Arriva il Tour: nella Valle del Savio un concorso per viverlo da vicino

01.06.2024
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Arriva il Tour de France. La colossale corsa francese, che sposta molte più persone e attese del Giro d’Italia, partirà il 29 giugno da Firenze e proprio quel giorno percorrerà la Valle del Savio. Se qualcuno non sa di cosa stiamo parlando e di quale sia la zona, avrà piacere di questo breve excursus. Lo scorso anno era stata lanciata un’iniziativa dal nome Valle Savio Bike Sound: un calendario di eventi che avrebbe abbinato la bicicletta e la musica organizzati da Extra Giro con il supporto dei Comuni della Valle. Teatro di svolgimento la Valle del fiume Savio, che dall’appennino tosco romagnolo scende verso Cesena, attraversando a monte paesi come Bagno di Romagna e San Piero in Bagno, diventando più a valle il luogo di spettacolari discese in kayak.

La prima data, il 7 maggio 2023, andò molto bene. Sulle successive si abbatté l’alluvione della Romagna, che fermò tutto. Si tornò a parlarne con un evento molto emotivo ad agosto, ma fu chiaro che il progetto originario non sarebbe stato mantenuto. Così quest’anno, volendo tenerlo vivo con la speranza di rilanciarlo in grande stile nel 2025, si è dato il nome a un concorso legato al passaggio del Tour sulle stesse strade.

Un pezzetto di Tour

Racconta tutto Caterina Molari, dell’Ufficio Turismo dei Comuni Valle Savio, teatro delle attività messe in atto per accogliere la carovana gialla e i tifosi che eventualmente la seguiranno.

«Noi siamo la Valle del Savio – dice – quindi avremo un pezzettino del Tour de France. Nella prima tappa, infatti, da Firenze a Rimini, la corsa si immetterà nel nostro territorio tra Santa Sofia e Bagno di Romagna. Quindi farà il passo del Carnaio e lì metteremo una hospitality. Poi la corsa scende verso Sarsina, dove ci sarà un’altra hospitality presso il lago di Quarto, che è un punto turistico molto bello. Infine si arriverà al Barbotto, che è la salita micidiale nel comune di Mercato Saraceno. dove troverete la terza hospitality. Da lì il gruppo proseguirà verso il traguardo. Dato che noi ci occupiamo in particolare di promozione turistica, vorremmo mostrare quanto c’è di bello da fare e vedere nella Valle del Savio».

Con il Tour viaggerà la sua immensa carovana pubblicitaria: il passaggio sarà imponente
Con il Tour viaggerà la sua immensa carovana pubblicitaria: il passaggio sarà imponente
Cosa farete?

Abbiamo creato tre hospitality e un gioco sui social. Per cui come prima cosa c’è da seguire su Instagram il progetto che si chiama Valle Savio Bike Sound. Lo abbiamo ripreso e usato come ispirazione per questo concorso. Chi vuole partecipare dovrà caricare entro il 15 giugno su Instagram una sua fotografia in bicicletta nella Valle del Savio e suggerire una canzone che lo ispira o che ascolta quando va in bici. Poi deve pubblicarla taggando @vallesaviobikesound e in questo modo parteciperà alla selezione per accedere a queste hospitality. Il 16 giugno una giuria speciale selezionerà i vincitori, per un totale di circa 250 ospiti

Cosa succede nelle hospitality?

Offriamo da mangiare e da bere. Vedranno il Tour in diretta, perché metteremo anche dei maxischermi. E poi li vedranno passare dal vivo, dato che saremo proprio a bordo strada.

E’ prevedibile che l’arrivo del Tour de France sulle vostre strade abbia una ricaduta turistica?

Noi pensiamo di sì, tanto da aver creato anche altri eventi collaterali: ogni Comune ha fatto il suo pezzettino. A Bagno di Romagna, il weekend prima con un’associazione del territorio organizziamo una serata di racconto, la presentazione di un libro di chi cento anni fa aveva fatto il passo del Carnaio in bicicletta e lo aveva raccontato. La domenica 23 giugno, ci sarà una biciclettata amatoriale tra Santa Sofia e Bagno di Romagna, quindi un tratto del Tour de France aperto a tutti. Tanto più che la strada adesso è asfaltata di fresco ed è un piacere pedalarci sopra. Delle iniziative sorte in maniera quasi spontanea dalle associazioni del territorio. Inoltre nel giorno di passaggio della corsa faremo degli allestimenti visibili anche dall’alto che rendano identificabili i paesi.

L’ultima volta che il Giro d’Italia ha affrontato il Carnaio, transitò per primo Vendrame, poi vincitore a Bagno di Romagna
L’ultima volta che il Giro d’Italia ha affrontato il Carnaio, transitò per primo Vendrame, poi vincitore a Bagno di Romagna
E gli alberghi?

Quasi tutti pieni. Si sono organizzati facendo dei pacchetti turistici per portare la gente a vedere il Tour de France. Al punto che l’altro giorno ho provato a prenotare una camera per degli amici e ho visto che sono già quasi tutti pieni, nonostante non siamo sede di partenza e tantomeno di arrivo. Però abbiamo visto che avendo delle salite iconiche, come il Barbotto che è un po’ il terrore dei ciclisti (anche quelli della zona), le nostre zone sono un bel richiamo. Il Barbotto e pure il Carnaio li faceva anche Pantani per allenarsi. Lo amavamo tutti, perché dal mare per allenarsi veniva sulle nostre colline. Quindi in qualche modo le nostre zone si sono auto promosse, noi stiamo aggiungendo qualche spunto.

Di che tipo?

Ci siamo inventati il gioco sui social per dire: «Vieni nella Valle del Savio, perché ci sono cose belle». E non parliamo solo di strade e salite, perché poco distante c’è la Biblioteca Malatestiana e chi vuole può fermare la bici e visitarla. Oppure ci sono le Pievi a Mercato Saraceno o le cantine vinicole del territorio. Le terme vanno anche da sole, però le stiamo sfruttando a livello comunicativo.

Il Giro passò sul Barbotto nel 2010, con la lIquigas di Basso e Szmyd in testa al gruppo
Il Giro passò sul Barbotto nel 2010, con la lIquigas di Basso e Szmyd in testa al gruppo
In che modo tornerà Valle Savio Bike Sound?

Quest’anno lo abbiamo rilanciato, per il momento come brand collegato al Tour de France, nel contesto degli eventi Savio Trail 2024. Speriamo di ripartire con gli eventi veri e propri dal prossimo anno. La volontà di puntare sul ciclismo c’è, anche Visit Romagna ci crede molto e il nostro territorio ci crede molto. Per cui non resta che venire nella Valle del Savio, pedalare, farsi una foto e pubblicarla. C’è tempo fino al 15 giugno.

Per informazioni

Instagram: vallesaviobikesound

BikeSound

Pensando a Gino Mader, le parole del gruppo

17.06.2023
6 min
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«Non proprio la performance che speravo qui alla Volta Catalunya. Ma non perdo la speranza, anche la Lamborghini prima costruiva trattori». Spiritoso. Allegro. Sognatore. Ironico. Queste parole di Gino Mader prese da Instagram dopo il Catalunya sono il modo che abbiamo trovato per cominciare il racconto con un sorriso.

Gino Mader è nato il 4 gennaio 1997 a Flawil, è morto il 16 giugno 2023 a Coira
Gino Mader è nato il 4 gennaio 1997 a Flawil, è morto il 16 giugno 2023 a Coira

Sentimenti e social

Ventiquattro ore dopo la morte del giovane svizzero, il mondo del ciclismo fa comprensibilmente fatica a lasciarlo andare. Che le cose non andassero si era capito la sera stessa, dalle risposte insolitamente abbottonate sua squadra. E quando ieri mattina il cuore di Gino ha smesso di battere, c’è stata prima l’incredulità, poi è subentrato il dolore. E a quel punto le dispute sui dilettanti attaccati dello Stelvio sono parse ridicole e vuote.

Come ogni volta che un corridore se ne va, il gruppo si è raggomitolato su se stesso in una posizione quasi fetale. Poca voglia di parlare, zero interviste: solo messaggi fra amici che resteranno tali. Eppure tutti, ciascuno a modo suo, hanno trovato il modo di salutare l’amico scomparso sui social. Quella che vi proponiamo è una galleria di post, per come il gruppo ha voluto ricordare quel ragazzo sorridente, capace di portare allegria e impegnarsi per l’ambiente con lo slancio di un bambino.

Damiano Caruso

«Caro Gino è stato un onore averti come compagno di squadra, ma soprattutto aver avuto il privilegio di conoscere la splendida persona che eri. Intelligente ed educato , razionale e leale come pochi. Ciao Gino, ti voglio bene».

I compagni del team Bahrain Victorious in raccoglimento prima del via
I compagni del team Bahrain Victorious in raccoglimento prima del via

Michele Bartoli

«La cosa che ti ripetevo di più era Gino ridi, qui mi avevi ascoltato. Mi ascoltavi sempre, il confronto con te era sempre costruttivo. Oggi sto pagando con un dolore immenso, ma ringrazio Dio di averti conosciuto e di aver potuto costruire un grande rapporto con una persona speciale come te. Buon viaggio Gino, mi mancherai, non immagini quanto».

Sonny Colbrelli

«Sei stato un amico, un compagno e un motivatore quando ero in difficoltà. Da oggi abbiamo un angelo in più».

Matej Mohoric

«Gino, riposa in pace. Sarai vivo per sempre nei nostri cuori. Ho avuto così tanto rispetto per il tuo impegno per rendere il mondo un posto migliore per tutti. Porterò questo con me oggi, domani e ogni giorno».

Sandra, la mamma di Gino Mader, ha abbracciato i suoi amici corridori
Sandra, la mamma di Gino Mader, ha abbracciato i suoi amici corridori

Fabian Cancellara

«Riposa in pace, Gino. Ci mancherai, sei stato speciale per me per il modo in cui ti ho incontrato. I miei pensieri sono ora con la sua famiglia e i suoi cari».

Romain Bardet

«Come. Perché. Cosa ci resta adesso? I nostri occhi che piangono, i nostri pensieri devastati. Siamo tutti Gino, sfrecciando in ogni discesa sempre più veloci, al limite dell’equilibrio. Sfidando i nostri limiti curva dopo curva. Dopotutto, l’abbiamo già fatto 1000 volte. E’ buio il giorno in cui il destino viene a strapparci uno dei nostri, un nostro simile, acrobata in lycra, con un’ingiustizia che ci lacera e che nessuno può riparare. Coscienti dell’incoscienza solo quando la brutalità ci raggiunge e ci danneggia per sempre. Se solo la sincerità dei nostri pensieri bastasse per confortare coloro che rimangono. Facciamo questo sport per le emozioni, ma mai per vedere la nostra famiglia in lutto. Ad una stella che non smetterà mai di brillare, Gino».

Francesco Villa

«R.I.P. Gino. Eri un ragazzo speciale, non dimenticherò le nostre chiacchierate sul bus. Mancherai…».

Alejandro Torralbo

«Vaaamooos Gino, ora correrai per sempre e sarai vivo nei nostri ricordi».

Evenepoel ha parlato subito della sicurezza dell’arrivo in fondo alla discesa
Evenepoel ha parlato subito della sicurezza dell’arrivo in fondo alla discesa

Adriano Malori

«Oggi è morto un altro ciclista giovanissimo, Gino Mader della Bahrain Victorious, caduto ieri nella discesa che portava all’arrivo. I motivi? Sconosciuti e non serve a nulla cercarli! Posso solo dire un mio parere. Gli organizzatori devono capire che purtroppo il ciclismo è cambiato. I corridori hanno pressioni inimmaginabili, le biciclette sono dei missili super rigidi che non permettono errori. Ad oggi a un corridore pro’ basta accarezzare i pedali per fare in pianura i 35-40 km/h e gli bastano pochi metri di discesa per raggiungere 70-80 km/h. Questo sport che è cambiato del 70% negli ultimi 20 anni quindi anche i percorsi devono adeguarsi.
«Dunque mi associo alle dichiarazioni di Evenpoel che ha dichiarato: «Non è stata un’idea intelligente collocare il traguardo di una tappa così impegnativa al termine di una discesa. Ma ovviamente c’è sempre più bisogno di spettacolo. Detto questo, ciao Gino».

Mark Cavendish

«Assolutamente senza parole per questa notizia devastante. Amico, ci mancherai tu e il tuo sorriso che avrebbe illuminato il gruppo. Invio forza e amore alla tua famiglia, ai tuoi amici e al Team Bahrain Victorious. Riposa in pace, Gino».

Lungo i pochi chilometri percorsi ieri dal gruppo, il pubblico applaudiva e piangeva
Lungo i pochi chilometri percorsi ieri dal gruppo, il pubblico applaudiva e piangeva

Ineos Grenadiers

«Abbiamo il cuore spezzato nel sentire di Gino e i nostri pensieri sono con i suoi amici, la famiglia e tutti al Team Bahrain Victorious. Gino non era solo un ciclista di grande talento e un grande agonista, era anche una persona incredibile e un amico per molti di noi. La sua assenza sarà sentita da tutti nel gruppo e in tutto il nostro sport».

Elke Weylandt

«Senza parole. Sono oltremodo triste nel vedere un’altra famiglia, un altro gruppo di amici, un’altra squadra, un altro gruppo attraversare questo inferno vivente. RIP Gino»

Franco Pellizotti

«Ciao Ginetto, ti porterò per sempre nel mio cuore. Riposa in pace».

Fran Miholjevic

«Oggi ho perso un amico. Caro Gino, sei stato molto più di un collega. Sei stato un amico e un modello. Sono grato e orgoglioso di aver condiviso con te i tuoi ultimi giorni e la strada del tuo ultimo viaggio qui sulla terra. Riposa in pace».

Sul traguardo, uno striscione ha celebrato Gino Mader al passaggio dei suoi compagni
Sul traguardo, uno striscione ha celebrato Gino Mader al passaggio dei suoi compagni

Brent Copeland

«Ho cercato di trovare le parole tutto il giorno per esprimere i miei sentimenti per una giornata così tragica! Difficile trovare le parole, ma una cosa speciale si è evidenziata oggi ed è quanto sia veramente stretta la comunità del ciclismo, sia nei momenti buoni che in quelli cattivi. Possiamo tutti avere le nostre opinioni diverse, ma alla fine siamo tutti qui per supportarci l’un l’altro e questo è qualcosa di speciale! RIP Gino! Ci hai intrattenuto in tanti modi speciali e memorabili!».

Lello, Pozzo e lo Squalo: una storia di amicizia

12.07.2022
4 min
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«L’idea mi è venuta alle quattro del mattino – dice Lello – mentre pensavo che con le due dirette Instagram con Nibali e Pozzovivo avevo messo insieme tremila persone ogni volta. Possibile, pensavo, che faccio questi numeri e non porto a casa nemmeno un caffè? Perché non inventarmi qualcosa di bello? I miei figli sono sempre su Tik Tok. Così ho scritto un messaggio ad Alex Carera, dicendogli che avevo avuto una grande idea. Mi ha risposto alle 7,30 del mattino e ha scritto che stava già tremando…».

Pozzo e lo Squalo

Lello Ferrara e le sue dirette su Instagram ci hanno fatto compagnia nei giorni del Covid. Poi, quando la… clausura è finita, il ragazzo di Napoli ha tenuto duro e alla fine ha convinto Massimo Levorato, imprenditore veneto, che lo ha coinvolto nella sua Tele Ciclismo. Eppure Lello non ha abbandonato le dirette e quella sua idea delle quattro del mattino si è trasformata nella Squalo TV su Twitch.

Assieme a Massimo Levorato, titolare Dynatek e Work Service, che ha coinvolto Lello in Tele Ciclismo (foto Instagram)
Assieme a Massimo Levorato, titolare Dynatek e Work Service, che ha coinvolto Lello in Tele Ciclismo (foto Instagram)

«Avere il benestare di Vincenzo – racconta Lello – è stato molto simpatico e ha allargato la platea dei contatti. Credo che lui e Pozzo mi vogliano bene e stiano facendo tutto questo per amicizia. Non pensavo che ci fosse dietro tanto lavoro e loro due sono ancora corridori e hanno tanto da fare. Però nelle dirette si sono divertiti e quando c’è Vincenzo, si sente. Il suo nome richiama un sacco di gente. E poi grazie a loro possiamo raggiungere personaggi importanti, come Bernal ieri sera».

La vita sul camion

Lello, che fuori ride, nasconde il Lello che dentro lotta per stare a galla. Lello che ride, prima di fare le dirette guidava il camion e ha conosciuto il gusto amaro della vita. Il bello di Lello, che da under 23 vinse il Giro d’Italia, è che ha sempre su la stessa maschera. Si ricorda degli amici e sa stare al mondo.

Raffaele Ferrara, camion, novembre 2020
Lello ha lavorato sul camion per una vita, i social finora lo hanno aiutato a fare una vita diversa
Raffaele Ferrara, camion, novembre 2020
Lello ha lavorato sul camion per una vita, i social finora lo hanno aiutato a fare una vita diversa

«Quando devo mandare un messaggio a Vincenzo – ride – vivo dei momenti d’ansia. E’ come quando arrivi a casa e trovi una busta dell’Agenzia delle Entrate. Io il camion non voglio più sapere dov’è, anche se ogni tanto il suocero mi chiama per chiedermi se ho tempo libero, ma lo fa per scherzare. Ricordo chi mi ha voluto bene e chi mi ha aiutato. Non sono ricco, non sono potente, ma faccio sorridere. So mangiare con 5 euro. E a volte mi chiedo come faccia un fallito come me a dare fastidio a certi più potenti».

Un fuoco di paglia

Perché il nodo è proprio questo. Lello che ride e scherza su tutto qualcuno ha iniziato a guardarlo con sufficienza, perché gli ospiti che riesce a mettere insieme lui, ad altri salotti non si avvicinano nemmeno.

«La mia fortuna – dice – è iniziata quando hanno cominciato a dire che fossi un fuoco di paglia. Ma continuo a fare sempre quello, seminare allegria e buon umore. Non siamo giornalisti, raccontiamo quello che viviamo. Guai pensare che siamo giornalisti, sarebbe una mancanza di rispetto per chi ha studiato. E poi nel nostro piccolo, mi sto rendendo conto di quanto sia complicato. Mi sono dovuto comprare computer, microfono e luci. Abbiamo trovato una ragazza che fa la regia. Pensavo fosse più semplice e invece non lo è per niente. Ci sono regole da rispettare, è un attimo sbagliare. Mi auguro che ne nasca qualcosa di bello, con dei contenuti che piacciono».

Nella diretta di Squalo Tv ieri sera, con Nibali, Pozzovivo e l’ospite Bernal
Nella diretta di Squalo Tv ieri sera, con Nibali, Pozzovivo e l’ospite Bernal

Ieri sera Bernal su Twitch e subito prima Clarke su Instagram. La vita di Lello non sta mai ferma e davvero ti chiedi che corridore sarebbe diventato. Ride, scherza e fa battute. E’ come Pulcinella e in qualche modo ne ricalca la definizione della Treccani: “Pigro, vorace, perennemente affamato, opportunista, sfrontato, chiacchierone, bastonatore spesso bastonato”. Lello è così. Bastonate ne ha prese e, se le ha rese, lo ha fatto certo con una battuta. E forse proprio per questo piace così tanto. Di certo è per questo che gli vogliamo bene.

Tutti con Egan: l’hashtag sacro e il rituale social dei pro’

13.02.2022
6 min
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«E’ orribile leggere quello che è successo ad Egan. Tutta la Ineos Grenadiers e lo sport aspettano buone notizie. Un altro triste promemoria di quanto pericoloso può essere il nostro allenamento!» – Tao Geoghegan Hart (twitter).

Esattamente 20 giorni fa Egan Bernal è stato vittima di un incidente su strada, scontrandosi con un bus mentre si allenava con la bici da crono. Quasi sicuramente una storia che conoscete tutti. Che ci ha fatto preoccupare quando il campione colombiano era in terapia intensiva e poi emozionare nel vederlo muovere di nuovo i primi passi in seguito ai vari interventi.

La pioggia di messaggi

Dal momento dell’incidente tutta la comunità del ciclismo ha vissuto le stesse ansie, tristezze e speranze. Da quel momento sono iniziati i messaggi di sostegno per Egan da ogni parte, soprattutto dai suoi colleghi professionisti. Inizialmente dai compagni di squadra, come Daniel Martinez che ha postato la famosa foto del Giro d’Italia 2021 in cui lo incitava nel suo momento di crisi, poi dai connazionali. Ma quasi subito la pioggia di messaggi di sostegno e solidarietà è arrivata anche da rivali e campioni del ciclismo di ogni nazionalità e squadra. Da Valverde a Sagan, Evenepoel, Geraint Thomas, Froome e Pogacar.

Tutti riuniti, insieme ai tifosi di tutto il mondo, sotto l’hashtag #FuerzaEgan. Ma cosa spinge un corridore professionista a pubblicizzare, nel senso di rendere disponibile a tutti, i propri auguri di pronta guarigione ad un collega su quelle piattaforme, appunto pubbliche, che sono i social network? Non basterebbe scrivere un messaggio privato al diretto interessato per mostrare vicinanza nella difficoltà? E che cosa rappresentano queste manifestazioni di vicinanza per chi le produce e per chi le legge? 

Geoghegan Hart parla della paura di leggere una simile notizia e di quanto sia pericolosa la strada
Geoghegan Hart parla della paura di leggere una simile notizia e di quanto sia pericolosa la strada

Il tweet di Tao

Proviamo a rispondere partendo dal messaggio di Tao Geoghegan Hart che abbiamo messo in apertura dell’articolo. Esso tira fuori l’elemento comune di tanti dei messaggi social solidali esplicitamente e a tutti implicitamente: la condivisione. I termini non sono quasi mai casuali, sui social si condividono post, tweet, immagini, pensieri. Si condivide, appunto. E in questo caso il social svolge la sua funzione di condivisione anche nel senso più stretto del termine. Nasce tutto dal bisogno di dire ad Egan “io sono come te”, “io ti capisco”. Come dice proprio esplicitamente Quintana nel suo post social: «Sono cosciente di ciò che comportano questo tipo di situazioni, così come so che è sempre possibile rialzarsi e continuare con più forza». 

Il tweet di condivisione da parte di Nairo Quintana nei confronti di Bernal
Il tweet di condivisione da parte di Nairo Quintana nei confronti di Bernal

La stessa comunità

Non si tratta quindi di semplice empatia di base. Non c’è solo il dispiacere per una tragedia che avviene ad un altro essere umano, neanche soltanto quell’empatia per il grande campione che unisce tutti. C’è qualcosa di più, c’è appunto la condivisione dello stesso destino, delle stesse strade, degli stessi pericoli costanti. E solo chi ha pedalato per strada con regolarità, chi lo fa per professione, può capire a fondo.

Mettere la propria vita in mano alle responsabilità degli altri, che spesso responsabili non lo sono minimamente. Da questo nasce la necessità di esprimere ad Egan che lo si capisce, che la sua vicenda tocca profondamente. Ma al contempo quella di esprimerla a tutti coloro che a loro volta capiscono Egan. Una comunione di emozioni, un ribadire gli uni con gli altri di far parte dello stesso mondo. O meglio: della stessa comunità.

Con questo post su Instagram, Daniel Martinez ha fatto nuovamente forza all’amico
Con questo post su Instagram, Daniel Martinez ha fatto nuovamente forza all’amico

Esorcizzare la paura

Qui arriviamo al punto: gli auguri di pronta guarigione non sono soltanto formalità, sono il rituale di una comunità. Quella del circo del ciclismo, che si ricompatta intorno ad un evento fondamentale e rappresentativo. Non solo, il tutto serve anche per esorcizzare la paura che un evento simile possa capitare a se stessi. Una lucida consapevolezza, che è allo stesso tempo tragica, perché riconosce la propria impotenza e la fatalità dell’evento, al di fuori del loro controllo.

Gli elementi del rituale ci sono tutti. La tonalità emozionale comune. La condivisione del medesimo focus di attenzione e reciproca consapevolezza. La presenza di simboli che rappresentano l’appartenenza al gruppo. E la riunione del gruppo di persone.

Si sono appena svolti i campionati nazionali colombiani con vittoria di Martinez. Egan era a suo modo presente
Si sono appena svolti i campionati nazionali colombiani con vittoria di Martinez. Egan era a suo modo presente

La piazza social

Allora i social diventano la piazza in cui la comunità si riunisce per svolgere il suo rituale. L’attenzione di tutti è su quell’evento e tutti lo sanno. I sentimenti di tristezza, preoccupazione e ricerca di conforto ed espressione di speranza sono comuni a tutti. Così l’hashtag #FuerzaEgan diventa un oggetto sacro. Un simbolo che rappresenta l’appartenenza al gruppo e sotto cui ci si riunisce per ribadire questa stessa appartenenza. Se cade un ciclista, cadono tutti… E insieme si rialzano.

Raffaele Ferrara, camion, novembre 2020

Ma voi Lello lo conoscete davvero?

27.11.2020
7 min
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Era un giorno d’estate e nevicava… Ferrara si fa una risata dal volante dell’Eurocargo 180 e il viaggio prosegue. E’ partito alle 3,30 da Castelfranco e sta tornando indietro. Chiedeva di avere un attacco epico e un po’ assurdo come questo da almeno 15 anni e ormai non c’era più motivo di negarglielo. Perché a Lello non puoi dire di no. Per quello che s’è condiviso e quello che pensando a lui salta alla memoria. Per la sua storia sofferta di atleta, ma anche di marito e di padre. Adesso poi che s’è messo a impazzare su Instagram e chi non lo conosceva prima potrebbe pensare a un clown arrivato da chissà dove.

Così per fargli compagnia e anche un po’ giustizia, siamo saliti con lui per qualche chilometro d’autostrada.

Raffaele Ferrara, Salisburgo 2006
Riserva ai mondiali di Salisburgo 2006
Raffaele Ferrara, Salisburgo 2006
Riserva ai mondiali di Salisburgo 2006
Come va, star del web?

Non c’è traffico, zona rossa. La gente lavora da casa.

Come va a te…

Ah, scusa. Bene. Vediamo se a gennaio si libera qualcosa. Si trova più a fare l’influencer in giro che a lavorare. Ma è un ambiente così, lo conosciamo. Finché funzioni va bene, poi tanti saluti. E quando uno come Vegni viene in diretta con me e mi dice che io sono più famoso di lui, qualche domanda su questo mondo me la faccio. Mi sono dato un anno di tempo. Poi stacco Instagram e tanti saluti.

Da dove viene questo amore per il ciclismo?

A me in realtà il ciclismo non è mai piaciuto, mi ha obbligato mio papà Domenico. Per fortuna. Avevo già preso la mia strada e so dove portava. Quelli della mia età sono tutti morti o in carcere. San Paolo sulla sua strada trovò il Signore. La mia bestia nera fu mio padre, che mise dei paletti e mi salvò la vita. Quando lui è morto nel 2009, per me è morto il ciclismo. Anche adesso, se non sono obbligato, la bici non la prendo. Ma il ciclismo mi ha permesso di imparare.

La prima gara a San Pietro a Patierno (senza audio) e la prima caduta: è il 1992
Che cosa?

Ho avuto la fortuna e l’onore di conoscere dei giornalisti che mi hanno insegnato a parlare, leggendo quello che scrivevano. Ho imparato dalle persone più intelligenti di me. Dai dottori delle squadre in cui ho corso. 

Perché tuo padre ti mise in bici?

Io volevo fare il calciatore e andammo a fare il provino, alla scuola del Napoli all’Albricci. Mio padre lo diceva che non ero tagliato, ma andammo e ci sentimmo dire quello che lui sapeva già. Che con il pallone non c’entravo niente, ma che mi facessero fare uno sport di resistenza, perché non mi ero mai fermato. E così venne la famosa gara di San Pietro a Patierno, il mio paese. Quella in cui caddi e da cui cominciò tutto.

Raffaele Ferrara, Franco Ballerini (foto Instagram)
Con Franco Ballerini durante la trasferta preolimpica a Pechino (foto Instagram)
Raffaele Ferrara, Franco Ballerini (foto Instagram)
Con Ballerini a Pechino (foto Instagram)
Se non ti piaceva, perché fare per tanti anni il corridore?

Perché avevo sulle spalle mio padre come il grillo parlante. Il ciclismo è stato una parentesi che mi ha salvato. Grazie a quegli anni da corridore, ho trovato un lavoro e grazie al ciclismo oggi mi sono rilanciato.

Vittoria di Castelfranco al Giro dilettanti 1998. Quanto piangevi…

Era cattiveria agonistica che esplose. Ero stufo si parlasse di me come del cognato di Figueras, arrivato per questo alla Zalf. Quella tappa l’ho vinta con una fuga che mi ha permesso di emergere ed essere premiato. Da quel giorno alla Zalf impararono a chiamarmi per nome.

Che differenza c’era fra te e Figueras?

Giuliano nasce campione e il padre ne ha fatto tesoro. Il papà era il suo diesse sin da allievo, mentre il mio non si è mai messo in mezzo. Lui forse ha avuto fame di soldi e poi l’ha persa. Io mi sono dovuto salvare da una brutta situazione. Ma fisicamente, Giuliano era Maradona, io un piccolo Ciro Ferrara.

Raffaele Ferrara (foto Instagram)
Da quella Toyota piena di firme è nato il nuovo Lello (foto Instagram)
Raffaele Ferrara (foto Instagram)
Il nuovo Lello e la sua Toyota (foto Instagram)
In una diretta hai chiesto a Basso perché ti abbia voltato le spalle.

Ci siamo conosciuti da militari, eravamo nella stessa stanza. Siamo diventati amici, perché ha capito che ero una persona che gli dava e non gli toglieva. Siamo andati insieme alla Zalf. Abbiamo creato degli obiettivi comuni. Non mi sentivo meno forte, ma Ivan è sempre stato un modello di professionismo. Nella macelleria di casa, sua madre teneva dietro alla cassa una foto di noi due. Mi ha aiutato in tanti passaggi, poi promise che mi avrebbe portato alla Liquigas e lì si interruppe tutto. Bastava mi chiamasse per dirmi che non poteva, invece sparì. Gli ho chiesto questo. Perché gli voglio bene come a un fratello.

C’è una foto molto bella di te con Franco Ballerini.

Franco mi ha lasciato a metà, come mio padre. Se ne è andato senza farsi salutare. Stavo facendo una distanza e squilla il telefono. «Pronto Lello, sono Franco Ballerini!». Ero in giro da sei ore, per cui rispondo di non prendermi in giro. Metto giù e continuo. Dopo un po’ verso Asiago torna il segnale e trovo una chiamata di Boifava. Cosa avrò combinato? Mi fermo e lo chiamo. «Cosa hai combinato? Hai chiuso il telefono in faccia a Ballerini? Vuole portarti in nazionale, richiamalo». Lo richiamo e lui rideva. Gli dissi che per la felicità avrei fatto altre 4 ore, ma mi disse di andare a casa per non finirmi. E così mi portò a Salisburgo.

Raffaele Ferrara, (foto Instagram)
Piano piano si torna a pedalare (foto Instagram)
Raffaele Ferrara, (foto Instagram)
Di nuovo in bici (foto Instagram)
Quel 2006 fu magico…

Sai perché? Perché Elisa era incinta di Sonny e stava per partorire. Così era venuto su mio padre e si era messo in un residence. E io per non deluderlo in quel periodo mi sono messo ad allenarmi come un matto. Volevo che fosse fiero di me.

Però Franco ti mise di riserva.

Gli dissi che sarebbe finita così e lui rispose: «Grazie, mi hai tolto un peso». Se avessi corso, non avrei rubato il posto a nessuno. Ma per me di San Pietro a Patierno essere lì era già una vittoria. Quando andammo nella preolimpica a Pechino, mi disse che dopo la nazionale avrebbe creato una squadra e ci sarebbe stato posto anche per me, da corridore o in un altro ruolo. Che mettessi la testa a posto, senza tradire quello che sono. Era il nostro patto, è la prima volta che lo racconto a qualcuno. Con Franco legai molto. Mi chiamava. Mi chiedeva cosa facessi e se mi fossi allenato…

Raffaele Ferrara (foto Instagram)
La sua vita in bici tutta sul web (foto Instagram)
Raffaele Ferrara (foto Instagram)
Sul web il Lello ciclista (foto Instagram)
Hai vinto il Giro dei dilettanti.

Andavo forte. Venivo dalla rottura della clavicola, quindi ero fresco. Avevamo vinto il Giro del Veneto con Pellizotti e lo avevo aiutato, per cui andai per le tappe e provare a passare professionista. Finché un giorno venne in camera Giovanni (Renosto, diesse della Trevigiani, ndr) e mi disse che avrei dovuto attaccare sul Monte Grappa. Io risposi che così Franco avrebbe rischiato la classifica. Seppi dopo che qualcuno aveva chiesto che preferibilmente il Giro lo vincesse un ragazzo del Nord. Dopo il Giro del Friuli, che vinsi, Renosto ci disse che la squadra avrebbe chiuso. E io passai con la Alessio.

Quale è stata la diretta più bella di “Lello e Friends”?

Per soddisfazione personale, la diretta con gli azzurri dai mondiali, Nibali, Vegni, Di Rocco. Ho capito che sono arrivato in alto, senza guadagnare un euro. Sono tutte belle, ne avrò fatte 300.

Raffaele Ferrara, Renato Di Rocco (foto Instagram)
Con il presidente federale Renato Di Rocco (foto Instagram)
Raffaele Ferrara, Renato Di Rocco (foto Instagram)
A Treviso con Di Rocco (foto Instagram)
Quella che ti ha deluso?

Quella con la Patenoster, perché ho capito che non avevamo argomenti e alla fine ci siamo messi a parlare delle sue vittorie. E’ diverso parlare con un uomo o una ragazza. Non sono riuscito a tirarle fuori niente. Mi sono piaciuti Brumotti e anche Paolo Kessisoglu, perché ho messo il naso in altri mondi.

Ad Aru hai chiesto come avesse fatto a farsi dare 3 milioni l’anno per non vincere mai.

L’ho paragonato a David Coperfield. E’ stato un momento forte, ma da allora siamo sempre in contatto. Ci sentiamo quasi tutti i giorni e la gente mi chiede di sapere dove correrà, ma io non lo so.

Raffaele Ferrara (foto Instagram)
E con il lockdown arrivano le dirette di “Lello e Friends” (foto Instagram)
Raffaele Ferrara (foto Instagram)
E con il lockdown nasce “Lello e Friends” (foto Instagram)
E Bettiol?

Che figura, ero proprio fuori dal mondo. Pensavo avesse vinto la Roubaix, me l’ha detto lui che invece era il Fiandre.

E adesso?

Adesso arrivano Di Luca e poi Riccò. Ma prima devo arrivare a Castelfranco. Il camion è quello che mi dà da mangiare, bisogna che lo tratto con tutti gli onori…

Una risata, poi sparisce verso le prime brume del Veneto, in questo pomeriggio che sa di inizio inverno. Anche se era un giorno d’estate. E nevicava…