L’Unbound di Mattia De Marchi: dopo 200 miglia, a 5″ dal podio

25.06.2024
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Dopo un passato da pro’ che l’ha visto vincere una tappa al Tour of China nel 2016, da diversi anni Mattia De Marchi ha deciso di dedicarsi a tempo pieno al gravel. Una scelta che l’ha portato a vincere la scorsa edizione della famosissima corsa spagnola The Traka, e che quest’anno l’ha fatto volare in Kansas per partecipare al più importante evento gravel al mondo, l’Unbound 200.

Alla fine di una gara tiratissima contro alcuni mostri sacri della disciplina (in apertura, foto Roszko), Mattia è arrivato 5°, a cinque secondi dal podio. Il migliore degli italiani (nel gruppo dei nostri c’era un debuttante d’eccezione: Daniel Oss). Ci ha raccontato com’è andata.

Mattia, cominciamo dall’inizio. Com’è andato il tuo avvicinamento all’Unbound 2024?

Rispetto alle passate tre edizioni anni abbiamo deciso di arrivare molto più all’ultimo, senza viaggiare troppo presto, perché diciamo che l’America non è un posto facile dove allenarsi. L’anno scorso abbiamo passato lì tre settimane prima della gara e alla fine sono arrivato alla partenza che ero già finito. Perché quando sei lì non riesci ad allenarti con i tuoi soliti ritmi, seguendo l’alimentazione alla quale sei abituato, nel tuo ambiente familiare. Quindi questa volta siamo arrivati quattro giorni prima, che andava benissimo anche considerando il fuso orario, visto che la gara parte la mattina molto presto.

E’ stato utile?

Questa freschezza mentale mi è servita moltissimo. Arrivavo da un momento di stress dopo aver rotto il cambio alla fine della The Traka e non aver portato a casa niente. Un evento come l’Unbound è imprevedibile, ti giochi tutto in un giorno solo, possono succedere mille cose. In più quest’anno c’erano almeno 30 corridori che potevano vincere. L’importante è gestirsi a livello mentale.  Infatti nella prima metà di corsa avevo più paura di forare che di staccarmi dal gruppo principale.

Questo però significa che stavi molto bene fisicamente

Devo dire di sì. Mi avevano detto che il percorso sarebbe stato più duro di quello dell’anno scorso, ma io non l’ho trovato così più difficile. Il dislivello totale era maggiore, ma le salite sono comunque molto corte e quindi in realtà non riesci a fare troppa differenza. Poi quest’anno c’è stato anche un po’ controllo e dopo 150 km davanti eravamo ancora in 50, rispetto ai 15-20 delle passate edizioni, questo anche per il livello più alto in generale. Infatti è uscita una gara molto tattica, in cui tutti i favoriti si controllavano.

Tutti tranne un paio…

Lachlan Morton infatti ha corso senza pensare agli altri, a suo modo, seguendo la sua idea, e lo stesso ha fatto Chad Haga. Io invece per una volta – anche d’accordo con i preparatori – ho deciso di rischiare e stare più a ruota possibile. Poi forse se anche li avessi seguiti, gli altri non mi avrebbero lasciato spazio, perché ormai sono abbastanza conosciuto anche in America. Quindi ho deciso di rischiare, cercando di giocarmi il mio jolly più avanti possibile, anche perché in un percorso molto veloce in cui serve tanta forza io con con i miei 60 kg partivo svantaggiato. Quando in effetti me Io sono giocato, a 80 km dall’arrivo, mi sono reso conto che stavo ancora bene. 

Raccontaci un po’ meglio di questo jolly

A 80 km dalla fine c’era l’ultima feed zone, che ormai sono diventate come la Formula Uno. Una volta ci si rilassava, si respirava anche un po’, adesso se ti fermi più di 20 secondi rischi di rimanere indietro e buttare via la gara. Un po’ di esperienza gli anni scorsi l’avevo fatta e appena mi sono accorto che un gruppetto di corridori forti è ripartito prima di me, ho colto l’attimo e ho cercato subito di rientrare da solo. Perché sapevo che quella era un’ottima occasione di entrare in una fuga di qualità, dove è anche più facile andare d’accordo rispetto che in un gruppo con tanti corridori. Sono rientrato senza fare neanche troppa fatica e siamo andati avanti in 6-7 così per un po’, poi anche noi abbiamo iniziato a guardarci e quelli dietro ci hanno raggiunti. Lì mi sono detto che avrei dovuto inventarmi qualcosa.

E cosa hai fatto?

Ho attaccato una prima volta, ma nessuno mi ha seguito, allora mi sono fermato. Poi ho approfittato di un momento di indecisione e mi sono avvantaggiato con Stetina, assieme ad altri due ragazzi. Siamo stati per un bel po’ di chilometri con solo una decina di secondi di vantaggio sugli altri, ma è in quei momenti lì che devi tenere duro, perché poi basta poco per fare la differenza. Infatti col passare del tempo abbiamo preso un bel vantaggio. All’improvviso Stetina si è staccato e così abbiamo perso uno che ci dava una grossa mano. A quel punto ce l’abbiamo messa tutta per ricucire il distacco che avevamo su Morton e Haga, circa 1’30’’. Ma in quei momenti più vai avanti nella gara più è difficile rientrare, soprattutto quando ti trovi davanti gente come loro due, due regolaristi che possono andare avanti all’infinito.  Ormai non avevo molta scelta e dovevo cercare di arrivare al traguardo in meno possibile, ma ai -30 km sono rientrati su di noi 5-6 corridori tra cui Van Avermaet, e la corsa è ricambiata di nuovo. Ci siamo resi conto che i primi due erano andati e quindi sono saltati tutti i possibili accordi.

E qui hai deciso di giocarti il secondo jolly di giornata?

Esatto, ho dovuto inventarmi qualcosa per portare almeno a casa un bel risultato e a 10 km dalla fine ho attaccato ancora. Siamo andati via in tre, poi io a quel punto a dire la verità ero abbastanza stanco, con gli altri due molto forti in pianura e sono riuscito ad arrivare giusto alla fine, dove ho fatto 5°. E’ il mio miglior risultato all’Unbound, dopo il 13° del 2022 e le difficoltà dovute al terreno dell’anno scorso. Quindi devo dire che per me, anche se non ho vinto o centrato il podio, è stata comunque davvero un’ottima giornata.

Cattaneo, missione negli Usa tra gravel e progressi a crono

06.11.2021
5 min
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Mattia Cattaneo è a Parigi sulla via del ritorno. Dopo una settimana abbondante negli Stati Uniti fra il Kansas e la California, per il bergamasco della Deceuninck-Quick Step domani ricomincia la preparazione.

Gli ultimi otto giorni sono stati un concentrato di divertimento, fatica e scoperta insieme a Remco Evenepoel, Giampaolo Mondini e lo staff di Specialized. Il motivo del viaggio erano infatti i test in galleria del vento per la posizione della crono, ma lo sponsor ha chiesto ai ragazzi di partecipare alla Waffle Belgian Ride, un mega evento gravel che si è svolto a Lawrence. Il format ha 10 anni, ma era la prima volta che si correva in Kansas.

Così i corridori si sono rimboccati le maniche, si sono messi lo sguardo convinto e hanno corso sul percorso medio. Distanza di circa 111 chilometri e 3.600 metri di dislivello. Un po’ di asfalto in partenza e poi solo sterrati. Vi interessa saperne di più? Venite con noi…

Percorso quasi tutto pedalabile, tranne alcuni passaggi più tecnici (@specialized)
Percorso quasi tutto pedalabile, tranne alcuni passaggi più tecnici (@specialized)
Parlaci dell’evento…

Molto simile a una Gran Fondo, ma essendo in America è chiaro che fosse tutto più grande. Bello spirito, ma noi eravamo lì per rappresentare Specialized e per divertirci. Anche se poi lo sapete, quando si attacca il numero, andrai pure piano, ma fai fatica vera. Bel clima però, tanta voglia di divertirsi a tutti i livelli.

Quelli che hanno corso sul percorso lungo sorridevano meno?

Ecco, quelli avevano le facce convinte. Dovevano fare 179 chilometri e quasi 6.500 metri di dislivello. Sono partiti mezz’ora prima di noi, erano tutti i corridori. Se la partenza fosse stata su sterrato, avrebbero fatto il polverone. In realtà i primi 2 chilometri e poi il finale erano su asfalto. Il resto tutto su sterrato, tipo strade bianche. Gli unici passaggi tecnici li chiamavano “Cyclecross” ed erano tratti più stretti fra prato e boschi. Comunque percorso ben frecciato e addetti ai lavori a ogni incrocio. Organizzazione super.

Conoscevi già il gravel?

A casa ne ho una, l’ho presa da me per quando esco fuori stagione. Due volte alla settimana, invece di farmi dei giretti su strada, me ne vado per un paio d’ore via dall’asfalto. In America ci hanno dato le nuove Crux il giorno prima, per cui il sabato siamo andati a farci un giretto per metterle a posto.

Come funzionava con l’assistenza meccanica?

Niente ammiraglie o punti di assistenza. Ognuno in autosufficienza, ma per fortuna non abbiamo bucato.

Era freddo?

Vi dirò, la mattina alla partenza c’è stato un po’ da battere i denti. Poi però ci siamo scaldati.

In gara assieme al gruppo della Deceuninck c’era anche Giampaolo Mondini (@specialized)
In gara assieme al gruppo della Deceuninck c’era anche Giampaolo Mondini (@specialized)
In Italia si è già corsa la Serenissima Gravel, credi che eventi del genere si diffonderanno?

Per me sì (risponde senza esitare, ndr). C’è tanto margine, vedo un grande futuro. Del resto le aziende stanno producendo più gravel che mountain bike, per cui ci si può aspettare anche uno spostamento degli atleti dalle altre discipline. In una gara di gravel si possono mischiare stradisti, biker e anche qualcuno del ciclocross. Di fatto è una specialità che strizza l’occhio a tutte le altre.

E’ stata dura?

Anche se ci siamo imposti di non spingere troppo, c’erano tanti strappi di 300-400 metri. Tutto un su e giù, per fortuna i rapporti del gravel permettono di salvare la gamba. Ma ci siamo fermati per mezz’ora in ciascuno dei tre ristori che abbiamo trovato, mentre nel lungo ne avevano cinque. Si mangiava come da noi, barrette, crostate e il resto. E i waffle…

Cattaneo ed Evenepoel hanno optato per il percorso medio di circa 110 chilometri (@specialized)
Cattaneo ed Evenepoel hanno optato per il percorso medio di circa 110 chilometri (@specialized)
Ecco bravo, come mai questo nome?

E’ un format che hanno esportato negli Usa. Fa leva sui waffle e sulla cultura ciclistica belga, ma belgi in giro non ne ho visti, a parte Evenepoel. Lui è stato acclamato, ma perché Remco è Remco, non perché fosse belga.

Cambiando fronte, è vero che in galleria del vento si sono viste per te cose grandiose?

Su carta, con la nuova posizione dovrei avere un miglioramento notevole. Non avevo mai fatto un lavoro del genere, se non in Lampre ma in una galleria molto più piccola di quella Specialized. Si è fatto tanto lavoro, che a livello teorico mi darà vantaggi notevoli. Chiaro che il test di 8 minuti è diverso dalla crono di mezz’ora, ma la nuova posizione promette bene.

In cosa cambia?

In tutto, anche se essendo alto 1,85, per me riuscire a stare raccolto e compatto come Remco è difficile. Dovrò fare molto lavoro a corpo libero per adattarmi a stare molto più basso, con la testa al livello delle mani.

E’ vero che Remco era infastidito perché tu hai ottenuto dalla posizione vantaggi superiori ai suoi?

Eh, lui è così (ride, ndr), vuole sempre vincere. Ma ha anche altre gambe, per sua fortuna. Adesso si torna e domani si comincia. Ho smesso presto di correre quest’anno (il 18 settembre in Lussemburgo, ndr), è tempo di ripartire.

Due europei nel Far West con la nuova Crux

06.11.2021
4 min
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La Waffle Belgian Ride corsa da Evenepoel e Cattaneo e da Giampaolo Mondini in un team Specialized è stata l’occasione migliore per la casa californiana di mettere in mostra la nuova Crux, gravel peso piuma che strizza l’occhio alle prestazioni grazie a soluzioni tecniche che la rendono… abile sia per gare di gravel che di ciclocross.

Geometrie da gara

La geometria della Specialized Crux la rende più pronta e stabile, grazie all’interasse leggermente più lungo per l’aumento dell’avantreno (circa 7 millimetri che riducono il rischio di toccare la ruota con la punta del piede in caso di curve molto strette). Fra le novità geometriche, va segnalato l’aumento del reach (9 millimetri sempre nella 56 di Cattaneo) compensato dal montaggio di un attacco manubrio più corto. Il carro posteriore invece resta identico per angoli e misure alla versione precedente. Con l’aumento di 2 millimetri del drop del movimento, si guadagna grande reattività.

Analisi dei flussi di forza

La produzione del telaio deriva invece dai feedback messi da parte durante la realizzazione e l’impiego della precedente Aethos, in cui l’analisi dinamica delle forze e delle sollecitazioni subite dal telaio durante l’azione ha permesso di dosare al meglio la laminazione e la stratificazione delle pelli di carbonio nello stampo. Tolto il superfluo, rimane un telaio ugualmente sicuro e performante e soprattutto più leggero.

A Cattaneo (ed Evenepoel) è stata affidata la S-Works, prodotta con carbonio FACT12R per un peso di 725 grammi nella misura 56. La bici era montata con Sram Red eTap AXS e il suo peso complessivo dichiarato era di 7,25 chili. Le altre tre versioni in commercio (Pro, Expert, Comp) hanno carbonio di qualità leggermente inferiore e di conseguenza, per ottenere pari affidabilità, devono ricorrere a un telaio più pesante di 100 grammi

Forcella identica per tutti i modelli, resta interessante la possibilità di montare gomme fino a 700×47 oppure 650bx2.1. Si tratta di una scelta che migliora l’aerodinamica e permette di espellere meglio il fango: utile certamente nel gravel, di vitale importanze nel ciclocross.

Nata per correre

La Crux ha il movimento filettato, nuovo standard sulle Specialized di ultima generazione. Tra i fattori di risparmio del peso va annotato anche il fodero destro meno sottile e cavo, mentre il cannotto da 27,2 lascia spazio alla giusta flessione che porta comfort e consente di montare anche un reggisella telescopico.

Brutte notizie invece per coloro che amano il gravel nella sua versione più… contemplativa. La Crux nasce per correre, scordatevi gli attacchi per il portapacchi. Il superfluo è stato eliminato, come i grammi di troppo.

specialized.com