Alé ha recentemente ufficializzato l’ingresso di Karel Vacek nel team di vendita con il prestigioso ruolo di nuovo Brand Manager per il mercato DACH (Germania, Austria e Svizzera) ed Est Europa. L’ex ciclista professionista metterà la sua esperienza e passione al servizio della rete vendita Alé, supportando gli agenti locali e contribuendo alla crescita e al rafforzamento del brand nei mercati di riferimento.
Nato a Praga, in Repubblica Ceca, Karel Vacek ha 24 anni ed è stato una delle più brillanti promesse del ciclismo internazionale fin dalle categorie juniores. Nel 2018 ha catturato l’attenzione mondiale per le sue straordinarie prestazioni, riuscendo a competere alla pari con uno dei più forti atleti della sua generazione – Remco Evenepoel – in diversi testa a testa.
Durante la stagione 2023, Vacek ha corso con la formazione italiana Corratec-Selle Italia, distinguendosi al Giro d’Italia dove ha conquistato un prestigioso secondo posto nella tappa con arrivo in salita di Campo Imperatore, subito dietro a Davide Bais vincitore di giornata. L’anno scorso ha militato nella squadra spagnola Burgos-BH, ed al termine della stagione ha deciso di intraprendere una nuova sfida professionale, scegliendo di rimanere nel mondo del ciclismo ma con un ruolo diverso e strategico.
Nel suo nuovo ruolo, Vacek guiderà l’espansione del marchio Alé in Slovenia, Repubblica Ceca, Ungheria, Slovacchia, Polonia e nei paesi di lingua tedesca, affiancandosi agli agenti locali per potenziare la strategia di vendita e consolidare la presenza del brand in Germania, Austria e Svizzera. La sua esperienza come atleta professionista gli consentirà certamente di comprendere appieno le esigenze degli atleti, rendendolo la figura ideale per rafforzare la posizione di Alé nel settore dell’abbigliamento tecnico per il ciclismo.
Il CEO di Alé Alessia Piccolo con Karel VacekIl CEO di Alé Alessia Piccolo con Karel Vacek
Scelta strategica
Con l’arrivo di Vacek, Alé si arricchisce di una figura di spicco che porta con sé non solo competenza e professionalità, ma anche una visione giovane e dinamica del settore.
«Abbiamo scelto Karel – ha dichiarato Alessia Piccolo, CEO di A.P.G – perché è un ragazzo giovane, intraprendente e determinato. Conosce a fondo le esigenze dei ciclisti e ha dimostrato una straordinaria voglia di crescere e di far crescere il nostro brand. Inoltre, grazie alla sua esperienza da atleta professionista, potrà testare personalmente i nostri capi di abbigliamento e fornirci feedback tecnici preziosissimi, aiutandoci a perfezionare ulteriormente i nostri prodotti».
Vacek da professionista, ultima esperienza nel 2024 con la Burgos BHVacek da professionista, ultima esperienza nel 2024 con la Burgos BH
«Entrare nel team Alé con il ruolo di nuovo Brand Manager – ha ribattuto Vacek – è un’opportunità unica e stimolante. Alé è un’azienda di altissimo livello, con prodotti eccellenti che ho avuto modo di indossare personalmente quando correvo. Conosco a fondo le regioni europee che mi sono state affidate, e sono pronto a mettere in questa nuova sfida tutta la mia energia. Sono giovane, motivato e determinato a portare idee innovative, nuovi trend e una ventata di freschezza. Il mio obiettivo è contribuire con passione alla crescita di Alé e spingerlo verso nuovi traguardi».
Proprio nel giorno in cui Mathias Vacek esordiva nella stagione aggiudicandosi la prima tappa della Volta a la Comunitat Valenciana, suo fratello Karel annunciava il suo ritiro dalle scene ciclistiche a soli 24 anni. Un contrasto che stride, considerando come Karel, più vecchio di due anni, sia stato sempre una guida per il talentuoso corridore ceko della Lidl-Trek.
Karel Vacek è uno dei quei corridori rimasto sempre sul punto di esplodere, con buoni risultati che evidentemente non sono stati sufficienti a dargli quella sicurezza per potersi garantire un’esistenza permanente e tranquilla nell’ambiente e questo l’ha convinto a un passo indietro doloroso ma vissuto con consapevolezza.
Il terzo posto nella tappa dell’Iztulia Basque Country, vinta da Meintjes è il miglior risultato 2024Il terzo posto nella tappa dell’Iztulia Basque Country, vinta da Meintjes è il miglior risultato 2024
«La decisione l’avevo già in animo a fine stagione, poi a Natale sono giunto alla conclusione che era la cosa giusta da fare. Che cosa mi ha portato a questo? Il vivere una carriera in continuo saliscendi, precaria, dovendo cambiare tutto a ogni fine anno. Le ultime due stagioni sono state positive, con molti buoni risultati, ma vedevo che non salivo di livello, che non tornavo a quel WorldTour che era il mio obiettivo. Alla Burgos potevo rimanere un altro anno ma non me la sono sentita».
Come hai vissuto una decisione così difficile?
In maniera consapevole e matura. Mi sono messo davanti alla realtà, mi sono accorto che il ciclismo non mi restituiva abbastanza per quanto ci ho investito sopra e mi sono trovato davanti a un bivio: continuare in questo logorante tira e molla oppure trovare la forza per girare pagina. La mia età mi consente di fare una scelta e cambiare mettendoci tutto me stesso in qualcosa di nuovo, cambiare strada era la scelta migliore in questo momento.
Sul Gran Sasso il grande giorno di Karel Vacek al Giro 2023, secondo dietro Davide BaisSul Gran Sasso il grande giorno di Karel Vacek al Giro 2023, secondo dietro Davide Bais
Se ti guardi indietro, che cosa ti ha impedito di diventare quel che speravi?
Difficile dirlo, ma su un concetto voglio essere ben chiaro: non posso dare la colpa a nessuno, le cose sono semplicemente andate così. Molti dicono che la mia generazione sia stata penalizzata dal Covid, da quelle due annate (2020-2021, ndr) stravolte nel loro calendario, ma rendiamoci conto che per molti versi è solo un alibi e che proprio quel periodo così diverso dal solito ha contribuito fortemente a cambiare il ciclismo, a renderlo quello che è ora, molto diverso da quello del decennio precedente.
C’era però meno spazio per emergere, meno opportunità per affrontare l’attività in maniera canonica…
Ripeto, secondo me è un alibi al quale non voglio fare ricorso. Ci si allenava comunque, si andava comunque alle corse. Il ciclismo è questo, non tutti arrivano a quella fatidica soglia, sono tanti i fattori che contribuiscono a cogliere l’opportunità o meno. Serve talento, serve fortuna. I momenti buoni ci sono stati anche per me, ma proprio allora le cose non hanno girato nella maniera giusta.
Alla Qhubeka Vacek aveva trovato la porta del WorldTour, ma il sogno è durato un solo annoAlla Qhubeka Vacek aveva trovato la porta del WorldTour, ma il sogno è durato un solo anno
C’è un momento specifico che identifichi come decisivo nella tua carriera?
Probabilmente l’anno alla Qhubeka, il 2021: avevo in tasca un biennale, ero nel WorldTour e il primo anno era andato bene. Ero under 23 ma già svolgevo attività da professionista a tutti gli effetti. Poi però tutti sanno come sono andate le cose, la squadra si è sciolta e io mi sono ritrovato al Tirol KTM, un team continental. Era un passo indietro a tutti gli effetti, dovevo ricominciare tutto da capo. Ci ho provato, ma senza successo.
Il fatto di aver dovuto cambiare squadra ogni anno ti ha penalizzato?
Probabilmente non mi ha aiutato, non trovavo stabilità, ma non per questo posso lamentarmi, anzi era già tanto trovare sempre un team dove correre. Alla Burgos, l’ultimo team, stavo anche bene e il team mi aveva garantito la permanenza, ma sono io che non mi sentivo più di poter dare il 100 per cento. Soprattutto non mi vedevo più per quello che avrei potuto essere.
Un anno alla Tirol, tornando indietro dal WorldTour. Bisognava ripartire quasi da zero…Un anno alla Tirol, tornando indietro dal WorldTour. Bisognava ripartire quasi da zero…
Che cosa ti aspettavi?
Quand’ero junior tutti sanno che ero considerato il numero 2 al mondo, dietro Evenepoel e mi vedevo come protagonista nei Grandi Giri. Lì forse ho commesso qualche errore, il non avere un manager di peso mi può aver penalizzato, anche se poi l’ho trovato in Carera che mi ha aiutato molto. Sono arrivato in Italia e non potrò mai dire grazie abbastanza a Giorgi che mi aveva voluto con sé, portandomi in Italia dove ho imparato tanto. Ho continuato a crescere attraverso Hagens Berman Axeon e Colpack fino alla Qhubeka, poi lì le cose si sono fermate.
Lo snodo è stato lì?
Penso di sì perché poi alla Tirol, che pure è un ottimo team, sono sparito dai radar, scendendo di categoria e conseguentemente di calendario. Non trovavo più la strada giusta. Ne ho parlato a lungo con il manager e con mio fratello, volevo smettere non da sconosciuto e il fatto di chiudere dopo una stagione nel complesso positiva mi ha aiutato nella difficile decisione.
Karel intende restare nel mondo delle due ruote, attraverso un nuovo progettoKarel intende restare nel mondo delle due ruote, attraverso un nuovo progetto
Se ti guardi indietro qual è il momento più bello?
Ne individuo tre: il primo quando sono arrivato in Italia. Non conoscevo la lingua, dovevo abbinare il ciclismo alla scuola, era tutto nuovo per me, ma è stato un periodo molto formativo anche dal punto di vista personale. Con Giorgi sono sempre rimasto in contatto, ogni anno mi sono trovato il tempo per andarlo a trovare. Il secondo è il Giro d’Italia 2023 alla Corratec: un’esperienza magica essere in quello che era il mio sogno, conquistando anche un podio e tanti buoni risultati. Il terzo nel 2022 quando mi sono ritrovato a correre il Tour de l’Avenir con mio fratello Mathias: non siamo mai riusciti a ritrovarci in un team, condividere una corsa è stato un momento molto particolare.
E ora?
Non lascio il mondo del ciclismo, questo è sicuro. Solo che voglio restarci in una maniera diversa, attraverso un progetto tutto nuovo che sta per vedere la luce e nel quale dedicherò tutto me stesso. Per ora posso dire solo una cosa: non vi libererete di me…
Da venerdì scorso, Karel Vacek è un corridore della Burgos BH, squadra professional spagnola. Per il ragazzo ceko è l’ennesimo team, il sesto in sei stagioni per un corridore di appena 23 anni che si è fatto la fama di giramondo senza volerlo, perché chi conosce la sua storia sa delle traversie attraversate, come lo scioglimento della Qhubeka ad esempio.
Anche l’ultima non è male, perché a dir la verità nessuno si sarebbe aspettato che Vacek fosse costretto a cercarsi un’altra squadra dopo il suo 2023, illuminato dalla seconda piazza nella tappa del Gran Sasso al Giro d’Italia. Invece il Team Corratec non lo ha confermato e Karel si è messo a cercare un team che credesse in lui praticamente fuori tempo massimo. Risultato: contratto firmato il 9 febbraio e il giorno dopo era già in gara.
Firmato il contratto e chiamato per la prima corsa: Vacek è il terzo da destra (foto Instagram)Firmato il contratto e chiamato per la prima corsa: Vacek è l’uomo al centro (foto Instagram)
«Il Team Burgos mi ha potuto mettere sotto contratto grazie a una deroga dell’Uci perché il ciclomercato è già chiuso. Molti corridori della squadra sono al momento infortunati, così appena firmato mi hanno mandato subito a correre a Murcia, solo che non avevo il materiale a disposizione. Così ho corso con una divisa più grande della mia taglia e una bici fuori misura. Risultato: un mal di schiena che te lo raccomando… Ho fatto quel che ho potuto, nelle prossime corse, dopo aver settato la bici, andrà sicuramente meglio».
Hai avuto paura di rimanere fuori dall’ambiente?
Sì, molta. Sinceramente non mi aspettavo di dovermi rimettere su piazza, credevo che quanto fatto durante l’anno mi garantisse la prosecuzione del contratto. Ero tranquillo, per questo la mancata conferma mi ha preso proprio di sorpresa. Al Giro ero andato senza neanche essere stato preselezionato, eppure ho portato a casa un risultato prestigioso, poi nella stagione ho preso punti per il team. D’altronde anche chi ne ha raccolti di più, come Dalla Valle o Konychev si sono ritrovati nella mia stessa situazione. Così mi sono trovato a passare tre mesi d’inferno, un Natale davvero triste.
Il ceko con Bais e Petilli nella tappa del Gran Sasso, dove si è lanciato in fuga finendo a 9″ da BaisIl ceko con Bais nella tappa del Gran Sasso, dove si è lanciato in fuga finendo a 9″ dal rivale
Com’è stato allenarsi durante l’inverno senza alcuna certezza?
Io non ho mai mollato, ma quando ti ritrovi in una situazione simile paghi dazio. Non ho fatto ritiri con il team, mi sono dovuto allenare sempre da solo, chiaramente ora sono indietro. Devo però dire solamente grazie ai dirigenti spagnoli che hanno comunque creduto in me. E’ una squadra professional e per me era importante almeno rimanere nello stesso livello, visto che speravo davvero di trovare un contratto per una formazione WT. Almeno così posso continuare a lottare per raggiungere il mio obiettivo. Sinceramente, se non fosse arrivata questa chiamata avrei smesso e mi sarei messo a lavorare in un altro ambito.
Ti sei chiesto che cosa non abbia funzionato?
Sì, ma non ho risposte. Le ho cercate, ho provato a contattare i dirigenti, il presidente, gli ho anche scritto, ma non mi è arrivata alcuna reazione. Io praticamente non ho mai saputo ufficialmente di essere stato escluso dal team, vorrei tanto sapere il perché. Mi sarei aspettato almeno una telefonata. Ora comunque non è neanche più così importante, posso finalmente girare pagina.
L’anno alla Qhubeka era stato positivo, in un ambiente dove Vacek aveva trovato davvero casaL’anno alla Qhubeka era stato positivo, in un ambiente dove Vacek aveva trovato davvero casa
Hai cambiato sei squadre in sei stagioni. Ti pesa questa fama e dove ti sei trovato meglio e peggio?
Partiamo dalla prima domanda: sì, un po’ mi pesa perché non era questo che speravo approdando al ciclismo internazionale. Credevo anzi che alla Corratec era arrivato il momento di un po’ di stabilità, dopo quello che avevamo fatto in primavera. Per il resto, non mi sentirei di condannare nessun team perché dappertutto trovi cose buone e altre un po’ meno. Spesso influisce molto la fortuna.
Alla Qhubeka ad esempio non ne hai avuta molta…
Lì eravamo tutti convinti di avere un futuro luminoso davanti a noi, so che non ci sarebbero stati problemi per la mia riconferma: è stata una delusione generale. All’Hagens Berman Axeon ero al mio primo anno, dovevo ancora imparare tante cose, ma fu comunque una bella esperienza e lo stesso potrei dire delle altre squadre, della Colpack dove il Covid ha davvero tarpato le ali a tutti, della stessa Corratec perché il gruppo che si era formato era molto unito, si lavorava bene insieme. Per questo sono rimasto così sorpreso.
Karel dal 2019 ha corso in 6 team, quasi un record per un corridore di 23 anni. Qui alla Tirol KtmKarel dal 2019 ha corso in 6 team, quasi un record per un corridore di 23 anni. Qui alla Tirol Ktm
Ora comunque hai una nuova maglia e devi solo lavorare per recuperare il tempo perduto…
Sono più tranquillo, lo stesso team ha specificato come l’evento principale della stagione è la Vuelta, per la quale manca ancora tanto tempo, quindi posso lavorare con calma per farmi trovare pronto quando servirà. Io d’altro canto già da tre anni sono in Spagna, in Andalusia, ma ormai sono tantissimi i ciclisti che stazionano lì. Se tutto va bene prenderò anche la residenza in Spagna, come avevo fatto in Italia i primi tempi, quando c’era anche mia madre a badare a me e Matthias (suo fratello che corre alla Lidl-Trek, ndr). Vedremo come andrà, certo un po’ di stabilità non guasterebbe…
Avevamo lasciato Karel Vacek (in apertura foto Nucci) sotto l’acquazzone di Innsbruck. Quel giorno stava per partire l’ultima tappa del Tour of the Alps e il ceco ci raccontava della difficile situazione di suo fratello Mathias, ma anche della sua… che non era del tutto rosea. Avrebbe dovuto cambiare squadra, non sarebbe stato più un U23: in qualche modo si percepiva una certa fretta nel sistemare il suo futuro.
Karel Vacek (classe 2000) lo scorso anno al Tour of the Alps quando era ancora un corridore del Tirol Ktm Cycling Team (squadra continental)Karel (classe 2000) lo scorso anno al Tour of the Alps quando era ancora un corridore della Tirol Ktm (squadra continental)
Ecco la Corratec
Ma adesso eccolo di nuovo col sorriso. Adesso i nuvoloni di Innsbruck sono alle spalle e Karel riparte con la maglia del Team Corratec.
«Alla fine – racconta Vacek – ce l’ho fatta a diventare professionista a tutti gli effetti. Penso che l’anno scorso sono tornato ai livelli che mi competono, quelli per cui anche gli italiani mi conoscono da quando ero juniores. I risultati ottenuti sono stati buoni e sono contento che la Corratec mi abbia dato la possibilità di poter correre con loro quest’anno e di potermi mettere in mostra.
«Io cercherò di ripagare la squadra con risultati e un comportamento da vero professionista».
Vacek doveva andare alla Drone-Hopper in realtà, poi si sa che le cose non sono andate bene per la squadra di Savio e così i suoi manager, i Carera, lo hanno aiutato a trovare questa soluzione.
«Non è solo una soluzione, ma è un passo molto importante», tiene a chiarire Vacek.
Karel è tornato in Italia dopo l’esperienza con la squadra austriacaKarel è tornato in Italia dopo l’esperienza con la squadra austriaca
Karel e l’Italia
Vacek è arrivato presto in Italia, aveva 16 anni. Aveva iniziato a correre da noi sin dai tempi in cui era un allievo di secondo anno. All’epoca vestiva i colori del Team Giorgi.
«Ho vissuto in Italia cinque anni – racconta Vacek – perché dopo gli allievi e gli juniores con il team Giorgi sono passato alla Colpack e anche per questo ho finito la scuola a Bergamo.
«E’ sempre stato un mio sogno correre in Italia, ma purtroppo le squadre italiane nel WorldTour non ci sono più. Io guardavo squadroni come la Lampre o la Liquigas… però penso che con questo nuovo team si possa fare bene e magari piano, piano si possa tornare ai vecchi tempi. Spero che l’Italia possa tornare ad avere squadre importanti. Intanto facciamo il Giro e questo è un bell’inizio».
«Ormai l’Italia è la mia seconda casa e mi piace tutto di questo Paese».
Mathias (a destra) e Karel sulla Sierra Nevada, non lontano dalla “loro” Malaga (foto Instagram)Mathias (a destra) e Karel sulla Sierra Nevada, non lontano dalla “loro” Malaga (foto Instagram)
Con Mathias…
Eppure in questo momento Vacek non abita in Italia. E neanche nella sua Repubblica Ceca. Il praghese infatti è di stanza in Spagna, con suo fratello Mathias(di due anni più piccolo), pro’ in forza alla Trek-Segafredo.
«In realtà vivo un po’ dappertutto! Mi sposto anche in virtù delle squadre in cui sono per cercare di venire incontro alle loro esigenze», prosegue il boemo.
«Da un paio di anni, d’inverno, io e mio fratello prendiamo un appartamento a Malaga, nel sud della Spagna. Mi trovo alla grande, ci si allena bene… E anche questo inverno mi sono preparato con molta calma. Poi in stagione credo che verrò qui in Italia. Vorrei una zona tranquilla e lontano dal traffico… tanto più dopo le brutte notizie di questi ultimi tempi. In questo modo tutto sarà più facile per stare vicino al team, poter viaggiare con loro, andare in aeroporto…».
«Con mio fratello? Adesso è lui l’uomo da seguire! Anche se è più giovane, ci siamo scambiati i ruoli… Il sogno sarebbe di ritrovarci un giorno insieme in squadra».
Il ceco ha iniziato la sua stagione al Saudi TourIl ceco ha iniziato la sua stagione al Saudi Tour
Dal Saudi al Giro
Da ieri Karel Vacek è impegnato al Saudi Tour. Come i suoi compagni lotterà per guadagnarsi un posto al Giro d’Italia, la vetrina più importante, il sogno… la corsa delle corse.
Il boemo è un buon corridore e ha tutte le carte in regola per poter fare bene. La preparazione invernale, come lui stesso ha detto, è stata buona e ora c’è “solo” da mettere a frutto i tanti chilometri macinati.
«Io nasco scalatore – dice Vacek – ma poi con il tempo ho imparato a difendermi anche su altri terreni. Nel nuovo ciclismo devi adattarti ai percorsi più veloci, anche se di certo non sono un velocista. Però nelle classiche tengo bene e tutto sommato anche le crono mi piacciono. Poi più la gara è sofferta e meglio è per me e quindi cercherò di fare il massimo nelle corse più dure».
Massimiliano Martini ha 45 anni. Ha corso in bici, vincendo per tre volte il mondiale e ora produce in Toscana la sua linea di abbigliamento per il ciclismo
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Un decimo posto può avere un sapore davvero speciale, se può rappresentare una rinascita. Mathias Vacek lo sa bene: in attesa di vestire la maglia della Trek Segafredo (il suo contratto è in essere dal 1° agosto) con la prestazione ottenuta al Tour de l’Avenir ha messo finalmente la parola fine a un periodo buio, per lui come per tutti quelli coinvolti dalle vicende della Gazprom RusVelo, una lunga querelle che ha messo a rischio la carriera sua e di tanti altri corridori senza che avesse colpa e soprattutto senza che l’Uci battesse ciglio.
Vacek aveva iniziato la sua stagione alla grande, culminando con la fantastica vittoria nella sesta tappa dell’Uae Tour, il che significa nel WorldTour che lasciava presagire grandi cose. Poi da un giorno all’altro si è spenta la luce e rimanere sul pezzo è stato davvero difficile.
Per il corridore ceco finora 29 giorni di gara con 3 vittorie (foto Zoe Soullard)Per il corridore ceco finora 29 giorni di gara con 3 vittorie (foto Zoe Soullard)
In attività con la nazionale
Che Vacek sia un corridore di vaglia lo si capisce anche dal fatto che ogni volta che è stato chiamato in causa (lo ha fatto la sua nazionale, come la nostra ha agito nei confronti dei vari Malucelli, Conci e compagnia) si è fatto trovare pronto, conquistando il 3° posto alla Corsa della Pace dove ha anche vinto il prologo oppure il 2° ai campionati europei Under 23. Ma la corsa francese ha rappresentato qualcosa di speciale.
Non era una corsa facile e Vacek lo spiega in maniera chiara: «Io ero partito con grandi motivazioni, proprio perché mi sentivo finalmente libero, tranquillo dopo mesi davvero difficili. Ho affrontato questo periodo con la testa sempre alta, sapendo che qualcosa alla fine sarebbe successo e io dovevo farmi trovare pronto come sempre. Tanto lavoro duro doveva portare a qualcosa, non avevo niente da perdere. Tappa dopo tappa mi sono sentito sempre meglio e soprattutto notavo che stavo migliorando, per questo quel 10° posto lo vedo come qualcosa di ampiamente positivo».
Al Tour de l’Avenir Vacek ha chiuso 10° a 9’28” da Uijtdebroeks, con tre Top 10 di tappa (foto Zoe Soullard)Al Tour de l’Avenir Vacek ha chiuso 10° a 9’28” da Uijtdebroeks, con tre Top 10 di tappa (foto Zoe Soullard)
Come hai fatto in tutti questi mesi così difficili, senza una squadra, un calendario, una garanzia per il futuro?
Ho cercato di essere forte con la testa prima ancora che con le gambe, concentrato, senza lasciarmi abbattere. Mi è costato tanto, lo ammetto, c’erano momenti in cui averi voluto maledire tutto e tutti, ma a che cosa sarebbe servito? Dovevo tenermi motivato, cercare motivi per andare avanti giorno dopo giorno. Il lavoro alla fine paga sempre.
Come saresti andato se ti fossi presentato al Tour de l’Avenir come gli altri, con un buon bagaglio di gare alle spalle?
Difficile dirlo, penso che sarei stato più competitivo, se avessi avuto un programma di avvicinamento scandito da appuntamenti agonistici sarebbe stato tutto più facile. In corsa ho notato che rispetto agli altri mi mancava il ritmo gara e si trattava di una corsa molto qualificata, dove si andava davvero forte. Comunque con i se non si va da nessuna parte, sono arrivato 10° e mi sta bene così per ora.
Gli sforzi in terra francese sono stati duri. Mathias ha pagato l’inattivitàGli sforzi in terra francese sono stati duri. Mathias ha pagato l’inattività
Quanto è stato utile tuo fratello in questo periodo senza una squadra?
Moltissimo, mi ha aiutato in allenamento come io ho aiutato lui. Credo che il fatto di essere sempre insieme, uno di fianco all’altro in bici e fuori sia stato importante per entrambi in questa stagione così strana. Siamo in perfetta simbiosi, io sinceramente spero tanto che prima o poi ci ritroveremo nello stesso team.
Quanto conta l’avere ora un futuro assicurato alla Trek Segafredo?
Mi dà molta più tranquillità, ho firmato un contratto triennale, posso quindi lavorare con calma per raggiungere i miei obiettivi e mettere da parte questa stagione a mezzo servizio. Non ho più nulla da perdere, devo solo essere concentrato su quel che faccio e impegnarmi al massimo.
La volata finale degli Europei U23, con Vacek battuto dal tedesco EngelhardtLa volata finale degli Europei U23, con Vacek battuto dal tedesco Engelhardt
Dove ti vedremo ora?
Il mio prossimo impegno saranno direttamente i mondiali in Australia, poi il finale di stagione in Italia con una puntatina in Croazia. Tengo molto alla trasferta iridata e voglio far bene innanzitutto nella cronometro perché penso di potermi giocare carte importanti. Mi sto infatti preparando soprattutto per quella. La gara in linea, anche per il suo percorso, sarà una sorta di lotteria dove può succedere tutto. Su quel percorso posso sicuramente fare bene, sono un corridore universale e mi trovo a mio agio sia se riuscirò a entrare nella fuga buona, sia se la soluzione arriverà in volata. Ma su questo ci sarà tempo per ragionare, prima voglio pensare alla cronometro.
A tu per tu con Sedun, nuovo team manager (e tecnico) della Gazprom-RusVelo. Dalle esperienze con l'Astana a questa nuova avventura, sempre in odor d'Italia
Conci aveva male alla gamba, ma non lo diceva. Poi il dolore è diventato lancinante e ha dovuto operarsi. Ecco perché non andava. Ecco perché può sognare
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Mathias Vacek “ha la colpa” di essere un corridore della della Gazprom-RusVelo. Il ragazzo della Repubblica Ceca non può correre. Qualche giorno fa, abbiamo pubblicato la richiesta di appello degli atleti di questo team affinché si sbloccasse la situazione di stallo che si è creata. Come saprete: la squadra russa non può correre. Depennata, fatta sparire, in un lampo dall’UCI.
Più passa il tempo e più il silenzio da parte dell’UCI stessa diventa assordante. Non resta però in silenzio Karel Vacek fratello maggiore di Mathias. Lui corre al Tirol Ktm Cycling Team, unica squadra continental presente al Tour of the Alps.
Karel Vacek (classe 2000) al Tour of the AlpsKarel Vacek (classe 2000) al Tour of the Alps
Mathias deluso
Con sguardo concentrato e grande umiltà, Karel ci racconta della disavventura che suo fratello sta vivendo da un mese e mezzo ormai.
«Lui sta soffrendo – dice l’ex corridore della Colpack Ballan – non è una situazione molto buona per Mathias. Okay, ha un contratto con una WorldTour per i prossimi due anni, ma intanto è a piedi. E’ fermo. E’ a casa che pedala da solo. Ed è dura mentalmente. Adesso ci alleniamo molto insieme, proprio perché anche lui non deve andare alle gare, però non è come correre. E spesso poi manco io. E vi dirò che indirettamente è un momento difficile anche per me.
«Come posso aiutarlo? Standogli vicino – continua – ma anche facendo bene nelle corse. Quando io faccio delle buone gare, so che lui è contento. Così come sono contento io quando è lui ad andare forte».
E, aggiungiamo, anche perché se Karel centrasse un buon risultato forse, di riflesso, si creerebbe un po’ di attenzione mediatica sul fratello. Sarebbe una “scusa” per tornare a parlare di certi argomenti. Per ironia della sorte, la vittoria di Mathias all’UAE Tour arrivò proprio quando stava scoppiando la Guerra in Ucraina. E sì intuì subito un certo pericolo.
Mathias Vacek ha vinto l’ultima tappa del UAE TourMathias Vacek ha vinto l’ultima tappa del UAE Tour
Tante parole, pochi fatti
Momenti del genere possono segnare una carriera. Okay, Mathias Vacek è giovanissimo (è un classe 2002), però non correre è rischioso ugualmente. I treni passano veloci, specialmente di questi tempi. E magari ci si può anche disinnamorare, tanto più a questa età. L’esempio di Trainini è emblematico.
«Vero, è molto difficile – riprende Karel – io al suo posto sarei molto deluso. Deluso soprattutto da parte dell’UCI. Perché possono fermare una squadra in pochi minuti, ma non possono trovare una soluzione in tempi altrettanto ristretti? Perché ci servono mesi e mesi? Perché non dà risposte? Così si fa solo del male.
«Se l’UCI è davvero al fianco dei corridori, dovrebbe non solo avere la bocca grande, ma fare anche i fatti». La cosa più sconcertante è che atleti russi tesserati per altri team stanno correndo (giustamente).
Karel (a sinistra) e Mathias in una foto pubblicata su Instagram qualche tempo faKarel (a sinistra) e Mathias in una foto pubblicata su Instagram qualche tempo fa
Gioventù ed ottimismo
Karel però è ottimista, sia per Mathias che per se stesso. Sa bene che il fratello non naviga in ottime acque, ma anche per questo si allenano insieme più del solito. Gli sta vicino. E tutto sommato sapere che il prossimo anno passerà in una WorldTour è un gran bell’appiglio morale.
«Posso dirvi – dice Karel – che Mathias sta andando molto forte. E anche io non sto male. Vorrei fare di più, vorrei trovare un contratto perché la Tirol è solo under 23 e a fine anno devo cambiare (Karel è un classe 2000). Per questo voglio fare molto bene al Giro Under 23 e al Valle d’Aosta e trovare una buona squadra».
Ed anche per questo nelle ultime settimane aver avuto un compagno di allenamento come Mathias gli è stato utile. Si può dire che i due fratelli si sono aiutati a vicenda. Mathias faceva i forcing per Karel e lui ne approfittava per lavorare agli alti ritmi.
Come si dice in questi casi, una mano lava l’altra. In questo modo, aiutando il fratello, anche Mathias ha avuto dei piccoli obiettivi, degli stimoli. E soprattutto si è tenuto in forma.
Con una lettera inviata ai corridori della Gazprom e al CPA, l'UCI spiega che la situazione resterà immobile fino alle sentenza del TAS. Che ancora tace
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Il giorno più bello della sua giovane carriera è passato in fretta in secondo piano. Per Mathias Vacek – 19enne della Gazprom-RusVelo – nemmeno il tempo di gustarsi la gioia della prima vittoria da pro’ a Dubai, che il mondo è stato scosso dalla guerra della Russia in Ucraina. Pochi giorni appena e la sua squadra è stata fermata.
All’interno della preoccupante attualità geopolitica, vogliamo raccontarvi la favola sportiva del ragazzo ceco di Stozice (paese della Boemia Meridionale, più vicino ad Austria e Baviera che a Praga) che si allena con lo sci di fondo in inverno e che è cresciuto ciclisticamente a Torre De’ Roveri, nella bergamasca, sede del Team Giorgi.
Mathias Vacek esulta sul traguardo di Dubai nella penultima tappa del UAE TourMathias Vacek esulta sul traguardo di Dubai nella penultima tappa del UAE Tour
Mathias è arrivato in Italia quattro anni fa, seguendo le orme di suo fratello Karel (classe 2000, di due anni più grande) ed ha praticamente dominato le categorie giovanili anche più di quello che aveva fatto proprio Vacek senior.
In tre stagioni – dal 2018 da allievo di secondo anno e poi nel biennio da junior – ha conquistato 41 vittorie. Numeri da predestinato che trovano conferma non solo col successo negli Emirati Arabi ma anche col contratto firmato (2023 e 2024) da poco con la Trek-Segafredo.
Mathias com’è andato lo scorso 25 febbraio, data del tuo trionfo?
E’ stata una giornata bellissima, che non scorderò mai. Mi sentivo molto bene fin da quando sono sceso dal letto. Avevo dormito molto meglio rispetto ai giorni precedenti. Era la giornata giusta per andare in fuga. Al mattino il nostro diesse durante la riunione aveva solo detto che con Malucelli doveva restare almeno un compagno per l’eventuale arrivo in volata. Tutti gli altri erano liberi di provare azioni da lontano. E così è stato. Siamo partiti al chilometro zero andando a ruota ad un Bardiani, promotore della fuga.
Sembrava che il gruppo vi dovesse riprendere da un momento all’altro, invece lo avete messo nel sacco.
Sì, è stata una mezza impresa, molto dura. Abbiamo sempre avuto lo stesso vantaggio, un minuto e mezzo. Sia a cento chilometri dal traguardo che a 25. A quel punto siamo andati ancora più a blocco perché avevamo iniziato capire che potevamo farcela. Gli ultimi 5 chilometri li abbiamo fatti senza alcuna tattica. Solo menare. Ed io ho iniziato a pensare allo sprint.
Mathias Vacek è alla Gazprom-Rusvelo dal 2021. Nelle stagioni precedenti era al Team Giorgi
Vacek (col dorsale 87) chiude il gruppetto dei fuggitivi nel giorno della sua vittoria al UAE Tour
Vacek è alla Gazprom-Rusvelo dal 2021. Nelle stagioni precedenti era al Team Giorgi
Mathias (dorsale 87) chiude il gruppetto dei fuggitivi nel giorno della vittoria al UAE Tour.
Nel finale avevi ancora due compagni di squadra e due avversari. Vi siete parlati per decidere chi avrebbe fatto la volata?
Onestamente no (ride, ndr). Col fatto che avevamo sempre il fiato sul collo del gruppo, non abbiamo mai dialogato fra noi. Zero strategia, altrimenti ci avrebbero ripreso. Solo Pavel (Kochetkov, ndr) si è sacrificato tirando l’ultimo chilometro, è stato bravissimo. In volata sapevo di essere il più veloce dei cinque e così l’ho presa in testa vincendo bene. Ha funzionato tutto giusto, anzi…
Vuoi aggiungere qualcosa?
Sì, quel giorno mi sono alimentato a dovere. Ho mangiato e bevuto con regolarità, andando all’ammiraglia nei momenti giusti. Ho capito quanto sia importante questo aspetto, visto che ogni tanto dimentico di farlo. Sto migliorando e imparando anche queste cose che a volte si danno per scontato.
Quando hai vinto era il secondo giorno di conflitto in Ucraina. Che effetto ti fa ripensarci a distanza di più di una settimana?
Fino al giorno della mia vittoria sapevamo molto poco. Poi il giorno dopo, aprendo i social, ci siamo resi conto di quello che stava succedendo. Quando corri ti estranei da tutto, ma gli ultimi sono stati giorni difficili, di riflessione. Avevo poca voglia di parlare anche per le interviste. Considerando il nostro sponsor e la nazionalità della mia squadra, penso che la mia vittoria sarebbe potuta essere più bella senza quella guerra. Alla fine noi, squadra e atleti, non c’entriamo nulla con questo. Spero che la questione della nostra licenza UCI possa risolversi in fretta e che potremo tornare presto a correre.
I fratelli Vacek ai tempi del Team Giorgi. Mathias (a destra) è un classe 2002, due anni in meno di Karel
I fratelli Vacek in allenamento nel 2021. Karel in maglia Qhubeka NextHash e Mathias in maglia Gazprom-Rusvelo
I fratelli Vacek ai tempi del Team Giorgi. Mathias (a destra) è un 2002, due anni in meno di Karel.
I fratelli Vacek in allenamento nel 2021. Karel a sinistra e Mathias in maglia Gazprom
Nelle categorie giovanili qualcuno faceva paragoni tra te e Karel, sostenendo che fossi tu quello che avrebbe fatto più fatica. Al momento non è così. Che pensiero hai in proposito?
Sì, è vero, sentivo spesso questo confronto. Ho vinto prima io, ma anche mio fratello sta tornando sui suoi standard. Purtroppo qualche anno fa abbiamo avuto un problema familiare che lui ha patito più di me. Ci era rimasto male, si allenava e correva con meno tranquillità del solito. Ma adesso è tutto passato. Questo inverno l’ho visto allenarsi bene, con grande convinzione. Sono contento per Karel, sono convinto che farà molto bene. Seguite anche lui.
Quali sono le tue reali caratteristiche?
Nasco passista-scalatore, ma devo dire che ho un discreto spunto veloce. Non saprei ancora. Mi piacciono le classiche del Nord, quelle miste, vallonate. Ma la mia gara dei sogni è la Parigi-Roubaix.
Quali obiettivi hai per il 2022, sapendo che dall’anno prossimo andrai nel WorldTour?
Adesso, come dicevo prima, spero di poter tornare a gareggiare. Non ne ho qualcuno in particolare. Con la mia squadra voglio continuare a crescere ed essere utile ai compagni. Diciamo che i miei obiettivi personali sono più legati alla mia nazionale U23. Punto a fare risultati alla Corsa della Pace, al Tour de l’Avenir, agli europei e ai mondiali di categoria. Un successo l’ho ottenuto, ma non voglio fermarmi.