Come vediamo, il ciclismo è sempre più preciso, dettagliato in ogni aspetto. Le tempistiche di integrazione e idratazione sono cadenzate a ritmi prefissati e, se qualcosa va storto, il rischio è che si possa “saltare”. Magari anche di testa, specie per i più giovani…
Durante il Giro d’Italia, le ammiraglie per i rifornimenti, all’inizio di tappe con fughe numerose, non riuscivano a passare. I corridori quindi faticavano ad alimentarsi e a gestirsi. C’era, in effetti, un po’ di panico. Sempre in questo ciclismo ipertecnologico, la mattina girando tra i bus, sui manubri spesso non c’è più neanche l’altimetria (o comunque non solo quella) ma la tabella della strategia alimentare. Per dire: al chilometro 70 bere, al chilometro 90 una barretta, al 110 barretta più gel…
Quando l’alimentazione diventa troppo precisa, cosa succede? Ne abbiamo parlato con un ex (dovremmo dire) corridore, che tuttavia pedala ancora forte e tanto. Pensate che pochi giorni fa, in allenamento con Ulissi e altri pro’, ha battuto un KOM! Parliamo di Domenico Pozzovivo.
Domenico, se questi fisici ormai da Formula 1 non seguono le tabelle alimentari al dettaglio, vanno in tilt? E la mente dei corridori non è più capace di gestirsi autonomamente?
E’ vero, il nuovo regolamento sui rifornimenti crea una variabile in più. Prima, soprattutto le squadre con molto personale, erano molto ridondanti nei punti fissi a bordo strada. Situazioni come quella che si è verificata al Giro erano praticamente impossibili perché i corridori erano sempre coperti. Il bisogno tra borraccia e gel, in una tasca o nell’altra, era sicuramente soddisfatto.
Chiaro…
In questo caso, con il nuovo regolamento e la diminuzione delle zone di feed, il problema si pone. A quel punto, un corridore cresciuto nelle giovanili e arrivato al professionismo con questo tipo di approccio brancola un po’ nel buio. Non ha mai sperimentato una vera crisi, che da un lato è una fortuna, ma dall’altro può mettere in difficoltà. Una crisi di fame in gara ti costringe ad adattarti per arrivare all’arrivo, affrontando sensazioni quasi da capogiro. Devi portare l’organismo a un certo livello di performance anche in condizioni di emergenza.
Quindi questa mancanza di esperienza in situazioni del genere può mandare in tilt?
Sì, può succedere. Oltre al fisico, ne risente anche la testa. Quando entrambe vanno nella stessa direzione negativa, tirarsi fuori non è facile. Secondo me, a volte, in allenamento bisognerebbe simulare volontariamente situazioni non equilibrate.
E come?
Non bisogna estremizzare, ovviamente, e non farlo spesso, perché a livello psicofisico sono situazioni stressanti. Ma ogni tanto vale la pena fare uscite a digiuno o con l’ultima ora a ritmo alto sapendo di essere in carenza di carboidrati. C’è chi riesce a compensare utilizzando più acidi grassi e catabolismo muscolare e chi invece è un ossidatore veloce e fa fatica a cambiare meccanismo energetico. Bisogna fare esperienza per capire come si tollerano queste situazioni. Sono metodi che ora si allenano, con le uscite fat max molto lunghe, in cui si introducono pochi carboidrati: 40-50 grammi l’ora, che sono meno della metà rispetto a quanto si usa oggi.
Anche a livello di idratazione: essere molto precisi abitua il corpo o è un discorso che riguarda solo i carboidrati?
No, l’idratazione è una questione fisiologica oltre che di abitudine. Come si dice: di fame è difficile morire, ma di sete si può. Nel ciclismo è lo stesso: da una crisi di fame in qualche modo esci, ma se vai in disidratazione puoi rischiare un colpo di calore. Quindi sull’idratazione c’è poco da “allenarsi” a stare male: bisogna monitorarla sempre.
Tu cosa mettevi sul manubrio? Altimetria, piano d’integrazione, i numeri da controllare come si faceva una volta tra i dilettanti?
Io ho sempre puntato molto sulla memoria, era un esercizio utile anche a livello mentale. Cercavo di memorizzare l’intero contenuto della tappa, non usavo le cartine caricate sui GPX del Garmin, avevo tutto in testa. Ma per avere un double check, mi piaceva avere sulla pipa l’inizio e fine delle salite, gli sprint, ultimamente anche la green zone per sapere quando buttare le cartacce. Queste informazioni le avevo sull’attacco manubrio.
Quindi niente info sull’integrazione…
No, mai. Ero molto sistematico e ascoltavo il mio corpo.
Secondo te i giovani ce l’hanno questa capacità di ascoltare il corpo? Perché ormai sono cresciuti con Garmin, GPX, watt, quantità di carbo/ora…
E’ vero, aggiungo anche il peso della pasta prima e dopo la corsa… Hanno proprio l’imprinting di affidarsi ai numeri. Non scavano nel profondo, non si chiedono cosa cerchi il corpo. E’ un aspetto negativo. Noi venivamo da un approccio opposto, forse anche troppo, perché si finivano gli allenamenti a secco, e non era il massimo. Ma una via di mezzo sarebbe l’ideale: abituare le nuove generazioni a regolarsi anche con l’appetito, con le sensazioni, senza affidarsi solo ai numeri. Conoscersi.
Per esempio, nell’ultimo anno che hai fatto con la VF Group-Bardiani, c’era qualche giovane che mostrava attenzione a questi aspetti? O che ti chiedeva qualcosa sull’alimentazione?
Sì, erano argomenti di dibattito serali, quotidiani. C’era molta curiosità sull’approccio diverso che avevamo noi. Mi vedevano come un “giovane vecchio”, uno che non demonizzava quello che facevano loro, ma cercavo di dare suggerimenti. Come dicevamo: imparare ad ascoltare il proprio corpo e a interpretare i segnali senza affidarsi solo ai numeri.
Proviamo a fare “un incidente probatorio”: secondo te, Domenico, nei momenti in cui non arrivavano i rifornimenti perché la giuria non faceva passare le ammiraglie, cosa si dicevano i corridori?
Secondo me pensavano a come allungare i vari step di rifornimento. Se era previsto di prendere qualcosa ogni 20 minuti, si passava a 30-40, regolando il ritmo di assunzione con quello che avevano in tasca.
E con l’acqua?
Per fortuna le macchine neutre riuscivano a tamponare un minimo. Ma ormai l’acqua pura si usa pochissimo. Le borracce contengono quasi sempre una miscela di carboidrati, e quando fa caldo anche elettroliti.
Magari hanno sostituito qualcosa con i gel che avevano in tasca?
Sì, sicuramente. Magari meno malto rispetto alla borraccia, che era finita. Ma i gel un po’ li hai sempre in tasca, almeno uno o due in più, proprio per questi casi.
Quando poi hanno ripreso il rifornimento, secondo te c’è stata una correzione per compensare il buco oppure hanno continuato come prima?
Dipende dal corridore. Se sei abituato al limite massimo dei grammi/ora, non hai margine per aumentare: se sei già a 140, non puoi salire oltre. Ma se sei come ero io, più “fortunato” da quel punto di vista, hai margine. Se di solito stai a 100, puoi arrivare a 120-130 senza grossi problemi. Dipende tutto dalle abitudini e dalle capacità individuali.