Moscon alla Red Bull: per portare esperienza e mentalità

11.01.2025
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A 30 anni, che saranno 31 il prossimo aprile, Gianni Moscon approda alla Red Bull-BORA-hansgrohe. L’arrivo del ragazzone trentino nel team tedesco è un qualcosa che incuriosisce, dopo nove anni trascorsi tra i professionisti la sua è diventata una figura di esperienza in gruppo. Lo hanno capito i tecnici della Red Bull-BORA-hansgrohe che hanno deciso di portarlo con loro in questa stagione (in apertura foto Red Bull-BORA-hansgrohe/Max Fries). Insieme a Moscon e al suo occhio esperto entriamo nel mondo di questo team, che dopo sei mesi di collaudo dello scorso anno, è pronto a partire per la sua prima stagione corsa interamente nella categoria WorldTour. 

«Nel 2024 – spiega Moscon con la sua voce ferma e tranquilla – sono tornato ad avere le sensazioni che cercavo da un po’ di tempo. Ho fatto delle belle gare e la stagione è stata positiva. Tanto che è arrivata la chiamata della Red Bull-BORA-hansgrohe. Mi hanno contattato alla fine dello scorso Tour de France. Mi hanno presentato il progetto, dicendomi che cercavano una figura come la mia: di esperienza».

Moscon è stato contattato dalla Red Bull-BORA-hansgrohe dopo il Tour de France
Moscon è stato contattato dalla Red Bull-BORA-hansgrohe dopo il Tour de France

Riconoscere il valore

Quando una squadra come la Red Bull-BORA-hansgrohe viene a cercarti è difficile stare a pensare, certe offerte vanno colte al volo. Soprattutto se il progetto risulta ambizioso e stimolante. 

«Effettivamente non mi sono messo a riflettere molto – continua a raccontare Moscon – ho accettato praticamente subito la proposta del team. Il mio ruolo sarà, innanzitutto, quello di portare la giusta esperienza in squadra per supportare i capitani nelle grandi corse a tappe. Questo nella prima parte di stagione. Poi, dalla seconda metà dell’anno in avanti, potrei avere degli spazi per cercare dei risultati personali. Ma l’obiettivo principale sarà portare il giusto contributo alla causa, il resto si vedrà. Anche perché sono uno tra i più grandi in rosa».

Per il corridore trentino è il momento di mettere al servizio della squadra la sua esperienza (foto Red Bull-BORA-hansgrohe/Max Fries)
Per il corridore trentino è il momento di mettere al servizio della squadra la sua esperienza (foto Red Bull-BORA-hansgrohe/Max Fries)
Di esperienza in nove anni ne hai accumulata parecchia…

Sono stato in grandi squadre e per tanti anni nel mondo Sky e poi Ineos. Nel 2024 ho corso anche con la Soudal Quick-Step. Ma se devo guardarmi indietro e pensare a quale sia stata l’esperienza più grande dico Sky. Lì ho capito cosa vuol dire lavorare per una squadra che ha ambizioni di classifica. 

Cosa senti di poter dare di tuo alla squadra?

Proprio questo. Riuscire a dare il giusto supporto alle ambizioni dei capitani, come Roglic, Hindley e Martinez. Qui ci sono tanti giovani forti, mancava l’esperienza e io sento di essere nel posto giusto. Io  sento di aver accumulato tanto in questi anni, anche per questioni anagrafiche. 

Moscon sarà accanto ai capitani durante la stagione negli appuntamenti più importanti (foto Red Bull-BORA-hansgrohe/Max Fries)
Moscon sarà accanto ai capitani durante la stagione negli appuntamenti più importanti (foto Red Bull-BORA-hansgrohe/Max Fries)
Un ruolo importante…

Sì. So cosa posso dare e metterò tutto me stesso a disposizione dei miei compagni. I giovani mantengono delle ambizioni personali, com’è giusto che sia. Toccherà a me coordinare le varie energie e gestire la squadra. 

Hai parlato del mondo Sky, vedi qualche somiglianza in questo progetto?

Qualcuna sì. Vedo la stessa voglia di raggiungere il massimo, sia a livello di energie investite che di denaro. Tutto è volto al continuo miglioramento. Si respira anche la consapevolezza di non essere mai arrivati, ma che bisogna sempre crescere e perfezionarsi. Da questo punto di vista penso siano due squadre che non si fermano mai. Ogni corridore è chiamato a dare il meglio e tutti sono consapevoli di quale sia l’obiettivo. C’è una leggera pressione, ma tutti danno il massimo. 

Moscon ha corso l’ultima stagione alla Soudal Quick-Step ritrovando buone sensazioni
Moscon ha corso l’ultima stagione alla Soudal Quick-Step ritrovando buone sensazioni
E’ una caratteristica rara?

Quando si cambia squadra o azienda, se si è nel mondo del lavoro, non si trova sempre lo stesso modo di fare. Però si riconoscono le realtà che vogliono raggiungere il massimo. 

Questa “direzione” da seguire pensi ti sia mancata negli ultimi tre anni, da quando hai lasciato la Ineos?

Personalmente ho sempre avuto in testa quale dovesse essere il mio cammino, anche se quando manca il contesto è difficile avere il supporto. La Soudal Quick-Step è un grande team e ai corridori non manca nulla. Qui si vede che c’è tanto più personale rispetto alle altre realtà. Una cosa che deriva sicuramente dal budget superiore, ma anche dalle linee guida del team. Ora sento di avere un ruolo specifico, e di non dover essere contemporaneamente tre cose insieme. 

Moscon tornerà alla Tirreno-Adriatico, l’ultima volta fu nel 2022 in maglia Astana
Moscon tornerà alla Tirreno-Adriatico, l’ultima volta fu nel 2022 in maglia Astana
Pensi che questo equilibrio possa darti una mano anche a livello personale? Per tornare ai risultati che hai ottenuto quando eri in Ineos?

No. Per quanto riguarda me stesso nel 2024 ho fatto registrare valori pari a quelli del 2021. Solo che quattro anni fa bastavano 5,2 watt per chilo e si faceva la differenza. Ora con gli stessi valori non rimani nei primi. Per quanto fatto la scorsa stagione, se si parla di numeri, non ho nulla da invidiare alla mia ultima stagione in Ineos. 

Credi sia possibile tornare a quel tipo di risultati?

Se si parla di determinate gare magari ce la si può cavare con un po’ di visione di gara e di classe. Ad esempio alcune corse del Nord, però se si parla di Fiandre e Roubaix è difficile. Anche sui muri si parla di watt per chilo, e se non si hanno le gambe si può fare poco. In alcune corse minori ce la si può ancora giocare. La Roubaix, che è sempre stata la gara più imprevedibile, negli ultimi due o tre anni ha avuto poche storie. Se una squadra spacca il gruppo a 100 chilometri dall’arrivo o sei tra i primi oppure sei tagliato fuori. 

Tornando al presente sai già che calendario farai?

Partirò con la Valenciana, poi sarò in altura a preparare le prime Classiche di stagione. Farò la Strade Bianche, la Tirreno-Adriatico e la Sanremo. Da lì, insieme al team, tireremo una riga e capiremo se sarò più utile al Giro oppure al Tour de France.

La Tirreno di Ayuso vista con gli occhi di Baldato

15.03.2024
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La Tirreno-Adriatico vinta da Jonas Vigegaard ha lasciato pochi dubbi su chi sia stato il più forte. Il danese ha colto le occasioni, vinto e convinto sulle strade della Corsa dei Due Mari, agli avversari è rimasto poco o nulla. Uno dei più combattivi, insieme a Jay Hindley, è stato Juan Ayuso. Il giovane spagnolo, classe 2000, ha messo tutto se stesso sulle strade, provando a contrastare lo strapotere della Visma – Lease a Bike. In ammiraglia, al suo seguito, c’era Fabio Baldato, il diesse lo ha visto, ci ha parlato tutti i giorni. E’ il miglior interlocutore per tirare una somma finale rispetto alla corsa fatta da Ayuso. 

«Eravamo partiti con l’intenzione di fare bene – racconta Baldato che in questo momento si trova già in Belgio per le prossime corse – Ayuso ha fatto un avvicinamento promettente. Ha vinto in Francia alla Faun Ardeche, è arrivato secondo alla Drome Ardeche e poi terzo al Laigueglia. Insomma, che stesse bene si capiva».

Nella cronometro di Camaiore Ayuso ha massimizzato il vantaggio nei confronti degli avversari
Nella cronometro di Camaiore Ayuso ha massimizzato il vantaggio nei confronti degli avversari

Crono preparata

La prestazione a cronometro di Ayuso, sulle strade di Camaiore, dove ha preceduto Ganna per un solo secondo, ha stupito sì, ma non troppo. L’obiettivo del UAE Team Emirates era quello di partire forte fin da subito, andando a guadagnare il più possibile sugli avversari.

«Nella cronometro – afferma Baldato – volevamo guadagnare tempo, soprattutto su Vingegaard, infatti Ayuso ha fatto una prestazione perfetta. Farlo partire così presto era per evitare la pioggia, poi abbiamo avuto anche un po’ di fortuna. Le ultime gocce sono cadute proprio dieci minuti prima che partisse, quindi la strada non era così bagnata. Questo ha fatto la differenza, ha potuto spingere di più in curva, anche se il divario, minimo, con Ganna lo ha determinato il vento. Vincere è stata una piacevole sorpresa».

Il podio finale della Tirreno: Vingegaard ha regolato Ayuso e Hindley
Il podio finale della Tirreno: Vingegaard ha regolato Ayuso e Hindley
Per il resto com’è andata la Tirreno?

Come ci aspettavamo Vingegaard era di un altro livello, è un ragazzo che non si può sottovalutare. Noi abbiamo fatto la nostra corsa, fino a quando la maglia è stata in casa ci siamo presi le responsabilità, anche nelle tappe piatte. Nei primi quattro giorni ci siamo messi a controllare bene, tirando spesso il gruppo. 

Poi sono arrivate le salite.

Si è visto come Vingegaard sia di un altro pianeta, nella prima tappa dura (la quinta, ndr) Ayuso ha pagato un po’ di più. Mentre il giorno dopo, nella frazione con arrivo a Monte Petrano, ha tenuto più botta, perdendo solo 26 secondi. 

A quale livello si è presentato Ayuso?

Ha ancora margini di crescita, non ha preparato la Tirreno come un obiettivo principe, facendo quindi altura, casa e poi gara. Ma ha corso prima, quindi non si è risparmiato, come dimostrano i risultati. E’ arrivato in forma, ma non al top. Vingegaard arrivava dal Gran Camino, che aveva dominato. Mentre per Ayuso era la prima corsa a tappe. 

Ayuso ha raccolto tanti risultati di rilievo a inizio stagione qui al Laigueglia dove ha fatto terzo
Ayuso ha raccolto tanti risultati di rilievo a inizio stagione qui al Laigueglia dove ha fatto terzo
Vigegaard è andato davvero forte, vi spaventa anche in ottica futura?

Si tratta del miglior scalatore al mondo al momento, ma non siamo privi di soluzioni. Abbiamo una squadra forte, che può contrastarlo. Per come ne parlate sembra che Ayuso dovesse dare un minuto in salita a Vingegaard ma non può essere così. Il danese ha vinto due Tour, Juan è arrivato terzo in una Vuelta. Poi hanno due età diverse, Juan è giovane e di margini ne ha ancora tanti. 

Ayuso si è trovato spesso gomito a gomito con Hindley…

Quello è stato un confronto più confortante, dove il nostro ragazzo ha tenuto testa ad un corridore che ha vinto un Giro d’Italia. Noi abbiamo raccolto il massimo, secondo me, considerando anche le defezioni dell’ultimo minuto. 

Chi?

Nel piano originale avremmo dovuto portare Adam Yates, ma la caduta al UAE Tour ce lo ha impedito. Con lui, che avrebbe potuto provare a seguire Vingegaard in salita avremmo potuto fare una corsa diversa. Con un vantaggio numerico (Ayuso e Yates contro Vingegaard) avremmo potuto giocare diversamente. 

Al posto di Yates è venuto Del Toro, che ha fatto una grande prova.

Bisogna fargli una statua. Non è da tutti essere chiamati all’ultimo e farsi trovare pronti, soprattutto da così giovani. Ha dato una grande mano ad Ayuso, specialmente nella tappa di Valle Castellana dove ha tirato il gruppo inseguitore. 

Con Ayuso che bilancio avete fatto a fine corsa?

Ottimo. Con la Tirreno conclusa Ayuso è il corridore con il maggior numero di punti in questo momento. Poi da domani magari la classifica cambierà, però in un ciclismo che guarda anche i numeri è un ottimo segnale. Cresce e migliora, non serve mettere fretta, ci pensa lui stesso. 

In che senso?

Pretende tanto dalle sue qualità. E’ un vincente, vuole arrivare ed è convinto di poterlo fare. Ora Vingegaard è un gradino sopra, ma l’obiettivo di Ayuso è quello di salirlo.

Artuso alla Bora, alla guida di una “all star”

07.01.2023
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L’avventura di Paolo Artuso fra i diesse della Bora Hansgrohe è iniziata ormai già da oltre un paio di mesi. Il tecnico veneto si è già perfettamente integrato nei meccanismi del team tedesco. Team che parte per il 2023 con grandi obiettivi dopo aver portato a casa uno dei tre grandi Giri della scorsa stagione, la corsa rosa con la splendida cavalcata di Jai Hindley.

Artuso è entrato subito nel cuore del team: a lui sono stati affidati 6 componenti della squadra da seguire direttamente, poi si alternerà con gli altri diesse per le varie corse del calendario: «Abbiamo iniziato la preparazione già a ottobre con un primo ritiro sul ghiacciaio austriaco di Soelden, quello abitualmente teatro della prima gara di Coppa del Mondo di sci alpino. Quella è stata soprattutto un’occasione per conoscersi e gettare le basi della nuova stagione. Poi a dicembre abbiamo fatto due settimane di stage a Maiorca, fino al 21 dicembre (foto di apertura, ndr) e lì si è lavorato molto, sia su strada con lavori di fondo ma anche curando la tecnica su pista e svolgendo test di laboratorio».

Artuso insieme a Schachmann: il rilancio del tedesco è una delle sfide del tecnico italiano
Artuso insieme a Schachmann: il rilancio del tedesco è una delle sfide del tecnico italiano
Come vi siete regolati nella programmazione della stagione di ogni singolo atleta?

Questo è un aspetto che mi ha interessato molto. Sin dal primo ritiro abbiamo cercato di responsabilizzare al massimo ogni singolo componente del team, dicendogli di stilare un proprio calendario. Poi li abbiamo comparati cercando di accontentarli nella misura resa possibile anche dalle esigenze della squadra, In questo modo abbiamo stilato il 90 per cento del calendario 2023, poi naturalmente tutto andrà verificato in corso d’opera, ma ognuno ha una base su cui lavorare e ha visto molte delle sue aspettative accontentate.

Come mai una scelta così anticipata?

Questa programmazione è un aspetto molto importante perché ci consente di programmare i periodi di altura in relazione agli impegni di ognuno, posizionandoli nella maniera più conveniente e strutturando la preparazione in modo da portarli nella forma migliore quando serve.

Hindley si è convinto a puntare tutto sul Tour. Obiettivo un bel piazzamento nella corsa più prestigiosa
Hindley si è convinto a puntare tutto sul Tour. Obiettivo un bel piazzamento nella corsa più prestigiosa
Parliamo della programmazione di Hindley: l’australiano voleva difendere la sua maglia rosa al Giro, ma le caratteristiche del Tour sono più adatte a lui e quindi verrà indirizzato verso la Grande Boucle. L’australiano è convinto della decisione?

Non ci sono stati attriti. Anche Jai sa bene che il suo punto debole sono le cronometro e in tal senso la differenza fra i due percorsi è notevole. Capiamo il corridore, è normale voler provare a difendere il simbolo del primato, ma sappiamo che su quel percorso ci saranno corridori più forti e attrezzati. Hindley andrà al Tour sapendo di non essere il favorito e di correre per la prima volta in una gara che è diversa da tutte le altre. Dovrà fare esperienza e magari puntare a un obiettivo plausibile: arrivare nei primi 5 sarebbe per lui un grande risultato considerando la sua costanza nell’arco delle tre settimane.

La Bora Hansgrohe mantiene quindi una conformazione specifica per le corse a tappe, sulla falsariga della Ineos…

Il team aveva fatto questa scelta un paio d’anni fa ponendosi come obiettivo vincere un grande Giro nell’arco di un quadriennio. Ha raggiunto già al primo anno e questo dimostra come la strada intrapresa all’indomani dell’addio al team di Sagan sia quella giusta. La stagione scorsa è stata davvero ottima, ma la fame di successi è aumentata.

Il trionfo mondiale di Herzog: il giovane tedesco è stato affidato ad Artuso per la preparazione
Il trionfo mondiale di Herzog: il giovane tedesco è stato affidato ad Artuso per la preparazione
La sensazione però è che questo progetto sia profondamente radicato. Anche nella filiera giovanile ci sono corridori che sembrano costruiti per le prove a tappe, come lo stesso campione del mondo junior Herzog.

Tra l’altro curerò io il tedesco. E’ un ragazzo fortissimo fisicamente ma ha profondi margini di miglioramento. Essendo naturalmente acerbo, deve arrivare al top senza fretta. Con i giovani bisogna lavorare con calma, senza esasperazioni. Questo per lui sarà il primo anno da U23, molto cambierà rispetto alla sua passata stagione e non deve avere l’ansia di strafare. Ha tutto il tempo per crescere.

Quali sono i corridori che ti sono stati affidati?

Innanzitutto Jungels, che arriva nel team e che ho subito visto essere un fenomeno. Ha avuto molti problemi fisici che ha finalmente risolto, io dico che deve solo ritrovare l’abitudine alla vittoria. Lui è l’uomo giusto per centrare grandi successi in linea. Poi c’è Buchmann, corridore che dopo un 2022 opaco va recuperato perché ha grandi potenzialità nelle corse a tappe. Anche Schachmann viene da una stagione fisicamente complicata, io voglio riportarlo ai suoi livelli, quelli che gli hanno permesso di lottare per grandi vittorie. Ho poi Konrad, austriaco che ha vinto poco ma ha grandi mezzi: lui è abituato a lavorare per gli altri, si sacrifica molto ma io dico che è un jolly e può anche sorprendere in prima persona. Infine ci sono Bennett, che alla Vuelta è tornato a svettare, e Koretzky, il giovane biker francese anche lui nuovo acquisto. E poi come detto Herzog come “aggiunta”.

Su Konrad Artuso ha le idee chiare: l’austriaco dovrebbe mirare più in alto
Su Konrad Artuso ha le idee chiare: l’austriaco dovrebbe mirare più in alto
Sembra veramente una “all star” per le corse a tappe quella che hai in mano, ma non si può non notare che non ci sono italiani…

I giovani interessanti ci sono anche in Italia, devono solo trovare il giusto spazio. Da noi ad esempio Aleotti ha davvero bei numeri, al Giro la sua presenza è stata fondamentale e sta crescendo nella maniera giusta. Anche Fabbro in salita è uno che dice la sua. I giovani ci sono: io vengo dalla Bahrain Victorious e lì ho potuto vedere di persona gente come Milan e Zambanini siano due ragazzi dalle potenzialità enormi. Bisogna solo stare attenti a non guardare sempre e solo i risultati, che non dicono tutto. Ogni anno è a sé. Magari questo sarà un anno ciclisticamente più azzurro.

Evans all’IBF: tra gravel, grandi Giri e il mondiale australiano

10.09.2022
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Nella confusione del paddock di Misano Marittima dove si sta svolgendo l’Italian Bike Festival, spunta un volto conosciuto: è quello di Cadel Evans. L’ex corridore australiano è nello stand BMC, a testare bici gravel con il sorriso di sempre. Evans ha smesso di correre nel 2015 proprio con il BMC Racing Team ed è rimasto nel panorama del brand svizzero. L’occasione di avere davanti una personaggio del suo calibro è ghiotta e ne approfittiamo.

Cadel Evans in questi giorni si sta divertendo a pedalare con la bici Kaius, soggetto di un nostro recente test
Cadel Evans in questi giorni si sta divertendo a pedalare con la bici Kaius, soggetto di un nostro recente test
Cadel, che cosa stai facendo ora?

Continuo il mio lavoro di brand ambassador, questa all’Italian Bike Festival è una delle prime esperienze che faccio dopo la chiusura dovuta al Covid. Sono contento di ritrovare tante persone che conosco da molti anni, è bello essere qui senza mascherina (dice ridendo, ndr) fare delle prime prove di bici è divertente. Pedalo con vecchie conoscenze (dietro di lui passa proprio Alessandro Ballan, altro ambassador BMC, ndr).

Ti sei votato al gravel ora?

Mi piace moltissimo, da quando ho smesso di correre faccio solo quello. Ho unito la mia passione per il fuori strada e la fisionomia delle bici da corsa.

Ci sarà anche il mondiale ad ottobre…

Sì. Un gran bell’evento, peccato non essermi preparato prima per correre e provare a vincerlo (ci dice con un sorriso malizioso, ndr).

Dal 2023 tornerà la Cadel Evans Great Ocean Road Race, gara del calendario WT (foto sito ufficiale)
Dal 2023 tornerà la Cadel Evans Great Ocean Road Race, gara del calendario WT (foto sito ufficiale)
Come ti trovi qui a Misano?

In 5 minuti sono entrato ed ho trovato 5 o 6 ex corridori professionisti. Anche mentre parcheggiavo la macchina, ho incrociato Bettini che mi ha consigliato un buon parcheggio (ride ancora, ndr). E’ incredibile perché ritrovo gente che conosco da quando correvo in mountain bike da junior, è divertente andare in queste fiere internazionali è trovare ancora le stesse persone. Ho tenuto un bel rapporto per fortuna!

Hai seguito ultimamente le gare?

Sì, seguo ancora molto. Certo, ora sono dalla parte dei tifosi, esco qualche volta con alcuni professionisti che abitano vicino a me. La mia corsa, la “Cadel Evans Great Ocean Road Race” ricomincia a gennaio del 2023 e stiamo lavorando sodo.  

Hai visto il Tour de France?

Certo, è stato molto bello, direi entusiasmante. Si è visto un po’ di tutto: sfortuna, cadute, attacchi, il crollo di Pogacar, che sembrava essere Superman ed invece si è scoperto umano. E’ stato molto bello anche per il movimento del ciclismo. Vingegaard ha corso in maniera molto intelligente, calcolando tutti gli sforzi.

La bellezza dell’ultimo Tour de France non ha lasciato indifferente l’ex corridore australiano, vincitore della Grande Boucle nel 2011
La bellezza dell’ultimo Tour non ha lasciato indifferente l’ex corridore australiano
La Jumbo Visma ha fatto un bel passo in avanti…

Negli anni scorsi ha investito molto ed ora tutto questo ha iniziato a pagare. E’ stato bello anche il momento della stretta di mano dopo la caduta di Pogacar tra lui e Jonas, una scena di ciclismo antico. 

Ed Evenepoel alla Vuelta?

Sta andando fortissimo, è impressionante. Tutti pensavano che che potesse crollare l’ultima settimana, ma per il momento resiste ancora in maniera solida (ieri, tappa 19 la corsa era ancora in mano al belga, ndr). Anche nella tappa dove è arrivato dietro Meintjes, la numero nove, è stato impressionante. Roglic era in crescita, ma non è andato come ci si aspettava, poi ha avuto l’ennesima sfortuna. Non so se va al mondiale, ma con la gamba che ha direi proprio che ci sarà (esclama con un mezzo sorriso, ndr), io lo porterei.

La resistenza di Evenepoel ha sorpreso tutti, anche Evans, il belga arriverà con morale e condizione al mondiale australiano
La resistenza di Evenepoel ha sorpreso anche Evans, il belga arriverà con morale e condizione al mondiale
I mondiali saranno in Australia, a casa tua, bello, no?

Soprattutto per il ciclismo in Australia, visto che per due anni non abbiamo avuto corse internazionali a causa del Covid. Spero che per il ciclismo australiano possa essere un bel modo per ricominciare con continuità e che i corridori possano tornare nel mio Paese. 

Andrai a vederlo?

Sì, sì. Partirò giovedì prossimo e sarò lì la settimana prima della corsa, come testimonial del mondiale. Penso che avrò un ruolo di riferimento per la stampa, vado con gran piacere a vederlo. 

Hindley, australiano anche lui, ha vinto il Giro quest’anno…

Sembrava potesse vincerlo nel 2020, ma poi ha perso il primo posto a favore di Geoghegan Hart. Nel 2021 ha avuto un anno di sfortuna e difficoltà, ma ha sempre lavorato per migliorare e quest’anno ha preso la sua rivincita

Anche la Bora è cresciuta tanto.

Hanno lavorato tanto ed investito altrettanto, adesso hanno cambiato modo di correre, passando da una squadra veloce ad una da salita. Si pensava che potesse ripartire, con convinzione, il movimento australiano, ma poi al Tour Haig e O’Connor hanno avuto qualche difficoltà.

Hai visto il percorso del mondiale?

Sulla carta, ma vorrei fare una ricognizione, è un anno che non vado a pedalare nella zona di Wollongong. Vederlo su una mappa è diverso, le strade in Australia sono larghe, quindi potrebbe uscire una corsa meno nervosa del previsto. Da quel che si legge molte nazionali stanno facendo una squadra vicina agli scalatori. 

Il profilo del mondiale di Wollongong risulta impegnativo, ma la larghezza delle strade potrebbe aiutare a rendere la corsa meno nervosa
La larghezza delle strade potrebbe aiutare a rendere meno nervoso il mondiale di Wollongong
Poi ci sarà Van Aert

Lui è una bel punto di domanda, nel senso della forma. Se sta bene, vince in salita, sugli Champs Elysees, insomma, sembra invincibile. 

Come saranno il pubblico e il clima di questo mondiale?

La voglia degli australiani di vedere questo mondiale è alta. Non abbiamo la tradizione ciclistica europea, ma siamo in grande attesa. Ora da noi si esce dall’inverno, penso che ci sarà un clima abbastanza mite, vedremo, manca sempre meno!

La campagna marketing BOA Fit System emoziona

21.06.2022
3 min
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“Lo sentite…?”. E’ questo lo slogan ad effetto che caratterizza la campagna marketing 2022 di BOA: un vero e proprio inno di energia esplosiva che da qualche settimana sta occupando i canali social ufficiali e non solo del notissimo brand americano.

Il video della stessa campagna, che potete vedere nel seguito in questo approfondimento, fa difatti riferimento al caratteristico e inconfondibile suono del rotore che si connette ai precisi micro-aggiustamenti di “fit” per conferire all’utilizzatore vantaggi in termini di performance, agilità, potenza ed estrema precisione nella calzata. 

Con la Bora-Hansgrohe

BOA, che quest’anno ha conquistato il Giro d’Italia con Jai Hindley, essendo partner e fornitore ufficiale del team WorldTour tedesco Bora Hansgrohe, è una realtà aziendale nata in Colorado, nel bel mezzo delle Montagne Rocciose, appena nel 2001. Con il proprio, rivoluzionario sistema di calzata ad alte prestazioni, BOA ha in questi vent’anni di attività sul mercato letteralmente trasformato il modo in cui prima gli snowboarder, e poi i ciclisti, utilizzano i propri scarponi e le loro calzature.

Il rivoluzionario e brevettato Fit System, vincitore tra l’altro di numerosi premi, è oggi integrato, rappresentando un vero e proprio valore aggiunto, sui prodotti delle migliori marche di calzature da ciclismo in circolazione: con l’obiettivo dichiarato di rendere lo stesso equipaggiamento ancora migliore in termini di performance. Le soluzioni sempre più innovative ideate da BOA sono progettate per permettere agli utenti di godere di una calzata precisa e su misura, senza disperdere inutili sforzi. Che si tratti di praticare snowboard sulle vette del Colorado, oppure di “macinare” chilometri e salite al Tour de France, BOA rappresenta un alleato validissimo per raggiungere prestazioni realmente al top.

La storia di BOA Fit System è iniziata nel lontano 2001
La storia di BOA Fit System è iniziata nel lontano 2001

Tutto inizia nel 2001

Fondata nel 2001 da Gary Hammerslag, snowboarder, surfista, imprenditore… un vero e proprio pioniere visionario, BOA ha intuito nel corso dei primi anni di attività quanto fosse possibile migliorare la calzata e le prestazioni dei sistemi di chiusura degli scarponi da snowboard. Come? Semplicemente applicando degli elementi relativi a quanto lo stesso fondatore aveva sviluppato in campo medico, e poi studiando a fondo come fosse possibile migliorare le prestazioni dei propri scarponi.

Dopo numerosi test, e svariati prototipi, si giunse alla nascita del Fit System, che cominciò a garantire una calzata più veloce, più facile e più precisa. L’energia e la convinzione di Gary attrassero i primi due partner – K2 e Vans – e nel 2001 stesso furono lanciati i primi scarponi da snowboard…

Oggi, i partner di BOA sono oltre 300, ed il Fit System è utilizzato in milioni di scarponi, caschi, scarpe da ciclismo e altro equipaggiamento ad alte prestazioni in tutto il mondo.

BOA

Ma quale meteora, per Gasparotto Hindley andrà forte

29.01.2022
5 min
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Jai Hindley, 25 anni da Perth, Australia, secondo al Giro d’Italia 2020. Lo scalatore adesso alla Bora-Hansgrohe aveva stupito tutti in quella particolare edizione autunnale della corsa rosa.

Sembrava lanciatissimo verso tanti altri successi. Ecco l’ennesimo ragazzino rivelazione. Poi però qualcosa si è inceppato. 

Lo scorso anno il suo rendimento è stato decisamente più basso. C’è chi dice fosse troppo magro, chi avesse pagato lo scotto di aver perso il Giro nella crono, fatto sta che Jai ha rincorso la condizione tutto l’anno e quando stava iniziando ad andare meglio ecco la rottura della clavicola. 

Ma i corridori sono tosti, Hindley (nella foto di apertura Veloimage) non è da meno e il suo diesse, Enrico Gasparotto, ce lo conferma. 

Hindley Giro 2020
Crono di Milano, Hindley ha appena perso il Giro 2020. Partì in rosa con pochi decimi di vantaggio su Geoghegan Hart
Hindley Giro 2020
Crono di Milano, Hindley ha appena perso il Giro 2020. Partì in rosa con pochi decimi di vantaggio su Geoghegan Hart

La forza della sua storia

Il Gaspa è approdato questo inverno al team tedesco, come Jai del resto. Il friulano ha avuto modo di osservare da vicino l’australiano e di conoscerlo.

«Durante i ritiri – racconta Gasparotto – ho conosciuto bene la sua storia. Una storia incredibile. Il fatto che questo ragazzo lasciasse casa sua per venire a fare il corridore in Italia mi ha davvero colpito, non è stata una cosa da poco. Credetemi che non è facile partire dall’altra parte del mondo, dove tra l’altro le cose funzionano bene, per passare in una squadra a conduzione familiare come l’Aran Cucine di “Umbertone” (Umberto Di Giuseppe, ndr). Ci vuole coraggio e questo la dice lunga sul suo carattere e la sua condizione. Già solo per questo lo ammiro molto, Jai è un coraggioso e sa quel che vuole».

Gasparotto parla dell’inseguire il sogno. Dall’Australia all’Italia non è come andare dalla Sicilia alla Toscana: «Se lo fai è perché sei convinto. Pensate che Jai a causa del Covid non vede la sua famiglia da due anni. 

«Doveva andare nei primi giorni di febbraio. Sembrava che l’Australia avesse dato qualche apertura in più ma invece niente. Tutto rimandato. Per fortuna che qui ha la sua ragazza. Immagino sia stata una bella botta morale, anche se lui non lo dà a vedere».

Per Gasparotto Hindley ha svolto una buona preparazione col suo nuovo team (foto Instagram Veloimages)

Per Gasparotto Hindley ha svolto una buona preparazione col suo nuovo team (foto Instagram Veloimages)

L’amico Kelderman 

Gasparotto parla poi di un Hindley davvero disponibile e tranquillo. Si è integrato bene nel nuovo team e il Giro d’Italia è già forte nei suoi pensieri. Anche se non è facile giudicare adesso quando tutto va bene: «Ottimo ambiente, preparazione svolta senza intoppi e quasi sempre con un ottimo meteo… insomma senza stress. E’ in gara che si possono dare poi dei giudizi. Poi lui è davvero attento e volenteroso e come tutti i giovani di oggi devi quasi fermarli»

«Jai  – dice – è un ragazzo che ascolta molto e non un principino. Sa rispettare i ruoli. Per esempio ho sentito che con Wilco (Kelderman, ndr) non andasse d’accordo dopo il Giro 2020, invece sono in sintonia e quel Giro non ha lasciato strascichi. Evidentemente tra loro due le cose erano chiare. Quando Jai ha firmato anche Wilco è stato contento».

«Hindley è nel gruppo del Giro dove sarò presente anche io – spiega Gasparotto – ma non è uno degli atleti sotto il mio diretto controllo. In ogni caso siamo una squadra, c’è sempre una grande condivisione d’informazioni. Abbiamo già fatto dei meeting per la corsa rosa e lui ha mostrato un grande entusiasmo. Non vede l’ora di tornare e di mettersi alla prova».

Jay Hindley, Wilco Kelderman, MAdonna di Campiglio, Giro d'Italia 2020
Hindley e Kelderman: l’azione di Jay sullo Stelvio mise in difficoltà l’allora capitano Wilco
Jay Hindley, Wilco Kelderman, MAdonna di Campiglio, Giro d'Italia 2020
Hindley e Kelderman: l’azione di Jay sullo Stelvio mise in difficoltà l’allora capitano Wilco

Ma quale meteora

Però la domanda che in molti si chiedono è: ma Hindley è davvero forte o si è trattato di una meteora? La sua prestazione è stata figlia di un Giro particolare?

«Jai sta bene, è ad un buon punto con la condizione. Chiaro che un Giro ad ottobre è particolare, ma uno non lotta per la vittoria per caso. Significa che il motore c’è. Chi ha dei dubbi è superficiale. E non a caso la nostra idea è di mettergli attorno una squadra che possa aiutarlo a confermarsi». 

«Poi è chiaro che un giovane possa avere delle difficoltà, soprattutto se deve riconfermarsi subito. Ci mette del tempo a processare la sua dimensione. Questo tempo è passato e noi vogliamo portarlo al Giro nel massimo delle condizioni».

Nei ritiri spagnoli in Bora hanno lavorato molto anche sulla crono (foto Instagram Veloimages)
Nei ritiri spagnoli in Bora hanno lavorato molto anche sulla crono (foto Instagram Veloimages)

Tre punte al Giro

«Abbiamo tre capitani al Giro. Oltre ad Hindley ci saranno anche Buchmann, quarto al Tour 2019 e che ha perso il podio solo per pochi secondi, e ci sarà appunto Kelderman che è stato terzo al Giro, quarto alla Vuelta e quinto al Tour. Insomma tutti e tre hanno già performato nelle grandi corse a tappe: vogliamo unirli per fare qualcosa di grande.

Gasparotto dice che per Hindley è stato rivisto il suo calendario. Col fatto che ci sono stati dei rimescolamenti a causa di alcune positività al Covid e che non deve più andare in Australia salterà le gare majorchine. Di certo farà l’UAE Tour (20-26 febbraio, ndr) e prima un’altra corsa a tappe

Tao Geoghegan Hart, Jay Hindley, Sestriere, Giro d'Italia 2020

Sestriere chiama, «Teo» risponde

24.10.2020
4 min
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Lo stesso pezzo, una settimana dopo Piancavallo, per raccontare Tosatto e il suo «Teo», perché così il grande veneto chiama il gallese che ha appena vinto la tappa di Sestriere e così continueremo a scriverlo per tutto il pezzo. Il loro dialogo è un ideale botta e risposta che la dice lunga sul clima in casa Ineos-Grenadiers. Sul morale sprofondato dopo la caduta di Thomas e poi piano piano risalito fino a sfiorare un bersaglio pieno che era impossibile anche solo da immaginare.

Tutto previsto

Toso è sempre senza voce e forse se infilasse una felpa sopra quella t-shirt grigia avrebbe qualche chance di ritrovarla.

«A Piancavallo non si poteva dir nulla – dice Tosatto – avevamo vinto la tappa, ma mancava una settimana. Sono cambiate delle cose, soprattutto nella gerarchia in casa Sunweb. Noi abbiamo fatto una cosa molto importante nella tappa dello Stelvio, abbiamo preso fiducia e oggi abbiamo fatto quello che ci eravamo prefissati ieri sera e stamattina. Domani partiamo a Milano con lo stesso tempo del vincitore e vediamo come va a finire».

FIlippo Ganna, Rohan Dennis, Sestriere, Giro d'Italia 2020
Una scodella di riso per Ganna e Dennis prima di partire per Milano
FIlippo Ganna, Rohan Dennis, Sestriere, Giro d'Italia 2020
Ganna e Dennis, tappa finita da poco

Essere felici

«Teo» è sfinito e va di fretta, perché fuori lo aspetta il furgone nero diretto da Sestriere a Milano.

«Devi pensare che nella vita tutto è possibile – dice – ma non me l’aspettavo. Sono piuttosto felice di come sia andata la gara. Il ciclismo è cambiato molto negli ultimi due anni. Il 2020 è stato davvero un anno molto strano e il Tour lo ha confermato. Si sono fatti molti ragionamenti su quale sia stata la miglior preparazione, ma la verità è che la differenza alla fine l’ha fatta l’equilibrio di noi corridori. La capacità di essere felici. Stare in famiglia e stare bene mentalmente mi ha aiutato a superare il periodo di lockdown».

Stiamo calmi

Tosatto fischia a Puccio che arriva al pullman, guarda in strada se nel gruppetto ci sia uno dei suoi e poi torna a parlare.

«Teo ha preso morale a Piancavallo – dice – però c’era ancora un bel distacco. La cosa che mi ha stupito è che non è cambiato in niente. Io continuavo a dirgli: “Teo stiamo calmi, siamo là, se finiamo il Giro nei primi 5 è un ottimo risultato per noi”. Poi abbiamo cominciato a pensare al podio e stasera penseremo ad altro. Ci gustiamo la vittoria di oggi, che è la sesta di questo Giro…».

Per “Nico”

«Teo» trattiene il fiato, il pensiero vola lontano e ad ascoltarlo viene il magone, perché forse non c’è niente di casuale nella vita.

«Penso ancora a Nico (Nicolas Portal, tecnico della Ineos-Grenadiers, scomparso per un infarto il 3 marzo 2020, ndr), il vero riferimento della squadra. Con lui ho fatto il Giro e la Vuelta del 2019 e abbiamo passato parecchio tempo insieme ad Andorra. Nico mi ha fatto credere in me stesso. Anche al Giro l’anno scorso stavo andando molto male e lui non ha mai smesso di sostenermi. E’ stato tremendo essere al suo funerale e ora è un ricordo speciale, una spinta a tenere duro».

Rohan Dennis, Tao Geoghegan Hart, Jay Hindley, Sestriere, Giro d'Italia
Il gran lavoro di Rohan Dennis sulla salita finale
Rohan Dennis, Tao Geoghegan Hart, Jay Hindley, Sestriere, Giro d'Italia
Il gran lavoro di Dennis nel finale

Svolta Stelvio

Toso prende fiato e ripassa mentalmente gli ultimi giorni, in cui la storia del Giro è cambiata

«La tappa dello Stelvio – dice – è stata la vera botta di morale, la risposta che volevamo per vedere come stavano i ragazzi. Abbiamo finito tutti in crescendo tutti, dal primo all’ultimo. Sapevo che Teo poteva vincere a Sestriere. Ai Laghi di Cancano ha vinto Hindley, ma ha tirato sempre Teo. Qui ha corso da corridore navigato ed è andata bene».

Thanks Rohan

«Teo» prima di andare ha un ultimo ringraziamento per il corridore che prima sullo Stelvio e poi verso Sestriere lo ha preso per mano e l’ha supportato con l’autorita dei grandi campioni.

«Quello che ha fatto negli ultimi giorni Rohan Dennis – dice e poi saluta – si descrive da sé. E’ stato incredibile, una macchina. Super concentrato nel lavoro, uno spettacolo da vedere. E’ entrato in servizio sullo Stelvio e oggi ho capito il privilegio di avere un due volte campione del mondo che lavora per me».

Domani l’aiuto di Dennis gli sarà prezioso per i consigli che potrà dargli. Prima l’australiano tenterà di vincere la sua sfida personale contro Ganna e alla fine entrambi saranno lì a tifare per il compagno goloso di crostate che stasera si è fermato a un passo dal cielo.

Jay Hindley, 2015, Aran Cucine

Il 2015 di Hindley a casa di Umbertone

23.10.2020
4 min
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Jay Hindley e Umbertone, ma non è il titolo di un film. L’australiano vincitore della tappa ai Laghi di Cancano arrivò a Cappelle sul Tavo alla vigilia della stagione 2015. Un australiano che vive in Italia, tale Robert Petersen grossista nel campo della sanitaria, parlò di lui con Umberto Di Giuseppe, 73 anni, figura di riferimento del ciclismo abruzzese e tecnico della Aran Cucine.

Umbertone, così lo chiamano da sempre. Anche se da quando il cuore gli ha mandato l’ultimo avviso, il punto vita si è sfinato e si potrebbe tornare a chiamarlo Umberto. Quella che non è mai cambiata invece è l’inconfondibile voce roca, che ha incitato, sgridato, motivato, blandito e punzecchiato generazioni di corridori. Un uomo grande e buono che non ha famiglia e per questo ha sempre considerato i corridori come figli. Masciarelli padre e figli. Rabottini padre e figlio. Caruso che prese l’argento ai mondiali giapponesi del 1990. E di recente Einer Rubio, vincitore del tappone del Passo Fedaia al Giro d’Italia U23 dello scorso anno e ora pro’ con la Movistar.

Immaginare il giovane australiano con il burbero abruzzese strappa il sorriso e allora lo abbiamo chiamato per farci raccontare la storia di Jay Hindley in Abruzzo.

Umbertone sulla sua ammiraglia in una foto di qualche anno fa (foto Scanferla)
Umberto Di Giuseppe (foto Scanferla)
In che modo arrivò Hindley?

C’era questo signore australiano. Me ne parlò e me lo propose. Io ero sempre in contatto con Shayne Bannan, che è stato manager della nazionale e poi della Mitchelton-Scott. Anche lui ha corso per me. Tre anni assieme a Mike Turtur, che ora organizza il Tour Down Under. E d’accordo con Shayne creammo un programma per Jay.

Dove andò a vivere?

Abitava a casa mia. E si vide subito che non era un perditempo. Sapeva il fatto suo e sapeva anche fare la vita. A me piaceva andare spesso al ristorante e invece certe volte si imputava e diceva che avremmo mangiato a casa. E si metteva a cucinare.

Perdona la curiosità: in che lingua parlavate?

Ieri sera Luciano Rabottini, che conduce un programma sul ciclismo in una televisione privata, TvSei, ha fatto rivedere un’intervista. E c’è Jay che diceva: «Io non parlo italiano, parlo l’Umbertano». E mi faceva il verso, imitando anche la voce rauca.

Quindi Hindley è stato per un anno a casa tua?

Una stagione intera, poi siamo rimasti sempre in contatto. Sia quando è venuto con la nazionale, poi con la squadra continental nella quale passò. Lui voleva diventare subito professionista, ma Shayne gli disse di fare prima un anno nella continental e poi l’avrebbe messo alla Scott. In realtà lui ha fatto uno stage con la Mitchelton e poi si è trovato il posto alla Sunweb.

Sa cucinare sul serio?

Le cose base sa farle. Jay non mangia pesce e così, quando tornavamo dalle corse e andavamo al ristorante, mentre gli altri ordinavano pesce, lui chiedeva la chitarra teramana: degli spaghettini sottili di cui era molto goloso. E così il padrone del ristorante gli preparava non una sola porzione, ma due piatti abbondanti che lui mangiava con gusto.

Quando l’hai visto per l’ultima volta?

Sono andato da lui a San Benedetto del Tronto, alla Tirreno-Adriatico, e gli ho chiesto come stesse. Lui ha risposto che stava bene, ma sorridendo ha aggiunto che come si mangiava alla Aran… Allora gli ho fatto vedere una foto e lui si è ricordato il nome di Adolfo, il titolare del ristorante.

Si vedeva che fosse forte?

Era evidente. Il giorno prima del tappone del Giro d’Italia U23 a Campo Imperatore, nel 2017, gli ho detto che avrebbe vinto e così andò. Primo lui e secondo il compagno Hamilton. Nel 2015 ha fatto Capodarco e arrivò 26°. Mi guardò e disse che l’anno dopo l’avrebbe vinto. E così fece. Per me è un corridore vero.

Come si inserì a casa tua?

Si è fatto voler bene. E’ un ragazzo in gamba. Mi prendono in giro che mi sono innamorato, ma quando vedi che un ragazzo è educato e gentile e ha le qualità…

Tao Geoghegan Hart, Jay Hindley, Laghi di Cancano, Giro d'Italia 2020
Hindley ha sofferto per non aver potuto dare cambi a Geoghegan Hart
Tao Geoghegan Hart, Jay Hindley, Laghi di Cancano, Giro d'Italia 2020
Da Hindley zero cambi a Geoghegan Hart
Ma questo Hindley non ha proprio difetti?

Gli dicevo che in corsa lavora troppo. Non è di quelli che sfrutta il lavoro degli altri. Al primo Giro delle Marche, appena arrivato, cominciò subito a lottare per il gran premio della montagna. E io gli dicevo di calmarsi. I risultati che ottiene se li guadagna, non sfrutta il lavoro degli altri. Conoscendolo, ieri gli sarà costato non dare cambi a Geoghegan Hart.

E’ stato corretto…

Qualcuno dice che hanno sbagliato a non tenerlo con il leader, ma dopo quello che ha fatto a Piancavallo non possono esserci dubbi sulla sua lealtà. Poteva vincere benissimo e prendere dei minuti.

In Abruzzo lo ricordano ancora?

Il giorno di Roccaraso gli abbiamo messo gli striscioni in un paesino prima dell’arrivo e il telecronista ha detto che erano arrivati i tifosi dall’Australia. A Montesilvano abbiamo messo un cartello con la sua fotografia. Quel giorno è partito all’ultimo chilometro e ha guadagnato su Nibali. E’ uno che lavora.

Perché adesso puntate sui colombiani?

Non è facile fare la squadra nel Centro Sud, soltanto per i viaggi si spende una fortuna. L’anno scorso volevamo vincere il Giro dei dilettanti e per farlo abbiamo preso Rubio. Abbiamo fatto l’unione con Donato Polvere e la Vejus, ma siamo sempre una squadra abruzzese. Anche se in televisione la raccontano sempre in modo diverso. Con Rubio il Giro lo abbiamo sfiorato, ma chissà che a questo punto non si vinca prima il Giro dei grandi con quel piccolo australiano…

Fausto Masnada, Madonna di Campiglio, Giro d'Italia 2020

Masnada, un gigante accanto a Joao

21.10.2020
3 min
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Fausto Masnada ha 26 anni e alla Deceuninck-Quick Step c’è arrivato il 18 agosto e subito gli hanno detto che avrebbe fatto parte della squadra del Giro d’Italia, con Remco Evenepoel e Fabio Jakobsen. Per questo il bergamasco ha partecipato ai vari raduni con Bramati, ma forse neppure lui avrebbe immaginato che il suo ruolo sarebbe stato così cruciale accanto a Joao Almeida. Anzi, a un certo punto, perso il fenomeno belga, non avrebbe neppure immaginato che in squadra sarebbe arrivata la maglia rosa.

Jay Hindley, Wilco Kelderman, MAdonna di Campiglio, Giro d'Italia 2020
La Deceuninck-Quick Step correrà controllando il duo della Sunweb
Jay Hindley, Wilco Kelderman, MAdonna di Campiglio, Giro d'Italia 2020
Domani controlleranno il duo della Sunweb

Lo raggiungiamo al telefono ed è appena arrivato in hotel. Oggi per fortuna le distanze sono esigue e i corridori hanno presto trovato rifugio.

«Sono stanco – dice – ma l’importante è avere la maglia rosa. E’ gratificante, tutti hanno voglia e grinta. In squadra c’è una bella atmosfera. Abbiamo fatto i due riposi con la maglia e questo ha creato uno splendido rapporto con lo staff».

Sembra facile, ma non lo è. L’arma segreta dello squadrone di Patrick Lefevere è Davide Bramati, pure lui bergamasco.

«La mattina – sorride Masnada – si parte con la riunione tecnica e tattica, si vede che c’è dietro un grandissimo studio proprio da parte del Brama. Poi però la corsa comincia e allora viene fuori la sua vera indole. Non smette mai di parlare, ci motiva, ci rincuora, dà informazioni. E a me piace averlo accanto così».

Per il Giro Fausto si è preparato bene, con la motivazione che ti deriva dal cambio di squadra e dall’essere incluso in un progetto così ambizioso.

«Ho fatto i ritiri – ammette – e l’unico che ho perso è stato proprio quello in cui sono andati a provare lo Stelvio. Ma l’ho già fatto. Una volta la scorsa estate e poi un’altra volta in passato. Non lo conosco a memoria, ma so di cosa si tratta. Obiettivamente però vedo peggio la discesa della salita. In cima la notte ghiaccia, la vedo pericolosa e personalmente non avrei fatto lo Stelvio. Ma se sono certi che si possa fare, noi siamo pronti».

Fausto Masnada, Imola 2020
Masnada è stato azzurro ai mondiali di Imola
Fausto Masnada, Imola 2020
Masnada è stato azzurro ai mondiali di Imola

Essere pronti significa correre in difesa, tenendo anche in considerazione che la tappa dell’Agnello è stata rivista e ammorbidita per i problemi di Covid in Francia e che la cronometro di Milano per Almeida resta comunque un’arma in più.

«Correremo sulla difensiva – conferma – rispondendo a Kelderman, che è il più vicino. Gli altri sono a tre minuti, si possono gestire diversamente. E il mio ruolo sarà anche domani quello di stare vicino ad Almeida il più possibile, dovrò provare a tutti i costi e sono d’accordo nel farlo. Questo ragazzo sta stupendo tutti. E’ arrivato al Giro da sconosciuto ed è da 14 giorni in maglia rosa. Sembra professionista da 4 anni, per come è determinato e si muove. Per come sa gestire la squadra. Sa davvero il fatto suo. E a questo punto aiutarlo è diventata la nostra missione».