A prescindere da come finirà il Giro di Svizzera e la sfida (sperando che ci sia) fra i due compagni di squadra Adam Yates e Joao Almeida nella cronoscalata finale, c’è chi è già più che contento. E’ chiaro che la Uae Team Emirates porta a casa un prestigioso trofeo, ma soprattutto è soddisfatto Joxean Matxin, lo stratega della formazione che pensa già al Tour, dove ci saranno entrambi e dove entrambi saranno al servizio di Pogacar.
Una marcia in più
La loro condizione è evidentemente quasi al top, anche nella tappa con arrivo a Villars sur Ollion non si sono mai minimamente preoccupati né della fuga iniziale, né del lavoro della Ineos con Rivera che macinava chilometri portandosi dietro Bernal e Pidcock. Negli ultimi 3 chilometri hanno cambiato marcia per andarsi a giocare la vittoria di tappa. In tre giorni due successi per il britannico e uno per il lusitano, ma il conteggio è fallace visto che i due sono arrivati insieme e l’ordine di arrivo è dato solo dalla casualità della fotocellula.
Matxin, come detto era stato chiaro: «Tutti coloro che andranno al Tour sanno che dovranno correre per Tadej, ogni altra opzione è secondaria e dipenderà dallo sloveno». Avere luogotenenti simili, capaci di fare la differenza è per il trionfatore del Giro una garanzia ulteriore per andare a caccia della mitica doppietta. C’è però un sottotesto: con corridori in queste condizioni non è comunque da scartare anche la costruzione di un “piano B” nel caso non tutto vada come si deve per il campione vincitutto.
Sfida aperta su 16 chilometri
C’è però un Giro di Svizzera da onorare fino alla fine. La partita fra i due è aperta, c’è una cronoscalata ancora da affrontare con 16 chilometri che decideranno il vincitore finale. Yates ha nei confronti di Almeida 31”. Pochi? Tanti? Il portoghese ha di certo una propensione maggiore per le sfide contro il tempo e da quel che si è visto anche una condizione che raramente ha raggiunto, altrimenti non si spiegherebbe come sia stato lui a forzare l’andatura alle spalle dell’austriaco Felix Gall, per andarlo a riprendere, chiamando addirittura il compagno, rimasto con Skjelmose e Kelderman, per andare via insieme.
Fatto il vuoto alle loro spalle c’era da decidere chi doveva vincere, ma i due non si sono posti il problema: «Nessuno ha chiesto all’altro di lasciarlo vincere – ha detto Yates dopo l’arrivo – ci siamo semplicemente detti di arrivare insieme, perché avevamo vinto insieme. Joao è un’ottima persona, un compagno ideale. E’ in ottima forma e potrebbe facilmente vincere. E’ una situazione strana, magari domani questi 4 secondi risulteranno decisivi, ma ripeto, è stato frutto del caso. Io spero di poter vincere ancora, anche lui lo spera, è giusto che ce la giochiamo ad armi pari onorando la nostra maglia».
Un confronto nel segno del rispetto
Da parte sua Almeida è sulla stessa lunghezza d’onda, il che lascia aperta la tappa finale a qualsiasi esito: «Finché facciamo primo e secondo siamo entrambi felici, fra noi c’è pieno rispetto reciproco, lavoriamo per un fine comune. Io ovviamente voglio fare di tutto per conquistare la vittoria finale, so di avere un bel distacco ma so anche che la frazione conclusiva può favorirmi. Noi abbiamo costruito la corsa come meglio non si poteva, domani possiamo divertirci e vinca il migliore, sicuramente chi sarà secondo sarà comunque contento».
Non c’è però solo la Uae e questo Giro di Svizzera un po’ schiacciato dalla squadra numero uno al mondo lo scorso anno mette in mostra anche altri corridori, qualcuno di quei giovani che cercano i raggi del sole. Uno di questi è Johannes Staune-Mittet, norvegese che conosciamo bene vista la sua vittoria al Giro Next Gen dello scorso anno. Oggi è entrato nella fuga di giornata ma poi si è sorbito 55 chilometri di fuga solitaria e quando a una quindicina dal traguardo aveva ancora oltre un minuto e mezzo, qualcuno dei mammasantissima ha iniziato anche a preoccuparsi…
I giovani emergenti
«E’ stato un bello sforzo e comunque sia andata io sono soddisfatto – ha dichiarato all’arrivo – Erano tanti chilometri, l’arrivo in salita era troppo importante per chi lotta per la vittoria finale, ma intanto credo di aver fatto qualcosa d’importante. E’ il mio primo anno nel WorldTour e c’è tanto da imparare, verranno occasioni anche per me per emergere».
Un altro da tenere d’occhio è Matthew Riccitello. Il cognome non deve trarre in inganno, viene dall’Arizona, anche lui come il norvegese della Visma-Lease a Bike ha 22 anni e fa parte di quella nidiata di talenti pescati dalla Israel nel nuovo ciclismo a stelle e strisce, come quel Sheehan che lo scorso anno sorprese tutti alla Parigi-Tours: «E’ stata dura tutto il giorno – ha detto lo statunitense che ha chiuso 3° a 14” dalla coppia regina – Sull’ultima salita ho provato a tenere Yates ma ero un po’ stanco. Comunque è stata una buona giornata, la condizione è solida e comincio ad abituarmi a stare in mezzo ai grandi. Il podio finale è lontano oltre un minuto, forse un po’ troppo, ma voglio dare qualcosa al team che mi ha supportato molto in questa corsa».
Finita la corsa, si torna nei ranghi…
Quella sua, come per Bernal che è terzo e zitto zitto continua a progredire, o come per Skjelmose, il campione uscente che vuole abdicare con l’onore delle armi, sarà un’altra corsa rispetto a quella della “premiata coppia”. Alla fine si vedrà chi alzerà la coppa, poi però si tornerà nei ranghi: c’è un Tour da vincere e l’uomo per farlo, in casa Uae, non è in Svizzera…