Viviani col 52 alla Sanremo. Scelta ponderata e da pistard

29.03.2022
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In un periodo in cui quasi tutti i passisti e gli sprinter cercano il 54 o il 55, specie in una corsa veloce come la Sanremo, Elia Viviani ha scelto il 52 proprio per la Classicissima. Una soluzione tecnica curiosa, che di certo il campione olimpico di Rio 2016 aveva ponderato, come immaginavamo. E così è stato.

Viviani è uno dei corridori più sensibili alla tecnica in gruppo. Sa bene cosa utilizza e perché. E questo vale sia per la pista che per la strada.

Il 52-36 anteriore scelto da Elia per la Classicissima
Il 52-36 anteriore scelto da Elia per la Classicissima
Elia, come mai il 52 per la Sanremo?

Oggi, specie con il nuovo gruppo Shimano il 54 è diventato la normalità e il 53 sta quasi scomparendo. Io ho scelto il 52 perché in questo modo nel finale non devo mai togliere la corona grande. Anche sulla Cipressa e sul Poggio ho tenuto quella.

Il che ci sta (si evita il rischio che la catena possa cadere nelle fasi concitate)…

Che poi io sono uno che tende a cambiare spesso i rapporti in base al percorso. Uso anche io il 54 o il 55. Nel caso della Sanremo ho tenuto tutto il giorno il 52. Credo di aver usato la corona piccola solo sul Capo Berta.

Però in caso di volata, non rischiavi di essere “corto” o troppo agile?

Non è un problema il 52, soprattutto alla Sanremo. Lì lo sprint arriva dopo oltre 290 chilometri di corsa e con il rettilineo finale che tira anche un po’. Di certo con l’11 dietro non mi mancherebbe il rapporto. Sono tanti anni ormai che scelgo il 52 per la Sanremo.

E dietro invece che scaletta avevi?

Avevo l’11-30, chiaramente il 30 non l’ho mai usato, ma questo mi ha consentito di utilizzare i rapporti grandi anche con la corona maggiore. Il terzultimo dente, per dire, credo fosse un 26-25 (in realtà era un 24, ndr). E un 52×25-24 si gira bene su quelle salite a quei ritmi.

Il fatto che tu sia anche un pistard ti agevola nel cambiare i rapporti e di averli magari anche così “corti”?

Sì, per me è la normalità cambiare i rapporti, specie in pista. Se fai lo scratch, l’eliminazione… se è una prova di ritmo, di resistenza… Se c’è da fare una volata unica… E questo su strada fa sì che se per caso ti ritrovi con un dente in meno, cioè se la cadenza è un po’ più alta del dovuto, non diventa un problema. Anche in una volata da 54-55 ti potrebbe mancare qualcosa, ma la cadenza della pista aiuta. E per questo continuo ad andarci anche se non ho eventi in vista.

La scaletta 11-30 Shimano Dura-Ace 12v utilizzata da Viviani alla Sanremo
La scaletta 11-30 Shimano Dura-Ace 12v utilizzata da Viviani alla Sanremo
E con il 52 che cadenze tenevi sulla Cipressa?

Ohi, bella domanda. Credo sulle 95 rpm. Verifico – intanto apre il computer – salivo attorno alle 90 rpm, 95 sui Capi.

E sulla volata, che cadenze hai raggiunto?

Sulle 114-116.

Invece in una volata opposta a quella di Sanremo, tipo quella di Verona allo scorso anno al Giro, dove il rettilineo scendeva anche un po’? Quella era da 55?

Lì avevo il 54. Lì si andava molto veloce. Diciamo che con un 54 di solito in volata si fanno 123 rpm che è molto vicino al mio limite di 127. Ma parliamo di una velocità che è di 74 all’ora. E torniamo al discorso del pistard. Sono cadenze che non mi pesano.

Perché in pista a quanto arrivate?

Anche 140, per questo rispetto allo stradista puro le sopporto meglio.

La volata di Verona al Giro 2021. Vinse Nizzolo, Viviani ebbe un intoppo in una rotatoria a pochi chilometri dalla fine
La volata di Verona al Giro 2021. Vinse Nizzolo, Viviani ebbe un intoppo in una rotatoria a pochi chilometri dalla fine

Qualche chiarimento

Prima di congedarci però abbiamo fatto uno squillo anche a Matteo Cornacchione, meccanico della Ineos Grenadiers per fare chiarezza sui rapporti del pacco pignoni di Viviani nella classicissima. La scaletta 11-30 originale Shimano, infatti dice che gli ultimi tre denti sono 24, 27, 30. Era effettivamente questa quella di Elia? O magari l’avevano modificata?

«Assolutamente – spiega Cornacchione – era quella originale. Elia aveva l’11-30 a 12 velocità. Durante la ricognizione con Cioni nei giorni precedenti aveva voluto provare questo setup e lo ha mantenuto. Lui al contrario di Pidcock che aveva ancora la vecchia guarnitura, ha utilizzato quella nuova che propone il 52-36 e con quella ha corso. Aveva anche provato il 40 che in teoria si può montare, tuttavia il salto era troppo breve (solo 12 denti, ndr) e la catena in qualche deregliata “galleggiava” tra le due corone. Quindi per non rischiare nulla è partito con tutto originale: 52-36 e 11-30. 

«La bici di scorta, tanto più col vento a favore che c’era una volta in Riviera, aveva su il 54-40. Nel caso ne avesse sentito il bisogno, Elia avrebbe potuto cambiarla quando voleva».

Dalla F10 alla Dogma F, Viviani torna su una Pinarello

01.11.2021
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L’ultima volta che su strada abbiamo visto Elia Viviani in sella ad una Pinarello è stata al Gp Beghelli del 2017 (nella foto di apertura). Elia arrivò terzo. Quella fu anche l’ultima gara con l’allora Team Sky, gruppo presso il quale tornerà a far parte nella prossima stagione, chiaramente con i colori della Ineos Grenadiers.

Ma alla corte di sir Brailsford non solo troverà vecchi compagni, ma anche le bici Pinarello. All’epoca aveva la F10, l’anno prossimo avrà la Dogma F. La prima era una bici con freni tradizionali, la seconda con freni a disco. Nel mezzo quattro anni (forse un po’ meno) di tecnologie.

Feeling invariato

Viviani è molto sensibile in quanto a tecnica. Avverte cambiamenti di pochissimi millimetri, capisce meglio e prima di altri il comportamento delle ruote delle quali, ci dicono, abbia un’attenzione maniacale. Come riuscirà a metterlo in sella Matteo Cornacchione? Cosa troverà di diverso da quella “vecchia” Dogma F10?

Partiamo dalle geometrie, la prima cosa che guarda un professionista. Queste non cambiano molto, per non dire che sono identiche, almeno per quel che concerne la parte centrale e posteriore della bici. Ci sono invece delle piccole variazioni sull’avantreno. Ma è normale, si passa da un freno normale ad uno a disco e questo richiede altri materiali, altre forze in campo. Il tubo di sterzo si alza di qualche millimetro a parità di misure (rispetto alla F8, ricordiamolo) ma il rake della forcella e tutto il restano non varia.

Tutto questo dovrebbe assicurare una certa continuità di feeling con la Pinarello che lo aspetta. E quando un pro’ “riconosce” i suoi angoli è già a metà dell’opera. Anche la fibra utilizzata è la stessa, la Toray 1100, ma con tecnologia aerospaziale, e chiaramente con forme dei tubi differenti. Forme più grandi e affusolate, dettate da aerodinamica e integrazione.

Sarà interessante vedere le scelte che farà Elia. Il nuovo Shimano Dura Ace consente di montare anche il 54-42
Sarà interessante vedere le scelte che farà Elia. Il nuovo Shimano Dura Ace consente di montare anche il 54-42

Componentistica nuova

Quello che invece cambia e neanche poco è la componentistica. Partiamo da quella strettamente legata alla guida: il manubrio.

Nella vecchia F10 Viviani utilizzava un manubrio “semintegrato”. O meglio un set (attacco + manubrio) tradizionale, ma con lo stem appunto oversize, cioè grande e dalle forme aerodinamiche. Un attacco e un manubrio in alluminio di Pro’ (il Vibe Sprint). L’attacco era da 140 millimetri e la piega da 420. La sella (Fi’zi:k Arione 00) era a 74 centimetri.

Stavolta invece dovrebbe avere il manubrio integrato di Most. Ma queste (sella e manubrio) sono scelte del tutto personali. E di sicuro prima Viviani vorrà provare tutto il materiale che ha a disposizione, visto che c’è anche quello di Pro.

Grossi passi avanti riguardo alla frenata. Rispetto al 2017 la bici di Elia sarà completamente diversa
Grossi passi avanti riguardo alla frenata. Rispetto al 2017 la bici di Elia sarà completamente diversa

Occhio alla frenata

Un passaggio che potrebbe “accusare” Elia riguarda proprio l’impianto frenante. Nella F10 aveva il rim brake, nella Dogma F quello a disco. Ma più che altro potrebbe farsi sentire la differenza fra il sistema Campagnolo che utilizzava alla Cofidis e quello Shimano. La frenata del gruppo italiano è davvero racing. Molto potente, ma anche “rude”, quella del gruppo giapponese è più “fluida” e progressiva.

Ma con le sue doti, il veronese non dovrebbe metterci molto ad adattarsi, anche perché il nuovo Dura Ace Di2 è stato ulteriormente migliorato proprio nella sua progressività, nella certezza di avere pastiglie che non toccano mai il disco e nel “fading”, cioè l’affaticamento (il surriscaldamento) delle guaine in frenata. Perché è da lì che partono i “guai” in termini di alte temperature. Ma in tal senso Shimano ha una conoscenza dalla Mtb (Dh inclusa) pressoché infinito. E alcuni dettami del nuovo impianto frenante vengono da lì.

Le nuove Shimano Dura-Ace C60, questo profilo di sicuro piacerà a Viviani
Le nuove Shimano Dura-Ace C60, questo profilo di sicuro piacerà a Viviani

Ruote, ampia scelta

E qui Viviani trova un piccolo paradiso. In Ineos come più volte abbiamo detto potrà avere la gamma Shimano, ma anche le Lightweight e Princeton. Ai recenti mondiali su pista, ci hanno detto che su questo componente Elia ha una sensibilità enorme.

Una ruota che va bene su una bici, non è detto che la senta allo stesso modo su un’altra: questo in pista in cui l’anello è sempre uguale, figuriamoci su strada e su percorsi differenti.

Sulla Pinarello F10 Elia usava spesso il set Shimano Dura Ace C50, ma a volte si era visto anche un cerchio da 75 millimetri al posteriore. Il set da 60 millimetri sembra fatto apposta per lui. Sarà davvero curioso vedere quali saranno le sue scelte e soprattutto perché? Di certo il connubio atleta + bici tutto made in Italy (per non dire Made in Veneto) ci affascina non poco.

Altra differenza: all’epoca in Sky si utilizzavano i tubolari. Quasi tutti avevano i 23 millimetri, ma Elia già era per i 25 millimetri. Stavolta invece viste anche le tendenze che già da questa stagione si sono viste in Sky dovrebbe utilizzare tubeless Continental (magari anche da 28 millimetri) viste le sezioni maggiorate delle nuove ruote Dura Ace.

Puccio, Pidcock, i gregari di una volta e quelli del futuro

19.09.2021
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Ricordate? Avevamo scritto che Tom Pidcock era rimasto stupito da Salvatore Puccio (entrambi nella foto di apertura) alla Vuelta. L’inglese era stato colpito dalla sua forza, dalla capacità di muoversi in corsa e di esserci sempre. Ce lo aveva detto Cioni.

Un corridore così merita solo e soltanto elogi. In pochissimi al mondo sanno fare il lavoro del gregario in questo modo. E alla Ineos Grenadiers lo sanno bene.

Salvatore Puccio in testa al gruppo per i suoi capitani. La sua continuità ha impressionato Pidcock
Salvatore Puccio in testa al gruppo per i suoi capitani. La sua continuità ha impressionato Pidcock
Salvatore, hai stregato Pidcock…

Sono ragazzi! Sono giovani e non conoscono bene ancora certi movimenti in gruppo. E magari si stupiscono. Per Tom poi era il primo grande Giro e non si corre come una classica. Serve anche il lavoro “sporco” che faccio io: tirare all’inizio, stare davanti per evitare pericoli e cadute, muoversi quando c’è vento…

Ma tu c’eri sempre. Forse è questo che lo ha colpito?

Per tanti giorni c’è stato il rischio del vento. Un lavoro infinito. Bisognava stare sempre danti per i capitani. In più Toma nelle prime tappe non stava bene. Veniva dal successo delle Olimpiadi, ci sta che avesse mollato un po’, e soffriva. Stava dietro e magari vedendo me che ero sempre davanti si chiedeva: ma questo come fa?

E cosa te ne pare di Pidcock?

È molto intelligente. Domanda, chiede sempre su ogni cosa. Nelle riunioni è “un perché” continuò. Perché questo? Perché quello? Vuole imparare. Pensate Che guarda i video su YouTube delle gare precedenti. Cerca di capire come si corre tra i ventagli, studia le cadute…

Fare il gregario è stata un’ottima esperienza per Pidcock, al suo primo grande Giro
Fare il gregario è stata un’ottima esperienza per Pidcock, al suo primo grande Giro
Forte! Un corridore così giovane e così importante che si informa fa piacere…

Ha capito subito che in un grande Giro bisogna evitare il più possibile i rischi. Perché basta un niente che perdi un podio podio o la vittoria.

E ha anche imparato? Gli è servita questa Vuelta?

Ha imparato, ha imparato… E andava anche forte! E questo un po’ mi ha sorpreso. Perché un giovane che arriva e non sta bene è difficile che riesca a ribaltare la situazione. Lui invece dopo le prime tappa andava forte davvero. Ma perché è un talento. E per Tom tutto è più semplice. Io invece soffro, cedetemi! Io ci arrivo con l’esperienza, conosco i tempi, vedo i movimenti. Pid compensa col talento.

Pidcock è un fenomeno okay, ma i giovani come lui sanno fare il gregario?

Eh – sospira Puccio – di sicuro hanno una mentalità diversa e più libertà di muoversi. Le medie così alte dipendono anche da questo. I giovani di oggi attaccano, vanno in fuga. Nelle ultime due stagioni il cambiamento è stato netto. Si sono viste medie assurde. Ma in un grande Giro serve anche lavoro come il mio, altrimenti la gara va a rotoli e a prendere 10’ distacco ci vuole un attimo. Alla fine tocca a noi gregari contenere fughe e distacchi, anche perché quando i più forti aprono il gas la gara è finita. E noi seconde linee restiamo fuori. Infatti se si va a vedere vincono sempre gli stessi.

Oggi il gregario alla Puccio è una categoria che si va a perdere? Perché di ragazzini disposti a questo lavoro di sacrificio non se ne vedono tantissimi…

Difficile da dire. Per fare il mio lavoro devi partire mentalizzato in un certo modo. Devi mettere da parte le ambizioni personali. E se ti stacchi non deve essere una delusione. Ma perché hai fatto il tuo lavoro. Loro magari la vedono come una sconfitta. E provano a salvare gamba per arrivare davanti il giorno dopo. Se quest’anno per due volte abbiamo fatto due ore a 53 di media, le tappe ignoranti come le chiamiamo noi, è perché qualcuno attacca e la maggior parte sono giovani.

A Pidcock quanto è servita questa esperienza da gregario allora?

Io credo tanto. Può capire che in squadra servono persone come me. E in futuro tutto ciò può tornargli utile dal punto di vista tattico.

Salvatore Puccio, Vieste, Giro d'Italia 2020
Al Giro 2020 per Puccio un giorno di licenza. Per lui un secondo posto a Vieste
Salvatore Puccio, Vieste, Giro d'Italia 2020
Al Giro 2020 per Puccio un giorno di licenza. Per lui un secondo posto a Vieste
Hai parlato di “mentalizzazione”, ma qui vediamo tanti ragazzini passare e spesso sono anche un po’ “montati dai procuratori”, dai team, dai social: secondo te accettano questo ruolo?

Pidcock magari no. Lui è nato per vincere… Bernal, Van Aert, VdP loro hanno quel talento in più. Altri giovani, che non sono né carne e né pesce, invece dovrebbero impegnarsi nel loro ruolo migliore, che potrebbe essere il gregario. Tanto poi lo vedi subito se sei uno che vince o no. Se vuoi avere una carriera lunga dei specializzarti in qualche ruolo.

Chi è allora il nuovo Puccio?

Ce ne sono diversi. O meglio, qualcuno c’è, almeno dai 28 anni in su. Io ho 32 anni e non dico che il prossimo anno smetto, ma neanche voglio fare come Rebellin. E loro non devono arrivare a 30 anni per capire cosa fare. Alle squadre non interessa più chi fa settimo o ottavo. Vogliono vincere.

Ma quindi un nome secco per “l’erede” di Puccio?

Eh così non mi viene. Il problema è che i giovanissimi forti hanno altre idee. Magari direi Rodriguez. Lui anche è un vero talento, ma è un po’ diverso…

In effetti al Tour de l’Avenir oltre ad impressionarci per la sua forza ci ha dato questa idea di serietà e sobrietà…

Sì è serio e va forte con il vento, in salita, sa lavorare per gli altri. Siamo andati in Belgio e andava forte pure lì! Ed è uno scalatore…