«L’idea mi è venuta alle quattro del mattino – dice Lello – mentre pensavo che con le due dirette Instagram con Nibali e Pozzovivo avevo messo insieme tremila persone ogni volta. Possibile, pensavo, che faccio questi numeri e non porto a casa nemmeno un caffè? Perché non inventarmi qualcosa di bello? I miei figli sono sempre su Tik Tok. Così ho scritto un messaggio ad Alex Carera, dicendogli che avevo avuto una grande idea. Mi ha risposto alle 7,30 del mattino e ha scritto che stava già tremando…».
Pozzo e lo Squalo
Lello Ferrara e le sue dirette su Instagram ci hanno fatto compagnia nei giorni del Covid. Poi, quando la… clausura è finita, il ragazzo di Napoli ha tenuto duro e alla fine ha convinto Massimo Levorato, imprenditore veneto, che lo ha coinvolto nella sua Tele Ciclismo. Eppure Lello non ha abbandonato le dirette e quella sua idea delle quattro del mattino si è trasformata nella Squalo TV su Twitch.
Assieme a Massimo Levorato, titolare Dynatek e Work Service, che ha coinvolto Lello in Tele Ciclismo (foto Instagram)Assieme a Massimo Levorato, titolare Dynatek e Work Service, che ha coinvolto Lello in Tele Ciclismo (foto Instagram)
«Avere il benestare di Vincenzo – racconta Lello – è stato molto simpatico e ha allargato la platea dei contatti. Credo che lui e Pozzo mi vogliano bene e stiano facendo tutto questo per amicizia. Non pensavo che ci fosse dietro tanto lavoro e loro due sono ancora corridori e hanno tanto da fare. Però nelle dirette si sono divertiti e quando c’è Vincenzo, si sente. Il suo nome richiama un sacco di gente. E poi grazie a loro possiamo raggiungere personaggi importanti, come Bernal ieri sera».
La vita sul camion
Lello, che fuori ride, nasconde il Lello che dentro lotta per stare a galla. Lello che ride, prima di fare le dirette guidava il camion e ha conosciuto il gusto amaro della vita. Il bello di Lello, che da under 23 vinse il Giro d’Italia, è che ha sempre su la stessa maschera. Si ricorda degli amici e sa stare al mondo.
Lello ha lavorato sul camion per una vita, i social finora lo hanno aiutato a fare una vita diversaLello ha lavorato sul camion per una vita, i social finora lo hanno aiutato a fare una vita diversa
«Quando devo mandare un messaggio a Vincenzo – ride – vivo dei momenti d’ansia. E’ come quando arrivi a casa e trovi una busta dell’Agenzia delle Entrate. Io il camion non voglio più sapere dov’è, anche se ogni tanto il suocero mi chiama per chiedermi se ho tempo libero, ma lo fa per scherzare. Ricordo chi mi ha voluto bene e chi mi ha aiutato. Non sono ricco, non sono potente, ma faccio sorridere. So mangiare con 5 euro. E a volte mi chiedo come faccia un fallito come me a dare fastidio a certi più potenti».
Un fuoco di paglia
Perché il nodo è proprio questo. Lello che ride e scherza su tutto qualcuno ha iniziato a guardarlo con sufficienza, perché gli ospiti che riesce a mettere insieme lui, ad altri salotti non si avvicinano nemmeno.
Con Samuele Manfredi, fra sorrisi e incoraggiamento (photors.it)
“Ci manchi, amico mio”: le sue parole per Michele Scarponi (foto Instagram)
Con Samuele Manfredi, fra sorrisi e incoraggiamento (photors.it)
“Ci manchi, amico mio”: le sue parole per Michele Scarponi (foto Instagram)
«La mia fortuna – dice – è iniziata quando hanno cominciato a dire che fossi un fuoco di paglia. Ma continuo a fare sempre quello, seminare allegria e buon umore. Non siamo giornalisti, raccontiamo quello che viviamo. Guai pensare che siamo giornalisti, sarebbe una mancanza di rispetto per chi ha studiato. E poi nel nostro piccolo, mi sto rendendo conto di quanto sia complicato. Mi sono dovuto comprare computer, microfono e luci. Abbiamo trovato una ragazza che fa la regia. Pensavo fosse più semplice e invece non lo è per niente. Ci sono regole da rispettare, è un attimo sbagliare. Mi auguro che ne nasca qualcosa di bello, con dei contenuti che piacciono».
Nella diretta di Squalo Tv ieri sera, con Nibali, Pozzovivo e l’ospite BernalNella diretta di Squalo Tv ieri sera, con Nibali, Pozzovivo e l’ospite Bernal
Ieri sera Bernal su Twitch e subito prima Clarke su Instagram. La vita di Lello non sta mai ferma e davvero ti chiedi che corridore sarebbe diventato. Ride, scherza e fa battute. E’ come Pulcinella e in qualche modo ne ricalca la definizione della Treccani: “Pigro, vorace, perennemente affamato, opportunista, sfrontato, chiacchierone, bastonatore spesso bastonato”. Lello è così. Bastonate ne ha prese e, se le ha rese, lo ha fatto certo con una battuta. E forse proprio per questo piace così tanto. Di certo è per questo che gli vogliamo bene.
In vista della tappa con arrivo ad Aprica, siamo stati da Domenico Pozzovivo, ci siamo fatti raccontare la sua bicicletta, le scelte tecniche e come convive con i problemi al braccio
«E’ orribile leggere quello che è successo ad Egan. Tutta la Ineos Grenadiers e lo sport aspettano buone notizie. Un altro triste promemoria di quanto pericoloso può essere il nostro allenamento!» – Tao Geoghegan Hart (twitter).
Esattamente 20 giorni fa Egan Bernal è stato vittima di un incidente su strada, scontrandosi con un bus mentre si allenava con la bici da crono. Quasi sicuramente una storia che conoscete tutti. Che ci ha fatto preoccupare quando il campione colombiano era in terapia intensiva e poi emozionare nel vederlo muovere di nuovo i primi passi in seguito ai vari interventi.
Il giorno dell’incidente (foto Twitter)
Dopo i primi giorni sedato, Egan si risveglia (foto Twitter)
Gli interventi proseguono e la situazione migliora (foto La Sabana)
Dopo 13 giorni le dimissioni: Egan in piedi (foto La Sabana)
Con gli infermieri e i terapisti di neurochirurgia (foto La Sabana)
Con sua madre Flor Marina (a sinistra), la compagna Maria Fernanda e il primario della clinica (foto La Sabana)
Egan Bernal a casa dopo la dimissione dall’ospedale (foto Twitter)
Il giorno dell’incidente (foto Twitter)
Dopo i primi giorni sedato, Egan si risveglia (foto Twitter)
Gli interventi proseguono e la situazione migliora (foto La Sabana)
Dopo 13 giorni le dimissioni: Egan in piedi (foto La Sabana)
Con gli infermieri e i terapisti di neurochirurgia (foto La Sabana)
Con la madre Flor Marina (a sinistra), la compagna Maria Fernanda e il primario della clinica (foto La Sabana)
Egan Bernal a casa dopo la dimissione dall’ospedale (foto Twitter)
La pioggia di messaggi
Dal momento dell’incidente tutta la comunità del ciclismo ha vissuto le stesse ansie, tristezze e speranze. Da quel momento sono iniziati i messaggi di sostegno per Egan da ogni parte, soprattutto dai suoi colleghi professionisti. Inizialmente dai compagni di squadra, come Daniel Martinez che ha postato la famosa foto del Giro d’Italia 2021 in cui lo incitava nel suo momento di crisi, poi dai connazionali. Ma quasi subito la pioggia di messaggi di sostegno e solidarietà è arrivata anche da rivali e campioni del ciclismo di ogni nazionalità e squadra. Da Valverde a Sagan, Evenepoel, Geraint Thomas, Froome e Pogacar.
Tutti riuniti, insieme ai tifosi di tutto il mondo, sotto l’hashtag #FuerzaEgan. Ma cosa spinge un corridore professionista a pubblicizzare, nel senso di rendere disponibile a tutti, i propri auguri di pronta guarigione ad un collega su quelle piattaforme, appunto pubbliche, che sono i social network? Non basterebbe scrivere un messaggio privato al diretto interessato per mostrare vicinanza nella difficoltà? E che cosa rappresentano queste manifestazioni di vicinanza per chi le produce e per chi le legge?
Geoghegan Hart parla della paura di leggere una simile notizia e di quanto sia pericolosa la stradaGeoghegan Hart parla della paura di leggere una simile notizia e di quanto sia pericolosa la strada
Il tweet di Tao
Proviamo a rispondere partendo dal messaggio di Tao Geoghegan Hart che abbiamo messo in apertura dell’articolo. Esso tira fuori l’elemento comune di tanti dei messaggi social solidali esplicitamente e a tutti implicitamente: la condivisione. I termini non sono quasi mai casuali, sui social si condividono post, tweet, immagini, pensieri. Si condivide, appunto. E in questo caso il social svolge la sua funzione di condivisione anche nel senso più stretto del termine. Nasce tutto dal bisogno di dire ad Egan “io sono come te”, “io ti capisco”. Come dice proprio esplicitamente Quintana nel suo post social: «Sono cosciente di ciò che comportano questo tipo di situazioni, così come so che è sempre possibile rialzarsi e continuare con più forza».
Il tweet di condivisione da parte di Nairo Quintana nei confronti di BernalIl tweet di condivisione da parte di Nairo Quintana nei confronti di Bernal
La stessa comunità
Non si tratta quindi di semplice empatia di base. Non c’è solo il dispiacere per una tragedia che avviene ad un altro essere umano, neanche soltanto quell’empatia per il grande campione che unisce tutti. C’è qualcosa di più, c’è appunto la condivisione dello stesso destino, delle stesse strade, degli stessi pericoli costanti. E solo chi ha pedalato per strada con regolarità, chi lo fa per professione, può capire a fondo.
Mettere la propria vita in mano alle responsabilità degli altri, che spesso responsabili non lo sono minimamente. Da questo nasce la necessità di esprimere ad Egan che lo si capisce, che la sua vicenda tocca profondamente. Ma al contempo quella di esprimerla a tutti coloro che a loro volta capiscono Egan. Una comunione di emozioni, un ribadire gli uni con gli altri di far parte dello stesso mondo. O meglio: della stessa comunità.
Con questo post su Instagram, Daniel Martinez ha fatto nuovamente forza all’amicoCon questo post su Instagram, Daniel Martinez ha fatto nuovamente forza all’amico
Esorcizzare la paura
Qui arriviamo al punto: gli auguri di pronta guarigione non sono soltanto formalità, sono il rituale di una comunità. Quella del circo del ciclismo, che si ricompatta intorno ad un evento fondamentale e rappresentativo. Non solo, il tutto serve anche per esorcizzare la paura che un evento simile possa capitare a se stessi. Una lucida consapevolezza, che è allo stesso tempo tragica, perché riconosce la propria impotenza e la fatalità dell’evento, al di fuori del loro controllo.
Gli elementi del rituale ci sono tutti. La tonalità emozionale comune. La condivisione del medesimo focus di attenzione e reciproca consapevolezza. La presenza di simboli che rappresentano l’appartenenza al gruppo. E la riunione del gruppo di persone.
Si sono appena svolti i campionati nazionali colombiani con vittoria di Martinez. Egan era a suo modo presenteSi sono appena svolti i campionati nazionali colombiani con vittoria di Martinez. Egan era a suo modo presente
La piazza social
Allora i social diventano la piazza in cui la comunità si riunisce per svolgere il suo rituale. L’attenzione di tutti è su quell’evento e tutti lo sanno. I sentimenti di tristezza, preoccupazione e ricerca di conforto ed espressione di speranza sono comuni a tutti. Così l’hashtag #FuerzaEgan diventa un oggetto sacro. Un simbolo che rappresenta l’appartenenza al gruppo e sotto cui ci si riunisce per ribadire questa stessa appartenenza. Se cade un ciclista, cadono tutti… E insieme si rialzano.
In viaggio sulla A4 con Lello Ferrara, la star delle dirette su Instagram. Eppure dietro le sue maschere c'è molto altro. Noi ve ne raccontiamo un pezzetto
Era un giorno d’estate e nevicava… Ferrara si fa una risata dal volante dell’Eurocargo 180 e il viaggio prosegue. E’ partito alle 3,30 da Castelfranco e sta tornando indietro. Chiedeva di avere un attacco epico e un po’ assurdo come questo da almeno 15 anni e ormai non c’era più motivo di negarglielo. Perché a Lello non puoi dire di no. Per quello che s’è condiviso e quello che pensando a lui salta alla memoria. Per la sua storia sofferta di atleta, ma anche di marito e di padre. Adesso poi che s’è messo a impazzare su Instagram e chi non lo conosceva prima potrebbe pensare a un clown arrivato da chissà dove.
Così per fargli compagnia e anche un po’ giustizia, siamo saliti con lui per qualche chilometro d’autostrada.
Riserva ai mondiali di Salisburgo 2006Riserva ai mondiali di Salisburgo 2006
Come va, star del web?
Non c’è traffico, zona rossa. La gente lavora da casa.
Come va a te…
Ah, scusa. Bene. Vediamo se a gennaio si libera qualcosa. Si trova più a fare l’influencer in giro che a lavorare. Ma è un ambiente così, lo conosciamo. Finché funzioni va bene, poi tanti saluti. E quando uno come Vegni viene in diretta con me e mi dice che io sono più famoso di lui, qualche domanda su questo mondo me la faccio. Mi sono dato un anno di tempo. Poi stacco Instagram e tanti saluti.
Da dove viene questo amore per il ciclismo?
A me in realtà il ciclismo non è mai piaciuto, mi ha obbligato mio papà Domenico. Per fortuna. Avevo già preso la mia strada e so dove portava. Quelli della mia età sono tutti morti o in carcere. San Paolo sulla sua strada trovò il Signore. La mia bestia nera fu mio padre, che mise dei paletti e mi salvò la vita. Quando lui è morto nel 2009, per me è morto il ciclismo. Anche adesso, se non sono obbligato, la bici non la prendo. Ma il ciclismo mi ha permesso di imparare.
La prima gara a San Pietro a Patierno (senza audio) e la prima caduta: è il 1992
Che cosa?
Ho avuto la fortuna e l’onore di conoscere dei giornalisti che mi hanno insegnato a parlare, leggendo quello che scrivevano. Ho imparato dalle persone più intelligenti di me. Dai dottori delle squadre in cui ho corso.
Perché tuo padre ti mise in bici?
Io volevo fare il calciatore e andammo a fare il provino, alla scuola del Napoli all’Albricci. Mio padre lo diceva che non ero tagliato, ma andammo e ci sentimmo dire quello che lui sapeva già. Che con il pallone non c’entravo niente, ma che mi facessero fare uno sport di resistenza, perché non mi ero mai fermato. E così venne la famosa gara di San Pietro a Patierno, il mio paese. Quella in cui caddi e da cui cominciò tutto.
Con Franco Ballerini durante la trasferta preolimpica a Pechino (foto Instagram)Con Ballerini a Pechino (foto Instagram)
Se non ti piaceva, perché fare per tanti anni il corridore?
Perché avevo sulle spalle mio padre come il grillo parlante. Il ciclismo è stato una parentesi che mi ha salvato. Grazie a quegli anni da corridore, ho trovato un lavoro e grazie al ciclismo oggi mi sono rilanciato.
Vittoria di Castelfranco al Giro dilettanti 1998. Quanto piangevi…
Era cattiveria agonistica che esplose. Ero stufo si parlasse di me come del cognato di Figueras, arrivato per questo alla Zalf. Quella tappa l’ho vinta con una fuga che mi ha permesso di emergere ed essere premiato. Da quel giorno alla Zalf impararono a chiamarmi per nome.
Che differenza c’era fra te e Figueras?
Giuliano nasce campione e il padre ne ha fatto tesoro. Il papà era il suo diesse sin da allievo, mentre il mio non si è mai messo in mezzo. Lui forse ha avuto fame di soldi e poi l’ha persa. Io mi sono dovuto salvare da una brutta situazione. Ma fisicamente, Giuliano era Maradona, io un piccolo Ciro Ferrara.
Da quella Toyota piena di firme è nato il nuovo Lello (foto Instagram)Il nuovo Lello e la sua Toyota (foto Instagram)
In una diretta hai chiesto a Basso perché ti abbia voltato le spalle.
Ci siamo conosciuti da militari, eravamo nella stessa stanza. Siamo diventati amici, perché ha capito che ero una persona che gli dava e non gli toglieva. Siamo andati insieme alla Zalf. Abbiamo creato degli obiettivi comuni. Non mi sentivo meno forte, ma Ivan è sempre stato un modello di professionismo. Nella macelleria di casa, sua madre teneva dietro alla cassa una foto di noi due. Mi ha aiutato in tanti passaggi, poi promise che mi avrebbe portato alla Liquigas e lì si interruppe tutto. Bastava mi chiamasse per dirmi che non poteva, invece sparì. Gli ho chiesto questo. Perché gli voglio bene come a un fratello.
C’è una foto molto bella di te con Franco Ballerini.
Franco mi ha lasciato a metà, come mio padre. Se ne è andato senza farsi salutare. Stavo facendo una distanza e squilla il telefono. «Pronto Lello, sono Franco Ballerini!». Ero in giro da sei ore, per cui rispondo di non prendermi in giro. Metto giù e continuo. Dopo un po’ verso Asiago torna il segnale e trovo una chiamata di Boifava. Cosa avrò combinato? Mi fermo e lo chiamo. «Cosa hai combinato? Hai chiuso il telefono in faccia a Ballerini? Vuole portarti in nazionale, richiamalo». Lo richiamo e lui rideva. Gli dissi che per la felicità avrei fatto altre 4 ore, ma mi disse di andare a casa per non finirmi. E così mi portò a Salisburgo.
Piano piano si torna a pedalare (foto Instagram)Di nuovo in bici (foto Instagram)
Quel 2006 fu magico…
Sai perché? Perché Elisa era incinta di Sonny e stava per partorire. Così era venuto su mio padre e si era messo in un residence. E io per non deluderlo in quel periodo mi sono messo ad allenarmi come un matto. Volevo che fosse fiero di me.
Però Franco ti mise di riserva.
Gli dissi che sarebbe finita così e lui rispose: «Grazie, mi hai tolto un peso». Se avessi corso, non avrei rubato il posto a nessuno. Maper me di San Pietro a Patierno essere lì era già una vittoria. Quando andammo nella preolimpica a Pechino, mi disse che dopo la nazionale avrebbe creato una squadra e ci sarebbe stato posto anche per me, da corridore o in un altro ruolo. Che mettessi la testa a posto, senza tradire quello che sono. Era il nostro patto, è la prima volta che lo racconto a qualcuno. Con Franco legai molto. Mi chiamava. Mi chiedeva cosa facessi e se mi fossi allenato…
La sua vita in bici tutta sul web (foto Instagram)Sul web il Lello ciclista (foto Instagram)
Hai vinto il Giro dei dilettanti.
Andavo forte. Venivo dalla rottura della clavicola, quindi ero fresco. Avevamo vinto il Giro del Veneto con Pellizotti e lo avevo aiutato, per cui andai per le tappe e provare a passare professionista. Finché un giorno venne in camera Giovanni (Renosto, diesse della Trevigiani, ndr) e mi disse che avrei dovuto attaccare sul Monte Grappa. Io risposi che così Franco avrebbe rischiato la classifica. Seppi dopo che qualcuno aveva chiesto che preferibilmente il Giro lo vincesse un ragazzo del Nord. Dopo il Giro del Friuli, che vinsi, Renosto ci disse che la squadra avrebbe chiuso. E io passai con la Alessio.
Quale è stata la diretta più bella di “Lello e Friends”?
Per soddisfazione personale, la diretta con gli azzurri dai mondiali, Nibali, Vegni, Di Rocco. Ho capito che sono arrivato in alto, senza guadagnare un euro. Sono tutte belle, ne avrò fatte 300.
Con il presidente federale Renato Di Rocco (foto Instagram)A Treviso con Di Rocco (foto Instagram)
Quella che ti ha deluso?
Quella con la Patenoster, perché ho capito che non avevamo argomenti e alla fine ci siamo messi a parlare delle sue vittorie. E’ diverso parlare con un uomo o una ragazza. Non sono riuscito a tirarle fuori niente. Mi sono piaciuti Brumotti e anche Paolo Kessisoglu, perché ho messo il naso in altri mondi.
Ad Aru hai chiesto come avesse fatto a farsi dare 3 milioni l’anno per non vincere mai.
L’ho paragonato a David Coperfield. E’ stato un momento forte, ma da allora siamo sempre in contatto. Ci sentiamo quasi tutti i giorni e la gente mi chiede di sapere dove correrà, ma io non lo so.
E con il lockdown arrivano le dirette di “Lello e Friends” (foto Instagram)E con il lockdown nasce “Lello e Friends” (foto Instagram)
E Bettiol?
Che figura, ero proprio fuori dal mondo. Pensavo avesse vinto la Roubaix, me l’ha detto lui che invece era il Fiandre.
E adesso?
Adesso arrivano Di Luca e poi Riccò. Ma prima devo arrivare a Castelfranco. Il camion è quello che mi dà da mangiare, bisogna che lo tratto con tutti gli onori…
Una risata, poi sparisce verso le prime brume del Veneto, in questo pomeriggio che sa di inizio inverno. Anche se era un giorno d’estate. E nevicava…
I ragazzi del 90 erano annunciati da grandi risultati negli U23 e poi nelle prime stagioni da pro'. Eppure pochi hanno continuato al top. Parla Amadori
Si chiama Settimana ed è la nostra speciale selezione di contenuti editoriali pubblicati su bici.PRO negli ultimi sette giorni.
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