Riley Sheehan, un sorriso in casa Israel

20.10.2023
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Se qualcuno ha pensato che la sua vittoria alla Parigi-Tours sia stata un caso, è bastato guardare l’ordine di arrivo della Japan Cup della settimana successiva per capire che non è così. Riley Sheehan è un talento vero, una delle sorprese di questo 2023, soprattutto un regalo che il ciclismo si è fatto proprio agli sgoccioli della stagione, perché a differenza di tanti altri suoi coetanei, Sheehan è arrivato quasi dal nulla.

Tesserato per un team americano, i Denver Disruptors, dedito soprattutto a un’attività interna, Sheehan ha trovato un ingaggio all’Israel Premier Tech come stagista dal 1° agosto e ha sfruttato questa opportunità al massimo, trionfando in quella che è considerata una delle grandi classiche per i velocisti e poi mettendosi in luce anche dall’altra parte del mondo.

Il clamoroso trionfo a Tours battendo il britannico Askey e il norvegese Johannessen
Il clamoroso trionfo a Tours battendo il britannico Askey e il norvegese Johannessen

E’ lì che lo abbiamo rintracciato, attraverso un inseguimento telefonico reso ancor più difficile dalla terribile situazione inerente tutto quel che riguarda Israele, che chiaramente ha influito anche sul team, con molti effettivi nazionali dello staff richiamati in patria e una gestione dei rapporti più problematica. Ma appena abbiamo avuto la possibilità di parlarci, Riley ha mostrato tutta la sua disponibilità per farsi conoscere un po’ di più.

Ti aspettavi di arrivare così in alto nella tua esperienza alla Israel?

Sapevo di avere buone gambe come avevo dimostrato alla Maryland Cycling Classic, poi è andato tutto di conseguenza. Sono arrivato molto motivato: senza grandi aspettative, ma con la voglia di giocare bene le mie carte. Non sono sorpreso, ma molto felice e sollevato di essere ad alto livello.

Riley Sheehan è nato a Boulder (USA) il 16 giugno 2000. In evidenza da junior, ha sofferto il cambio di categoria
Riley Sheehan è nato a Boulder (USA) il 16 giugno 2000. In evidenza da junior, ha sofferto il cambio di categoria
Che atmosfera c’è nel team, soprattutto dopo i tragici fatti del 7 ottobre?

E’ una situazione molto difficile. La notte prima della Parigi-Tours, ero nella camera d’albergo con Nadav Raisberg, il mio compagno di squadra e ho vissuto la sua angoscia per la difficoltà di comunicare con la famiglia, la sofferenza dettata dalla lontananza, il dolore profondo per quanto avvenuto. Tutti cercano di rimanere positivi e di supporto, si cerca di andare avanti, noi non israeliani abbiamo provato a stare il più possibile vicino a loro.

Alla partenza della Paris-Tours pensavi di poter vincere?

Onestamente no, ma sapevo che avrei potuto fare bene in gara. La forma era quella giusta, quindi sapevo che avrei potuto essere competitivo, ma non avrei mai immaginato di vincere davvero in un consesso così alto.

Per Sheehan la vittoria alla Joe Martin Stage Race è stata il viatico verso l’Europa (foto Instagram)
Per Sheehan la vittoria alla Joe Martin Stage Race è stata il viatico verso l’Europa (foto Instagram)
Raccontaci un po’ la tua storia…

Mio padre correva a livello professionistico (ora è diesse alla Human Powered Health, ndr) e io sono cresciuto andando in bicicletta a Boulder, in Colorado, località che è molto famosa per il ciclismo, molti professionisti americani hanno vissuto lì o sono venuti da lì. Intorno ai 14 anni ho iniziato a correre e ogni anno mi sono appassionato e innamorato sempre di più di questo sport. Da junior ero molto motivato, avevo vinto due volte il campionato nazionale a cronometro e una prova di Nation’s Cup.

E poi?

Nella categoria under 23 ho avuto molte difficoltà, ma ho continuato a credere in me stesso perché sapevo che avrei potuto essere ad alto livello. Quest’anno il lavoro ha dato i suoi frutti e ho vinto la Walmart Joe Martin Stage Race, prova UCI 2.2 negli Usa battendo di 16” Miguel Angel Lopez. I miei progressi sono stati davvero grandi, è incredibile vedere tutto il duro lavoro e la dedizione a che cosa mi hanno portato.

Tu corri nella squadra di Denver, che squadra è e come ti ci trovi?

Fa parte della NCL, una nuova lega ciclistica incentrata sui Criterium. Gare molto più brevi di quelle che sto facendo qui con la Israel. Lo staff di questa squadra è stato fenomenale. Reed Mcalvin è stato un grande supporto e ha creduto in me fin dal primo giorno. Anche Svein Tuft ha avuto un’ottima influenza come direttore del team.

L’americano si allena sulle strade della sua Boulder, sfruttando l’altitudine, anche insieme a Kuss, la maglia roja
L’americano si allena sulle strade della sua Boulder, sfruttando l’altitudine, anche insieme a Kuss, la maglia roja
Hai già fatto uno stage alla Rally Cycling due anni fa…

Solo sulla carta… Purtroppo non ho mai potuto correre una gara con loro a causa di un infortunio e di alcuni problemi di salute. E’ stato molto triste, un’opportunità che avevo e che mi è sfuggita di mano.

Che tipo di corridore sei, quali sono le gare dove vai meglio?

Sto ancora cercando di capirlo. Penso sempre di essere un buon corridore per tutte le gare. Se c’è un traguardo, sono molto motivato, ma penso ancora che dovrei provare a vincere altre gare per vedere che stile ho. Diciamo che le classiche mi sono piaciute e ho visto del buon potenziale.

C’è un corridore americano del passato che è il tuo idolo?

Essendo cresciuto a Boulder ho conosciuto molti professionisti del passato, ho avuto l’opportunità di allenarmi con corridori come Alex Howes e Taylor Phinney, persino Sepp Kuss quando viveva a Boulder. Ricordo di aver fatto un paio di giri con lui, è una grande ispirazione per gli altri americani vedere che cosa è possibile fare nel WorldTour.

Tutto il gruppo dei Denver Disruptors: c’è anche un’italiana, Valentina Scandolara (foto Instagram)
Tutto il gruppo dei Denver Disruptors: c’è anche un’italiana, Valentina Scandolara (foto Instagram)
Dopo la tua vittoria a Tours hai visto interesse per te da parte di team del WorldTour?

Finora ho avuto un po’ di interesse da parte di team importanti, ma aspetto che si concretizzi qualcosa.

Che cosa ti aspetti ora?

Oh cavolo, è una bella domanda. Sì, mi aspetto una buona stagione il prossimo anno e sono molto entusiasta all’idea di poter correre e vivere in Europa l’anno prossimo. E’ sempre stato il mio sogno. Sono molto motivato a dare il massimo, è ciò per cui ho sempre lavorato.

La nuova Factor O2 VAM, dedicata ai salitomani

12.07.2023
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La nuova Factor O2 VAM è stata sviluppata a braccetto con i corridori del Team Israel-Premier Tech. Gli atleti hanno espresso il desiderio di avere una bicicletta dove l’efficienza aerodinamica potesse diventare un aiuto nelle fasi più veloci, senza influire negativamente sul valore alla bilancia. Inoltre gli atleti hanno richiesto una rigidità inferiore alla Ostro VAM.

Questa è la quarta generazione della O2 VAM (scovata al Tour de France nei giorni scorsi), una bicicletta che nel suo percorso evolutivo ha sempre considerato di soddisfare prima di tutti gli amanti della salita e dei dislivelli impossibili. Entriamo nel dettaglio.

O2 VAM, cosa cambia

La prima cosa che balza all’occhio è il tubo piantone prolungato in modo importante verso l’alto, che non si interrompe nella zona di incrocio con l’orizzontale. La tubazione presenta una sorta di vero e proprio canale posteriore che ha un duplice compito. Il primo è quello di tenere allineato il supporto della sella, il secondo è quello di contribuire nella dissipazione delle vibrazioni. Il profilato da vita ad un vero e proprio integrato, con il reggisella che si innesta nella parte superiore del tubo del piantone. Il range di customizzazione dell’altezza sella è ampio. Inoltre, l’orizzontale si schiaccia in maniera vistosa man mano che scorre verso il piantone.

Rispetto alle versioni precedenti cambiano completamente le forme delle tubazioni, per via dei nuovi limiti/standard imposti dall’UCI.

La nuova Factor O2 VAM dà il via inoltre ad una rinnovata fase produttiva e di lavorazione del carbonio da parte dell’azienda, anche grazie ad un nuovo sito produttivo. Nello specifico, la tecnica del taglio delle pelli di carbonio permette di avere un prodotto più leggero, senza difetti (soprattutto nelle sezioni interne) dove anche la rigidità dei profilati stessi non è sacrificata.

Il telaio è un blend di fibre: T1000, M60J e anche TexTreme. Il triangolo principale è un vero monoblocco che nasce da uno stampo unico, mentre i foderi posteriori (gli obliqui e quelli bassi) sono applicati in un secondo momento. Il progetto è stato sviluppato considerando gli pneumatici da 28 millimetri come il riferimento, ma la forcella ed il retrotreno offrono il passaggio a gomme fino a 32 di larghezza.

Taglie e allestimenti

Sette le misure disponibili (45, 49 e 52, 54 e 56, 58 e 61), per due frame-kit e sei biciclette complete. I due kit telaio sono la versione Premium (730 grammi dichiarati nella misura 54), che ha un prezzo di listino di 6.049 euro e il Premium Black Inc. che comprende anche le nuove ruote 28/33 (1146 grammi dichiarati), con un listino di 8.599 euro.

La Factor O2 VAM con la trasmissione Shimano Dura Ace ha un prezzo di listino di 11.299 euro, mentre quella con l’Ultegra costa 9.499 euro. Si passa agli allestimenti Sram: Red AXS con power meter ha un prezzo di listino di 11.699 euro, senza il misuratore il prezzo scende a 11.349 euro. I due allestimenti con il nuovo Force AXS costano 9.699 euro con il misuratore di potenza, 9.499 senza power meter. Le combinazioni cromatiche disponibili sono tre, oltre alle personalizzazioni Prisma Studio.

Factor

Frigo, il diario del mio primo Giro d’Italia. I sospiri del via

16.05.2023
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BOLOGNA – Marco Frigo è al primo Giro d’Italia. E il primo Giro è come il primo amore: non si scorda mai. Altre sensazioni, altre emozioni. E’ un punto di arrivo e di partenza. Per un bambino che pedala, specie se italiano, è (quasi) tutto.

In queste tre settimane, con il corridore della Israel-PremierTech faremo una sorta di diario del suo Giro. Il racconto di quel che vive, pensa e fa Marco durante la corsa rosa.

E di cose ce ne sono da raccontare. Basterebbe dire che Frigo è in camera con Domenico Pozzovivo… per il più classico del “vecchio e giovane”.

Marco Frigo (classe 2000) nei suoi primi chilometri in assoluto al Giro a Fossacesia. Ottima posizione per lui
Marco Frigo (classe 2000) nei suoi primi chilometri in assoluto al Giro a Fossacesia. Ottima posizione per lui

Due respiri e si parte

E come ogni diario che si rispetti, partiamo dall’inizio, anzi dalla vigilia.
«E’ stata tranquilla – attacca Frigo – abbiamo fatto la ricognizione della crono e lì ho cominciato a vivere veramente l’aria del Giro. Siamo arrivati alla partenza e stavano ancora allestendo tutto. Questo mi ha fatto concentrare, perché comunque volevo fare una buona cronometro. Era la prima crono al mio primo Giro, non potevo non farla a tutta».

La notte Frigo la passa sereno. Finalmente tranquillo e ammette che ultimamente non ha più “problemi di farfalle nello stomaco”, testuali parole. Ma quando sale sulla rampa il giorno dopo…

«Quello è stato il momento più emozionante. Sulla rampa ho avuto cinque secondi di brividi. E’ stato un sentimento di orgoglio per tutto l’impegno profuso in tanti anni per arrivare ad essere professionista. Ero un pro’ che faceva il Giro. In più mettici questa atmosfera così “luccicosa”… Però poi ho fatto due respiri profondi e appena sono partito sono stato atleta al 100 per cento. Ho seguito il passo che i tecnici mi avevano programmato».

Nel giorno di riposo, Frigo scherza sul sassolino nella scarpa che gli è capitato a Napoli (foto @noa_toledo_arnonphoto)
Nel giorno di riposo, Frigo scherza sul sassolino nella scarpa che gli è capitato a Napoli (foto @noa_toledo_arnonphoto)

Prime tappe e un sassolino

Dopo Ortona sono iniziate le tappe e la loro routine: corsa, mangiare, dormire… E tutto sommato visto l’andamento tattico di questo Giro, Frigo ha vissuto un approccio soft.

«Un po’ più di stress c’è stato la sera di Campo Imperatore: frazione lunga, il trasferimento prima in funivia, poi il viaggio in bus. Siamo arrivati molto tardi in hotel. Giusto il tempo di cenare e dopo venti minuti ero a letto. E a me piace fare le cose con calma.

«A livello di corsa invece, in questa prima settimana lo stress maggiore c’è stato nella tappa di Napoli. Non saprei dire un vero perché, ma siamo partiti forte, nelle discese siamo andati a tutta e lo stesso nel finale siamo andati forte – purtroppo – e abbiamo ripreso Clarke. In più avevo un sassolino nella scarpa.

«Avevamo iniziato già ad accelerare nelle prime fasi e sentivo questo fastidioso sassolino. Ogni tanto si muoveva, ma non c’è stato un momento per togliere la scarpa e farlo uscire. Questo fa capire che quella tappa è stata la più ostica sin qui».

Prima settimana filata via bene per il veneto. Marco vuole fare esperienza e puntare un giorno sulle corse a tappe
Prima settimana filata via bene per il veneto. Marco vuole fare esperienza e puntare un giorno sulle corse a tappe

La gamba c’è

Tutto sommato Frigo ha passato una buona prima settimana. Racconta che il poco stress nelle prime frazioni lo ha introdotto per gradi nel clima del Giro e che qualche energia magari si è anche risparmiata. 

«Alla fine – va avanti il veneto – sono arrivato bene al primo giorno di riposo. Non lo bramavo a tutti i costi. Per me ci sarebbe potuta essere anche un’altra tappa oggi (ieri per chi legge, ndr). Forse anche perché la seconda crono l’ho affrontata in modo diverso. Con i tecnici è stato deciso di non farla a tutta, ma di andare secondo le sensazioni. Pensate che nei primi 7 chilometri neanche ho guardato il potenziometro. Ho preso un passo e poi ho capito che lo avrei potuto tenere fino a Cesena».

L’incontro con Frigo nel giorno di riposo a San Giovanni in Persiceto (Bologna)
L’incontro con Frigo nel giorno di riposo a San Giovanni in Persiceto (Bologna)

Il coinquilino Pozzovivo

«Col “Pozzo” – racconta Frigo – mi sto trovando davvero bene. Il mio obiettivo è quello di essere quanto più “spugna” possibile. Cercare di rubare da lui ogni piccolo particolare. Di fatto è un mese, dal Tour of the Alps, che siamo insieme. 

«Ho trovato una persona umile, educata e disposta ad aiutare – racconta Frigo – abbiamo instaurato un bel rapporto. Parliamo non solo di ciclismo. Lui è appassionato di politica ed è un’enciclopedia un po’ su tutto.

«Vi dico questa. Pochi chilometri dopo il via della prima tappa in linea, dopo una curva a sinistra siamo capitati in un vigneto e mi fa: “Guarda Marco, quel vitigno è… (non ricordo il nome) e dà un bianco molto pregiato che è ottimo col pesce”.

«Oppure quando mi ha detto della sua vittoria a Lago Laceno. Tra virgolette aveva dichiarato di volerla vincere. Domenico aveva detto ai suoi tifosi che avrebbe attaccato su quel tornante e poi su quel tornante ha attaccato veramente».

Tra le altre cose che Pozzovivo insegna e che Frigo apprende ci sono le previsioni meteo. Marco ha parlato addirittura di interpolazioni. Anche Frigo è un cervellone. E’ iscritto a ingegneria. E un paio di volte lui e Domenico si sono ritrovati a discutere di scienza. Erano su posizioni contrapposte e ne è nato un bel dibattito. Il Giro d’Italia è anche questo…

«Però qualche domanda me la fa anche lui. Per esempio sull’utilizzo di alcuni social o sull’utilizzo della tecnologia. Lì vado forte!».

In gruppo Marco parla spesso con Zana, compagno di tante avventure tra gli U23
In gruppo Marco parla spesso con Zana, compagno di tante avventure tra gli U23

Si riparte

Un bel viaggio per Marco sin qui. Oggi si riparte. Marco sta bene, è motivato e inizia a pensare alle tappe più avanti. «Per ora – dice Frigo – è tutto okay, magari fra una settimana sarà diverso. Ma per ora mi godo la corsa e il gruppo».

Un gruppo diverso quello del Giro a quanto pare. Il modo di correre è differente rispetto ad una breve corsa a tappe o ad una classica e anche i movimenti del plotone di conseguenza ne risentono. Marco racconta di una Ineos-Grenadiers che vede muoversi come vera squadra, di Formolo e Bettiol che sono due bei chiacchieroni, delle conversazioni con Zana, con cui da under 23 ha condiviso parecchio in nazionale.

«Questa settimana – racconta Frigo – in gruppo si è parlato un po’ del meteo, ma anche delle partite di Champions League. Dopo il derby di andata, con Cimolai ci siamo fatti i complimenti per la vittoria della nostra Inter contro il Milan!».

Pozzovivo all’amico Cataldo: «Ti aspetto a fine Giro»

31.03.2023
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CARPI – Quando gli abbiamo chiesto di parlare con lui della terribile caduta di Dario Cataldo al Catalunya, Domenico Pozzovivo ci ha anticipato la risposta annuendo con un sorriso sincero, quasi si aspettasse la nostra richiesta.

Pur toccando un argomento sempre molto delicato, che spesso si addentra nella sfera personale, eravamo certi di avere la disponibilità del 40enne scalatore della Israel-Premier Tech. Solo chi ha toccato con mano (letteralmente verrebbe da dire) il dolore del proprio corpo sull’asfalto, in un ciclismo che va sempre più veloce, può avere la necessaria sensibilità per dare il suo punto di vista. Il “Pozzo” nel corso degli anni ha saputo esorcizzare tutti gli infortuni subiti – e le relative conseguenze come operazioni e problemi di postura – con un grande spirito e con quel briciolo di ironia che gli riesce bene. Ecco cosa ci ha detto.

Botta e risposta al cellulare

Il 20 marzo Pozzovivo e la sua Israel arrivano all’hotel Parco di Riccione per la Coppi e Bartali del giorno dopo. Nel frattempo la prima tappa della Volta a Catalunya si conclude con la vittoria di Roglic su Evenepoel e con la botta pazzesca di Cataldo a 5 chilometri dal traguardo.

Il bollettino comunicato dalla Trek-Segafredo sarà pesante. Sintetizzando: frattura della testa del femore sinistro e dell’acetabolo destro, due fratture delle vertebre, costole multiple rotte, pneumotorace bilaterale e frattura della clavicola sinistra. Domenico, che in carriera si è rotto più di venti ossa e ha subito più di quindici operazioni chirurgiche, manda immediatamente un messaggio al suo amico Dario.

Abruzzesi. Il giorno dopo la caduta di Cataldo, Ciccone vince e gli dedica il successo
Abruzzesi. Il giorno dopo la caduta di Cataldo, Ciccone vince e gli dedica il successo

«Volevo giusto sincerarmi del suo morale – racconta Pozzovivo – perché so che quel tipo di cadute sono dure da assorbire. L’ho sentito subito bene e mi ha fatto piacere dargli il mio sostegno una volta di più. Ovviamente, senza mettergli fretta, gli ho detto che lo attendo presto in riva al lago a pedalare con me (abitano entrambi nella zona di Lugano, ndr).

«Dario mi ha risposto abbastanza velocemente considerando tutto – continua il lucano – senza dirmi quando ci vedremo però è stato brillante. Quando uno minimizza il proprio grave infortunio, significa che è già oltre la fase critica. Anch’io ho sempre fatto così (sorride, ndr). Dicevo che era solo una botta che passava. Quando pensi sempre a poter rimediare, vuol dire che sei già proiettato bene per recuperare».

2018. Cataldo e Pozzovivo durante la recon del Lombardia insieme a Nibali, Gasparotto, Aru e Orrico (foto instagram)
2018. Cataldo e Pozzovivo durante la recon del Lombardia insieme a Nibali, Gasparotto e Orrico (foto instagram)

Consigli preziosi

Pozzovivo e Cataldo sono corridori esperti, eppure i consigli non si rifiutano mai da chi una situazione l’ha già vissuta più di una volta. E tutto torna utile.

«In base alla mia esperienza – spiega “Pozzo” – so che si preconizzano determinati tempi di recupero. Ma proprio su questi o sulle prognosi ho imparato sulla mia pelle che bisogna sempre dividere per due, come la conversione euro-lira (sorride, ndr). Siamo atleti di alto livello e abbiamo capacità di recupero fuori dal normale. Quindi non bisogna demoralizzarsi sulle tempistiche che vengono prescritte nelle maniere burocratiche. Da lì in poi, nel recupero bisogna cercare di essere al limite del rischio ma senza andare a compromettere le situazioni. D’accordo anticipare i tempi, ma usando la testa».

Pozzovivo in carriera ha subito più di 15 operazioni che gli hanno modificato la postura in bici
Pozzovivo in carriera ha subito più di 15 operazioni che gli hanno modificato la postura in bici

La testa giusta

Sappiamo bene che dopo le cadute, dal punto di vista fisico vengono stimati dei tempi della ripresa. Ma dal punto di vista morale quanto ci si mette? Che pensieri passano per la testa? Pozzovivo conosce le risposte.

«E’ un po’ una situazione che tira l’altra – analizza – nel senso che quando tocchi il fondo a causa di una caduta importante, c’è il lato positivo perché vedi che i miglioramenti. Soprattutto all’inizio sono molto rapidi. Quello che ti deve dare la spinta è non guardare troppo in là ma vedere giorno per giorno ed essere soddisfatti dei progressi che riesci a raccogliere.

«Il pensiero di smettere di correre ti balena nel cervello – prosegue – quando sei lì al pronto soccorso, in attesa degli esami e di capire cosa ti sei fatto, hai questa idea. Poi però sparisce alla svelta, specie quando iniziano a… provocarti dal punto di vista psicologico. Quando i medici ti dicono che farai fatica a recuperare da quell’infortunio ecco che scatta qualcosa. Inizi già a reagire. Loro giustamente si attengono alle loro competenze e ti dicono così per prendersi qualche responsabilità in meno. Restano prudenti e li comprendo. Comunque nella testa di Dario non ho sentito questo mood negativo di voler smettere».

Cataldo è arrivato alla Trek-Segafredo lo scorso anno come guida per Ciccone ed è diventato un leader del team
Cataldo è arrivato alla Trek-Segafredo lo scorso anno come guida per Ciccone ed è diventato un leader del team

Appuntamento in bici

«In ogni caso – conclude Pozzovivo – il recupero da infortuni del genere viene agevolato anche da tutte le persone che hai attorno. Famiglia, amici, compagni di squadra, lo staff ed anche il proprio agente. Ci sono tante persone, ma la prima è la compagna, fidanzata o moglie a seconda delle situazioni in cui si è. E’ lei che subisce tutto nel bene o nel male (sorride, ndr). Dario continuo a sentirlo e gli ho mandato un ulteriore messaggio, fissando un appuntamento. Questa estate dopo il Giro d’Italia ci faremo quelle sane pedalate di recupero assieme».

EKOI e Israel Premier Tech: accordo fino al 2025

20.12.2022
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Dall’avvio della prossima e attesa stagione 2023, il team Israel Premier Tech inizierà a collaborare con EKOI per quanto riguarda la fornitura tecnica di abbigliamento, caschi ed occhiali. Questo importante accordo – di durata triennale e dunque valido fino alla fine della stagione agonistica 2025 – consentirà al brand francese produttore di abbigliamento ed accessori per il ciclismo di continuare a proporre importanti innovazioni sempre al servizio della performance dei propri clienti. 

Nel corso dei recenti ritiri di inizio stagione, diversi membri dello staff tecnico EKOI hanno avuto modo di viaggiare in Spagna per permettere ai corridori di provare individualmente abbigliamento, caschi e occhiali. Non a caso, proprio questo servizio “su misura”, oltre alla disponibilità EKOI nei confronti dei propri atleti, rappresentano entrambe due qualità ben definite nel Dna dell’azienda. E in occasione di questi primi meeting tecnici, campioni del calibro di Chris Froome, Jakob Fuglsang e Michael Woods hanno avuto modo di trasferire immediatamente il proprio feedback sia al responsabile della sponsorizzazione EKOI Pietro Cicoria quanto ai tecnici, con l’obiettivo di perfezionare tutti i dettagli. 

L’accordo tra Ekoi e Israel Premier Tech sottolineato dalla stretta di mano fra il manager Carlstrom (a sinistra) e Pietro Cicoria di Ekoi
L’accordo tra Ekoi e Israel Premier Tech nella stretta di mano fra Kjell Carlstrom (a sinistra) e Pietro Cicoria di Ekoi

Tecnica e performance

«Come squadra, eravamo alla ricerca di un marchio in grado di offrirci attrezzature di alta qualità – ha dichiarato Kjell Carlstrom, il General Manager della Israel Premier Tech – e con EKOI abbiamo trovato molto di più. Siamo stati conquistati dalla loro reattività e dalla loro volontà di offrirci il miglior materiale possibile per l’ottimizzazione delle prestazioni. Inoltre, abbiamo anche potuto visitare la loro sede e comprendere meglio la bellissima etica del marchio».

«Sin dalla propria creazione – ha ribattuto Jean-Christophe Rattel, il fondatore di EKOI – il brand è sempre stato molto attento all’attività dei professionisti e dei loro team. Essere i fornitori tecnici di alcuni dei grandi campioni che hanno segnato la storia del ciclismo rappresenta per noi un vero e proprio onore… e siamo orgogliosi di poter da loro essere riconosciuti per il nostro lavoro e per il nostro know-how». 

Il marchio francese è produttore di abbigliamento ed accessori per il ciclismo
Il marchio francese è produttore di abbigliamento ed accessori per il ciclismo

Disponibile sono online

Anche Chris Froome ha avuto importanti parole di apprezzamento nei confronti di EKOI in occasione di questi primi incontri tecnici.

«Le mie prime impressioni quando ho avuto modo di indossare i capi e gli accessori EKOI – ha dichiarato il quattro volte vincitore del Tour – sono state estremamente positive. In primo luogo perché la qualità dei materiali è evidente e la finitura eccellente. In seconda battuta, perché questo marchio sa bene cosa i ciclisti professionisti si aspettano».

Chris Froome sarà ancora uno dei corridori di prim’ordine della Israel
Chris Froome sarà ancora uno dei corridori di prim’ordine della Israel

Creato nel 2001, EKOI si è rapidamente affermato come brand leader in Francia per quanto riguarda la produzione di abbigliamento e accessori per ciclisti. Pioniere della vendita diretta online fin dal 2008, EKOI ha così scelto di eliminare alcuni passaggi commerciali intermedi proponendo ai consumatori prodotti “premium” in grado di combinare design e tecnicità. La costante collaborazione con alcuni dei migliori ciclisti professionisti in circolazione permette ad EKOI di offrire prodotti estremamente innovativi, favorendo così le prestazioni e le… vittorie in molteplici e grandi competizioni sportive al mondo.

Ekoi

Fuglsang, altri due anni di contratto e qualche spina

04.12.2022
4 min
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Probabilmente a 36 anni si smette di cercare l’ambiente giusto e si punta al miglior ingaggio. La Israel-Premier Tech è una squadra WorldTour, deve crescere, ma tanto male non sarà. Probabilmente Jakob Fuglsang deve aver pensato questo lo scorso anno quando ha accettato il triennale con la squadra israeliana, che lo porterà sino alla soglia dei 40 anni. Ma le cose non sono andate come il danese si aspettava. Parecchi dei corridori che se ne sono andati e anche alcuni che sono rimasti fanno fatica a comprenderne i meccanismi, nonostante ai suoi vertici ci siano uomini di comprovata esperienza.

Forse non è per caso che la stagione si sia conclusa con la retrocessione tra le professional, che porta via ogni certezza di partecipare ai grandi Giri. Per Fuglsang invece il 2022 è andato in archivio con la vittoria alla Mercan’Tour Classic Alpes-Maritimes e in precedenza il terzo posto al Giro di Svizzera. Il ritiro dal Tour dopo la caduta nella 15ª tappa con tanto di frattura di una costola non ha contribuito a rendere l’estate un posto migliore. Resta pendente il ricorso al Tas da parte del team, ma è opinione diffusa che la manovra non sortirà grandi effetti.

Giusto una settimana fa, Fuglsang ha partecipato a Beking 2022, evento di solidarietà a Monaco
Giusto una settimana fa, Fuglsang ha partecipato a Beking 2022, evento di solidarietà a Monaco
Come stai?

Bene. Ho ricominciato piano piano. Non so da dove partirò, dovremo vedere. Alla fine l’obiettivo è sempre vincere, ma bisognerà capire cosa succede con la squadra. C’è il ricorso, ma se andiamo giù bisognerà vedere che gare potremo fare. Secondo me non c’è ancora nulla di certo al 100 per cento. L’UCI non ha ancora ufficializzato niente, come pure non ha annunciato l’ingresso nel WorldTour delle squadre promosse. Stiamo aspettando.

Hai ancora due anni di contratto, giusto?

Sì, esatto. In teoria dovremmo poter fare tutte le corse WorldTour in linea. Anche le corse Monumento. Se va così, sicuramente riusciamo a fare un bel programma. E poi spero che ci diano l’invito per fare il Giro. Se davvero arrivasse, mi piacerebbe tornare a fare il Giro d’Italia.

La scorsa estate, Fuglsang era arrivato al Tour in buona condizione: qui sesto nella tappa di Mende
La scorsa estate, Fuglsang era arrivato al Tour in buona condizione: qui sesto nella tappa di Mende
A che punto sei della carriera?

Al punto che non penso più alle classifiche dei grandi Giri, mi vedo più per vincere delle tappe. E’ quello che vorrei fare. Ho già fatto una top 10 al Giro e una top 10 al Tour e a questo punto per me fare un quinto o sesto posto in classifica generale cambia davvero poco. Invece vincere una tappa è qualcosa su cui punto molto.

Parlando con Kreuziger, è venuto fuori che Bjarne Riis è stato il tecnico che ha più stimato. Per te è stato lo stesso?

Quelli con Bjarne forse non sono stati gli anni migliori, ma ho imparato tanto. Tutti quelli che hanno corso per lui, ma anche i meccanici e i massaggiatori, parlano sempre bene di lui. Sono sempre orgogliosi di avere avuto l’esperienza di lavorare con lui. Con chiunque io ne parli, mi dice la stessa cosa. Anche Nizzolo la pensa così, anche se lui ci ha lavorato per un breve periodo alla Qhubeka.

Il Lombardia ha chiuso il 2022 di Fuglsang, stagione con 59 giorni di corsa e 9 piazzamenti fra i 10
Il Lombardia ha chiuso il 2022 di Fuglsang, stagione con 59 giorni di corsa e 9 piazzamenti fra i 10
Bjarne era il mago dell’organizzazione, questa squadra è nata da zero, a che punto si trova?

C’è ancora da migliorare in tutte le cose, ma non c’è niente di strano: tutte le squadre possono migliorare.

Se volesse, Fuglsang potrebbe chiedere la rescissione del contratto, come succede quando una squadra perde lo status di WorldTour, ma si torna al ragionamento di partenza. Due anni di quel buon contratto rendono più accettabile anche il fatto di dover a volte alzare lo sguardo al cielo.

A 37 anni Froome è ancora lì. Con il sogno di sempre…

13.11.2022
5 min
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Chris Froome ha valicato la soglia dei 37 anni. Nel 2022 ha corso per 62 giorni e solo in uno di questi è sembrato essere, seppur lontanamente, quel corridore capace di entrare nella ristretta cerchia dei vincitori di tutti i grandi giri, portandone a casa ben 7 (4 Tour, 2 Vuelta, un Giro). Un campione la cui parabola ascendente si è bloccata quel maledetto 12 giugno 2019, con quella caduta al Giro del Delfinato proprio prima della cronometro, quando il suo fisico andò letteralmente in pezzi come un bicchiere di cristallo.

Riprendersi, anche solo per camminare e poi salire su una bici, fu uno sforzo sovrumano, ma ora Froome è lì, che anno dopo anno pedala in mezzo al gruppo, spesso anche in fondo. Tanti nel profondo pensano: «Ma chi glielo fa fare? Tanto ormai…». E’ proprio quell’ormai che dà al britannico la forza di insistere, che gli dice di non arrendersi perché la sua bella storia non può finire così.

Ai suoi interlocutori Froome è apparso più ottimista sul suo futuro, per nulla demoralizzato
Ai suoi interlocutori Froome è apparso più ottimista sul suo futuro, per nulla demoralizzato

Quel giorno all’Alpe d’Huez

Dicevamo di un giorno del 2022, un giorno speciale. Il giorno dell’Alpe d’Huez al Tour de France. Chi c’era dice che vedendolo passare sembrava che le lancette del tempo fossero tornate bruscamente indietro, a quando Froome dava spettacolo davanti a tutti. «Quello è stato il miglior giorno da tre anni a questa parte – afferma il britannico – perché mi sono sentito rinato, ero di nuovo io».

Quel giorno Froome raggiunse la fuga principale sulle rampe del Galibier, prese di petto la Croix de Fer e diede battaglia sull’Alpe d’Huez finendo dietro solo al vincitore Pidcock e a Meintjes. Era tornato il Froome dei bei tempi, per un attimo fuggente.

Ripensandoci, Froome, intervistato da Cyclingnews, tiene i piedi saldi per terra nel giudizio della stagione che non può certo dipendere da una sola giornata: «E’ stato un anno iniziato male e finito peggio. Un altro anno scivolato via, ma che mi ha lasciato un barlume di speranza e a quello mi aggrappo con tutte le forze. Avevo iniziato il Tour come preparazione per la Vuelta, il mio vero obiettivo dopo aver avuto tanti problemi fisici a inizio stagione. Ho iniziato a sentirmi di nuovo io, come non mi accadeva da tantissimo tempo. Poi, improvviso, ecco che arriva il Covid. Io sono asmatico e quella maledetta malattia mi ha lasciato strascichi che mi sono portato dietro per tutto il resto della stagione.

E’ la scalata dell’Alpe d’Huez e Froome sembra tornato a brillare
E’ la scalata dell’Alpe d’Huez e Froome sembra tornato a brillare

Tutto rovinato dal Covid

«L’Alpe d’Huez è stata un momento per me importante. Ho lottato, come non potevo fare da tempo. Le gambe rispondevano. Andavo meglio di quanto pensassi, considerando che per me era una preparazione per un altro grande giro».

Quel ritiro ha interrotto il sogno e Froome ne è cosciente: «Ho ricominciato ad arrivare in fondo al gruppo. La Vuelta stava andando al contrario di come speravo, ma proprio pensando all’Alpe d’Huez dicevo ogni giorno che dovevo arrivare al traguardo, accumulare chilometri e fatica perché mi sarebbero venuti utili in seguito. Guardavo già al 2023 e lo faccio ora consapevole che ci sono dei lati di quest’annata sfortunata che mi fanno ben sperare.

Il britannico ha chiuso la Vuelta al 114° posto, ma ha voluto concluderla pensando al 2023
Il britannico ha chiuso la Vuelta al 114° posto, ma ha voluto concluderla pensando al 2023

Mente già puntata al 2023

«Intanto è stato il primo anno dal 2019 nel quale non ho sentito alcun effetto della caduta di Roanne. Poi il fatto che prima del Covid avevo raggiunto una condizione che non toccavo da tre anni a questa parte. Io vorrei ripartire da lì, ma c’è tanto da fare».

Froome ha già ripreso la preparazione e guarda al 2023 con ottimismo, «a condizione però che tutta la prima parte sia un periodo ininterrotto di allenamenti e gare senza acciacchi, malattie, infortuni. Poi voglio inseguire obiettivi mirati, non grandi, legati a vittorie parziali in corse a tappe, lottare per qualche classifica, ripartire insomma da target che possono essere alla portata».

L’ultimo grande giro vinto da Froome: la corsa rosa del 2018. E’ anche l’ultima grande vittoria
L’ultimo grande giro vinto da Froome: la corsa rosa del 2018. E’ anche l’ultima grande vittoria

Entrare nel “club dei 4”

Considerando il suo passato, perché allora tirare diritto per obiettivi che nulla darebbero di più alla sua fantastica carriera? Intanto perché ogni risultato, ancor più una vittoria avrebbero il dolce sapore del riscatto contro il destino. Poi perché nel suo cuore alberga sempre il sogno di entrare a far parte del “Club dei 4”, coloro che hanno vinto per 5 volte il Tour de France (Anquetil, Merckx, Hinault, Indurain). Lui lo ha fatto quattro volte, l’ultima nel 2017. Ora è un altro ciclismo, quello dei ragazzi terribili, ma Froome è ancora convinto di potercela fare.

«Molti al posto mio avrebbero mollato, ne avrebbero avuto abbastanza, soddisfatti già per il fatto di essere tornati alla normalità. Ma io no, sono convinto di poterlo fare. Amo troppo questo mestiere, amo il viaggio che porta a una vittoria, fatto di allenamenti, l’attesa, la corsa, la sua evoluzione, quella gioia di un istante quando sai di aver vinto. Il cercare di ottenere sempre il meglio da me stesso. Mi sento come un neoprofessionista, ma con l’esperienza di 13 anni di carriera. Riparto da qui…».

La Israel retrocessa, il WorldTour e le critiche di Cozzi

09.11.2022
5 min
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«Non è vero che nessuno ha protestato – dice Claudio Cozzi con la voce risentita – avete mai partecipato a una riunione dell’UCI sul WorldTour? Ci sono le 18 squadre che, avendo comprato la licenza, sono soci della stessa organizzazione. Arrivano alle riunioni e gli viene detto: «Abbiamo deciso di fare così!». Punto. Avete mai sentito di qualche decisione presa in accordo con le squadre? Tante si sono lamentate per la situazione. Era a rischio anche la Movistar, come anche la Bike Exchange che ha la licenza da 10 anni…».

Claudio Cozzi era già alla Katusha, da cui la Israel-Premier Tech ha comprato la licenza WorldTour
Claudio Cozzi era già alla Katusha, da cui la Israel-Premier Tech ha comprato la licenza WorldTour

Calendari diversi

La Israel-Premier Tech invece è retrocessa. Nel ciclismo stupendo ma per certi versi disfunzionale degli ultimi anni, quel che si fatica a considerare credibile è il sistema dei punti – promozioni e retrocessioni – varato dall’UCI. E’ palese che se le squadre non disputano lo stesso… campionato, è impossibile che la classifica risulti attendibile. Così c’è chi ha gareggiato per tutto l’anno nel WorldTour e chi invece ha fatto razzia di punti nelle corse più piccole. Come quando nel dilettantismo dei prima e seconda serie, si andavano a disputare le tipo pista al Sud che davano gli stessi punti delle corse al Nord.

La squadra del miliardario israeliano Sylvan Adams è finita tra le professional a capo di una stagione non certo brillante, anche se ha presentato ricorso. E siccome meglio di loro ha fatto anche la Total Energies di Sagan e compagni, nel 2023 la squadra israeliana sarà soggetta agli inviti. Le wild card, spiega infatti Cozzi, spetteranno infatti alla Lotto Dstny e al team francese.

La vittoria di Woods al Gran Camino è stata uno dei momenti migliori della primavera
La vittoria di Woods al Gran Camino è stata uno dei momenti migliori della primavera
Come l’avete presa?

Non bene. Sono stati spostati i mondiali di calcio, sono state rimandate le Olimpiadi, non so perché abbiano continuato con questa situazione, visto che già a dicembre qualcuno si lamentava. Il nostro percorso è stato molto accidentato dall’inizio della stagione. C’erano corridori che arrivavano alle corse e li dovevi rimandare a casa subito perché stavano male. Vomito e dissenteria nel periodo del virus intestinale, oppure Covid o febbre. Per problemi come questo abbiamo perso tutta la parte importante della stagione. Abbiamo avuto un po’ di luce al Gran Camino dove Woods ha vinto la tappa, poi è arrivato secondo in classifica.

Siete mancati soprattutto a primavera…

Ben Hermans non ha mai corso quest’anno ed è uno che ha sempre portato punti. Mancando corse importanti come Tirreno, Sanremo, Strade Bianche, Catalunya, Paesi Baschi e classiche, sono tanti punti che perdi. Alla fine dell’anno scorso eravamo a metà classifica. L’anno prima eravamo entrati nel WorldTour con i contratti in essere, quindi il team era quello, con rispetto per i corridori che c’erano. Non era andata neanche male. Avevamo vinto una tappa al Giro con Dowsett e una alla Vuelta con Dan Martin, che era arrivato quarto. Anche l’anno scorso è stata una buona stagione con una tappa al Giro e altre vittorie. Invece quest’anno purtroppo non abbiamo mai potuto essere competitivi. La gente parla, però io so quanto abbiamo lavorato.

Al Tour de France, la commovente vittoria di Houle, con dedica al fratello. L’abbraccio di Woods
Al Tour de France, la commovente vittoria di Houle, con dedica al fratello. L’abbraccio di Woods
Per provare a salvarvi?

Abbiamo lavorato per cercare di risolvere la situazione, anche mettendo sotto stress staff e corridori. Per andare a cercare le corse, rendendoci conto che non è logico il modo in cui è stata fatta la divisione dei punti fra le corse di seconda categoria e quelle WorldTour. C’erano dei momenti in cui noi facevamo contemporaneamente 2-3 corse WorldTour, mentre altre squadre di cui non faccio il nome, andavano nelle corse minori a fare tutti i loro punti.

Retrocedere significa non avere più il calendario di prima.

Un’altra cosa che secondo me non è normale è il periodo di tre anni fino alle prossime promozioni e retrocessioni. Se così vogliono fare, allora il meccanismo deve essere secondo me annuale, come in tutti gli sport. Per come è adesso, le wild card le avranno la Lotto e la Total Energies che è finita davanti a noi, mentre noi saremo soggetti agli inviti. Poi guardi il livello delle squadre e pensi: le due che sono salite hanno l’organico per fare i tre grandi Giri? Forse la Alpecin, che però ha perso Merlier e Jay Vine, che gli ha vinto due tappe alla Vuelta. Hanno Philipsen e Van der Poel, ma anche loro dovranno barcamenarsi.

De Marchi Giro 2021 Regeni
Alessandro De Marchi in rosa al Giro del 2021: il friulano lascia la Israel e passa alla Bike Exchange
De Marchi Giro 2021 Regeni
Alessandro De Marchi in rosa al Giro del 2021: il friulano lascia la Israel e passa alla Bike Exchange
Quanto è stato stressante per staff e corridori?

Io vi dico che non ho mai finito stanco come quest’anno. C’erano più corse da fare. A un certo punto Verbrugghe (altro tecnico della Israel, ndr) mi ha chiesto se dovessimo fare ancora più corse. Ma cosa volevi fare di più? Abbiamo corso tantissimo. Quando è finita l’ultima, la Veneto Classic, ha ricominciato a circolarmi il sangue, dopo mesi di biglietti da fare e rifare, corridori da mettere insieme per le corse, biciclette da spostare, i mezzi. Mostruoso, non potete immaginarlo. Non ho mai fatto così tanto lavoro in vita mia…

Cambia qualcosa nella squadra 2023?

L’organico rimane uguale, alla fine saranno 26-27 corridori. Non puoi averne tanti di meno, almeno da quello che ho capito, se vuoi provare a ritornare nel WorldTour. Smantellare sarebbe deleterio, perché comunque l’idea è costruire una squadra che diventi un riferimento. Sylvan Adams qualcosa per il ciclismo l’ha fatto. Ha organizzato la grande partenza del Giro da Israele. Ha aiutato le ragazze afghane a venire qua. Ha istituito la Fondazione per costruire un centro in Rwanda, che partirà presto. Insomma, io spero che lui possa rimanere nel WorldTour perché se lo merita.

Il piano di Nizzolo: recupero e distanza su Cipressa e Poggio

14.03.2022
4 min
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Una settimana intera per lucidare bici e muscoli e arrivare giusti alla Sanremo, con la Milano-Torino nel mezzo come ultima occasione di verifica. La volata di San Benedetto ha messo in fila i velocisti rimasti dopo in gara e se anche non ha offerto una proiezione per la sfida di sabato, ha regalato il sorriso a Bauhaus e riportato in alto l’umore di Giacomo Nizzolo (in apertura al colpo di reni contro il tedesco). Il milanese, che da quest’anno corre con la Israel-Premier Tech, ha provato il treno e le forze, arrendendosi solo sulla linea. Considerando che era partito per la Tirreno senza grosse aspettative, il passo avanti è da annotare.

«Le sensazioni sono state buone ieri – ha detto dopo l’arrivo – fare una Tirreno in crescendo è un buon segnale per sabato. Tutta questa fatica è stata per la Sanremo e per le classiche, perché sento che la mia condizione deve crescere, quindi è giusto far fatica. Questa corsa è stata un’ottima occasione per migliorare ancora».

Nel gruppetto verso il traguardo di Fermo dopo i muri: Nizzolo sorride, Cavendish un po’ meno
Nel gruppetto verso il traguardo di Fermo dopo i muri: Nizzolo sorride, Cavendish un po’ meno

La base è buona

Lo avevamo incontrato alla Kuurne-Buxelles-Kuurne e ragionato con lui del nuovo treno. E ora che i meccanismi sembrano funzionare, almeno per quanto si è visto ieri, il focus si sposta sulla sua condizione alla vigilia della stagione delle classiche. Dalla Sanremo al Nord.

«Sento di dover migliorare – dice – non so bene per quale motivo, ma ancora non riesco a trovare il colpo di pedale giusto. Mi sono ammalato a inizio stagione e forse quello ancora non mi sta aiutando. Però piano piano, vediamo di trovare quello che serve. La Tirreno è un buon banco a patto di arrivarci con una base solida, sennò si rischia di arrivare morti. Le fatiche e il lavoro pagano sempre».

Con Bennati l’ultimo giorno, parlando degli europei e delle sfide azzurre del 2022
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Volata molto ristretta

La Sanremo che arriva non è un osso facile da spolpare se sei un velocista, anche se Giacomo è uno di quelli che ha sempre digerito meglio le brevi salite.

«Abbiamo visto che negli ultimi anni – sorride – la Sanremo non è più una corsa per velocisti, nel senso che si è sempre arrivati con un gruppo molto ristretto, quindi la priorità sta tornando quella di andare forte in salita. Gli scenari possono sempre cambiare, però quest’anno vedo l’arrivo in volata ancora più difficile. Se gruppo sarà, sarà molto ristretto. Qualcuno farà fuoco e fiamme sul Poggio, la mia speranza è che i grandi favoriti davanti si guardino e noi rientriamo da dietro».

A Carpegna con 31’54” da Pogacar, gestendo le forze in vista dell’ultimo sprint
A Carpegna con 31’54” da Pogacar, gestendo le forze in vista dell’ultimo sprint

Mercoledì distanza

Perciò servirà dosare bene sforzi e chilometri. E se in tema di preparazioni super sofisticate non è più necessario per tutti allungare dopo le tappe della Tirreno (anche perché oggettivamente tre tappe su sette sono state oltre i 200 chilometri), sarà bene assicurarsi di aver ben recuperato da questi sforzi.

«Non faccio la Milano-Torino – conferma Nizzolo, in controtendenza – proprio perché voglio arrivare il più fresco possibile e perché mi sento ancora in ritardo di condizione. Quindi nei prossimi giorni subirò un po’ questa Tirreno e avrò bisogno di recupero per essere pronto sabato. Da qui andremo direttamente in Liguria e faremo una bella distanza mercoledì sul percorso della Sanremo. E poi andremo a Milano. Allenarsi sulla Cipressa e sul Poggio a tre giorni dalla corsa serve a livello fisico e di numeri, per dare uno stimolo. Ma a livello di quello che succederà in gara servirà a ben poco, perché quel giorno sarà fondamentale affrontarle nella giusta posizione e senza andare troppo fuori giri».