Italian Bike Festival: Agenzia YES! scelta per ufficio stampa e PR

30.01.2025
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L’Italian Bike Festival, evento italiano di riferimento per il settore della bicicletta, ha scelto Agenzia YES!, membro di UNA (Aziende della Comunicazione Unite), come partner per le attività di ufficio stampa e pubbliche relazioni per la prossima edizione 2025. La collaborazione si inserisce in un accordo più ampio con Movestro, società specializzata nell’organizzazione di fiere ed eventi, in particolare nella Bike Industry.  

I giorni dell’Italian Bike Festival 2025 saranno dal 5 al 7 settembre
I giorni dell’Italian Bike Festival 2025 saranno dal 5 al 7 settembre

L’IBF, ideato e organizzato proprio da Movestro, si distingue come una delle manifestazioni più rilevanti del panorama ciclistico internazionale. Il festival si propone come punto d’incontro privilegiato tra aziende, appassionati e media, offrendo un’esperienza unica che va oltre la semplice esposizione. L’evento si svolge al prestigioso Misano World Circuit “Marco Simoncelli” di Misano Adriatico (Rimini) ed accoglie un pubblico eterogeneo, con un programma ricco di attività che spaziano dai test bike alle competizioni, dai talk tematici alle esposizioni.  

L’edizione 2024 ha registrato numeri da record: oltre 600 brand partecipanti provenienti da tutto il mondo, distribuiti su un’area espositiva di 60.000 metri quadrati e ben 57.000 visitatori. Questi risultati straordinari pongono le basi per un ulteriore salto di qualità nell’edizione 2025, grazie al supporto strategico di Agenzia YES!.  

L’IBF ha affidato a Agenzia YES! l’ufficio stampa e le PR
L’IBF ha affidato a Agenzia YES! l’ufficio stampa e le PR

Ampliare la community

L’obiettivo principale di questa nuova collaborazione sarà quello di ampliare la portata mediatica dell’Italian Bike Festival, coinvolgendo un pubblico sempre più ampio e dando risalto a tematiche chiave come la mobilità sostenibile, il cicloturismo e lo sport come strumento di inclusione e aggregazione.  

«Siamo entusiasti di essere stati scelti da Movestro e da Italian Bike Festival come partner strategico per le attività di comunicazione del 2025 – ha dichiarato Paolo Biffi, Amministratore Delegato di Agenzia YES! – questa partnership rappresenta per noi una grande opportunità: IBF è un evento unico che combina sport, innovazione ed entertainment. Lavoreremo per rafforzare il suo posizionamento e consolidare la community attraverso una comunicazione mirata e allineata ai suoi valori».  

Grazie ad un approccio integrato e sinergico tra media specializzati e generalisti, Agenzia YES! si concentrerà sulla promozione delle molteplici iniziative proposte dall’IBF. Tra queste spiccano le attività esperienziali, le novità di settore e i progetti a favore della sostenibilità e del turismo in bicicletta. L’agenzia si pone quindi come un partner strategico per accompagnare l’IBF in una crescita sempre più significativa, consolidandone il ruolo di leader in Italia nel panorama degli eventi dedicati al mondo bike.  

Italian Bike Festival

Agenzia YES!

Northwave ridisegna e rinnova le scarpe della gamma media

27.09.2024
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MISANO – Northwave rinnova completamente la gamma media nella categoria delle calzature, con il focus principale che rimane il comfort. Revolution e Storm Carbon sono le due nuove scarpe.

La prima adotta la suola Morph Carbon con design Powershape per il sostegno dell’arco plantare e adotta la calzata Pro-Fit. Northwave Storm Carbon ha la medesima suola della sorella, ma punta ad un maggiore comfort complessivo. Vediamole nel dettaglio.

Disegno NW, ma le due scarpe sono molto differenti tra loro
Disegno NW, ma le due scarpe sono molto differenti tra loro

Le NW Revolution

Per lo sviluppo e la produzione della nuova Revolution si è partiti dalla suola con disegno Powershape, ormai una garanzia in termini prestazionali. Il nome si riferisce in modo diretto al supporto dell’arco plantare, se pur con materiali diversi, quella in dotazione alla nuova calzatura ha posta in dote il medesimo concetto di quella che utilizza la Veloce Extreme. Nel complesso la Revolution è una scarpa categorizzata Pro Fit, con una calzata che si rivolge all’agonismo. Sempre in merito alla suola, ha una rigidità di livello 13 (scala Northwave) ed è un composto di carbonio.

Poi il doppio rotore X-Dial SLW3 e la tomaia in PU con fori posizionati in modo strategico e ottenuti con la tecnica laser. I passanti dove scorrono i cavi dei due rotori sono in tessuto e la linguetta presenta una rete per una ventilazione e traspirazione massimizzate. Infine la sezione interna del tallone ha degli inserti grippanti che stabilizzano il tallone. La Revolution è disponibile in taglie dalla 36 alla 50, ad un prezzo di listino di 224,99 euro.

Northwave Storm Carbon

Diversa dalla Revolution, per costruzione e anche per il pubblico alla quale si rivolge. Punta ad offrire un maggiore comfort, pur utilizzando la medesima suola della sorella. Quest’ultima, così come la Revolution, è compatibile anche con il sistema SpeedPlay (grazie all’apposito adattatore). Ma è la tomaia e il sistema di chiusura che fanno la differenza in fatto di resa tecnica. Tessuto in TPU forato al laser, rotore singolo e cavo, con l’aggiunta di un velcro nella sezione più bassa.

Semplice e comoda anche grazie ad una forma che ha l’obiettivo di non creare pressioni. La linguetta ha un inserto in rete. Northwave Storm Carbon è disponibile con prezzo di listino di 189,90 euro. Le taglie sono comprese tra la 36 e la 50.

Northwave

Nasce Pressure II, il gioiello aero di Cinelli

25.09.2024
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Approfittando della grande vetrina dell’Italian Bike Festival, Cinelli ha presentato il suo nuovo modello di punta del settore strada: Pressure II. Si tratta della più aerodinamica tra le creazioni dello storico brand milanese. Il telaio monoscocca è stato perfezionato nel peso e nelle linee per realizzare una bici che punta alla velocità e alla prestazioni, ma non solo.

Meno peso e più rigidità

Rispetto al modello precedente la Pressure II è il 5% più leggera, per la precisione di 109 grammi. Questo è stato possibile lavorando sulla lunghezza del reggisella, sul morsetto sella e sulle guide dei cavi (tutti integrati) con un’opera di ingegneria e design al 100% italiana, in pieno stile Cinelli.

Per arrivare al perfetto compromesso tra peso e rigidità – il migliore nella storia dell’azienda – il comparto R&D è partito da 4 diversi prototipi. Grazie ad uno studio sulle diverse stratificazioni della fibra di carbonio Columbus Carbon Monocoque T800 si è poi arrivati al modello definitivo, approvato sia dai test in laboratorio che dagli atleti.

La scatola del movimento centrale è il cuore della Pressure II
La scatola del movimento centrale è il cuore della Pressure II

Un’aero all-rounder

Un’altra novità è il passaggio ruote più generoso rispetto al passato. Nella Pressure II può ospitare pneumatici da 32 mm, a tutto vantaggio della resistenza al rotolamento e del comfort. Questo ne fa anche, a ben vedere, una bici all-rounder dalla spiccata vocazione aerodinamica, un mezzo totale.

Come già accennato il passaggio cavi è totalmente integrato, anche grazie al cockpit Pressure II Carbon Handlebar, altra chicca del design Cinelli. Oltre a questo i anche profili sono stati ottimizzati in chiave aero, come anche la posizione in sella, più aggressiva e votata alla massima velocità.

Un frame kit e due colori

La Pressure II è presentata in 4 diversi allestimenti. Con gruppo Sram Red Etap AXS e ruote Fulcrum Wind 42 a 10.300 euro. Con gruppo Dura Ace Di2 e ruote Fulcrum Wind 42 a 9.500 euro. Quindi con gruppo Ultegra Di2 e ruote Fulcrum 600 a 6.500 euro. Infine con gruppo 105 Di2 e ruote Fulcrum 600 a 5.600 euro.

E’ anche disponibile il solo frame kit che comprende telaio, forcella, reggisella e cockpit a 4.100 euro. Il peso del telaio in taglia M è di 975 grammi, mentre la forcella si attesta sui 390 grammi.

Per la sua nuova creatura Cinelli ha scelto due colorazioni, entrambe eleganti ma di carattere: Racing White Patina e Dandy’s Racing Green.

Cinelli

La gravel secondo me: Mattia De Marchi e la sua Basso Palta

24.09.2024
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MISANO ADRIATICO – Spesso parliamo di gravel. Su bici bici.STYLE lo facciamo più in ottica di viaggi e avventure, ma poi ci sono anche i campioni, i professionisti di questa disciplina. E uno di loro è Mattia De Marchi, del Team Enough.

Con il friulano, oggi scendiamo nel dettaglio tecnico e scopriamo com’è la bici gravel di un pro’. Come è settata. E che rapporto ha l’atleta con la sua bici. Mattia lo abbiamo incontrato all’Italian Bike Festival, ospite del suo sponsor tecnico, Basso Bikes. E questo è quel che ci ha raccontato…

Mattia De Marchi (classe 1991) durante una delle sue avventure (foto Instagram – @hrrypwll)
Mattia De Marchi (classe 1991) durante una delle sue avventure (foto Instagram – @hrrypwll)
Mattia, partiamo proprio dalla tua bici. Qual è?

Ho due Basso Palta con due configurazioni diverse, principalmente nel gruppo: da una parte la monocorona, dall’altra la doppia. In particolare per la doppia sto testando il nuovo wireless di Campagnolo. Lo sto usando anche fuoristrada ed è un’evoluzione del classico Ekar. Riguardo all’elettronico ci sono pro e contro.

Cioè?

L’elettronico adesso è una necessità. In certe situazioni la sua facilità di cambiata è fondamentale: banalmente basta schiacciare un bottoncino per cambiare e tutto diventa più facile. Di contro devi essere un po’ più delicato. Mentre il cambio meccanico se ben mantenuto difficilmente ha dei problemi e si romperà, l’elettronico porta con sé sempre un filo d’incognita.

Qui la foto “da catalogo” della Basso Palta, quella che invece Mattia aveva portato all’IBF aveva i segni di tante battaglie
Qui la foto “da catalogo” della Basso Palta, quella che invece Mattia aveva portato all’IBF aveva i segni di tante battaglie
Dilaga la monocorona, però tu stai testando anche la doppia: perché?

Per esigenze di rapporto. Nel gravel si sta andando sempre più veloci nel settore agonistico, pertanto si ha l’esigenza di avere una gamma di rapporti molto più ampia rispetto ad un paio di anni fa. Avere rapporti con un determinato sviluppo e giro catena è fondamentale.

E poi qual è l’altro componente importante a cui dedichi parecchia attenzione?

Le gomme. La tendenza vuole sezioni più larghe. Ormai nel 90 per cento delle gare si usa una gomma da 45 millimetri. E questo succede anche in America, dove paradossalmente per noi europei non è necessario usare qualcosa di tanto largo perché il loro è un gravel molto più scorrevole, molto più veloce, meno cattivo e meno tecnico rispetto al nostro. In qualche caso negli Usa stanno usando addirittura gomme da mountain bike…

Mattia sta utilizzando sia la doppia che la monocorona: qui ecco la sua Palta con la mono (da 44 denti)
Mattia sta utilizzando sia la doppia che la monocorona: qui ecco la sua Palta con la mono (da 44 denti)
Le 650b, insomma le 27,5”?

Non solo, anche le 700, le 29”, ma comunque con sezione da 45 millimetri in su. Test alla mano, sembrano essere più veloci, nonostante un peso maggiore. Nei prossimi anni secondo me, anche nel settore dei copertoni vedremo degli ibridi tra il gravel classico e la mtb. Inizialmente si pensava che la scelta migliore potesse essere un copertone veloce e leggero, adesso invece predomina l’esigenza di avere qualcosa di sicuro, che ti permetta di non avere forature a prescindere dal livello tecnico del terreno.

Perché?

Adesso se fori hai perso la gara, invece qualche anno fa se foravi avevi il tempo di riparare e magari anche di tornare davanti. Ora il gravel è più “esasperato”. Si va talmente forte che appena hai un problema sei out. Anche il livello delle gare si è alzato.

Oltre alla gomma da 45 millimetri usi anche il liner?

Dipende dalle situazioni. Quando ci sono molte feed station e c’è più possibilità di cambiare gomme non lo metto. Ma può capitare di metterlo anche se le feed zone sono tante perché il terreno è molto accidentato. In quel caso metto il liner, la mousse, per non pizzicare. Altrimenti incrocio le dita!

Le gomme Pirelli Cinturato Gravel M da 45 mm: una delle scelte più gettonate da De Marchi
Le gomme Pirelli Cinturato Gravel M da 45 mm: una delle scelte più gettonate da De Marchi
Sfidi la sorte!

E’ vero che il gravel professionistico è sempre più una gara di velocità, però io resto fedele al vecchio motto. E il mio primo obiettivo è comunque portare la bici all’arrivo. Per questo parto con tutto il necessario per certe riparazioni, mentre altri che hanno un pensiero diverso dal mio partono col minimo indispensabile. E sono in assetto super leggero.

Quindi si va verso una copertura più robusta ed unica?

Direi di sì. Con Pirelli ci sto lavorando. L’idea è proprio quella di avere un copertone un po’ meno veloce ma più sicuro e più resistente. Ma non è facile perché se lo rendi più resistente poi la guidabilità non rimane proprio la stessa. Per lavorare bene il copertone infatti si deve deformare, ma se lo si vuole più robusto automaticamente la sua carcassa diventa più rigida. Serve il giusto compromesso. Per ora lo standard che prima era il 40 millimetri è il 45 come detto. Si sta vivendo la situazione che avvenne su strada con il passaggio dal 25, al 28 e ora al 30 millimetri. Il professionista stradista che si avvicina al gravel ancora mette il 40-38 millimetri, mentre chi come me fa gravel tutto l’anno tende al 45 millimetri.

Per il resto cosa deve essere presente sulla tua bici?

Partiamo dal manubrio. C’è stata un’evoluzione pazzesca sugli accessori, rispetto ai telai forse c’è più margine per migliorare. Il manubrio integrato aiuta e l’ergonomia adesso è un fattore importante. So che Basso ci sta lavorando.

Il friulano dà importanza a componenti come il manubrio integrato: questo risponde ad esigenze di peso, di aerodinamica e comfort
Il friulano dà importanza a componenti come il manubrio integrato: questo risponde ad esigenze di peso, di aerodinamica e comfort
Qual è il vantaggio dell’integrato nel gravel?

Banalmente il peso: è un po’ più leggero rispetto al classico set attacco + piega. E poi dà meno problemi con le vibrazioni. Non devi stare tutti i giorni a rivedere il serraggio delle viti e il manubrio non si sposta con un colpo. Come detto Basso sta lavorando sull’ergonomia del manubrio. Un appoggio sicuro, una campanatura ad hoc…

Passiamo alla tua posizione…

E’ una questione molto personale. A me piace pedalare molto alto di sella. Sui social sono stato persino criticato per avere la sella troppo alta, cosa che nel gravel non è usuale.

In effetti ci spiazza un po’. Alla luce di ciò che misure di pedivelle usi?

Per ora 172,5 millimetri, ma ammetto che in casa ho delle pedivelle da 165. L’idea è di provarle, però il problema è che ci vuole tempo per adattarsi, per fare dei test. Anche l’aspetto delle pedivelle è personale. Insomma: non è che Pogacar vince perché ha le pedivelle da 165. Io comunque quest’inverno vorrei fare alcuni test di questa misura.

Le velocità sono sempre più alte e di conseguenza cambiano anche le bici e gli assetti (foto @chiara_redaschi)
Le velocità sono sempre più alte e di conseguenza cambiano anche le bici e gli assetti (foto @chiara_redaschi)
Cosa non deve assolutamente mai mancare sulla tua bici, Mattia?

Il borsello con il necessario per tornare a casa. Ho una borsetta di Miss Grape abbastanza grande sull’orizzontale: è aero e s’intona con la bici. Lì ci sono sempre un paio di camere d’aria, una falsamaglia, vermicelli, delle toppe… almeno in allenamento, poi in gara uno fa quel che vuole. E’ il discorso di prima. Ma anche in gara il necessario non mi manca mai.

Una o due borracce?

Sempre due e grandi. Anche qui c’è un mondo che si sta evolvendo. Oggi le feed station sono diventate numerose e in alcune gare, tipo Unbound, sono diventate quasi il clou della gara. Adesso serve assolutamente un piano di nutrizione se vuoi andare forte. Anche per questo a volte uso il camelback, che in linea di massima cerco di evitare per il suo peso. Anche questo delle borracce è un tema non da poco: cosa ci metto? Che forma devono avere?

Perché parli della forma?

Per l’aerodinamica. Oggi è importantissima nel gravel. Le velocità si sono stravolte in poco tempo e l’aerodinamica ormai conta moltissimo anche in questo settore.

I dischi in acciaio Deda sono una garanzia, longevi e performanti

23.09.2024
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MISANO ADRIATICO – C’è anche un grande ritorno dell’acciaio anche nella componentistica (non solo in ambito telai, soprattutto in ottica gravel) e i dischi per i freni sono una conferma. Deda si pone come uno dei player più importanti.

Pista frenante in acciaio e spider di supporto in alluminio, per un disco che guarda alla sostanza, alla longevità e all’efficienza. A Italian Bike Festival 2024, Deda ha presentato ufficialmente i suoi rotori.

Il nuovo disco Deda una volta montato, design essenziale e sostanzioso
Il nuovo disco Deda una volta montato, design essenziale e sostanzioso

Deda, maestri nelle leghe

Quando si tratta di Deda è lecito aspettarsi un componenti di qualità. L’azienda cremasca è leader, da sempre, nella categoria dei metalli. I nuovi rotori per i freni a disco si rivolgono al mondo road ed al gravel e sono costruiti combinando l’acciaio e l’alluminio.

Il primo si riferisce alla prima parte, quella superiore della pista frenante (nella zona a contatto con le pastiglie, il disco Deda ha uno spessore di 1,8 millimetri), l’alluminio 7075 è utilizzato per il ragno di supporto e per la zona di ingaggio (CenterLock) al mozzo. Non è disponibile in versione a 6 fori.

Soluzione flottante

Le due parti del disco Deda sono unite tra loro grazie ad un sistema flottate a 5 rivetti con rondelle elastiche. Questa tecnica permette un’elevata dissipazione del calore, evita la deformazione del materiale e contribuisce ad una efficienza straordinaria anche quando le temperature salgono in modo esponenziale. Il design superiore della pista frenante è arrotondato. Anche in questo caso, oltre a questioni di sicurezza, entra in gioco la ricerca di una forma adatta a garantire le migliori performance, con un valore alla bilancia ridotto.

Il disco Deda è frutto di una ricerca con analisi FEM, acronimo di Finite Element Method. Significa che le forme e l’impiego dei materiali devono collimare in modo perfetto, tanto da essere prestazionali e garantire costantemente l’integrità del componente. I diametri disponibili sono due: 160 e 140 millimetri.

Uno dei primi campioni, soggetto di uno stress test da parte nostra
Uno dei primi campioni, soggetto di uno stress test da parte nostra

Provato in anteprima

I primi test da parte nostra risalgono alla fine del 2023. Oltre 7000 chilometri, su strada e nel gravel, in inverno e con le temperature estive. I primi campioni dei dischi non avevano una livrea definitiva e alcuni dettagli erano da rifinire, ma era importante capire l’efficacia, la bontà dei materiali e la qualità complessiva del componente, così come la longevità.

I primi risultati ci hanno fornito dei riscontri eccellenti, soprattutto se messi a confronto con i dischi (tutti) in alluminio. Maggiore modulabilità della frenata e capacità di sopportare frenate protratte nel tempo. Una maggiore stabilità del componente che non cambia forma e non pizzica le pastiglie anche dopo lunghe discese. Nessun problema di adattabilità con i vari impianti. Ma il ragno in alluminio cambiava colore (senza deformarsi) per via delle elevate temperature al quale abbiamo sottoposto i dischi. Da qui la scelta, poi definitiva, di usare il ragno in livrea nera.

I dischi Deda non puntano ad una leggerezza estrema (per gli amanti dei confronti e numeri, un disco da 160 Shimano Dura Ace pesa 103 grammi), lo si nota anche dal valore alla bilancia rilevato, perché l‘obiettivo principale è quello di fornire un prodotto sostanzioso e durevole nel tempo, da usare su strada e in ambito gravel.

Deda Elementi

Cobra e Duro: viste a Misano le bici di punta targate Gusto

20.09.2024
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All'Italian Bike Festival 2024, gli appassionati di ciclismo hanno avuto l'opportunità di testare i modelli top di Gusto la Duro e la Cobra. La prima combina comfort e prestazioni grazie al telaio in fibra di carbonio T1000, manubrio aerodinamico Attaque e ruote Campagnolo Chamal Carbon DB. La seconda è invece pensata per gli amanti della velocità, con geometrie aerodinamiche e ruote Attaque Carbon da 50 mm. Due bici che incarnano l'innovazione e l'eccellenza del marchio taiwanese!

Durante i giorni della fiera di Misano Adriatico, l’Italian Bike Festival, c’era la possibilità di provare diverse biciclette. Tutti i curiosi e gli appassionati hanno avuto modo di testare mezzi differenti e godersi un giro di pista. Tra i tanti marchi presenti non è mancato Gusto, di origine taiwanese, che ha tra le sue collaborazioni quella con il team Ljubljana Gusto Santic. Formazione slovena di categoria continental che ha avuto nella sua rosa Tadej Pogacar, che proprio su una bici Gusto vinse il Tour de l’Avenir nel 2018. Da allora il marchio è cresciuto sempre più, diventando un riferimento per chi cerca una bici dalle ottime prestazioni e dal design semplice ma efficace.

Gusto Duro

Il primo dei due modelli disponibili per un test nei giorni di Misano era la Gusto Duro. Il telaio è realizzato con la tecnologia I.L.C. con fibra di carbonio T1000. Si tratta del modello utilizzato dai ragazzi del team Ljubljana Gusto Santic in corsa. La sua caratteristica principale è il grande comfort unito alle alte prestazioni. Anche dopo diversi chilometri e tante ore in sella la pedalata risulta sempre fluida ed efficace. Il telaio è verniciato con la tecnologia ANP (Aurora, Nano Paint) che ne aumenta la luminosità del 40 per cento ed ha una durata superiore rispetto ad altri rivestimenti. Risulta anche più duraturo nel tempo, resistendo maggiormente a graffi e macchie. 

Il team di ricerca e sviluppo di Gusto ha sviluppato, in esclusiva, una tecnologia brevettata che riesce a integrare le proprietà del carbonio Innegra con i materiali ad alto modulo e le proprietà di assorbimento degli urti del Latex e del Torayca T1000. La guida risulterà quindi sempre stabile e rigida con un trasferimento di potenza ottimale. 

La Gusto Duro monta una sella Prologo Dimension NDR Comfort e un manubrio integrato Attaque. Quest’ultimo è caratterizzato da angoli di presa calcolati e un design aerodinamico a forma di ala che unisce aerodinamica ed ergonomia. Le ruote, infine, sono le Shamal Carbon DB di Campagnolo, il primo modello da endurance che garantisce ai ciclisti il massimo livello di comfort. 

La Duro Evo DB Pro Legend offre il massimo della tecnica di Gusto ed è in vendita al prezzo di 5.140 euro.

Gusto Cobra 

L’altra bicicletta sulla quale era possibile pedalare era la Gusto Cobra, il modello pensato e realizzato per chi è un amante della velocità. Le geometrie della Cobra permettono di avere un tubo obliquo aerodinamico e resistente, abbinato ad una forcella anteriore con un design aggressivo pronto a fendere l’aria. L’inclinazione del tubo obliquo porta il ciclista a pedalare in modo aggressivo e sicuro su qualsiasi tipo di percorso, adattandosi perfettamente all’altezza di ogni persona. Un ruolo importante lo hanno giocato, ancora una volta, i tecnici di Gusto, che hanno raggiunto il perfetto equilibrio tra bassa resistenza aerodinamica, elevata stabilità e rigidità.

Il reggisella ha tecnologia X-Tech sottile e leggera, che incorpora una funzione di assorbimento degli urti (tecnologia Flex Control), per  un’esperienza di guida eccezionale. A questo si abbina la sella, di Selle Italia, la Model X. Un prodotto che presenta una superficie ricoperta da uno strato di Toal Gel, pensato per avere una migliore elasticità e molto comfort. 

Le ruote, in questo caso, sono le Attaque Carbon con profilo da 50 millimetri. Riducono al minimo la resistenza aerodinamica, per avere velocità di percorrenza maggiori. Questo set di ruote, tubeless ready, monta raggi aerodinamici che migliorano la direzione dei flussi d’aria, massimizzando le prestazioni complessive e ottimizzando la potenza della pedalata.

La Cobra Evo DB Pro Legend offre il massimo della tecnica di Gusto ed è in vendita al prezzo di 4.990 euro.

Gusto

La Sc Padovani 1909 torna in gruppo con Guerciotti

20.09.2024
3 min
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Il 2024 di Guerciotti non smette di regalare sorprese e non potrebbe essere diversamente dal momento che l’azienda milanese quest’anno ha tagliato un traguardo importante come i sessant’anni dalla sua fondazione. Il recente Italian Bike Festival ne è stato ulteriore prova con la presentazione ufficiale del libro “Guerciotti, la stella di Milano”, edito dal quotidiano Tuttosport che ripercorre i “primi” sessant’anni del marchio lombardo. 

Italian Bike Festival è stata anche l’occasione per ufficializzare un’importante collaborazione con una società ciclistica che nella sua ultracentenaria storia ha scritto pagine sportive davvero importanti. Si tratta della Sc Padovani 1909 che dal prossimo anno tornerà nel mondo dei dilettanti e lo farà anche grazie al supporto di Guerciotti che fornirà le proprie biciclette al team veneto.

La foto di presentazione del nuovo progetto della Sc Padovani (photors.it)
La foto di presentazione del nuovo progetto della Sc Padovani (photors.it)

Si torna in gruppo

Dopo essere ripartita nel 2012 dalle categorie giovanili, la Sc Padovani 1909 ha deciso che il 2025 segnerà il suo ritorno nel gruppo dei dilettanti. Stiamo parlando di una categoria in cui la formazione veneta vanta già un incredibile palmares di successi, sia su strada che su pista. Tra il 1958 e il 1971 la Sc Padovani 1909 ha visto i suoi atleti conquistare in maglia azzurra 11 medaglie olimpiche, di cui quattro d’oro. Alle queste si aggiungono ben 14 titoli mondiali. Ora è pronta a ritornare fra i dilettanti, oggi elite-U23, grazie anche al supporto tecnico di Guerciotti che fornirà alla formazione veneta il suo modello top di gamma. Si tratta della Eclipse S che avrà una livrea speciale bianca e verde, da sempre i colori dello storico team padovano.

La voce del team

Al timone della Sc Padovani 1909 troviamo oggi Galdino Peruzzo nel ruolo di presidente. Accanto a lui Alberto Ongarato e Martino Scarso, entrambi vice presidenti. A loro spetta il difficile compito di riportare la Sc Padovani 1909 ai fasti di un tempo.

Galdino Peruzzo ha così commentato la nuova collaborazione con Guerciotti ufficializzata lo scorso fine settimana a Misano in occasione di Italian Bike Festival.

«Con la famiglia Guerciotti abbiamo trovato subito la giusta sintonia: condividiamo la passione per il ciclismo e per il lavoro. Unire la storia della Sc Padovani alla tradizione made in Italy del marchio Guerciotti è per noi un onore e un motivo di orgoglio. Abbiamo impostato il nostro team scegliendo di mettere a disposizione degli atleti i migliori tecnici e professionisti. Ora con Guerciotti, avranno anche la possibilità di correre sulle biciclette più belle e performanti del gruppo».

Tra le prime novità ufficializzate dalla dirigenza della Sc Padovani va segnalato l’arrivo di Alessandro Petacchi nel ruolo di Team Manager.

Una foto all’IBF con la famiglia Guerciotti insieme a Vittoria. Tra i due marchi è nata una importante partnership (foto Guerciotti)
Una foto all’IBF con la famiglia Guerciotti insieme a Vittoria. Tra i due marchi è nata una importante partnership (foto Guerciotti)

Orgoglio Guerciotti

La chiusura non poteva che spettare a Guerciotti ed in particolare ad Alessandro Guerciotti, che insieme alla sorella Micaela e papà Paolo, è al timone dell’azienda milanese: «E’ per noi un onore essere partner di una delle squadre più storiche del panorama ciclistico italiano. La SC Padovani vanta una storia di oltre 100 anni e noi abbiamo appena festeggiato i nostri 60 anni. Due partner che rappresentano la storia del ciclismo. Con il presidente Galdino Peruzzo e tutto lo staff abbiamo trovato l’accordo in una settimana e questo rappresenta di sicuro un’ottima base di partenza, avendo già fin da subito le idee chiare in merito agli obiettivi da raggiungere. Considerata l’importanza del team, ma soprattutto i programmi previsti nel medio e lungo periodo, abbiamo deciso di fornire alla squadra il nostro top di gamma Eclipse S, nella nuova versione 2025. Noi che puntiamo molto anche sull’estetica della bicicletta, studieremo una livrea dedicata al team per valorizzare ancora di più il prodotto fornito e la nostra partnership».

Guerciotti

Iridato a Glasgow, due medaglie a Parigi: ora Testa punta Zurigo

17.09.2024
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MISANO ADIRATICO – «Quest’anno c’è stato un bel ricambio di atleti – dice Mirko Testa – stanno entrando un po’ di nuove leve. Sta cambiando un po’ il giro della nazionale. Stanno cominciando a provare sempre più atleti giovani. E’ bello, è bello per il movimento, è bello per lo sport, si sta evolvendo tutto. Si alza il livello e stiamo cambiando anche maniera di vivere lo sport, secondo me siamo nella direzione giusta».

Italian Bike Festival è stato una centrifuga di incontri unici. Ed è stato così che sabato pomeriggio presso lo stand di Eevye abbiamo incontrato Mirko Testa, bronzo nella cronometro paralimpica di Parigi (foto Coni in apertura). Uno così ti dà i brividi per la grinta che ci mette. Correva nel motocross e proprio durante una gara cadde e riportò la lesione spinale che l’ha costretto sulla sedia. Eppure un mese e mezzo dopo essere uscito dall’ospedale fece la prima gara in hand bike e l’anno dopo vinse il Giro d’Italia. Lo scorso anno a Glasgow ha vinto il campionato del mondo e a Parigi, oltre al bronzo individuale, ha raggiunto l’argento nella staffetta.

Mirko guarda fisso e sprigiona energia. La gente chiede la foto, i giganti delle Paralimpiadi stanno entrando sempre più forte negli orizzonti degli altri. E lo scintillare di una medaglia olimpica non è qualcosa di fronte cui si possa rimanere indifferenti.

Cosa rimane dopo Parigi?

Tanta emozione! Sinceramente non mi aspettavo una gara così, perché è andata veramente oltre le mie aspettative. Puntavo a fare bene, ci arrivavo da campione del mondo in carica, quindi una top 5 la volevo sicuramente. Mi sono preparato bene, però le Olimpiadi sono le Olimpiadi e non si sa mai cosa succede. Sono contento. Sono riuscito a ottenere un bel bronzo e i due francesi che mi sono arrivati davanti hanno fatto un bel gioco di squadra. E’ giusto che abbiano fatto primo e secondo. Più o meno, insomma… (ride, ndr). Io sono contento del mio bronzo e dell’argento nella staffetta, che è bello perché una medaglia di squadra.

Hai parlato di nuove leve e anche la staffetta a modo sua era tutta nuova…

Infatti siamo partiti un po’ sfavoriti, perché era una squadra nuova, mai provata. Però ci siamo divertiti ed è uscito anche un bel risultato.

Lo scorso anno a Glasgow, Mirko Testa ha conquistato il mondiale della cronometro H3 (foto FCI)
Lo scorso anno a Glasgow, Mirko Testa ha conquistato il mondiale della cronometro H3 (foto FCI)
Sei arrivato da campione del mondo, quanto è più alto il livello olimpico rispetto a un mondiale?

E’ completamente diverso. Devo dire che io mi sono preparato molto di più che al mondiale dello scorso anno, stavo molto meglio, andavo molto più forte. Però ho visto che anche gli altri erano molto più veloci rispetto a Glasgow. Giustamente si arriva al top del top della forma, è un evento che capita una volta ogni quattro anni. Il livello è veramente alto.

La stagione non è ancora finita, c’è tanto per cui combattere…

Infatti fra pochi giorni c’è il mondiale a Zurigo. E’ bello perché corriamo con i pro’ come l’anno scorso in Scozia. Questa unificazione secondo me servirà anche per far crescere ulteriormente il movimento, servirà a far vedere anche noi. Vado da campione del mondo, le aspettative sono alte, farò il massimo. Il percorso è molto duro. Facciamo un primo pezzo sul percorso degli elite e poi usciamo e per fortuna facciamo un tratto un po’ più facile. Comunque saranno 1.200 di dislivello che, pedalando con le braccia, si faranno sentire.

Poi andrai in vacanza?

Poi vacanze, esatto. Stacchiamo e la bici per un periodo non la voglio più vedere. Gli impegni del prossimo anno sono ancora in via di definizione. Le Coppe del mondo non credo siano ancora tutte fissate, se ne conosce al massimo un paio. L’unica cosa certa è il mondiale. Confido che per quando riprenderò ad allenarmi, se ne saprà di più.

Basso, gli juniores e la Polti che aspetta il colpo grosso

17.09.2024
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MISANO ADRIATICO – Ivan Basso è circondato dai tifosi che chiedono firme e foto. Il richiamo del campione è immutato anche ora che ha smesso da quasi dieci anni. L’Italian Bike Festival è l’occasione per mostrare le Aurum Bikes, che ha ideato assieme a Contador e sono appena sbarcate sul mercato italiano. La Fundacion Contador, il cui organico costituisce la base del Team Polti-Kometa, ha annunciato una riorganizzazione: spariscono gli under 23 e si punta tutto sugli juniores. Oltre alle spiegazioni fornite con la comunicazione dei primi di agosto, è interessante sentire al riguardo il parere di Ivan. Quale futuro immagina per la sua squadra? Due sgabelli in un angolo dello stand sono il posto giusto per entrare nel discorso.

Giro d’Italia, Basso con Matteo Fabbro: per lui una stagione al di sotto delle attese
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Perché questa decisione?

E’ stata presa dopo una riflessione molto lunga e profonda sul reclutamento dei nuovi talenti. Osservando i risultati che abbiamo avuto dall’ultima ondata di ragazzi, abbiamo capito che qualcosa sta cambiando, andando verso il potenziamento della categoria under 19. Questo ci ha fatto pensare che è meglio fare una squadra juniores potenziata e far passare gli under 23 più bravi direttamente tra i professionisti. Può essere un rischio per qualche ragazzo che non si sia ancora espresso nella categoria, ma in cui vediamo il potenziale necessario.

Anche per evitare che gli under 19 migliori vengano portati via da qualcun altro?

Da un paio d’anni c’è la tendenza per cui lo junior più forte e vincente va in una WorldTour. Quello un pochino sotto va nel devo team di una WorldTour. Mentre quello ancora un pochino sotto sceglie fra le due professional italiane. Questa cosa ci ha fatto capire che fosse giusto prendere una decisione e così abbiamo fatto.

Puoi dire di essere pienamente soddisfatto della stagione della squadra?

Siamo contenti perché la squadra ha espresso quasi sempre il massimo di quello che poteva. Abbiamo partecipato a un calendario di primissima fascia, in cui le gare principali sono finite alle stesse due, tre squadre, mentre ce ne sono altre 22 che non hanno vinto e tra queste ci siamo anche noi. Alcuni atleti sono andati meglio di quanto ci aspettassimo, altri hanno reso meno, per cui forse non sta andando esattamente come vorremmo. Sicuramente potevamo fare meglio.

Maestri è il leader del Team Polti: di recente ha vinto il titolo europeo del mixed team relay
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Cosa vorreste?

Vogliamo crescere, andare avanti, vogliamo fare meglio. Dobbiamo anche guardare il rapporto tra investimento e risultati, che non vale solo nel calcio. Quando lavori con corridori che devono crescere, fai un certo tipo di lavoro e hai un costo. Se devi prendere corridori che garantiscono vittorie, ne hai un altro.

Prendere corridori che garantiscono il risultato potrebbe diventare una necessità?

Lo è già. Il problema è che in questo momento non abbiamo le risorse sufficienti. Voglio ringraziare i miei sponsor e quelli che con ogni probabilità ci seguiranno, perché ci hanno permesso di mantenere i corridori che abbiamo. Non era assolutamente scontato riuscire a tenere Piganzoli (foto di apertura, ndr). Non era assolutamente scontato tenere Lonardi. L’alternativa sarebbe stata aprire un nuovo ciclo, sapendo che ci sarebbe stata una differenza.

Quale?

Nel ciclo aperto con Piganzoli, i migliori under 23 volevano venire con noi. Se aprissimo un nuovo ciclo adesso, probabilmente non prenderemmo i migliori under 23. Però vi chiedo: quante squadre WorldTour quattro anni fa avrebbero preso Piganzoli? Nessuna, probabilmente. Davide è arrivato al professionismo con due vittorie e altre due le ha vinte da professionista, quindi quattro vittorie in tutta la sua carriera. Cosa vuol dire? Vuol dire che stiamo lavorando per tirare fuori un corridore che con orgoglio siamo riusciti far passare, nonostante non avesse un palmares eccellente. Questo fa sperare che alcuni di quelli che abbiamo adesso in organico, magari domani potrebbero venire fuori bene. Poi, ovvio… di Nibali non ne nasce uno ogni biennio.

Per Lonardi, una vittoria per ora nel 2024, ma tanti piazzamenti in maglia Polti-Kometa
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Piganzoli quest’anno ha fatto la prima altura in vita sua. E’ andato bene al Giro. Ci sta che nel 2025 spingiate di più sul gas?

Sì, sì, non c’è dubbio. “Piga” è un atleta che sa fare benissimo il mestiere del corridore che vince e può diventare un campione. Ha fatto un gran bel Giro d’Italia, diverso da quello di Pellizzari ad esempio, che reputo un atleta eccellente, ma il suo Giro è stato fatto di alti e bassi in cui ha potuto recuperare. Piganzoli invece ha tenuto duro tutti i giorni e noi da questo abbiamo capito che è un corridore da corse a tappe. Va forte in salita e va forte a cronometro, anche se dobbiamo lavorarci. Abbiamo un gioiellino che non è spremuto. Viene da realtà giovanili che l’hanno protetto e conservato: non sono molti gli juniores che non hanno fatto altura. Non sono molti gli juniores che si allenano 14-16 ore a settimana. Noi non sappiamo se tutta questa accelerazione precoce nelle categorie giovanili porterà lontano…

Cosa te ne pare?

La Mapei giovani e la Liquigas avevano un processo di crescita diverso rispetto ad ora e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Nibali, Viviani, Oss, Sagan, Pozzato, Cancellara… Insomma, li conoscete meglio di me. Oggi c’è un sistema diverso e credo che qui in Italia ci sia qualcosa da mettere a posto. Non mi voglio aggiungere ai miei colleghi o ex colleghi secondo cui in Italia manca la squadra WorldTour. Non voglio essere l’ennesimo, però è un fatto che non ci sono le squadre WorldTour che dovrebbero esserci, una soltanto è anche poco. Ma le squadre WorldTour non nascono così. E allora forse la responsabilità è anche mia…

Il Team Polti-Kometa occupa la 29ª posizione del ranking UCI per i team
Il Team Polti-Kometa occupa la 29ª posizione del ranking UCI per i team
Di cosa?

Di non essere stato capace in questi anni di cogliere tutto quello che c’è dietro, non solo il risultato o il piazzamento. Non siamo stati capaci di raccontarlo e questa è la conseguenza. Ho due sponsor che l’anno scorso non erano sulla maglia. Facevano parte di un club con cui facevamo attivazione alle corse, vuol dire che portavano degli ospiti alle gare per vivere l’esperienza della corsa. Uno di questi due sponsor metterà cinque volte tanto, l’altro moltiplicherà il suo impegno per sei. Siamo stati capaci di far venire persone e farle entusiasmare con un tifo trasversale, che sostiene anche il ciclista che arriva per ultimo. Però dobbiamo ancora imparare dalle altre discipline…

Imparare cosa?

Ho tre amici allenatori di calcio e a novembre andrò a visitarli in forma strettamente riservata per capire e studiare. Vado a vedere il basket, vado a vedere la pallavolo. Mi piace capire a livello sportivo e manageriale. Voglio imparare perché il calcio ha una maglia d’allenamento con uno sponsor e quella da partita con un altro. Perché in Coppa giocano con una maglia e in campionato con un’altra. Perché sono bravi e quindi bisogna andare a imparare da quelli più bravi di noi.

Contador è parte del Team Polti, ma sembra spesso lontano dalla sua gestione
Contador è parte del Team Polti, ma sembra spesso lontano dalla sua gestione
Ha senso rincorrere il calcio e altri sport?

Alcuni sono stati precursori. Il calcio è cambiato completamente, lo stesso la Formula Uno. Ci sono degli elementi su cui siamo stati molto disattenti, concentrati solo sulla performance o nel ripulire l’immagine di uno sport che si era parecchio contaminata. Però forse non siamo stato bravi a raccontare il contrario. Quando tu vai da un amministratore delegato di 50 anni e gli parli di ciclismo, magari lo vedi che è interessato. Però devi essere capace di raccontargli qualcosa per mandare via un’immagine che ha da quando 20 anni fa era all’università. Ha sentito e visto delle cose che gli sono entrate in testa e gli suggerirebbero di starci alla larga. Ma io dico che da più di un decennio questo mondo è completamente diverso. Per questo ho fiducia che la situazione cambierà e per questo bisogna essere pronti, con tutte le carte in regola.