Bisognerebbe fare un po’ d’ordine, fra articoli, voci, post, commenti e tutto quello di cui si compone oggi una notizia. E non è detto che pur facendolo, si riesca a venirne a capo. L’argomento del contendere degli ultimi tre mesi, prima sotto traccia e poi alla luce del sole quando tutti se ne sono accorti, è il passaggio al professionismo di Alessandro Pinarello e Giulio Pellizzari dalla categoria juniores alla Bardiani-CSF-Faizanè.
E il punto non è stabilire se la scelta sia giusta o sbagliata: non spetta a noi. Il punto è analizzare le varie voci e cercare di capire se il tutto sarà a vantaggio degli atleti e del ciclismo italiano. E se non debba essere l’UCI a stabilire le regole, evitando che ognuno se le faccia da sé.
L’odiata regola
Il regolamento tecnico italiano, che sarà pure obsoleto come è stato da poco definito dallo stesso Pinarello, prevede all’articolo 3 che regola il passaggio al professionismo, che si debbano prima trascorrere due anni fra gli under 23. La regola nasce dalla necessità di tutelare lo sviluppo fisiologico degli atleti, che potrebbero non essere pronti per il salto nel professionismo. I calciatori debuttano in serie A a 16 anni, ma non parliamo dello stesso sport.
Per aggirare la norma, come era nell’aria da qualche settimana, Pinarello ha infine deciso di prendere la residenza all’estero, tesserandosi quindi con un’altra federazione e ottenendo di conseguenza il diritto di diventare professionista.
Le deroghe del passato
Siamo sicuri però che il vero punto sia il diritto di Pinarello ad avere un lavoro o piuttosto non sia la somma di interessi diversi? Pinarello e la sua famiglia avrebbero messo in moto questo meccanismo se avessero deciso in autonomia o consigliati dai tecnici di Alessandro?
«La situazione ha preso una piega diversa dall’incidente di Johny Carera- spiega Cristian Pavanello, diesse di Pinarello fino allo scorso anno – perché credo che lui avrebbe cercato una mediazione. Comunque il punto non è questo. La Bardiani ha creato un team U23 cui far correre solo gare internazionali. Il problema è che in Italia ce ne sarà in tutto una quindicina. Poi so che si parlava di un accordo con la Federazione per fare anche le nazionali, ma a quanto dicono ci sono parecchie squadre contrarie e l’accordo rischia di non farsi. E chissà come sarà dopo l’episodio della residenza all’estero.
«Capisco che Cazzaniga (vicepresidente Fci, ndr) difenda il regolamento sulle continental che ha scritto lui, però per Tiberi e Piccolo hanno firmato delle deroghe. E anche il discorso di chiudere la nazionale a chi ha la residenza all’estero… Bisogna che Bennati torni ad allenarsi, perché i suoi sono tutti fuori dall’Italia».
Lo scoglio del diploma
Pinarello ha dichiarato a Carlo Malvestio che la soluzione della residenza estera e del domicilio italiano gli permetterà di diplomarsi all’Istituto Agrario, cui tiene molto.
Il problema della scuola è uno dei più ricorrenti, quando un corridore esce dagli juniores e approda fra gli U23, al punto che i più iniziano a correre in modo serio dopo gli esami, quindi a partire da luglio. Anni addietro, si discusse addirittura di introdurre il terzo anno fra gli juniores, in cui i ragazzi avrebbero potuto concludere la scuola per poi assorbire al meglio il passaggio di categoria. Andare a correre fra i dilettanti veniva e viene considerato un bel salto, cosa si può dire di quello fra gli juniores e i professionisti?
Il tempo giusto
«Il ragazzo è forte – prosegue il diesse della Borgo Molino – è uno dei migliori talenti e ha il carattere giusto, ma dipende dal calendario che farà. Perché se non può correre in Italia, la Bardiani dovrà andare all’estero e questo significa budget in più. C’erano altre squadre che lo volevano, dalla Colpack alla Zalf che li avrebbe presi tutti e quattro. Di certo fa una scuola impegnativa, il Ciarletti Enologia di Conegliano, e avrà bisogno di essere aspettato.
«Penso a Portello, che corre alla Zalf. Lui combatte col peso e nonostante questo, ha vinto due corse. Sono andati a cercarlo dicendo che volevano fargli fare uno stage. Ma se uno ha bisogno di maturare e crescere, buttarlo tra i pro’ rischia di essere una mazzata e lo bruci. Spero che la Bardiani avrà il tempo di aspettarli per il tempo che serve. La Mapei giovani tirò fuori dei campioni, ma lavorò con loro per 4-5 anni. Ho fiducia in Pinarello, mi dispiacerebbe che non avesse il tempo necessario».
Le continental disinvolte
E’ vero un altro punto: è sbagliato allo stesso modo prendere un U23 di primo anno, inserirlo in una continental e poi farlo debuttare nel professionismo. Ma se l’attività U23 della continental è svolta con l’obiettivo di far crescere gli atleti, ai ragazzi di primo anno viene riservata un’attività all’altezza delle loro esigenze: scolastiche e fisiologiche.
E forse proprio sulle esigenze dei corridori bisognerebbe calibrare l’offerta formativa, visto che di lavoro si tratta. Fare due anni negli under 23, uno dei quali con la maturità, permette di crescere. Puoi svolgere attività internazionale con la squadra e con la nazionale, crescere e passare professionista con argomenti più solidi. Fare due anni da professionista, uno dei quali con la maturità e magari poche corse, è un grosso punto interrogativo. Perché se qualcosa non gira per il verso giusto, resti a piedi.
Università e liceo
Il bello e insieme il brutto di questa situazione è che non esistono punti fermi. Fra 10 anni potremo plaudire all’idea dei Reverberi o stigmatizzarla.
«Con i nostri ragazzi – chiude Pavanello – si pensa di fare anche un paio di trasferte all’estero, per dargli qualche strumento di crescita in più, non per farli andare più forte. Fisicamente sono ancora giovani e se abbiamo ottenuto risultati è perché abbiamo avuto ragazzi di talento. Quanti juniores hanno vinto l’europeo con nove minuti sul secondo? Solo Evenepoel, vogliamo capire che è un’eccezione? Ma di fatto con gli juniores stiamo diventando la categoria di passaggio. Come mandare all’Università, quelli in età da liceo».
In attesa di capire se anche Pellizzari deciderà di prendere la residenza all’estero, impacchettiamo i nostri dubbi e ci prepariamo per la stagione. A volte per cambiare una regola, c’è bisogno di dimostrare che è sbagliata. Forse aggirarla non è la soluzione migliore. Salvoldi con gli juniores avrà davvero il suo bel da fare. Mentre dovrebbe essere l’UCI una volta per tutte a stabilire i criteri del passaggio.