Bilbao, la Vuelta ferita. Ma l’indifferenza non risolve

04.09.2025
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«Oggi è il compleanno di mio figlio – ha detto Vingegaard dopo la tappa della Vuelta annullata a Bilbaoha un anno e volevo davvero alzare le braccia al traguardo per lui. Abbiamo lavorato tutto il giorno per questo e non avere la possibilità di vincere è stato piuttosto deludente. Avevo davvero questa ambizione di vincere la tappa ed ero in una buona posizione per provarci. Sono comunque riuscito a tagliare per primo il nuovo traguardo, a 3 chilometri da quello vero. E’ un peccato non portare a casa un orsacchiotto per mio figlio oggi, ma spero di averne due domani».

Kiko Garcia ha gestito al meglio delle sue possibilità la situazione della tappa di ieri
Kiko Garcia ha gestito al meglio delle sue possibilità la situazione della tappa di ieri

Il senso della protesta

Nessun vincitore. L’undicesima tappa della Vuelta è stata fermata a 3 chilometri dall’arrivo di Bilbao. L’attacco di Pidcock sulla salita di Pike aveva permesso al britannico di fare il vuoto, con il solo Vingegaard nella sua scia. Gli altri invece avevano pagato con 12 secondi di ritardo. Poco dopo le cinque del pomeriggio invece, gli organizzatori hanno deciso di ridurla per evitare i rischi connessi alle proteste pro Palestina inscenate al traguardo da un folto gruppo di manifestanti. Nei Paesi Baschi hanno la rabbia dentro, gente di sangue forte. E se nella cronosquadre di Figueres le proteste avevano portato al rallentamento della Israel-Premier Tech, ieri si è preferito non correre rischi (in apertura immagine ANP/EPA).

Lo scrivemmo dopo il Giro d’Italia. Il ciclismo si corre sulle strade in mezzo alla gente e può diventare la cassa di risonanza per manifestazioni di ogni tipo, a patto che non si mettano a rischio i corridori. Ricordiamo quando gli operai della Piaggio fermarono la Sanremo o quando i sindaci dei paesi alluvionati del Piemonte rallentarono la partenza di tappa del Giro dal Santuario di Vicoforte. Ma adesso in ballo ci sono una guerra. Oltre 40 mila morti. Un primo ministro che teorizza invasioni e attua massacri senza che al mondo nessuno gliene chieda ragione. Che cosa volete che possa fare la gente se non protestare? E a cosa serve una protesta se nessuno se ne accorge?

La polizia ha respinto i manifestanti, ma le condizioni dell’arrivo non erano sicure (foto EFE)
La polizia ha respinto i manifestanti, ma le condizioni dell’arrivo non erano sicure (foto EFE)

La posizione del CPA

Avvisaglie purtroppo c’erano già state. Nella cronosquadre di Figueres, quando la Israel-Premier Tech è stata rallentata e la giuria ha poi bilanciato il distacco. E poi nella tappa di martedì con arrivo a El Ferial Larra Belagua, quando i manifestanti hanno tentato di attraversare la strada al passaggio del gruppo, provocando la caduta di Petilli, che corre con la Intermarché-Wanty. Dall’inizio della Vuelta, come già fatto al Tour de France, attorno alla Israel-Premier Tech sono state rinforzate le misure di sicurezza. L’imprenditore israeliano-canadese Sylvan Adams è ritenuto uno stretto collaboratore del primo ministro Netanyahu e un sostenitore delle sue politiche. Per questo il pullman e i mezzi della squadra viaggiano senza la dicitura Israel.

Va bene protestare, tuttavia, ma non danneggiare o colpire i corridori. Mercoledì pomeriggio, il CPA ha rilasciato una dichiarazione. Vi si esprime «la sua profonda preoccupazione e la ferma condanna per le azioni che hanno messo in pericolo i corridori della Vuelta a Espana. E’ inaccettabile che le associazioni, qualunque sia la loro natura o le loro motivazioni, si permettano di compromettere la sicurezza e l’integrità fisica degli atleti sulla strada. Chiediamo inoltre ai servizi di sicurezza spagnoli di fare tutto il possibile per garantire il regolare svolgimento dell’evento e proteggere i corridori. Tutti hanno il diritto di protestare, ma non può essere a spese degli atleti che stanno facendo il loro lavoro».

Prima della neutralizzazione della tappa, Pidcock e Vingegaard avevano infiammato la corsa
Prima della neutralizzazione della tappa, Pidcock e Vingegaard avevano infiammato la corsa

Chi deve decidere

La tappa di Bilbao sarebbe stata forse la più spettacolare della Vuelta e si è trasformata in una ferita. L’organizzazione si è vista costretta alla neutralizzazione delle classifiche, a capo di una giornata a dir poco impegnativa. Dopo gli esiti della giornata, il direttore della Vuelta Kiko Garcia ha spiegato la scelta di ieri e risposto a fatica alle domande sulla possibilità di ritiro della squadra israeliana.

«E’ stata una giornata difficile per tutti – ha spiegato – come potete immaginare. Sapevamo che ci sarebbero potute essere delle proteste, ma la verità è che la portata del movimento ci ha colti di sorpresa al primo passaggio del traguardo. Abbiamo visto che la situazione era tesa e che dovevamo prendere una decisione in fretta. C’erano due opzioni: annullare tutto o almeno provare a offrire uno spettacolo al grande pubblico ciclistico dei Paesi Baschi. E’ quello che abbiamo fatto. Ho parlato un po’ con le squadre e tutti hanno capito che era la decisione migliore.

«Sapevamo che se non avessimo reagito, le proteste sarebbero continuate. Dobbiamo seguire le regole. La partecipazione della Israel-Premier Tech è obbligatoria, non possiamo decidere diversamente. Fermarla compete semmai a un organismo internazionale. Il nostro compito è cercare di proteggere i corridori, le squadre e la corsa, ovviamente. Ed è qui che siamo. Abbiamo parlato con la squadra per ore ieri sera, esponendogli la situazione, vedendo se anche loro sentivano la pressione aumentare. Non c’è molto altro che io possa fare».

Dalla cronosquadre, non sono stati giorni facili, come ci ha raccontato Marco Frigo qualche giorno fa
Dalla cronosquadre, non sono stati giorni facili, come ci ha raccontato Marco Frigo qualche giorno fa

La posizione dell’UCI

Perché il CIO dispose lo stop delle società e degli atleti russi dopo l’invasione dell’Ucraina e non dice nulla contro Israele? Tirata per la manica, l’UCI ha pubblicato un comunicato di facciata.

“Condanniamo fermamente queste azioni. Sottolineiamo l’importanza fondamentale della neutralità politica delle organizzazioni sportive unite nel Movimento Olimpico, nonché il ruolo unificante e pacificatore dello sport. I grandi eventi sportivi internazionali incarnano uno spirito di unità e dialogo, al di là delle differenze e delle divisioni. Lo sport, il ciclismo in particolare, ha lo scopo di unire le persone e superare le barriere tra loro e non deve in nessun caso essere utilizzato come strumento di punizione. L’UCI esprime la sua piena solidarietà e il suo sostegno alle squadre e al loro staff, nonché ai corridori, che devono poter esercitare la loro professione e la loro passione in condizioni ottimali di sicurezza e tranquillità“.

La Israel-Premier Tech non molla: «Creeremmo un precedente pericoloso»
La Israel-Premier Tech non molla: «Creeremmo un precedente pericoloso»

La Israel rimane

Chiedere il ritiro spontaneo della Israel-Premier Tech sarebbe pretendere che siano loro a togliere le castagne dal fuoco all’UCI. Ieri in serata una dichiarazione della squadra spiega la sua posizione e il perché rimarrà in corsa.

“Israel-Premier Tech – si legge – è una squadra ciclistica professionistica. In quanto tale, la squadra rimane impegnata a partecipare alla Vuelta a Espana. Qualsiasi altra linea d’azione costituisce un pericoloso precedente nel ciclismo, non solo per Israel-Premier Tech, ma per tutte le squadre.

“Israel-Premier Tech ha ripetutamente espresso il suo rispetto per il diritto di tutti a protestare, purché tali proteste rimangano pacifiche e non compromettano la sicurezza del gruppo. L’organizzazione della Vuelta a Espana e la polizia stanno facendo tutto il possibile per creare un ambiente sicuro e, per questo, la squadra è particolarmente grata. Tuttavia, il comportamento dei manifestanti oggi a Bilbao non è stato solo pericoloso, ma anche controproducente per la loro causa. E ha privato i tifosi baschi, tra i migliori al mondo, del traguardo di tappa che meritavano.

“Ringraziamo gli organizzatori della gara e l’UCI per il loro continuo supporto e la loro collaborazione. Così come le squadre e i corridori che hanno espresso il loro sostegno sia pubblicamente che privatamente e, naturalmente, i nostri tifosi”.

Anche al Tour, nella tappa di Tolosa, un tifoso ha invaso il rettilineo di arrivo manifestando per la Palestina
Anche al Tour, nella tappa di Tolosa, un tifoso ha invaso il rettilineo di arrivo manifestando per la Palestina

C’è da capire se gli esiti di ieri fomenteranno altre proteste o se l’aumento delle misure di sicurezza basterà a mettere in sicurezza la Vuelta e i suoi attori. Nel prendere posizione di ciascuna parte in campo, rileviamo con malinconia che non una sola parola è stata pronunciata dallo sport su quanto sta accadendo a Gaza. Dispiace anche a noi che Vingegaard non abbia potuto donare quell’orsacchiotto a suo figlio. Dispiace ancora di più che dall’inizio della guerra siano stati uccisi 13 mila bambini. Da quelle parti avere o non avere un orsacchiotto è l’ultimo dei problemi. Laggiù muoiono a colpi di fucile, sotto le bombe oppure di fame. Dirlo e manifestare empatia potrebbe forse rasserenare in qualche modo gli animi.

5 minuti con Gee: nato in Canada, diventato grande in Europa

06.05.2025
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Derek Gee è alto e a differenza di tanti altri scalatori la sua fisionomia è ben più possente, o comunque dà l’idea di esserlo. Gli occhi stanchi con qualche ruga che li piega all’ingiù, accentuando la sensazione di essere davanti a un corridore provato da tante fatiche. Qualche capello grigio, tagliato corto, si fa largo da sotto al casco. Il canadese della Israel Premier Tech sembra molto più vecchio di quanto sembri, in realtà ha ventisette anni e tanto ancora da fare

Lo scorso anno il corridore di Ottawa ha preso parte al Tour de France mettendosi alla prova nella corsa a tappe più importante al mondo. Nonostante l’età nel 2024 Derek Gee, a Firenze, aveva iniziato il secondo Grande Giro in carriera. Il risultato non è stato affatto da poco, nono in classifica generale. La top 10 l’ha conquistata grazie alla fuga della tappa numero nove e l’ha consolidata man mano, affermandosi anche nella cronometro finale di Nizza. 

Il 2024 ha dato una grande consapevolezza a Gee nei propri mezzi
Il 2024 ha dato una grande consapevolezza a Gee nei propri mezzi

Direzione Grandi Giri

Il 2025 è iniziato in maniera altrettanto solida. Con il Gran Camino Gee ha fatto sua la prima corsa a tappe della carriera. Non un parterre di prim’ordine, ma ha vinto appena arrivato in gruppo e questa non è cosa da poco. Il passo successivo è arrivato alla Tirreno-Adriatico, nella Corsa dei Due Mari ha mostrato a tutti le sue doti da cronoman. Sesto nella prova contro il tempo a Lido di Camaiore, a soli cinque secondi da Tiberi e otto secondi da Ayuso

«Gran parte di questo cambiamento – racconta – è dovuto alla preparazione, alla maggiore attenzione per la classifica generale. Ovviamente devo ancora capire come raggiungere la forma migliore in determinati momenti». 

Il canadese è partito forte anche nel 2025, dopo aver vinto il Gran Camino è arrivato anche il podio al TotA
Il canadese è partito forte anche nel 2025, dopo aver vinto il Gran Camino è arrivato anche il podio al TotA
Com’è andata la preparazione verso il Giro?

Sicuramente speravo che le gambe andassero un po’ meglio, soprattutto al Tour of the Alps. Non mi sono sentito male in bicicletta, mi è mancata solamente dell’intensità, che però è arrivata con il passare dei giorni. Il podio finale mi fa capire di aver lavorato bene. 

Sei stato in ritiro prima?

Sono andato per la prima volta in carriera a Tenerife. E’ un posto bellissimo per andare in bicicletta. Mi avevano promesso un tempo soleggiato e invece ha piovuto più di quanto sperassi (dice con una risata, ndr). Ma a parte questo penso che il training camp sia andato bene

Com’è vivere in cima al Teide?

E’ piuttosto desolato lassù, ma è davvero fantastico. Si sta bene. Prima andavo ugualmente in Spagna ma in altre parti, come Sierra Nevada

Gee ha indossato la maglia di leader della generale al Giro del Delfinato 2024 dopo aver vinto la terza tappa
Gee ha indossato la maglia di leader della generale al Giro del Delfinato 2024 dopo aver vinto la terza tappa
La cosa che ha impressionato è la tua forza a cronometro. 

Ci abbiamo lavorato molto, anzi moltissimo sia l’anno scorso al Tour de France e questo inverno. E credo che abbia dato i suoi frutti, ho fatto un buona prova sia al Gran Camino che alla Tirreno-Adriatico. 

Pensi di essere pronto per vincere un Grande Giro?

E’ molto più importante essere attivi ogni giorno. Quando ho fatto la mia prima grande corsa a tappe due anni fa (il Giro d’Italia, ndr) puntavo alle tappe. Era molto meno stressante ed ero molto più concentrato su giornate specifiche. Mentre se guardi alla classifica finale non puoi prenderti un giorno di riposo, nemmeno in una tappa pianeggiante. Per vincere credo serva un altro step, è un processo lungo. Non si tratta solo di ottenere la giusta forma fisica, ma anche di fare esperienza e non commettere errori. Insomma migliorare fisicamente e tatticamente. 

Derek Gee ha trovato un alleato in Chris Froome, il quattro volte vincitore del Tour ha tanto da insegnare al canadese
Derek Gee ha trovato un alleato in Chris Froome, il quattro volte vincitore del Tour ha tanto da insegnare al canadese
Negli anni passati cosa hai imparato per essere un corridore da classifica?

Tantissimo. Non pensavo di diventare un corridore da Grandi Giri a inizio carriera. Ho imparato tutto man mano, prima non sapevo nulla. Non sono entrato nel ciclismo con quell’obiettivo. La squadra mi ha aiutato tanto, soprattutto i miei compagni più esperti come Froome o Fuglsang. Ragazzi che hanno ottenuto risultati ai massimi livelli. Ho apprezzato ogni minimo consiglio e sento di stare ancora imparando. 

Quali consigli hai chiesto?

Ci siamo parlati tanto lo scorso anno al Giro del Delfinato. Era la mia prima volta che lottavo concretamente per la classifica generale. Ho chiesto a Froome e Fuglsang ogni genere di domanda su come correre, in particolar modo tatticamente. All’inizio ero un po’ perso, ma sono molto fortunato ad avere questi ragazzi al mio fianco.

«Credo di aver fatto il grande passo per diventare un corridore da corse a tappe – ha detto Gee – nel 2024 ora si tratta di lavorare sui dettagli»
«Credo di aver fatto il grande passo per diventare un corridore da corse a tappe – ha detto Gee – nel 2024 ora si tratta di lavorare sui dettagli»
Arrivi dal Canada, come ti sei avvicinato al ciclismo?

Non è uno sport così famoso da noi. Tuttavia c’è un bacino di grandi appassionati e da quando sono professionista sento tanto il loro supporto quando torno a casa. Io vengo da Ottawa, che ha un’ottima scena ciclistica, ma nel complesso non è così grande. 

Con quali gare ti sei appassionato?

Il Tour de France è l’unica corsa che ho seguito quando ero più giovane, ma è anche l’unica che conoscono in Canada. Nel 2012 Hesjedal ha vinto il Giro e il ciclismo canadese è apparso sulla mappa.  

Tour of the Alps: la firma di Frigo, sempre più forte e convinto

23.04.2025
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SAN CANDIDO – La calma e la tranquillità del carattere di Marco Frigo rischiano di farci prendere sotto gamba quella che oggi è stata a tutti gli effetti un’impresa. Un’azione alla quale ci hanno abituato nomi ben più importanti e grandi rispetto al giovane veneto, il quale oggi però ha dimostrato di valere tanto. Cinquanta chilometri da solo, salutando la compagnia in cima al Passo Furcia. Poi la vallata con il vento che soffiava in faccia, cattivo e gelido pronto a spingerlo indietro. Invece il passista veneto, appassionato di sci di fondo, lo ha infilato posizionandosi sulla sua bici in maniera aerodinamica e pedalando a fondo. All’arrivo di San Candido le guance sono rosse nel segno di uno sforzo intenso, il Tour of the Alps ha incoronato un giovane promettente che oggi ha avuto il coraggio dei grandi.

«Alla partenza – racconta dietro al palco delle premiazioni – immaginavo potesse essere la giornata giusta per una fuga. Mi sono detto di provarci e così mi sono buttato nel primo tentativo buono. Si è trattato di una vittoria arrivata dalle gambe ma anche con un po’ di fortuna, dietro il gruppo ha lasciato spazio».

Dopo l’arrivo i segni della fatica sul volto di Frigo e anche qualche accenno di crampi
Dopo l’arrivo i segni della fatica sul volto di Frigo e anche qualche accenno di crampi

Prova di forza e carattere

Nel tratto di fondovalle che portava a San Candido si notavano le bandiere che sventolavano nel senso opposto a quello della corsa, con la strada che sale e scende in maniera irregolare. Non è facile in queste situazioni trovare il ritmo giusto che permette di avere la giusta costanza per poi imboccare l’ultima salita con ancora le forze per resistere agli attacchi dei migliori. Nel gruppo dei migliori mancavano forse le forze per imporre un ritmo alto, sottovalutando magari le caratteristiche da cronoman di Frigo.

Sul Passo Furcia per il corridore della Israel Premier Tech le sensazioni erano buone e ha provato l’allungo
Sul Passo Furcia per il corridore della Israel Premier Tech le sensazioni erano buone e ha provato l’allungo
Cosa hai pensato negli ultimi chilometri?

Ero davvero stanco e provato, quei venticinque chilometri nella valle li ho sofferti tanto. Tuttavia quello sforzo mi ha permesso di arrivare all’ultima salita con quasi quattro minuti di vantaggio sul gruppo dei migliori. La dedica va a tutti coloro che mi hanno accompagnato fino ad adesso, è la prima vittoria da professionista e quindi un pensiero a chi c’è sempre stato è giusto. 

Azioni del genere sono sempre più nelle tue corde?

Sento che è il mio modo di provarci e di correre. Nelle scorse tappe ho sofferto le salite brevi e intense dato che arrivavo da un periodo in altura. Oggi mi sono sentito meglio sul passo, la scelta di impostare la gara sul ritmo e non sull’esplosività. 

«Una vittoria – ha detto Frigo – costruita con le doti da cronoman e gestita in salita»
«Una vittoria – ha detto Frigo – costruita con le doti da cronoman e gestita in salita»
Quando hai capito che la tappa era chiusa?

In cima alla salita finale, sapevo che anche scollinando con pochi secondi, sarei comunque riuscito ad arrivare al traguardo. Quando poi ho saputo dell’attacco del mio compagno di squadra Riccitello mi sono sentito sollevato. 

Hai già realizzato di aver raggiunto la prima vittoria da professionista?

Ci penserò. Fa parte del processo di crescita, sono un corridore che non vince molto e devo godermela. Ho un carattere abbastanza freddo, non sono uno che fa festeggiamenti particolari. Me la godrò e si va avanti. Sono andato vicino anche al successo in una tappa di un grande giro, nel 2023 al Giro d’Italia e l’anno scorso alla Vuelta. Anzi, proprio dal secondo posto a Yunquera ho imparato qualcosa

Marco Frigo, Davide Piganzoli, Tour of the Alps 2025
Marco Frigo, Davide Piganzoli, Tour of the Alps 2025
Cioè?

Ho perso quella tappa nello stesso identico modo con il quale oggi ho vinto. O’Connor aveva attaccato da lontano e non lo abbiamo più visto fino all’arrivo. 

Abbiamo visto le tue doti da cronoman, sei andato forte in salita, a quale punto sei arrivato nel processo di crescita?

C’è ancora da lavorare, riesco a esprimere il mio potenziale quando riesco a mettere insieme tutti i mattoncini e credo di esserci riuscito nell’ultimo periodo. La vittoria di oggi ne è una prova e mi dà confidenza nel mettere insieme queste prestazioni.

Frigo questo inverno si allenato spesso con gli sci da fondo
Frigo questo inverno si allenato spesso con gli sci da fondo
Cosa ti manca per tentare di vincere la classifica generale in gare di questo tipo?

E’ un processo sul quale stiamo lavorando insieme al team. Nelle gare principali non ho ancora quel ruolo di capitano, ma la squadra mi sta supportando parecchio per provare a dire la mia in qualche corsa minore e gestire le mie ambizioni personali. Capiterà, penso dopo il Giro, di provare a fare qualcosa in ottica classifica generale in appuntamenti di secondo piano. Cosa manca? Ci stiamo arrivando. Il lavoro è sempre lo stesso, ci si sveglia la mattina per puntare a migliorare sempre.  

Devi tornare qui per festeggiare la vittoria con una bella sciata. 

Vero, sono venuto qui lo scorso inverno ma non ho mai provato i percorsi, tornerò.

Riley Sheehan, un sorriso in casa Israel

20.10.2023
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Se qualcuno ha pensato che la sua vittoria alla Parigi-Tours sia stata un caso, è bastato guardare l’ordine di arrivo della Japan Cup della settimana successiva per capire che non è così. Riley Sheehan è un talento vero, una delle sorprese di questo 2023, soprattutto un regalo che il ciclismo si è fatto proprio agli sgoccioli della stagione, perché a differenza di tanti altri suoi coetanei, Sheehan è arrivato quasi dal nulla.

Tesserato per un team americano, i Denver Disruptors, dedito soprattutto a un’attività interna, Sheehan ha trovato un ingaggio all’Israel Premier Tech come stagista dal 1° agosto e ha sfruttato questa opportunità al massimo, trionfando in quella che è considerata una delle grandi classiche per i velocisti e poi mettendosi in luce anche dall’altra parte del mondo.

Il clamoroso trionfo a Tours battendo il britannico Askey e il norvegese Johannessen
Il clamoroso trionfo a Tours battendo il britannico Askey e il norvegese Johannessen

E’ lì che lo abbiamo rintracciato, attraverso un inseguimento telefonico reso ancor più difficile dalla terribile situazione inerente tutto quel che riguarda Israele, che chiaramente ha influito anche sul team, con molti effettivi nazionali dello staff richiamati in patria e una gestione dei rapporti più problematica. Ma appena abbiamo avuto la possibilità di parlarci, Riley ha mostrato tutta la sua disponibilità per farsi conoscere un po’ di più.

Ti aspettavi di arrivare così in alto nella tua esperienza alla Israel?

Sapevo di avere buone gambe come avevo dimostrato alla Maryland Cycling Classic, poi è andato tutto di conseguenza. Sono arrivato molto motivato: senza grandi aspettative, ma con la voglia di giocare bene le mie carte. Non sono sorpreso, ma molto felice e sollevato di essere ad alto livello.

Riley Sheehan è nato a Boulder (USA) il 16 giugno 2000. In evidenza da junior, ha sofferto il cambio di categoria
Riley Sheehan è nato a Boulder (USA) il 16 giugno 2000. In evidenza da junior, ha sofferto il cambio di categoria
Che atmosfera c’è nel team, soprattutto dopo i tragici fatti del 7 ottobre?

E’ una situazione molto difficile. La notte prima della Parigi-Tours, ero nella camera d’albergo con Nadav Raisberg, il mio compagno di squadra e ho vissuto la sua angoscia per la difficoltà di comunicare con la famiglia, la sofferenza dettata dalla lontananza, il dolore profondo per quanto avvenuto. Tutti cercano di rimanere positivi e di supporto, si cerca di andare avanti, noi non israeliani abbiamo provato a stare il più possibile vicino a loro.

Alla partenza della Paris-Tours pensavi di poter vincere?

Onestamente no, ma sapevo che avrei potuto fare bene in gara. La forma era quella giusta, quindi sapevo che avrei potuto essere competitivo, ma non avrei mai immaginato di vincere davvero in un consesso così alto.

Per Sheehan la vittoria alla Joe Martin Stage Race è stata il viatico verso l’Europa (foto Instagram)
Per Sheehan la vittoria alla Joe Martin Stage Race è stata il viatico verso l’Europa (foto Instagram)
Raccontaci un po’ la tua storia…

Mio padre correva a livello professionistico (ora è diesse alla Human Powered Health, ndr) e io sono cresciuto andando in bicicletta a Boulder, in Colorado, località che è molto famosa per il ciclismo, molti professionisti americani hanno vissuto lì o sono venuti da lì. Intorno ai 14 anni ho iniziato a correre e ogni anno mi sono appassionato e innamorato sempre di più di questo sport. Da junior ero molto motivato, avevo vinto due volte il campionato nazionale a cronometro e una prova di Nation’s Cup.

E poi?

Nella categoria under 23 ho avuto molte difficoltà, ma ho continuato a credere in me stesso perché sapevo che avrei potuto essere ad alto livello. Quest’anno il lavoro ha dato i suoi frutti e ho vinto la Walmart Joe Martin Stage Race, prova UCI 2.2 negli Usa battendo di 16” Miguel Angel Lopez. I miei progressi sono stati davvero grandi, è incredibile vedere tutto il duro lavoro e la dedizione a che cosa mi hanno portato.

Tu corri nella squadra di Denver, che squadra è e come ti ci trovi?

Fa parte della NCL, una nuova lega ciclistica incentrata sui Criterium. Gare molto più brevi di quelle che sto facendo qui con la Israel. Lo staff di questa squadra è stato fenomenale. Reed Mcalvin è stato un grande supporto e ha creduto in me fin dal primo giorno. Anche Svein Tuft ha avuto un’ottima influenza come direttore del team.

L’americano si allena sulle strade della sua Boulder, sfruttando l’altitudine, anche insieme a Kuss, la maglia roja
L’americano si allena sulle strade della sua Boulder, sfruttando l’altitudine, anche insieme a Kuss, la maglia roja
Hai già fatto uno stage alla Rally Cycling due anni fa…

Solo sulla carta… Purtroppo non ho mai potuto correre una gara con loro a causa di un infortunio e di alcuni problemi di salute. E’ stato molto triste, un’opportunità che avevo e che mi è sfuggita di mano.

Che tipo di corridore sei, quali sono le gare dove vai meglio?

Sto ancora cercando di capirlo. Penso sempre di essere un buon corridore per tutte le gare. Se c’è un traguardo, sono molto motivato, ma penso ancora che dovrei provare a vincere altre gare per vedere che stile ho. Diciamo che le classiche mi sono piaciute e ho visto del buon potenziale.

C’è un corridore americano del passato che è il tuo idolo?

Essendo cresciuto a Boulder ho conosciuto molti professionisti del passato, ho avuto l’opportunità di allenarmi con corridori come Alex Howes e Taylor Phinney, persino Sepp Kuss quando viveva a Boulder. Ricordo di aver fatto un paio di giri con lui, è una grande ispirazione per gli altri americani vedere che cosa è possibile fare nel WorldTour.

Tutto il gruppo dei Denver Disruptors: c’è anche un’italiana, Valentina Scandolara (foto Instagram)
Tutto il gruppo dei Denver Disruptors: c’è anche un’italiana, Valentina Scandolara (foto Instagram)
Dopo la tua vittoria a Tours hai visto interesse per te da parte di team del WorldTour?

Finora ho avuto un po’ di interesse da parte di team importanti, ma aspetto che si concretizzi qualcosa.

Che cosa ti aspetti ora?

Oh cavolo, è una bella domanda. Sì, mi aspetto una buona stagione il prossimo anno e sono molto entusiasta all’idea di poter correre e vivere in Europa l’anno prossimo. E’ sempre stato il mio sogno. Sono molto motivato a dare il massimo, è ciò per cui ho sempre lavorato.

La nuova Factor O2 VAM, dedicata ai salitomani

12.07.2023
4 min
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La nuova Factor O2 VAM è stata sviluppata a braccetto con i corridori del Team Israel-Premier Tech. Gli atleti hanno espresso il desiderio di avere una bicicletta dove l’efficienza aerodinamica potesse diventare un aiuto nelle fasi più veloci, senza influire negativamente sul valore alla bilancia. Inoltre gli atleti hanno richiesto una rigidità inferiore alla Ostro VAM.

Questa è la quarta generazione della O2 VAM (scovata al Tour de France nei giorni scorsi), una bicicletta che nel suo percorso evolutivo ha sempre considerato di soddisfare prima di tutti gli amanti della salita e dei dislivelli impossibili. Entriamo nel dettaglio.

O2 VAM, cosa cambia

La prima cosa che balza all’occhio è il tubo piantone prolungato in modo importante verso l’alto, che non si interrompe nella zona di incrocio con l’orizzontale. La tubazione presenta una sorta di vero e proprio canale posteriore che ha un duplice compito. Il primo è quello di tenere allineato il supporto della sella, il secondo è quello di contribuire nella dissipazione delle vibrazioni. Il profilato da vita ad un vero e proprio integrato, con il reggisella che si innesta nella parte superiore del tubo del piantone. Il range di customizzazione dell’altezza sella è ampio. Inoltre, l’orizzontale si schiaccia in maniera vistosa man mano che scorre verso il piantone.

Rispetto alle versioni precedenti cambiano completamente le forme delle tubazioni, per via dei nuovi limiti/standard imposti dall’UCI.

La nuova Factor O2 VAM dà il via inoltre ad una rinnovata fase produttiva e di lavorazione del carbonio da parte dell’azienda, anche grazie ad un nuovo sito produttivo. Nello specifico, la tecnica del taglio delle pelli di carbonio permette di avere un prodotto più leggero, senza difetti (soprattutto nelle sezioni interne) dove anche la rigidità dei profilati stessi non è sacrificata.

Il telaio è un blend di fibre: T1000, M60J e anche TexTreme. Il triangolo principale è un vero monoblocco che nasce da uno stampo unico, mentre i foderi posteriori (gli obliqui e quelli bassi) sono applicati in un secondo momento. Il progetto è stato sviluppato considerando gli pneumatici da 28 millimetri come il riferimento, ma la forcella ed il retrotreno offrono il passaggio a gomme fino a 32 di larghezza.

Taglie e allestimenti

Sette le misure disponibili (45, 49 e 52, 54 e 56, 58 e 61), per due frame-kit e sei biciclette complete. I due kit telaio sono la versione Premium (730 grammi dichiarati nella misura 54), che ha un prezzo di listino di 6.049 euro e il Premium Black Inc. che comprende anche le nuove ruote 28/33 (1146 grammi dichiarati), con un listino di 8.599 euro.

La Factor O2 VAM con la trasmissione Shimano Dura Ace ha un prezzo di listino di 11.299 euro, mentre quella con l’Ultegra costa 9.499 euro. Si passa agli allestimenti Sram: Red AXS con power meter ha un prezzo di listino di 11.699 euro, senza il misuratore il prezzo scende a 11.349 euro. I due allestimenti con il nuovo Force AXS costano 9.699 euro con il misuratore di potenza, 9.499 senza power meter. Le combinazioni cromatiche disponibili sono tre, oltre alle personalizzazioni Prisma Studio.

Factor

Frigo, il diario del mio primo Giro d’Italia. I sospiri del via

16.05.2023
6 min
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BOLOGNA – Marco Frigo è al primo Giro d’Italia. E il primo Giro è come il primo amore: non si scorda mai. Altre sensazioni, altre emozioni. E’ un punto di arrivo e di partenza. Per un bambino che pedala, specie se italiano, è (quasi) tutto.

In queste tre settimane, con il corridore della Israel-PremierTech faremo una sorta di diario del suo Giro. Il racconto di quel che vive, pensa e fa Marco durante la corsa rosa.

E di cose ce ne sono da raccontare. Basterebbe dire che Frigo è in camera con Domenico Pozzovivo… per il più classico del “vecchio e giovane”.

Marco Frigo (classe 2000) nei suoi primi chilometri in assoluto al Giro a Fossacesia. Ottima posizione per lui
Marco Frigo (classe 2000) nei suoi primi chilometri in assoluto al Giro a Fossacesia. Ottima posizione per lui

Due respiri e si parte

E come ogni diario che si rispetti, partiamo dall’inizio, anzi dalla vigilia.
«E’ stata tranquilla – attacca Frigo – abbiamo fatto la ricognizione della crono e lì ho cominciato a vivere veramente l’aria del Giro. Siamo arrivati alla partenza e stavano ancora allestendo tutto. Questo mi ha fatto concentrare, perché comunque volevo fare una buona cronometro. Era la prima crono al mio primo Giro, non potevo non farla a tutta».

La notte Frigo la passa sereno. Finalmente tranquillo e ammette che ultimamente non ha più “problemi di farfalle nello stomaco”, testuali parole. Ma quando sale sulla rampa il giorno dopo…

«Quello è stato il momento più emozionante. Sulla rampa ho avuto cinque secondi di brividi. E’ stato un sentimento di orgoglio per tutto l’impegno profuso in tanti anni per arrivare ad essere professionista. Ero un pro’ che faceva il Giro. In più mettici questa atmosfera così “luccicosa”… Però poi ho fatto due respiri profondi e appena sono partito sono stato atleta al 100 per cento. Ho seguito il passo che i tecnici mi avevano programmato».

Nel giorno di riposo, Frigo scherza sul sassolino nella scarpa che gli è capitato a Napoli (foto @noa_toledo_arnonphoto)
Nel giorno di riposo, Frigo scherza sul sassolino nella scarpa che gli è capitato a Napoli (foto @noa_toledo_arnonphoto)

Prime tappe e un sassolino

Dopo Ortona sono iniziate le tappe e la loro routine: corsa, mangiare, dormire… E tutto sommato visto l’andamento tattico di questo Giro, Frigo ha vissuto un approccio soft.

«Un po’ più di stress c’è stato la sera di Campo Imperatore: frazione lunga, il trasferimento prima in funivia, poi il viaggio in bus. Siamo arrivati molto tardi in hotel. Giusto il tempo di cenare e dopo venti minuti ero a letto. E a me piace fare le cose con calma.

«A livello di corsa invece, in questa prima settimana lo stress maggiore c’è stato nella tappa di Napoli. Non saprei dire un vero perché, ma siamo partiti forte, nelle discese siamo andati a tutta e lo stesso nel finale siamo andati forte – purtroppo – e abbiamo ripreso Clarke. In più avevo un sassolino nella scarpa.

«Avevamo iniziato già ad accelerare nelle prime fasi e sentivo questo fastidioso sassolino. Ogni tanto si muoveva, ma non c’è stato un momento per togliere la scarpa e farlo uscire. Questo fa capire che quella tappa è stata la più ostica sin qui».

Prima settimana filata via bene per il veneto. Marco vuole fare esperienza e puntare un giorno sulle corse a tappe
Prima settimana filata via bene per il veneto. Marco vuole fare esperienza e puntare un giorno sulle corse a tappe

La gamba c’è

Tutto sommato Frigo ha passato una buona prima settimana. Racconta che il poco stress nelle prime frazioni lo ha introdotto per gradi nel clima del Giro e che qualche energia magari si è anche risparmiata. 

«Alla fine – va avanti il veneto – sono arrivato bene al primo giorno di riposo. Non lo bramavo a tutti i costi. Per me ci sarebbe potuta essere anche un’altra tappa oggi (ieri per chi legge, ndr). Forse anche perché la seconda crono l’ho affrontata in modo diverso. Con i tecnici è stato deciso di non farla a tutta, ma di andare secondo le sensazioni. Pensate che nei primi 7 chilometri neanche ho guardato il potenziometro. Ho preso un passo e poi ho capito che lo avrei potuto tenere fino a Cesena».

L’incontro con Frigo nel giorno di riposo a San Giovanni in Persiceto (Bologna)
L’incontro con Frigo nel giorno di riposo a San Giovanni in Persiceto (Bologna)

Il coinquilino Pozzovivo

«Col “Pozzo” – racconta Frigo – mi sto trovando davvero bene. Il mio obiettivo è quello di essere quanto più “spugna” possibile. Cercare di rubare da lui ogni piccolo particolare. Di fatto è un mese, dal Tour of the Alps, che siamo insieme. 

«Ho trovato una persona umile, educata e disposta ad aiutare – racconta Frigo – abbiamo instaurato un bel rapporto. Parliamo non solo di ciclismo. Lui è appassionato di politica ed è un’enciclopedia un po’ su tutto.

«Vi dico questa. Pochi chilometri dopo il via della prima tappa in linea, dopo una curva a sinistra siamo capitati in un vigneto e mi fa: “Guarda Marco, quel vitigno è… (non ricordo il nome) e dà un bianco molto pregiato che è ottimo col pesce”.

«Oppure quando mi ha detto della sua vittoria a Lago Laceno. Tra virgolette aveva dichiarato di volerla vincere. Domenico aveva detto ai suoi tifosi che avrebbe attaccato su quel tornante e poi su quel tornante ha attaccato veramente».

Tra le altre cose che Pozzovivo insegna e che Frigo apprende ci sono le previsioni meteo. Marco ha parlato addirittura di interpolazioni. Anche Frigo è un cervellone. E’ iscritto a ingegneria. E un paio di volte lui e Domenico si sono ritrovati a discutere di scienza. Erano su posizioni contrapposte e ne è nato un bel dibattito. Il Giro d’Italia è anche questo…

«Però qualche domanda me la fa anche lui. Per esempio sull’utilizzo di alcuni social o sull’utilizzo della tecnologia. Lì vado forte!».

In gruppo Marco parla spesso con Zana, compagno di tante avventure tra gli U23
In gruppo Marco parla spesso con Zana, compagno di tante avventure tra gli U23

Si riparte

Un bel viaggio per Marco sin qui. Oggi si riparte. Marco sta bene, è motivato e inizia a pensare alle tappe più avanti. «Per ora – dice Frigo – è tutto okay, magari fra una settimana sarà diverso. Ma per ora mi godo la corsa e il gruppo».

Un gruppo diverso quello del Giro a quanto pare. Il modo di correre è differente rispetto ad una breve corsa a tappe o ad una classica e anche i movimenti del plotone di conseguenza ne risentono. Marco racconta di una Ineos-Grenadiers che vede muoversi come vera squadra, di Formolo e Bettiol che sono due bei chiacchieroni, delle conversazioni con Zana, con cui da under 23 ha condiviso parecchio in nazionale.

«Questa settimana – racconta Frigo – in gruppo si è parlato un po’ del meteo, ma anche delle partite di Champions League. Dopo il derby di andata, con Cimolai ci siamo fatti i complimenti per la vittoria della nostra Inter contro il Milan!».

Pozzovivo all’amico Cataldo: «Ti aspetto a fine Giro»

31.03.2023
5 min
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CARPI – Quando gli abbiamo chiesto di parlare con lui della terribile caduta di Dario Cataldo al Catalunya, Domenico Pozzovivo ci ha anticipato la risposta annuendo con un sorriso sincero, quasi si aspettasse la nostra richiesta.

Pur toccando un argomento sempre molto delicato, che spesso si addentra nella sfera personale, eravamo certi di avere la disponibilità del 40enne scalatore della Israel-Premier Tech. Solo chi ha toccato con mano (letteralmente verrebbe da dire) il dolore del proprio corpo sull’asfalto, in un ciclismo che va sempre più veloce, può avere la necessaria sensibilità per dare il suo punto di vista. Il “Pozzo” nel corso degli anni ha saputo esorcizzare tutti gli infortuni subiti – e le relative conseguenze come operazioni e problemi di postura – con un grande spirito e con quel briciolo di ironia che gli riesce bene. Ecco cosa ci ha detto.

Botta e risposta al cellulare

Il 20 marzo Pozzovivo e la sua Israel arrivano all’hotel Parco di Riccione per la Coppi e Bartali del giorno dopo. Nel frattempo la prima tappa della Volta a Catalunya si conclude con la vittoria di Roglic su Evenepoel e con la botta pazzesca di Cataldo a 5 chilometri dal traguardo.

Il bollettino comunicato dalla Trek-Segafredo sarà pesante. Sintetizzando: frattura della testa del femore sinistro e dell’acetabolo destro, due fratture delle vertebre, costole multiple rotte, pneumotorace bilaterale e frattura della clavicola sinistra. Domenico, che in carriera si è rotto più di venti ossa e ha subito più di quindici operazioni chirurgiche, manda immediatamente un messaggio al suo amico Dario.

Abruzzesi. Il giorno dopo la caduta di Cataldo, Ciccone vince e gli dedica il successo
Abruzzesi. Il giorno dopo la caduta di Cataldo, Ciccone vince e gli dedica il successo

«Volevo giusto sincerarmi del suo morale – racconta Pozzovivo – perché so che quel tipo di cadute sono dure da assorbire. L’ho sentito subito bene e mi ha fatto piacere dargli il mio sostegno una volta di più. Ovviamente, senza mettergli fretta, gli ho detto che lo attendo presto in riva al lago a pedalare con me (abitano entrambi nella zona di Lugano, ndr).

«Dario mi ha risposto abbastanza velocemente considerando tutto – continua il lucano – senza dirmi quando ci vedremo però è stato brillante. Quando uno minimizza il proprio grave infortunio, significa che è già oltre la fase critica. Anch’io ho sempre fatto così (sorride, ndr). Dicevo che era solo una botta che passava. Quando pensi sempre a poter rimediare, vuol dire che sei già proiettato bene per recuperare».

2018. Cataldo e Pozzovivo durante la recon del Lombardia insieme a Nibali, Gasparotto, Aru e Orrico (foto instagram)
2018. Cataldo e Pozzovivo durante la recon del Lombardia insieme a Nibali, Gasparotto e Orrico (foto instagram)

Consigli preziosi

Pozzovivo e Cataldo sono corridori esperti, eppure i consigli non si rifiutano mai da chi una situazione l’ha già vissuta più di una volta. E tutto torna utile.

«In base alla mia esperienza – spiega “Pozzo” – so che si preconizzano determinati tempi di recupero. Ma proprio su questi o sulle prognosi ho imparato sulla mia pelle che bisogna sempre dividere per due, come la conversione euro-lira (sorride, ndr). Siamo atleti di alto livello e abbiamo capacità di recupero fuori dal normale. Quindi non bisogna demoralizzarsi sulle tempistiche che vengono prescritte nelle maniere burocratiche. Da lì in poi, nel recupero bisogna cercare di essere al limite del rischio ma senza andare a compromettere le situazioni. D’accordo anticipare i tempi, ma usando la testa».

Pozzovivo in carriera ha subito più di 15 operazioni che gli hanno modificato la postura in bici
Pozzovivo in carriera ha subito più di 15 operazioni che gli hanno modificato la postura in bici

La testa giusta

Sappiamo bene che dopo le cadute, dal punto di vista fisico vengono stimati dei tempi della ripresa. Ma dal punto di vista morale quanto ci si mette? Che pensieri passano per la testa? Pozzovivo conosce le risposte.

«E’ un po’ una situazione che tira l’altra – analizza – nel senso che quando tocchi il fondo a causa di una caduta importante, c’è il lato positivo perché vedi che i miglioramenti. Soprattutto all’inizio sono molto rapidi. Quello che ti deve dare la spinta è non guardare troppo in là ma vedere giorno per giorno ed essere soddisfatti dei progressi che riesci a raccogliere.

«Il pensiero di smettere di correre ti balena nel cervello – prosegue – quando sei lì al pronto soccorso, in attesa degli esami e di capire cosa ti sei fatto, hai questa idea. Poi però sparisce alla svelta, specie quando iniziano a… provocarti dal punto di vista psicologico. Quando i medici ti dicono che farai fatica a recuperare da quell’infortunio ecco che scatta qualcosa. Inizi già a reagire. Loro giustamente si attengono alle loro competenze e ti dicono così per prendersi qualche responsabilità in meno. Restano prudenti e li comprendo. Comunque nella testa di Dario non ho sentito questo mood negativo di voler smettere».

Cataldo è arrivato alla Trek-Segafredo lo scorso anno come guida per Ciccone ed è diventato un leader del team
Cataldo è arrivato alla Trek-Segafredo lo scorso anno come guida per Ciccone ed è diventato un leader del team

Appuntamento in bici

«In ogni caso – conclude Pozzovivo – il recupero da infortuni del genere viene agevolato anche da tutte le persone che hai attorno. Famiglia, amici, compagni di squadra, lo staff ed anche il proprio agente. Ci sono tante persone, ma la prima è la compagna, fidanzata o moglie a seconda delle situazioni in cui si è. E’ lei che subisce tutto nel bene o nel male (sorride, ndr). Dario continuo a sentirlo e gli ho mandato un ulteriore messaggio, fissando un appuntamento. Questa estate dopo il Giro d’Italia ci faremo quelle sane pedalate di recupero assieme».

EKOI e Israel Premier Tech: accordo fino al 2025

20.12.2022
3 min
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Dall’avvio della prossima e attesa stagione 2023, il team Israel Premier Tech inizierà a collaborare con EKOI per quanto riguarda la fornitura tecnica di abbigliamento, caschi ed occhiali. Questo importante accordo – di durata triennale e dunque valido fino alla fine della stagione agonistica 2025 – consentirà al brand francese produttore di abbigliamento ed accessori per il ciclismo di continuare a proporre importanti innovazioni sempre al servizio della performance dei propri clienti. 

Nel corso dei recenti ritiri di inizio stagione, diversi membri dello staff tecnico EKOI hanno avuto modo di viaggiare in Spagna per permettere ai corridori di provare individualmente abbigliamento, caschi e occhiali. Non a caso, proprio questo servizio “su misura”, oltre alla disponibilità EKOI nei confronti dei propri atleti, rappresentano entrambe due qualità ben definite nel Dna dell’azienda. E in occasione di questi primi meeting tecnici, campioni del calibro di Chris Froome, Jakob Fuglsang e Michael Woods hanno avuto modo di trasferire immediatamente il proprio feedback sia al responsabile della sponsorizzazione EKOI Pietro Cicoria quanto ai tecnici, con l’obiettivo di perfezionare tutti i dettagli. 

L’accordo tra Ekoi e Israel Premier Tech sottolineato dalla stretta di mano fra il manager Carlstrom (a sinistra) e Pietro Cicoria di Ekoi
L’accordo tra Ekoi e Israel Premier Tech nella stretta di mano fra Kjell Carlstrom (a sinistra) e Pietro Cicoria di Ekoi

Tecnica e performance

«Come squadra, eravamo alla ricerca di un marchio in grado di offrirci attrezzature di alta qualità – ha dichiarato Kjell Carlstrom, il General Manager della Israel Premier Tech – e con EKOI abbiamo trovato molto di più. Siamo stati conquistati dalla loro reattività e dalla loro volontà di offrirci il miglior materiale possibile per l’ottimizzazione delle prestazioni. Inoltre, abbiamo anche potuto visitare la loro sede e comprendere meglio la bellissima etica del marchio».

«Sin dalla propria creazione – ha ribattuto Jean-Christophe Rattel, il fondatore di EKOI – il brand è sempre stato molto attento all’attività dei professionisti e dei loro team. Essere i fornitori tecnici di alcuni dei grandi campioni che hanno segnato la storia del ciclismo rappresenta per noi un vero e proprio onore… e siamo orgogliosi di poter da loro essere riconosciuti per il nostro lavoro e per il nostro know-how». 

Il marchio francese è produttore di abbigliamento ed accessori per il ciclismo
Il marchio francese è produttore di abbigliamento ed accessori per il ciclismo

Disponibile sono online

Anche Chris Froome ha avuto importanti parole di apprezzamento nei confronti di EKOI in occasione di questi primi incontri tecnici.

«Le mie prime impressioni quando ho avuto modo di indossare i capi e gli accessori EKOI – ha dichiarato il quattro volte vincitore del Tour – sono state estremamente positive. In primo luogo perché la qualità dei materiali è evidente e la finitura eccellente. In seconda battuta, perché questo marchio sa bene cosa i ciclisti professionisti si aspettano».

Chris Froome sarà ancora uno dei corridori di prim’ordine della Israel
Chris Froome sarà ancora uno dei corridori di prim’ordine della Israel

Creato nel 2001, EKOI si è rapidamente affermato come brand leader in Francia per quanto riguarda la produzione di abbigliamento e accessori per ciclisti. Pioniere della vendita diretta online fin dal 2008, EKOI ha così scelto di eliminare alcuni passaggi commerciali intermedi proponendo ai consumatori prodotti “premium” in grado di combinare design e tecnicità. La costante collaborazione con alcuni dei migliori ciclisti professionisti in circolazione permette ad EKOI di offrire prodotti estremamente innovativi, favorendo così le prestazioni e le… vittorie in molteplici e grandi competizioni sportive al mondo.

Ekoi

Fuglsang, altri due anni di contratto e qualche spina

04.12.2022
4 min
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Probabilmente a 36 anni si smette di cercare l’ambiente giusto e si punta al miglior ingaggio. La Israel-Premier Tech è una squadra WorldTour, deve crescere, ma tanto male non sarà. Probabilmente Jakob Fuglsang deve aver pensato questo lo scorso anno quando ha accettato il triennale con la squadra israeliana, che lo porterà sino alla soglia dei 40 anni. Ma le cose non sono andate come il danese si aspettava. Parecchi dei corridori che se ne sono andati e anche alcuni che sono rimasti fanno fatica a comprenderne i meccanismi, nonostante ai suoi vertici ci siano uomini di comprovata esperienza.

Forse non è per caso che la stagione si sia conclusa con la retrocessione tra le professional, che porta via ogni certezza di partecipare ai grandi Giri. Per Fuglsang invece il 2022 è andato in archivio con la vittoria alla Mercan’Tour Classic Alpes-Maritimes e in precedenza il terzo posto al Giro di Svizzera. Il ritiro dal Tour dopo la caduta nella 15ª tappa con tanto di frattura di una costola non ha contribuito a rendere l’estate un posto migliore. Resta pendente il ricorso al Tas da parte del team, ma è opinione diffusa che la manovra non sortirà grandi effetti.

Giusto una settimana fa, Fuglsang ha partecipato a Beking 2022, evento di solidarietà a Monaco
Giusto una settimana fa, Fuglsang ha partecipato a Beking 2022, evento di solidarietà a Monaco
Come stai?

Bene. Ho ricominciato piano piano. Non so da dove partirò, dovremo vedere. Alla fine l’obiettivo è sempre vincere, ma bisognerà capire cosa succede con la squadra. C’è il ricorso, ma se andiamo giù bisognerà vedere che gare potremo fare. Secondo me non c’è ancora nulla di certo al 100 per cento. L’UCI non ha ancora ufficializzato niente, come pure non ha annunciato l’ingresso nel WorldTour delle squadre promosse. Stiamo aspettando.

Hai ancora due anni di contratto, giusto?

Sì, esatto. In teoria dovremmo poter fare tutte le corse WorldTour in linea. Anche le corse Monumento. Se va così, sicuramente riusciamo a fare un bel programma. E poi spero che ci diano l’invito per fare il Giro. Se davvero arrivasse, mi piacerebbe tornare a fare il Giro d’Italia.

La scorsa estate, Fuglsang era arrivato al Tour in buona condizione: qui sesto nella tappa di Mende
La scorsa estate, Fuglsang era arrivato al Tour in buona condizione: qui sesto nella tappa di Mende
A che punto sei della carriera?

Al punto che non penso più alle classifiche dei grandi Giri, mi vedo più per vincere delle tappe. E’ quello che vorrei fare. Ho già fatto una top 10 al Giro e una top 10 al Tour e a questo punto per me fare un quinto o sesto posto in classifica generale cambia davvero poco. Invece vincere una tappa è qualcosa su cui punto molto.

Parlando con Kreuziger, è venuto fuori che Bjarne Riis è stato il tecnico che ha più stimato. Per te è stato lo stesso?

Quelli con Bjarne forse non sono stati gli anni migliori, ma ho imparato tanto. Tutti quelli che hanno corso per lui, ma anche i meccanici e i massaggiatori, parlano sempre bene di lui. Sono sempre orgogliosi di avere avuto l’esperienza di lavorare con lui. Con chiunque io ne parli, mi dice la stessa cosa. Anche Nizzolo la pensa così, anche se lui ci ha lavorato per un breve periodo alla Qhubeka.

Il Lombardia ha chiuso il 2022 di Fuglsang, stagione con 59 giorni di corsa e 9 piazzamenti fra i 10
Il Lombardia ha chiuso il 2022 di Fuglsang, stagione con 59 giorni di corsa e 9 piazzamenti fra i 10
Bjarne era il mago dell’organizzazione, questa squadra è nata da zero, a che punto si trova?

C’è ancora da migliorare in tutte le cose, ma non c’è niente di strano: tutte le squadre possono migliorare.

Se volesse, Fuglsang potrebbe chiedere la rescissione del contratto, come succede quando una squadra perde lo status di WorldTour, ma si torna al ragionamento di partenza. Due anni di quel buon contratto rendono più accettabile anche il fatto di dover a volte alzare lo sguardo al cielo.