi sentivo come se la corsa l’avessi vinta anche io. E a guardare gli sguardi dei ragazzi quando sono tornato da loro nel giorno di Pasqua, si vedeva chiaro nei loro occhi che era come se il Fiandre lo avessero vinto anche loro».

Asgreen, volata da duro. E Van der Poel si inchina

04.04.2021
4 min
Salva

Era arrivato secondo dietro Bettiol, ma di quel piazzamento non molti ricordavano. Intorno ci sono i muri, i quadri e le bici del Museo del Giro delle Fiandre, mentre Kasper Asgreen racconta il suo sogno realizzato. Racconta che da più piccolo sognava di diventare come Cancellara, perché tutto sommato a cronometro se la cava anche lui, ma c’è ancora tanto da migliorare. Poi dice che il primo Fiandre di cui ha memoria è proprio quello in cui Fabian si sbarazzò con prepotenza di Boonen sul Muur volando fino all’arrivo. Il danese ha gli occhi trasognati, ma forse nei giorni scorsi le sue sensazioni gli avevano fatto capire di avere le gambe giuste per lasciare in qualche modo il segno.

Asgreen è rimasto coinvolto nella caduta dopo il Kanarieberg
Asgreen è rimasto coinvolto nella caduta dopo il Kanarieberg

L’astuzia sul Paterberg

Ha gestito il finale con la malizia del campione navigato. Il capolavoro probabilmente l’ha fatto sull’ultimo Paterberg, quando Van Aert era ormai staccato e Van der Poel poteva avere per la testa l’idea di andarsene da solo. L’olandese aveva già tentato l’allungo al culmine del Vecchio Qwaremont, facendo capire che mercoledì alla Dwars door Vlaanderen si era nascosto. Così Asgreen ha atteso il tratto più duro dell’ultimo muro e invece di restare sfilato, ha affiancato Van der Poel, completando la scalata accanto a lui. Nel linguaggio dei corridori, quel gesto ha significato che non ne aveva paura. E forse nella testa di Van der Poel si è aperta la piccola crepa che nello sprint ha accelerato la resa.

Nel finale si è parlato con Alaphilippe, ma non hanno deciso gerarchie precise
Nel finale si è parlato con Alaphilippe
Hai sempre pensato allo sprint, oppure avevi paura di Van der Poel?

Negli ultimi 10 chilometri ci siamo guardati negli occhi e non c’è stato bisogno di parlare tanto. Dietro c’era un gruppo con corridori forti e se avessimo esitato, ci avrebbero ripreso. Tanto valeva continuare a tirare e credere di potermela giocare in volata. Il mio sprint dopo una corsa lunga come questa non è tanto male, ne avevo già fatti altri. Anche se lui si chiamava Van der Poel…

Hai vinto il Fiandre.

Le classiche sono sempre state qualcosa di speciale. Mi piaceva guardarle in televisione e partecipare è sempre stato un sogno. Sono venuto su due anni fa per la prima volta e arrivai secondo, forse un segno. E ora è incredibile essere qui da vincitore. 

«In finale è bastato uno sguardo – dice Asgreen – per capire che avremmo dovuto collaborare»
«In finale è bastato uno sguardo per capire che era meglio collaborare»
Quanto sei cambiato da due anni fa?

Penso di essere un corridore molto migliore. Due anni fa era il mio primo sul pavé, nel frattempo ho fatto tanta esperienza. Il Fiandre è un lungo giorno sulla bici, devi fare tutto alla perfezione, per evitare di trovarti senza gambe proprio nell’ultima ora. Devi curare ogni dettaglio, ora lo so meglio di allora.

Sei rimasto dietro la caduta, è stato duro rientrare?

Dopo il Kanarieberg due corridori si sono toccati e hanno provocato un bel mucchio. Io ero dietro e ci sono finito in mezzo, ma ugualmente ho dovuto cambiare bici. In quei momenti lo stress è massimo. C’era tanta gente che voleva rientrare e io con loro. Non è stato facile, temevo che mi sarebbe rimasto nelle gambe, invece per fortuna non ha inciso tanto.

Dopo l’arrivo, Van der Poel si è congratulato con lui con grande affetto
Dopo l’arrivo, Van der Poel si è congratulato con lui con grande affetto
C’è stato un momento in cui hai parlato con Alaphilippe e avete deciso di fare corsa per te?

Con Julian abbiamo parlato veramente molto nel finale, a partire dal Taaienberg. Non abbiamo mai deciso effettivamente di dare la precedenza a uno oppure all’altro. L’importante era avere due corridori forti davanti, poi ci avrebbe pensato la strada.

Peccato non ci sia la Roubaix…

Davvero un peccato, per la condizione che ho. So che gli organizzatori hanno provato sino alla fine, ma se non si può perché costituisce un pericolo per la gente in strada, non si può.

Giro delle Fiandre 2021
Prima del podio, aspettando le premiazioni
Giro delle Fiandre 2021, Dopo l'arrivo, aspettando le premiazioni alle spalle del podio
Dopo l’arrivo, aspettando le premiazioni alle spalle del podio
Che cosa significa correre per la Deceuninck-Quick Step?

Un sogno. Hanno fatto crescere fiori di corridori negli ultimi anni. Anche io sono arrivato qui a 23 anni. Il mio contratto scade, ma non è un problema. Spero che potremo sederci presto per parlare del mio futuro.

Si è sempre parlato di Alaphilippe, Van der Poel e Van Aert, ma tu avevi vinto ad Harelbeke, perché non inserirti tra i favoriti?

E’ naturale che si parli di quei tre, perché sono i migliori al mondo. Hanno vinto tanto, lavorano davvero sodo e meritano tanta attenzione. Oggi sono riuscito a batterli, ma sono ancora di più le volte che loro hanno battuto me.

Deceuninck compatta, genesi di un trionfo

04.04.2021
4 min
Salva

«I direttori sportivi ci guidano perfettamente». Con queste parole Davide Ballerini questa mattina ci aveva congedato alla partenza del Giro delle Fiandre. E a quanto pare le sue dichiarazioni hanno trovato un immediato riscontro nella realtà. Come quasi sempre accade nelle classiche del Nord, infatti, la Deceuninck – Quick Step ha dominato la gara.

La bici di Asgreen in corrispondenza del sedile del meccanico, davanti quella di Alaphilippe
La bici di Asgreen in corrispondenza del sedile del meccanico, davanti quella di Alaphilippe

Quella bici sull’ammiraglia

Gli uomini di Patrick Levefere nel finale erano i più numerosi. Sono stati loro a oltre 80 chilometri dall’arrivo a dare un primo scossone. E anche in questa fase sono stati quasi dei geni della tattica. Infatti a smuovere le acque è stato proprio Kasper Asgreen, colui che poi ha vinto la gara. Con quella sua azione da lontano tutti hanno pensato che il danese corresse in appoggio ad Alaphilippe. Invece già al mattino in casa Deceuninck si sapeva che il capitano era proprio lui.
E a darci la conferma è anche un dettaglio che siamo andati a cercarci dopo l’arrivo. La bicicletta sul tetto dell’ammiraglia, proprio in corrispondenza del sedile posteriore destro, cioè quella a portata di mano del meccanico, era quella di Asgreen. E’ lì infatti che viene messa la bici del capitano. 

E mentre cercavamo questa verifica, i ragazzi sul bus facevano festa: urla stile indiano apache, musica tecno a tutto volume e un continuo viavai intorno al bus.

Il copertoncino Turbo in cotone da 28 mm di Asgreen (la sua pressione, poco più di 5 bar)
Il copertoncino in cotone da 28 mm di Asgreen (la sua pressione, poco più di 5 bar)

Copertoncino vincente

E in effetti si vedeva che il danese ne aveva. La sua espressione nell’affrontare i muri era sempre quella un po’ più rilassata. È anche la facilità con la quale ha chiuso su Van der Poel nell’attacco sul Kwaremont denotava una grandissima condizione. Il campione di Danimarca ha risparmiato moltissime energie. La sua squadra lo ha coperto totalmente per i primi 160 chilometri di gara, prima di quella azione a circa 80 chilometri dall’arrivo sul Molenberg.
Ma forse c’è dell’altro. In Specialized, marchio con cui corre la Deceuninck, non lasciano nulla al caso. I tecnici, in accordo con il team, hanno fatto moltissimi test sul campo. Il brand americano è tra i promotori del copertoncino. E oggi Agreen e i suoi compagni ne hanno utilizzato uno da 28 millimetri in cotone che, stando ai dati della casa, fa guadagnare un qualcosa come 10 watt al di sopra dei 40 chilometri orari per un corridore di 70 chili. Va da sé che per tutte quelle ore di gara e vista la media oraria stabilita, Kasper ha risparmiato davvero un bel po’… E probabilmente la sua freschezza nel finale è derivata anche da questo particolare (che poi particolare non è). Ormai la tecnica nel ciclismo non è più secondaria. Probabilmente è anche il primo “Monumento” per un copertoncino.

Lampaert, stanco ma felice, prende i cioccolatini in omaggio
Lampaert, stanco ma felice, prende i cioccolatini in omaggio

Deceuninck compatta

Ma non solo tecnica e gambe, per vincere certe corse serve anche una grande squadra. E può capitare che il campione del mondo faccia da gregario e lo faccia con entusiasmo, o comunque, senza tenere il muso. L’asso francese rideva mentre sfilava sul traguardo e osservava il maxi schermo che mostrava il replay della volata.

«Quando al mio secondo allungo hanno risposto tutti gli altri e in contropiede è partito Asgreen ho sperato il massimo per lui – ha detto Alaphilippe dopo l’arrivo – Kasper era in mezzo a quei due e non sarebbe stato facile per lui. Ma sapevamo che stava molto bene».

Uno degli ultimi atleti a raggiungere il bus ed aggregarsi alla festa della Deceuninck è il beniamino di casa, Yves Lampaert, al quale regalano anche dei cioccolatini dopo l’arrivo! Lui li mette in tasca e a sua volta li dà ai meccanici prima di salire sul bus.

«Vero, adesso si può dire – ammette Lampaert – Asgreen era il nostro capitano sin dal mattino. Sapevamo che era il più forte, lo ha dimostrato in questa settimana (domenica scorsa aveva vinto ad Harelbeke, ndr). E soprattutto durante la corsa Julien ha detto che non era al top, quindi era normale puntare su di lui. La caduta? Fortunatamente non ha inciso sulla nostra tattica, non abbiamo perso uomini, almeno nella fase che contava. Siamo riusciti a correre compatti come volevamo. E il fatto che Asgreen abbia battuto Van der Poel in volata è un qualcosa di fantastico».

Un po’ però la caduta ha influito, almeno sull’esito degli uomini in gara. Asgreen infatti era rimasto coinvolto. E con lui Ballerini.

«Lo ho aiutato io – dice Davide – a rientrare, ma visto come è andata la corsa, alla fine era veramente l’unico che aveva la forza per battere Van der Poel. Chapeau!».