Lo scorso mese di ottobre, esattamente il giorno dopo la quarta vittoria consecutiva al Lombardia da parte di Pogacar, abbiamo avuto l’opportunità di essere ospiti di Lechler, azienda comasca leader nella produzione di prodotti vernicianti. Motivo dell’invito l’ufficializzazione dell’accordo che avrebbe visto Lechler “colorare” anche per il biennio 2025-2026 le biciclette dell’attuale Team Polti-VisitMalta. L’accordo prevedeva anche che il marchio Lechler fosse presente sulle bici Aurum del team, una novità assoluta nel mondo del ciclismo professionistico (foto apertura Maurizio Borserini).
Lechler ha siglato un accordo biennale con il team di Basso e Contador (foto Maurizio Borserini)Lechler ha siglato un accordo biennale con il team di Basso e Contador (foto Maurizio Borserini)
Colorazione speciale
In occasione del debutto stagionale del Team Polti VisitMalta, avvenuto lo scorso 24 gennaio in Spagna alla Camp de Morvedre, la formazione voluta da Ivan Basso e Alberto Contador ha gareggiato in sella al modello Magma, il top di gamma di Aurum, che presentava una colorazione speciale. Un mix di estetica e performance frutto del “Progetto Colore” di Lechler.
Alessandra Damaschino, Marketing Communication Manager di Lechler, ha spiegato con queste parole in cosa consista il “Progetto Colore” dell’azienda comasca: «Progettare un colore è diverso da scegliere un colore che già esiste: è un processo di creazione che deve tenere conto del contesto, della storia, della forma dell’oggetto e delle emozioni che esso deve evocare. Lo scorso anno abbiamo accompagnato il team nella colorazione delle biciclette per il Giro d’Italia e per Il Lombardia. Quest’anno coloreremo le biciclette con cui i corridori affronteranno l’intera stagione e sono previste anche delle “special edition”…».
Questa è la Aurum Magma con la quale correranno i corridori della Polti-VisitMalta nel 2025 (foto Maurizio Borserini)Questa è la Aurum Magma con la quale correranno i corridori della Polti-VisitMalta nel 2025 (foto Maurizio Borserini)
Scopriamo la Magma
La nuova colorazione della Magma per la stagione 2025 del Team Polti-VisitMalta ci offre lo spunto per ricordare alcuni dei suoi punti di forza. Frutto delle idee e dei test dei due fondatori, Ivan Basso e Alberto Contador, presenta un telaio realizzato utilizzando un laminato in carbonio specifico per Aurum con un processo di costruzione chiamato ECT (Experience Carbon Technology, ndr). Il telaio e la forcella della Magma utilizzano il livello ECT-10, il più performante. Da ricordare poi il manubrio integrato e il movimento centrale T47. Tubi e forcella sempre più profondi, triangolo posteriore perfezionato e completa integrazione dei cavi.
Di prestigio anche i partner tecnici presenti sulla bici ufficiale del Team Polti VisitMalta in questa nuova stagione: SRAM per il gruppo, Enve per le ruote, Vittoria per le coperture, Prologo per le selle, Elite per il porta borraccia e Look per i pedali.
Grande novità di quest’anno è la presenza sulla bici del logo Svitol, fornitore dei prodotti per la manutenzione e pulizia delle biciclette.
La nuova livrea per la stagione 2025 ha fatto il suo esordio nelle prime gare in Spagna La nuova livrea per la stagione 2025 ha fatto il suo esordio nelle prime gare in Spagna
Chiude Fran Contador
Lasciamo a Fran Contador, nella doppia veste di CEO di Aurum e general manager del Team Polti VisitMalta, la chiusura: «Ci auguriamo bei successi in questa quinta stagione del nostro team e delle nostre biciclette tra i professionisti. Ormai tutti conoscete questa generazione di Magma, ancora più bella e confortevole della precedente. Non vediamo l’ora di vederla continuativamente all’opera in gara, forte anche del fantastico lavoro di Lechler!».
Ora Santiago Bassoinizia a farsi grande e arrivano le responsabilità. Il giovane rampollo dal cognome ciclisticamente nobile approda al devo team della Bahrain e questa è l’occasione migliore per scrollarsi di dosso tutte le perplessità che, giocoforza, circondano sempre chi è figlio di qualcuno che ha scritto pagine di storia di quello sport, come Ivan ha fatto.
Oggi papà, impegnato com’è nella crescita della Polti-VisitMalta, lascia fare, ma segue sempre con interesse costante le gesta del figlio. Da lontano.
Per Santiago Basso è iniziato già il lavoro con il devo team della BahrainPer Santiago Basso è iniziato già il lavoro con il devo team della Bahrain
«Sia io che mia moglie Micaela abbiamo lasciato fare a lui – spiega – doveva fare le sue scelte perché ora è maggiorenne ed è entrato in quell’età che, ciclisticamente parlando, ti definisce. Ha un suo procuratore, ha valutato le possibilità e ha scelto, noi abbiamo fatto un passo indietro. Soprattutto io, in questo caso non più ex corridore e ora manager di un team di livello, ma solamente papà».
Non sei però un papà qualsiasi, ma hai una sensibilità specifica particolare. Come lo hai visto nell’approccio con il ciclismo di vertice?
E’ molto maturato, in un anno dai due volti, difficile nella prima parte dove noi abbiamo cercato di ascoltarlo e supportarlo. Molto meglio nella seconda, dove sono anche arrivati i risultati tanto che per costanza di prestazioni è stato forse il migliore della categoria. Sugli juniores il mio pensiero è noto…
Il piccolo Basso nel team di papà Ivan, era il 2023. Lo scorso anno ha corso con la Bustese OloniaIl piccolo Basso nel team di papà Ivan, era il 2023. Lo scorso anno ha corso con la Bustese Olonia
Spiegaci meglio, ti va?
Non è certo più la categoria di quando correvo io, ora ci si gioca tanto già a quell’età, ma non bisogna guardare solo i risultati. Io – e qui parlo da manager – non valuto solo quelli, ma l’evoluzione intera dell’uomo prima ancora che del corridore perché dovrà essere parte di un insieme, quello della squadra. Spero che per Santiago ci siano le stesse valutazioni. Tutti guardano le vittorie da junior, ma ricordiamoci che vincere nella categoria è completamente diverso che vincere da pro’…
Lo trovi quindi cresciuto non solo ciclisticamente…
Infatti, per me ha fatto un salto di qualità. Sono contento di come ha affrontato questa delicata fase, contemplando anche la scuola, la difficoltà di doversi allenare dopo le ore di studio. Infatti è stato d’estate, con la mente più libera che si sono visti i miglioramenti. E’ salito il suo livello, soprattutto in salita e nelle corse a tappe e questo me lo dicono i numeri. In totale Santiago ha fatto 18 mila chilometri, seguendo una preparazione basata sull’età e la crescita, ha dato in corsa quel che poteva nel momento, ma si vede che ci sono margini.
La volata del GP dell’Arno, con il lombardo battuto da Elia Andreaus, oggi suo compagno (foto Rodella)La volata del GP dell’Arno, con il lombardo battuto da Elia Andreaus, oggi suo compagno (foto Rodella)
Ti sei fatto anche un’idea più precisa di che corridore è e di che cosa in lui c’è dell’Ivan Basso che conosciamo?
Un po’ mi assomiglia, forte in salita e con una buona capacità di spunto veloce. Quel che mi impressiona di più è la sua condotta nelle prove a tappe, che ritengo anche il suo aspetto più promettente: mostra di avere grandi capacità di recupero. Alla Vuelta al Besaja, ad esempio, è andato migliorando giorno dopo giorno fino a chiudere quinto assoluto, in una prova dove c’era gente che correva nei devo team. Ha poi fatto molte corse di livello, sfiorando la vittoria come all’Arno e al Sestriere, finendo bene anche al Piccolo Lombardia.
Un elemento che nell’ambiente ciclistico circola è il paragone fra lui ed Enrico Simoni, d’altronde tu e Gilberto avete scritto pagine indelebili sulle strade italiane. Loro sono molto amici, pensi che risentano del passato riguardante voi?
Difficile dirlo. E’ vero che il peso dei nostri cognomi c’è, ma sta a me e Gibo non farglielo sentire troppo. Loro si stanno costruendo la loro identità, la loro personalità. So che sono in contatto e mi fa piacere. D’altronde c’è un bel legame tra tutta quella generazione, so che hanno anche fatto un gruppo su WhatsApp, si sentono spesso. E’ importante, perché poi capiterà che si ritroveranno in fuga, in gruppo, avere già un legame conta.
Santiago fra papà Ivan e Lello Ferrara. Oltre alla Bahrain altri team internazionali si erano fatti avanti (photors.it)Santiago fra papà Ivan e Lello Ferrara. Oltre alla Bahrain altri team internazionali si erano fatti avanti (photors.it)
E’ uno dei team di maggior livello, con una struttura collaudata. Io sono contento, ma il mio parere conta relativamente. Quel che è importante è che è una decisione sua, autonoma. Ha interagito lui con i dirigenti del team, io vedo la sua crescita anche in questo. Relativamente al team, non dimentichiamo che è nato sulle basi del CTF, che è un serbatoio storico del ciclismo italiano, dal quale anche io ho preso corridori come Bais e Pierobon. Lo avevano cercato anche altri devo team, ma la loro proposta lo ha convinto.
Pare che il Giro tornerà sullo Zoncolan da Sutrio Lassù nel 2003 si combatté una vera battaglia alle spalle di Simoni che vinse. I ricordi di chi c'era
Manuel Oioli, talento piemontese, debutta fra gli U23 con la Fundacion Contador (vivaio Eolo-Kometa). E sui rapporti limitati fra gli juniores dice che...
Il 2025 ha portato in dote all’ex Team Polti Kometa un nuovo nome con il quale avremo presto modo di familiarizzare. La formazione voluta da Ivan Basso, Alberto e Fran Contador da quest’anno si chiama infatti Team Polti-VisitMalta, con l’ente di promozione del turismo maltese nel ruolo di co-sponsor della squadra italo-spagnola.
C’è però un’altra novità, sempre legata al mondo degli sponsor, che merita di essere segnalata. Fineco, una delle più importanti banche FinTech in Europa, già partner della squadra nella stagione 2024, da quest’anno e fino al 2026 diventa sponsor di maglia del team. A unire Fineco alla Polti VisitMalta una comunanza di valori imperniata su tre pilastri: impegno, sostenibilità e rispetto.
La formazione di Basso e Contador dall’1 gennaio 2025 si chiama Polti VisitMaltaLa formazione di Basso e Contador dall’1 gennaio 2025 si chiama Polti VisitMalta
Sulla maglia
Come anticipato, da quest’anno il marchio Fineco campeggia sulla maglia, esattamente nel lato sinistro del petto, proprio all’altezza del cuore. Il marchio è inoltre inoltre presente sul pantalone, accanto ai loghi dei title sponsor del 2025, Polti e Visit Malta.
Si tratta di una collocazione di assoluto rilievo, a conferma di una sinergia che comprenderà anche l’attivazione di importanti hospitality experience alle gare per clienti e partner Fineco.
Da sinistra: Paolo Di Grazia, Francesca Polti, Ivan Basso e Alessandro Foti CEO di FinecoDa sinistra: Francesca Polti, Ivan Basso e Alessandro Foti CEO di Fineco
L’orgoglio del Team
Il rafforzamento della partnership con Fineco è stato accolto con grande entusiasmo e orgoglio da parte di Ivan Basso e Fran Contador, rispettivamente Team Principal e General Manager della Polti VisitMalta.
«Sono molto orgoglioso di questa partnership rinnovata e potenziata – ha dichiarato Ivan Basso – Fineco era già un nostro partner quest’anno e aver scelto di ampliare la sponsorizzazione da una parte premia il lavoro che svolgiamo con passione e serietà e dall’altra testimonia quella che io chiamo la sostenibile potenza del ciclismo. Siamo contenti di indossare e portare in gruppo i colori e i valori di Fineco!».
Alle parole di Basso fanno eco quelle di Fran Contador: «Siamo felicissimi di annunciare Fineco ancora tra i nostri partner per il 2025 e 2026. Dopo un primo anno soddisfacente per tutti, potremo continuare a perseguire insieme gli obiettivi condivisi. Ringraziamo profondamente Fineco per credere nel nostro progetto e contiamo che sia l’inizio di una lunga collaborazione».
Parla Polti
Da quando lo scorso anno è diventata primo sponsor della squadra, Francesca Polti, Amministratrice Delegata del Gruppo Polti, è una presenza sempre più attiva nella vita del team.
Ecco un suo pensiero su Fineco e sul suo ruolo ancora più “forte” nel nuovo Team Polti VisitMalta.
«La decisione di Fineco di unirsi agli sponsor sulla maglia – ha dichiarato Francesca Polti – è il risultato di un’esperienza diretta vissuta insieme sul campo durante quest’anno e testimonia, ancora una volta, il grande potenziale degli investimenti in sponsorizzazioni nel mondo del ciclismo. E’ un onore che una banca così prestigiosa abbia saputo cogliere il valore del ciclismo in termini di comunicazione, networking e vicinanza al pubblico. E lo abbia fatto scegliendo questa squadra, eccellenza nel panorama italiano. In qualità di title sponsor, accogliamo con entusiasmo l’arrivo di nuovi partner, certi che insieme riusciremo a creare sinergie durante l’anno, valorizzando al massimo le competenze e le risorse di ciascuno».
Nella del Team Polti VisitMalta corre uno dei giovani italiani più promettenti: Davide Piganzoli (in foto a sinistra)Nella del Team Polti VisitMalta corre uno dei giovani italiani più promettenti: Davide Piganzoli (in foto a sinistra)
Ecco Fineco
Il pensiero finale non può che spettare a Fineco ed in particolare a Paolo Di Grazia, Vice Direttore Generale e Responsabile Global Business di Fineco: «Questo anno vissuto al fianco del Team Polti Kometa ci ha confermato una concreta vicinanza di valori: il lavoro di squadra, l’impegno per superare anche i tratti di strada più complessi e la passione che guida al raggiungimento di traguardi importanti. Siamo felici di rafforzare questo percorso insieme per il prossimo biennio, affiancando anche visivamente i colori del nostro brand a quelli del Team».
Per Samuele Zoccarato, lasciare la VF Group-Bardiani dopo anni di militanza non è solo un cambio di casacca, ma l’inizio di una nuova fase nella carriera. Il passaggio alla Polti-Kometa , che dal prossimo anno sarà Polti-VisitMalta, promette una grande aria di cambiamento.
Zoccarato si unisce a un gruppo affiatato, con l’obiettivo di portare valore sia nelle fughe che nel lavoro di squadra. Il suo mix di esperienza, spirito di sacrificio e voglia di mettersi in gioco sarà un valore aggiunto per la squadra di Basso e Contador.
Sentiamo dunque come è andata, esattamente come qualche giorno fa abbiamo fatto con Alessandro Tonelli, visto che i due hanno seguito il suo stesso percorso.
Samuele Zoccarato (classe 1998) è un esperto delle fughe e non solo. Lascia il gruppo dei Reverberi dopo 4 stagioniZoccarato (classe 1998) è un esperto delle fughe e non solo. Lascia il gruppo dei Reverberi dopo 4 stagioni
Samuele, anche tu, come Tonelli, inizi una nuova avventura dopo tanti anni alla VF Group-Bardiani. Come ti senti?
Sono contento di cambiare. Ci sono sempre nuovi stimoli, nuove metodologie di lavoro e tante novità. Non mi sono mai trovato male con i Reverberi, ma guardo al futuro con ottimismo e curiosità.
Quando e come è nata la trattativa con la Polti-Kometa?
La trattativa è iniziata già dall’anno scorso, anche se non direttamente con la squadra. Mirco Maestri ha sempre parlato bene di me al team e parlava bene a me della squadra. Questo ha aperto un dialogo informale. Ci siamo “accarezzati” in qualche modo…
Chiaro…
Ho firmato il contratto verso agosto, ma c’era già la parola data, e per me quella basta. Quando è arrivata la proposta definitiva sono stato contento. Mi piaceva l’idea di squadra e sapevo che non è una WorldTour, ma è strutturata bene. Oltre a Maestri, conosco bene anche Lonardi, visto che già ci allenavamo spesso insieme.
Sameuele da sempre è un uomo squadra…Sameuele da sempre è un uomo squadra…
Conoscendo già alcuni compagni è più facile ambientarsi? O al contrario è più difficile perché tendi a stare con loro?
Conoscere persone come Maestri, Lonardi, ma anche Zanatta che era stato diesse alla VF Group-Bardiani, facilita molto le cose. Loro mi danno dritte su come inserirmi e capire le dinamiche della squadra. Ma più di tutti mi vengono in mente le parole di Ivan Basso.
E cosa dicono queste parole?
Che sta a noi nuovi arrivati adattarci senza rompere gli equilibri. L’approccio è quello di imparare il modo di lavorare e di rapportarsi, sia con i compagni che con lo staff. Insomma entrare un po’ in punta di piedi…
Sappiamo che la ricerca dei punti UCI per restare nelle prime 30 è fondamentale. Tu potrai andare all’attacco e a caccia di punti, ma c’è anche un atleta importante come Piganzoli da aiutare. Quale sarà il tuo ruolo?
Non mi hanno ancora dato indicazioni precise, ma per me non c’è problema. Se c’è qualcuno che merita fiducia, sono pronto a lavorare per lui. E’ importante correre da vera squadra: ci si aiuta e si lavora per ottenere il massimo, anche senza il potenziale delle WorldTour: per me se c’è qualcuno che va forte è giusto mettersi a sua disposizione. Magari questa corsa tocca a me darti una mano, la prossima toccherà a qualcun altro.
Il veneto ha aumentato la parte a secco durante questo invernoIl veneto ha aumentato la parte a secco durante questo inverno
Cosa significa avere un team manager come Ivan Basso? Si percepisce il suo palmares quando parla?
Più che il palmares, si sente il suo spirito imprenditoriale. Portare avanti una squadra è come gestire un’azienda ormai e Ivan sa perfettamente quello che fa, sia con gli sponsor che con l’organizzazione del team. Quando parla, ogni consiglio è oro che cola. Si vede che sa il fatto suo, che è preparato, che s’informa.
Samuele, passiamo ad aspetti più tecnici. Tonelli ci ha detto che ha cambiato preparazione e preparatore. E’ lo stesso anche per te?
Sì, come ha detto anche Alessandro qui si lavora con i coach interni. Ora mi segue Samuel Marangoni, un preparatore con un approccio molto diverso. Prima ero abituato ad allenarmi spesso ad alta intensità, facevo moltissima di quella Z2 di cui avevamo parlato tempo fa. Ricordate quando vi dicevo che tornavo a casa con medie orarie molto alte? Adesso, con lui faccio molte più ore a ritmi più bassi, ma lavoro molto di più anche in palestra. È un metodo che mi permette di gestire meglio le energie, anche se a volte mi “rimprovera” perché tendo ancora a spingere troppo!
Hai già trovato il setup ideale sulla nuova bici?
A grandi linee sì, ma sto valutando di cambiare la sella. Passare da Selle SMP a Prologo è un bel cambio. Ho già provato un modello, la Scratch, ma sono curioso di provare la Nago per vedere se mi si adatta meglio.
Luca Bagnara prosegue il suo cammino verso il ciclismo professionistico, la prossima tappa sarà al Team Technipes, ma il suo passaggio ha risvolti interessanti perché per certi versi ricorda la formula del prestito. Nel calcio è uso comune, nel ciclismo non potrebbe avere asilo con le stesse regole, ma è acclarato che il faentino resta nell’orbita della Polti-Kometa, da cui proveniva.
La vittoria di Bagnara a Sao Pedro do Dul, nella seconda tappa della Volta a Portugal do FuturoLa vittoria di Bagnara a Sao Pedro do Dul, nella seconda tappa della Volta a Portugal do Futuro
Una decisione condivisa
Per spiegare il tutto bisogna partire dalla stagione appena conclusa, nella quale il faentino ha vissuto la sua seconda annata nelle file della Polti Kometa U23: «A inizio anno, dopo i buoni risultati dello scorso anno mi avevano prospettato la possibilità di correre in prima squadra. Tra luglio e agosto è arrivata però la notizia che dal 2025 la squadra U23 non ci sarebbe più stata e non tutti potevamo passare subito. A me è stato proposto di fare intanto uno stage in prima squadra, dal 1° agosto e intanto di cercare un nuovo approdo».
Proprio su questo aspetto si diversifica la scelta di Bagnara: «Abbiamo deciso tutti insieme, ma soprattutto mi sono consultato con Ivan Basso che mi ha consigliato alcuni team caldeggiando però il mio passaggio al Team Technipes, con cui ha molti contatti, in modo che sia sempre sotto controllo. Non esco dal mondo Polti Kometa, Ivan è dell’opinione che un altro anno nella categoria, ma salendo di livello come impegni, mi farà bene, poi è possibile che torni alla casa madre, ma dalla porta principale».
Il faentino sul podio della corsa a tappe lusitana, vinta con 1’42” sul costaricense Dylan JimenezIl faentino sul podio della corsa a tappe lusitana, vinta con 1’42” sul costaricense Dylan Jimenez
Un ambiente famigliare, quasi di casa
Proprio Basso a quel punto ha coinvolto il team emiliano: «Mi hanno avvicinato a ottobre e non ci è voluto molto perché accettassi, sia per le prospettive future, sia perché ho la possibilità di fare attività di alto livello rimanendo a casa. Conosco molti sia dello staff che dei nuovi compagni di squadra, è veramente un ambiente familiare, ideale per me».
Luca è un ragazzo che ha idee chiare su come indirizzare il futuro e la sua scelta è stata improntata verso la sua volontà di specializzarsi sempre più in un ruolo forse diventato un po’ desueto: quello dello scalatore.
Bagnara al Matteotti, dove ha esordito nelle file della prima squadra della Polti KometaBagnara al Matteotti, dove ha esordito nelle file della prima squadra della Polti Kometa
Scalatore puro, senza paura
«Mi sto evolvendo verso la figura dello scalatore puro e non ho paura di definirmi così, anche se molti miei coetanei in questo mondo preferiscono definirsi corridori completi. Io vado bene in salita, soprattutto su quelle lunghe, il mio unico handicap è che non ho la botta secca, ma vado bene sul ritmo e sulle salite di 30-50 minuti mi trovo sempre più a mio agio man mano che si sale».
Nella passata stagione il faentino ha ottenuto i suoi risultati migliori in Portogallo, eppure la sua gara preferita, che ricorda con maggiore piacere è prettamente nostrana: «Il Giro Next Gen mi ha preso il cuore. Lo guardavo sempre quand’ero piccolo, sognavo di poterlo fare e avevo grandi aspettative. E’ una gran bella corsa, davvero al massimo livello di partecipazione e organizzativa, mi sono divertito molto».
Il romagnolo si è mostrato molto adatto alle corse a tappe, ma deve crescere a cronometro (foto Mabyle/DicectVelo)Il romagnolo si è mostrato molto adatto alle corse a tappe, ma deve crescere a cronometro (foto Mabyle/DicectVelo)
Le sue doti di resistenza
Bagnara ha chiuso la corsa rosa al 18° posto, risultando il migliore dei suoi: «Non avevo mai affrontato una gara così lunga, che supera la settimana e non sapevo come l’avrei presa, se mi sarei dimostrato abbastanza resistente. Così è stato, anzi sentivo che le gambe andavano meglio ogni giorno che passava e questo è un lato che mi ha molto soddisfatto».
Per il romagnolo si tratta di un ritorno a casa importante: stando nella squadra U23 Bagnara aveva base in Spagna: «E’ stato un repentino cambio di vita per me che prima non ero praticamente mai uscito dalle mura di Faenza. Ho trovato in Spagna un ambiente molto professionale, impostato già come una squadra professionistica. Ho imparato molto e so già che cosa aspettarmi un domani entrando nel mondo dei grandi. So ad esempio quanto sia importante imparare le lingue e poter comunicare: per me all’inizio era un po’ complicato, ma poi ho imparato bene lo spagnolo e già dopo qualche mese era tutto molto più facile».
Il futuro del romagnolo sarà al Team Technipes, poi a fine 2025 si deciderà se tornare alla PoltiIl futuro del romagnolo sarà al Team Technipes, poi a fine 2025 si deciderà se tornare alla Polti
L’anno in cui ci si gioca tutto
Passando al Team Technipes, il livello delle sue competizioni salirà, soprattutto gareggiando all’estero: «Ne sono cosciente e anzi è quello che chiedo. Sarà un anno decisivo per il mio futuro e le mie aspettative sono le più alte possibili. Spero di andare bene e di poter affrontare le più importanti gare del calendario internazionale di categoria, ma anche di potermi confrontare con i pro’, poi a fine anno si vedrà se sarò riuscito a meritarmi il passaporto per le stelle».
Due ammiraglie della Eolo-Kometa ferme sullo Zoncolan. Nella seconda, Basso e Zanatta commentano la vittoria di Fortunato, il sogno che si è fatto realtà.
Si sono ritrovati ed erano più di cento. Le convocazioni sono partite dal cellulare di “Ciano” Rui, classe 1958, il direttore sportivo che dal 1990 ha tenuto sulle ginocchia tutti i campioncini della Zalf Fior. E anche quando ha passato il testimone a Faresin, ne è rimasto l’anima. Dopo 43 anni la squadra di Castelfranco Veneto non sarà più ai nastri di partenza della stagione e per chi segue il ciclismo da tanti anni, sarà una mancanza non da poco. Dire che cosa abbia rappresentato la Zalf Fior per il ciclismo mondiale richiederebbe un libro e forse non basterebbe. Da quelle stanze sono venuti alla luce diversi campioni del mondo e fior di professionisti che hanno reso grande il ciclismo italiano. Negli anni in cui, come ha raccontato ottimamente Gianluca Geremia (altro corridore di Rui e della Zalf), qui si facevano le cose sul serio e i corridori erano prima uomini e poi atleti.
Perciò noi, che di anni con loro ne abbiamo vissuti 33 e assieme a Rui abbiamo trascorso giornate di corsa e serate a parlarne (decifrando il dialetto con una birra o una grappa in mano), lo abbiamo chiamato per un assaggio di quel che è stata la Zalf dei dilettanti. E come per ogni articolo di questa lunga vita in parallelo, la raccomandazione finale del tecnico veneto, che fu per due anni professionista, è stata sempre la stessa: «Mi raccomando, scrivi bene!».
Intervistato accanto a Gaspare Lucchetta, il signor Euromobil, Rui (a destra) racconta la sua ZalfIntervistato accanto a Gaspare Lucchetta, il signor Euromobil, Rui (a destra) racconta la sua Zalf
Ciano, che cosa è stato questo viaggio con la Zalf?
Ho iniziato dal 1990, dal mondiale di Gualdi fino al 2024. E’ stato un viaggio bellissimo, 34 anni in cui è cambiato tutto. E’ cambiato il modo di rapportarsi e il modo di correre. Io ho avuto la fortuna di avere due famiglie (Lucchetta, titolari della Euromobil, e Fior, ndr) che mi hanno permesso di lavorare in maniera sicura e con lungimiranza, senza problemi economici. Ai primi tempi andavamo alle corse in tre persone. C’eravamo io, un meccanico e un accompagnatore e si facevano le stesse corse di oggi, si vinceva e si perdeva. Adesso è cambiato il mondo e si portano dieci persone per un atleta.
Sei sempre stato un fratello maggiore per i corridori, più che un sergente di ferro…
All’inizio avevo 7-8 anni di più, ero un po’ l’amico confidente, giocavo con loro. Non sono mai stato un grande preparatore, ma un buon comunicatore. Poi mi sono affidato a Gianni Faresin che mi ha permesso di crescere ancora. Ai miei ragazzi dicevo che per diventare corridori servivano tre F: Forza, Fortuna e Furbizia. E’ quello che serviva per fare bene, mentre adesso si guardano solo i wattaggi. Una volta si faceva gruppo, si faceva famiglia. C’era la famosa casetta, ti ricordi? Quanti aneddoti si possono scrivere? C’è stata l’era di Fondriest e poi quella di Gualdi. L’era di Bertolini contro Simoni e Rebellin. L’era di Figueras contro Palumbo, quella di Colbrelli e quella di Moscon. Tutte storie bellissime, sempre correndo a buoni livelli. Magari non abbiamo fatto niente di eccezionale, ma di certo abbiamo fatto qualcosa di importante.
Bertolini e Pontoni, entrambi campioni italiani nel 1993: il primo su strada, il secondo nel crossBertolini e Pontoni, entrambi campioni italiani nel 1993: il primo su strada, il secondo nel cross
Era un ciclismo diverso, con gli elite che tenevano a battesimo i giovani e li facevano crescere.
C’erano squadre di corridori già adulti, come la Paultex, che ti insegnavano a correre. Mi ricordo che un anno avevamo un squadrone forte, ma le vittorie più belle le fece Figueras che era un ragazzino di primo anno. E correndo in mezzo a quelli più grandi, maturavano anche come personalità. In quegli anni per un corridore c’erano tre cose fondamentali: la patente, il servizio militare e le prime morose. Maturavano così e rimanevano con noi per quattro anni. C’era un altro spirito. In Veneto c’erano 20 squadre, ma mi ricordo sempre la guerra contro Locatelli, Tortoli e Piccoli. Guerra sportiva, ma amicizia fra noi. Ogni sera alle corse, era una cena. Adesso ci sono solo le e-mail e non c’è più dialogo. Il ciclismo al giorno d’oggi è fatto così e forse per questo tanti sponsor e tante squadre non sono più innamorate.
Quanto orgoglio c’era nell’essere direttore della Zalf?
Senza fare lo sbruffone, dico sempre che non ho mai avuto problemi a prendere un corridore, il problema era dirgli no. Un anno sono andato a Livigno e in 30 secondi ne ho presi cinque della nazionale. Oss, Modolo, Ponzi, Boaro e forse Malacarne, non ricordo bene. Era davvero bello, perché proponevamo un sistema innovativo, in quegli anni era più facile creare delle cose nuove. Dopo i primi anni che si faceva tutto in tre, siamo stati i primi ad andare alle corse col dottore e i primi a prendere il camion per i meccanici. Adesso invece sono tutti legati a questi grandi squadroni, gli juniores vivono come dilettanti, è tutto più grande.
Sul tabellone dei corridori di questi ultimi 43 anni, anche la firma di Cristian SalvatoSul tabellone dei corridori di questi ultimi 43 anni, anche la firma di Cristian Salvato
Quando è cambiata la situazione?
Da quando le squadre professionistiche hanno iniziato a portarsi via tutto il vivaio, tutta la linfa, perché ormai un corridore, buono o meno buono, preferisce fare la riserva di un grande team che essere protagonista in una squadra normale. Ha cominciato Reverberi, ma capirete bene che con un budget di 4 milioni è facile fare la squadra e farci passare gli juniores. Adesso è cambiato tutto, ma se pensiamo che lui e anche altri devono salvare il bilancio dell’annata con gli under 23, qualcosa di sbagliato c’è.
Sicuramente qualcosa di diverso rispetto alle abitudini.
Abbiamo visto passaggi strani. Ricordiamo il nome dei due che sfondano, ma chi ricorda i nomi degli 80 che si perdono? Mi ricordo corridori non buoni, ma stra-buoni che sono passati da juniores e si sono persi, perché non hanno tempo di maturare. Noi facevamo quello, li lasciavamo maturare, ma ultimamente non eravamo più appetibili sul mercato. Forse eravamo anche abituati troppo bene e alla fine ci è passata la voglia di fare le cose. Forse non abbiamo colto cosa significasse fare una continental, siamo rimasti troppo legati al calendario italiano, che una volta era appetibile in tutto il mondo, mentre adesso le gare regionali o nazionali sono poco più che un ordine d’arrivo. Nelle internazionali invece arrivano i devo team con corridori di livello più alto, quindi è tutto più difficile. Qualche errore è stato fatto, ma è normale che capiti in 43 anni. Però abbiamo fatto anche qualcosa di buono.
Lello Ferrara e Ivan Basso: due uomini agli antipodi, uniti dal nome della ZalfLello Ferrara e Ivan Basso: due uomini agli antipodi, uniti dal nome della Zalf
I vostri corridori sono sempre tornati, anche anni dopo, a salutare, partecipare a cene…
La nostra forza è stata la famiglia. L’altro giorno abbiamo fatto questa piccola rimpatriata con 150 corridori. Io non sono un gran chiacchierone, così ho mandato solo dei whatsapp e su 160 corridori, fra cui dei campioni del mondo, hanno aderito in 150, dopo 30 secondi che avevo scritto. Vuol dire che abbiamo seminato bene. Oggi invece lavoriamo tanto sulle performance, ma non sull’uomo. Attenti, a 18 anni bisogna lavorare anche sull’uomo. Spesso sono viziati, ma che colpa ne hanno? Se tutti ti dicono che sei bello, sei forte, sei grande, è normale che dopo un po’ ci credi. Però il mondo fuori è cattivo e disordinato. E quando vanno in crisi, vengono e ti raccontano. Guardate Moscon, prima bambino felice e adesso fa fatica. Dimentichiamoci di Fondriest o Nibali che duravano vent’anni. Adesso avremo corridori che arrivano a dieci, se va bene.
Che vuoto lascia la Zalf nel ciclismo italiano?
Per i vecchi sicuramente sparisce qualcosa di importante. Mi auguro che la Colpack vada avanti ancora tanti anni, perché se mancano questi punti di riferimento il gruppo si sgretola. Mi hanno chiamato tanti organizzatori dispiaciuti, quelli di Montecassiano o Castelfidardo, corse dove abbiamo lasciato il segno. E loro sono un po’ preoccupati perché noi avevamo il nostro stile e il nostro modo di fare e davamo il ritmo anche agli altri. In fin dei conti era lo stile Zalf: inconfondibile e discutibile finché vuoi, ma abbiamo fatto qualcosa di grande. Per il resto, è normale che per le squadre minori ci siano più possibilità di vincere. Qualcuno sarà felice, come si dice sempre. La federazione va avanti, il mondo va avanti. Sicuramente alle corse sarà un ciclismo più povero. Abbiamo chiuso noi, ha chiuso la Named, ha chiuso la Q36.5 e anche la Work Service fa fatica. Vengono a mancare un po’ di qualità e di guerra sportiva.
La maglia iridata di Mirko Gualdi: presa tra i dilettanti in Giappone nel 1990La maglia iridata di Mirko Gualdi: presa tra i dilettanti in Giappone nel 1990
La cena dell’altra sera è stata una rimpatriata allegra o un po’ triste?
Quarant’anni anni sono 10 generazioni di corridori. Abbiamo fatto tanto, forse siamo durati anche più di quello che si potesse pensare. Si sono ritrovati i gruppetti degli anni 80 e i gruppetti degli anni 90 e quelli dopo. Era impossibile che De Pretto si mischiasse con Bertolini e Dalla Bianca, ma erano lì. E vedendoli tutti insieme ho capito quanti fossero e quante storie potrebbero raccontare. C’era quello guascone da corridore, che lo è rimasto anche adesso. Tutti hanno avuto parole per raccontare anni bellissimi nella loro vita. Ed è importante essere riusciti a fare qualcosa di buono a quell’età. Penso alle parole di Paolo Lanfranchi. Lui veniva da Bergamo e ha raccontato che passava tre settimane al mese nella casetta dove c’era il ritiro. E ha detto che a un certo punto gli piaceva più stare lì che tornare a casa. Perché si era creata una sinergia tra atleti, personale, la famiglia Fior e la famiglia Lucchetta. Avevamo i presupposti per creare delle persone.
Ci siete riusciti?
Sono diventati uomini. Alcuni sono diventati imprenditori, qualcuno ha fatto fortuna, altri un po’ meno. Alcuni non hanno capito il modo per riciclarsi una volta smesso di correre e questo sarà ogni anno più difficile. Noi in compenso abbiamo i capelli bianchi. Giriamo ancora in pantaloncini corti e ciabatte (ride, ndr), ma sempre con dignità. Mi raccomando una cosa, quando scrivi questa storia.
Scrivo bene?
Esatto, scrivi bene! Sono le cose che dicevo sempre. Come quando guardavo in faccia un corridore e gli chiedevo: «Sei sicuro di avere i mezzi per fare il corridore?». Scrivi bene, mi raccomando. E’ una storia importante.
Il tour operator specializzato Bike Division ha recentemente ufficializzato la definizione di una rilevante partnership di collaborazione con Aurum, marchio produttore di biciclette spagnolo fondato da Alberto Contador e Ivan Basso. Questo sodalizio nasce dalla volontà di unire le elevate prestazioni delle biciclette Aurumcon l’esperienza di Bike Division nell’organizzazione di viaggi in bici esclusivi e indimenticabili.
«Questa collaborazione – ha dichiarato Javier Pastor, responsabile marketing di Aurum – rappresenta l’unione perfetta tra il massimo delle prestazioni su due ruote e l’esperienza unica dei tour organizzati da Bike Division. Tutti i partecipanti ai viaggi Bike Division avranno la possibilità di conoscere e testare dal vivo le nostre biciclette, progettate per offrire performance di altissimo livello sui percorsi più stimolanti. Nei prossimi mesi saranno svelati ulteriori dettagli su come scoprire da vicino il mondo di Aurum e saranno proposte promozioni esclusive per coloro che viaggeranno con Bike Division».
«Siamo entusiasti di questo accordo – ha ribattuto Andrea Tonti, ex ciclista professionista e co-fondatore di Bike Division – e sono sicuro che questa sinergia eleverà ulteriormente l’esperienza di viaggio dei nostri ciclisti, rendendola davvero esclusiva».
Le biciclette Aurum accompagneranno Andrea Tonti e i suoi viaggiatori per tutto il mondoLe biciclette Aurum accompagneranno Andrea Tonti e i suoi viaggiatori per tutto il mondo
Nuovo standard qualitativo
Aurum rappresenta molto più di un marchio: è l’incarnazione della dedizione e della passione di Contador e Basso per il ciclismo. Fondato dopo il ritiro dei due campioni dalle competizioni, Aurum nasce dal desiderio di creare la bicicletta ideale, una bici che rispecchi il loro rigore, la loro esperienza e la loro visione di performance e qualità. La vittoria in un Grand Tour, infatti, non è soltanto una questione di talento: richiede disciplina, determinazione e una dedizione incrollabile, valori che hanno permesso a Contador e Basso di distinguersi e vincere più Grandi Giri. È questa stessa mentalità vincente che hanno trasferito nel progetto Aurum, creando biciclette concepite per raggiungere risultati d’eccellenza.
Il desiderio comune è di creare nuovi standard sia per il mondo del ciclismo che per quello dei tour operatorIl desiderio comune è di creare nuovi standard sia per il mondo del ciclismo che per quello dei tour operator
Il nome stesso del marchio non è casuale: significa “oro” in latino, un richiamo simbolico al successo, alla vittoria e al gradino più alto del podio. La scelta di un nome latino evoca anche il legame tra Spagna e Italia, le terre d’origine di Contador e Basso. Aurum rappresenta il loro sogno comune e il desiderio di stabilire un nuovo standard nel mondo delle biciclette da strada di alta gamma. Con la loro esperienza, Contador e Basso puntano a fare di Aurum un marchio iconico per chi cerca eccellenza, stile e passione per la velocità. Grazie alla collaborazione con Bike Division, gli appassionati potranno vivere in prima persona l’essenza di Aurum in ogni singola pedalata!
Una delle principali voci dell’ambiente ciclistico in questa fase di passaggio tra la vecchia e la nuova stagione è legata alla Polti-Kometa. Può sembrare strano se consideriamo che ufficialmente ci sono solo 3 nuovi innesti, con il maltese Aidan Buttigieg insieme a due neopro’ (uno dei quali è Raccagni) a fronte di 4 partenze (una pesante, quella di Paul Double), ma il mercato e soprattutto l’evoluzione di una squadra non sono dati solo dai nomi di chi arriva e chi se ne va.
4 vittorie per la Polti-Kometa nel 2024: 2 con Piganzoli, una per Lonardi e Restrepo, tornato in Colombia4 vittorie per la Polti-Kometa nel 2024: 2 con Piganzoli, una per Lonardi e Restrepo, tornato in Colombia
Ivan Basso non si tira indietro, quando gli viene riferito come i fari dell’attenzione siano più accesi che mai sulla sua creatura e misura bene le parole per tracciare i passi principali di quello che potrebbe essere un punto di svolta: «Io però più che chiamarlo così, vorrei che si parlasse di un processo di continua crescita che anche nel 2025 vedrà il team compiere passi avanti. Noi stiamo mettendo a punto strategie fatte di decisioni importanti, che riguardano non solo i corridori, ma anche lo staff e soprattutto tutta l’intelaiatura che tiene in piedi il nostro progetto. Ogni innesto deve essere attentamente considerato».
Da quel che si vede è in atto però un’opera di ringiovanimento, nel roster e non solo…
E’ il passo che stiamo facendo in questo periodo storico del nostro team. Cerchiamo di muoverci con attenzione guardando al budget ma anche ai nostri obiettivi. Per questo dico che avere trattenuto Piganzoli e Lonardi, ma anche Maestri significa avere mantenuto le colonne portanti del team e questo non può essere dato per scontato nel ciclismo che viviamo, perché è uno sforzo importante, che deve essere riconosciuto. Considerate che sono corridori profondamente rivalutati rispetto a 1-2 anni fa, con un valore molto diverso.
Piganzoli a destra, sul podio dell’Emilia con due mostri sacri come Pidcock e PogacarPiganzoli a destra, sul podio dell’Emilia con Pogacar
Sin dall’inizio il tuo progetto è stato molto seguito e attirava intorno a sé grandi speranze legate a tutto il ciclismo italiano. Ritieni di essere arrivato al punto che volevi per questo specifico momento?
Difficile da dire, ma posso ritenermi soddisfatto e orgoglioso, perché non conta solo dove vuoi essere, ma anche come ci arrivi. I processi di crescita non seguono sempre i tempi che uno ha preventivato, possono essere più o meno veloci. Io dico che di strada ne abbiamo fatta tanta, abbiamo una posizione consolidata, ma il processo di crescita è ancora molto lungo.
Una novità profonda nel vostro assetto è il voler dedicare un grande spazio all’attività juniores a discapito di quella under 23. Perché?
Abbiamo studiato la situazione, l’evoluzione del ciclismo e abbiamo capito che ciò che cercavamo è in quella fascia che copre allievi e juniores. Attenzione però, perché sappiamo anche noi che non sono tutti fenomeni a 17 anni, che per uno che emerge subito ce ne saranno altri che avranno bisogno di più tempo. Io penso ad esempio che la fascia under 23 abbia fatto il suo tempo, sia più indicato muoversi attraverso una fascia under 21, nella quale quei due anni post attività juniores permetterebbero ai ragazzi di continuare a crescere senza sentirsi troppo pressati. D’altro canto scendiamo nel dettaglio dell’attività di ragazzi di 17 e 18 anni e vedremo che attualmente ci troveremo di fronte a varie fasce di attività.
Per Lonardi tanta fiducia dal team, che ha deciso di rafforzare il suo treno per le volatePer Lonardi tanta fiducia dal team, che ha deciso di rafforzare il suo treno per le volate
Quali?
Troverai quelli più bravi che vanno subito nel WorldTour, quelli che approdano nei devo team, quelli che vanno nelle professional e infine quelli che vanno nei team under 23. E’ un sistema che non mi piace, significa che questa categoria prende corridori di quarto livello. Io poi, di un corridore giovane, non voglio guardare solamente i risultati.
Che cosa cerchi allora?
Io devo avere un compendio molto ampio d’informazioni, dove i risultati hanno un peso, ma voglio sapere anche quali gare hanno fatto, quanta altura, quante ore di allenamento, che scuola frequentano, come si relazionano con i compagni. A proposito degli studi, il rendimento scolastico sarà una conditio sine qua non per gareggiare: se anche una sola materia non va bene, niente gare. Io voglio un team di ragazzi ai quali chiedo risposte non immediate, ma fra 3 anni. Solo così possiamo lavorare per costruire insieme il loro futuro.
Maestri, reduce da un’ottima stagione che l’ha portato in nazionale, sarà il regista del teamMaestri, reduce da un’ottima stagione che l’ha portato in nazionale, sarà il regista del team
Come mai finora vi siete mossi così poco?
Stiamo valutando tantissime situazioni, ma devono essere tutte funzionali alle nostre colonne di riferimento. Se vuoi davvero crescere come team, significa che quelli bravi devi tenerli e fare in modo che diventino bravissimi ed è questo il nostro obiettivo. Per farlo, devi avere le spalle coperte. Per me è motivo di grande soddisfazione avere coinvolto ancora la Polti che è un marchio storico nel ciclismo e che si è rilanciato prepotentemente, ma lo è anche sapere che Kometa dopo 7 anni al nostro fianco si è deciso a prolungare per altri 2 anni, o che abbiamo VisitMalta per altri 3, o ancora che abbiamo definito, è notizia di questa settimana, la sponsorizzazione di un marchio prestigioso come Yamamay.
Questo vi dà ulteriore spinta per il mercato?
Sicuramente, infatti oltre ai nomi già sicuri abbiamo definito l’approdo di un giovane di talento come Crescioli e di un corridore già strutturato e funzionale per il nostro team come Zoccarato. Mancano a nostro avviso ancora due innesti, ma stiamo valutando, non inseriremo nomi a caso.
Zoccarato è l’acquisto dell’ultim’ora, ancora non ufficializzato dalla squadraZoccarato è l’acquisto dell’ultim’ora, ancora non ufficializzato dalla squadra
Obiettivamente, rispetto a quando avete iniziato la vostra avventura imprenditoriale, le regole dell’UCI in continua evoluzione hanno rappresentato una difficoltà non prevista?
Questo è un tema molto delicato, per il quale ci vorrebbero ore di discussione… Possiamo dire che noi siamo d’accordo che ci sia un ranking che stabilisca le gerarchie, ma che queste hanno valore se c’è equità. Per il resto è un tema che ha mille sottotemi da affrontare. Magari lo faremo più avanti…
Il progetto è sempre lì. Filippo Pozzato non ha riposto nel cassetto le speranze di costruire un team tutto italiano che possa avere un futuro nel WorldTour, anzi si è consociato con DavideCassani (che aveva espresso una volontà simile all’indomani del suo addio dalle responsabilità tecniche azzurre), ma per ora siamo ancora nel campo delle possibilità future, nulla di più. E dalle sue esperienze emergono tutte le difficoltà del ciclismo italiano attuale, assolutamente non al passo con i tempi.
Pozzato insieme al presidente Uec Della Casa. Per l’organizzatore italiano bisogna lavorare molto sulla comunicazionePozzato insieme al presidente Uec Della Casa. Per l’organizzatore italiano bisogna lavorare molto sulla comunicazione
Pozzato, reduce dalle fatiche organizzative delle classiche venete rese monche dal cattivo tempo, sottolinea come al momento il problema principale riguardi la ricerca di fondi: «Sto girando l’Italia proponendo la mia idea a molte aziende e questo mi permette di capire qual sia il gradimento del ciclismo. Devo dire che l’attenzione verso la nostra proposta non manca, il problema vero è legato alle cifre e al corrispettivo che ottiene chi investe nel nostro mondo. Per questo dico che c’è un disagio generale: non sappiamo vendere il nostro prodotto perché siamo ancorati a un approccio vecchio».
Che cosa chiede chi dovrebbe investire?
Vuole avere innanzitutto ritorno d’immagine, visibilità, regole certe. Se vado da uno sponsor per fare una squadra che ambisce a entrare nel WorldTour, devo chiedere un investimento di svariati milioni di euro per almeno un quinquennio. La risposta è sempre: «Ma a fronte di una simile esposizione che cosa ho in cambio?». E lì emergono tutte le nostre difficoltà perché non basta certo far vedere la maglia nella ripresa Tv a soddisfare le richieste, oggi che siamo nell’era dell’immagine.
Bisogna riportare la gente sulle strade, soprattutto i giovani, raccontando loro le storie dei protagonistiBisogna riportare la gente sulle strade, soprattutto i giovani, raccontando loro le storie dei protagonisti
Tu però parlavi anche di regole…
Il regolamento Uci non è assolutamente chiaro. Si è voluto introdurre il sistema di promozioni e retrocessioni: può anche andar bene, se non hai mezzi e capacità per competere al massimo livello è giusto lasciar posto ad altri. Quel che è meno giusto è “congelare” la situazione per anni, far scannare i team per tre stagioni impedendo agli altri di fare investimenti. Fai come negli sport di squadra, promozioni e retrocessioni ogni anno con regole certe anche per la partecipazione alle gare. Ma il problema non riguarda solamente le WorldTour.
Ossia?
Guardate quel che avviene nelle continental: noi in Italia abbiamo una visione falsata a questo proposito perché non puoi certo fare una squadra continental con 200 mila euro. Che attività puoi fare con un budget tanto risicato? Che cosa puoi dare ai tuoi atleti? Per questo dico che siamo ancorati a schemi vecchi quando il ciclismo è andato avanti, è diventato uno sport costoso, di primo piano. Per fare una continental seria si parte dal milione di euro in su, c’è poco da fare, perché giustamente sono aumentate le professionalità che devi coinvolgere, dal nutrizionista al preparatore.
Basso è per Pozzato un modello di come costruire un team su base aziendale, ma servono budget maggioriIvan Basso è un modello di come costruire un team su base aziendale, ma servono budget maggiori
Come si fa a vendere un proprio progetto in un simile ambito?
E’ difficile, lo vedo e per questo ammiro molto gente come Ivan Basso e gli sforzi che fa. Dobbiamo renderci conto che è una questione di marketing, di saper vendere quel che si ha. C’è una generale carenza nella comunicazione: come è possibile che dopo il mondiale di Zurigo arrivano il campione del mondo Pogacar e il suo rivale Evenepoel in Italia, a correre non solo il Lombardia ma anche corse come Emilia e Tre Valli Varesine e lo sappiamo solo noi addetti ai lavori?
In altri tempi, sulla “rivincita dei mondiali” sarebbe stata fatta una campagna di stampa enorme…
Già, poi vedi nel contempo che la sfida fra Sinner e Alcaraz per un torneo d’esibizione diventa martellante, ne parlano tutti i canali, tutti i media, tutti i social. Allora capisci che siamo noi – e ci metto tutti dentro – a non saper vendere il nostro lavoro. Una responsabilità in tal senso ce l’ha l’RCS, la Gazzetta che ha abbandonato il ciclismo, non segue più gli eventi, ma questo avviene anche con i suoi: le pagine per il Giro d’Italia sono drasticamente ridotte e gli inviati anche.
Sinner e Alcaraz: le loro sfide ormai coinvolgono tutti, anche per semplici esibizioni (foto Getty Images)Sinner e Alcaraz: le loro sfide ormai coinvolgono tutti, anche per semplici esibizioni (foto Getty Images)
Per imitare il fenomeno tennis, servirebbe che avessimo un Pogacar?
Sì, quando avevamo Pantani tutti ne parlavano, ma rendiamoci conto che di Pogacar ne nasce uno al secolo e chissà dove… Io guardo il fenomeno tennis, Sinner è il frutto di almeno 15 anni d’investimenti nei tecnici, nei settori giovanili. Dietro il numero uno ora abbiamo una decina di tennisti fra i primi 100. C’è un movimento. Noi abbiamo latitato proprio in questo e continuiamo a farlo.
Un problema di gestione federale?
Sicuramente, ma è uno dei tanti. Andrebbero fatti investimenti nei settori senza attendersi subito risultati. Io credo che il ciclismo paghi anche il retaggio di una comunicazione sbagliatissima quando si è dato troppo spazio al doping senza investire sui giovani, sulle vittorie pulite. E’ stato fatto passare un brutto messaggio che ora, unito al problema sicurezza sulle strade, fa del ciclismo un soggetto meno appetibile. Le aziende che investirebbero ci sono, io ne avevo trovata una davvero grande, ma poi ha deciso di spendere quei soldi in un altro sport…
Secondo Pozzato, al ciclismo italiano servirebbe un Pantani capace di risvegliare l’attenzione dei mediaAl ciclismo italiano servirebbe un Pantani capace di risvegliare l’attenzione dei media
Eppure di messaggi positivi questo mondo continua a diffonderne…
Io sono convinto che i personaggi ci sono, le storie da raccontare ci sono. Ma su personaggi come Pellizzari, tanto per fare un nome, ci devi investire, lo devi raccontare, far conoscere anche a chi non è del settore, perché poi al passaggio sulle montagne del Giro la gente a incitarlo ci sarà. I giornali continuano a credere che il popolo italiano sia calciofilo e basta: non è più così. il calcio attira meno e ha lasciato spazi importanti, noi potremmo coprirli, ma dobbiamo andare incontro alle nuove generazioni.