Oggiano, il mago dell’aerodinamica al lavoro per Parigi

26.02.2023
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Il nome di Luca Oggiano salta fuori per la prima volta parlando con Dario Cioni dopo il record dell’Ora di Ganna. Si capisce presto che l’ingegnere sardo, amministratore delegato di NabaFlow (azienda specializzata in soluzioni fluidodinamiche), è una figura chiave negli sviluppi aerodinamici di casa Ineos. In realtà la sua collaborazione inizia ben prima, ma pochi lo sanno. C’è lui dietro lo sviluppo dei body da crono e le tante innovazioni introdotte di volta in volta dalla squadra britannica.

Qualche giorno fa, alla vigilia dei campionati europei di Grenchen, Oggiano era a Montichiari con la nazionale. E così, incuriositi circa il suo ruolo, lo abbiamo raggiunto nel suo ufficio di Stavanger, sul mare norvegese, dove vive ormai da 15 anni. Moglie e figli norvegesi, due battute sul sentirsi a volte come Checco Zalone e si comincia.

Il record dell’Ora di Ganna, lo scorso ottobre, è stato anche il risultato del lavoro di Luca Oggiano e NabaFlow
L’Ora di Ganna, lo scorso ottobre, è stata anche il risultato del lavoro di Luca Oggiano e NabaFlow
Buongiorno Luca, l’incarico con la Federazione è in qualche modo il seguito della collaborazione con Ganna?

Lavoriamo verso Parigi, per implementare alcune delle esperienze che sono state fatte con Filippo e con il gruppo di Villa più che altro per la pista. Un misto di sviluppo per la posizione degli atleti, ma anche i materiali e il coordinamento dello sviluppo aerodinamico, sia per il quartetto femminile sia per quello maschile.

Questo significa che per Parigi si lavora a nuovi materiali?

Il problema è che abbiamo tempistiche ridotte. Va consegnato tutto prima dei mondiali di agosto, quindi ci sono alcuni progetti in fase di sviluppo e altri che sarà complicato implementare. Non posso dire proprio tutto nei dettagli, ma ci sono lavori sugli atleti e sulla posizione che possiamo continuare a sviluppare anche dopo la data di agosto. Invece per i materiali abbiamo questo limite, quindi alcune cose saranno nuove e le vedrete un po’ più avanti. Altre invece saranno un’ottimizzazione di quello che c’è già.

Che tipo di lavoro stavate facendo a Montichiari?

Siamo andati per fare la scansione 3D completa degli atleti e fare l’ottimizzazione delle posizioni in maniera digitale, che è la base del lavoro che abbiamo fatto anche con Ganna. Utilizziamo tecniche di animazione misti a simulazioni sul cloud, con software proprietario che è stato utilizzato anche per tutto quello abbiamo fatto nel record di Filippo.

Quali vantaggi si hanno?

Si ottimizzano prima di tutto i tempi, perché si riesce a fare centinaia di simulazioni in maniera molto fluida e si riducono anche i tempi dei test degli atleti. Non si va più in galleria a testare 50-60 possibili posizioni, magari anche un pochino a caso, ma si lavora avendo già un’idea abbastanza chiara di quello che si vuole cambiare o migliorare per quel che riguarda la posizione degli atleti. Lo stesso approccio viene fatto con i materiali e quello che si può sviluppare. Il cambiamento più grosso però è successo tre anni fa.

Che cosa è successo tre anni fa?

Abbiamo iniziato a implementare le tecnologie della Formula Uno, fondamentalmente. Simulazioni 3D, fatte in maniera molto più accurata, molto più veloce, molto più scalata. Gli studi sull’aerodinamica si sono evoluti. Se uno riesce a ottimizzare l’aerodinamica in qualsiasi frangente, i vantaggi sono palesi. Saranno chiaramente superiori nella pista, leggermente inferiori nelle crono. In ogni caso, più diminuisce la velocità e minore è l’influenza dell’aerodinamica. Quando si va in salita, ad esempio, non diminuisce solo la velocità, ma non si tiene una posizione costante. Insomma, ci sono tanti altri fattori che diventano determinanti.

Quindi l’aerodinamica nelle gare in linea è meno incisiva?

In una classica, per esempio, o in una delle frazioni nelle quali si sta davanti e si tira, l’aerodinamica ha un ruolo fondamentale. Insomma, le medie al Tour de France dell’anno scorso erano paurose. Ecco, a quel livello l’aerodinamica ha un ruolo abbastanza importante. Come pure in alcuni sprint.

Il lavoro di Luca Oggiano e di NabaFlow con la nazionale tende a ottimizzare la resa aerodinamica
Il lavoro di Luca Oggiano e di NabaFlow con la nazionale tende a ottimizzare la resa aerodinamica
Il ciclismo è il focus principale della vostra azienda?

Siamo una startup nata tre anni fa, quindi siamo piccolini. Lo sport è uno dei nostri business principali. L’idea è quella di trasferire allo sport professionistico le tecnologie arrivate dalla Formula Uno. Poi però lavoriamo anche con ponti, con la fluidodinamica all’interno dei palazzi, quindi all’interno delle città. Pale eoliche, fluidodinamica per quel che riguarda le strutture offshore. Quindi la nostra attività è anche implementare metodologie e tecnologie in un ambiente molto più grande. Siamo molto focalizzati sul green shift, cerchiamo di aiutare le aziende a risparmiare il cemento e l’acciaio.

Come procederà il lavoro con la nazionale?

L’idea è di ottimizzare i tempi. I test delle simulazioni saranno la base per fare quelli in velodromo ed essere sicuri che gli atleti riescano a produrre la potenza necessaria e a mantenere la posizione anche con un certo comfort. Poi andremo in galleria del vento a Milano.

Ci sono tuoi colleghi che escludono i test in velodromo e ritengono attendibile solo la galleria?

Nel 2023 non si può ragionare così. Le tre fasi sono complementari, non ci si può permettere di rinunciare a uno dei passaggi. Come in Formula Uno, non esiste che si porta la macchina dalla simulazione alla gara: prima si fa pista.

Lavorate anche con altri sport?

Siamo collaboratori del Comitato olimpico norvegese. Quindi per esempio ai mondiali di di sci alpino tutti gli atleti norvegesi hanno collaborato con noi, utilizzando il nostro software. Qualsiasi sport, soprattutto quelli invernali verso le prossime Olimpiadi e anche il triathlon, dal punto di vista aerodinamico sono gestiti da noi.

Come si conciliano aerodinamica e comfort?

Dipende dalla disciplina. Il record dell’Ora era una cosa estrema. Abbiamo lavorato tantissimo con i triatleti, dove serve guardare il bilanciamento tra comfort e prestazione aerodinamica. Alcune discipline richiedono sforzi più brevi, come un inseguimento che dura minuti. Allora si può spingere di più sul lato del discomfort, facendo però in modo che la potenza prodotta dalle gambe sia massimizzata.

I ragazzi recepiscono questi ragionamenti?

Ganna è uno di quelli che ha sposato la causa con la mente aperta, anche capendo che alcuni passi a volte portano un po’ di fatica aggiuntiva per trovare la soluzione migliore. Potrebbe significare fare un giorno di test in più in galleria o in velodromo. Passaggi che da alcuni sono visti come una perdita di tempo, ma che in realtà sono molto importanti. Lo scopo è fargli capire che con quella mezza giornata in galleria possono guadagnare quanto otterrebbero in un mese di allenamento. Ogni atleta la prende in maniera diversa. Alcuni sono molto aperti, altri sono quasi infastiditi, ma non li conosco ancora bene.

Se doveste rifare domani il record dell’Ora, avresti variazioni da proporre?

Sì, ci sono alcune cose che in realtà sarebbero da implementare. Alcune sul lato comfort, perché non abbiamo avuto tanto tempo per sviluppare una sella dedicata e Filippo ne ha sofferto. E poi ci sono i cambiamenti per quel che riguarda i nuovi regolamenti della posizione. Filippo è molto alto e potrebbe averne dei vantaggi. Con Ineos abbiamo cominciato a lavorarci, ma anche per lui dovremo trovare lo spazio per fare dei test. Il suo calendario non ha molti spazi liberi.

Milan, che ne diresti di provare nuove specialità?

22.10.2022
5 min
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Quando torni a casa con due argenti mondiali dovresti essere soddisfatto, eppure nella voce di Jonathan Milan, diretto verso le sospirate e meritate vacanze, si nota sempre quella leggera increspatura. Quella minima punta di rammarico che fa parte della crescita di un atleta che punta il più in alto possibile e che ha davanti a sé un orizzonte smisurato.

Sui media nazionali, ma soprattutto sui social dove molto si è dibattuto sui risultati degli azzurri in Francia, è emerso un tema molto interessante: un Milan così forte su strada e su pista, dotato di potenza assoluta al punto da essere scelto per il lancio del quartetto ma capace anche di grandi sprint (il Cro Race docet con due vittorie di tappa) potrebbe emergere anche in altre specialità oltre all’inseguimento?

Per Milan un argento nell’inseguimento individuale, la prova che più ama
Per Milan un argento nell’inseguimento individuale, la prova che più ama

Noi abbiamo affrontato il tema con il diretto interessato, ma le risposte sono state complicate, come aveva anticipato Villa parliamo di un corridore assolutamente privo di esperienza nel settore e questo è un fattore da considerare, almeno quando l’appuntamento olimpico è già imminente essendo a meno di due anni.

A mente fredda come giudichi il tuo mondiale?

Non posso non essere contento, due podi non li conquisti tutti i giorni, ma è chiaro che quando arrivi lì vuoi sempre di più. Aver perso l’oro nel quartetto dispiace perché eravamo i campioni uscenti, ma abbiamo dimostrato di essere comunque sul pezzo e questo varrà anche per i prossimi anni. Nell’inseguimento individuale quando perdi in finale, senti che ti manca sempre qualcosa, ma sono andato contro un campione enorme come Filippo

Per Milan a Parigi è arrivato il secondo argento consecutivo nell’inseguimento, dopo quello 2021 dietro Lambie
Per Milan a Parigi è arrivato il secondo argento consecutivo nell’inseguimento, dopo quello 2021 dietro Lambie
Si è parlato molto di che cosa farebbe Milan in altre discipline che non sono l’inseguimento…

Anch’io ho letto i social, capisco quel che vorrebbero i tifosi, ma se mi chiedi se le affronterei la risposta è un “ni”. Qualcosa ho fatto, ma solo quando ero esordiente e allievo, troppo tempo è passato e troppo diverso è il livello. Non ho esperienza, non saprei proprio come gestirmi. Sono sempre rimasto legato all’inseguimento e preferisco fare quel che mi riesce meglio. Sarebbe bello provare qualcosa di nuovo, ma specialità così importanti non si inventano.

Anche Villa ha sottolineato questo aspetto, comprendendo i tuoi crescenti impegni su strada nella Bahrain Victorious. Parliamo però a livello utopistico: quali sono le discipline extra inseguimento dove pensi che potresti emergere?

E’ una bella domanda, ma mi è davvero difficile dare giudizi non avendole mai corse. Posso dire da profano che mi piacerebbe provarle tutte, ma veramente ne so troppo poco. Quando ho iniziato con la pista in maniera seria, mi sono subito dedicato al quartetto ed è stato un lungo percorso per capire tutti i meccanismi.

Milan con Mohoric alla Cro Race, trampolino dimostratosi ideale per i mondiali su pista
Milan con Mohoric alla Cro Race, trampolino dimostratosi ideale per i mondiali su pista
Molti sono convinti che potresti fare bene…

Chissà, c’è alla base un grandissimo forse. Sinceramente considerando quel che già affronto, le difficoltà nel conciliare due discipline non so quando sarebbe un bene farlo. Ci vorrebbe troppo tempo per imparare, non dimentichiamo che manca solo un anno e mezzo alle Olimpiadi. Magari per il prossimo ciclo olimpico… Ma non è tempo per parlarne.

Parlando da osservatore privilegiato stando in pista, qual è però la specialità che ti piace di più?

A occhio mi piace molto la corsa a punti, vorrei anche provarla qualche volta con la costruzione di tante volate una diversa dall’altra tenendo anche presente come si debbano guadagnare giri per poter emergere, ma poi magari facendola non mi piacerebbe più così tanto. Lo scratch effettivamente è la disciplina che più si avvicina alla strada, la madison invece non l’ho mai provata e mi affascina, so che è molto difficile tecnicamente, serve molta coordinazione con il compagno, perché basta un cambio nel momento sbagliato e potresti compromettere tutto. Ogni specialità è diversa, ognuna ha le sue prerogative.

Con la Bahrain resta grande feeling, ma la preparazione su strada potrebbe presto richiedere anche più attenzione
Con la Bahrain resta grande feeling, ma la preparazione su strada potrebbe presto richiedere anche più attenzione
Per imparare una soluzione potrebbe essere prendere parte a qualche 6 Giorni?

In teoria sì, soprattutto per quelle specialità del programma olimpico. Non ci sarebbe grande pressione per fare risultato e si potrebbe quindi utilizzare per studiare, ma ci sono delle difficoltà. Intanto si toglierebbe spazio alla preparazione invernale, che si sa essere alla base di tutta la stagione su strada. Poi non è che potrei andare alle 6 Giorni così, di punto in bianco, dovrei comunque avere un minimo di tempo per prepararle, c’è un ampio lavoro dietro. Un paio sarebbero una buona palestra, ma non è così semplice.

Almeno per ora sei uno spettatore: sono specialità che ti esaltano?

Altroché, quando c’è un italiano in gara divento matto, tifo come un forsennato. Se vince un italiano, un compagno d’avventura sono felicissimo, sono fatto così. Magari tra qualche tempo riaffrontiamo l’argomento, per ora preferisco continuare sulla “strada vecchia”…

Collinelli Atlanta 1996

Collinelli, ricordi Atlanta? «Un oro olimpico si vince così…»

10.07.2021
5 min
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Alice nel Paese delle Meraviglie. Ci si sente un po’ così, al primo approccio con le Olimpiadi. Una città si consacra allo sport, radunando tutto il meglio che c’è al mondo in quasi tutte le discipline, almeno le più conosciute, per assegnare quel titolo che, più di ogni altro, può cambiare la vita. E’ con questi occhi che Andrea Collinelli si avvicinò ad Atlanta, alle Olimpiadi targate Coca Cola. Sono passati 25 anni, ma il ricordo è ancora vivido nella sua come nella mente di tanti appassionati, perché quell’avventura si concluse come meglio non si poteva.

Una bella favola, anche se a raccontarla dopo tanto tempo i contorni perdono un po’ di lucentezza: «Ero un novizio, ma mi aspettavo che si potesse vivere tutti insieme, invece noi del ciclismo eravamo decentrati, a una ventina di minuti dal villaggio olimpico. Dovevamo preservare la concentrazione, così andavamo al centro solo per pranzo e cena, prendendo un trenino. Ma questo non è il particolare che più mi è rimasto impresso…».

E cosa allora?

La fatiscenza degli alloggi. Erano terribili: pavimenti in linoleum, brandine in ferro, stanze spartane, come nei peggiori ostelli, il che faceva un po’ a pugni con le location, davvero bellissime: quando andavamo al villaggio vedevamo le ville delle varie delegazioni dove festeggiavano le medaglie di tizio o caio. E’ quello che ti faceva capire che non è una manifestazione come tutte le altre.

Collinelli Villa 2021
Collinelli insieme al Cittì Marco Villa: l’olimpionico ha condiviso parte della preparazione degli azzurri
Collinelli 2021
Collinelli oggi: l’olimpionico ha condiviso parte della preparazione degli azzurri della pista
Che effetto fa vivere un’esperienza simile insieme a campioni di altri sport?

E’ quasi surreale: ti ritrovi al tavolo con il campione dei 100 metri oppure il tennista numero 1 al mondo, il nuotatore vincitore di chili di medaglie o la ginnasta in copertina su tutti i giornali. E senti nell’aria quella concentrazione massima verso un obiettivo che accomuna tutti. Pensi che per una volta la vittoria avrà lo stesso valore per ognuno, a prescindere dalla disciplina.

Tu non arrivavi ad Atlanta da sconosciuto…

Ero partito con la convinzione di poter vincere o quantomeno salire sul podio, l’anno prima ai mondiali in Colombia ero stato secondo. Ma sapevo anche che per ottenere questo risultato tutto doveva concatenarsi nella maniera migliore, devi rimanere concentrato e pensare a scaricare tutto quello che hai appena lo starter spara il colpo di pistola.

Le specialità ciclistiche contro il tempo sono state spesso al centro delle spedizioni azzurre e sarà anche così quest’anno, con Ganna su strada ma soprattutto alla guida dell’attesissimo quartetto dell’inseguimento. In prove simili quanto conta l’uomo e quanto il mezzo?

Bella domanda… E’ sicuro che per ottenere risultati vengono fatti sempre grandi investimenti tecnici. Io lavorai a lungo sullo sviluppo della bici a canna di fucile di Pinarello, ma rispetto ad allora sono stati fatti ulteriori ed enormi passi in avanti, si raggiungono livelli di penetrazione dell’aria impensabili ai miei tempi. Bisogna pensare che in prove simili tutti aiuta, un manubrio particolare può fare la differenza esattamente come un copriscarpe…

Collinelli bici Atlanta 1996
La particolare bici Pinarello di Collinelli ad Atlanta 1996, frutto di un lunghissimo lavoro anche alla galleria del vento
Collinelli bici Atlanta 1996
La particolare bici Pinarello di Collinelli ad Atlanta 1996, frutto di un lunghissimo lavoro anche alla galleria del vento
Rispetto a un quarto di secolo fa, la concorrenza in queste discipline (ricordiamo che l’inseguimento individuale dove Collinelli conquistò il titolo olimpico e dove Ganna è campione e primatista mondiale non si disputa più alle Olimpiadi da molti anni, ndr) è aumentata?

La concorrenza è sempre stata tanta, ci sono scuole ciclistiche che hanno sempre investito su queste discipline a cominciare dai Paesi di lingua inglese. Poi è chiaro che lo sport è ciclico, ma è altrettanto chiaro che ogni epoca si caratterizza per i suoi investimenti e per le sue specifiche tecniche e quest’anno non sarà così diverso.

Che cosa significa vincere un oro olimpico?

Non è paragonabile con alcun’altra vittoria. Se dopo 25 anni siamo ancora qui a parlarne, se vengo intervistato per questo, capisci che è qualcosa che resta. Quando vinsi, non compresi subito la portata dell’impresa, sembrava una vittoria come le altre, lo capii bene in seguito… Anche perché ero stato il primo italiano a vincere l’oro nella specialità e rimasi anche l’ultimo.

Quartetto Rio 2016
Il quartetto azzurro alle ultime Olimpiadi: richiamati all’ultimo, chiusero in sesta posizione
Quartetto Rio 2016
Il quartetto azzurro alle ultime Olimpiadi: richiamati all’ultimo, chiusero in sesta posizione
Come si affronta una gara olimpica?

E’ fondamentale cancellare dalla mente tutto quello di cui abbiamo parlato finora. Bisogna controllare la pressione e pensare che in fin dei conti è una gara come un’altra, con le stesse regole, dove l’unica cosa che si può fare è dare il meglio di se stessi. Ricordo che quando affrontai la finale, ero tranquillo, concentrato. All’arrivo, vedendo il risultato, mi sentii come se un grosso peso mi si fosse levato dalle spalle, se tutto il cammino fatto per arrivare lì fosse finalmente concluso e scoppiai a piangere.

Che cosa consiglieresti quindi ai ragazzi e alle ragazze a Tokyo?

Premesso che sono ragazzi che conosco bene, con cui ho condiviso anche parte della preparazione, ho detto loro di non pensare all’evento e viverlo nella maniera più distaccata possibile. Da questo punto di vista le condizioni particolari dei Giochi giapponesi, senza pubblico, aiuteranno. Bisogna vivere quel che succederà senza nervosismi, isolandoti dall’evento in sé.

Sei ottimista su quel che potranno fare?

E’ un gruppo che ha lavorato bene, bisogna essere consapevoli di questo, poi l’arrivo delle medaglie dipende da tanti fattori, ma io penso che ci sarà modo per sorridere.

Plebani tra pista, progetti e… cucina

05.01.2021
4 min
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Davide Plebani è uno degli uomini storici del clan di Marco Villa. E da qualche tempo è anche il compagno di Elisa Balsamo. Con lui abbiamo fatto una simpatica chiacchierata che spazia appunto dalla pista… alla cucina! E arriva fino a Tokyo, se non a Parigi 2024.

La casa dei campioni

Da qualche mese i due campioni convivono. La vita da atleti è bella, ma può anche non essere sempre facile, tanto più se lo sport è lo stesso e la si condivide in tutto e per tutto. C’è il rischio che si parli sempre di quello e che tutto diventi monotematico in qualche modo.

«Sono fortunatissimo – dice Plebani – a casa di ciclismo ne parliamo veramente poco. Emergono solo a volte dei temi tecnici, se magari in quella cosa si può migliorare. Ma non siamo i tipi che accendono la tv e si mettono a guardare il ciclismo. Variare è importante. E’ come se fai il commesso in un centro commerciale e in quel sabato libero… vai al centro commerciale».

Davide Plebani ed Elisa Balsamo
Davide Plebani ed Elisa Balsamo

In generale però Plebani dice che la vita in casa è per loro più facile. Le esigenze sono le stesse e la comprensione non manca.

«Un vantaggio è che riusciamo a sintonizzarci bene su molte cose, a partire da alimentazione e allenamenti. E i sacrifici si smezzano. Il cioccolatino lo dividiamo a metà! Ognuno è uno stimolo per l’altro e i problemi si affrontano in due. Lo svantaggio è che magari sei fuori per 200 giorni l’anno e quando torni parte lei. Almeno abbiamo la fortuna che per alcuni eventi partiamo insieme e questo è buono anche per supportarci, per l’agitazione della gara».

Davide ed Elisa escono spesso insieme, quasi sempre a dire il vero, ma non si lasciano influenzare. Ognuno fa il suo lavoro. Il riscaldamento lo fanno insieme ma poi si rincontrano lungo la strada. Ad entrambi inoltre piace allenarsi da soli.

E in cucina? «Lì sono più bravo io! Ma perché ce l’ho dentro, la famiglia che aveva un ristorante. Quando mi ci metto le cose vengono bene. Però devo dire che Elisa ha una capacità di apprendimento superiore alla media. Mi osserva cucinare e poi capita che magari rientro e mi fa: ti ho preparato questo piatto. Adesso abbiamo preso anche la macchina per fare la pasta fresca».

Idea velocità

Qualche tempo fa Ivan Quaranta ci disse che uno come Plebani, molto forte e veloce, ma che a suo dire avrebbe la strada sbarrata nel quartetto, dovrebbe puntare alle specialità veloci. Se non subito almeno in vista di Parigi 2024. Cosa ne pensa Davide?

«A dire il vero non ci ho mai pensato. Sinceramente non mi reputo così veloce dal passare a quelle discipline. Magari nel tempo scoprirò di avere questa qualità. Se proprio dovessi dire una specialità veloce? Bah, forse il Keirin, mi piace e soprattutto perché ci sono tanti giri da fare. Insomma non è una velocità esagerata. Il mio best è sui 20″-30” e non sui dieci. Sarebbe troppa esplosività. 

«Con Villa non ho mai parlato di questa cosa. Magari ci si può lavorare in futuro. Ho la fortuna di essere nelle Fiamme Oro e se dovessi prendere questa strada sarei supportato».

Plebani (a sinistra) con gli azzurri agli Europei 2019 quando furono argento
Plebani (a sinistra) con gli azzurri agli Europei 2019

Il quartetto in testa

Ma per adesso l’obiettivo di Plebani si chiama inseguimento a squadre, quel quartetto che è già leggenda per noi italiani. Tuttavia, come i suoi colleghi Scartezzini, Lamon, Bertazzo… Plebani è a rischio in vista di Tokyo

«Ne sono consapevole. A Tokyo ne andranno sei (e due dovranno fare anche le altre specialità: Omnium e Madison, ndr) e forse solo uno o due hanno la certezza di esserci. Ma i miei compagni non saranno mai avversari. Anche perché semmai dovessi andare io all’improvviso tornerebbero ad essere compagni? No…

«Io sono un buono e non girerei mai le spalle ai miei compagni. Magari questo è un punto a mio sfavore, ma ripeto: non saremo mai avversari. Semmai ci sono più stimoli. Non so, c’è quello che fa una partenza più forte e allora anche tu vuoi fare meglio. Per me adesso comunque l’importante è ritrovarmi. Ho avuto la mononucleosi e anche una ricaduta ad ottobre. Sento che ogni giorno sto meglio e questo è l’importante».

Plebani è un terzo uomo, colui che già in tabella di marcia deve mantenere la velocità e possibilmente fare un giro un più.

«Sono un buon terzo – conclude Plebani – un ruolo che sembra facile, ma che non lo è. E’ vero che sei già lanciato e sei in “tabella”, però nel secondo cambio devi cercare di tirare un giro in più. E se è così Ganna, o comunque il quarto, si “riposa” di più. Quando tira Pippo si sente. Se sei a ruota va bene, se sei in coda meno… In galleria del vento abbiamo visto che lui essendo grande impatta di più con l’aria e protegge il resto del quartetto. E infatti più sta là davanti e meglio è!».

Fusaz a Milan: aumentare la potenza

30.09.2020
4 min
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«Ormai certe ripetute è costretto a farle in salita, tanto è potente». Basterebbe questa frase del preparatore Andrea Fusaz per capire l’entità della crescita di Jonathan Milan, uno dei suoi atleti al Cycling Team Friuli.

La “Locomotiva di Buja” il prossimo anno correrà con la Bahrain-McLaren e non sarà più Fusaz ad allenarlo in vista di Tokyo 2021. Tuttavia, con il tecnico friulano, abbiamo voluto analizzare lo stesso l’ipotetico cammino atletico verso le Olimpiadi di Milan, in quanto nessuno lo conosce meglio di lui.

Milan
Jonathan Milan con Andrea Fusaz. I due analizzano i dati dopo una sessione di allenamento
Milan
Milan e Fusaz analizzano i dati di un test
Andrea, da dove dovrebbe partire Milan per essere al top in vista del quartetto olimpico?

Il primo step sono gli europei in Bulgaria a novembre. Lì avremmo tirato una riga per valutare il suo livello e tracciare il cammino olimpico.

Poniamo per un secondo che Jonathan sia ancora nelle tue mani, come imposteresti questo cammino?

L’obiettivo è aumentare la potenza. Dopo un’importante base aerobica (fine novembre-gennaio) inizierei a lavorare sull’intensità: ripetute a ritmo gara o più forte, a partire da 1′ fino ad un massimo di 2’30”, man mano riducendo il recupero. Raramente si arriva a coprire l’intera durata dello sforzo in gara. Ci si basa molto sui numeri. E’ importante valutare come Jonathan reagisce fisicamente e mentalmente a questi lavori particolarmente duri.

Quali sono le fasi della preparazione verso Tokyo?

Dopo gli europei Milan osserverei un paio di settimane di stacco, soprattutto mentale. Non dimentichiamo che tira la carretta da un anno intero. Lo avrei lasciato libero. L’unica cosa che gli avrei chiesto, di tenere a bada il peso. Per questo andavano bene del nuoto o delle passeggiate in montagna. Poi sarebbe salito in sella, su strada, per iniziare la fase aerobica. Contestualmente avrebbe curato la fase più intesa in palestra, quella in cui si lavora coi carichi massimali. Man mano la parte di forza in palestra si sarebbe alternata con quella in bici: partenze da fermo, ripetute con rapporti più lunghi (un dente in più davanti e uno in meno dietro), lattato massimo… E saremmo stati già verso febbraio. A quel punto sarebbero iniziate le gare di Coppa del mondo.

Spesso parli di recupero mentale. Questi sforzi intensi consumano anche sul piano psicologico. Avete un figura ad hoc nel CTF?

No. Nel Cycling Team Friuli però tendiamo a stare molto vicino ai ragazzi. E li ascoltiamo. In questo modo capiamo noi stessi i problemi. Solo così, hanno la capacità di affrontare in allenamento i propri limite e superarli.

Milan
Milan dopo la vittoria di tappa all’ultimo Giro U23 (foto Scanferla)
Milan dopo la vittoria di tappa all’ultimo Giro U23 (foto Scanferla)
Per le Olimpiadi avresti previsto più picchi di forma?

No, un solo picco. Io sono per una crescita graduale fino all’appuntamento clou. Poi va da sé che al termine di ogni blocco Milan avrebbe toccato dei picchi, ma ognuno sarebbe stato più basso del successivo. Sarebbe stato un lavoro approfondito su ogni fronte. Avrei prestato attenzione soprattutto alla forza. La palestra sarebbe stata fondamentale. Un allenamento o due a secco a settimana lo avrebbe svolto sempre.

Nell’anno olimpico la bici da strada si usa di meno?

No. La strada come detto serve per la base aerobica. In pista si fa bene il lattato. Ma nel complesso una gara su strada porta una qualità che nessun allenamento può dare. In più ci saranno i blocchi in pista con i ritiri a Montichiari. In quel caso i ragazzi alternano uscite su strada e 4-5 allenamenti su pista a settimana. Ogni sessione sul parquet dura circa tre ore, ma non si gira in continuazione. Tra riscaldamento, recupero, ripetute, analisi dei dati ci sono delle pause. 

Quando gli avresti fatto fare l’ultima gara su strada?

Dipende dalla durezza della corsa, ma non oltre le tre settimane prima.

Quali sono i lavori che preferisce Jonathan?

Vedo che tiene bene gli intermittenti. Jonathan ha dei numeri che degli atleti normali non hanno. E’ in grado di fare i 30-30 o i 40-20 anche a 650 watt. E ormai in pianura non riesce a farli, non riuscirebbe a raggiungere quei wattaggi. La velocità sarebbe troppo alta e così lo mando in salita.

Nell’ultimo anno Milan è cresciuto moltissimo. Ha potenza da vendere (foto Scanferla)
La potenza del friulano in pianura (foto Scanferla)
Dove può arrivare Milan?

Bella domanda. Dobbiamo capirlo anche noi. Stiamo parlando di un ragazzo che fino ad un anno e mezzo fa praticamente non si allenava. Mi sento di dire con certezza che batterà quel suo 4’08” (tempo stabilito a febbraio nell’inseguimento individuale, ndr). Vi dico che quest’anno ho dovuto rivedere tre volte le intensità delle sue tabelle. Per certi lavori siamo partiti con 500 watt, poi siamo passati a 600 e ora siamo a 650!

Quanto conterà il lavoro sui materiali?

Molto, ma questa risposta è legata alla nuova squadra. Posso dire che con Campagnolo e Pinarello abbiamo lavorato bene. Io mi concentrerei molto sul manubrio. Guardate cosa ha fatto Ganna ai mondiali.

C’è il quartetto olimpico nella testa di Milan

26.09.2020
3 min
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Jonathan Milan viaggia spedito verso le Olimpiadi di Tokyo 2021. Nella sua testa c’è prima di tutto il quartetto. Il gigante friulano però eccede anche in umiltà quando dice che prima deve guadagnarsi la convocazione.

«Dico così perché non si sa mai», spiega Milan. «Ti può capitare un malanno, di non essere in condizione per quel periodo. A quel punto devi lasciare il posto a qualcun altro, giustamente. E poi non vivo su quanto fatto agli ultimi mondiali».

Milan
Alla Vuelta a San Juan, in Argentina ad inizio stagione, Jonathan Milan ha corso in azzurro
Milan in azzurro alla Vuelta San Juan

A febbraio, infatti, Milan volava. Nella sfida iridata di Berlino aveva staccato un super tempo. Aveva fatto segnare 4’08” per coprire quei 4.000 metri nell’inseguimento. Un tempo anche migliore rispetto a quello di Filippo Ganna alla sua stessa età.

Un’estate a suon di titoli nazionali

La sua corsa verso Tokyo è ripartita con i campionati italiani (dove ha vinto l’inseguimento individuale) e con quelli europei U23. Oltre ai successi su ottenuti strada, come la cronometro tricolore. Insomma, Milan alternativa naturale a Ganna? E’ sempre più probabile.

Nell’inseguimento a squadre, agli europei under 23 di Fiorenzuola, il friulano ha coperto la quarta posizione, quella delle tirate più lunghe. Quando si ritroverà con gli elite le cose cambieranno, quello infatti è il regno di Ganna.

«Dovrei essere il secondo e mi piace. E’ una posizione che richiede responsabilità. Il primo porta il team nella velocità stabilita. Il secondo deve mantenerla e se possibile aumentare, ma senza strappare. Serve sensibilità. Ai mondiali la formazione era nell’ordine: Francesco Lamon, io, Simone Consonni e Filippo Ganna. Però dobbiamo ancora parlarne con Marco Villa. Va stabilita la velocità del primo e quanto devono accelerare gli altri. Ci sono molte cose da inquadrare».

Milan (al centro) con il bronzo conquistato nel quartetto ai mondiali di Berlino
Milan (al centro) con il bronzo di Berlino

A questo punto sarà interessante vedere come andranno gli europei in Bulgaria (dall’11 al 15 novembre), uno dei banchi di prova più importanti in vista dei Giochi. Villa cercherà farà delle prove, visto che il discorso qualificazione è praticamente chiuso.

Nel 2021 sarà in una World Tour

La questione più delicata semmai riguarda il fatto che il ragazzo di Buja lascerà la categoria U23. Approderà tra i professionisti, in una squadra WorldTour. Al Cycling Team Friuli, la sua attuale società, sarebbe piaciuto molto trattenerlo ancora un anno. Jonathan non avrebbe rovinato quell’equilibrio che lo ha fatto crescere.

«Voglio passare e fare il grande salto», conclude Milan. Dalla squadra con cui andrò ho avuto garanzie che potrò lavorare per la pista. Le Olimpiadi prima di tutto. Per questo cercherò di allenarmi il più possibile in velodromo, chiaramente senza trascurare la strada».